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Il paradosso della Comunicazione di Margeaux Santarelli
Il paradosso della Comunicazione
Tralasciando possibili e divertenti acrostici, l’unico fatto riguardante la comunicazione di cui non ho alcun dubbio è la sua etimologia. Deriva dal latino communicare, collegato al sostantivo communis, ovvero comune. Dunque è quell’azione che consente di mettere in comune dei contenuti con chicchessia. Mai come oggi, era di internet e dei social, risulta un tema attuale. Ciò che mi rende perplessa è la quantità semi-infinita di mondi contenuti in un’unica parola (e questa è decisamente la qualità che rende le parole così dannatamente attraenti!). Penso alla comunicazione in senso linguistico, a tutte le teorie nate sotto il suo segno (Jakobson, Grice, Searle ne sono solo un vago esempio), da collegare alla semiotica e perché no alla semiologia, si sfiora il diritto e la geografia (con i famosi mezzi di comunicazione, che hanno il sapore delle elementari), le scienze sociali con le loro invadenti diramazioni che toccano i più svariati argomenti, non mi sentirei di escludere religione e zoologia, e un mondo a parte lo forma l’Arte (altra parola nella quale tento di far stare tutto: letteratura, pittura, scultura, fotografia, cinema, teatro, architettura, veramente chi più ne ha più ne metta. Non è tutto creato con lo scopo di comunicare qualcosa?). Cosa non può mancare in questa lunga lista di discipline che appassionano ed esasperano studiosi e studenti di tutto il mondo? È ovvio, la pubblicità!
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Ciò che risulta chiaro fin qui è che la comunicazione si immerge, tocca o semplicemente sfiora settori molto diversi tra loro, quindi risulta difficile ripercorrerne la storia (e poi quale storia? Di quale storia dovremmo parlare? Un’informe storia fatta di popoli, di tecnologie?). Certo, se ci si attiene al significato stretto della parola potremmo cominciare un’altra lunga e noiosa successione di date, popoli e invenzioni che ne hanno tracciato le tappe fondamentali. – Sì, partiremmo citando le antiche pitture rupestri, andando a concludere con i social media, in un viaggio che esplora superficialmente sumeri-egizi-fenici-greciromani-chiesa-Gutemberg-riforma protestante-gazzette-telegrafotelefono-pubblicità-radio-televisione-computer-internet- e lascerebbe decisamente senza fiato –. A prescindere dallo spazio ristretto, la stessa definizione di comunicazione mi dà l’utile suggerimento che chiunque, in qualsiasi momento, può semplicemente digitare la parola su un motore di ricerca e leggere tutto ciò che vuole sapere a riguardo, grazie al fatto che (appunto!) qualcuno ha messo in comune dei contenuti (con in pratica il mondo intero, grazie ormai all’utile invadenza dell’inglese che ci rende tutti grandi comunicatori).
Ebbene il mondo è cambiato, e con lui la comunicazione, che banalità! Mi chiedo però, può davvero una sola parola (quella che il vecchio Saussure definisce significante, giusto per rimanere in tema di linguistica) contenere tutti i significati che ognuno di noi dà ad essa? L’arbitrarietà nell’uso di tale parola non ne rifugge la piena comprensione? Sicuramente le lunghe e conservabili lettere che le persone si scrivevano meno di cinquant’anni fa, non hanno nulla a che vedere con i micro messaggi che oggi ci inviamo tramite sms, whatsapp e varie chat. Anche un semplice dialogo frontale non è forse minato nelle sue basi dai miliardi di stimoli derivanti da un oggetto fisicamente insignificante come lo smartphone? Come tutte le grandi rivoluzioni, anche quest’ultima ha portato a galla apocalittici e integrati in un scontro (mediatico) che in un modo o nell’altro ci vede tutti coinvolti. Al posto di immaginare futuri ideali o distopici, su cui ognuno può fantasticare a modo suo sfogando tutta la creatività che possiede, preferisco inoltrarmi negli sconfinati scenari (che ad occhio nudo possono apparire poco intriganti e avventurosi) che si schiudono con la parola comunicazione, la quale nei suoi usi più vaghi e disparati fa da specchio alla società, una società composta da individui che non tengono più in mano carta e penna, ma lo smartphone e… beh l’immancabile dito! E con spirito critico – di quello costruttivo – mi soffermo sul fatto che nella sua definizione, la parola comunicazione, contiene, forse implicitamente, un destinatario che recepisce, comprende e alle volte interpreta un messaggio. Io, da destinataria, non riesco ad arrivare al nocciolo della domanda: cos’è oggi la comunicazione? Sarà forse questo il paradosso? C ondividere O ccasionalmente M essaggi U nici N ell’ I ntento C aotico A zzardato R imandare E stinzione