INTRODUZIONE Vivere. Questo saggio potrebbe essere introdotto semplicemente così, da un solo verbo. Ma quante “gocce di infinito” stillano da una simile azione? Vivere è silenzio e rumore, amore e odio, speranza e disillusione, sorriso e dolore. Quadri di scene in movimento che queste pagine vogliono fermare in immagini e parole. Non sono verità assolute, ma sfiorano esperienze reali, dando concretezza ai pensieri. Senza alcuna pretesa di salire in cattedra, questo libro vuole far compagnia alle riflessioni che spontaneamente ci auguriamo possano nascere nel momento stesso in cui si voglia concedere una pausa alla routine disattenta e tentare di filtrare il proprio essere con l’aiuto del linguaggio usato da una penna e da una macchina fotografica. Si tratta di due strumenti in apparenza lontani, ma che nella loro diversità riescono a far convergere il proprio potenziale in uno scopo comune: costringono a guardare qualcosa che può sfuggire all’occhio e al cuore. Ritagliano attimi per non farli perdere e non far svanire il loro significato, nonostante possa essere molteplice, come molteplici sono gli osservatori. Queste pagine sono morsi dati alla vita che rimane sotto la sabbia per lunghi periodi e poi sembra risvegliarsi al suono di una campana che riporta indietro, anche a volte con rabbia e sofferenza, ma spesso proietta in avanti scandendo il battito di un’attesa o di un sogno che può essere realizzato con la tenacia di una volontà supportata da ideali così forti e puri da non temere inclinazioni di sorta. In questo susseguirsi di flash e aforismi, di scatti e meditazioni, qualcuno si rivedrà o forse scoprirà lati di sé mai messi in atto, ma covati in potenza. Pungolare. È questo che vogliamo fare. Spronare a combattere la paura di dire sempre quello che si pensa e che si prova. Lo abbiamo fatto a vicenda noi per prime, Raffa e Vale, quando ci siamo conosciute, mostrandoci l’una all’altra attraverso i nostri rispettivi mondi che abbiamo scoperto essere così vicini da riuscire spesso quasi a sovrapporsi. Alcune immagini infatti conservano le didascalie con cui si sono accompagnate fin dal momento stesso dello scatto, Strabismi_ 7
righe scritte di getto dall’autrice della foto, incapaci di esistere senza l’attimo visivo da cui sono sorte. Righe che sembrano battute a macchina, con una sorta di inconsapevole (o forse cosciente) richiamo al passato dal quale non vogliono prendere le distanze, anzi, vogliono ricordarlo perché possa essere trampolino perenne verso il futuro. “Strabismi” è un piccolo scrigno nel quale abbiamo voluto semplicemente custodire i nostri “tesori”, il nostro vissuto, la nostra sensibilità. V.C.
Perchè Strabismi Quando un difetto diventa un pregio, Strabismi diventa sinonimo di sguardo attento. È come camminare su un sentiero in collina. Un occhio vede gli alberi, il cielo, i fiori, ma l’altro si accorge di una foglia ingiallita che per terra ha raccolto alcune gocce della pioggia pomeridiana. In un attimo quell’immagine nella mente è già un particolare incastonato in un rettangolo, un ritaglio di realtà fermato per sempre, un angolo che si stava aspettando di incontrare, per accostargli magari un’altra visione e raccontare silenziosamente un’emozione.. Strabismi_ 8