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Le mostre del Meeting
Da Tolkien alle serie tv passando per Kampala
Parlando del titolo dell’edizione 2021 (Il coraggio di dire “io”), il nostro presidente Bernhard Scholz diceva di recente che «paradossalmente l’individualismo che segna questo periodo precario è nato proprio dalla nostra incapacità di dire “io” e dalla nostra volontà di non approfondire i rapporti che invece lo provocano e lo aiutano a crescere». Di fronte a questa eterogenesi dei fini – una società che ha puntato tutto sull’io per poi scoprirlo debole e inconsistente – le mostre del Meeting 2021 vogliono suggerire, da tante angolazioni diverse, punti di partenza per riscoprire dove sta la consistenza di questo io, per coglierne la genesi in modo non astratto, ma raccontando e puntando i riflettori su vicende, eventi e testimonianze che lo mostrano in azione.
Ovviamente le mostre del Meeting a questo punto dell’anno sono un cantiere in piena e febbrile attività, con percorsi ancora non del tutto definiti, ma qualche anticipazione è già possibile. Sarà di certo l’anno di J.J.R. Tolkien, con una mostra curata da Giuseppe Pezzini e Emmanuele Riu che verrà realizzata dal Meeting con l’Università scozzese St Andrews e l’Associazione Newman di Torino in collaborazione con la King Edwards School di Birmingham e l’Università di Oxford. Ma non pensate subito a saghe di elfi e a romanzi lunghi migliaia di pagine. Entreremo nel cuore del lavoro creativo di quello che è a tutti gli effetti lo scrittore cattolico più letto nella storia, non solo dell’autore di fantasy. Uno sguardo nuovo su Tolkien che ci aiuterà a cambiare anche la percezione che abbiamo di noi stessi, svelandoci la grandezza e l’importanza del contributo che il nostro io, centro dei nostri desideri e pensieri, può dare alla grande polifonia della Creazione, se appena gliene diamo la possibilità.
Non ha ancora un titolo preciso, ma la mostra sulle serie tv sarà una grande occasione per scoprire con curiosità una delle forme più potenti di comunicazione e di rappresentazione dell’uomo contemporaneo, oltre che un prodotto televisivo connotato da grande qualità del racconto e in alcuni casi da notevole risonanza sul pubblico. L’intenzione non è proporre un discorso esaustivo su questo fenomeno, ma
innanzitutto far impattare il visitatore con spunti e suggerimenti che emergono da dialoghi, storie, personaggi che ci sembra siano riusciti a scavare con sincerità - spesso dolorosa - i drammi e le domande del nostro tempo. Il visitatore, gettato nell’esperienza della visione delle serie, esplorerà così in prima persona la loro forza descrittiva e la capacità di narrare storie particolari di gente eccezionale e gente comune in cui rispecchiarsi, entrare in dialogo o in conflitto.
Di particolare rilievo anche la mostra che avrà come protagoniste Rose Busingye e le sue amiche di Kampala. L’esposizione racconterà di lei, del suo incontro con don Giussani, della sua amicizia con tante donne, molte delle quali ammalate di Aids, delle opere
sociali ed educative che sono nate da una storia così particolare, anche se è proprio partendo da una storia particolare che si può raggiungere un valore universale, che può toccare la vita di ognuno di noi. Attraverso i canti e le immagini dei volti e dei luoghi in cui queste donne vivono, potremo riconoscere e fare esperienza della loro certezza.
Dall’enciclica “Fratelli Tutti”, là dove ribadisce che «non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro», parte invece la mostra “Costruttori di futuro”, cura-