Luigi Quarta Defrag 7 – 13 dicembre 2013
Testo critico di Jacopo Volpi
In questo mondo, 2013
Selvaggio, 2013
Defrag, 2013 La laboriosità del tessitore diretta non già al medicamento dei mali ormai compiuti ma, piuttosto, al prevenire di essi, sembra trovare piena rappresentanza quando a tentare tale prevenzione è il getto artistico privato di inutili traverse o elementi di secondo valore che nient’altro possono fare se non distogliere dall’elemento precipuo e centrale: l’atto del forgiare. Ora, è manifesto che ciò che emerge da questo corteggio di opere è un perspicuo rifiuto ad una linea concreta o a frasi di rigida circoscrizione, un ricusare l’a priori di unilateralità delle forme o, altrimenti detto: fare di un apparente intersecarsi di piani un unico piano netto e distinto, non eteronomo ma pienamente autonomo rispetto a quelli che, fuoriuscendo in una radura di piaghe, appaiono e dispaiono. Ciò che, pertanto, sembra apparire è sì bene un tripudio di colori, un’effervescenza di cromatismi che distornano con maggior o minor successo qualche retaggio di tratto composito – il quale traluce quando più quando meno da alcune opere – ma è, altrettanto, una volontà d’ordine, una ricerca spasmodica di un filo deciso, rigo-
Versante Nord, 2011
Figura femminile nel paesaggio, 2011
CittĂ bianca, 2011
Cuore del paesaggio, 2008
Esigere il bello, 2013 roso, attraverso un’indagine e puramente manuale e pienamente pittorica fra loro, in prima sembianza, molto dissimili. Dinanzi a tutto questo le opere hanno una loro propria individualità concessa non dai vedenti ma dalle opere stesse, dimidiate da altre fonti di soggezione le quali, tuttavia, sono già estranee al complesso di forme che sembrano spiegarsi e compirsi in un moto loro proprio. Esse sembrano vivere in una perseverante convalescenza che non sembra mai aver fine effettivo e, per questo, nella completa mancanza d’un ordine teleologico vi si ritrae una piena e naturale soggettività. Soggettività ritrovata scavando non attraverso un intento finalistico ed estrinseco ma un disegno intrinseco, per sé, conchiuso in se stesso, rigido in se stesso, ove il principio e la fine necessariamente convogliano. Da un punto di vista formale perciò non esplodono ma, piuttosto, implodono: hanno una propria vitalità per entro la loro virulenza. Le opere si smuovono, si disfanno, si rifanno senza mai perdere il loro senso ma rintracciandolo in perpetuo, suggerendo e suggerendosi, contraendosi in uno sfarzo
Covered painting, 2013
Fra due identitĂ , 2013
Notte senza tempo, 2013
Eventi nel tempo, 2013
Elemento di una storia, 2013
Lettura di un’immagine, 2013
Al solito, 2013
Quello che vedo, 2013
Collocazione di se stessi, 2013
Vissuto quotidiano, 2013
Percepire la forma, 2013
Processi di cambiamento, 2013
Colorare la strada, 2013
Rappresentare lo spazio, 2013
Seguire un percorso, 2013
Le due alternative, 2013
che lascia distante e al contempo vicinissimo il guardante, esso rendendo talvolta partecipe talvolta estraneo e, per appunto, tramite questo ricorso antitetico, giungendo ad individuare un fine per se stesso valido e per sé non deprivo di senso, ma chiaro e netto dopo le abbisognate antitesi. Il ricorso quindi e il concorso che si snoda fra il filare, lo snodarsi delle stoffe rammenta ad una sorta di probante e per questo volente ricucitura delle forme, misconoscendo ogni tipo di sicurezza e solidità ma, per converso, un’assoluta instabilità, una perfetta incoerenza che, tuttavolta, attraverso il legame compìto riesce, aspergendo la reazione incoerente ad un unico nume, a ritrovare se stessa e per di più a introiettare i contenuti – non meri contenenti ma contenuti – verso una rigida austerità. Le opere vivono, quindi, per se stesse, ingenerando nella loro stessa predisposizione a proporsi una coeva volontarietà di ritrazione, adagiandosi nella loro pro-
Dominare un sogno, 2013
pria fisicità ma proprio in virtù e per grazia del loro rigido animo gelosamente privatistico, epidermicamente drastico e deciso, radicalmente e ossessivamente conchiuso nella rigorosità e compostezza dei prenunziati dettami, compiono il superamento giungendo all’inversione dovuta ch’apre al contemplatore le vere forme di ricezione di cui le opere necessitano. Il tentativo radicale dei dipinti diviene metabolizzazione per sviare verso un’altra realtà, non già diversa, ma neppur dipendente, bensì, piuttosto, figlia della prima e, pertanto, in quando prole libera e svincolata, da essa spiritualmente indivisibile. Tutto ciò si riflette nelle opere di Quarta senza tramezzi, o linee di confine, senza strascichi di mediazione o lavorii mezzani d’ogni sorta ma con pura e diretta espressione, con pretta e verace fisionomia di compatta concrezione.
Jacopo Volpi
Luigi Quarta Defrag 7 – 13 dicembre 2013
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