Textile-Tech

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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE SCUOLA DI PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA CORSO DI DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN PROGETTAZIONE DELLA MODA “TEXTILE-TECH” TESI DI MICHELA SAVATTERI MATRICOLA 6787 RELATORE PROF. SERGIO PAUSIG A.A. 2017/2018



INDICE

Introduzione

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1.Disegni

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1.2 Prototipi

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1.3 La NASA e il progetto “ChainMail Fabric”

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1.4 Analisi del progetto

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1.5 Modellazione digitale 3D

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1.6 Stampa del prototipo

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1.7 Applicazioni finali del progetto

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2. Paco Rabanne e la cotta di maglia

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2.1 Le innovazioni tecnologiche e la stampa 3D

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2.2 La 3D Printed Fashion e i personaggi più importanti

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2.3 Il rapporto tra produzione artigianale e serialità

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2.4 Conclusione

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TEXTILE-TECH


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Il progetto Textile-Tech è la sintesi di evoluzione stilistica e innovazione tecnologica. Esso nasce dalla volontà di realizzare una moda ecosostenibile utilizzando le tecnologie all’avanguardia come la stampa 3D. La ricerca di materiali biologici applicabili all’abbigliamento trova nel PLA

(acido polilattico), dunque, il mezzo perfetto per la realizzazione del progetto. Il PLA, infatti, è un materiale biodegradabile termoplastico, derivato ​​da risorse rinnovabili come l’amido di mais o le canne da zucchero che, sintetizzato in filamento per la stampa 3D, permette la realizzazione di un prodotto di design ad impatto zero. Questo progetto, inoltre, vuole unire la modellazione grafica 3D a una delle più antiche tradizioni dell’umanità: l’uso del disegno geometrico. Esso, infatti, con la sua semplicità riprende in un certo senso lo schema ripetitivo dei mosaici e l’oro, con i suoi giochi di luci e ombre, è il colore che più di tutti rimanda alla bellezza maestosa dell’arte bizantina creando un forte senso di dinamismo all’intero progetto. La prima fase del lavoro si basa sulla progettazione di una struttura che sia resistente e al contempo flessibile. E’ caratterizzata da pattern geometrici semplici tenuti insieme da una composizione ad anelli, per essere utilizzata successivamente per la realizzazione di capi d’abbigliamento e accessori. Questo schema compositivo vuole rifarsi al concetto della cotta di maglia come in passato aveva fatto Paco Rabanne, utilizzando materiali moderni che proiettassero la moda nel futuro. Nella seconda fase, l’idea strutturale iniziale muta a favore di uno schema a tasselli simile a quello dei mosaici, in cui l’unione delle placchette tramite un sistema di aggancio ad anelli non sia visibile, rendendo la trama più fitta.

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Le caratteristiche di resistenza e flessibilità, comunque, vengono mantenute e in proiezione di realizzare una collezione moda si studia un aggancio che permetta alla struttura di essere cucita ai tessuti. Tramite l’analisi del progetto NASA

“ChainMail Fabric” e la successiva elaborazione grafica di una composizione ad intrecci “invisibili” si giunge, infine, alla realizzazione dell’ Textile-Tech. Questa tesi in conclusione vuole brevemente analizzare l’ esigenza dell’uomo di cercare costantemente nuove chiavi di espressione artistica e di come poterle applicare in vari campi, specialmente nella moda; le innovazioni tecnologiche contemporanee, dunque, diventano strumento artistico a favore di una visione proiettata verso il futuro, in cui ideologicamente si potrà rivoluzionare il concetto stesso di riproducibilità e fruibilità del prodotto.

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DISEGNI






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Struttura a placchette quadrangolari con rialzo 3x3 cm.


Vettoriale a colori.

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Struttura definitiva formata da placchette quadrangolari forate 3x3 cm.

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Particolare a colori di una placchetta da 1x1 cm.

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PROTOTIPI


Struttura a scaglie in cartoncino con aggancio ad anelli in acciaio color oro.

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Struttura a triangoli in cartoncino con aggancio ad anelli in acciaio color oro.

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Maglia formata da esagoni in cartoncino con aggancio laterale. Anelli in acciaio color oro.


Maglia formata da esagoni in cartoncino con aggancio angolare. Anelli in acciaio color oro.

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Placchette in cartoncino “Space Invaders“ con aggancio ad anelli in acciaio color oro.


Placchette quadrangolari in acetato e spray oro 3x3 cm con aggancio ad anelli in acciaio dorato.

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LA NASA E IL PROGETTO “CHAINMAIL FABRIC“


Fig. 1 Particolare del fronte e del retro della struttura “ChainMail Fabric“. Raul Polit Casillas in collaborazione con JPL. Archivio NASA, 2017.

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Fig. 2 Modellazione del “ChainMail Fabric”. Raul Polit Casillas in collaborazione con JPL. Archivio NASA, 2017. ____________________________________________ Immagine di apertura. Rendering del progetto “ChainMail Fabric“ Raul Polit Casillas per la NASA, 2017


Gli ingegneri della NASA hanno ideato nel 2017 una sorta di "tessuto spaziale" chiamato "ChainMail Fabric", basandosi sulla cotta di maglia medievale. Questa struttura particolare realizzata con la stampa 3D, è stata studiata per proteggere le navicelle dalle dure condizioni atmosferiche dello spazio. E' caratterizzata, sostanzialmente, da una serie di piastrine metalliche dotate di un meccanismo per la regolazione termica: dalla parte anteriore, infatti, le piastrine hanno il compito di riflettere la luce e dall'altra invece di assorbirla, aiutando a regolare la temperatura di qualsiasi superficie rivesta. A differenza della struttura medievale tenuta insieme da piccoli anelli in acciaio forgiato a mano, quest'ultima è collegata da un sistema di archi posizionati nella parte posteriore, rendendo il processo di realizzazione molto più semplice e veloce (fig. 1). La stampa in questo modo avviene di fatto in un unico blocco caratterizzato da una texture flessibile e resistente, permettendo così di essere manipolata in varie forme senza cedere (fig. 2). Questo progetto guidato da Raul Polit Casillas insieme al gruppo della NASA

Jet Propulsion Laboratory (JPL), risente fortemente dell'influenza della moda. Non a caso Raul Polit Casillas sin da piccolo è cresciuto intorno ai tessuti: figlio di una fashion designer spagnola, è sempre stato incuriosito da lla funzione dei materiali, dal loro utilizzo e dalle loro caratteristiche peculiari. Non è difficile immaginare dunque, l'idea che c'è alla base di questo "tessuto spaziale"; esso infatti ci rimanda alle creazioni di Paco Rabanne e alla Space-Age Fashion, mettendo la storia della moda al servizio della scienza. La stampa del “ChainMail Fabric”, infine, è definita da Casillas come una stam-

pa quadridimensionale, in cui si assiste non solo alla creazione fisica del progetto ma anche alla sua creazione funzionale, mediante la scelta di materiali dalle caratteristiche specifiche. Egli stesso affermerà: “se il XX secolo è stato quello della produzione di massa, questo è il secolo della produzione funzionale”.

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ANALISI DEL PROGETTO


Fig. 3 Misurazione di una sezione della maglia “ChainMail Fabric”. Fig. 4 Rappresentazione in vettoriale di un singolo modulo suddiviso in quattro sezioni.

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Immagine di apertura: Stampa 3D in acciaio del progetto “ChainMail Fabric” Raul Polit Casillas per la NASA, 2017. Particolare della trama anteriore e posteriore.

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Il ChainMail Fabric, data la sua struttura incredibilmente versatile, si adatta ad una vasta gamma di potenziali applicazioni, spingendosi anche al di là del contesto spaziale. Le sue caratteristiche peculiari, come abbiamo visto, riprendono quelle della cotta di maglia e, proprio per questo motivo, rappresentano un punto di svolta nel progetto Textile-Tech. Analizzando la sua composizione strutturale è immediatamente intuibile come poter riprodurre il disegno, dividendo un singolo modulo in quattro sezioni (fig. 3-4). Ogni modulo è composto dall' unione di figure geometriche semplici che si intrecciano fra loro, creando una trama complessa di agganci. La base è composta da un quadrato di 1x1 cm su cui poggiano delle linee curve spesse 2 mm. Quest'ultime si intrecciano seguendo uno schema ben preciso, che prevede la presenza di otto segmenti che si intersecano tra loro, partendo dagli angoli della base quadrangolare (fig. 5 pag. 38). Se si suddivide il modulo in quattro parti, si noterà come le suddette linee siano composte in due modi differenti. Per ogni angolo, infatti, partono due segmenti: uno caratterizzato da una lunghezza maggiore e un angolo di curvatura più ampio e uno più corto e con un angolo di curvatura decisamente inferiore. I segmenti lunghi si congiungono fra di loro al centro della struttura, formando un disegno a spirale (fig. 6-7 pag. 38); quelli più corti, invece, si uniscono alla superficie toroidale sovrastante, che con la sua forma a ciambella permette ad una texture così complessa di essere facilmente cucita a un tessuto (fig. 8 pag. 38). Da questa analisi dunque si evince quanto questo tipo di struttura si presti alla progettazione di borse, abiti, copricapo e persino gioielli, modellando le forme a secondo dei tagli desiderati.

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Fig. 5 Costruzione di un segmento con angolo di curvatura maggiore.

Fig. 7 Visione dall’alto della convergenza dei quattro segmenti di curvatura maggiore.

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Fig. 6 Rappresentazione dei quattro segmenti lunghi e costruzione della figura toroidale in cima.

Fig. 8 Aggiunta dei segmenti con angolo di curvatura minore.


Partendo da queste valutazioni strutturali si è passato infine all’elaborazione concreta di un modello digitale 3D tramite l’ausilio del software Rhinoceros, permettendo così la stampa del prototipo. Per la sua realizzazione è stata utilizzata una stampante a deposizione fusa modello Easy 3D e un filamento plastico biodegradabile bianco, in una prima fase laccato oro e successivamente mantenuto del suo colore originale. Questa scelta non è casuale: se da un lato l’ oro impreziosisce il materiale di base con i suoi giochi di luci ed ombre e richiama la forza delle armature, dall’altro si mette in evidenza la parte composita del retro della maglia abbinata al colore bianco, per riproporre la leggerezza e il candore del pizzo simbolo per eccellenza della femminilità. Il binomio “forza-leggerezza” che anche Paco Rabanne ricercava nelle sue creazioni aquisisce qui, dunque, un aspetto ancora più concreto: dalla medesima composizione strutturale si assiste ad una commistione di rigidità e morbidezza, high-tech e tradizione, concreto ed etereo, diventando espressione massima della femminilità in cui ogni donna può rispecchiarsi, tra determinazione e dolcezza.

Visione strutturale finale di una singola sezione.

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MODELLAZIONE DIGITALE 3D


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Disegni in vettoriale di un modello 3x3cm. Visione posteriore.


Visione laterale e anteriore.

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Rendering di una maglia 10x10 cm. Vista a 3/4 del davanti.


Rendering di una piastra 10x10 cm. Vista frontale del retro.

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Rendering di una maglia 10x10 cm di colore bianco. Vista a 3/4.

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Rendering di una maglia 10x10 cm di colore bianco. Vista frontale.

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LA STAMPA DEL PROTOTIPO


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Stampa del prototipo 10x10 cm in acido polilattato (PLA). Filamento bianco e oro spray.


Modellazione # 1 della piastra 10x10 cm color oro.

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Modellazione # 2 della piastra 10x10 cm color oro.


Modellazione # 3 della piastra 10x10 cm color oro.

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Modellazione # 4 della piastra 10x10 cm color oro.


Modellazione # 5 della piastra 10x10 cm color oro.

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Stampa del prototipo 10x10 cm in acido polilattato (PLA). Filamento bianco.


Modellazione del prototipo 10x10 cm di colore bianco.

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Congiunzione dei prototipi in PLA bianco (particolare).


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APPLICAZIONI FINALI DEL PROGETTO


Fig. 11 Ritratto di Adele Bloch-Bauer. Gustav Klimt, 1907.

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La nascita di questo progetto di tesi ha dato vita nella fase finale a un mood su cui poter sviluppare due collezioni, utilizzando la trama della maglia da due punti di vista differenti. Nel primo giacche e spalline dal gusto rock, vestiti lunghi e fascianti e accessori luccicanti delineano una donna elegante e forte, sofisticata ma anche aggressiva. L’ oro vuole richiamare le tessere dei mosaici bizantini della Sicilia normanna e le opere di Gustav Klimt, in cui le diafane figure femminili indossano lunghi vestiti color oro, trasmettendo regalità ed eleganza (fig. 11). Questi due soggetti ripresi da tantissimi stilisti nel corso degli anni (fig. 12-13 pag. 64), acquisiscono nel Textile-Tech una forma tridimensionale, diventando materia solida e dalle mille sfaccettature date dai giochi chiaroscurali che si vanno a creare sulla superficie. Nella secondo mood invece viene valorizzata la trama di intrecci del retro della struttura che, con la sua complessità, assume l’aspetto di un vero e proprio ricamo. La scelta di colori tenui come il bianco e le tonalità pastello insieme alla composizione visiva della trama rendono un materiale solido come il PLA morbido e leggero come il pizzo, unendo tradizione ed evoluzione stilistica.

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La progettazione grafica dei modelli è stata interamente realizzata tramite il supporto digitale, dalla realizzazione del cartamodello alla creazione del figurino. Marvelous Designer è, a tal proposito, uno dei software più utilizzati dai fashion designers, in quanto si presta più di qualunque altro per la realizzazione di figurini e modelli tridimensionali. Esso infatti, ha molteplici strumenti che permettono di delineare un capo d’abbigliamento in ogni minimo dettaglio, dalla cucitura agli accessori, dal taglio di un modello sul piano al drappeggio sul modello 3D, dando la possibilità di riprodurre un abito esattamente come nel processo sartoriale. Funzioni come l’imbastitura, lo stiro e l’inamidatura sono solo alcuni esempi di ciò che questo software può offrire, permettendo così di realizzare e modificare qualsiasi progetto direttamente in digitale. Il programma inoltre permette una simulzione di “sfilata” in cui poter ammirare la propria creazione come se fosse su una reale passerella, dando così la possibilità al designer di apportare eventuali modifiche nel capo vedendolo indosso ad una modella in movimento. Nelle pagine che seguono vedremo la modellazione digitale 3D mediante il software Marvelous Designer di un gilet in colore bianco interamente realizzato con la trama posteriore del Textile-Tech, la sua rappresentazione sul piano, in carta e sul manichino.

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Fig. 12 (in alto) Dolce & Gabbana hanno lanciato nel 2013 una collezione pret a porter ispirata ai mosaici bizantini di Monreale e Venezia. Vogue, 2013. Fig. 13 (in basso) Andreea Diaconu, Bianca Balti e Kate King indossano gli abiti e gli accessori della collezione autunno-inverno di Dolce & Gabbana ispirata ai mosaici bizantini. Essi seppur semplicemente stampati su tessuto danno un aspetto dinamico e tridimensionale agli abiti grazieai colori e ai giochi di luce che l’oro crea.

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Modellazione digitale 3D di un gilet realizzato col retro della trama Textile-Tech di colore bianco. Visione frontale.


Modellazione digitale 3D di un gilet realizzato col retro della trama Textile-Tech di colore bianco. Visione laterale destra.

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Modellazione digitale 3D di un gilet realizzato col retro della trama Textile-Tech di colore bianco. Visione posteriore.


Modellazione digitale 3D di un gilet realizzato col retro della trama Textile-Tech di colore bianco. Visione laterale sinistra.

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Modellazione digitale 3D di un gilet realizzato col retro della trama Textile-Tech di colore bianco. Particolare della parte anteriore.


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Modellazione digitale 3D di un gilet realizzato col retro della trama Textile-Tech di colore bianco. Particolare della visione posteriore.


Pochette Textile Tech realizzata col software Rhinoceros.

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Realizzazione del cartamodello del gilet Textile Tech col software Marvelous Designer.

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(A destra) Gilet “effetto crochet� costruito in digitale.



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Gilet “effetto crochet“ costruito in digitale. Visione posteriore.


Modello in carta del gilet e applocazione della trama. Visone frontale e laterale.

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PACO RABANNE E LA COTTA DI MAGLIA


Fig. 9 “Vega 200”. Victor Vasarely, 1968. Fondation Vasarely, Aix-en-Provence.

Fig. 10 “Swimsuit“. Andre Courreges, 1968. Foto di Richard Avedon, Vogue Italia.

__________________________________ Immagine di apertura:

Collezione “Twelve Unwearable Dresses in Contemporary Materials”.

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Paco Rabanne, 1966. Foto di Gunnar Larsen.


Negli anni Sessanta si vive un periodo denso di fermenti rivoluzionari: ci si interroga su tutti gli aspetti della vita politica, sociale e culturale e sul futuro, nella spasmodica ricerca di una visione alternativa dell’esistenza. Nel campo delle arti figurative si sviluppa un nuovo modo di esprimere concretamente queste esigenze attraverso l’Op Art (Optical Art), che per le nuove generazioni di creativi aderisce perfettamente al desiderio di trovare nuovi mezzi di comunicazione visiva rappresentando una decisa presa di distanza dal conformismo agli schemi precedenti (fig. 9). L’Op Art ha come principale campo di ricerca l’illusione ottica e l’impressione plastica del movimento, attraverso il quale coinvolge l’osservatore in un gioco di dinamismo espresso tramite l’utilizzo di forme geometriche semplici, costruite secondo pattern ripetitivi (fig. 10). Il textile design dunque, dalla metà degli anni Sessanta, assume nella moda un ruolo fondamentale rivoluzionando il concetto stesso di quest’ultima. Questa corrente artistica si lega in perfetta sintonia con la filosofia “geometrica“, ottimistica e futuristica del periodo storico in cui si sviluppa: il boom economico che porta per la prima volta dopo tanti decenni di guerre e difficoltà a pensare a un mondo migliore, da vita alla moda spaziale, una moda per i giovani del futuro in cui gonne corte, miniabiti e scarpe piatte in plastica e vinile nei colori bianco o argento sono destinati a donne e uomini "astronauti", moderni nel pensiero e liberi nei movimenti. Pierre Cardin e André Courréges sono i due stilisti che segnano più di tutti la moda giovanile in questi anni e vengono considerati i padri dello Space Age Look, stile audace e innovativo ispirato al primo sbarco dell’uomo sulla luna. (fig. 11-13 pag. 82) Si affianca al concetto di singolarità del modello estetico quello di ripetività e, nella moda, l’haute couture viene messa da parte a favore della produzione in serie del prêt-à-porter.

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Fig. 11 Vestito spaziale ispirato all’opera optical di Bridget Riley “Pause“. Jean Shrimpton per Harper’s Bazaar. Foto di Richard Avedon, 1965.

Fig. 12 “Evening Mod Dress”. Lanvin, 1966.

Fig. 13 Jane Fonda in Barbarella indossa la “Space Suit“ by Paco Rabanne. Foto di David Hurn, 1968.

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Inoltre, in questi anni, si registra anche un mutamento dell’ideale estetico fem minile: non vanno più le donne formose e sofisticate degli anni Cinquanta ma ragazze giovanissime, molto magre e minute. In questo contesto storico di rivoluzioni e fiducia nel futuro Francisco Rabaneda Cuervo, meglio conosciuto come Paco Rabanne, si fa strada nel mondo della moda. L’idea alla base delle sue creazioni sta in una precisa volontà di democratizzazione di quest’ultima unita a un forte gusto per la provocazione. Egli scardina ogni criterio fino a quel momento adottato per la realizzazione di capi d’abbigliamento, scegliendo di adoperare materiali moderni e plastici mai utilizzati prima nell’ambito del fashion design. I suoi studi per diventare architetto sono alla base dell’idea unica e singolare di vestire la donna con materiali nuovi ed inusuali: il metallo, la carta e la plastica diventano i materiali principali da utilizzare nelle sue collezioni, sostituendo i tessuti tradizionali per la confezione degli abiti (fig. 14). Placchette dorate, metalliche, colorate e tintinnanti quindi aderiscono al corpo femminile rivestendolo di una corazza. Strette maglie si intrecciano abbracciando e delineando le forme del corpo a sottolineare una sensualità “extra-terrestre”, che affonda le sue radici nella struttura dall’armatura medievale (fig. 15-16pag. 84-86). La cotta di maglia ha una valenza fortemente simbolica nella moda di Paco Rabanne, proprio perchè la donna di quegli anni è una rivoluzionaria, una guerriera, che guarda al futuro combattendo per i propri diritti e seduce con abiti corti, attillati e scintillanti (fig. 17 pag. 38). Negli anni Sessanta la liberazione della donna, infatti, trova il massimo dell’espressione nella moda di Mary Quant che inventa la minigonna, corta e sensuale. Paco Rabanne inizia il suo percorso nel 1963 con una linea di orecchini e di bottoni in plastica che realizza per Givenchy e Balenciaga, maison per cui sua madre lavorava coma sarta. Ma sarà l’anno successivo, il 1964, a decretare la sua fortuna.

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Fig. 14 Paco Rabanne immortalato nella lavorazione di un abito mentre taglia un foglio di lamiera. A fianco la modella Corinne Piccoli indossa una cotta di maglia realizzata dallo stesso Rabanne. Getty Images Archive, 1968.

Fig. 15 Mina indossa un abito interamente composto da piastrine metalliche della collezione “Twelve Unwearable Dresses in Contemporary Materials�. Paco Rabanne, 1966.

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Quell’anno, infatti, apre la sua casa di moda e crea la sua prima intera collezione: gli abiti realizzati non necessitano l’utilizzo di strumenti sartoriali tradizionali come ago e filo, bensì di pinze e ganci, in cui placchette in rhodoïd, un materiale plastico rigido ma allo stesso tempo versatile che può essere tagliato in moduli geometrici e lavorato con gran facilità, sono tenute assieme da anelli metallici. La sua viene considerata, dunque, sin da subito una moda d’avanguardia, certamente poco pratica ma dal forte impatto visivo (fig. 18-19 pag. 87). Le sue collezioni futuristiche, non vogliono affascinare ma shockare e la collezione “Twelve Unwearable Dresses in Contemporary Materials” (“Dodici vestiti immettibili in materiali contemporanei”), può essere considerata l’ esempio di massima espressione di questo pensiero. I capi che caratterizzano la collezione si rifanno alle armature del Medioevo, in cui mini abiti caratterizzati da piastre metalliche e dalla trama larga fanno intravedere le forme del corpo, a cui vengono abbinati copricapi che riprendo le forme degli elmi. Come suggerisce il nome stesso della collezione, lo scopo di Rabanne non è dunque quello di realizzare dei capi comodi, ma descrivere una moda futuristica, che cammini di paripasso con le ideologie moderne di quegli anni. Nessuno prima di Paco Rabanne aveva pensato di utilizzare delle maglie metalliche nell’abbigliamento al di fuori del contesto bellico ed è proprio questo motivo a rendere la sua moda assolutamente unica nel suo genere. Pur suscitando un forte entusiasmo tra le star del cinema come Elizabeth Taylor, Audrey Hepburn e Brigitte Bardot, la madre della moda pratica Coco Chanel lo critica aspramente definendolo “metallurgico” e non sarto, definizione che ironicamente oggi ha assunto un’accezione assolutamente positiva e che viene utilizzata per descrivere la peculiarità che ha reso famoso lo stilista. Il gioco visivo delle bluse di Mary Quant, i vestiti a stampe psichedeliche di Valentino e le strutture geometriche di Rabanne, infine, creano una sensazione di movimento tridimensionale che ancora oggi viene riproposto nel textile design, nella costante ricerca di nuove soluzioni stilistiche e compositive.

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Fig. 16 “Coat Mail Dress”. Paco Rabanne, 1969. La donna indossa una vera e propria armatura che riprende l’ abbigliamento bellico medioevale, completata da una calotta piumata che richiama gli elmi dei condottieri.

Fig. 17 Anche nel film futuristico Barbarella è evidente l’influenza che il Medioevo ha nella scelta stilistica di Paco Rabanne. Nella foto Jane Fonda indossa un mini abito in rhodoid sui toni del verde. Paco Rabanne, 1968.

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Per questo motivo la moda degli stilisti degli anni Sessanta e Settanta rimane tutt’ ora attualissima: il textile design, basato sulla costruzione di disegni geometrici semplici dallo schema ripetitivo ha origini antichissime e affonda le sue radici nello studio della natura, in cui ogni singolo elemento è inscrivibile in una forma geometrica semplice. Fig. 18 Donyale Luna, la prima modella di colore della storia, indossa l’iconico “Linked Disc Dress” by Paco Rabanne. Vogue, 1966.

Fig. 19 Due modelle indossano altre due vaianti del “Linked Disc Dress”. Paco Rabanne. Vogue, 1966.

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LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E LA STAMPA 3D


Fig. 20 “La Casa Danzante”, Praga. Vlado Milunić e Frank Gehry,

Fig. 21 Bund Finance Centre (BFC), Shangai. La facciata del palazzo è caratterizzata da tre cortine di canne simili a quelle di un organo che si muovono creando speciali effetti ottici andando a tempo di musica. Norman Foster e Thomas Heatherwick, 2017.

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Immagine di apertura: “Spider Dress 2.0”, Anouk Wipprechts per Intel Edison, 2015 Stampa 3D per sinterizzazione laser. L ’ abito composto da un animatronic riprende le fattezze di un aracnide che si muove in funzione di ciò che prova chi lo indossa. Esso reagisce alle emozioni e i desideri tramite dei sensori termici, diventando quasi un’ “armatura personale”.

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In un'epoca in cui la sperimentazione artistica sembra essersi apparentemente fermata, la tecnologia sta compiendo passi avanti approdando nei settori piÚ disparati: dall'architettura all'ingegneria, dalla medicina alla moda. La storia ci parla nei secoli della fiducia dell'uomo nel progresso e delle visioni futuristiche legate al tempo in cui vive, ma saranno le innovazioni scientifiche e tecnologiche degli anni Settanta a gettare le basi per quella che oggi viene definita "generazione high-tech". La fiducia nel futuro data dallo sbarco sulla luna alla fine degli anni Sessanta, le innovazioni della tecnologia militare e la crescita dell'ingegneria elettronica, insinuano nelle menti delle persone che qualsiasi cosa può essere realizzata con lo sviluppo tecnologico. Nasce cosÏ la high-tech architecture, un movimento architettonico volto a manifestare la tecnologia applicata all'edificio. Prendendo spunto dalle strutture geometriche del Modernismo la high-tech architecture si differenzia da quest'ultimo a favore di un nuovo modo di concepire gli spazi. L'edificio, infatti, diventa oggetto non prettamente funzionale ma anche di design, in cui la struttura esterna non deve rispecchiare obbligatoriamente gli spazi interni (fig. 20). Oggi la sintesi di questo movimento sono certamente i cosiddetti "kinetic

buildings", edifici "intelligenti" che cambiano addirittura il loro aspetto esterno tramite l'energia eolica, quella fotovoltaica o tramite impulsi elettrci (fig. 21). Parallelamente lo sviluppo dell’ingegneria informatica ha portato nel tempo a rivoluzionare completamente la nostra vita; la nascita e lo sviluppo di nuovi software ha portato il design in una nuova era e i programmi di modellazione

digitale 3D, oggi, non sono strumenti utilizzati esclusivamente da ingegneri e architetti ma sono diventati alla portata di tutti.

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Fig. 22 Primo esempio di stampante 3D, 1986. L’ ingegnere Chuck Hull inventa un metodo per creare oggetti solidi da successivi strati induriti di polimero liquido fotosensibile colpito da luce ultravioletta. Chiama questo processo “stereolitografia�. Fig. 23 Esempio di una stampante 3D contemporanea per uso domestico. Stampante FDM, modello Micro3D Pro. M3D, 2016.

Fig. 24 Esempio di stampante SLS. Modello wireless, collezione VIT. Natural Robotics, 2017.

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In questo contesto la stampa 3D può essere considerata l’esempio cardine della

generazione high-tech. Essa infatti, seppur nata negli anni Ottanta, è diventata economicamente accessibile solo a partire dal 2009, inserendosi nel mondo delle aziende e degli uffici fino ad approdare al mondo domestico (fig. 22-23). La stampa 3D non è altro che la realizzazione di oggetti tridimensionali partendo da un modello digitale 3D. Quest’ultimo, prodotto con software appositi per la grafica tridimensionale, viene successivamente elaborato per essere poi realizzato, strato dopo strato, con una stampante 3D. Essa offre la possibilità di stampare e assemblare parti composte da diversi materiali con diverse proprietà fisiche e meccaniche in un singolo processo di costruzione e può assumere caratteristiche differenti a secondo del processo di stampa che si vuole adottare. Esistono infatti vari metodi di stampa 3D: la sinterizzazione laser (SLS), la

modellazione a deposizione fusa (FDM) e il Digital Light Process (DLP). La prima, come suggerisce il nome stesso, utilizza un raggio laser che fonde con precisione delle polveri sinteriche creando prototipi anche di grandi dimensioni e molto resistenti, adatti nell'ambito medico e nella produzione di parti meccaniche e soggette ad alte temperature come, ad esempio, nel settore automobilistico. La modellazione a deposizione fusa (Fused Deposition Modeling), invece, è una tecnologia che rilascia il materiale su strati: un filamento plastico o un filo metallico è srotolato da una bobina, che fornisce il materiale ad un ugello di estrusione, con il quale è possibile gestire il flusso. L'ugello è riscaldato per poter sciogliere il materiale e può essere guidato sia in direzione orizzontale che verticale seguendo il percorso tracciato da un software. Nel Digital Light

Processing (DLP), infine, una vasca di polimero liquido è esposto alla luce di un proiettore in condizioni di luce inattinica (la medesima che si utilizza in fotografia); in questo modo il polimero liquido esposto alla luce si indurisce. Attualmente le stampanti 3D più diffuse sono le FDM, ovvero quelle per estrusione, per la varietà di scelta dei filamenti da poter utilizzare per la stampa a seconda delle proprie esigenze (fig. 24-25 pag. 92-94).

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Fig. 25 Esempio di stampante DLP. Modello Solus. Reify 3D, 2017.

Fig. 26 Elafantino stampato in Wood PLA.

Fig. 27 Adidas Futurecraft 4D. Modello da corsa. Adidas, 2018.

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La tipologia e la qualità del filamento possono portare di conseguenza a molteplici risultati di resa della stampa e determinare le diverse proprietà meccaniche, fisiche ed ottiche del prodotto: resistenza, durezza, flessibilità, fluidità di stampa, resa cromatica, grado di opacità, semitrasparenza, trama e finitura superficiale possono influire positivamente o negativamente sul prodotto finale. Le due principali tipologie di filamento che si utilizzano nella stampa 3D sono il PLA, una bioplastica a base di acido polilattico ricavato da amidi vegetali, biodegradabile e a basso impatto ambientale e l’ ABS, un filamento molto duro e resistente ottenuto dalla polimerizzazione di acrilonitrile, butadiene e stirene. Esso, derivato da combustibili fossili, possiede delle proprietà meccaniche che lo rendono ideale per usi professionali e per la stampa di oggetti robusti e resistenti e che possono essere sottoposti a temperature elevate. La volontà di riprodurre in maniera più verosimilie possibile i materiali più disparati nella stampa 3D ha portato negli anni alla creazione di alcune tipologie di PLA dalle caratteristiche interessanti. Il Wood PLA, ad esempio, è un filamento termoplastico che possiede le stesse caratteristiche di base del PLA normale; l’unica differenza è l’aggiunta al suo interno di microparticelle e fibre di vero legno e sughero, che permettono alla plastica di assumere un aspetto simile a quello del vero legno (fig. 26). Un’altra tipologia di filamenti innovativi e rivoluzionari che stanno aprendo il mondo del 3D printing a nuovi campi di applicazione sono il NinjaFlex e il FlexiFil: grazie alla loro composizione a base di PLA ed elastomeri termoplastici, riescono a produrre oggetti estremamente flessibili ma al contempo molto resistenti, con proprietà fisico-meccaniche del tutto analoghe alla simil-gomma. Specialmente nell’ambito della moda questo tipo di materiale sta prendendo sempre più piede, non solo nelle collezioni avantgarde degli stilisti emergenti, ma anche tra le grandi case di moda come Victoria’s Secret e Adi-

das. Quest’ultima, infatti, ha lanciato quest’ anno una collezione di calzature realizzate mediante la stampa 3D chiamate “Futurecraft 4D”, caratterizzate da una suola costruita per intrecci che rendono l’intera struttura della calzatura flessibile e leggera (fig. 27).

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Fig. 28 Particolare della struttura della suola. Adidas Futurecraft 4D, 2018.

Fig. 29 Protesi realizzata interamente con la stampa 3D.

Fig. 30 Un gruppo di ingegneri aerospaziali testa la stampante 3D “Made in Space� per il progetto AMAZE. Archivio NASA, 2014.

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La particolarità di questo prodotto è la soletta intermedia, ottenuta tramite la

“Digital Light Synthesis”, un nuovissimo metodo di stampa basata sulla procedura “CLIP” (Continuous Liquid Interface Production) messo a punto dall’azienda statunitense Carbon (fig. 28). Si tratta sostanzialmente di una resina polimerica fotosensibile allo stato liquido, dalla quale si ottiene la forma desiderata mediante la proiezione di una luce ultravioletta. Questo processo è molto più accurato e più veloce rispetto alle tradizionali tecniche additive basate sull’impiego di filamenti in PLA o ABS. Partendo da questi presupposti si può iniziare a comprendere perchè la stampa 3D nell’era contemporanea è considerata una svolta importante. La sua applicazione nei settori più disparati ha alimentato sempre più l’idea che sia il mezzo del futuro per eccellenza. Questo perchè oltre che nell’ambito della moda e nella produzione di oggettistica di piccole dimensioni, in questi ultimi anni è stata utilizzata in innumerevoli settori. In medicina, ad esempio, viene adoperata per la realizzazione di protesi, attrezzatura medica e ricostruzioni di arti personalizzate (fig. 29); l’ingegneria aerospaziale, oltre al progettare costantemente componenti nuove da utilizzare nello spazio e da realizzare interamente con la stampa 3D, ha dato vita nel 2013 al progetto AMAZE (Additive Manufacturing Aiming Towards Zero Waste and Ef-

ficient Production of High-Tech Metal Products), per portare la stampa 3D nello spazio e poter stampare autonomamente pezzi di ricambio metallici in loco, riducendo i costi e minimizzando gli sprechi di materiale (fig. 30). Ad ogni modo le applicazioni che attualmente destano più interesse, sono quelle che proiettano l’uomo in un ipotetico futuro high-tech, un sentimento collettivo che richiama per certi versi quella fiducia tipica che troviamo nella “Space Age” degli anni Settanta: la stampa 3D per uso alimentare e la stampa 3D applicata all’architettura. La stampa per uso alimentare è in pieno fermento sia in Italia che all’estero, tanto che negli Stati Uniti sono già stati aperti alcuni ristoranti che preparano cibo solo mediante l’utilizzo di stampanti 3D (fig. 31-32 pag. 98).

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Fig. 31 Stampante 3D per uso alimentare utilizzabile per la realizzazione di panacke, cioccolato, dolci e cibi guarniti con salsa di pomodoro. Modello “Delta Desktop 3D Food Printer”. MMUSE, 2015. Fig. 32 Chloé Rutzerveld, studentessa di design industriale all’università di Eindhoven, con la sua creazione “Edible Growth”, una stampante con cui creare degli antipasti vegetali.

Fig. 33 Stampa di una tipologia di pasta. Concorso Barilla Food Design, 2014.

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La Barilla, inoltre, nel 2014 ha indetto un concorso indirizzato ai food designer di tutto il mondo per creare dei modelli di pasta unici da realizzare mediante la stampa 3D: l’azienda infatti aveva presentato lo stesso anno un nuovo prototipo di stampante la quale, utilizzando degli ingredienti contenuti all’interno di una cartuccia, è in grado di stampare la pasta fresca impastando acqua e semola di grano duro. Tale prototipo si pensa potrà essere utilizzato in ambito domestico o all’interno di ristoranti o aziende nel futuro immediato (fig.33-34 pag. 98-100). Dal punto di vista architettonico, invece, sono stati in molti in tutto il mondo negli ultimi anni a voler cimentarsi nella realizzazione di abitazioni completamente realizzate mediante la stampa 3D, ma spesso il risultato finale era poco stabile e ancora troppo grezzo per poter pensare realmente di poter essere agibile e abitabile. Nel 2017 la società russa Apis Cor ha creato una stampante 3D in grado di realizzare un’abitazione completa di 37 metri quadri per meno di 10.000 dollari in sole 24 ore (fig. 35 pag. 100). Si tratta di una stampante 3D con un estrusore che espelle cemento collegato ad una gru: la sua testa rotante permette alla stampante di lavorare girando attorno alla costruzione, raggiungendo ogni punto. La casa è interamente in cemento e secondo l’azienda è costruita per durare almeno 175 anni (fig. 36 pag. 100). La particolarità che differenzia questo tipo di cotruzione da tutte le sperimentazioni fatte in passato è che attualmente è l’unica capace di lavorare direttamente sul terreno da edificare; le altre stampanti che vengono utilizzate oggi per scopi edilizi sono in grado di stampare solo singoli pezzi e componenti che vengono assemblati in un secondo momento alla struttura di base. L’interrogativo finale che ci si pone davanti, è dunque se nell’era contemporanea tecnologia e arte siano da considerare rivali oppure alleate. Da un lato la tecnologia sta diventando un prodotto di consumo in ogni campo; dall’altro lato invece settori come la moda sono costretti a innovarsi, proponendo capi che integrino elementi tecnologici e nuove funzioni in un prodotto creativo e fortemente personalizzabile. A questo proposito qualche anno fa sono nati i primi tessuti tech.

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Fig. 34 “Gigli”. Formato di pasta completamente realizzato mediante la stampa 3D. Barilla, 2014.

Fig. 35 Progetto strutturale dell’ abitazione Apis Cor. Apis Cor, 2017.

Fig. 36 Prodotto finale dell’abitazione Apis Cor.

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Essi sono l’esempio lampante di questa commistione di generi, in cui l’innovazione tecnologica si serve del contributo di un designer particolarmente creativo, capace di immaginare tessuti e tagli nuovi da applicare all’abbigliamento (textile

design). Dalle prime camicie immuni alle macchie si passa a prodotti con componenti micro elettroniche: si parla per la prima volta, di una vera e propria

tecnologia indossabile, che spazia dagli accessori di design come lo smart watch e gli occhiali di Snapchat alla realizzazione di indumenti che offrano un’esperienza emozionale servendosi di tessuti smart. È la sfida lanciata dalla “Cute Circuit”, azienda Londinese in cui la designer italiana Francesca Rosella propone sul mercato una moda interattiva ed emozionale. E’ stata considerata “la Madonna del wearable computing” ed è la madre di innumerevoli collezioni hi-tech incentrate sull’aspetto tecnologico del capo d’abbigliamento in relazione a chi lo indossa (fig. 37 pag. 102). Tra i suoi lavori ricordiamo in particolar modo la sua collezione di vestiti cinetici, che cambiano forma e colore a secondo dell’umore; la “Hug Shirt”, una maglietta che ricrea la sensazione del tatto, provocando in chi la indossa il calore e l’emozione di un abbraccio a distanza, utilizzando dei sensori e la tecnologia Bluetooth; l’ “M Dress” (Mobile Dress), che accetta una SIM card standard e consente di effettuare e ricevere chiamate in qualsiasi momento, ovunque, senza dover portare un telefono cellulare; la “TshirtOS”, la prima maglietta del mondo indossabile, condivisibile e programmabile tramite un’app per iOS che permette di mostrare immagini e testi, riprodurre musica, scattare foto e condividerle con tutti (fig. 38 pag. 102). Infine, la realizzazione del “Galaxy Dress”, ha dato vita al più grande display indossabile del mondo: un abito composto da 24.000 LED esposto permanentemente al Museo della Scienza di Chicago. Anche la multinazionale giapponese NTT DATA ha presentato nel 2016 un esempio di moda intelligente: la maglietta “Hitoe”, realizzata con un tessuto che contiene un polimero elettro-conduttore, permette di monitorare diverse funzioni di chi la indossa, come frequenza cardiaca, elettrocardiogramma ed elettromiogramma.

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Fig. 37 “Graphene Dress”. Cute Circuit, 2017. Questo abito è caratterizzato da dei led posti su dei pannelli di grafene che cambiano colore seguendo il respiro di chi lo indossa.

Fig. 38 “TshirtOS”. Cute Circuit, 2010.

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Il progetto è frutto dei test effettuati su alcuni piloti automobilistici di Indianapolis, ma le sue applicazioni future potranno diventare uno strumento di vitale importanza per chi lavora in siti difficili o per le forze dell’ordine durante particolari missioni. Questa maglietta ha infatti la particolarità di essere integrata a uno

smartwatch, permettendo così di poter rilevare i parametri vitali e localizzare la persona che la indossa in caso di pericolo, fornendo un supporto fondamentale alle operazioni di soccorso. Ad ogni modo anche fashion brands di fama mondiale si stanno cimentando nella realizzazione di capi d’abbigliamento e accessori dotati di un supporto tecnologico, come le scarpe All Star per chitarristi: basta muoverle per avere gli effetti di un pedale (fig. 39). Il settore del wearable tech, pertanto, presenta possibilità di applicazione pressoché infinite e in breve tempo il nostro abbigliamento integrerà funzioni diverse: anche il capo più semplice potrà esercitare più compiti. Fig. 39 Converse Chet Atkins All Wah. All Star, 2017.

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LA 3D PRINTED FASHION E I PERSONAGGI PIÙ IMPORTANTI


Fig. 40 Costume di scena per la New York City Ballet. Iris Van Herpen, 2013.

Fig. 41 Bjork ha indossato innumerevoli capi firmati Iris Van Herpen nei suoi concerti.

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Immagine di apertura: Collezione “Liberty Leading the People�, Danit Peleg, 2015. Dettaglio texture.

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Come si è analizzato nel capitolo precedente, la stampa 3D oggi è considerata il mezzo del futuro per le sue infinite applicazioni in svariati settori e per la sua immediata riproducibilità. Questo ha incuriosito e spinto giovani artisti, ingegneri, fashion designers e personalità creative di tutto il mondo a ideare capi d'abbigliamento futuristici non solo nella scelta dei materiali ma anche nella forma. Il creativo in tal senso acquisisce un ruolo completamente nuovo: egli infatti non è semplicemente un designer che ha dimestichezza con i software di modellazione grafica 3D, ma è anche un artista e un ingegnere, che talvolta deve possedere nozioni di meccanica ed elettronica. Ormai da secoli gli indumenti non rivestono un ruolo esclusivamente utilitaristico e nella contempoeraneità questo concetto è ancora più evidenziato dalla necessità di esplorare nuove vie di comunicazione stilistica che portino un vento di freschezza e innovazione nel settore del fashion design. La ricerca di nuovi materiali ha trovato nella stampa 3D, dunque, il mezzo perfetto per poter esprimere nuove forme di tendenza e trasportarci nel futuro. Già negli anni Settanta, come abbiamo visto, la Moda Spaziale promuove un nuova maniera di concepire lo stile tramite la realizzazione di mini abiti traslucidi caratterizzati dall'utilizzo di materiali inconsueti che rompano con la tradizione. Si parla di una "moda aliena", che proietta i giovani di quegli anni in una dimensione fantascientifica in cui il progresso è il protagonista indiscusso di questa rivoluzione stilistica. Oggi, in un contesto in cui la tecnologia è parte integrante della vita dell'uomo, si assiste ad una seconda era di fiducia nel progresso: l'uomo contemporaneo vive nell'era 4.0, in quel futuro immaginifico e fiducioso degli anni Settanta, in cui gli studi scientifici e ingegneristici vengono utilizzati e applicati anche nel quotidiano rivestendo un ruolo sociale molto importante.

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Fig. 42 Disegno dell’abito ideato da Iris Van Herpen per Lady Gaga nel 2012.

Fig. 44 “Skeleton Dress”. Iris Van Herpen Fall Collection, 2011.

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Fig. 43 Lady Gaga indossa l’abito realizzato da Iris Van Herpen per il lancio del suo profumo FAME.


La stampa 3D applicata alla moda, diventa così un veicolo di comunicazione globale, in cui chiunque può cimentarsi nella progettazione e nella realizzazione di capi d’abbigliamento dal design unico e creare nuove tendenze. Proprio per questo motivo, negli ultimi anni, si è assistito alla nascita di nuove figure nel settore del fashion design. Si tratta di persone che hanno preferito un approccio sperimentale avvalendosi dell’ausilio di software per la modellazione

grafica tridimensionale e della stampa 3D per la produzione di collezioni talvolta stravaganti, talvolta più accesibili. La madre della 3D Printed Fashion, nonchè una delle menti più brillanti del panorama della moda contemporanea, è Iris Van Herpen. Di origine olandese, studia fashion design all’ ArtEZ Institute of the Arts di Arnhem e inizia il suo percorso come allieva di Alexander McQueen, ma si discosterà ben presto da quest’ultimo per iniziare un percorso indipendente lanciando la sua prima collezione nel 2007. L’intento della Van Herpen è di rappresentare e descrivere il presente tramite l’unione di passato e futuro, fondendo la tradizione sartoriale alla tecnologia. La fashion designer, infatti, crede in una visione estetica da lei stessa battezzata “New Couture”, che possa abbracciare questi due aspetti apparentemente contrastanti per trovare nuove forme e metodi di espressione stilistica combinando i materiali più tradizionali a quelli più all’avanguardia. Per lei la moda è una forma d’arte strettamente legata alla nostra interiorità: il capo d’abbigliamento diventa espressione dell’ identità più intima di ognuno di noi, in un gioco di contrasti tra precisione e caos, arte e scienza, contatto umano e high-tech, artificiale e organico. La sua singolare visione combinata con la complessità delle sue creazioni hanno fatto della Van Herpen una dei personaggi più visionari del fashion design contemporaneo. Alla base del suo lavoro scultoreo e scenografico vi è il suo passato come ballerina classica, che la porta a realizzare i costumi di scena per l’Opera di Parigi e la

New York City Ballet, in collaborazione con il coreografo Benjamin Millepied e la compagnia di danza di Sasha Waltz a Berlino (fig. 40 pag. 106).

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Fig. 45 “Wood Dress“. Iris Van Herpen Spring Collection, 2012. Fig. 46 “Splash Dress”. Collezione Crystalization. Iris van Herpen’s Spring Collection, 2011.

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Come afferma lei stessa in un’ intervista “se dovessi usare una parola per descri-

vere il mio lavoro, sarebbe movimento. Una delle cose più influenti nella mia vita è stato senza dubbio il balletto classico. Attraverso la danza ho imparato a conoscere la seduzione del movimento, la trasformazione del corpo e l’evoluzione della forma. Quegli anni mi hanno insegnato a plasmare quest’ultima e sono stati determinanti nel mio interesse verso la moda”. La complessità strutturale delle sue collezioni ha dato vita a innumerevoli collaborazioni con artisti e scienziati di tutto il mondo e i suoi capi sono stati indossati da innumerevoli cantanti e attori di fama mondiale come Lady Gaga, Björk,

Scarlett Johannson e molti altri (fig. 41- 43 pag. 106-108). Alcune delle sue creazioni più famose, inoltre, sono state esposte nel 2016 al

Metropolitan Museum of Art di New York per la mostra “Manus x Machina: Fashion in an Age of Technology”. Fra queste vanno citate lo “Skeleton Dress”, il “Wood Dress”, lo “Splash Dress”, e il “Bubble Dress” (fig. 44-48 pag. 110 -112). Quest’ultimo in particolare, nasce come provocazione nei confronti dell’abito comune, considerato dalla stilista come un contenitore rigido privo di spirito e immaginazione, dove le donne e gli uomini continuano a rinchiudersi senza possibilità di emancipazione dalle convenzioni e dai ruoli. Il voler trattare gli abiti e i loro tessuti come fossero qualcosa di vivo e animato qui assume il massimo del suo carattere espressivo: mentre alcune modelle sfilano indosin passerella altre si muobono dentro delle scenografiche buste di plastica quasi fossero “sottovuoto”, rappresentando in maniera concettuale il soffocamento

dell’anima (fig. 50 pag. 114). All’interno dell’haute couture comunque Iris Van Herpen non è l’unica fashion designer ad utilizzare la stampa 3D come mezzo espressivo.

Anouk Wipprecht, ad esempio altro esponente importante della moda 3D, unisce il fashion design all’ingegneria robotica. La particolarità dei suoi abiti, infatti, è la loro interattività nei confronti di chi li indossa.

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Fig. 47-48 “Water Dress”. Iris Van Herpen, 2013. A seguito del successo della collezione Crysalization del 2011, la fashion designer olandese realizza due anni dopo questo abito “d’acqua“. Fresco, liquido e sensuale nella sua trasparenza, questo abito ci catapulta in una dimensione onirica in cui l’acqua si fa abito.

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Oltre il suo famoso “Spider Dress 2.0” in cui l’abito diventa un’armatura che riesce a decifrare lo stato emotivo della persona tramite l’analisi del battito cardiaco e la respirazione, anche lo “Smoke Dress” assume una sorta di meccanismo di difesa nei confronti di chi lo indossa. Questo abito, facente parte di una speciale collezione di otto capi realizzati per la Volkswagen, possiede dei sensori che rilevano quando qualcuno entra nello spazio personale di chi lo indossa: se qualcuno supera la “distanza di sicurezza” automaticamente il vestito rilascia del fumo (fig. 51 pag. 116). Il trio threeASFOUR nel 2016 realizza per la collezione “Interdimensional” un vestito stampato in 3D per singole sezioni: esso infatti ha la particolarità di essere caratterizzato da superfici stampate in 3D come se fossero state tagliate da un cartamodello, unendo così il concetto di handmade a quello di stampa in serie.

Melinda Looi ispirata dalle sfumature cangianti del mare e i colori tropici delle barriere coralline crea “Gems of the Ocean”, una collezione comprensiva di un abito e diversi accessori che riprendono i soggetti del mondo marino. Questo abito lungo dalle linee retrò è famoso per essere il primo al mondo ad essere stampato in 3D nella sua intera lunghezza in un unico blocco. Infine la designer austriaca Marina Hoermanseder insieme all’architetto Julia

Koerner reiventano il concetto di corsetto, unendo la storia della moda, il design e i mezzi contemporanei: il risultato è lo “Smock Corset”, una sintesi di moda vintage e storia, in cui la trama della cotta di maglia si unisce al modello delle crop top anni Sessanta, assumendo un aspetto high-tech/vintage unico nel suo genere. Tra gli stilisti emergenti, ad ogni modo, vi sono pure molti giovani di spicco che utilizzano il mezzo della stampa 3D per trovare nuove soluzioni nel settore del textile design. Piuttosto che sull’aspetto scenico e poco pratico dell’ haute couture, questi designer si focalizzano su modelli più semplici ma dalla trama complessa.

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Fig. 49 “Bubble Dress”. Iris Van Herpen Fall-Winter Collection, 2016.

Fig. 50 La modella rimane fluttuante dentro la sua busta gigante e si dimena come se volesse liberarsi, mentre vede passare gli abiti simbolo della “libertà stilistica“ come definisce la stessa Van Herpen. Iris Van Herpen Fall-Winter Collection, 2016.

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E’ questo il caso di Vito Peleg, giovane stilista famosa per essere la prima al mondo ad aver lanciato una collezione acquistabile online personalizzabile interamente prodotta con una stampante 3D per uso domestico. La designer, cre atrice del brand Danit Peleg, insieme ad altri due giovani, prevede un mondo dove chiunque sarà in grado di acquistare file e stampare vestiti a casa o in un negozio designato. Le sue creazioni sono il frutto di uno studio approfondito degli intrecci compositivi che strutturano gli abiti, per una resa finale super

high-tech. La forma dei suoi capi riprende uno stile semplice e sobrio talvolta dal carattere vintage, reso però in una chiave totalmente moderna tramite un design caratterizzato da giochi geometrici che compone la trama delle sue collezioni, quasi come una ragnatela. Esse, infatti, sono ricche di trasparenze e prediligono solitamente un aspetto monocromatico con qualche eccezione bicolore dato dall’utilizzo di una stampante 3D a doppia estrusione (3D dual

extruder). Il team Danit Peleg lavora a stretto contatto con ricercatori e aziende e mira a creare un’alternativa alla filiera della moda tradizionale, per ridurre gli sprechi e rivoluzionare l’intera industria della moda. un’alternativa alla filiera della moda tradizionale, per ridurre gli sprechi e rivoluzionare l’intera industria della moda. Danit Peleg inoltre è il primo brand ad aver istituito un laboratorio virtuale per principianti sulla stampa 3D applicata alla moda, di cui Vito stessa è l’insegnante. Oltre a creare, vendere e insegnare, ad ogni modo, Danit Peleg fornisce anche consulenze per marchi di moda che stanno cercando di implementare la stampa 3D come tecnologia all’avanguardia che possa stravolgere completamente la

fashion industry. La Peleg, laureata al Shenkar College of Engineering e Design di Tel Aviv in Israele, è considerata oggi una designer all’avanguardia, segnalata da alcune tra le più importanti pubblicazioni di fama mondiale tra cui il New York Times, il

Women’s Wear Daily, Vogue e Forbes.

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Fig. 51 “Smoke Dress”. Anouk Wipprecht, 2014.

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Il textile design in “Liberty Leading The People” e “The Birth of Venus” diventa protagonista indiscusso delle collezioni Danit Peleg, evidenziando la figura femminile con le sue trasparenze e la sue forme essenziali che trasmettono un forte senso di leggerezza. L’adozione della stampante Witbox e del filamento FilaFlex rendono le collezioni firmate Danit Peleg uniche nel loro genere, realizzando abiti flessibili e al contempo molto resistenti. Guardando più in dettaglio “Liberty Leading The People”, ci si rende subito conto il punto di partenza da cui prende spunto la collezione: la celebre tela di Delacroix “La Libertà guida il popolo” viene scomposta digitalmente nel suo impianto strutturale e trasformata in immagine 3D, formando un incastro di

triangoli (fig. 74). In particolare la collezione “The Birth of Venus” nasce in onore della cerimonia di apertura delle Paraolimpiadi di Rio del 2016. La Peleg realizza un abito per l’atleta paraolipica Amy Purdy, campionessa di snowboard, che aveva subito l’amputazione di entrambe le gambe a 19 anni a causa di una meningite: secondo la designer la sua storia è come una rinascita ed è per questo che le dedica questa collezione ispirandosi alla Nascita di Ve-

nere di Botticelli. Le molte forme di diamante presenti nella composizione del dipinto formano la trama che caratterizza l’abito e il colore della pelle di Venere diventa la nuance dell’intera collezione (fig. 75-76). Da queste considerazioni, dunque, è facile comprendere quali siano i motivi che hanno dato spinta a questo progetto di tesi. L’innovazione, i nuovi mezzi di espressione, la creatività e la costante ricerca di nuove soluzioni stilistiche e tessili sono il tema costante della storia della moda e oggi, come una volta, si vogliono proporre nuove fogge per dare vita a collezioni che rompano con la tradizione stilistica dei secoli precedenti, prendendo tuttavia sempre qualcosa da essa.

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Fig. 52 Mood board della collezione “Liberty Leading The People�. Danit Peleg, 2015. Come si evince dallo schema, la sintesi delle figure del celebre dipinto di Delacroix in forme geometriche semplici ha portato alla costruzione strutturale della trama dei capi della collezione.

Fig. 53 Come per la precedente collezione Danit Peleg decide di sintetizzare la composizione di un celebre dipinto in intrecci di punti e segmenti, utilizzando le gradazioni tonali che caratterizzano i quadro.

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Finchè il settore della moda e quello della tecnologia, continueranno a collaborare e portare innovazione per la creazione di capi d’ abbigliamento all’avanguardia e la produzione del cosiddetto “smart clothing”, le nuove tendenze della moda non avranno limiti se non quelli della nostra immaginazione.

Fig. 54 L’atleta Amy Purdy indossa un capo della collezione “The Birth of Venus”. Danit Peleg, 2017.

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RAPPORTO TRA PRODUZIONE ARTIGIANALE E SERIALITÀ


Fig. 55 Manifesto della mostra “Manus x Machina Fashion in an Age of Technology”. MET, 2016. A destra della locandina troviamo il capo esposto al centro della mostra, un abito da sposa costruito in stile Neo-Rinascimentale della Chanel, caratterizzato da uno strascico lungo parecchi metri interamente ricamato d’arabeschi d’oro. Capo cardine dell’intera esposizione, il riferimento al tema della mostra lo si scopre solo avvicinandosi: il vestito è di neoprene e i ricami sono stati fatti alternando lavoro manuale ad applicazioni a macchina, sottolineando così la possibile compresenza di tradizione e modernità in un capo d’abbigliamento senza penalizzare l’unicità e la bellezza di quest’ultimo.

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Immagine di apertura: Foto di una laser cutter a lavoro.

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La complessa e spesso ambigua relazione tra il prodotto artigianale e quello in-

dustriale è attualmente un tema molto discusso nel mondo della moda. Il rapporto contrastante tra la macchina, come rappresentante della democrazia e della produzione di massa e la mano, come segno distintivo dell' elitarismo, ci pongono davanti un quesito: è possibile oggi sostenere che questi due processi di lavorazione siano in contrasto fra loro? Nella mostra del 2016 "Manus x Machina" tenuta al Metropolitan Museum of

Art di New York si cerca di dare una risposta a questa domanda creando una mappatura sociale e geografica che vede la moda al centro della storia (fig. 55). Il curatore Andrew Bolton vuol far riflettere sul significato di unicità e bellezza

compositiva, facendo un excursus temporale che per similitudine o per antitesi accosta capolavori della storia della moda di un tempo a quelli dell'era contemporanea. Il finissimo lavoro svolto dai maestri artigiani del Medioevo viene accostato idealmente alla nostra haute couture, in cui il fatto a mano definisce il lusso e l'identità di un marchio. I protagonisti dell’ tempo e lo spazio regnano sovrani nella mostra: essa materializza il tempo della moda e il tempo del fare e lo fa in maniera multipla e sottile. La mostra ripercorre la storia della produzione industriale e la nascita in parallelo della couture, cercando di definire il rapporto tra uomo e macchina fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui gli straordinari avanzamenti tecnologici hanno portato alla produzione tramite la stampa 3D, l'utilizzo del laser cutting e la creazione di modelli e textures direttamente in digitale di capi d'alta moda (fig. 56 pag. 124). Il libro della mostra contiene delle fotografie di pezzi unici, passando dagli intricati disegni floreali di William Morris del XIX secolo alle creazioni 3D di Iris Van

Herpen: nelle interviste ad alcuni designer di fama mondiale come Karl

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Fig. 56 “Insomnia”. Kyoung Eun Hong, 2013. Questa giacca fa parte di una collezione di abbigliamento maschile ispirata all’insonnia e ai suoi sintomi, realizzata interamente col laser cut. Questa particolare tecnica che comprende l’utilizzo di una macchina per il taglio laser, permette di tagliare il tessuto con una precisione al millimetro e realizzare trame anche molto complesse. Nell’immagine la giacca è composta da vari strati di tessuto che presentano degli orli merlati scomposti, che cuciti uno sopra l’altro danno l’impressione che il capo stesso stia facendo la muta.

Fig. 57 Vito Peleg nel suo studio mentre utilizza un software di modellazione grafica 3D per la progettazione di un abito.

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Lagerfeld e Miuccia Prada, infatti, viene analizzato come la tecnologia può confondere la linea tra haute couture e prêt-à-porter e come può mettere in discussione la rilevanza della distinzione tra prodotto a mano e prodotto a macchina. Ne consegue da questo percorso che l'unicità e la bellezza di un abito non sono pertanto dettate esclusivamente dall' hand made e che i mezzi più moderni determinano la particolarità di un abito secondo parametri differenti rispetto al passato: il progresso diventa il nuovo simbolo dell' haute couture, producendo abiti dal design unico e adottando tecniche di realizzazione all'avanguardia (fig. 57). Il progetto di tesi Textile-Tech a tal proposito, si trova perfettamente in linea con questa dicotomia: se da un lato riprende la struttura della cotta di maglia come negli anni Settanta fece Paco Rabanne, si discosta drasticamente da quest’ultimo nel metodo di realizzazione. Per quanto non si possa parlare di una vera e propria moda prêt-à-porter, Paco

Rabanne ha voluto creare uno stile che rompesse gli schemi dell'haute couture, utilizzando materiali nuovi ed economici. A rendere le sue collezioni uniche e preziose era la componente artigianale dei suoi abiti, che tagliava e assemblava completamente a mano, inserendolo di conseguenza all’interno di un mercato d’ élite. Al contrario, il Textile-Tech è il simbolo dell’unione tra artigianato e serialità, in cui per artigianato si intende la costruzione del progetto mediante un software di modellazione digitale 3D e per serialità la sua la sua infinita riproducibilità tramite l’utilizzo di una stampante 3D.

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CONCLUSIONE


Fig. 58 Processo di biodegradazione di una bottiglia in PLA in 12 settimane.

Fig. 59 PubblicitĂ di abbigliamento per bambini del brand DueDiLatte.

___________________________________________ Immagine di apertura: Particolare di una fibra ecologica ricavata dal mais.

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L'intento di questo progetto di tesi non è esclusivamente quello di applicare un mezzo all'avanguardia come la stampa 3D al fashion design, ma è anche un modo per promuovere la moda ecosostenibile. Il nome stesso Textile-Tech è un riferimento diretto al design del tessuto, in cui la ricerca di nuovi filati ricavati da fibre naturali ha assunto in questi ultimi anni una valenza fondamentale. Il textile design, infatti, basandosi sulla creazione di disegni dalla struttura ripetitiva chiamati pattern, racchiude in se vari aspetti riguardanti il tessuto: dalla costruzione di maglie e di trame, alla realizzazione di stampe su fibra tessile. Partendo da questo principio fondamentale, esso può assumere, dunque, qualsiasi struttura compositiva e può essere applicato a qualsiasi tipo di materiale. Come già detto, il filamento utilizzato per la stampa del progetto Textile-Tech è il PLA, una plastica prodotta da risorse rinnovabili attraverso processi di fermentazione, separazione e polimerizzazione di amidi vegetali. Degli studi sulla biodegradabilità di questo filamento hanno dimostrato come un prodotto in

PLA a contatto con gli agenti esterni si degradi nel terreno in circa 12 settimane (fig. 58). Va da se che questo materiale ricavato dall'amido di mais è un'alternativa decisamente più sostenibile rispetto alla plastica fatta col petrolio, soprattutto perchè è riciclabile e riutilizzabile praticamente all’infinito, inquanto i prodotti realizzati possono essere rifusi, dando vita a nuovo materiale pronto per la stampa. La produzione in serie quindi oggi assume un aspetto totalmente ecosostenibile, in cui la stampa 3D non permette esclusivamente di creare prodotti dal design unico direttamente a casa propria, ma che sia anche ad impatto zero sull’ambiente. Un recente studio ha dimostrato che gli oggetti creati con le stampanti 3D richiedono dal 41% al 74% in meno di energia rispetto alle tradizionali produzioni manifatturiere.

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Fig. 60 Matassa non filata di Lanital.

Fig. 58 PubblicitĂ della Orange Fiber che dimostra come ogni anno in Italia vengano prodotte circa 700.000 tonnellate di sottoprodotto agrumicolo.

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Si tratta quindi di una vera e propria rivoluzione industriale, che vuole migliorare i cicli di vita dei prodotti. Ad ogni modo la ricerca del settore tessile non si ferma all'ambito della stampa 3D e ha portato oggi alla nascita di nuovi filati ricavati da fibre naturali. Ne è un esempio il brand nato nel 2013 DueDiLatte, che si occupa della produzione di t-shirt e abbigliamento per bambini tramite la tessitura di filati ricavati dalla

caseina (fig. 59 pag. 128). Questo studio nato negli anni '30 da un ingegnere bresciano che capì come ricavare una fibra naturale dal latte in esubero, oggi è stato approfondito da Anto-

nella Bellina, esperta di merceologia, ed è diventato così un brand firmato Made in Italy . Il tessuto, chiamato Lanital, una volta filato risulta leggero e morbido e grazie alle sue proprietà naturali idrata anche la pelle (fig. 60). Tutto il processo di lavorazione è ad impatto zero e seppur si presenta con un colore di base bianco può essere colorato utilizzando pigmenti naturali. Altro esempio di fibre ecosostenibili 100% Made in Italy è rappresentato dall'O-

range Fiber, la prima azienda al mondo che ha brevettato e produce tessuti sostenibili dagli scarti degli agrumi (fig. 58-59 pag. 130-132). Dalla sua collaborazione con la maison Salvatore Ferragamo, primo brand ad utilizzare questo filato per la produzione di capi di alta moda, nasce la "Ferra-

gamo Orange Fiber Collection": il tessuto ricavato dalle fibre del pastazzo ha un aspetto prezioso, simile alla seta, può essere opaco o lucido, usato insieme ad altri filati e può essere stampato e colorato come i tessuti tradizionali (fig. 60 pag. 132). Ad ogni modo anche nel contesto estero sono in molti i brand che si occupano di moda ecosostenibile. Due specialisti in comunicazione e textile design hanno fondato ad esempio la linea di lusso sostenibile C-Smart Eco-Fashion™, una linea eco-friendly che utilizza materiali di produzione nazionale come canapa, fibra di latte e organiche sete e lane. Essi vogliono provare come l’alta sartoria e l’ eco-compatibilità possano coesistere per la produzione di capi d’abbigliamento dal taglio unico (fig. 61 pag. 133).

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Fig. 59 Fibra 100% eco-friendly ricavata dal pastazzo. Orange Fiber 2013.

Fig. 60 Ferragamo Orange Fiber Collection. Orange Fiber per Ferragamo, 2017.

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L’ecosostenibilità pertanto oggi è considerata un punto importante nell’industria essile e la ricerca di nuove soluzioni biologiche è in continuo sviluppo. Si può concludere, infine, affermando che nell’epoca dell’ Industria 4.0 in cui le innovazioni tecnologiche permettono la nascita di metodi sempre nuovi di fruizione del prodotto, la distribuzione assume un valore centra e dell’infrastruttura economica. La produzione in continua crescita di stampanti 3D di piccole dimensioni e dai prezzi sempre più contenuti, porterà sempre di più la stampa 3D nella realtà quotidiana individuale. In questo modo si assisterebbe a una nuova tipologia di mercato: l’abbigliameto, non verrebbe più confezionato e venduto, bensì acquistato online sottoforma di

file da poter scaricare, per poi essere successivamente stampato direttamente a casa propria. L’ acquisto di un prodotto, in tal modo, avverrebbe esattamente come nei negozi, ampliando però la sua fruizione arrivando con più facilità in qualsiasi parte del mondo. Questo pensiero, infine, potrebbe essere applicabile a molti altri settori oltre quello della moda e, con molta probabilità, potrà diventare una realtà concreta.

Fig. 61 Tre capi d’abbigliamento realizzati con l’intreccio della canapa 100% ecosostenibili. C-Smart Eco-Fashion™, 2017.

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Bibliografia Lydia Kamitsis, Paco Rabanne - Collezione "Le Memorie della Moda", OCTAVO editore, 1998; Guido Vergani, Dizionario della Moda, Baldini Castoldi Dalai editore, 2010; Gabriella D’Amato, Moda e Design, Bruno Mondadori editore, 2007; Sofia Gnoli, Moda. Dalla nascita dell'Haute Couture a oggi - Collana " Le Sfere", Carocci editore, 2012; Marnie Fogg , Moda. La storia completa, Atlante editore, 2015; Enrica Morini, Storia della moda XVIII-XXI secolo - Collana "Moda e Costume", Skira editore, 2011; V. Broackes, G. Marsh, Revolution. Musica e ribelli 1966-1970. Dai Beatles a Woodstock - Collana "Arte Moderna", Skira editore, 2017; Ludmila Kybalová, Olga Herbenová, Milena Lamarová, Enciclopedia illustrata del Costume,Fratelli Melita editori, 1988; Iris Van Herpen, A MAGAZINE; A PUBLISHER editore, 2014; Theo-Mass Lexileictous, Otherworldly: Avant-Garde Fashion and Style, Gestalten editore, 2016; Andrew Bolton, Manus x Machina: Fashion in an Age of Technology, Yale University Press editore, 2016;



Sitografia https://i.materialise.com/blog/en/3d-printed-fashion-dresses; http://www.bluedge.com/blog/miscellaneous/12-fashion-designers-whove-embraced-3d-printing; https://www.wired.com/story/nasa-fabric-chain-mail-from-the-future/ https://danitpeleg.com; https://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?feature=6816; https://www.corriere.it/moda/news/16_dicembre_21/tessuto-ricavato-latte-antibatterico-idrata-anche-pelle-1f8f5138-c790-11e6-b6a3-9b0a9ecc738b.shtml?refresh_ce-cp; http://d.repubblica.it/speciali/sfilate-parigi-a-i20142015/2014/03/05/news/iris_ van_herpen_alexander_mcqueen-2038152/



Ringraziamenti Iscrivermi al corso di Progettazione della Moda all’Accademia di Belle Arti di Palermo è stata senza dubbio la prima decisione importante della mia vita. La considero l’inizio di un lungo percorso che spero mi porti a quella che sarà la mia professione. Questi anni sono stati fondamentali per la mia formazione personale e porterò sempre con me tutto ciò che ho appreso in queste aulee. Questi ultimi mesi di lavoro sono stati particolarmente intensi e vorrei dunque ringraziare tutte le persone che mi hanno accompagnata alla coclusione del mio percorso di studi. Vorrei iniziare ringraziando il mio relatore, il professore Sergio Pausig, per avermi seguita durante tutto il percorso e per avermi guidato e consigliato nella realizzazione del mio progetto di tesi; ringrazio in particolar modo Elio Lo Mauro per avermi aiutata nella realizzazione di questo progetto; ringrazio i miei genitori per avermi supportata nelle mie scelte e nella mia formazione; ringrazio mio nonno Renato per i suoi insegnamenti preziosi e per aver contribuito alla mia crescita personale e artistica; rivolgo un grazie anche a mio fratello Giuseppe per essermi stato vicino nella distanza e a mia sorella Maria Giovanna per avermi aiutata nei momenti di sconforto. Infine vorrei ringraziare i miei amici e Ross, per il loro sostegno e la loro costante presenza nella mia vita.


COLOPHON DISEGNI, FOTOGRAFIE E RENDERING REALIZZATI DA MICHELA SAVATTERI MODELLAZIONE DIGITALE 3D E RENDERING PAG. 40-47 REALIZZATI DA MICHELA SAVATTERI ED ELIO LO MAURO STAMPA DEI PROTOTIPI REALIZZATA DA ELIO LO MAURO E FABLAB PALERMO STAMPA DELLA TESI A CURA DI NUOVA ELIOGRAFICA PALERMO


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