Entro Terra - proposte per la gestione del turismo nel Parco Nazionale delle Cinque Terre

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ENTRO TERRA proposte per la gestione del turismo nel Parco Nazionale delle Cinque Terre



Michela Gessani Teresa Pedini

relatori Luca Emanueli Elena Dorato correlatori Romeo Farinella Massimo Tondello

UniversitĂ degli Studi di Ferrara Dipartimento di Architettura AA 2015/16



a Francesco e Giovanna a Pierluigi e Emanuela



INDICE 0. ABSTRACT

1. INTRODUZIONE

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2. IL FENOMENO DEL TURISMO DI MASSA ALLE CINQUE TERRE 33 2.1 NUMERI IN ARRIVO E L’IDENTIKIT DEL TURISTA 2.2 LE STRUTTURE RICETTIVE PRESENTI SUL TERRITORIO 2.3 COME SI RAGGIUNGONO LE CINQUE TERRE E COME CI SI MUOVE 2.4 LA POPOLAZIONE

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3. IL TERRITORIO

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3.1 LE RAGIONI STORICHE 3.2 TERRAZZAMENTI E COLTIVAZIONE 3.3 L’ABBANDONO DEL TERRITORIO 3.4 IL PAESAGGIO E L’ENTROTERRA

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4. UNO SGUARDO GLOBALE PER INQUADRARE LA SITUAZIONE 73 5. STRATEGIA E AMBITI DI PROGETTO

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5.1 STRATEGIA: DEPRESSURIZZAZIONE 5.2 CASI DI GESTIONE DEL TURISMO 5.3 L’ALBERGO DIFFUSO 5.4 IL RECUPERO DI FEGINA A MONTEROSSO 5.5 L’UNIONE DEI COMUNI

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6. CONCLUSIONI

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7. RIFERIMENTI

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BIBLIOGRAFIA 123 RIVISTE 123 TESI CONSULTATE 124 SITOGRAFIA 124

8. ELABORATI GRAFICI

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S’è rifatta la calma nell’aria: tra gli scogli parlotta la maretta. Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma a pena svetta. Una carezza disfiora la linea del mare e la scompiglia un attimo, soffio lieve che vi s’infrange e ancora il cammino ripiglia. Lameggia nella chiaria la vasta distesa, s’increspa, indi si spiana beata e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia vita turbata. O mio tronco che additi, in questa ebrietudine tarda, ogni rinato aspetto coi germogli fioriti sulle tue mani, guarda: sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: “più in là!”. L’agave sullo scoglio - Maestrale, E. Montale



ABSTRACT


Tra il XIX e l’inizio del XX secolo il turismo ha assunto nei paesi sviluppati le attuali caratteristiche di fenomeno di massa. Per un Paese come l’Italia, che richiama ogni anno milioni di turisti, questo oggi si traduce in una gestione non sempre appropriata delle risorse del territorio. Negli ultimi anni diverse amministrazioni italiane sono intervenute introdudo così di arginare le ricadute negative del cosiddetto turismo “mordi e fuggi” sui territori, a causa del quale il rapporto tra visitatori e residenti rischia spesza fra i bisogni delle amministrazioni, che tentano di salvaguardare le proprie giurisdizioni, e il diritto dei turisti ad esercitare la libertà di movimento: in che modo soddisfare le esigenze di tutti? Un esempio di area soggetta al turismo di massa è il Parco Nazionale delle ogni anno un numero sempre maggiore di viaggiatori visita questo territorio, caratterizzato da un delicato equilibrio tra uomo e natura. Il turismo mordi e è stato ulteriormente alimentato dagli arrivi via mare a causa dell’inserimento delle Cinque Terre in numerosi pacchetti-vacanza crocieristici, nazionali ed internazionali. L’area più sollecitata dalla pressione turistica è quindi la fascia costiera.

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Parallelamente i cambiamenti socioeconomici insistenti sul territorio hanno sviluppato, nel corso delle generazioni, prospettive lavorative che si discostano dalle attività agricole tradizionali. La conseguenza più naturale è stata un progressivo abbandono del territorio, che si è tradotto in un’incuria del paesaggio, da secoli caratterizzato da colture a terrazzamento. Si è assistito quindi a un cambiamento dell’assetto idrogeologico che ha esposto i borghi a diversi e violenti fenomeni alluvionali, oltre alla progressiva perdita dell’immagine paesaggistica tradizionale. Dal 2015 l’Ente Parco ha promosso una serie di azioni volte a distribuire il numero di arrivi turistici durante l’anno, tuttavia non si sono rivelate particolarmente efficaci. Uno dei problemi principali risulta essere infatti la mancata collaborazione nella gestione del fenomeno da parte degli enti presenti sul territorio – non solamente l’Ente Parco, ma anche i Comuni e la Società Agricola Cooperativa. Visti i presupposti, la tesi si propone di attuare un progetto per il recupero del territorio del Parco Nazionale delle Cinque Terre attraverso una strategia globale per la gestione dei flussi turistici. E’ necessario quindi aumentare la consapevolezza delle potenzialità territoriali ora in parte trascurate, danneggiate o non riconosciute, e strutturando nuovi sistemi di accessibilità al Parco e di integrazione della mobilità interna. Si vuole in particolare proporre una strategia di depressurizzazione della fascia costiera, aumentando i servizi e la superficie fruibile e incentivando lo spostamento dei flussi verso l’entroterra, attraverso un’attività turistica sostenibile. In un simile quadro, e in linea con quanto sta avvenendo sull’intero territorio italiano, si auspica la fusione amministrativa dei tre Comuni delle Cinque Terre, in modo da assicurare un coordinamento organico nell’adozione della strategia, coinvolgente anche il Parco e la Società Agricola Cooperativa.

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE



Turismo (dal francese tourisme, che ricalca l’inglese tourism, che a sua volta è dal francese tour: giro, viaggio): l’insieme di attività e di servizi a carattere polivalente che si riferiscono al trasferimento temporaneo di persone dalla località di abituale residenza ad altra località per fini di svago, distrazione, cultura, cura, sport e altro. Fino alla prima metà del Novecento il turismo era ancora un fenomeno d’élite che interessava le fasce di popolazione culturalmente più elevate o comunque con maggiori disponibilità di tempo e denaro, dal quale rimanevano ovviamente esclusi i ceti popolari, ossia la stragrande maggioranza. Questi potevano, nel migliore dei casi, beneficiare di soggiorni curativi, se predisposti dalle autorità nazionali; nel nostro caso furono introdotte ad esempio le colonie marine e montane del periodo fascista oppure le installazioni sanitarie per i reduci di guerra o con patologie di grave impatto sociale. Soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, in seguito alle mutate condizioni socio-economiche e alle nuove libertà individuali, con la maggiore diffusione dell’industrializzazione, dell’urbanizzazione e dei trasporti, in Europa e in America settentrionale, il concetto di turismo si allargò rapidamente ai ceti medi e popolari. Forme di soggiorno più economiche e modeste erano offerte accanto a sistemazioni più classiche e costose, rendendo disponibili sia il classico turismo balneare-estivo e paesaggistico-montano sia le attività sportive legate al territorio (come gli sport invernali) a grandi quantità di persone. La conoscenza dei luoghi d’interesse turistico e la loro facilità di fruizione di conseguenza hanno fatto assumere al fenomeno, soprattutto nei paesi sviluppati, le attuali caratteristiche di massa. Il turismo di massa è espressione di

un nuovo tessuto socio-economico e dell’interazione dei fattori cui dipende: aumento del tempo libero e del reddito disponibile, sviluppo dei mezzi di trasporto, innalzamento del livello di alfabetizzazione. Lo si può quindi definire come una grande quantità di persone che viaggiano verso una precisa destinazione turistica nello stesso periodo dell’anno seguendo percorsi identici, o comunque predefiniti. Si tratta quindi di un vero e proprio fenomeno che ha raggiunto dimensioni tali da rappresentare un fattore di crescita importantissimo per i paesi interessati, portando le attività d’offerta, di gestione e le loro ricadute su settori terziari ad un livello molto attrattivo per grandi investimenti economici. Ciò ha reso possibile la nascita e la continua crescita di una florida e specifica industria che riesce a gestire un’articolata e vastissima serie d’offerte che comprendono, oltre la pianificazione e l’assistenza dei viaggi, la loro trasformazione da spostamento a vacanza stessa. Il nostro Paese per la sua unica e complessa storia, le tradizioni radicate ed antichissime, il territorio vario, il clima e la gastronomia, unite ad una fama complessivamente molto positiva e alla notevole capacità ricettiva, offre una vastissima serie di attrazioni che lo pone ai vertici dei flussi turistici mondiali. Secondo i dati del XX Rapporto sul turismo italiano curato dall’Iriss-Cnr di Napoli riportati da Unife, nel 2016 il turismo in Italia rappresenta ben lo 11,3% del Prodotto Nazionale Lordo (PIL) mentre lo UNWTO (World Tourism Barometer, vol.14 - July 2016) riportato dal centro Studi e ricerche di ENIT, pone l’Italia al quinto posto mondiale come arrivi nel 2015 (50,7 milioni in aumento del 4,4% rispetto al 2014) con introiti di 39,4 miliardi di dollari US. 17


Le ragioni che suggeriscono al turista di pianificare un soggiorno in Italia sono vastissime e sorprendentemente spesso legate le une alle altre: lo stesso territorio, o le sue immediate vicinanze, possono infatti facilmente offrire argomenti di visita tra loro diversi ma comunque complementari. Tentando una rapida classificazione si possono identificare alcune di queste offerte: _ turismo artistico-culturale _ turismo balneare-lacustre _ turismo montano-paesaggisticosportivo estivo/invernale _ turismo religioso _ turismo naturalistico _ turismo enogastronomico _ turismo sportivo _ turismo d’affari

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EVOLUZIONE DEL TURISMO E SFRUTTAMENTO DEL TERRITORIO La bellezza del Comprensorio delle Cinque Terre, che fonde le ripide pendenze collinari ad una suggestiva costa frastagliata e ricca d’insenature, non poteva certamente passare inosservata come meta turistica anche in tempi dove il termine di turismo di massa non aveva ancora acquisito un significato proprio. L’intervento dell’uomo fino al secolo scorso, infatti, non è stato tale da riuscire a modificare la naturale bellezza di questi luoghi difficili che, se da una parte offrivano un clima favorevole agli insediamenti, richiedevano comunque grandi energie per divenire una fonte di sostentamento stabile, limitando naturalmente il numero degli abitanti e l’esten-


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sione delle costruzioni. I borghi marini sviluppati nelle ridotte zone adatte ad accogliere le attività di pesca ed i terrazzamenti degradanti sul mare hanno rappresentato e tuttora rappresentano addirittura un incremento del fascino del territorio, pur essendo assolutamente funzionali alla vita di lavoro necessaria alla semplice sussistenza. Anche il turismo, finché è stato un fenomeno limitato all’élite con la presenza di un numero ristretto di visitatori non ha inciso significativamente sull’aspetto e la fruibilità del territorio. La situazione è andata modificandosi quando lo sviluppo economico successivo alla Seconda Guerra Mondiale ha introdotto nuovi modi di accostarsi alle bellezze naturali ed artistiche, fino ad allora completamente sconosciuti, moltiplicando in modo esponenziale il numero dei visitatori su territori impreparati a sopportarne l’urto. Nel caso delle Cinque Terre il numero dei visitatori in un primo tempo è rimasto limitato ad una fascia di visitatori culturalmente ed economicamente alta a forte carattere internazionale. Ciò era dovuto sia alla mancanza di strutture tese al turismo a basso costo, sia alle difficoltà delle comunicazioni in un periodo storico dove la mobilità individuale era per la gran parte basata sul trasporto pubblico; inoltre le strutture presenti sul territorio non rendevano semplice o attrattiva la visita veloce. Successivamente la vicinanza delle Cinque Terre al triangolo industriale Genova – Milano – Torino ed alle zone a più alta industrializzazione e reddito della nazione, la costruzione delle autostrade, assieme all’uso sempre maggiore della ferrovia preesistente hanno moltiplicato il numero dei visitatori. Data la natura del territorio, le infrastrutture si sono rivelate molto presto forte20

mente inadeguate di fronte al massiccio aumento delle presenze, evidenziando pesanti difficoltà nei servizi (parcheggi, ristorazione, smaltimento dei rifiuti) e soprattutto la consapevolezza di non poterli adeguare ai nuovi flussi turistici senza stravolgere in modo irreparabile un equilibrio che rappresenta la vera ricchezza della zona. Oltre a ciò, le ricadute del flusso turistico hanno avuto, come logico, un forte impatto sulla vita dei residenti, rendendo realistica la possibilità di reindirizzare le proprie forme di sussistenza su attività più confortevoli e remunerative di quelle tradizionali decisamente più impegnative. Conseguentemente si è verificato un progressivo abbandono della manutenzione del territorio come la cura dei muretti a secco che sostengono i terrazzamenti, con un effetto di compromissione del sistema idrogeologico, che ha portato a pericolosi fenomeni alluvionali – si pensi all’alluvione del 25 ottobre 2011.

IL PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE Oggi nel nostro paese vi sono 23 parchi nazionali istituiti e 1 in attesa dei provvedimenti attuativi. Complessivamente coprono oltre un milione e mezzo di ettari, pari al 5% circa del territorio nazionale. Il Parco Nazionale delle Cinque Terre presenta, rispetto al variegato panorama degli altri parchi, alcuni elementi di atipicità che lo rendono unico nel suo genere. Quello delle Cinque Terre infatti, con i suoi 3.860 ettari, è il parco nazionale più piccolo del Paese e allo stesso tempo il più densamente popolato, con circa 4.000 abitanti suddivisi in cinque borghi: Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso al Mare. Ciò che rende speciale questo territorio


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rispetto agli altri, però, è dato dal fatto che qui l’ambiente naturale è stato profondamente modificato dall›azione dell’uomo. Per secoli, a partire dall’anno mille, gli abitanti delle Cinque Terre hanno sezionato gli scoscesi pendii delle colline che si gettano a picco sul mare per ricavarne strisce di terra coltivabili; ognuna di queste strette porzioni pianeggianti, detti ciàn, sono sorrette da muretti a secco, il vero tratto identitario delle Cinque Terre che le ha rese famose in tutto il mondo. L’intervento dell’uomo ha quindi portato a creare un’architettura di terrazzamenti su di un territorio sviluppato in altezza, rendendo il paesaggio atipico e fortemente antropizzato: ecco perché è

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il Parco dell’Uomo. Il Parco Nazionale pone al centro del suo agire la difesa di questa peculiarità la quale, a causa del fisiologico abbandono dell’attività agricola da parte di ogni società industriale, ha portato a fenomeni di degrado paesaggistico. Se in altre realtà i parchi nascono con la finalità ultima di difendere l’ambiente naturale sottraendolo all’azione quotidiana dell’uomo, qui la ragione ultima dell’ente è quella di riportare l’uomo a intervenire sul paesaggio coltivandolo e prendendosi cura di esso, ricalcando e riscoprendo i gesti antichi di chi, prima di noi, ha fatto delle Cinque Terre un territorio inserito nella lista dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO.


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STIMA DELL’ANDAMENTO MENSILE DEGLI ARRIVI TURISTICI NEL PARCO 2016

stima degli arrivi “mordi e fuggi”: 2016

pernottamenti turistici: 2016

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1.1 GLI ENTI PRESENTI SUL TERRITORIO I COMUNI L’ unione dei comuni delle terre verticali, 2014-2017 Formata nel 2014 dai comuni di Monterosso al Mare, Pignone, Riccò del Golfo di Spezia e Riomaggiore. Per statuto l’Unione si occupava di: _ organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; _ organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale; _ catasto; _ pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovra comunale; _ programmazione in materia di difesa del suolo; _ promozione turistica; programmazione, la predisposizione e l’attuazione di progetto per il territorio; _ organizzazione e gestione dei rifiuti e la riscossione dei relativi tributi; _ progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini; _ edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; _ polizia municipale e polizia amministrativa locale e sicurezza sociale; _ tenuta dei registri di stato civile e di popolazione; _ servizi in materia statistica; _ la comunicazione e l’informatizzazione.

L’unione dei comuni cinque terreriviera, 2014 Formata nel 2014 dai comuni di Bonassola, Deiva Marina, Framura e Vernazza, di cui solamente quest’ultima è una località del comprensorio delle Cinque Terre. L’ente locale ha sede a Bonassola. Il primo presidente dell’Unione, eletto il 25 febbraio 2015, è Vincenzo Resasco. Per statuto l’Unione si occupa di: _ organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; _ organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale; _ catasto; _ pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovra comunale; _ attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi; _ organizzazione e gestione dei rifiuti e la riscossione dei relativi tributi; _ progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini; _ edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; _ polizia municipale e polizia amministrativa locale; _ servizi in materia statistica. Sviluppi recenti L’Unione delle Terre Verticali si è sciolta nel gennaio 2017, evidenziando la poca lungimiranza degli amministratori locali che hanno da un lato diviso i comuni 25


rivieraschi senza tenere conto di reali esigenze legate all’omogeneità delle strategie da attuare per il loro sviluppo e la loro salvaguardia, sia a campanilismi locali di poco respiro ma diffusi tra la popolazione, sopravvalutando il sentimento d’interesse comune che avrebbe favorito i comuni dell’entroterra sfruttando l’effetto traino della zona costiera, inserimento nella lista UNESCO compreso. Il risultato è che ora Vernazza è un comune amministrativamente separato dagli altri quattro coi quali è vitale debba condividere modi e metodi di gestione di un flusso turistico ormai soffocante. Le piccole rivalità locali e gli interessi di bottega hanno creato nuovamente i presupposti per rendere estremamente difficoltosa la pianificazione delle risorse e la risoluzione di problemi evidenti.

L’ENTE PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE Nel 1997 l’UNESCO ha inserito le Cinque Terre nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità come paesaggio culturale. Il Parco nazionale nasce nel 1999 come strumento di tutela, salvaguardia e valorizzazione del territorio, dell’identità locale e della biodiversità delle Cinque Terre, un’area nei secoli profondamente modificata nella propria fisionomia geografica e morfologica dal duro lavoro dell’uomo. Gli antichi abitanti di questi luoghi, infatti, senza alcuna imposizione da parte di sovrani tiranni, ma per la ferrea necessità di ricavare spazi coltivati in un ambiente ostile, hanno sostituito l’antica vegetazione naturale di questi ripidi declivi con una fitta tessitura di terrazzamenti coltivati a vite. In questi anni il Parco Nazionale e l’Area Marina Protetta delle Cinque Terre, che dal 1999 sono entrati a far parte 26

del Santuario dei Cetacei, hanno attivato una serie di progetti con numerose aree protette italiane ed europee. L’Ente è costituito da vari Uffici di competenza, fra i quali troviamo i più specifici Ufficio del Territorio e del Lavori Pubblici e l’Ufficio Ambiente e Biodiversità. Il Parco è anche sede del Centro studi rischi geologici, nato dall’esistenza di numerose criticità legate al dissesto idrogeologico, causato sia dall’abbandono del territorio che dalla consistente esposizione dello stesso al flusso turistico, con conseguente fruizione intensa dei sentieri. I progetti Protocollo di intesa fra Parco e IUAV Ritenendo importante acquisire, sviluppare ed applicare metodologie di ricerca nel settore degli strumenti per il monitoraggio e in messa in sicurezza del territorio con l’obiettivo di approfondire aspetti legati alla realizzazione di un sistema di controllo dei flussi turistici, il Parco ha siglato nel 2015 un protocollo di intesa con l’Università IUAV. Essa, infatti, rappresenta un polo qualificato di ricerca e di formazione, con competenza specifica nel settore Strumenti per il monitoraggio del territorio. Premesse fra l’altro supportate dal fatto che il Parco Nazionale delle Cinque Terre subisce una pressione turistica considerevole, quasi paragonabile a quella subita dalla città di Venezia. L’Ente è quindi affiancato nella ricerca e gestione di strumenti di controllo che ha cercato di applicare provando, per esempio, ad installare dei contapersona in corrispondenza dei sentieri più frequentati. Impatto antropico da pressione turistica nelle aree protette Nel Parco e in alcune aree adiacenti si


è evidenziata l’importanza di focalizzare l’attenzione sugli impatti connessi agli interventi per la gestione delle attività turistiche (sentieri e assi viari). Per contenere i fenomeni, sono state annotate alcune attività di prevenzione, regolamentazione e sorveglianza e valorizzazione della frequentazione turistica e di realizzazione di opere per il turismo. In particolare spiccano le attività regolamentative e di sorveglianza e le attività di valorizzazione, con gli obiettivi di “ri-orientare le finalità del parco integrando le tre centralità attuali (elemento umano; conformazione paesaggistica; vocazione vitivinicola dell’area) con la centralità del rispetto della Natura intesa non tanto come elementi (specie), quanto come complesso di relazioni e processi”. Nel dettaglio, “valutando la possibilità di aggiornare il Piano del PN5T di regolamentare attività a rischio nella gestione delle spiagge (ripascimenti e allestimento stabilimenti balneari), di ripulitura dei sentieri e delle opere di scavo/movimento terra”, ma anche “migliorare la segnaletica in corrispondenza dei punti di interesse di carattere floristico-vegetazionale; predisporre e realizzare iniziative didattiche sul tema”. Banca del Lavoro Nell’ambito del Progetto Integrazione per l’inserimento lavorativo di persone in difficoltà, in particolare per dare una risposta all’emergenza migranti, l’Ente Parco ha siglato un Protocollo di Intesa con Fondazione CARISPE, CARITAS Diocesana La Spezia, Sarzana, Brugnato, Confagricoltura e Confederazione Italiana Agricoltori dando via alla Banca del Lavoro. L’iniziativa nasce dall’incontro tra la necessità di soddisfare la crescente domanda di maestranze nella coltivazione e manutenzione del paesaggio costruito delle Cinque Terre e

l’esigenza di creare un percorso di inserimento socio-lavorativo rivolto a persone in condizioni svantaggiate, ed offre ai contadini delle Cinque Terre la disponibilità gratuita di personale qualificato a supporto delle attività agricole di recupero e manutenzione dei terrazzamenti ricadenti nei Comuni di Riomaggiore, Vernazza e Monterosso.. Il percorso di acquisizione di capacità professionali mirate alle pratiche agricole tradizionali è approdato, prima nell’inserimento lavorativo dei partecipanti, in alcune aziende agricole locali. Ad oggi la Banca del Lavoro dispone di 4 operatori per una durata iniziale di 10 mesi, suddivisi in 30 ore settimanali, 6 ore al giorno ciascuno. Il progetto ha preso il via il 4 ottobre 2016, con i primi interventi a Riomaggiore. Riportiamo il modulo di applicazione per il progetto. Rifacimento dei muretti a secco Il Parco Nazionale delle Cinque Terre si è fatto carico dell’intero percorso di ricerca, acquisizione e distribuzione del materiale lapideo adatto alla ricostruzione dei muretti a secco, con la finalità di sostenere le attività che contribuiscono alla manutenzione del territorio e del patrimonio paesaggistico. Il crollo dei muretti, con conseguente dissesto idrogeologico, infatti dipende non solo dall’incuranza del terreno sostenuto, ma anche dalla stessa erosione delle pietre, causata dal tempo e dagli agenti atmosferici. In più, tra le criticità riscontrate dai contadini, vi è sicuramente quella del reperimento dei materiali. “Il primo passo è stato quello di individuare le cave di pietra che potessero fornire il materiale rispondente alle caratteristiche tradizionali, con una particolare attenzione alla qualità del prodotto e alla pezzatura delle pietre. In accordo 27


con i Comuni del Parco sono state individuate le zone di stoccaggio temporaneo dove gli interessati, previa regolare procedura di richiesta, potranno ritirare la quota di materiale lapideo loro spettante. Le zone ad oggi destinate sono: Località Casavecchia nel Comune della Spezia, Località Corniolo nel Comune di Riomaggiore, Località Fornacchi nel Comune di Vernazza, Località Vettora nel Comune di Monterosso al Mare. Per ottenere gratuitamente il materiale lapideo è necessario compilare l’apposito modulo, da presentare all’ufficio protocollo dell’Ente Parco di Manarola. Una volta ricevuta e verificata la richiesta, i tecnici del Parco effettueranno i sopralluoghi di verifica per stabilire la quantità di materiale lapideo da assegnare. I richiedenti dovranno impegnarsi a realizzare le opere entro 12 mesi dalla concessione delle pietre”. Di seguito, le quantità e i prezzi del materiale lapideo procurato dal Parco: Anno 2013 58.379,00 Euro 1.167,58 Ton. Anno 2014 43.458,84 Euro 869,18 Ton. Anno 2015 50.000,00 Euro 1.000,00 Ton. Totale 151.837,84 Euro 3.036,76 Ton. (fonte: parconazionalecinqueterre.it) Convenzioni Data la fragilità del territorio e, allo stesso tempo, la necessità di una consapevole fruizione, il 1° giugno 2013 è stato siglato il protocollo di collaborazione 28

fra l’Ente Parco e il CAI – Club Alpino Italiano. La collaborazione era già esistente, ma si è sentito il bisogno di ufficializzarne il coordinamento delle attività. Il Protocollo riconosce il CAI quale soggetto che, attraverso le sue strutture, fornisce collaborazione specifica rivolta alla conoscenza e alla protezione delle risorse naturali che ricadono nel territorio del Parco. Programmazione Europea Il 6 ottobre 2015 la Commissione europea ha approvato il Programma di sviluppo rurale - PSR della Regione Liguria. Il protocollo d’intesa è stato sottoscritto tra Regione Liguria, Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, Parco Nazionale delle Cinque Terre e i Comuni di Portovenere, Levanto, Monterosso, Pignone, Riomaggiore, La Spezia, Vernazza, Beverino, Riccò del Golfo. L’accordo prevede che i soggetti si impegnino ad attuare, in modo coordinato, tutte le attività in parte specifiche e in parte comuni indispensabili per raggiungere le finalità dell’Accordo, che ha l’obiettivo di promuovere nel modo più ampio possibile il valore eccezionale del sito. A questo proposito è nato il progetto LIFE- PROSIT (Pianificazione e Recupero delle Opere di Sistemazione del Territorio costiero delle Cinque Terre), che ha avviato una serie di azioni il cui obiettivo è la sperimentazione di un metodo di salvaguardia e recupero del territorio costiero. Tale metodo si basa su meccanismi ambientalmente ed economicamente compatibili ed adotta un approccio fortemente partecipativo nei confronti della popolazione locale e dei visitatori. Il percorso che è stato seguito ha previsto un’articolazione in tre fasi: preparatoria, progettuale ed attuativa. La fase progettuale ha visto la realizza-


zione della mappatura delle aree rurali costiere in base al livello di vulnerabilità, pericolosità e attitudine al recupero, la predisposizione di strumenti attuativi per il recupero delle aree terrazzate e la definizione delle modalità operative per l’attuazione dell’intervento pilota. Attualmente si sta concludendo la fase attuativa del progetto, che ha assistito alla concretizzazione del PROSIT in quattro località dell’area: Campi, Corniolo, Monterosso e San Bernardino, dove è stata riattivata la coltivazione della vite e avviata quella sperimentale del basilico, dei limoni e dell’ulivo. Data la volontà di un approccio fortemente partecipativo in tutte le fasi del progetto, l’Ente Parco ha previsto la collaborazione di partners istituzionali come il Comune di Riomaggiore, Vernazza e Monterosso e di rappresentanti delle categorie economiche maggiormente coinvolte sul tema del paesaggio terrazzato, operatori agricoli e turistici come la Cooperativa Cinque Terre e l’APT 5 Terre. Il progetto ha avuto un costo complessivo di 542.940 Euro. Le risorse pubbliche disponibili per il periodo di programmazione 2014-2020 sono 135 milioni di euro dal bilancio dell’UE e 179 milioni di euro di cofinanziamento nazionale e regionale e serviranno principalmente ad aumentare la competitività del settore agricolo e forestale attra-

verso il sostegno a interventi anche per la ristrutturazione e l’ammodernamento delle imprese. Particolare attenzione sarà inoltre rivolta a innovazione, sviluppo economico delle aree rurali, inclusione sociale e salvaguardia, ripristino e valorizzazione del territorio.

LA SOCIETÀ AGRICOLA COOPERATIVA La Cantina della Cooperativa Agricoltura delle Cinque Terre è l’unica, importante realtà produttiva della zona che assicura un elevato livello di investimenti nelle più moderne tecnologie di vinificazione. Essa riunisce agricoltori privati che ancora coltivano i propri terreni e che si avvalgono delle attrezzature per produrre. Con sede a Groppo di Riomaggiore, è stata costruita nel 1982 con gli stessi materiali impiegati per il terrazzamento delle vigne. Grazie alla Cantina è stato introdotto nel Parco il sistema di trasporto a monorotaie, importato dalla Svizzera. Nel 2014 fra le linee di azione del Parco è stato deciso un finanziamento ai tre Comuni del Parco per la gestione ed il mantenimento delle monorotaie verso un indirizzo di servizio pubblico della rete, indispensabile all’agricoltura per il trasporto verticale di pesi. (fonte: www.cantinacinqueterre.com)

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CAPITOLO 2

IL FENOMENO DEL TURISMO DI MASSA ALLE CINQUE TERRE



2.1 NUMERI IN ARRIVO E L’IDENTIKIT DEL TURISTA Per quanto riguarda i turisti che ogni anno scelgono le Cinque Terre come meta per le loro vacanze abbiamo una prevalenza di stranieri sugli italiani: altissima la percentuale di extra-europei, ossia Brasiliani, Giapponesi e Coreani, seguiti da Cinesi e Statunitensi ed infine Indiani e Australiani. Al primo posto nelle tipologie di stranieri in visita, troviamo i gruppi di amici (40%), seguiti dalle coppie (32%) e dalle

famiglie (12%); solo in minima percentuale i single e i gruppi organizzati scelgono i cinque borghi come meta. Gli italiani che hanno come destinazione la provincia di La Spezia scelgono o di pernottare e dedicarsi quindi ad attività come il trekking, le degustazioni enogastronomiche e il mare; nel caso degli arrivi mordi e fuggi, invece, l’attività privilegiata, oltre al trekking e al mare, sarà appunto la crociera.

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2.2 LE STRUTTURE RICETTIVE PRESENTI SUL TERRITORIO Mediamente i turisti, sia stranieri che italiani, pernottano negli esercizi ricettivi complessivi più di 3 giorni. Secondo l’Istat, le strutture ricettive in grado di accogliere i turisti sono concentrate nel comune di Monterosso; qui per quanto riguarda il numero di arrivi, ossia di persone che hanno pernottato almeno una notte in una struttura ricettiva, ad un progressivo calo degli italiani corrisponde un progressivo aumento di stranieri. Lo stesso fenomeno si verifica in questo comune per le presenze, ovvero il numero di pernottamenti. Monterosso è seguito dal Riomaggiore, dove nel 2015 si è verificato un boom di

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presenze straniere; solamente una piccola parte di turisti sceglie Vernazza come luogo in cui pernottare. Per quanto riguarda le tipologie ricettive per borgo abbiamo una concentrazione altissima di alberghi a Monterosso; gli affittacamere sono in buona percentuale presenti in ogni comune, così come le case o gli appartamenti e le strutture b&b. È importante sottolineare che, sebbene siano presenti anche nell’entroterra, la concentrazione maggiore delle strutture ricettive si ha sulla costa del territorio ligure.


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2.3 COME SI RAGGIUNGONO LE CINQUE TERRE E COME CI SI MUOVE Fino alla fine dell’800 queste località erano completamente isolate e raggiungibili solamente via mare o a piedi. Nel 1860 venne intrapresa la costruzione della prima ferrovia che collega Genova con La Spezia che attraversa il territorio quasi esclusivamente in galleria. Ora le Cinque Terre sono raggiungibili via mare, tramite navi crocieristiche o traghetti – la cui capacità media è di 340 passeggeri – e via terra. L’auto non è il miglior mezzo di trasporto per visitare le Cinque Terre: la morfologia del territorio, infatti, caratterizzata da alte colline a strapiombo sul mar tramite, fa si chele strade siano strette e ripide con molte curve. Nonostante ciò sono utilizzate dai turisti sia la Strada Provinciale sia quelle secondarie.

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A partire dal 2013 vi è stato un boom progressivo del numero dei passeggeri crocieristici che sbarcano nel porto di La Spezia, fino a sfiorare nel 2016 quota 560 000. I dati sull’andamento mensile dei turisti movimentati via mare nel 2016, ottenuti sommando la capacità di ogni crociera in arrivo al porto di La Spezia alla capacità media dei traghetti in transito da Levanto a La Spezia, evidenziano una maggiore concentrazione nei mesi che vanno da aprile a ottobre, periodo di alta stagione. Ogni borgo è poi provvisto di una propria linea di trasporto pubblico via terra: esclusa la linea che copre il tratto tra la stazione e il paese di Coniglia, il cui servizio è garantito per tutto l’arco della giornata, negli altri borghi l’efficienza


dei mezzi pubblici è scarsa o, nel caso di Riomaggiore, pressoché inesistente. Per quanto riguarda i parcheggi ed aree di sosta, sono presenti sia sulla costa che nell’entroterra nei comuni di Riomaggiore e Levanto; Vernazza, Levanto e La Spezia presentano invece parcheggi solo nell’entroterra. In corrispondenza di essi abbiamo poi le fermate degli autobus. Rara la presenza dei servizi per camper: ne troviamo solamente 1 nel comune di Riomaggiore e 1 in quello di Monterosso. Il Parco è visitabile anche tramite i treni regionali che effettuano fermate in tutte le cinque località e che si susseguono durante tutto il giorno ogni mezz’ora od ora a seconda delle stagioni. Nel 2016 il Parco Nazionale offriva un servizio chiamato Carte Cinque Terre Treno 2016 che consentiva di effettuare un numero illimitato di viaggi nei Treni Regionali e nei 5 Terre Express, nel tratto tra Levanto e

La Spezia e viceversa. Il servizio 5 Terre Express prevede sostanzialmente un aumento delle corse durante la stagione estiva, per permettere il movimento dei grandi afflussi turistici. Oggi è possibile acquistare la Cinque Terre Card. Adottata a partire dal 2011, essa è una carta servizi e consente la fruizione di quelli erogati dall’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre. Costituisce, allo stesso tempo, una sorta di autofinanziamento: il ricavato di tale iniziativa è finalizzato infatti al mantenimento e al recupero del territorio, nonché a consentire i servizi di mobilità al suo interno.

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La Card è giornaliera e permette di accedere ai seguenti servizi: - l’accesso all’area Parco; - visite guidate secondo programmazione; -percorsi Naturalistico Poetici Parco Letterario Eugenio Montale e delle Cinque Terre secondo programmazione; - l’utilizzo del servizio bus gestito da ATC all’interno dei paesi; - uso dei servizi igienici a pagamento; - la partecipazione ai laboratori del Centro di Educazione Ambientale del Parco, secondo programmazione; - la navigazione ad internet Wi-Fi negli Hot Spot del Parco; - l’ingresso con tariffa ridotta ai Musei Civici della Spezia; - l’accesso in seconda classe ai treni regionali e regionali veloci nella tratta Levanto - La Spezia (e viceversa). A partire dal 1° aprile 2017 sono disponibile anche le Carte Treno MS e Carte Trekking dedicate alle Strutture Ricettive: sono carte a disposizione esclusiva dei visitatori che soggiornano da uno o più giorni nelle strutture ricettive ubicate nei Comuni di Riomaggiore, Vernazza e Monterosso e prevedono delle tariffe 40

agevolate. In generale, le tariffe si differenziano a seconda del periodo dell’anno in cui sono erogate: durante la stagione estiva sono naturalmente più alte. Di seguito riportiamo un paragone delle Carte Treno. Carte Treno - dal 2.11.2016 al 31.03.2017 e dal 2.11 al 31.12.2017 Cinque Terre treno MS 1giorno adulti €13,00 Cinque Terre treno MS 2giorni adulti €23,00 Cinque Terre treno MS 1giorno ragazzi €7,30 Cinque Terre treno MS 1giorno famiglia €31,50 Cinque Terre treno MS 1giorno over 70 €9,70 Carte Treno - dal 1.04 al 1.11.2017 Cinque Terre treno MS 1giorno adulti €16,00 Cinque Terre treno MS 2giorni adulti €29,00 Cinque Terre treno MS 1giorno ragazzi €10,00 Cinque Terre treno MS 1giorno famiglia €41,00 Cinque Terre treno MS 1giorno over 70 €15,00


VIA FERRO: 5 TERRE EXPRESS

VIA MARE

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VIA GOMMA

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2.4 LA POPOLAZIONE La popolazione residente nelle Cinque Terre è minima rispetto ai milioni di turisti che affollano questa zona in alta stagione. È vero che l’economia di questa zona è basata principalmente sul turismo e che esso costituisce una grandissima fonte di guadagno per albergatori e impiegati nel settore terziario. Negli ultimi anni tale fenomeno è esploso tra viaggiatori nazionale e soprattutto internazionali con conseguente nascita del turismo di massa: tale fenomeno è risultato nel tempo essere eccessivo e insostenibile per una terra dall’eco – sistema così fragile. Le zone costiere e i paesaggi sono stati deturpati o oscurati da strutture ingombranti e poco integrate nel contesto ambientale. Un sito di tale

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interesse, per quanto nel breve periodo possa generare domanda, nel lungo periodo inevitabilmente subirà una flessione della domanda in relazione ad un peggioramento della qualità del sito stesso. La popolazione, quindi, cosa dice e cosa fa per difendere il suo fragile e preziosissimo territorio dal turismo di massa, che troppo chiede senza nulla in cambio? È nata un’organizzazione dal nome Save Cinque Terre, che su Facebook raccoglie oltre 600 followers, che ha indetto una petizione per controllare e limitare l’afflusso dei grandi gruppi turistici per le Cinque Terre. L’obbiettivo finale è quello di raggiungere un turismo sostenibile: godere dell’offerta di questa meraviglioso territorio senza però danneggiarne gli equilibri molto delicati.


La petizione ha quindi lo scopo di fornire una prova al Parco Nazionale ed ai funzionari locali del fatto che la comuni-

tĂ mondiale ha un forte interesse per la sopravvivenza di questi 5 borghi.

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CAPITOLO 3

IL TERRITORIO



3.1 LE RAGIONI STORICHE I borghi delle Cinque Terre (da ovest ad est sono: Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore) nacquero nell’XI secolo, quando le popolazioni della Val di Vara si trasferirono sul litorale marino e vi si stabilirono in modo permanente, fondando i cinque paesi; tale migrazione di massa fu provocata dall’incremento demografico e dalla liberazione del Mediterraneo dalla minaccia saracena. All’inizio del 1800 La Spezia era un piccolo borgo dell’impero napoleonico; Napoleone Bonaparte intuì l’importanza strategica del Golfo e fece progettare la costruzione di un grande Arsenale, ma le sue sconfitte ne impedirono la realizzazione. L’idea di Napoleone fu ripresa da Camillo Benso Conte di Cavour che

ottenne nel 1857 il trasferimento della Marina Militare da Genova a La Spezia e il finanziamento per la costruzione di un Arsenale Militare. A partire dalla 1861 ebbero quindi inizio i lavori di costruzione dell’Arsenale Militare a La Spezia, la cui costruzione fu terminata solamente nel 1900. Con la sua costruzione la città subì un rapido sviluppo economico e, in conseguenza della disponibilità di nuovi posti di lavoro, anche un notevole incremento demografico. Già a partire dall’inaugurazione, che si svolse in data 28 agosto 1869, si andò delineando sempre più la figura del contadino – operaio: gli agricoltori locali iniziarono ad essere attratti dalle possibilità lavorative che si crearono attorno ai lavori di costruzione delle opere mi-

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litari. Il magro guadagno che gli proveniva dall’attività svolta finora cominciò ad essere integrato con il lavoro svolto come operai nello stesso Arsenale e nelle industrie che sorgeranno verso la fine del secolo attorno ad esso. In passato le Cinque Terre si potevano raggiungere solo via mare o a piedi. Le strade carrozzabili furono costruite solo a partire dal 1950. Il 22 luglio 1874, quindi, segna una data epocale dal punto di vista del collegamento di questa regione all’interno del contesto nazionale e internazionale: in questa data venne inaugurata la prima linea ferroviaria La Spezia – Sestri Levante. Le Cinque Terre cessano di essere isolate e da questo momento dispongono di un collegamento diretto con il territorio circostante. A contribuire alla fuoriuscita della regione dall’isolamento fu anche la costruzione dell’autostrada che aveva inizio a Sestri Levante e terminava a Livorno. La progettazione di tale opera fu intrapresa nel 1962 ma i lavori di costruzione sono iniziati nel 1964 ed è stata progressivamente aperta al traffico tra il 1967 e il 1975 Nel tratto ligure tale collegamento

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interessa le zone montuose appenniniche, con una serie di gallerie e di viadotti. L’armoniosa interazione che in questa zona si verifica tra uomo e natura e che da vita ad un paesaggio di qualità eccezionale, ha meritato alle Cinque Terre l’inserimento, nel 1997 da parte dell’UNESCO nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. I criteri secondo il quale il sito è stato inserito sono 3: 1. “mostra un importante scambio di valori umani, in un arco di tempo o all’interno di un’area culturale del mondo, nell’ambito degli sviluppi in architettura o nella tecnologia o nelle arti monumentali o nella pianificazione urbana e nel disegno del paesaggio; 2. è un notevole esempio di un tipo di un insieme edilizio o architettonico o tecnologico o un paesaggio che illustri un momento significativo nella storia umana; 3. è un notevole esempio di un insediamento umano tradizionale o di uso del suolo che sia tipico di una cultura specialmente se diventa vulnerabile a causa dell’impatto di cambiamenti irreversibili”.


Inoltre nel 1998 il Ministero dell’Ambiente ha istituito l’Area Marina Protetta delle Cinque Terre che è costituita da due zone A di riserva integrale e due zone B di riserva generale a Punta Mesco e Capo Montenero e può vantare una notevolissima ricchezza e varietà di specie animali e vegetali. La sua istituzione ha come finalità quella di tutelare e valorizzare le caratteristiche naturali, chimiche e fisiche della biodiversità marina, avvalendosi anche della collaborazione di enti appartenenti al mondo accademico e scientifico. Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica, il 6 ottobre 1999 ha istituito con un decreto il Parco Nazionale delle Cinque Terre che comprende i comuni di Riomaggiore, Vernazza, Monterosso e per una piccola porzione Levanto: tra i più piccoli ma anche tra i più densamente popolati d’Italia. Ciò venne fatto con l’obbiettivo di “favorire il mantenimento dell’attività agricola, la creazione di nuova e al fine di promuovere e incentivare iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni residenti all’interno del parco”; per que-

sto “l’Ente Parco può concedere l’uso del proprio nome del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentino i requisiti di qualità che soddisfino le finalità del parco”. Nel 2002 venne adottato il Piano del Parco Nazionale delle Cinque Terre che ha come finalità ed obbiettivi la conservazione del paesaggio costruito, la tutela delle dinamiche naturali, la protezione del territorio dal rischio di dissesto idrogeologico e il progetto di sviluppo delle attività sociali economiche e culturali delle comunità locali. Esso, pur costituendo il quadro fondativo di riferimento per la gestione trasparente delle decisioni e delle priorità di intervento da parte dell’Ente Parco e di tutti i soggetti interessati, fu revocato nel 2010 da parte della Regione Liguria con deliberazione della Giunta Regionale. Il Piano del Parco Nazionale delle Cinque Terre era finalizzato alla conservazione del paesaggio costruito, alla tutela delle dinamiche naturali, alla protezione del territorio dal rischio di dissesto idrogeologico, al progetto di sviluppo sostenibile delle attività sociali economiche

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e culturali delle comunità locali. La revoca (come si legge dalla Deliberazione della Giunta Regionale numero 1482 del 10 dicembre 2010) è stata giustificata dal manifestarsi di nuove esigenze di tutela e di valorizzazione del territorio, così da rendersi un aggiornamento, anche in riferito all’entrata in vigore di nuove discipline in materia ambientale (valutazione di incidenza ed alla valutazione ambientale). 25 ottobre 2011: un giorno che rimarrà a lungo impressa negli abitanti che popolano queste terre. Si registrarono 11 morti, 2 feriti e almeno 400 sfollati a seguito di un sistema temporalesco che transitò tra la Liguria di Levante e la Toscana nord – occidentale scaricando circa 500 mm di pioggia in 6 ore. Ciò ha provocato l’esondazione di due tra alcuni miriade di torrenti che corrono lungo tutto il territorio ligure. I dissesti maggiori si verificarono in corrispondenza dello sbocco

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dei bacini idrografici dove si raccolsero grandi quantità di acqua, detriti e fango provocando numerosi disagi nei comuni di Borghetto di Vara, Monterosso e Vernazza, tutti in provincia di La Spezia. Nonostante l’accaduto, guardando i dati sui flussi di crociere che sostano nell’area di La Spezia, risulta evidente che dal 2011 si sia creato un vero e proprio brand: si è verificato un consistente aumento di turisti, provenienti soprattutto dalla Cina o comunque da Paesi dall’Estremo Oriente. Il turismo “mordi e fuggi” che si crea nelle tappe degli itinerari crocieristici è tuttavia dannoso. Tale fenomeno si trasforma in “turismo di massa” che sfrutta il territorio senza ripagarne l’offerta e che si va ad aggiungere, accrescendone il numero fino ad arrivare a cifre dannose, ai turisti già presenti.


3.2 TERRAZZAMENTI E COLTIVAZIONE Il paesaggio delle Cinque Terre oggi è molto cambiato rispetto al passato. L’area è solcata da una lunga serie di corsi d’acqua, disposti in direzione antiappenninica, di breve sviluppo, a carattere torrentizio e molto ripidi che convogliano rapidamente al mare le acque ed i materiali litoidi trasportati; fra loro si distinguono per una maggiore estensione, sempre pure limitata, dei loro bacini idrografici. Il clima delle cinque terre è mite, per la presenza della catena montuosa che ripara la costa dai venti settentrionali. Il Mar Ligure mitiga il freddo invernale dando luogo ad escursioni poco importanti. Le piogge sono di breve durata ma frequenti in autunno e in primavera: sono causate dalla condensazione di masse d’aria

calda cariche d’umidità che si verifica quando esse vengono raffreddate per l’avvicinamento da parte dei venti meridionali alla catena appenninica. Il territorio delle Cinque Terre si affaccia sul mare a sud – ovest e a sud, con uno sviluppo costiero di circa 15 km e s’innalza dal livello del mare fino ad un crinale, molto vicino alla linea di costa, le cui sommità oscillano fra 600 e 800 m sul livello del mare. Tale andamento comporta la prevalente orientazione dei versanti nei quadranti sudoccidentali; le quattro classi sud – est occupano il 70% dell’area, con netta prevalenza dell’orientazione sud – ovest. Le caratteristiche litologiche – strutturali determinano la presenza di versanti particolarmente acclivi con il 74% del

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territorio caratterizzato da una pendenza superiore a 60°. Vista la grande acclività dei versanti a mare, fra gli agenti modellatori indubbiamente la gravità è quello che ha avuto ed ha oggi il ruolo dominante.

LA MODELLAZIONE DEL TERRITORIO La trasformazione dovuta all’opera dell’uomo che nei secoli ha cercato di renderlo sfruttabile, è evidente soprattutto in collina: una fitta trama di terrazzamenti a fasce, detti ciàn, interrompono le forti pendenze. Piane sostenute da muretti a secco, su cui sorgono orti, vigne, scalinate, casolari, mulattiere. Una grande opera di ingegneria ambientale: 4.200 metri cubi di muri – alti circa due metri – per ettaro, per un totale di 8.400.000 metri cubi; 3.163 metri lineari di muri per ettaro, per complessivi 6.729 km di muri, superiore al raggio della Terra. Grazie alla felice posizione del territorio, soleggiato e riparato dai venti del nord, i ciàn sono stati

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da sempre coltivati soprattutto a vite e a olivo, con la produzione di oli e vini di grande qualità. Il terrazzamento è un ripiano orizzontale risultante dalla sistemazione artificiale di un terreno naturale con notevole pendio. I lavori di terrazzamento rientrano nel campo delle opere di miglioramento della produzione agraria e di sistemazione montana. I terrazzamenti sono costituiti da un muro a secco di contenimento, ossia realizzati senza l’uso di leganti quale calce o cemento, di altezza variabile intorno al metro, sul quale si appoggia il terreno di riporto scavato a monte. Le pietre più grandi sono utilizzate come base del muro e altrettanta cura è data alle pietre da porre sulla testa del muro. Dietro al paramento murario esterno si pone uno spesso strato di pietre e ciottoli con il compito fondamentale di drenare il flusso d’acqua e di ridurre la perdita di terra. In questo modo, anche nel caso di forte piogge, si evita che il peso della terra a monte provochi il crollo dei muri. Sulla base del muro, per tutta la sua lunghezza,


è realizzata una canaletta, con lo scopo di raccogliere l’acqua drenata dal muro ed evitare che essa scorra lungo il pendio di terra e i boccioni, ossia canali di scolo dell’acqua piovana. Realizzato il primo terrazzamento, il lavoro prosegue verso l’alto, fino a raggiungere la parte di monte rocciosa non più coltivabile. I terrazzamenti sono gli elementi più in vista di una complessa opera di trasformazione del territorio che comprende anche scale in pietra di accesso ai campi, canali per la regolamentazioni e l’uso dell’acqua, cisterne, strade poderali e mulattiere, costruzioni in pietra per il rimessaggio degli attrezzi e riparo. Si possono trovare due tipologie di terrazzamenti: terrazze coltivate a vigneto costruite sull’unità di Canetolo, terrazze costruite sulle testate degli strati verticali del macigno, terrazze costruite sul macigno in strati a reggipoggio.

LA COLTIVAZIONE L’altitudine dei vigneti, coltivati a terrazze, varia fra 40 e 500 m sul livello del

mare, con pendenze comprese fra 20° e 70°. Le viti sono alte non più di 1,50 m da terra e sono allevate con il sistema tradizionale a pergola, per cui gran parte dei lavori devono essere eseguiti chinati sul terreno. Negli ultimi dieci anni la pergola è stata parzialmente abbandonata e sostituita con il più razionale sistema del filare, con conseguente riprofilatura del versante. Nei filari le viti vengono piantate in file distanti non più di 2 m le une dalle altre; tale copertura di piante sostenuta da pilastri, da colonne, da ritti di legno o di metallo. La sostituzione della pergola con il filare permette l’accorpamento di diverse proprietà e la possibilità di meccanizzare alcune operazioni come quelle di irrigazione e trattamenti fitosanitari. Nonostante il progressivo abbandono, le tecniche si sono sviluppate. Sono state introdotte le cremagliere su monorotaia, che aiutano i coltivatori nel trasporto del raccolto: tale sistema di armamento fa parte dell’impianto in alcuni tipi di ferrovie speciali, a forte pendenza.

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3.3 L’ABBANDONO DEL TERRITORIO L’abbandono delle terrazze ha favorito in primo luogo l’avanzamento dell’alto delle coperture a pineta e il progredire della macchia mediterranea nelle parti più basse e mediane dei versanti; inoltre,

in parecchi punti, le acque piovane e di scorrimento superficiale, non più controllate e disciplinate, hanno dato luogo a diffusi dissesti geomorfologici con conseguenti estesi movimenti franosi.

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3.4 IL PAESAGGIO E L’ENTROTERRA AGRICOLTURA E PAESAGGIO Le attività storiche delle Cinque Terre erano l’agricoltura, che ha disegnato il famoso paesaggio a fasce terrazzate, e la pesca. La produzione vitivinicola e le ricette gastronomiche sono una testimonianza delle tradizioni locali, del modo di vivere delle popolazioni e alle Cinque Terre, rappresentano una espressione concreta della cultura locale. Alcuni prodotti tipici della zona sono: limoni, miele, olio e.v.o, acciughe salate di Monterosso, “sciacchetrà”, vino Cinque Terre DOC. Anni fa la Cantina Sociale lanciò una campagna promozionale con lo slogan “un territorio, un vino”. Tutto è cambiato molto velocemente e

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si è assistito a qualcosa di incredibile: la società agricola è diventata in meno di 10 anni un’economia turistica che fa da traino a tutta la provincia spezzina. La dinamicità sociale di un nuovo sistema economico ha creato fratture all’interno delle Comunità e sta acuendo e modificando i rapporti tra i sempre meno residenti ed il crescente numero di turisti. I flussi turistici hanno arricchito quasi esclusivamente alcuni settori produttivi lasciando un ruolo marginale proprio al settore agricolo, settore che è l’architrave del sistema ambientale del territorio delle Cinque Terre, inteso sia in termini storico-sociale che in termini agricolo-ambientale. Risulta necessaria un’azione culturale che rimetta al centro la produzione agri-


cola e il ruolo del settore primario, ritrasferendo risorse dal comparto turistico a quello agricolo.

BORGHI E SANTUARI Il territorio delle Cinque Terre, collinare e naturalmente aspro e accidentato è stato addolcito dalla costruzione di terrazzamenti o fasce per le colture; nei punti in cui il mare si insinua nella terra sorgono i borghi, snodati a seguire la naturale forma delle colline. Ad una quota che va dai 300 ai 450 metri sul livello del mare, sorgono invece i 5 santuari mariani, ognuno in corrispondenza dei paesi delle Cinque Terre. Essi costituiscono una tappa irrinunciabile per il visitatore attento che vuole avvicinarsi all’identità più autentica di questo tratto dell’estremo Levante Ligure. Anche se sono tutti raggiungibili attraverso strade carrozzabili - ad eccezione di

quello di Riomaggiore, Nostra Signora di Montenero - il modo migliore per visitarli e godere a pieno delle bellezze naturalistiche e dei panorami che offrono è sicuramente a piedi. I percorsi fanno parte della rete sentieristica delle Cinque Terre e sono tutti indicati con i segnavia bianco-rosso, simboli della segnaletica del CAI. Per secoli i sentieri delle Cinque Terre sono stati l’unico collegamento tra un paese e l’altro e tra questi e l’entroterra. Oggi la rete che si sviluppa per oltre 120 chilometri consente di apprezzare e visitare tutto il territorio.

SENTIERI Le Cinque Terre sono una meta importante per chi pratica trekking. Per secoli uniche vie di collegamento non solo tra i cinque borghi, ma anche con il comune capoluogo e l’entroterra, questi percorsi,

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che si estendono per oltre 120 chilometri, sono oggi uno dei modi migliori per conoscere e apprezzare le Cinque Terre. Esistono tre tratti, per cui le Terre sono famose: il primo è il Sentiero Alto, antica mulattiera, forse risalente all’epoca romana, che corre lungo lo spartiacque che separa il litorale dall’entroterra. Il secondo è il sentiero dei Santuari che collega i luoghi di culto dei rispettivi borghi. Il terzo è il come Sentiero Azzurro, che unisce fra loro i cinque borghi.

ITINERARI TEMATICI Sul sito del Parco Nazionale delle Cinque Terre sono indicati, fra tutti i sentieri presenti sul Parco, alcuni itinerari tematici, ognuno dei quali è caratterizzato da una peculiarità. Sul sito il Parco ricorda che “la percorrenza sui tracciati del Parco nazionale delle Cinque Terre dovrà sempre avvenire in condizioni meteo

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climatiche buone, con calzature adatte e da parte di persone dotate di buona pratica escursionistica” a causa del territorio particolarmente impervio in alcuni tratti, e alle condizioni attuali dei sentieri, non sempre mantenuti in totale sicurezza. Itinerario dei vigneti terrazzati Riomaggiore - Manarola - Groppo - Volastra - Case Pianca - Corniglia Partenza: Riomaggiore Arrivo: Corniglia Lunghezza: 7,82 km Itinerario insediamenti Antichi Riomaggiore - Lemmen - Monesteroli Campiglia - Fossola Lunghezza: 11,2 km Itinerario Natura Partenza: Monterosso Arrivo: Monterosso Lunghezza: 11,4 km


Itinerario Santuari e Chiese Partenza: Monterosso Arrivo: Riomaggiore Lunghezza: 27,2 km

SCIACCHETRAIL Partenza: Monterosso Arrivo: Monterosso Difficoltà: EE - Per escursionisti esperti Lunghezza: 47 km Nel 2015 è nato Sciacchetrail, “una gara di trail che unisce le comunità, che esalta il territorio e la fatica che richiede la sua coltivazione.”. Il nome “Sciacchetrail” infatti e’ l’unione delle parole Sciacchetra’ e Trail: il vino passito che si produce sul territorio e la corsa in natura. L’idea nasce dal voler creare un’azione culturale che rimetta al centro la produzione agricola e il ruolo del settore primario, ritrasferendo risorse dal comparto turistico a quello agricolo.

I flussi turistici ingenti hanno infatti arricchito quasi esclusivamente alcuni settori produttivi lasciando un ruolo marginale proprio al settore agricolo, che però è l’architrave del sistema ambientale del territorio delle Cinque Terre, inteso sia in termini storico-sociale che in termini agricolo-ambientale. Il percorso, di circa 47 chilometri, copre numerosi sentieri – che durante la manifestazione saranno chiusi al pubblico – e attraversa i luoghi più caratteristici del Parco: con partenza a Monterosso, si procede verso Ponente, raggiungendo Punta Mesco. Successivamente, si toccano il Colle di Gritta, il Santuario della Madonna di Soviore, il Santuario di Nostra Signora di Reggio e Drignana. Si prosegue lungo l’alta via delle Cinque Terre verso il Colle del Telegrafo prima e il Santuario di Montenero poi. Riomaggiore è il primo borgo che si tocca; si percorre il sentiero che porta alla Cantina Sociale del Grop-

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po e si scende a Manarola: poi Volastra, Santuario di Nostra Signora della Salute, Corniglia, Vernazza – lungo il sentiero azzurro – per poi rientrare a Monterosso. Le edizioni della gara podistica si svolgono solitamente durante le prime settimane di primavera. La gara del 2017 è prevista per il 2 aprile. Sciacchetrà Lo Sciacchetrà è un vino passito, dolce e liquoroso, prodotto nelle Cinque Terre dalle uve dei vitigni Bosco, Albarola e Vermentino. L’origine del nome sembra avvolta nel mistero: per alcuni deriva dal termine semitico “shekar” col quale, nella Palestina di 3.000 anni fa, venivano definite le bevande fermentate, per altri dal verbo dialettale “sciacàa”, ossia “schiacciare”, utilizzato in questo caso per indicare l’operazione di pigiatura dell’uva - certo è che il pregiato vino è divenuto l’emblema per eccellenza delle Cinque Terre.

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Un profumo fruttato, floreale, che ricorda le essenze della macchia mediterranea: sentori di frutta secca, confettura d’albicocca, pesca gialla e vaniglia, miele di castagno e spezie. Un colore caldo e intenso: dal giallo dorato all’ambra, tendente al topazio. Un sapore dolce, ma mai stucchevole, caldo, di buon corpo, vellutato e suadente, ben equilibrato, da una piacevole e lievissima tannicità. Con una resa media di 25 litri per quintale d’uva e un’elevatissima qualità garantita dalla Denominazione di Origine Controllata (DOC dal 1973 come la tipologia secca), lo Sciacchetrà è un prodotto di nicchia che può evolvere per dieci, venti e anche trent’anni.

SENTIERI 501 (ex n. 01) Riomaggiore - Sella La Croce 502 (ex n. 02)


Tornate Groppo - Sella M. Galera 504 (ex n. 4) Sant’Antonio - Schiara 506 (ex n. 6) Manarola - Bivio n. 1 (Sella di Monte Marvede) 507 (ex n. 7) Vernazza - Cigoletta 508 (ex n. 8) Vernazza - Foce Drignana 509 (ex n. 9) Monterosso - Madonna di Soviore 528 (ex n. 11) Campiglia - Punta Persico 530 Telegrafo - Volastra 530c Bramapane - Cava (Scala Santa) 534 (ex n. 4C) Sant’Antonio - Fossola (mare) 535 (ex n. 4b) Campiglia – Fossola chiuso nel tratto Fossola - Monesteroli

536 (ex n. 4D) Bivio 504 - Monesteroli 571 (15+16) C.Massola - Innesto 591 571C Colla Bagari - Innesto percorso 571 572 (ex n. 14) Levanto - Colla Bagari 573 (ex n. 22) Levanto - Colla Bagari 574 (e12) Levanto - Colla Gritta 574 C Innesto 591 - Innesto 574 581 (ex n. 8A) Reggio - San Bernardino 582 (ex n. 8B) Reggio - Il Termine 585 (ex 6b) Volastra - Sella M. Galera 586 (ex n. 6D) Volastra - Case Pianca 587 (ex n. 7A)

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Corniglia - Cigoletta 590 (SVA 10) Monterosso - S.Antonio Mesco 591 (ex 1) Il Termine - S. Antonio Mesco 591 (ex 1) Levanto - S. Antonio Mesco sentiero temporaneamente chiuso 592-1 (SVA2) Riomaggiore - Manarola itinerario chiuso 592-2 (SVA2) Manarola – Corniglia itinerario chiuso 592-3 (SVA2) Corniglia - Vernazza 592-4 (SVA2) Vernazza - Monterosso Chiusura temporanea - ordinanza 1/2017 del Sindaco di Vernazza, a causa di una frana in località Riolo a Vernazza 593 (SVA 3) Riomaggiore - Telegrafo 593C SS. 370 - Madonna di Montenero 593V (ex 3a) Riomaggiore - Madonna di Montenero 598-1 (AV5T 1) Portovenere - Telegrafo 598-2 (AV5T 1) Telegrafo - Cigoletta 598-3 (AV5T 1) Cigoletta - Il Termine 504C Schiara - Innesto sent. 535 506V (ex 6 VAR) Tornante Groppo - Innesto sent 506 531 Riomaggiore - Manarola (via Beccara) 531C Parcheggio Corniolo - Via Beccara 532 Beccara - Costa Corniolo 532C Innesto 502 - Costa Corniolo 68

588 (ex 14A) Colla Bagari - Felina

ESSENZE Il buon orientamento del versante e il clima mediterraneo hanno permesso all’uomo di sopperire alla oggettiva difficoltà data dai terreni scoscesi per lo sfruttamento agricolo. Attraversi un imponente lavoro, l’uomo ha reso coltivabile il terreno fortemente acclive, mediante la realizzazione di terrazzamenti a fasce e provvedendo a ricostruire continuamente i muretti a secco. La flora delle Cinque Terre comprende circa 1000 specie diverse. Si tratta per lo più di piante a carattere mediterraneo, ma non mancano quelle esotiche ed euroasiatiche, introdotte volontariamente dall’uomo: Agavi, Fichi d’India, Mesembriantheum. Fino a 200 m di altitudine possiamo trovare Mirto, Lentisco, Corbezzolo, Alloro, Cisto, Elicriso, Oleastro, Lavanda, Rosmarino, Pino d’Aleppo. Sulle rupi proliferano l’Euforbia, la Campanula e il Finocchio di Mare. L’olivo e la vite sono, insieme al bosco di Leccio, i principali e caratteristici elementi del paesaggio vegetale. La coltivazione della vite, al contrario di quella dell’olivo, è generalmente specializzata ed è ancora curata dalla popolazione che, pur dedicandosi ad altre attività come pesca e turismo, riesce a ricavare un certo utile dalla vendita del prodotto. Infatti l’abbandono delle pratiche agricole a favore delle attività turistiche ha da un lato determinato fenomeni di instabilità dei versanti causa di frane e smottamenti, estremamente pericolosi soprattutto durante eventi alluvionale, ma dall’altro ha innescato fenomeni di recupero della vegetazione spontanea. Si tratta soprattutto di formazioni mediterranee: garighe, macchie e boschi


sempreverdi, che costituiscono aspetti vegetazionali dominanti. La vegetazione spontanea è rappresentata, nel primo tratto di costa, da Finocchio marino e Statice cordata; in posizione più elevata si rinvengono arbusteti rupicoli ed Euforbia arborescente ed Alaterno, dinamicamente collegati a pinete naturali a Pino d’Aleppo. La vegetazione dei versanti è rappresentata da formazioni boschive a leccio e da macchia densa o prebosco alto fino a 6 m, caratterizzato da Eicae Corbezzolo; una macchia bassa, folta, caratterizzata da arbusti ed eliofili (come Calicotome spinose, Spartium junceum, Rhamnus alaternus, Myrtus communis, Phyllirea latofila). Nelle linee di impluvio dove scorrono rii e torrenti si instaurano aspetti vegetazioni più freschi e umidi che rappresentano da un bosco di Ontano o Olmo minore. Accanto alla vegetazione spontanea, permangono alcuni lembi di pineta, soprat-

tutto a Pino marittimo, residui di rimboschimenti effettuati negli ’50. specie erbacee:

Acanthus mollis Carlina vulgaris Centranthus ruber Erysimum cheiri Fumaria Capreolata Leopoldia comosa Matthoola incana Pteridum aquilinum Ruta chalepsis Senecio cineraria Salanum niigrum

specie arbustive:

Arbustus unedo Asparagus acutifolius Calicotome spinosa Cistus salvifolius Clematis flammula Craaegus monogyna Clematis vitalba Erica arborea

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Hedera helix Helichrysum italicus Laurus nobilis Myrtus communis Pistacia terebinthus Rosa canina Rosa semprevirens Rubia peregrina Rubus ulmifolius Ruscus aculeatus Sambucus nigra Smilax aspera Spartium junceum Ulex europaeus

specie arboree:

Alnus glutinosa Castanea sativa Fraxinus ornus Olea eruopaea Pinus halepensis Pinus pinaster Pinus pinea Quercus cerris Quercus ilex Quercus pubescens

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CAPITOLO 4

UNO SGUARDO GLOBALE PER INQUADRARE LA SITUAZIONE


INTERPRETARE IL PROCESSO In relazione a quanto detto nei capitoli precedenti, attualmente il Parco Nazionale delle Cinque Terre si presenta come un territorio dalla morfologia ricca ma fragile, amministrativamente suddiviso e colpito dal turismo di massa. Si legge così un processo che sembra il risultato di una serie di atti, di azioni, indipendenti fra loro, che, sommandosi, portano ad una problematica generale che spesso è difficile da interpretare, perché ricca di sfumature, non di rado apparentemente non relazionate fra loro. La complessità delle Cinque Terre è innegabile: pensiamo anche solo al fatto che si tratta dell’unico Parco Nazionale antropizzato in Italia. Già questo risulta una sovrapposizione di ambiti e problematiche che aumenta la laboriosità di lettura. Aggiungiamoci la varietà morfologica del territorio: ci troviamo davanti ad un Parco che, in pochi chilometri (7,5 km), vede un cambiamento morfologico

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e paesaggistico repentino – da un’altitudine di 800 metri circa, al mare. La caratterizzazione delle Cinque Terre è quella quindi legata ad un incrociarsi di attività: umane e naturali. L’opposizione fra queste due sfere genera quella meraviglia che fa del luogo uno dei più suggestivi che si possano trovare in Italia. La stessa meraviglia che ha portato, però, milioni di turisti ad invaderne la costa. Sicuramente il problema principale dell’ingente flusso turistico è di tipo amministrativo: l’Ente Parco ha promosso il territorio che, anche se già conosciuto precedentemente a livello nazionale ed internazionale, ha visto un aumento esponenziale degli arrivi, soprattutto dall’Oriente. Il nuovo turista arriva con pacchetti-vacanza che includono le Cinque Terre e che sono spesso parte di tour che organizzano visite giornaliere nelle varie città Italiane: Venezia, Firenze e Cinque Terre le mete preferite al nord, ma rigorosamente da visitare con toccata e fuga. Senza contare i pacchetti crocieristici, anche nazionali, che dal 2013


sono la causa principale dell’invasione via mare. In conclusione, si è puntato evidentemente sulla promozione turistica senza tenere conto della complessità del territorio. Invasione e turismo mordi e fuggi, infatti sono termini che non si utilizzerebbero se non ci fosse un insediamento urbano, con le relative problematiche. I Parchi Nazionali italiani si basano sul turismo in giornata, in genere, ma non riscontrano le stesse tematiche da affrontare delle Cinque Terre. Perché? Perché qui ci si trova davanti ad un sovrapporsi di livelli gerarchicamente diversi, ma che spesso si intrecciano: sistema insediativo, sistema viario, sistema naturale, sistema amministrativo, sistema produttivo. Se si vuole mantenere però una linea strategica che si rifletta sul turismo, è necessario sciogliere questi nodi ed iniziare ad avere una visione complessiva della situazione, tenendo in considerazione la fragilità del territorio. Potenzialmente l’offerta turistica che il Parco può proporre è molto vasta. Il

fatto che oggi si concentri soprattutto sulla costa è legato, come si diceva prima, all’ingente numero di turisti che sbarcano dai traghetti crocieristici o che, venuti a conoscenza di questo remoto luogo bucolico, si riversano nelle piccole stazioni dei borghi, dal lontano Oriente soprattutto. In realtà le Cinque Terre erano già conosciute anche in precedenza – pensiamo alle vicine Francia e Germania, patrie di escursionisti e amanti delle coste italiane. Questo lascia intendere come vi sia sicuramente un sistema latente che funziona, se per tanti anni le Cinque Terre sono state famosa meta turistica senza particolari problemi. Il problema è che il turista medio è cambiato, ma il sistema no. Risulta necessario, quindi, un potenziamento del Parco sui vari livelli prima citati: accessibilità, amministrazione, produzione, preservazione naturale e paesaggistica. Nel prossimo capitolo sarà presentata la strategia di intervento con la quale si propone una linea guida per la risoluzione del problema.

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CAPITOLO 5

STRATEGIA E AMBITI DI PROGETTO



5.1 STRATEGIA: DEPRESSURIZZAZIONE Il progetto che proponiamo prevede l’adozione di una strategia che riguarda tutto il territorio di competenza del Parco Nazionale delle Cinque Terre. Prendendo in esame, quindi, i confini segnati dall’Ente, abbiamo applicato una serie di azioni al nostro caso volte a distribuire i flussi turistici sul territorio e durante l’anno. La strategia si articola in due linee, di cui troviamo relativi obiettivi e azioni. La prima linea strategica è stata denominata “riorganizzazione dell’accessibilità”, e prevede la gestione del traffico veicolare, del traffico marittimo e del traffico ferroviario. La seconda linea strategica è stata denominata “distribuzione turistica nell’entroterra”, e prevede un aumento della superficie fruibile e l’introduzione del sistema di ospitalità dell’albergo diffuso.

LINEA STRATEGICA 1 RIORGANIZZAZIONE DELL’ACCESSIBILITÀ OBIETTIVO 1 - GESTIONE DEL TRAFFICO FERROVIARIO Mantenimento del “5 Terre Express” con tariffa maggiorata per i turisti Il Parco Nazionale delle Cinque Terre

ha previsto l’introduzione del 5 Terre Express durante la stagione estiva. Si tratta di un aumento del numero di corse in partenza dalle stazioni limitrofe di La Spezia e Levanto, con la creazione di una sorta di metropolitana delle Cinque Terre. L’obiettivo è quello di disperdere e, contemporaneamente, limitare il numero di arrivi turistici durante la stagione di punta. Da novembre a marzo, infatti, si potranno raggiungere i cinque borghi acquistando un biglietto o abbonamento a tariffa ordinaria regionale Liguria. Durante gli altri mesi dell’anno, invece, per viaggiare sui treni regionali che fermano nelle Cinque Terre, ci si deve munire di biglietto a tariffa Cinque Terre, acquistabile al prezzo di 4€ a persona per gli adulti e 2€ per i ragazzi dai 4 ai 12 anni non compiuti. I prezzi indicati sono validi per i non residenti o lavoratori stagionali. Chi, cioè, si reca nei borghi per fare turismo. La tariffa maggiorata dovrebbe dissuadere i meno convinti a raggiungere il territorio, soprattutto se pensiamo che la maggior parte di chi viaggia non si ferma che in giornata, mentre l’aumento delle corse è finalizzato a cercare di non trovare i borghi affollati solamente durante certi momenti di una giornata - senza contare il fatto che si vogliono evitare disagi legati al pericoloso sovraffollamento dei vagoni e delle stazioni, soprattutto

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durante le stagioni più calde. L’azione prevista dalla strategia per la gestione del traffico ferroviario ne prevede il mantenimento, in quanto risulta essere il metodo più efficace e adatto per raggiungere l’obiettivo prefisso, evitando di bloccare fisicamente l’accesso alle stazioni – pratica che potrebbe risultare discutibile, in quanto si opporrebbe al diritto di ogni cittadino di esercitare la libertà di movimento. OBIETTIVO 2 - GESTIONE DEL TRAFFICO MARITTIMO Limitazione del numero di corse dei traghetti crocieristici in partenza dal porto di La Spezia Analogamente al discorso previsto per il 5 Terre Express, la prima azione per la gestione del traffico marittimo parte dal concetto di limitazione del flusso turistico. In questo caso però, dato che il traffico di traghetti di società locali è limitato sia durante l’anno che durante la giornata, e non risulta essere il problema principale, ci si vuole concentrare sul flusso di traghetti crocieristici, provenienti, cioè, dal porto di La Spezia. Qui, infatti, durante l’alta stagione, attraccano anche 3 navi nel corso di una sola giornata, arrivando a un potenziale sbarco di più di 11.000 crocieristi al giorno, che si riverserebbero poi nei cinque borghi. Il problema rimane, come già precedentemente detto, quello dell’incapacità del territorio di far fronte a un numero così ampio di arrivi, per di più se si aggiunge il fatto che corrisponde per certo a un turismo mordi e fuggi. Per questo, l’azione strategica auspica se non una limitazione a monte del numero di crociere attraccabili a La Spezia, un accordo fra la Provincia e le società crocieristiche private per limitare il numero 80

di passeggeri che possono partecipare ai tour previsti dai pacchetti-vacanza e, quindi, dei traghetti in arrivo.

Realizzazione del molo di Corniglia Corniglia è l’unico dei cinque borghi a non avere un affaccio al mare per ragioni morfologiche. Attualmente lo si può raggiungere solamente attraverso la Strada Provinciale oppure, provenendo dalla stazione, tramite frequenti corse di autobus o percorrendo una ripida scalinata a piedi. Questo non ha impedito ai residenti di costruire un accesso dal borgo verso il mare: attraversando il paese e scendendo da una seconda scalinata si raggiunge una delle spiagge di Corniglia, sede del progetto. Qui si trova già un piccolo sistema di attracco, utilizzato in passato dai pescatori locali e oggi dal club di kayak: oltre a un piccolo molo, infatti, vi sono una rimessa per piccole imbarcazioni, uno scivolo e due piattaforme sfruttate da abitanti e turisti per la balneazione. La strategia prevede il potenziamento di questo punto nodale per permettere a livello globale una distribuzione anche degli arrivi via mare con un intervento minimamente invasivo, per evitare il deturpamento del paesaggio. Il nuovo molo, infatti, ingloba il vecchio e ne aumenta la superficie di attracco per adattarsi solamente alla lunghezza maggiore media di un traghetto (36 m) e assicurarne la messa in sicurezza. La superficie


emergente dal livello dell’acqua è di 1 metro e 20 centimetri. Per aumentare la superficie balneabile, si prevede anche una sistemazione e sviluppo delle piattaforme, utilizzando come base gli scogli naturali. Il nuovo attracco permette di potenziare i collegamenti dell’area con il borgo prima e con l’immediato entroterra successivamente. Corniglia è famosa anche per la spiaggia ghiaiosa di Guvano, oggi raggiungibile a piedi tramite un tunnel che ha inizio vicino alla stazione o tramite il sentiero che collega Corniglia e Vernazza. La prima modalità prevede circa 15 minuti di cammino attraverso il percorso che si apre nella roccia, al di sotto del paese, mentre la seconda è outdoor ma più lunga e difficilmente percorribile: l’alluvione del 2011 ne ha infatti compromesso l’accessibilità. Il progetto prevede anche una sistemazione del collegamento del tunnel e la realizzazione di un percorso che costeggia la linea di costa fra le due aree della spiaggia, con un nuovo disegno di questa nei punti toccati e con la messa in sicurezza da eventuali frane del territorio soprastante. Il collegamento con il sentiero tradizionalmente utilizzabile sarà sviluppato con l’accostamento a questo di una cremagliera per il trasporto di persone. Gli obiettivi di questo intervento sono anche, quindi, quello di aumentare la superficie fruibile e quello di implementare nuovamente i collegamenti con l’entroterra, in accordo con la seconda linea strategica.

OBIETTIVO 3 - GESTIONE DEL TRAFFICO VEICOLARE Riorganizzazione dei parcheggi e delle aree di sosta camper Le Cinque Terre si possono raggiungere anche via gomma, nonostante l’auto non sia il mezzo di trasporto con cui si spostano i flussi maggiori. Le strade, infatti, sono per lo più tortuose e con una sezione che spesso non permette l’agile passaggio di due mezzi contemporaneamente. I parcheggi sul territorio, però, non mancano, e si collocano nei pressi dei borghi o dei paesi dell’entroterra e degli snodi di traffico - dove, cioè, le strade secondarie si immettono nella strada provinciale. Spesso i parcheggi, che non di rado sono aree di sosta, sono utilizzate anche dai camperisti, ma non sono sufficientemente attrezzate per una loro permanenza. Per distribuire in una maniera più efficace anche gli arrivi via gomma, si è pensato a una riorganizzazione dei parcheggi sul territorio attraverso un conteggio dei posti auto disponibili nelle varie località, introducendo un potenziamento delle aree sosta camper. In questo modo, si è strategicamente distinto l’arrivo dei camperisti dall’arrivo delle semplici automobili. L’intervento ha tenuto conto anche della riduzione dei flussi: per questo, per esempio, il parcheggio di Fegina a Monterosso è stato eliminato, ma non tutti i posti auto sono stati ripristinati. In ogni caso si è tenuto conto del collegamento di questi dai punti di maggiore interesse: molti parcheggi sono rimasti in prossimità dei borghi, ma quelli potenziati sono comunque collegati dalla rete di autobus sia verso la costa che verso l’entroterra. In più si ricorda che molti punti sono raggiungibili con pochi minuti di camminata. 81


Realizzazione di nodi di interconnessione: colle di Gritta, piazza Fegina e località Fossola

Integrazione delle reti di autobus esistenti Uno degli aspetti più interessanti se si analizza il sistema di trasporto pubblico all’interno del Parco è l’assenza di una rete globale che colleghi le diverse circoscrizioni. Ogni borgo, infatti, possiede una rete di autobus che collega la costa all’entroterra, ma non esiste un collegamento di questi “anelli” che permetta la percorrenza dell’intero territorio. Si vuole proporre quindi un potenziamento dei trasporti interni attraverso l’integrazione delle reti di autobus già esistenti, per permettere un accesso più diffuso verso l’entroterra ed evitare di limitare i punti di partenza e arrivo di nuovo ad ogni singolo borgo. Nel momento in cui gli autobus si muovono solamente da e verso il centro dei Comuni, infatti, si ha ancora una concentrazione di flussi sulla costa: i turisti non possono che ritornare al capolinea e muoversi verso un altro punto di interesse. Anche questo punto si lega, quindi, anche all’obiettivo di aumento della superficie fruibile relativo alla seconda linea strategica.

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Se l’obiettivo rimane quello di depressurizzare la costa dagli arrivi turistici, non si può non pensare a una riorganizzazione in prossimità dei punti di accesso al Parco. Se non si cerca di gestire i numeri in movimento a monte, infatti, si otterrà un naturale spostamento di questi verso i borghi, dove si trovano i servizi, indipendentemente dal tipo turismo che si sta svolgendo. Alcuni tipi di turisti, però, come abbiamo già visto, non avrebbero bisogno di recarsi fin dentro i borghi ogni volta – si pensi a chi pratica trekking - ma spesso non trovano le condizioni per poterlo evitare. La realizzazione di un nodo di interconnessione ha come scopo il creare un sistema in un’area strategica in cui i turisti possano trovare, raggruppati, allacciamenti a diversi tipi di mobilità a terra e servizi per le varie necessità: snodi stradali con area sosta per automobili e camper, intersecati da sentieri per il trekking e/o percorsi per la mountain bike, e serviti dalla rete di autobus. In questo modo, il turista che conosce già il Parco o ha già chiaro il suo percorso nell’entroterra, avrà un sistema di appoggio più vicino ai punti di interesse che vorrà toccare, oppure il viaggiatore sporadico potrà fermarsi e trovare un interessante cambiamento nel suo percorso. L’obiettivo rimane quello di creare una situazione nuova che crei a sua volta una distribuzione dei flussi, cercando di alleggerire il carico turistico costiero. Per questo intervento sono state individuate le aree di accesso al Parco del colle di Gritta a Monterosso e in località Fossola, a Riomaggiore. Piazza Fegina a Monterosso non è un punto di accesso al Parco, ma rientra nei progetti di realizzazione dei nodi di


interconnessione: la sua realizzazione, infatti, crea un allacciamento fra la zona più occidentale e quella più orientale della spiaggia di Monterosso “nuova” e diventa nuovo baricentro di una serie di attività turistiche - ma non solo – ben collegate dal sistema di trasporto potenziato ai punti vicini di maggiore interesse. Questo progetto verrà approfondito più avanti.

LINEA STRATEGICA 2 DISTRIBUZIONE TURISTICA NELL’ENTROTERRA OBIETTIVO 1 - AUMENTO DELLA SUPERFICIE FRUIBILE

rimettere a disposizione delle comunità e dei turisti il territorio: con il recupero dei sentieri si vuole salvaguardare e valorizzare il patrimonio ambientale, paesaggistico e storico, migliorare la mobilità ciclo-pedonale delle comunità locali, incrementare le presenze turistiche e infine creare una rete sentieristica integrata con importanti potenzialità di sviluppo. I lavori da svolgere sono sostanzialmente di pulizia, ma si vuole anche intervenire per la realizzazione di una nuova segnaletica, che al momento non è omogenea. La segnaletica potrebbe partire dai punti più nevralgici del borgo, e potrebbe essere supportata da materiale cartaceo e da un sito internet a servizio degli escursionisti. Inoltre è molto importate tenere in considerazione le aree di sosta attrezzate: attualmente molti percorsi non ne possiedono e, per sostare o accedere ai servizi, il turista deve principalmente rientrare nel borgo. Questo discorso si collega nuovamente alla distribuzione: creando aree di sosta attrezzate, si vuole evitare il sovraffollamento costiero e mantenere i turisti nell’entroterra, cercando di dare loro l’offerta di cui hanno bisogno in loco.

Recupero dei sentieri inaccessibili e potenziamento delle aree di sosta esistenti La prima azione rivolta ad aumentare la superficie fruibile è il recupero dei sentieri inaccessibili e potenziamento delle aree di sosta esistenti. Il recupero del territorio non può infatti non prescindere dalla restituzione di un minimo di ordine e di efficienza alla rete dei sentieri che lo attraversa. Sono le antiche vie di transito pedonale che hanno consentito all’uomo di penetrare anche negli angoli più scoscesi. La volontà di un ripristino dei percorsi nasce dallo spirito di voler

Apertura di itinerari alternativi Parallelamente, nell’ottica di voler distribuire i flussi turistici, si vuole anche 83


creare una rete alternativa di itinerari, che non si limiti solo a creare un collegamento tra le mete stabilite, ma che costituisca anche una parte integrante del più ampio sistema territoriale di tutta la zona, potenziando l’offerta per i visitatori - dal trekking, alla bicicletta, al mare.

Realizzazione di collegamenti su monorotaia Gli itinerari delle Cinque Terre sono spesso di difficile percorrenza. Certo è che questo li caratterizza: molti escursionisti, infatti, vi vengono appositamente. Nel momento in cui, però, si vogliono creare dei percorsi alternativi, una possibile variante per chi volesse goderne senza essere un escursionista esperto è l’introduzione dei collegamenti su monorotaia. Si tratta di servirsi del sistema che oggi gli agricoltori locali utilizzano per il trasporto delle uve, ma legato al trasporto di persone. Si vuole così dare risalto e/o rendere meglio accessibili i principali punti di interesse, aumentando l’offerta dei servizi.

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OBIETTIVO 2 - INTRODUZIONE DEL SISTEMA DI OSPITALITÀ DELL’ALBERGO DIFFUSO NELL’ENTROTERRA Introducendo il sistema di ospitalità dell’albergo diffuso, si vuole creare un’occasione di recupero del patrimonio, valorizzando le potenzialità dell’entroterra attraverso la salvaguardia dei valori architettonici e paesaggistici e delle attività agro-silvo-pastorali ed artigianali tradizionali, introducendo strutture turistiche e agricole. L’obiettivo si articola e traduce in due azioni principali, che si inseriscono in un programma più ampio di auspicata collaborazione fra gli Enti e privati presenti sul territorio, nella realizzazione di un sistema dispiegato fra la riattivazione delle attività agricole tradizionali ed il turismo di nuova generazione: la rigenerazione degli edifici rurali e il recupero dei terrazzamenti. Rigenerazione degli edifici rurali Il territorio delle Cinque Terre è disseminato di piccoli fabbricati rurali, utilizzati tradizionalmente come appoggio per gli agricoltori dei terrazzamenti durante le stagioni di raccolta o, in generale, per la lavorazione dei terrazzamenti. Data la conformazione a carattere diffuso del nuovo sistema di struttura ricettiva che si vuole introdurre, viene naturale pensare ad una loro riqualificazione per la creazione fisica dell’albergo. E’ una pratica in realtà già messa in atto da alcuni proprietari privati, che hanno realizzato piccole stanze per l’ospitalità dei turisti in località suggestive. Il recupero di questi edifici, attraverso un loro restauro, permetterebbe la riapertura e, quindi anche il recupero delle aree limitrofe, sia che si tratti di terrazzamenti, che di percorsi


di accesso.

Recupero dei terrazzamenti Il recupero delle strutture presenti sul territorio, come già anticipato, non può esulare anche dal recupero del territorio agricolo, ormai per la maggior parte abbandonato o, comunque, incolto. Per recupero dei terrazzamenti si intende un’azione volta a bonificare le aree terrazzate, che saranno poi utilizzate dal turismo esperienziale in un’integrazione dell’attività dell’albergo diffuso. Certamente il solo albergo diffuso non è sufficiente per il recupero del patrimonio paesaggistico dell’intero Parco. Si vuole introdurre perciò una proposta che leghi le attività proprietari privati di terrazze, aspiranti coltivatori e aspiranti albergatori in un sistema collaborativo finalizzato al ripristino del paesaggio agricolo tradizionale, con una conseguenza fondamentale nell’immediato: la sistemazione del territorio a livello idrogeologico.

Agevolazione della subordinazione degli interventi di ristrutturazione edilizia allo svolgimento dell’attività agricola L’11 marzo 2014 in Liguria è stata varata la Legge regionale n.4 “Norme per il rilancio dell’agricoltura e della selvicoltura, per la salvaguardia del territorio rurale ed istituzione della Banca Regionale della Terra”, pubblicata sul Bollettino Ufficiale n.3 del 19 marzo 2014. La legge definisce strumenti e interventi per promuovere il rilancio delle attività agricole e selvicolturali, anche attraverso il recupero produttivo dei terreni abbandonati, incolti o insufficientemente coltivati e la salvaguardia del territorio. In particolare, fra i punti salienti, troviamo che la legge persegue l’aumento della superficie media aziendale attraverso l’accorpamento delle superfici a vocazione agricola e forestale in unità colturali più estese, idonee allo sviluppo di imprese gestibili secondo canoni di razionalità ed efficienza; l’occupazione nel comparto agricolo e forestale con particolare riguardo all’inserimento delle giovani generazioni assegnando in concessione gratuita aree demaniali regionali; contribuisce alla funzione di presidio e salvaguardia del territorio montano e rurale, attraverso misure idonee a favorire lo sviluppo delle aziende agro-forestali esistenti, nonché l’insediamento di nuove, in grado di coniugare il recupero e la preservazione delle pratiche agricole tradizionali con lo sviluppo di innovative filiere agro-forestali locali. In particolare, all’articolo 5 troviamo le competenze dei Comuni. Qui si indica come vi siano delle misure minime da attendere nei confronti del territorio da parte di coloro che abbiano la disponibilità in virtù di diritti reali o personali di godimento di terreni a vocazione 85


agro-forestale, in particolare per fare fronte alle seguenti necessità: prevenire il dilavamento e l’erosione del suolo fertile; prevenire il rischio di incendio; concorrere a prevenire o limitare il rischio di dissesto idrogeologico. Il comma 2 parla degli interventi soggetti alla DIA, e si specifica come gli interventi soggetti sono subordinati alla “sottoscrizione di un atto unilaterale di impegno, da trascriversi presso la competente conservatoria dei registri immobiliari, recante l’individuazione delle opere di manutenzione del fondo e degli interventi di controllo dell’assetto vegetazionale che il titolare o avente causa deve garantire annualmente, per un periodo non inferiore a dieci anni.” Viene specificato che “sono esclusi dalla sottoscrizione dell’atto unilaterale di impegno di cui al comma 2 le imprese agricole, forestali e i coltivatori diretti qualora i manufatti realizzati siano riconducibili esclusivamente allo svolgimento dell’attività agro-forestale e ad essa funzionali; tali manufatti sono oggetto di un vincolo di destinazione d’uso non inferiore ai dieci anni. Il Comune può, altresì, in deroga alle disposizioni applicative della legge regionale 7 aprile 1995, n. 25 (Disposizioni in materia di determinazione del contributo di concessione edilizia) e successive modificazioni ed integrazioni, stabilire l’esenzione dal pagamento della quota B della tariffa urbanistica di riferimento afferente le opere di urbanizzazione per gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione e sostituzione edilizia da eseguirsi da parte di soggetti imprese agro-silvo-pastorali che si impegnano, con l’atto unilaterale di cui al comma 2, al mantenimento delle opere e dell’assetto vegetazionale dei fondi per un periodo di venti anni.” Ciò è applicabile nel caso in cui chi decidesse di utilizzare questa procedura, coltivasse 86

l’area immediatamente prossima al fabbricato da lavorare, per evitare ulteriore frammentazione del territorio e cercare di dare un’omogeneità. La finalità degli interventi sull’edificato possono essere anche a carattere non strettamente privato: un privato potrebbe decidere di riqualificare il proprio edificio per introdurre un’attività terziaria turistica. Per questo l’agevolazione della legge rientra fra gli obiettivi della seconda linea strategica. In cambio, i Comuni guadagnerebbero in termini di recupero dei terreni, con investimenti del medio periodo (10-20 anni).

Il progetto pilota per l’introduzione dell’albergo diffuso nell’entroterra sarà approfondito nei paragrafi successivi.


5.2 CASI DI GESTIONE DEL TURISMO Nella stesura della strategia ci sono venuti in aiuto alcuni casi, nazionali ed internazionali, in cui le amministrazioni hanno cercato di agire per la gestione del turismo sui propri territori. Sono casi diversi - per collocazione geografica, morfologia territoriale e problematiche affrontate - ma accomunati dallo stesso problema di un numero eccessivo di presenze turistiche. Ogni caso è stato analizzato ed è stata presa in considerazione la principale linea d’azione degli organi competenti. Il caso di Disneyland Paris risulta essere la voce fuori dal coro, in quanto ne sono stati presi in esame aspetti che potremmo riscontrare nel Parco e di cui ci siamo domandate come potremmo discostarcene: si pensi alla spettacolarizzazione del luogo, che nel parco divertimenti è il fulcro e motivo delle visite, ma che rischia di presentarsi anche nei territori affetti dal turismo di massa. Luoghi dall’estrema bellezza che potrebbero diventare “una serie di visioni ‘istantanee’ che avranno la massima realtà solo quando le ‘rivedremo’ attraverso le diapositive di cui imporremmo al ritorno la visione e l’ergersi a un pubblico rassegnato di parenti e amici.” (Disneyland Paris e altri nonluoghi, M. Augè)

DISNEYLAND I grandi parchi divertimento di proprietà di case cinematografiche poi trasformatesi in aziende multinazionali come la Walt Disney World, sono nati nei pragmatici Stati Uniti già negli anni settanta come meta turistica ad alta affluenza alternativa a quelle classiche naturali e storiche, sapendo di poter attrarre i gio-

vanissimi e le proprie famiglie che già fruivano dei loro prodotti come film e fumetti universalmente noti, ed affiancandosi alla vendita dell’oggettistica a loro ispirata. Enormi, organizzatissimi e dotati di hotel, ristoranti, negozi e centri commerciali sono offrono serie infinite di spettacoli supportati da una curatissima scenografia per proiettare il visitatore nella versione fisica di vicende e personaggi ricreativi che già conosce perfettamente fin dalla più tenera età, rovesciando il concetto di visita ad un qualcosa al quale il turista deve adattarsi per introdurre quello di luogo che si offre come una realtà perfettamente aderente a quello che il visitatore vuole trovare. La velocissima evoluzione di questi parchi ha portato nel giro di qualche decennio alla loro moltiplicazione con attrazioni sempre nuove e comunque legate all’evoluzione dei rami editoriali e cinematografici dell’azienda. Negli Stati Uniti la visita ai parchi è divenuta velocemente una radicata tradizione di massa e il volume d’affari che produce ha portato addirittura a condizioni di extraterritorialità creando un distretto federale “Reedy Creek Improvement District” (Florida) tali da permettere la modifica delle normali normative per costruire il parco di EPCOT ovvero “Experimental Prototype Community of Tomorrow”. La successiva evoluzione di questo successo è stata la sua espansione all’estero, ma solo in paesi già consolidati utilizzatori del prodotto editoriale/cinematografico con alta sicurezza sociale e buona economia, in grado quindi di fornire naturalmente un ottimo bacino d’utenza 87


potenziale, ottimi collegamenti stradali/ aerei, grossa disponibilità alberghiera di buon livella ed un clima possibilmente mite nel corso dell’intero anno. Noi ci siamo occupate dell’installazione europea che s’inserisce di conseguenza in un ambiente già interessato dal turismo di massa. Nella valutazione iniziale furono valutate assieme alla Francia anche Italia e Spagna, per l’Italia la riviera Romagnola, ma fu preferita Parigi per i due aeroporti la rete autostradale e per la ferrovia ad alta velocità che allora vedeva la Francia come leader europeo. Ovviamente le concessioni governative che miravano allo sviluppo di una zona abbastanza inerte furono altrettanto, se non maggiormente, importanti. Aperto nel 1992 ebbe una partenza stentata evidenziando tutte le differenze culturali tra Europa e Stati Uniti sia nel gradimento dei visitatori sia nella politica di gestione del personale, fattore quest’ultimo probabilmente sottovalutato nella pianificazione del progetto, specialmente in Francia paese sindacalmente piuttosto rigido. Dopo diversi adattamenti, cambi di politica dei prezzi e ristrutturazioni di spettacoli (sono celebrate parecchie feste nazionali) e immagine, il parco ha cominciato a richiamare un numero sufficiente di visitatori saliti a 14,8 milioni nel 2015. Questo esempio di costruzione dei desideri del turista ha avuto certo impatto anche nelle valutazioni delle élite intellettuali europee, dove assieme a censure totali ha suscitato interessanti riflessioni, come queste di Marc Augè: “(...) quel che c’era di seducente nell’insieme di quello spettacolo, il segreto del fascino che esercitava su quanti vi si lasciavano prendere, l’effetto di realtà, di surrealtà che produceva quel luogo di tutte le finzioni. Noi viviamo in un’epoca 88

che mette in scena la storia, che ne fa uno spettacolo e, in questo senso, derealizza la realtà (…). A Disneyland è lo spettacolo stesso che viene spettacolarizzato: la scena riproduce quel che era già scena e finzione (...). Il viaggio a Disneyland risulta essere turismo al quadrato, la quintessenza del turismo: quel che veniamo a visitare non esiste. Noi vi facciamo l’esperienza di una pura libertà, senza oggetto, senza ragione, senza posta in gioco.” (capitolo 1, Disneyland e altri non-luoghi, M. Augè)

VENEZIA Venezia è una città limitata nello spazio, e i suoi abitanti calano del 3% ogni anno mentre al contrario, con il calo del costo del viaggio, i turisti sono aumentati fino ad arrivare a 27 milioni, quantità che questa città non può più sopportare e che ha dato origine ad una situazione attualmente insostenibile. Si dice da tempo che, per non farla diventare una città senza abitanti, bisognerebbe puntare su altri settori innovativi o legati all’economia tradizionale ma bisogna essere realistici: né si riconverte l’economia di una città così facilmente,


né si può evitare la vocazione naturale di Venezia. È necessario quindi riorientare il turismo regolandolo, affinché diventi compatibile con la città e la residenza. A Venezia serve un turismo culturale, e non il “mordi e fuggi” che porta costi e nessun beneficio. Un problema cui sembrava non ci fosse rimedio, il rompicapo che attanaglia da decenni gli amministratori veneziani: come gestire un numero crescente di visitatori in uno spazio limitato come Venezia? Come far coesistere l’esigenza di vivere di turismo con quella di vivere con il turismo, preservando la città e la qualità della vita dei suoi abitanti? Per salvare Venezia e renderla una città vivibile, garantendo allo stesso tempo un’esperienza turistica sostenibile, una soluzione che metterebbe d’accordo tutti sarebbe porre gli strumenti digitali a servizio del concetto strategico di limite. La chiave sta nell’usare un luogo più piccolo e facilmente controllabile come fattore limitante dell’insieme più grande: piazza San Marco dovrebbe avere un numero programmato (che può essere variabile a seconda del periodo) di persone che può contenere. Ma il filtro all’ingresso deve essere posta a monte, durante la genesi del viaggio, cioè presso tutti gli intermediari che offrono e vendono Venezia. In sintesi: il modello A Limit to enjoy better Venice prevede un numero programmato solo per l’area Marciana e i periodi di picco, attraverso un pass da acquistare presso tutti gli intermediari che vendono Venezia attraverso strumenti digitali. Distinguiamo ora le soluzioni per i due target, turista escursionista e pernottante: le presenze a Venezia sarebbero divise in un 50% è lasciato per chi dorme in città e un altro 50% per chi viene da fuori. Alla base di questo approccio c’è l’assunto che se i turisti non possono andare

in Piazza sceglierebbero in gran parte di cambiare periodo o di non venire. Insieme al mezzo pubblico si offrirebbero pacchetti a valore aggiunto che aumenterebbero gli incassi dei servizi del comune e la penetrazione degli attrattori culturali. Per i daily trippers (circa il 50%) è previsto San Marco pass dal costo di 5 €, che prevede l’accesso a piazza S. Marco (e alle toilette annesse) e la connessione internet; il target è costituito da escursionisti, gruppi e crocieristi. Per quanto riguardo il turismo culturale e i pernottamenti (circa il 40% del totale dei turisti) è possibile l’acquisto della city card. Il target di turisti indipendenti escursionisti e piccoli gruppi privilegia la Venice cultural card (20 €) prevede: accesso a piazza San Marco, andata e ritorno con mezzo pubblico, 1 museo civico, connessione internet, toilette, mappa e il 10% sconto musei civici; i turisti indipendenti invece spesso acquistano la Venice lover card (35 €): piazza S. Marco, 24 h di mezzi, 2 musei civici, church pass, internet, toilette, mappa, sconti vari, card negozi ed esercenti convenzionati che offrono prodotti locali autentici (made in Venice) rispettando alti standard qualitativi. Così sarebbe realizzata la tanto auspicata destagionalizzare e redistribuzione degli arrivi, con il notevole vantaggio della non caduta dei prezzi nella bassa stagione e aumenta del reddito per la città. Il limite e quindi il divieto si raggiungerebbe solo un numero di volte, se qualcuno trovasse pieno in fase di prenotazione potrà fare la visita l’anno dopo, o decidere un periodo in cui la Piazza è aperta, o rinunciare a Piazza e mezzi e venire comunque in modo sostenibile redistribuendo i flussi in altre zone che magari hanno l’esigenza inversa di San Marco cioè di sostenere l’economia con un addizionale di domanda. 89


Alla base di questo modello ci sono due principi: un luogo limitato non può contenere un numero illimitato di persone, e va posto per forza un tetto massimo, nel luogo più ristretto e più facile da applicare, si deve valorizzare l’enorme patrimonio culturale di Venezia in un numero sostenibile di visitatori.

ISOLE CIES Nel caso del parco Nazionale delle Isole Atlantiche posto di fronte a Pontevedra e Vigo, nel Nord-Est della Spagna atlantica, la comunità autonoma Galiziana ha deciso la stretta salvaguardia delle tre piccole isole che formano l’arcipelago delle Cies, Monteagudo, Illa do Faro e San Martino applicando una severa regolamentazione che permette, nella sola stagione primaverile-estiva l’accesso di 2200 visitatori al giorno, il divieto di sbarcare automobili, il permesso di attracco necessario per le imbarcazioni private e la possibilità di pernotto solo in un camping con capienza massima di 800 persone. Si accede solo con servizi di battelli che partono dalla costa galiziana. 90

Le isole sono state abitate solo fino agli anni ’50 del secolo scorso e sono state scoperte come meta turistica negli anni’70 grazie a magnifiche spiagge bagnate da un mare cristallino, a scogliere inaccessibili, ai boschi di conifere, alle colonie di uccelli e alla biodiversità dei fondali che però rischiavano un pesante impatto dovuto alle ondate di turisti. La mancanza d’abitanti, l’accesso possibile solo via mare e la quasi completa assenza d’infrastrutture, esistono un paio di ristoranti ed i servizi essenziali di sanità e ordine pubblico, rendono facilmente applicabile lo stretto controllo degli accessi, in un modo simile a quello in vigore per proteggere l’Isola dei Conigli a Lampedusa (entrambe sono state insignite da orgasmi diversi del titolo di Spiaggia più bella del mondo), volendo privilegiare la conservazione dell’ambiente naturale prima di ogni altra cosa e facilitando, ovviamente, le operazioni di manutenzione e pulizia. La possibilità di visitare le isole, che i Romani battezzarono isole degli dei e’ quindi percepita come un qualcosa che richiede un certo impegno in cambio di un ambiente incontaminato e bellissimo, rivolgendosi quindi con successo ad un turismo di nicchia, anche se necessaria-


mente mordi e fuggi, che sopporta volentieri le piccole scomodità. Qui l’uomo si adatta all’ambiente e non viceversa. Stranamente queste isole non sono ancora patrimonio mondiale per UNESCO e probabilmente non lo saranno prima del 2018, nonostante petizioni online che ne richiedono l’inserimento.

ISOLE SEYCHELLES La Repubblica delle Seychelles è un arcipelago di 115 isole, 155 secondo il governo, che consideriamo un caso interessante perché’ sin dalla sua creazione nel 1976 dipende per il 70% degli introiti dal turismo, si tratta quindi di un intero paese sovrano e non di una regione o di una città, che ha fondato inizialmente la propria economia sui visitatori provenienti dalle zone più sviluppate del pianeta, essendo infatti la sua posizione geografica tale da poter essere raggiunto confortevolmente solo per via aerea essendo i mari ancora esposti a fenomeni di pirateria. L’arcipelago, infatti, si trova nell’ Oceano Indiano a Nord della punta settentrionale del Madagascar, 1500 chilometri ad Est della costa continentale africana, in piena fascia equatoriale ed ha una storia relativamente recente che non ha lasciato grandi tracce ma è dotato di un notevole ecosistema che comprende forme di vita endemiche, atolli corallini ed isole granitiche molto appetibili dal punto di vista turistico di chi cerca spiagge bianche, mare cristallino e ricchissimo ed un clima complessivamente molto gradevole. La nuova repubblica ha deciso fin dall’inizio di sfruttare le potenzialità offerte da quello che stava diventando il turismo di massa negli anni ’70 investendo il nuovo aeroporto internazionale del ruolo di porta d’ingresso dell’arcipelago destinato a diventare un paradiso tropicale

tagliato su misura per le aspettative del turista medio. Da subito sono stati pianificati collegamenti aerei a costi ragionevoli e stretti accordi con grandi catene alberghiere che hanno provveduto a dotare sia le isole principali sia le prime fasce d’atolli disabitati posti attorno di quelle attrezzature quali hotel, resort, bungalow, scuole sub, sport acquatici ed escursioni centrate di solito su soggiorni relativamente brevi. Contemporaneamente si attivavano offerte di alloggio locali limitate alle isole abitate. L’utilizzo degli atolli ed isole più vicine al punto d’ingresso rispondeva alla necessità di facilitare i trasporti di persone e cose via mare o con piccoli aerei ed elicotteri. Questo caso è quindi quello di un piccolissimo paese cosciente del fatto che l’unica attività capace di fungere da volano per l’economia locale erano le proprie non comuni risorse naturali, disponibili in un contesto sociale rassicurante con ricadute interessanti sulla solidità della moneta locale ed al conseguente credito verso l’estero. Il rovescio della medaglia di questo sistema è però rappresentato dall’usura dell’ambiente: un numero incontrollato di presenze non è facilmente compatibile con ecosistemi tanto suggestivi quanto fragili ed alcuni segnali negativi sono stati individuati dell’estinzione di qualche specie animale e dalla preoccupante riduzione della biodiversità in alcune zone messe a dura prova dalle frequentazioni massicce, come la pesca subacquea. Compromettere queste caratteristiche si trasformerebbe in breve tempo nella perdita di attrattiva e al disastro economico. Ci sono quindi programmi di contingentamento degli arrivi e sono state emesse regole severe per la pesca sportiva, 91


l’accesso a riserve naturali di particolare pregio e l’uso di ulteriori isole a scopo turistico anche se la loro effettiva applicazione è controversa. Il governo comunque sta promuovendo forme di sviluppo economico alternativo al turismo come il settore finanziario offshore, l’agricoltura moderna, la pesca e le piccole imprese manifatturiere.

CAPRI Capri è famosa e frequentata a scopi turistici fin dai tempi dell’imperatore Tiberio, e probabilmente ha anticipato il fenomeno del turismo di massa molto prima di quando questi si sia manifestato universalmente. Una costa suggestiva, tormentata e di notevole bellezza dotata di particolarità come la Grotta Azzurra o i faraglioni, dotata di una vegetazione mediterranea, frutteti, e un’ orografia che hanno valorizzato anche gli insediamenti umani e posta nel golfo di Napoli e di fronte alla magnifica penisola Sorrentina, eletta a residenza da artisti, intellettuali o semplicemente ricchi e potenti, è da sempre una meta di primissimo livello sia per le numerose popolazioni locali sia per tu92

risti in arrivo da tutto il mondo e sosta privilegiata per le crociere mediterranee. La vicinanza a città come Napoli e Salerno permette facili collegamenti via mare con l’unico punto d’accesso di Capri, il porto di Marina Grande, che però rappresenta anche l’anticipazione del sovraffollamento comune a tutta l’isola che si evidenzia in modo spesso insopportabile nel periodo da primavera ad autunno, quando il numero delle presenze travalica di molto la capacità di gestione degli arrivi. Oltre ai movimenti delle linee marittime e al flusso dei pendolari Capri accoglie costantemente (non e’ Parco marino per scelta delle amministrazioni locali) centinaia d’imbarcazioni private spesso di grosse dimensioni, non sono rari yacht di 60 metri, che intasano la zona portuale a loro destinata contigua a quella destinata al traffico delle imbarcazioni commerciali. Le dimensioni dei moli e delle vie d’accesso sono tali da collassare al solo arrivo dei croceristi di una singola nave, 1500 persone in media, che sbarcano grazie alle scialuppe o a imbarcazioni di piccolo cabotaggio. Il porto è però come detto, solo il primo assembramento, seguito da quelli per salire sui mezzi pubblici, di piccole dimensioni date le stradine che non permettono l’uso di mezzi più capienti, o per usare la funicolare, la famosissima ferrovia a cremagliera che collega il porto col centro di Capri, con in alternativa lunghe camminate in salita. Una volta arrivati nei centri, Capri e Anacapri, o nelle discese a mare la situazione non cambia. Il sovraffollamento mette facilmente in crisi anche la catena degli approvvigionamenti e il sistema d’igiene pubblica, già compromesso dall’ abusivismo edilizio fiorente fino al recente passato.


Le amministrazioni pubbliche non sono intervenute efficacemente per lunghi anni, qualche associazione parla di tecnica predatoria tesa ad ottenere il massimo profitto con il minimo impegno dal prodotto Capri, e solo recentemente sono stati pianificati interventi per governare i flussi turistici e modernizzare le infrastrutture esistenti riducendo il loro impatto ambientale aumentando la loro efficienza. Lo scopo di questa rivoluzione che dovrebbe incidere in modo significativo sulla gestione classica dell’isola è ovviamente quello d’aumentare l’efficienza dei servizi offerti, ma anche cambiare drasticamente la percezione dei visitatori sulla conservazione dell’ambiente, rilanciando l’immagine di Capri presso i turisti più evoluti. Le linee d’intervento principale si dovrebbero orientare su: - aumento della capacità ricettiva del porto senza ridurre lo specchio d’acqua; - installazione di nuovi servizi per il porto turistico (raccolta rifiuti, smaltimento rifiuti tecnici, distribuzione acqua ed energia elettrica (colonnine), bike sharing, auto elettriche navetta); - uso di barche-scopa per la pulizia delle acque portuali adatte anche al

trasporto a breve raggio di merci varie e passeggeri; - contingentamento degli arrivi da charter; - razionalizzazione per quanto possibile dei trasporti pubblici ed introduzione di car e bike sharing; - manutenzione dei sentieri interni.

SANTORINI L’ attuale isola di Santorini, arcipelago delle Cicladi, nel mar Egeo è ciò che rimane del proprio antico vulcano dopo quella che è stata definita la maggiore, e più distruttiva. Eruzione vulcanica documentata della storia d’Europa. Sicuramente incarna una concezione di Grecia che si adatta molto bene ai desideri di consistenti flussi turistici, parte di quelli che ogni estate investono il paese ellenico: scogliere rosso-nere a picco sul mare (parte delle pareti del cratere originario) grandi quantità di pomici eruttate che danno colorazioni suggestive ad un terreno essenzialmente aspro anch’esso dai colori scuri, spiagge di ghiaia nera, la caldera più grande del mondo (il cratere sommerso del vecchio vulcano) villaggi in stile locale dalle costruzioni intonacate a calce con tetti e finestre dipinte in blu mare con magnifici tramonti ed un clima torrido in estate ed umido piovoso in inverno. Un ottimo vino locale completa l’offerta. Vita notturna nei centri principali, cucina e ospitalità greca completano la lista dei desideri del turista medio anche se nei periodi centrali dell’estate la densità dei visitatori giornalieri rendono problematici sia gli spostamenti, l’estensione e l’orografia impervia del territorio sono tali da doversi avvalere comunque di mezzi di trasporto, auto e moto a noleggio, bus ed anche asinelli, sia l’accesso a ristoranti e luoghi di ristoro avvicinan93


do in alcuni aspetti Santorini a caratteristiche delle Cinque Terre compresa la percezione che il sovraffollamento sia un problema per la prosecuzione futura dell’attività turistica. A Santorini si accede via mare con numerosi collegamenti dalle altre isole e dalla Grecia continentale, per via aerea e come partecipanti a crociere che hanno l’isola come meta irrinunciabile del programma offerto. Proprio le crociere sembrano essere state identificate come la parte principale del problema, forzando le autorità ad introdurre un programma di contingentamento, infatti dai dati 2015 di Hellenic Port Association e da una ricerca dell’Università dell’Egeo: - 635 attracchi di navi da crociera (primo porto greco) - 4000 sbarchi giornalieri di media - 10000 sbarchi giornalieri di picco (solitamente giorni festivi) - 790000 sbarchi totali. - 90% degli sbarchi nel periodo Maggio-Ottobre. Il timore generale è legato ai picchi di presenze che rendono particolarmente difficoltoso assicurare un servizio efficiente e di buona qualità indispensabile al mantenimento dei flussi turistici. Ulteriori motivi d’interesse dalla ricerca sono: - la consapevolezza della popolazione dell’impatto del sovraffollamento su società, economia ed ambiente; - il 10% dei crocieristi non sbarca; - il 40% dei crocieristi prende parte ad escursioni offerte su Santorini. Il piano messo a punto prevede un limite di 8000 sbarchi al giorno da gestire, ed in questo è innovativo, in base alle previsioni, proponendo cioè di spostare arrivi pianificati nei giorni di punta in momenti di minore afflusso, in modo da assicurare costantemente il massimo numero di 94

presenze senza compromettere la qualità dei servizi offerti.

MADONNA DI CAMPIGLIO Madonna di Campiglio è una località turistica della provincia di Trento situata a 1.550 m s.l.m. a poca distanza da Campo Carlo Magno, tra le Dolomiti di Brenta e le Alpi dell’Adamello e della Presanella. A partire dal 1800 essa costituisce una nota stazione di soggiorno estiva e soprattutto invernale, disponendo di numerosissimi impianti di risalita per la pratica dello sci alpino e dello snowboard; inoltre è uno dei maggiori poli sciistici a livello nazionale. La località può essere raggiunta tramite la Strada statale 239 di Campiglio che collega la Val di Sole con le Valli Giudicarie passando tramite il valico alpino di Campo Carlo Magno. Proprio in quanto meta turistica di altissimo livello, esiste una notevole differenza tra il numero di abitanti presenti tutto l’anno e le presenze relative ai periodi di alta stagione: gli abitanti effettivamente residenti e quindi presenti durante l’intero arco dell’anno sono circa 1000, mentre nei giorni di punta assoluta


è possibile raggiungere un valore di circa 20000 persone presenti. Ciò determina una modificazione dal punto di vista della vivibilità della frazione di Madonna di Campiglio; di conseguenza anche le infrastrutture dedicate sono sovradimensionate fuori stagione e sottodimensionate durante la stagione o seguono un sistema fisarmonica. Il progetto per una mobilità integrata per Madonna di Campiglio rappresenta uno dei punti previsti del Piano Strategico Sostenibile per Pinzolo, Madonna di Campiglio, S. Antonio di Mavignola e Vai Rendena. Il progetto, avviato nel 2008, e promosso dal Comune di Pinzolo, promuove la coniugazione di sviluppo economico, qualità della vita e conservazione dell’ambiente; esso è ipotizzato come una visione d’insieme di tutti gli aspetti della mobilità, sia quelli del traffico motorizzato, sia quelli della sosta, ma soprattutto pedonale e del trasporto pubblico. Interventi mirati ritenuti necessari per la riqualificazione di Madonna di Campiglio, alla quale è strettamente correlato il rilancio dell’intera Val Rendena. Riqualificando la destinazione, il piano si pone l’obbiettivo di identificare elementi connessi alla mobilità che siano in grado di caratterizzare il territorio, attraverso interventi che lo valorizzino e rendano l’offerta turistica ancor più distintiva. Alcuni esempi possono essere la qualificazione urbanistica dell’area centrale della località, la valorizzazione dell’elemento acqua all’interno del centro abitato, la creazione di percorsi pedonali e di ponti coperti, la valorizzazione dei percorsi della conca verde e la riqualificazione delle aree di ingresso al paese. Durante l’elaborazione del progetto, il coinvolgimento della cittadinanza è avvenuto attraverso la formazione di un piccolo e variabile gruppo di lavoro co-

stituito da stakeholders locali, ossia soggetti, individui od organizzazioni, locali che hanno certamente dato un apporto essenziale al lavoro complessivo. Nel progetto si è voluto privilegiare l’aspetto di sostenibilità in un contesto ambientale delicato, anche alla luce della preziosità del territorio, dei vincoli che su di esso gravano e dei trend legati ai flussi del turismo d’élite. Le strategie generali deducibili dall’obbiettivo posto sono: diminuzione del numero delle macchine nell’area; ottimizzare il sistema della mobilità nelle sue diverse forme verso l’area di Campiglio e all’interno di Campiglio garantendo la fruibilità della zona ma riducendo l’impatto del traffico; implementazione di soluzioni compatibili con il delicato contesto ambientale; misure sostenibili per non devastare ulteriormente l’ambiente, realizzabili in modo modulare secondo le priorità e anche a breve termine.

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5.3 L’ALBERGO DIFFUSO EVOLUZIONE DEL TURISMO “Lo scenario attuale del turismo si caratterizza per la compresenza di profili di domanda completamente diversi, e per certi versi opposti. I turisti della prima generazione - I primi turisti che faticosamente riuscivano ad andare in vacanza negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, si accontentavano facilmente di qualsiasi servizio veniva loro offerto. La cosa più importante per loro era il fatto di essere riusciti finalmente ad andare in vacanza. In quegli anni la struttura turistica in cui soggiornare, o la destinazione da raggiungere, assumevano un’importanza secondaria rispetto all’atto stesso di andare in vacanza. Il turista italiano, ma anche straniero, del dopoguerra è un turista relativamente poco esigente, che si accontenta facilmente, che si muove in treno, in pullman o con mezzi propri, e che non utilizza il sistema intermediario se non per vacanze che prevedono lunghi viaggi. Oggi questa sete “indistinta” di vacanze che ha caratterizzato i turisti del passato, è pressocché scomparsa, e sopravvive al più in qualche sparuto gruppo di turisti inesperti. Così chi vuole occuparsi di ospitalità non può più pensare che i turisti si accontentino di qualsiasi cosa venga offerta loro, e dovrà affrontare la sua attività con grande impegno e attenzione agli ospiti, ai loro desideri e alle loro motivazioni. La seconda generazione - A partire dagli anni ’60 esplode il “turismo di massa”. Il turista vuole ritrovare in vacanza i servizi e le comodità ai quali è abituato a casa propria, e si sente rassicurato dal fatto di vedere riprodotte in albergo le 96

abitudini e caratteristiche della propria quotidianità. Da qui la concezione di alberghi, e di camere, dotati di tutte le comodità che quei turisti hanno appena lasciato a casa propria. Da qui anche la nascita e lo sviluppo di località turistiche che hanno come modello le grandi città, con i loro servizi e le loro infrastrutture. Più che di turismo di massa pertanto si potrebbe parlare di “turismo dello standard”. Parallelamente si registra anche il boom delle vacanze organizzate, tutto compreso, prevedibili ma sicure. Si diffondono così anche catene di alberghi e di villaggi turistici che offrono lo stesso servizio indipendentemente dal contesto culturale e geografico. Le motivazioni e le aspettative di questa generazione id turisti sopravvivono ancora oggi nei comportamenti delle persone che amano le vacanze organizzate e senza soprese (“la miglior sorpresa: nessuna sorpresa!”), e si sentono rassicurate dal trovare in vacanza gli stessi comfort ai quali sono abituati in casa. La terza generazione - Tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo scorso, ci si accorge che a fianco della generazione dello standard stava nascendo una nuova generazione di turisti, caratterizzata da una diversa maturità, da una maggiore esperienza, capacità di scegliere e confrontare. Si tratta di persone che: se possono preferiscono auto organizzarsi, o chiedere ai fornitori servizi molto mirati; sono piuttosto diffidenti rispetto a tutto ciò che è palesemente finto o artefatto; amano il paesaggio umano almeno tanto quanto il contesto storico-ambientale; chiedono proposte diverse da quelle tradizionali vissute come banali, desiderano espe-


rienze più che semplici soggiorni. Ecco come il “futurologo” John Naisbitt descriveva questa nuova generazione: “I turisti di oggi hanno quasi sempre alle spalle altre esperienze di viaggi, per cui si dimostrano clienti alquanto sofisticati: sanno dove vogliono andare, come ci vogliono arrivare e cosa vogliono fare una volta a destinazione. Gli agenti di viaggio non riescono più a intruppare mandrie di turisti elettrizzati su charter, farle scorrazzare in pullman a destra e a manca indirizzandole in questo o in quel ristorante. Il quadretto della famigliola davanti al pullman turistico è ormai fuori moda”. Con la terza generazione avanza dunque un nuovo tipo di turista. L’antropologo Canestrini ha parlato di turista “permeabile”. Il turista permeabile è “chi si lascia toccare dallo spirito del luogo, dai problemi, dagli imprevisti; chi non si limita a scattare foto, ma perde tempo a parlare con le persone. E’ permeabile che cerca, nei limiti entro cui è possibile, di instaurare un rapporto di reciprocità con chi incontra”. In sintesi, appartengono a questa generazione i turisti che cercano lo spirito dei luoghi, che amano le relazioni con i residenti; si tratta di persone che preferiscono auto-organizzarsi, che si ritagliano vacanze su misura, e che possono prediligere sia proposte di grande qualità e di eccellenza che vacanze basate sulla semplicità. Le fasce di età sono tutte rappresentate, e il fenomeno riguarda tutti i mercati di provenienza. […] A fianco di questa generazione, e anzi proprio da questa prende oggi origine una nuova ondata di turismo, che ho cominciato a definire “una generazione liquida”. Ci troviamo di fronte ad un nuovo “mercato” che può essere anch’esso interessato alle forme di ospitalità diffusa.” (Manuale dell’albergo diffuso, Giancarlo dall’Ara)

IL TURISMO STAGIONALE La bassa stagione è uno dei principali problemi per tutti gli operatori di strutture ricettive. Al contrario di ciò che si può comunemente pensare, diluire i turisti anche nei restanti 5 mesi dell’anno dopo il periodo di alta stagione, sarebbe fondamentale per coprire e diluire tutti i costi fissi. Ciò che manca non sono i turisti, europei e mondiali, quanto piuttosto la capacità di creare un’offerta in grado di valorizzare territorio e che sappia attrarli. I turisti di nicchia sono relativamente pochi rispetto a quelli di massa ma, mentre i secondi sono in diminuzione, in primi sono in crescita. Proprio in funzione di questo dato è necessario creare una promozione indirizzata ai segmenti scelti: sapersi scegliere un numero limitato di segmenti di domanda modificando l’offerta, rimodellando il prodotto con nuovi prodotti turistici. L’obbiettivo di chi propone il prodotto turistico è infatti mettere in campo prodotti innovativi ad alto contenuto emotivo ed esperienziale, tali da essere ricordati, affinché si generi un legame con il luogo che faccia sentire l’ospite un residente temporaneo: non più una destinazione circoscritta ma l’intero territorio locale, conoscenza e scoperta di attività esclusive praticabili solo in questo luogo. Tutte le risorse disponibili sul territorio che possono essere definite “culturali” vanno integrate in un progetto unico per favorire lo sviluppo di attività imprenditoriali con forte contenuto creativo: patrimonio artistico e storico; natura ed ambiente; feste popolari; usi e costumi locali; cucina tradizionale e ristorazione; prodotti artigianali e produzione agricole; arti visive (teatro, musica, danza); attività sportive. I vantaggi della nicchia rispetto al seg97


mento sono molteplici: destagionalizzata poiché indipendente dalla stagione o dal clima, strutturata con facilità di individuare i clienti e interloquire con loro, non è legata ad una destinazione, contribuisce al posizionamento, evita la concorrenza diretta con i competitors, progetta idee, innovazioni con offerte di tendenza e personalizzate. Tuttavia il turismo di massa non può essere trascurato: sarebbe quindi sufficiente mettere in campo promozioni mirate e specifiche per ogni segmento. Inoltre nei prossimi 10 - 12 anni si prevede un raddoppio dei flussi turistici provenienti da tutto il continente con un notevole impatto ambientale e sociale con il rischio di aggiungere ulteriori masse a destinazioni turistiche già sature. Un turismo con un flusso disordinato, congestionato, di passaggio, del mordi e fuggi provoca squilibri in molte località turistiche di pregio provocando con il tempo la perdita dell’immagine sul mercato turistico internazionale sfociando inesorabilmente con perdita di qualità dei servizi e massificazione nell’immaginario collettivo. Occorre una strategia operativa e di comunicazione che coinvolga tutto il sistema locale e regionale (territorio, provincia e regione): collaborazioni pubblico-privato in campo culturale sviluppano enormi potenzialità ed attrazione selettiva. Nonostante il privato operatore abbia un ruolo chiave nella gestione dell’operazione, non secondaria risulta il ruolo della pubblica amministrazione ed associazioni di categoria: stabilire quali alberghi e ristoranti saranno chiusi e quali aperti, i periodi, le tariffe da applicare è necessario per creare un piano ripetibile nel futuro. Gestione del traffico (viabilità, parcheggi, trasporti urbani, flussi di autobus turistici); monitoraggio delle fonti di in98

quinamento e di disturbo per eliminare rumori molesti, smaltimento rifiuti, impatti visivi dannosi per il paesaggio), diversificazione dell’offerta turistica locale (per fini ricettivi e culturali) anche con il riuso di immobili disponibili sul territorio; scaglionamento della domanda nei diversi mesi dell’anno: questi sono gli obbiettivi: ambiziosi ma necessari.

IL TURISMO SOSTENIBILE “La locuzione è entrata nell’uso delle scienze sociali nel corso degli anni 1980, e più largamente dopo la Conferenza di Rio de Janeiro (1992), indetta dalle Nazioni Unite per individuare nuovi modelli di sviluppo economico compatibili con la conservazione delle risorse naturali. Per turismo sostenibile s’intende l’insieme di quelle attività di fruizione turistica che non inducono la presenza di un numero eccessivo di utenti (incompatibile con la locale dotazione di risorse), non provocano la modificazione dei paesaggi e l’alterazione del genere di vita delle popolazioni ospiti, ma, piuttosto, associano queste ultime ai benefici del turismo, ripartendone i costi in misura equa, garantiscono forme di protezione delle risorse ambientali, evitandone usi distruttivi, e riescono a integrare quest’attività nel quadro delle altre praticate dalle popolazioni locali. Attraverso il ricorso ad alcuni strumenti, come i sistemi di gestione ambientale e le certificazioni di prodotto, si cerca di ottenere una maggiore attenzione sugli impatti e, nel contempo, il potenziamento della qualità ambientale”. (definizione Treccani) L’Unione Europea ha descritto il turismo sostenibile come “turismo che regge dal punto di vista economico e sociale senza depauperare l’ambiente e la cul-


tura locale” mettendo in risalto, quindi, come l’efficienza economica del turismo debba avere la stessa importanza della preservazione ambientale e culturale di qualsiasi area in cui si sviluppa il turismo. Fin troppo spesso invece vi sono stati dei casi di veri e propri scempi dell’ambiente, oltre che disagi e impatti negativi nei confronti delle popolazioni indigene presenti nel territorio interessato; come nel caso delle Cinque Terre infatti, intere zone costiere sono state deturpate e paesaggi oscurati da strutture ingombranti e poco integrate nel contesto ambientale. È infatti logico che un sito di interesse, per quanto nel breve periodo possa generare domanda, se nel tempo andrà incontro a deterioramenti e sfruttamenti incontrollati, nel lungo periodo inevitabilmente subirà una flessione della domanda in relazione ad un peggioramento della qualità del sito stesso. Solo preservando l’ambiente e sviluppando il turismo in modo armonioso si può ottenere uno sviluppo responsabile nel lungo periodo (tramutando la parola utilizzo in conservazione di un eco-sistema). Nell’ambito del turismo sostenibile si colloca la Carta di Lanzarote, ossia il documento finale prodotto dalla Conferenza Mondiale sul Turismo Sostenibile tenutasi alle Canarie (Spagna) il 27/28 aprile del 1995. Essa rappresenta un riferimento nella definizione delle priorità, degli obiettivi e dei mezzi necessari a promuovere il turismo futuro. I 14 punti della Carta sanciscono la necessità di promuovere un turismo che sia occasione di sviluppo equo per le popolazioni residenti, di qualità per i visitatori e di salvaguardia delle risorse culturali e naturali. La Carta si appella ai giovani affinché redigano Piani di sviluppo sostenibile

nel turismo, ma anche agli operatori, alle associazioni e ai turisti stessi affinché adottino le misure indicate. Abbiamo voluto evidenziarne alcuni passaggi fondamentali nel contesto delle Cinque Terre trattato dalla nostra tesi: “Consapevoli che il turismo è un fenomeno mondiale e un elemento importante per lo sviluppo socio-economico di molti paesi, e che tocca le più alte e profonde aspirazioni della gente; riconoscendo che il turismo un fenomeno ambivalente poiché può potenzialmente contribuire al raggiungimento di obiettivi socio-economici e culturali ma può anche, allo stesso tempo, essere causa del degrado ambientale e della perdita di identità locali, deve essere affrontato con un approccio globale; consapevoli che le risorse sulle quali basato il turismo sono limitate; riconoscendo l’obiettivo di sviluppare un turismo che soddisfi le aspettative economiche e le esigenze ambientali e che rispetti non solo la struttura fisica e sociale del paese ma anche le istanze delle popolazioni locali; consapevoli del bisogno di stabilire accordi concreti tra i principali attori del settore turistico per costruire la possibilità di un turismo più responsabile nei confronti del nostro patrimonio comune; ci poniamo come obbiettivi: 1. Lo sviluppo del turismo deve essere basato sul criterio della sostenibilità ciò significa che deve essere ecologicamente sostenibile nel lungo periodo, economicamente conveniente, eticamente e socialmente equo nei riguardi delle comunità locali. Lo sviluppo sostenibile un processo guidato che prevede una gestione globale delle risorse per assicurarne la redditività consentendo la salvaguardia del nostro capitale naturale e culturale. Il turismo, come potente stru99


mento di sviluppo, dovrebbe partecipare attivamente alla strategia di sviluppo sostenibile. La caratteristica di una corretta gestione del turismo che sia garantita la sostenibilità delle risorse dalle quali esso dipende. 2. La sostenibilità del turismo richiede per definizione che esso integri l’ambiente naturale, culturale e umano; che rispetti il fragile equilibrio che caratterizza molte località turistiche, in particolare le piccole isole e aree ambientali a rischio. Il turismo dovrebbe assicurare un’evoluzione accettabile per quanto riguarda l’influenza delle attività sulle risorse naturali, sulla biodiversità e sulla capacità di assorbimento dell’impatto e dei residui prodotti. 4. Il contributo attivo del turismo a uno sviluppo sostenibile presuppone necessariamente solidarietà rispetto reciproco e partecipazione da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo, e in particolare degli autoctoni dei paesi coinvolti. Solidarietà rispetto reciproco e partecipazione devono basarsi su meccanismi efficienti di cooperazione a ogni livello: locale, nazionale, regionale e internazionale. 6. La protezione della qualità della destinazione turistica e la capacità di soddisfare i turisti devono essere determinate dalle comunità locali in consultazione con gli enti coinvolti e le parti interessate e dovrebbero rappresentare gli obiettivi prioritari nella formulazione delle strategie e dei progetti turistici. 11. Gli spazi ambientalmente e culturalmente vulnerabili, ora e in futuro, dovranno avere una priorità particolare nella cooperazione tecnica e negli aiuti finanziari per uno sviluppo del turismo sostenibile. Allo stesso modo, un trattamento speciale dovrebbe essere riservato alle aree degradate da modelli turistici obsoleti e ad alto impatto ambientale. 100

Il turismo dovrebbe essere ripartito in un periodo di tempo meno concentrato nell’anno. E’ inoltre necessario esaminare più a fondo l’utilità degli strumenti economici a livello regionale/locale, con un riguardo particolare a un uso sostenibile di tutte le risorse. Deve essere inoltre sviluppata l’efficacia degli strumenti legali. 12. La promozione di forme alternative di turismo che siano compatibili con i principi di sviluppo sostenibile e il sostegno alla diversificazione aiutano a garantire la sostenibilità nel medio e lungo termine. A questo proposito, c’la necessità per numerose piccole isole e zone ambientali particolarmente fragili di stimolare attivamente e rafforzare la cooperazione regionale. 13. I governi, le autorità, le ONG che si occupano attivamente di turismo e ambiente promuoveranno e parteciperanno alla creazione di reti aperte per l’informazione, la ricerca, la diffusione e il trasferimento di un turismo appropriato, di una conoscenza ambientale sul turismo e di tecnologie ambientalmente sostenibili. 16. Attenzione dovrebbe essere prestata al ruolo e agli effetti ambientali dei trasporti nel turismo e dovrebbero essere individuati e sviluppati strumenti economici per ridurre l’uso di energie non rinnovabili. Tali codici costituiscono strumenti efficaci per lo sviluppo di attività turistiche responsabili.”

UN NUOVO MODELLO DI OSPITALITÀ Il modello di ospitalità dell’albergo diffuso nasce e viene messo a punto in Italia negli anni ‘80, a seguito di una prima esperienza a Carnia, in Friuli


Venezia-Giulia. Questo modello oggi è riconosciuto da tutte le Regioni italiane, e sta condizionando altre forme di ospitalità diffusa e sostenibile. Scegliere una vacanza in un Albergo Diffuso non significa semplicemente soggiornare, ma un qualcosa di più particolare: significa vivere un territorio, vivere un luogo e fare un’esperienza. Gli Alberghi Diffusi sono compositi di norma di case di pregio, o abitazioni tipiche, di sapore locale appunto, in un contesto di interessa ambientale, storico e culturale; si tratta di case ristrutturate ed ammobiliate in modo tale da coniugare il comfort dei servizi con l’autenticità della proposta. Per questo non esiste un albergo diffuso uguale ad un altro: ognuno si inserisce ed è testimonianza del proprio territorio e, quindi, delle radici di quel luogo. Le tipologie di offerta turistica sono le più varie: chi propone soggiorni benessere, chi vacanze attive, chi esperienze enogastronomiche. L’obiettivo comune è quello di valorizzare gli aspetti tradizionali tipici del contesto in cui si inseriscono, offrendo ai turisti, appunto, esperienze. Un Albergo Diffuso è quindi un modello di sviluppo turistico territoriale e sostenibile: territoriale perché gli Alberghi Diffusi valorizzano il loro territorio, amano servire ricette e prodotti locali, e perché i suoi confini non coincidono con quelli della struttura, degli edifici, ma si allargano al territorio circostante, che è parte integrante dell’offerta; sostenibile perché diventa facilmente un contributo allo sviluppo economico locale. Si può facilmente intuire come questo modello sia in antitesi con la diffusione precedentemente citata del turismo dello standard, sia per quanto riguarda il tipo di offerta, sia per l’impatto ambientale ed economico che si applica al contesto: non si parla di calare strutture ricettive ad alta densità con conseguente sfrutta-

mento del territorio. Anzi, si può quasi dire che sia il territorio a rendere possibile la realizzazione dell’albergo diffuso, grazie alle sue peculiarità. Si crea così un tipo di struttura resiliente, che si adatta allo spirito e alla morfologia del luogo, inserendosi in maniera quasi spontanea. Ne deriva anche una sostenibilità sociale: i residenti non sono obbligati a sorbirsi orde di turisti in arrivo stagionalmente, ma vedono arrivare persone pronte ad adattarsi a quel luogo e, in un certo senso, a vivere come loro stessi, in una sorta di convivenza non più forzata. La proposta dell’albergo diffuso ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali. A Londra, in occasione del World Travel Market, ha ricevuto il prestigioso Global Award 2010, e in precedenza nel 2009 è stata premiata come migliore pratica trasferibile per stimolare la crescita delle economie regionali nel Paesi in via di sviluppo, da parte degli United Nations Development Programme. Fin dagli anni ’90, parallelamente al successo di questa formula, si è sentita la necessità di fissarne le regole sia per tutelare i turisti che per evitare gli abusi. Per questo si è data vita all’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi (ADI,www.alberghidiffusi.it) che ha il compito di “Promuovere e sostenere il loro sviluppo, tutelandone l’immagine e la reputazione presso le istituzioni pubbliche, la stampa, il sistema intermediario e la domanda turistica”. Secondo un’analisi della società Jfc, ad oggi ufficialmente gli Alberghi Diffusi in Italia sono 82. Tra le regioni con il maggior numero di alberghi diffusi certificati ad aprile 2014 spiccano Umbria e Lazio, con 9 strutture, seguite Sardegna (8), Toscana (7), Marche (7), Sicilia (6) e Liguria (2). Fatta eccezione per la Calabria (un solo albergo diffuso), le Regioni del nord sono le più povere di questo tipo di struttura: 101


Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto ne offrono solo un esempio.

PROGETTI IN ATTO L’abbandono dei terrazzamenti è la principale causa del dissesto idrogeologico nel Parco delle Cinque Terre. Non mancano, perciò, proposte di intervento e recupero delle attività tradizionali, già messe in atto tramite associazioni nazionali, autoctone o iniziative private. Di seguito, mostriamo i progetti in atto sul territorio. PODERE CASE LOVARA Restauro di tre fabbricati rurali (agriturismo-rifugio con camere, possibilità di campeggio). Apertura al pubblico nel 2017. Agricoltura biodinamica - impianto a fonti rinnovabili e sostenibili. Comune: Levanto; enti coinvolti: FAI, Parco Nazionale delle Cinque Terre, Comune di Levanto, Comune di Monterosso al Mare, Fondazione Zegna, Università di Firenze, Università di Genova;

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anno di inizio: 2009; altitudine: 230 m s.l.m.; superficie resa coltivabile: 40.000 mq; tipologie di coltivazione: orti, oliveti e frutteti. Punta Mesco separa l’insenatura di Levanto da quella di Monterosso ed è uno dei più caratteristici e affascinanti paesaggi della Liguria. In quest’area si trova Case Lovara, ricevuto dal FAI - Fondo Ambiente Italiano in donazione nel 2009 e individuato come sito pilota per il recupero di un insediamento agricolo rurale all’interno di un Sito di Interesse Comunitario. Il FAI ha già avviato una prima pulizia dell’area, primo passo verso la realizzazione del rifugio didattico e del punto sosta per le esigenze del turismo escursionistico, e grazie a due importanti convenzioni con il Laboratorio per il Paesaggio e i Beni Culturali (CultLab) dell’Università di Firenze, e con il Dipartimento di Scienze per l’Architettura – DSA dell’Università di Genova, intende conservare al meglio il paesaggio storico rurale, riprendere le tecniche colturali tradizionali, risistemare dal punto di vista morfologico il terreno e recuperare i manufatti, con particolare attenzione per i terrazzamenti. La proprietà oggetto dell’intervento si


estende per circa 40 ettari, e comprende tre fabbricati rurali, alcuni terrazzamenti in pietra a secco, un tempo coltivati con viti ed olivi ed oggi abbandonati e invasi da vegetazione. Il resto dell’area è interessato da macchia mediterranea e dalla presenza di pini marittimi, spesso colpiti da patogeni. Il progetto di recupero del FAI a Punta Mesco consiste in un programma ampio e complesso che prevede la riqualificazione delle aree naturali, il recupero degli ambiti agricoli ad oggi abbandonati e il restauro degli edifici, secondo un modello di fruizione dell’area sostenibile e innovativo. In questo contesto il CultLab ha curato e progettato il recupero delle coltivazioni terrazzate, in particolare del vigneto e dell’oliveto e il recupero degli stessi terrazzamenti in pietra a secco. Il progetto è partito con un’analisi multi-temporale di tutto il comprensorio di Punta Mesco, per evidenziarne le caratteristiche identitarie e le trasformazioni cui è andato incontro il paesaggio rurale, oltre che con un’analisi dello stato di conservazione dei terrazzamenti e delle caratteristiche idrogeologiche della proprietà FAI. Per quanto riguarda i terrazzamenti, vista l’esigenza di utilizzare piccoli mezzi meccanici per le operazioni colturali, il

progetto ha previsto la realizzazione di collegamenti tra un terrazzamento e l’altro, in modo da consentire il passaggio del mezzo, senza però modificare la disposizione originale dei terrazzamenti, che tranne alcuni crolli localizzati, non verranno ricostruiti, ma soltanto restaurati. Il vigneto sarà disposto a pergola, seguendo le modalità tradizionali del luogo di coltivazione della vite. Oltre al vigneto e all’oliveto è previsto un piccolo orto e alcuni alberi da frutto vicino alle case. Il progetto ha previsto anche il recupero dei sentieri interni alla proprietà e l’apertura di nuovi sentieri per aumentarne la fruibilità. Per la parte forestale, è prevista la realizzazione di aperture lungo i sentieri e la piantumazione di Pino domestico al posto dei Pini marittimi, spesso morti o malati a causa dell’attacco di Matsococcus. Allestire il cantiere si è rivelata un’operazione complessa, per via della conformazione del sito, impervio e difficilmente accessibile. Tuttavia, gli interventi di messa in sicurezza dei fabbricati sono ufficialmente cominciati, con le prime azioni di consolidamento strutturale dei due edifici principali. L’edificio più antico, fortemente lesionato a causa del dissesto del suolo e degli anni di abbando-

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no, è attualmente sottoposto a un attento restauro conservativo delle parti superstiti che necessitano rinforzo, e le sezioni crollate verranno ricostruite con tecniche e materiali tradizionali. Già portata a termine, invece, la perforazione del suolo per la realizzazione di due pozzi, in cui verranno installate delle pompe di sollevamento dell’acqua dal sottosuolo per l’approvvigionamento idrico del sito. Sono in corso le lavorazioni preliminari di pulizia delle parti rovinate, la disinfestazione dai rovi e dalla vegetazione infestante e il recupero dei materiali storici che saranno utilizzati nel restauro. Nel frattempo i mastri muratori, utilizzando le tecniche antiche, hanno restaurato i lunghi muretti a secco, funzionali alla conservazione dei tradizionali terrazzamenti destinati alla coltivazione di orti, ulivi e vite, nonché indispensabili per contrastare il dissesto idrogeologico. La piantumazione di più di 60 nuovi ulivi di varietà tipiche del territorio è attualmente in corso, e proseguono costantemente le attività ordinarie di mantenimento del compendio agricolo, con lo sfalcio manuale dell’erba, la cura degli alberi, la pulizia dei sentieri e del greto dei torrenti. Le aree già recuperate sono state inoltre recintate per impedire

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l’accesso ai cinghiali. BASTÙ-CAMPÀA E VALLETTA Recupero dei terrazzamenti assegnazione a viticoltori privati. Comune: Riomaggiore (Manarola); enti coinvolti: Fondazione Manarola Cinque Terre; anno: 2017; altitudine: 200 m s.l.m.; superficie resa coltivabile: 4.970 mq; tipologie di coltivazione: vigneti. “Insieme per proteggere il paesaggio” è il motto dell’organizzazione no profit Fondazione Manarola Cinque Terre onlus(www.fondazionemanarola.org), che nasce nel marzo 2014, occupandosi della raccolta fondi per la pulizia e messa in sicurezza di vigneti abbandonati in un’area terrazzata nei pressi del borgo di Manarola. La Superficie Fondiaria Totale della Zona, in una prima ipotesi di definizione, è risultata di 9,76 ettari, di cui la maggioranza (7,64 ha) è costituita dal versante di ponente (il cosiddetto anfiteatro). La superficie totale delle facce di tutti i muri di sostegno a secco esistenti risulta


di 57.500 metri quadrati; in altri termini potremmo dire che, se ipotizzassimo come altezza media dei muri 2,50 metri, il complesso dei muri esistenti nella zona corrisponderebbe ad una unica striscia di muro alta due metri e mezzo e lunga 23.000 metri, ovvero 23 chilometri. La Fondazione di partecipazione nasce a metà degli anni Novanta, come strumento per convogliare gli sforzi comuni del pubblico e del privato nella realizzazione di progetti condivisi, senza necessità di allocare sin dall’inizio ingenti patrimoni. L’istituto si inserisce nella più vasta categoria delle fondazioni classiche, disciplinate dal primo libro del Codice Civile, ma presenta alcune particolarità, dovute al fatto di coniugare l’aspetto personale, proprio dell’associazione, con quello patrimoniale, tipico delle fondazioni: la partecipazione; la pluralità e condivisione di un progetto; la presenza di un patrimonio di destinazione a struttura aperta, che possa cioè essere previsto l’aggiungersi di ulteriori conferimenti da parte di soggetti pubblici o privati che condividono gli scopi della Fondazione stessa; lo scopo prefisso deve essere immutabile; vi deve essere l’assenza di scopo di lucro; i progetti devono essere volti al raggiungimento di scopi di pubblica utilità. La Fondazione Manarola ha ottenuto il riconoscimento della Regione Liguria e come Onlus: l’azione è infatti iniziata a partire dalle donazioni private, sia dei terrazzamenti che monetarie, e così continua. Anche le stesse attività di recupero sono organizzate tramite l’accordo con associazioni senza scopo di lucro e, in maniera virtuosa, si procede al recupero dei terrazzamenti tramite l’inserimento nel mondo del lavoro degli ospiti dei centri di accoglienza della provincia di La Spezia. Nella primavera 2015, infatti, è partito il progetto denominato SCIASCI

DII POZI TIÀ SÜ A SECU (sassi dei muri tirati su a secco) che ha visto impegnati 12 allievi per 100 ore di attività pratica sul territorio, nell’apprendimento delle tecniche di manutenzione dei muretti a secco e delle colture tipiche. Lo scopo principale del lavoro è sicuramente la messa in sicurezza del territorio, con la ricostruzione dei muri a secco, patrimonio millenario, e la pulizia dei canali contro il dissesto idrogeologico. Ma il Presidente della Fondazione, Fabrizio Capellini, alla fine di un’intervista rilasciata per il sito web www.laspezia.mentelocale.it, svela uno scopo più profondo dell’intervento: “Ci sentiamo in dovere di fare qualcosa, finalmente, per ricordare i nostri antenati. Il loro durissimo lavoro ha resto questi terreni quella meraviglia che turisti di tutto il mondo hanno ammirato tanto a lungo. Abbiamo vissuto di rendita, senza rendercene conto. Ma ormai questa è finita. È il momento per noi di rimboccarci le maniche. Per farcela, però, dobbiamo adottare una gestione collettiva della proprietà fondiaria, abbandonare i concetti di frammentazione e del pezzetto d’orto. Solo così combatteremo il degrado, e riproporremo i fasti di un tempo nelle produzioni locali”. STELLA DI LEMMEN Recupero dei terrazzamenti - azienda agricola biologica. Comune: Riomaggiore; enti coinvolti: privato; anno: 2015; altitudine: 408 m s.l.m.; superficie resa coltivabile: 20.000 mq; tipologie di coltivazione: vigneti, 70 alberi da frutto, 50 olivi; L’antico insediamento di Lemen o Lemmen che si pensa fondato da profughi 105


greci in fuga dal furore iconoclasta di papa Leone III nel VIII secolo è ora sede del coraggioso recupero funzionale dei terrazzamenti e del borgo a cura dell’azienda agricola biologica Stella di Lemmen, Il borgo è composto da poche piccole abitazioni e dalla chiesetta dedicata a S Bartolomeo ed è posto a 408 metri sul livello del mare su di un promontorio, ha alle spalle il Monte Telegrafo ed è raggiungibile, a piedi, da Riomaggiore con un sentiero di due chilometri. Il progetto Stella di Lemmen è coraggioso ed ambizioso, rappresentando un modello di recupero dell’agricoltura e del territorio rispettoso della tradizione che rifiuta ogni logica di “profitto facilitato” da tecniche od elementi in contrasto con essa. A prescindere dalla sostenibilità economica del progetto che dovrà essere verificata nei prossimi anni, è comunque evidente che il recupero dei terrazzamenti con il restauro dei muretti a secco, il ripristino delle aree agricole e dei fabbricati, la ricostruzione dei vigneti con la messa a dimora di vitigni tipici della zona e la volontà di produrre vini di grande pregio enologico, senza dimenticare la cura dedicata alle altre specie vegetali endemiche con tecniche rispettose dei cicli naturali, diventa un esempio virtuoso di come sia possibile salvare dal degrado e mantenere vive ed autonome ampie zone sottoposte a vincoli conservativi come quelle del parco delle Cinque Terre. Il duro e difficile lavoro delle persone coinvolte non sarebbe possibile senza una dedizione molto distante dal solo ritorno economico ma obbligatoriamente corroborata da precise scelte di vita, ma saranno necessarie sfide egualmente difficili per la continuazione nel tempo del progetto, che dovrà godere del supporto delle amministrazioni locali. 106

La fruibilità turistica di questo progetto non sembra al momento essere il suo scopo principale ed è naturalmente calmierata dalla mancanza di trasporti, anche se la distanza dal centro abitato non è eccessiva, ma pensiamo che sarà comunque necessario valutare se nel prossimo futuro si renderà necessario modificare qualche parametro al fine di permettere la sopravvivenza del borgo. La Stella di Lemmen rappresenta comunque una possibilità reale di conservazione attiva con poche o nulle controindicazioni di zone rurali difficilissime ma di estremo interesse storico e naturalistico.

L’AREA PILOTA: IL PROGETTO DI FORNACCHI La località di Fornacchi fa parte del comune di Vernazza da cui dista 1,93 chilometri, e sorge a 300 metri sul livello del mare. E’ stata scelta come sede dell’area pilota per il progetto di recupero dei terrazzamenti per quattro ragioni principali: la vicinanza alla rete di accessibilità, la presenza in loco di due attività alberghiere già avviate, la presenza di aree terrazzate già recuperate e/o coltivate e, infine, la presenza dello stoccaggio del materiale lapideo per la ricostruzione dei muretti a secco per il Comune di Vernazza. Questi aspetti, infatti, sono facilitanti nel momento in cui si pensi di introdurre una modalità di ospitalità come quella dell’albergo diffuso con conseguente recupero delle aree terrazzate. La vicinanza con la rete stradale è fondamentale per garantirne una buona accessibilità, ma anche per permettere l’arrivo dei mezzi per la riqualificazione degli edifici rurali o del terreno. La presenza in loco di attività già avviate - Villa Cinque Terre e Cadè Ventu - è incentivante per lo sviluppo del sistema


di ricezione turistica. Infine, la presenza di aree già terrazzate presuppone il fatto che anche in questo caso l’accessibilità e la percorribilità dei terrazzamenti possa essere facilmente praticabile. Nell’avvio di una nuova attività, specialmente se insediata in un territorio così particolare, infatti, non si può esulare dal prendere in considerazione certe facilitazioni, per cercare di garantire fin dall’inizio una buona riuscita della pratica. Certo è che, a seguito del recupero dell’area pilota, ci si auspica la diffusione del modello con conseguente riqualificazione progressiva dell’area circostante prima e di tutto il Parco poi. Del comune di Vernazza, infatti, fanno parte anche le frazioni o località di Case sparse, Drignana, Foce, Madonna di Reggio, Muro Inferiore, San Bernardino e Vernazzola, che ben si prestano all’introduzione del recupero del territorio tramite albergo diffuso. Sull’area sono stati individuati almeno cinque edifici rurali da recuperare, ognuno dei quali con una pertinenza terrazzata o precedentemente terrazzata. Il territorio si presenta quindi a macchie, con superfici coltivate, superfici solamente bonificate, superfici a copertura erbaceo-arbustiva e superfici con copertura prevalentemente boschiva. L’intervento prevede quattro passaggi fondamentali, ripresi seguendo i principi del progetto di Lovara condotto dal FAI: 1- Individuazione e restauro degli edifici rurali; 2- Bonifica delle aree con copertura erbaceo-arbustiva; 3- Bonifica delle aree con copertura boschiva; 4- Riattivazione delle terrazze con recupero dei muretti a secco e ripristino delle colture tradizionali (vigneto, oliveto, orto).

La bonifica è suddivisa in due fasi perché la copertura boschiva richiede una pratica più complessa rispetto alla copertura erbaceo-arbustiva, soprattutto per quanto riguarda territori impervi come quelli delle cinque terre. A seguito del recupero dell’area pilota, ci siamo immaginate una linea temporale in cui nel corso di dodici anni si possa recuperare almeno il territorio limitrofo a Fornacchi. Per la sua definizione ci siamo infatti basate sulle tempistiche del progetto di Lovara, per il quale il progetto è stato sviluppato nel corso di tre anni - dal settembre 2013, quando il progetto è iniziato, a giugno 2016, quando è stato aperto il podere al pubblico.

UN SISTEMA COLLABORATIVO VOLTO AL RECUPERO Il sistema di ricezione turistica dell’albergo diffuso non è solamente una modalità alternativa di ospitalità. Già di per sé si discosta per modalità e finalità dalla definizione più tradizionale di turismo, come è stato detto in precedenza. Si può però dire anche che la sua introduzione sul territorio delle Cinque Terre, attraverso la strategia proposta, non venga auspicata solamente per il recupero dei fabbricati e dei terrazzamenti e per creare un’alternativa di turismo all’interno del Parco. Il progetto ha certamente un respiro più ampio, coinvolgente l’entroterra, ma anche la costa; privati che hanno voglia di investire in una nuova attività, ma anche proprietari terrieri e persone pubbliche; turisti, ma anche residenti. Si verrebbe quindi a creare un sistema collaborativo, in cui ogni soggetto coinvolto sarebbe sia punto di partenza che di arrivo delle azioni del soggetto a fianco. Il sistema ha buoni margini di realizzazione perchè, come detto nei capi107


toli precedenti, sul territorio è già in atto il progetto Life PROSIT nato proprio per difendere e tutelare le coltivazioni tipiche delle Cinque Terre, per limitare il degrado ambientale ed incentivare il recupero dell’area, favorendo la commercializzazione dei prodotti tipici dell’area, primi fra tutti i vini ed il pesto, rigorosamente biologici. Volendo ragionare in un’ottica più schematica, si può cercare di avanzare un esempio, suggerendo di mettere in relazione il recupero dei piccoli edifici con la gestione dei servizi turistici dei cinque borghi costieri, con l’attività della Società Agricola Cooperativa e con il turismo in arrivo. Ma come? Gli edifici ora adibiti a rimessa, venendo recuperati, portano in primo luogo all’introduzione fisica della nuova funzione di ospitalità turistica che, come abbiamo già detto ampiamente prima, è una tipologia di applicazione di turismo sostenibile. Questo tipo di attività rientra nell’insieme già esistente delle strutture ricettive presenti nel Parco, di cui ricordiamo che la maggior parte si trova nei borghi costieri. Uno dei problemi che riguarda il sistema turistico delle Cinque Terre rimane la mancata presenza di una rete unificata delle strutture ricettive: alberghi, affittacamere, bed&breakfast si muovono autonomamente nell’economia del Parco. Una omogeneizzazione di questa complessità potrebbe essere utile per avere presente l’offerta globale e proporsi al turista, nazionale ed internazionale come un sistema compatto e vincente. Tutto ciò porterebbe anche facilitare le stesse strutture nel decidere la propria strategia d’offerta, evitando sprechi di denaro e competizioni nocive. Per esempio, il turista che potesse scegliere la propria vacanza fra una varietà di strutture sulla stessa piattaforma, sarebbe facilitato nell’organizzazione del108

la propria vacanza; allo stesso tempo, se non trovasse una collocazione presso la struttura scelta, potrebbero venirgli in aiuto altre che propongono un pacchetto vacanziero analogo, aiutando così sia il turista a soddisfare i propri bisogni, sia le strutture a non ritrovarsi alloggi vuoti. Oltre che a un miglioramento amministrativo del singolo imprenditore, che si proietta comunque sull’economia del territorio, questo sistema potrebbe anche aiutare gli Enti ad avere sempre sotto controllo il numero di turisti presenti. La realizzazione dell’albergo diffuso comprende anche il recupero dei terrazzamenti. Questo discorso è facilmente collegabile con le aziende agricole e il lavoro degli agricoltori privati. Sul territorio troviamo la Società Agricola Cooperativa, l’unica importante realtà produttiva della zona che assicura un elevato livello di investimenti nelle più moderne tecnologie di vinificazione. La Cantina riunisce agricoltori privati che, in cooperativa, riescono a mantenere attivi i propri terreni e a commercializzare le proprie uve. Senza la Cooperativa, infatti, questa miriade di piccole realtà sarebbe destinata a scomparire sotto la pressione economica eccessiva che la produzione del passito e, in generale, dei vini, comporta, specialmente in un territorio come quello delle Cinque Terre, dove i terreni sono difficilmente raggiungibili. A questo proposito, per la raccolta e trasporto dei frutti, sono state installate delle cremagliere: attualmente la Cooperativa ha presente la mappatura di quelle insite nel territorio di Riomaggiore – dove ha sede – ma ne esistono anche altre realizzate su tutto il territorio. Uno dei problemi fondamentali della Società è che comunque il numero dei sottoscrittori è minimo e, serve dirlo, l’età media è di approssimativamente 70 anni. Se la situazione rimanesse tale, si assisterebbe


a un nuovo abbandono dei territori fra qualche decennio. La principale azione della Cooperativa, infatti, oltre al mantenimento e alla produzione dei prodotti locali, è quello, ovviamente, di utilizzare i terrazzamenti, evitandone il degrado e il successivo dissesto idrogeologico. Un’associazione fra le attività della Società Agricola e dell’Albergo Diffuso sarebbe quindi augurabile, oltre che essenziale, per una gestione ancora unitaria del recupero dei territori: in una sorta di scambio reciproco, le aziende alberghiere potrebbero portare forza lavoro alla Società agricola tramite il turismo esperienziale; d’altro canto la Cantina possiede gli strumenti necessari per rendere tutto questo possibile. Ovviamente non si può pensare che la vacanza limitata di un turista – anche del più volenteroso – possa considerarsi forza lavoro, ma si potrebbe pensare a un’integrazione dell’attività esperienziale con un programma di tirocini formativi e corsi di specializzazione per il ripristino e la manutenzione dei terrazzamenti, soprattutto in un periodo storico come questo, dove la proposta di un lavoro specializzato potrebbe vedere numerose applicazioni. Le realtà di questo tipo esistono già, e ne si possono riportare due esempi recentemente applicati: il corso di formazione per la costruzione di muri a secco in Val di Sole e uno a Vallecorsa, a Frosinone, il primo promosso dalle Autorità locali e il secondo dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre. Oltre a svolgere una funzione di mantenimento degli assetti idrogeologici e di valorizzazione paesaggistica, il recupero/ripristino dei muri è servito a dare un impulso positivo alla ripresa del settore edile ed all’occupazione, specialmente nel caso della Val di Sole. Una volta recuperati i terrazzamenti e

ripristinata la coltivazione, si può immaginare di collegare anche l’attività delle aziende agricole ai borghi costieri tramite il commercio a chilometri zero, che potrebbe coinvolgere anche il settore della ristorazione. In questo scenario possiamo quindi immaginarci gli attori che potrebbero essere coinvolti ed intervenire: i Comuni, l’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre e la Regione Liguria per la gestione complessiva; la Società Agricola Cooperativa, la Fondazione Manarola Cinque Terre e il FAI per il recupero dei terrazzamenti; il CAI per il recupero dei sentieri, oltre che i privati cittadini. I finanziamenti possiamo continuare a immaginarceli provenienti dai progetti dell’Unione Europea, data la protezione UNESCO del Parco, dai fondi nazionali e regionali e dal proseguo delle campagne di crowdfounding verso le Fondazioni presenti.

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5.4 IL RECUPERO DI FEGINA A MONTEROSSO “Per prima cosa dobbiamo sbarazzarci della convinzione che l’eccitazione e il dramma che cerchiamo, possano nascere automaticamente dalla ricerca scientifica e dalle soluzioni tecniche cui si è giunti. Naturalmente accettiamo queste soluzioni, ma non siamo interamente legati ad esse. Infatti non possiamo esserlo, perché la soluzione scientifica è basata sul risultato migliore che si può avere mediamente: medie del comportamento umano, medie del clima, fattori di sicurezza e così via. E queste medie non danno un risultato sicuro per nessun particolare problema. Esse sono, tanto per dire, fatti vaganti che possono sincronizzarsi o, il che è possibile, entrare in confronto gli uni con gli altri. Il risultato è che una città può assumere uno qualunque di parecchi e ancora operare con successo, con un uguale successo. Quindi noi qui scopriamo una capacità della soluzione scientifica di essere plasmata, ed è precisamente la “manipolazione di questa adattabilità” che rende possibile l’arte del rapporto. Come è evidente, lo scopo non è dettare la struttura della città o dell’ambiente, ma, più modestamente, “manipolare entro tolleranze”. Questo significa che non possiamo ricevere un ulteriore aiuto nelle attitudini scientifiche e che dobbiamo quindi rivolgerci ad altri valori e ad altri standard. Ci riferiamo alle facoltà visive, perché è quasi interamente attraverso la vista che si percepisce l’ambiente. Se qualcuno bussa alla vostra porta e voi aprite per lasciarlo entrar, accade talvolta che entri anche un soffio di vento che percorre la stanza, ala le tende e fa un gran trambusto. Una “visione” è all’incirca lo stesso: noi spesso otteniamo più di 110

quanto ci aspettiamo. Guardate l’orologio per vedere l’ora e vedrete la carta da parati, la cassa dell’orologio di mogano scuro intagliato, la mosca che cammina sul vetro e le lancette appuntite come spade. Cezanne avrebbe potuto farne un quadro. Infatti la percezione visiva non è soltanto utile, ma evoca anche i nostri ricordi e le nostre esperienze, quelle emozioni sensibili rimaste impresse in noi, che hanno il potere di disturbare la mente quando appaiono.” (Il paesaggio urbano: morfologia e progettazione, Gordon Cullen)

RIORGANIZZAZIONE DEI PARCHEGGI E RIORGANIZZAZIONE DEI COLLEGAMENTI: IL COLLE DI GRITTA E I PERCORSI CON L’ENTROTERRA Il progetto della riqualificazione del parcheggio di Fegina a Monterosso rientra nella prima linea strategica, quella cioè di riorganizzazione dell’accessibilità. L’obiettivo a cui si lega è quello di gestione del traffico veicolare, con la realizzazione dei nodi di interconnessione. Allo stato di fatto si presenta una situazione in cui l’affaccio al mare della costa occidentale di Monterosso è caratterizzato da una lingua di materiale roccioso – probabilmente scarto della lavorazione della ferrovia – che viene utilizzata come parcheggio, sia per automobili che per camper. Alla luce di quanto detto con la presentazione della strategia, il primo ragionamento progettuale si è indirizzato sull’eliminazione dei parcheggi e, di conseguenza, sulla riqualificazione anche e soprattutto della linea di costa.


Ad oggi, infatti, Fegina si presenta come un’interruzione del paesaggio costiero e anche a livello funzionale non si inserisce in un discorso omogeneo. Certamente si sa che il parcheggio rimane realisticamente una funzione necessaria alla vita del borgo, sia per i residenti che per i turisti, quindi l’eliminazione è corrisposta ad una ridistribuzione degli stessi posti auto sul territorio limitrofo, in particolare attraverso la proposta della realizzazione di due edifici adibiti a parcheggio, in accordo con il PRG del 1998 e alla distribuzione sul nodo del Colle di Gritta. Contemporaneamente, per cercare di limitare il flusso turistico via gomma, è stata pensata una riduzione del numero complessivo dei posti auto, che sul territorio di Monterosso passano da 1160 a 1000. Fegina è un nodo interessante nella riorganizzazione dell’accessibilità perché si trova sulla costa ma, allo stesso tempo, in un punto che attualmente è ben collegato dal sistema viario. In più si trova nei pressi di una fermata del trasporto pubblico attualmente già utilizzata ed è molto vicina alla stazione. Da Fegina passano già numerosi turisti per recarsi sui sentieri che proseguono fino a Punta Mesco o verso le spiagge occidentali della riviera. La riqualificazione di Fegina è finalizzata alla creazione di un nodo di interconnessione inteso come fulcro di diverse attività, nuove o potenziate, per la realizzazione di un’area attrezzata per turisti e residenti. Il primo passaggio è quello di riorganizzare i collegamenti con l’intorno e con i percorsi dell’entroterra. Partendo dal percorso già esistente di rete di autobus, si raggiunge il Colle di Gritta da cui si prevede la partenza del nuovo collegamento verso Vernazza. Per quanto riguarda i sentieri, invece, da Fegina si

vuole realizzare il nuovo collegamento che porta alla Sella De Bagari, già incrocio conosciuto dagli escursionisti, e affiancare al sentiero numero 590 – per Punta Mesco – una cremagliera per il trasporto di persone, con la finalità di rendere raggiungibile il punto di interesse anche agli escursionisti meno esperti, lungo un percorso dallo straordinario valore paesaggistico.

IL PROGETTO ARCHITETTONICO Addentrandosi meglio a scala progettuale, a seguito della bonifica dell’area si ci trova ad intervenire su di una superficie di circa 2400 metri quadrati. Le funzioni previste sono l’introduzione di servizi per la balneazione, un’area sportiva, un ristorante e un punto panoramico. I servizi per la balneazione sono previsti per appoggiare le attività delle vicine spiagge, con l’inserimento di un’infermeria e reception, dieci docce, dodici servizi igienici, due servizi igienici per disabili e due spogliatoi pubblici, per un totale di 280 metri quadrati. L’area sportiva si vuole integrare con il già esistente campo da calcetto. Si introducono quindi una piscina riscaldata e due campi da beach volley per un totale di 1160 metri quadrati. Il ristorante ha una superficie di 600 metri quadrati, mentre il punto panoramico ha una superficie complessiva di 3000 metri quadrati e comprende un percorso belvedere con gradonate e piscina in acqua di mare, due cornici – intese come inquadramento dei punti di interesse paesaggistico verso il mare – e tre sistemi binoculari. In particolare per la realizzazione del percorso si è dovuto intervenire nel riassetto del fondale marino con un ripascimento, cioè l’introduzione di un pennello sotto il pelo dell’acqua che protegga la struttura dalle correnti mari111


ne, provenienti da Sud Ovest. L’area sarà interessata anche dall’inserimento di aree attrezzate a verde, con le

essenze tipiche: pino marittimo, agave e oleandro.

5.5 L’UNIONE DEI COMUNI La linea strategica proposta coinvolge attività e ambiti dipendenti dai diversi Enti presenti sul territorio. Visti i presupposti, non si può che auspicarsi un coordinamento unitario di questi in modo da rendere partecipi tutti gli organi competenti di obiettivi proposti e generare una linea d’azione omogenea ed efficace. Spesso e volentieri, infatti, temi essenziali per una gestione più efficiente di una città o, come in questo caso, di un territorio, non riescono spesso ad essere nemmeno affrontati a causa di una mancanza di comunicazione fra le istituzioni. In questo luogo si sta parlando dei Comuni, dell’Ente Parco e della Società Agricola Cooperativa. In particolare si auspica la fusione amministrativa dei tre Comuni delle Cinque Terre, in linea con quanto sta avvenendo sull’intero territorio italiano.

CENNI La straordinaria frammentazione del territorio nazionale in migliaia di comuni - oltre 8000 nel 2103 - diversissimi tra loro per dimensioni, storia e popolazione residente, si è spesso rivelata infatti un’importante causa di spreco di denaro pubblico ed inefficienze nei servizi offerti alle comunità, parallelamente all’evoluzione socio-economica dei territori, Si pensi a difficoltà dovute a difficili condizioni locali, come le piccole comunità montane con estesi territori, ma anche diffusi episodi di scarsa competenza degli amministratori, miopi campanilismi 112

o, peggio, malversazioni o concussioni, che hanno causato negli anni una sensibile riduzione di efficienza dei comuni nel loro complesso, pur rimanendo una importante voce di spesa nel bilancio dello Stato. Già alla fine del secolo scorso la necessità di razionalizzare la struttura dell’amministrazione di base per ridurre gli sprechi ha portato a varare una serie di leggi e normative al fine di promuovere l’unione e successivamente la fusione dei comuni con meno di diecimila abitanti, inizialmente cinquemila, tremila se comunità montane, per aumentare o, perlomeno, mantenere l’efficienza dei servizi, tagliando le moltiplicazioni delle funzioni e relative spese ove fosse possibile, e valorizzare le risorse comuni (di gestione, economiche, turistiche, eccetera). La fusione deve comunque passare il vaglio del consenso popolare. Per chiarire i passaggi amministrativi necessari, parliamo di unione quando comuni contigui rimangono tali con sindaco e giunta, e viene individuato un Presidente scelto tra i sindaci e relativi assessori necessari a prendersi carico delle funzioni individuate come condivise. Quando, dopo una consultazione popolare, i comuni originari si fondono nel nuovo ente che avrà un solo sindaco ed una sola giunta si parla invece di fusione. Entrambe le soluzioni rispondono alla legislazione regionale. Il D.Lg. nº 267 del 2000 corregge un discreto numero di incongruenze con-


tenute nelle normative precedenti, ma rimangono in atto numerosi conflitti di tipo amministrativo e legale quali lo spostamento e le funzioni del personale coinvolto che rallentano vistosamente l’applicazione di questi accordi che sono comunque ormai indispensabili per assicurare anche alle realtà più piccole la fornitura di servizi alla pari con quelli assicurati a comunità maggiori. Il numero dei comuni italiani è calato per fusione da 8092 nel 2013 a 7982 nel 2017, mentre sono 492 al 2015 le unioni di comuni che interessano quasi dieci milioni di abitanti ma sono concentrate per la maggior parte nel Nord-centro Italia. Un’unione di comuni diventa comune unico dopo il decimo anno dall’atto costitutivo. La realizzazione delle unioni permette di creare delle economie di scala nel dimensionare i servizi e crea le condizioni per la sopravvivenza dei piccoli comuni che, pur mantenendo la loro identità, possono accorpare servizi al fine di ridurre i costi e ridurre le quote di spesa fisse per la gestione d’alcuni servizi. Quando si arriva a parlare di fusione dei Comuni, invece, ci si riferisce alla possibilità effettiva di fondere, cioè accorpare, due o più comuni contigui. Si tratta di un vero e proprio riordino territoriale, con gli stessi obiettivi delle unioni. Per quanto riguarda le Cinque Terre la situazione è complessa in quanto esistono o, almeno, esistevano fino al 2017, due unioni di comuni, ognuna delle quali accorpa sia comuni rivieraschi inseriti nel programma UNESCO sia comuni del territorio circostante: l’Unione dei Comuni delle Terre Verticali e l’Unione dei Comuni Cinque Terre-Riviera.

L’ UNIONE DEI COMUNI DELLE TERRE VERTICALI, 2014-2017 Formata nel 2014 dai comuni di Monterosso al Mare, Pignone, Riccò del Golfo di Spezia e Riomaggiore. Per statuto l’Unione si occupava di: - organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; - organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale; - catasto; - pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovra comunale; - programmazione in materia di difesa del suolo; - promozione turistica; - programmazione, la predisposizione e l’attuazione di progetto per il territorio; - organizzazione e gestione dei rifiuti e la riscossione dei relativi tributi; - progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini; - edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; - polizia municipale e polizia amministrativa locale e sicurezza sociale; - tenuta dei registri di stato civile e di popolazione; - servizi in materia statistica; - la comunicazione e l’informatizzazione.

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L’UNIONE DEI COMUNI CINQUE TERRE-RIVIERA, 2014 Formata nel 2014 dai comuni di Bonassola, Deiva Marina, Framura e Vernazza, di cui solamente quest’ultima è una località del comprensorio delle Cinque Terre. L’ente locale ha sede a Bonassola. Il primo presidente dell’Unione, eletto il 25 febbraio 2015, è Vincenzo Resasco. Per statuto l’Unione si occupa di: organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale; catasto; pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovra comunale; attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi; organizzazione e gestione dei rifiuti e la riscossione dei relativi tributi; progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini; edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; polizia municipale e polizia amministrativa locale; servizi in materia statistica.

locali di poco respiro ma diffusi tra la popolazione, sopravvalutando il sentimento d’interesse comune che avrebbe favorito i comuni dell’entroterra sfruttando l’effetto traino della zona costiera, inserimento nella lista UNESCO compreso. Il risultato è che ora Vernazza è un comune amministrativamente separato dagli altri quattro coi quali è vitale debba condividere modi e metodi di gestione di un flusso turistico ormai soffocante. Le piccole rivalità locali e gli interessi di bottega hanno creato nuovamente i presupposti per rendere estremamente difficoltosa la pianificazione delle risorse e la risoluzione di problemi evidenti.

UN’UNIONE AUSPICABILE

Sviluppi recenti

Alla luce di quanto detto precedentemente, riordinare le idee e mettere in atto la Fusione dei Comuni delle Cinque Terre è ormai una soluzione indispensabile per avere un futuro di prospettiva, per contribuire al raggiungimento di un necessario riordino istituzionale e per avere benefici in termini di razionalizzazione della pubblica amministrazione: servizi più efficienti e meno costosi, risparmi utili a ridurre le imposte locali e il favorire un sistema di competitività del territorio. A questo riguardo riportiamo la lettera che la Fondazione Manarola Cinque Terre ha inviato ai sindaci dei Comuni, per evidenziare che questa problematica non è sconosciuta alle istituzioni.

L’Unione delle Terre Verticali si è sciolta nel gennaio 2017, evidenziando la poca lungimiranza degli amministratori locali che hanno da un lato diviso i comuni rivieraschi senza tenere conto di reali esigenze legate all’omogeneità delle strategie da attuare per il loro sviluppo e la loro salvaguardia, sia a campanilismi

Ill.mi Sindaci dei Comuni delle Cinque Terre Invio la presente per rendere noto anche a Voi che la Fondazione Manarola Cinqueterre condivide l’opinione di quanti si sono espressi negli ultimi giorni a favore di una unione amministrativa dei

fonte: Wikipedia

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tre Comuni delle Cinque Terre. Siamo a conoscenza del fatto che le tre Amministrazioni stanno lavorando per individuare un percorso che consenta di raggiungere l’obiettivo della messa in comune di servizi pubblici fondamentali per le nostre comunità e che potrebbe rappresentare il primo passo verso soluzioni di aggregazione ancora piÚ avanzate ed auspicabili. Confidiamo nella Vostra volontà di lavorare per il bene comune delle Cinque Terre senza pregiudizi e condizionamenti di sorta. Distinti saluti. Manarola, 19-12-2014.

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CONCLUSIONI


UNO SGUARDO GLOBALE DOPO L’INTERVENTO Arrivate alla fine di questo percorso ci chiediamo come potrebbe essere lo stato del Parco in un futuro ipotetico in cui la Depressurizzazione è stata applicata. I numeri sono sotto controllo, l’entroterra è ben collegato e le visite si distribuiscono durante tutto l’anno. Ogni anno i rappresentanti di Comuni, Ente Parco e Società Agricola si riuniscono a Riomaggiore, dove hanno già sede gli ultimi due, per fare il punto della situazione e cercare di migliorare con una condotta che possa giovare al territorio comune. Assieme a loro, anche i portavoce dei residenti e dei lavoratori stagionali, dei quali gli organi amministrativi ascoltano e cercano di soddisfare i bisogni. Uno degli argomenti sempre affrontati è come decidere di distribuire tra le diverse attività i fondi che arrivano dall’Unione Europea, dalla Regione e dal crowdfunding dei privati cittadini. D’estate le stazioni ferroviarie continuano ad essere affollate, ma i turisti si disperdono rapidamente sul territorio grazie al nuovo sistema di collegamento. La segnaletica è migliorata e sanno già come muoversi; il numero di autobus disponibili è aumentato e possono decidere quando partire più velocemente; le strutture ricettive hanno creato in rete una piattaforma online, e sanno già dove andare. Chi alle Cinque Terre pratica solo la balneazione non si lamenta più degli sbarchi crocieristici, perché le corse sono state ridotte e limitate solo a certe ore del giorno. Per di più ora si può sbarcare anche a Corniglia, e questo fa in modo di avere una densità turistica minore sugli altri borghi. Chi arriva dalla Strada Provinciale con macchine o camper sa se e dove trovare parcheggio già all’ingresso del Parco, in prossimità cioè dei nodi di interconnessione. Sa anche che la tariffa oraria nel centro dei borghi sarà piuttosto alta, quindi potrà decidere se proseguire o se fermarsi e preferire uno dei percorsi alternativi che sono stati tracciati. Il turista che pratica trekking o usa la mountain bike, infatti, ha piacevolmente scoperto nuovi itinerari da percorrere sapendo, allo stesso tempo, che potrà trovare aree di sosta attrezzate. Parte quindi più alleggerito dal borgo, dove dovrà tornare se non la sera, per rientrare dopo una giornata di cammino. Lungo alcuni itinerari a volte si è un po’ stupito nel vedere gruppi di turisti, la maggior parte orientali, godersi il panorama mentre vengono trasportati da una sorta di trenino che si muove lungo una monorotaia. Ma ne aveva sentito parlare: è un nuovo sistema di collegamento previsto dal Parco verso i luoghi di interesse maggiori. Durante la passeggiata ha visto anche lavorare sui terrazzamenti un insieme di ragazzi guidati da un capomastro: c’era chi rifaceva i mu118


retti a secco, chi sistemava le viti, chi riordinava gli attrezzi. Ha saputo poi in seguito che si trattava di un tirocinio formativo offerto dalla Provincia di La Spezia. Più in là, un elicottero disboscava un’altra area di cui l’Ente Parco sta gestendo il recupero. Proseguendo ha salutato due turisti stranieri che stavano bevendo un caffè fuori da un piccolo edificio ristrutturato: vengono dall’Australia e sono in vacanza in Europa, gli dicono. Hanno scelto di utilizzare l’ospitalità dell’albergo diffuso perché consente loro di immergersi nella natura e nello spirito del luogo, e questo li rilassa. Più tardi andranno a controllare le viti dei terrazzamenti attigui accompagnati dal proprietario, che farà loro da guida. Nel borgo i turisti non mancano, ma i lavoratori sono abituati. Nonostante questo, la situazione sembra diventata più vivibile. Sarà perché alcune auto si fermano a monte, o perché molti turisti preferiscono alloggiare anche nell’entroterra, ma i ritmi di lavoro sono diventati anche più sostenibili. Per di più grazie alla nuova piazza, i flussi si sono spostati anche verso occidente e distribuiti durante l’anno: molti, infatti, hanno trovato un nuovo interessante luogo di sosta e di svago, che permette fra l’altro di godere del lungo mare anche durante la stagione invernale grazie alla piscina riscaldata. Il ristorante serve ai turisti accaldati il vino locale. Da un po’ di anni quando si parla di Cinque Terre non si pensa più solo alla costa. Tutto si è spostato anche un più in là, nell’entroterra.

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Prima del viaggio si scrutano gli orari, le coincidenze, le soste, le pernottazioni e le prenotazioni (di camere con bagno o doccia, a un letto o due o addirittura un flat); si consultano le guide Hachette e quelle dei musei, si cambiano valute, si dividono franchi da escudos, rubli da copechi; prima del viaggio s’informa qualche amico o parente, si controllano valige e passaporti, si completa il corredo, si acquista un supplemento di lamette da barba, eventualmente si dà un’occhiata al testamento, pura scaramanzia perché i disastri aerei in percentuale sono nulla; prima del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che il saggio non si muova e che il piacere di ritornare costi uno sproposito. E poi si parte e tutto è O.K. e tutto è per il meglio e inutile. E ora, che ne sarà del mio viaggio? Troppo accuratamente l’ho studiato senza saperne nulla. Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo Prima del viaggio, E.Montale

Entro Terra


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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFIA M. Augé, Disneyland e altri nonluoghi, Torino, Bollati Boringhieri, 1999 (trad. it. a cura di A. Salsano) M. Augé, Che fine ha fatto il futuro?: dai nonluoghi al nontempo, Milano, Elèuthera, 2009 (trad. it. a cura di G. Lagomarsino) M. Augé, Nonluoghi: introduzione a un’antropologia della surmodernità, Milano, Elèuthera, 2009 (trad. it. a cura di D. Rolland, C. Milani) B. Baldazzi, L’analisi dei flussi turistici: strumenti, fonti e metodi, Roma, Nuova Cultura, 2014 P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti: evoluzione del turismo europeo, Bologna, Il Mulino, 2009 A. Bianchi, La Spezia e Lunigiana: società e politica dal 1861 al 1945, Milano, Franco Angeli, 1999 I. Calvino, Le città invisibili, Torino, Einaudi, 1972 G. Clément, Giardini, paesaggio e genio naturale, Macerata, Quodlibet, 2013 (trad. it. a cura di G. Lucchesini) G. Clément, Manifesto del terzo paesaggio, a cura di F. De Pieri, Macerata, Quodlibet, 2005 H. Coccosis, A. Mexa, The Challenge of Tourism Carrying Capacity Assessment: Theory and Practice. New Directions in Tourism Analysis, Aldershot, Ashgate, 2004 G. Cullen, Il paesaggio urbano: morfologia e progettazione, introduzione di Pier Luigi Giordani, Bologna, Calderini, 1976 G. Dall’Ara, Manuale dell’albergo diffuso, Milano, Franco Angeli, 2010 R. Koolhaas, Delirious New York: un manifesto retroattivo per Manhattan, Milano, Electa, 2, (trad. italiana a cura di R. Baldasso, M. Biraghi) L. Macci, G. Villa, Note per una metodologia di analisi di settori urbani nei centri storici: esperienze di coordinamento, Firenze, Medicea, 1977 D. Pandakovic, A. Dal Sasso, Saper vedere il paesaggio, Novara, Città Studi, 2013 C. Ratti, Architettura Open Source: verso una progettazione aperta, con Matthew Claudel, Torino, Einaudi, 2014 S. Settis, Se Venezia muore, Torino, Einaudi, 2014 M. Torres, Luoghi magnetici: spazi pubblici nella città moderna e contemporanea, Milano, Franco Angeli, 2000 S. Vespasiani, Città stagionali: rigenerazione urbana oltre il turismo, Milano, Franco Angeli, 2014

RIVISTE Giancarlo Dall’Ara, New Tourists, in “AREA”, n. 141, pp. 12-21 Philips Walsh, Hit Delete, in “Landscape architecture magazine. The magazine of 123


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TESI CONSULTATE S. Armeli Iapichino, G. Mappa, Limes, limen: progetto di valorizzazione del Parco dell’Oreto, Università degli studi di Ferrara, corso di Laurea magistrale in Architettura, a.a. 2014-2015 G. Ceno, M. Massari, Ripensare la porta d’Europa: progetto di rigenerazione urbana e territoriale per l’isola di Lampedusa, Università degli studi di Ferrara, corso di Laurea magistrale in Architettura, a.a. 2011-2012 M. Cortese, La progettazione di paesaggi produttivi sostenibili nelle Cinque Terre, Università degli studi di Genova, corso di Laurea triennale in Tecniche per l’Architettura del Paesaggio, a.a. 2010-2011 M. Cortese, Riqualificazione “ex villaggio Europa”, Scuola Politecnica Milano – Torino – Genova, corso di Laurea magistrale interateneo in Progettazione delle Aree Verdi e del Paesaggio, a.a. 2012-2013 M. C. Fornari, N. Perazzelli, Terra madre : recupero del tessuto abitativo portoghese nella vale do ave a partire dalle attuali condizioni socio-economiche, Università degli studi di Ferrara, corso di laurea magistrale in Architettura, a.a. 2012-2013 L. Ravaglia, F. Terenzi, Sulle tracce della Palestina rurale, un territorio che scompare. Recupero del patrimonio culturale di ‘Ajjul, Università degli studi di Ferrara, corso di Laurea magistrale in Architettura, a.a. 2011-2012 G. Versari, La strada: elemento costitutivo dell’identità urbana. Progettazione di un sistema ciclabile per la città di Rimini, Università degli studi di Ferrara, corso di laurea magistrale in Architettura, a.a. 2013-2014

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www.istat.it www.landscapeunifi.it www.navigazionegolfodeipoeti.it www.new.sciacchetrail.com www.ontit.it www.parconazionale5terre.it www.polaris.irpi.cnr.it www.regione.liguria.it www.risposteturismo.it www.stelladilemmen.tumblr.com

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GRAZIE Al professor Emanueli e alla professoressa Dorato, che ci hanno accompagnato in questo percorso. Per tutte le volte che ci hanno chiarito le idee e ci hanno guidate verso la chiusura di questo lavoro. Per l’interesse e il rispetto che ci hanno sempre mostrato. Al professor Tondello, che ci ha mostrato come anche gli architetti possano progettare infrastrutture. A Matteo, che abbiamo conosciuto per caso e che ha accettato di incontrarci a scatola chiusa per raccontarci del suo lavoro. Per la sua disponibilità, per il supporto e la gentilezza. Alla Società Agricola Cooperativa. Al Presidente e a Sauro, per averci mostrato le Cinque Terre da un’altra prospettiva. Per averci accompagnate, durante una giornata di luglio, in un viaggio unico alla scoperta dei vigneti terrazzati e aver contribuito a dare una svolta al nostro lavoro. Per le chiacchiere alla cantina e per quel bicchiere di Sciacchetrà. Ad Euro Procaccini. Per essersi preso a cuore il nostro progetto fin dall’inizio ed averci aiutato in tutti i modi possibili. Per la sua disponibilità, il suo impegno e il suo entusiasmo. Grazie, di nuovo! All’Ufficio Tecnico di Monterosso, all’Ufficio Tecnico di Riomaggiore e al Parco Nazionale delle Cinque Terre. Per la loro disponibilità nel riceverci, reperire i materiali e nel darci informazioni, nonostante l’estate e il poco preavviso. A Maria Paola che, dal nulla, ha accettato di buon grado di condividere con noi la sua esperienza alle Cinque Terre tramite la fotografia. A Caterina e a Francesco e al loro preziosissimo, essenziale aiuto. A Meri, Elisa ed Elena e al loro supporto degli ultimi giorni.




Ai miei genitori. A mia mamma e ai suoi pacchi sempre uguali. Per tutto l’amore, in tutte le sue forme – ma sempre con qualcosa di più! A mio papà e alle telefonate d’emergenza. Per essere un punto fermo. Per non avere mollato. A Teresa e al nostro anno e mezzo. Per i viaggi in Liguria con muscoli e focaccia. Per i panini coi semini, la salsiccia passita e lo Jeger. Per i caffè. Per le due di notte in corso Porta mare e le nove di mattina in biblioteca. Per la comprensione e la voglia di farcela insieme, fin dall’inizio. Ad Anna. Per la musica, le confidenze sul terrazzino e gli abbracci. Per le risate dell’ultimo mese. Per esserci stata vicino ed aver condiviso con noi le nottate e, con me, il divano della Tere. Alle mie amiche di sempre. Perché noi siamo cambiate, ma non è cambiato niente. A Ilaria. Per avermi sempre sostenuta e incoraggiata. Perché ne abbiamo passate tante. Per la punteggiatura. Per avermi fatto conoscere, tra focacce ed ustioni, le Cinque Terre. A Francesca. Per l’intesa. Per condividere con me l’importanza di sogni e aspirazioni. Per la risolutezza nel convincermi. Perché so che ci sarà sempre. A Laura. Perchè non ci siamo dimenticate. Per aver superato le nostre scelte diverse. Per la concretezza. Per essere la mia speranza in città. A Noemi. Per aver capito e non aver dubitato. Per la sua determinazione e per la sua forza. Per la sua freschezza e la voglia di non essere come tutti gli altri. A Valentina. Per la fiducia cieca che ripongo in lei quando le scrivo. Perché se ci rivediamo, i nostri ricci si riconoscono. Per i sorrisi. A Mattia, Nadia e Camilla. Per aver affrontato insieme questo 2016 impertinente - e per aver deciso di affrontare anche i prossimi! A Mattia e alle parole sempre azzeccate. A Nadia e al nostro 26 di aprile. A Camilla e alla sua sensibilità. Alla crew. A Chiara, Martina, Elisa, Martina, Alessandra e Francesca. Per aver ascoltato, per aver capito e per avermi supportata. A Serena e Mariagrazia e a Zadina, sempre lì. Ad Elisa e all’autodifesa dalla vita. Ai ragazzi della FAF. A Gaia e alle nostre confidenze. Per la cucina, il divano di via Compagnoni, il Montenegro e tutto quello che vogliono dire. A Chiara. Per aver condiviso il delirio architettonico di questi anni. Per i pranzi del venerdì in giardino con Pongo. Perché il nostro agio è nel disagio! A Federica. Perché fra Parigi, il vino e gli uomini, ci capiamo. A Guido e ai giri per Ferrara alla ricerca di qualcosa da fare. A Corra e alla bike night. “Perché l’importante non è quello che trovi alla fine di una corsa, ma cosa provi mentre corri.” Perché ce l’abbiamo fatta – anche a tornare a casa!


MICHELA A Martina e al supporto in certi momenti difficili. A Vicenza e al terzo anno in cui ero sempre in casa vostra. Ad Andrea, per e nonostante tutto. All’India. Ad Elena, Carla, Elisa ed Helena per aver condiviso questa esperienza incredibile ed essere diventate Speziate insieme. Ai professori, una clock tower della facoltà. Al chai e al naan. A via Bellaria 36 e a tutto quello che ha visto passare. Per i ricordi impressi nelle pareti, sulle finestre, dentro la cucina e negli armadi. Per l’odore della primavera e lo sguardo verso il cielo dei lucernai. Per il riparo dalla canicola ferrarese. Per l’intimità delle notti di pioggia. Perché ho preso le chiavi e ho spento i fornelli. Per essere stato il luogo di tutto. Per l’amore reciproco. A Valeria e Graziano. Per essere stati i migliori padroni di casa. A Francesca e alla convivenza perfetta. A Casa Marmugi. Per aver reso indimenticabili i miei ultimi mesi a Ferrara. A Lucia. Per le coincidenze e quel caffè che mi ha cambiato prospettiva. A Ben. Per le sue cene e per le pause nel giardino d’inverno. Per le sue parole e la luce nei suoi occhi. Allo Zio. Per i suoi racconti, la sua sensibilità e la sua chitarra con dedica. Alla Zia. Per le chiacchierate sull’Italia e sulla vita, per la sua premura, per la sua dolcezza. Per il gin. A corso Porta Mare 93. Ad Anna, Elisabetta, Veronica e Gemma. Per averci ospitate ed essersi prese cura di noi in questi mesi di follia. A Ferrara e a tutto quello che significa. Per via della Ghiara, per piazza Ariostea, per via Saraceno. Per il castello, le mura, il sottomura e i mattoni. Per i palazzi in cui non siamo mai entrati – ancora! Per l’Apollo, i bar, i Bolognesi, la Darsena. Per il ritrovo alla Mel, il mercoledì davanti al duomo, la Mille Miglia, i Buskers. Per la tenerina, i ceci, i cappellacci, il gelato in Baluardi. Per le pizzate da Alice e il meloncello. Per le biciclette – soprattutto la mia –, anche quelle rubate. Per essersi lasciata conoscere, anche se un po’ alla volta. Per essere stata una speranza, per averla attesa, e per essere diventata, in questi cinque anni, casa. Alle coincidenze. Che non esistono. E al 2016. Perché è passato con una forza mai vista e ha spazzato via tutto. Ma ne siamo usciti, più forti. Grazie.





TERESA Grazie mamma, babbo, Cate, nonna Rosanna e nonna Giuliana! Per le torte, i cappelletti, la zuppa imperiale e per avermi sempre sostenuto! Grazie Montana! Grazie Tinabet! Grazie Veronique! Grazie Gemma di mare! Per la vostra pazienza infinita, per le cenette squisite, per volermi bene così come sono! Mi sono sentita a casa! Grazie Michi, in questi mesi sei stata una scoperta incredibile. Ci siamo divertite e abbiamo imparato a volerci bene! Più in là! Grazie Anna, per avermi fatto compagnia con la tua simpatia in tutti questi anni! Grazie Gino, per esserci sempre stato in questi anni! Grazie Meri, per la tua amicizia cresciuta in così poco tempo e già così vera e per l’incredibile ospitalità di casa Grosoli! Grazie Pietro, per la tua amicizia, la tua compagnia gigante nell’architettura e nella vita e per i gin tonic al wilson! Grazie Pacio, per la tua amicizia e per i pranzetti a casa Demaldè! Grazie Diogo, per le tue cene+film, per aver cucinato per noi nei giorni intensi e per avermi aiutato a scoprire il mondo delle essenze! Grazie Elena, Jack, Chiara. Grazie Niki, Cardo, Pol, Chiara, Ele, Gaddo, Taina, Marco, Ire, Fra Masin, Fede, Cami, Cippo, Yu. Grazie Bianca, Leti, Turro, Beppe, Brizia, Agne, Tommi, Angelo, Giulia, Mache, Tega, Alice.





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