UNiversità degli studi di genova scuola politecnica Dipartimento di Architettura e Design Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Architettura LM-4
ricostruire in pisé in contesti emergenziali: il caso di haiti
Relatore: Prof. Massimo Corradi Candidato: Michele Cattaneo
Giugno 2021 a.a 2019/2020
Indice introduzione 6 STRUTTURA DELLA RICERCA 8
SELEZIONE DEI TERRENi 49
MOTIVAZIONI 9
PROVA DEL COLORE 52 PROVA DI SEDIMENTAZIONE 53
L’uso della terra nelle costruzioni
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CENNI STORICI 12 BENEFICI AMBIENTALI 16 VANTAGGI E CRITICITA’ DELLE COSTRUZIONI IN TERRA CRUDA 18 TECNICHE COSTRUTTIVE TRADIZIONALI 20 ADOBE 22 BAGUE 25 TORCHIS 26 BTC 27 PROBLEMATICHE COMUNI AGLI EDIFICI IN TERRA CRUDA 28 CARATTERIZZAZIONE DELLE TERRE
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PROVA DI RESISTENZA A SECCO 56 PROVA DEL “SIGARO” 58 PROVA DI COMPRESSIONE 60 PAVIMENTAZIONI IN BLOCCHI DI TERRA 64 IL CASO STUDIO DI HAITI
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INTRODUZIONE 72 IL CONTESTO 74 AMBIENTE 75 CLIMA e FENOMENI NATURALI 76 FENOMENO DELLA DEFORESTAZIONE 77 DEMOGRAFIA ED URBANIZZAZIONE 78 ECONOMIA 79
COMPOSIZIONE DEL SUOLO 32
TRASPORTI 79
FRAZIONI GRANULOMETRICHE 33
TRADIZIONE ARCHITETTONICA: LA CASA HAITIANA 84
IDENTIFICAZIONE DEI TERRENI 34
MATERIALI IMPIEGATI NELLE Costruzioni HAITIANE 85
ProVA DEL COLORE 36
L’abitazione TIPO DI HAITI 86
PROVA DEL LAVAGGIO MANI 37
ABITAZIONI VERNACOLARI AD HAITI 89
PROVA DELLA LUCENTEZZA 38
IL PROBLEMA DEL CALCESTRUZZO 96
PROVA DELLA RESISTENZA A SECCO 39
AIUTI DOPO IL SISMA 100
PROVA DI SEDIMENTAZIONE 40 PROVA DEL “SIGARO” 42
PROPOSTA PROGETTUALE
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PROVA DELLA PALLA MODIFICATA 43
COSTRUIRE IN PISé 104
TEST DI CARAZAS 44
IL PROGETTO 108
PROVE MECCANICHE 44
ACCORGIMENTI TECNICI ED ESECUTIVI 112
COMPRESSIONE 45
BENEFICI AMBIENTALI DELLA TECNICA 118
TRAZIONE 46 DILAVAMENTO 47
CONCLUSIONI 122
IMBIBIZIONE 48
BiBLIOGRAFIA
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“La città permanente era disegnata nella tecnica la più semplice che esiste, quella del pisé, terra battuta all’interno di casserature e che fornisce un’architettura essenziale, a giusta scala e grandezza umana. Con una tale architettura si possono raggiungere i più nobili tracciati urbanistici, senza enfasi ma non mancanti di grandezza. La vita all’interno di questo pisé può essere di totale dignità e ridà agli uomini della civilizzazione macchinistica il senso delle risorse fondamentali, umane e naturali.” Le Corbusier
introduzione
Il presente lavoro di ricerca concerne la valutazione dell’opportunità di impiego della terra cruda in contesti di ricostruzione emergenziale, spesso caratterizzati da scarsità di risorse e di materie prime. In particolare, il problema della ricostruzione in condizioni di emergenza è inquadrato nell’ambito del caso studio di Haiti, violentemente investita da un terremoto distruttivo nel 2010 e testimone di una modalità di ricostruzione caratterizzata da forti criticità. E’ possibile in casi come quelli di Haiti ipotizzare una ricostruzione d’emergenza in terra cruda e con quali modalità esecutive e vantaggi per la popolazione locale? A tale interrogativo si tenta di dare una risposta attraverso un percorso di ricerca che si articola in quattro macro-sezioni.
In foto: partecipazione alla ricostruzione di Haiti Reconstruire en Haiti 6
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Introduzione
STRUTTURA DELLA RICERCA Il primo capitolo sarà dedicato alla ricognizione delle tecniche tradizionali di costruzione in terra cruda, all’individuazione dei principali vantaggi derivanti dall’uso di tale materiale e degli elementi di criticità che richiedono particolari accorgimenti. Ai richiami storici sull’uso della terra cruda, segue una breve disamina delle principali tecniche costruttive, soffermandosi sul pisé che offre particolari vantaggi in termini di tempi di esecuzione e caratteristiche prestazionali.
Infine, si affronterà il caso studio di Haiti, dove un violento terremoto ha distrutto parte del patrimonio edilizio nel 2010, e si evidenzieranno le principali problematiche legate alla ricostruzione in fase emergenziale ed alle contraddizioni insite nel settore edilizio sull’isola che rischiano di compromettere la conservazione del sapere tradizionale in favore delle logiche di mercato. La tesi si conclude con lo sviluppo di una proposta progettuale: un modulo abitativo in terra cruda che possa rispondere da una parte alle caratteristiche proprie dell’architettura locale haitiana e dall’altra alle problematiche di rischio sismico e scarsità di materie prime dell’isola, in alternativa alle più diffuse costruzioni intelaiate in cemento armato che hanno rilevato tutte le loro debolezze e criticità nel tempo. Il progetto si soffermerà sugli aspetti tecnici e di messa in opera della costruzione senza tralasciare l’importanza di rapportarsi al patrimonio tradizionale offrendo qualità in termini di spazio, prestazione strutturale, ambientale ed implicazioni economico-sociali.
Segue una sezione di carattere tecnico che analizza materiale terra ai fini dell’impiego costruttivo. Le terre sono descritte come materiale da costruzione e se ne individuano le caratteristiche salienti da considerare nel campo dell’edilizia. Al fine di tracciare un possibile metodo di riconoscimento empirico delle caratteristiche della terra in campo costruttivo sarà portata avanti una campagna di selezione differenti di terreni e su questi saranno effettuati alcuni test che utili a valutarne le caratteristiche di composizione e resistenza. L’obiettivo di tali sperimentazioni é il tracciamento di un quadro procedurale semplice per la selezione e caratterizzazione delle terre, che sia replicabile anche in contesti di scarsità di risorse e basso livello di specializzazione nel settore. 8
MOTIVAZIONI Il lavoro di ricerca appena presentato è alimentato da conoscenze ed esperienze acquisite lungo il percorso formativo in architettura, con particolare riferimento al ruolo fondamentale svolto dal lavoro di ricerca e sperimentazione condotto nell’Atelier ATEC de l’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Lyon nel quadro del programma Erasmus. In qualità di studente del corso Architecture et Transitions Éco Constructives, infatti, ho avuto la possibilità di affrontare il tema della costruzione in terra cruda applicata allo spazio pubblico. Attraverso la costruzione di prototipi 1:1 per la realizzazione di pavimentazioni da impiegare nell’ambito di spazi pubblici ho potuto, da un lato, approcciare la tematica dal punto di vista teorico e, dall’altro, effettuare sperimentazioni dirette sui modelli valutandone le prestazioni tecniche in termini di resistenza e sicurezza. L’esperienza dell’Atelier ATEC ha rappresentato successivamente il motore per considerare l’impiego di tecniche costruttive con materiali naturali tradizionali, la terra cruda in particolare, come possibile e valida alternativa all’uso sempre più diffuso dei materiali “moderni”.
nel 2019. Per contatti diretti con l’associazione sopra citata sono stato parzialmente coinvolto nella redazione del progetto esecutivo e già in quella occasione ho iniziato ad interrogarmi sulle scelte tecniche effettuate e sulle opportunità che materiali alternativi avrebbero potuto offrire in termini di qualità ed efficienza del processo. Da queste due esperienze, in conclusione, nasce la ricerca oggetto della presente tesi che si pone l’obiettivo di tracciare un quadro sintetico degli aspetti tecnici legati alle costruzioni tradizionali in terra cruda ed alle caratteristiche proprie di tale materiale, di indagare l’opportunità di applicazione del pisé in contesti di emergenza come quello di Haiti, evidenziandone i possibili vantaggi ed eventuali criticità attraverso la proposta di un “modello tipologico” di abitazione alternativo alle soluzioni più frequentemente proposte.
L’idea del caso studio di Haiti nasce, invece, dal progetto del Centro Aksyon Gasmy a Mare Rouge-Nord-Ouest – Haiti, portato avanti da professionisti facenti parti dell’associazione AKG 9
L’uso della terra nelle costruzioni
La terra è un materiale da costruzione di antichissima tradizione. Sfruttando le risorse locali le civiltà hanno dato vita a tecniche costruttive destinate a conservarsi sino ai nostri giorni. Il presente capitolo affronta il tema delle costruzioni in terra cruda, ripercorrendo le principali modalità di esecuzione e particolarità delle diverse tecniche e mette in evidenza i principali benefici ambientali provenienti dalla scelta di tale materiale. Il capitolo si conclude con la disamina delle problematiche connesse alla costruzione in terra e la delineazione delle soluzioni ottimali per la realizzazione di edifici sicuri, resistenti e durevoli.
In foto: Manufatto in terra cruda fonte Technoring 10
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L'uso della terra nelle costruzioni
CENNI STORICI La terra è il materiale da costruzione più antico usato dall’umanità, con una tradizione millenaria. La storia dell’archeologia offre numerose testimonianze sull’impiego della terra cruda in ambito costruttivo, basti pensare alle produzioni di Persiani, Egizi, Babilonesi, che hanno costruito strutture anche gigantesche sfruttando le caratteristiche di questo materiale. Alcune di queste erano monumentali; ad esempio l’arco di Ctesifonte in Persia che raggiungeva un’altezza di 40 metri e una luce di 27, considerato ad oggi l’arco in mattoni di terra cruda più grande mai costruito.
troviamo pietra sulla roccia ed in altri delle parti realizzate in terra su terra. Considerata la vastità dei territori attraversati e la loro conformazione, la conformazione della muraglia evidenzia la necessità assoluta di costruire con materiali locali per limitare i trasporti dalla zona di estrazione a quella del cantiere. Ci sarebbero altri esempi di costruzioni in terra meritevoli di essere citati come: la grande moschea di Djenné in Mali, costruita nel 1907, che ad oggi rimane uno degli edifici in fango più grandi al mondo e costituisce uno degli elementi identitari della cultura di questo paese; o ancora potemmo citare l’Alhambra a Granada costruito in mattoni di terra cruda nel XIII secolo.
La piramide di El-Lahun, costruita nel 1885 a.C. in Egitto, è anch’essa considerata, tra gli edifici costruiti con mattoni di fango, una delle costruzioni più imponenti al mondo edificate con questa tecnica, o ancora le testimonianze precolombiane come la città di Chan-Chan in Perù. L’utilizzo della terra da parte di queste antiche civiltà è motivato dalla tendenza a costruire con le risorse naturali a disposizione in prossimità dei siti di intervento. Prendendo come esempio la Grande Muraglia Cinese, è possibile notare come questa si adatti lungo tutto il suo percorso naturale alle caratteristiche del terreno e alla composizione dei materiali su cui è fondata: In alcuni punti
In foto: 1. Arco di Ctesifonte, Persia 2. Moschea di Djenné, Mali 3. La Grande Muraglia, Cina 4. Alahambra, Granada 12
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L'uso della terra nelle costruzioni
Studi scientifici stimano che il 30% della popolazione mondiale viva in costruzioni di terra e che il 17% di queste facciano parte della lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Le costruzioni in terra cruda sono largamente diffuse in tutta l’Africa, in Medio Oriente e in America Latina. Possiamo trovare altri esempi anche in Cina e India, in zone dove sono più diffuse costruzioni vernacolari. In Europa, invece, questa tecnica costruttiva è praticamente del tutto scomparsa, salvo rari esempi in Svezia, Danimarca, gran Bretagna, Francia, Belgio e Germania. Nel mondo “occidentale” , regno dei materiali moderni, , il contesto iper-industrializzato dell’edilizia, lobbying ed interessi di mercato, normative inadeguate e la mancanza di conoscenza dei soggetti decisori, tecnici e committenti, sono ragioni che concorrono all’ostracismo di cui soffre questo materiale, considerato primitivo e tipico dei “paesi poveri”.
In foto: 1. Città di Chan Chan , Perù 2. Scuola di Gando, Burkina Faso - Francis Keré 3. Una casa chiamata Terra - Keré Architecture 4. Centro chirurgico pediatrico, Uganda - RPBW + Tama 5. Messa in opera del muro in pisé - RPBW + Tama 14
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L'uso della terra nelle costruzioni
BENEFICI AMBIENTALI L’utilizzazione della terra cruda nelle costruzioni presenta dei vantaggi ambientali e culturali di primaria importanza, che ci spingono ad approfondire lo studio in merito per vagliarne le opportunità di impiego e i benefici che è possibile trarre, ancora oggi, dall’uso di tecniche costruttive tradizionali.
favorisce la creazione di cantieri partecipativi o orientati all’autocostruzione, stimolando processi inclusivi con effetti positivi sullo sviluppo locale da un punto di vista economico e sociale. Far riscoprire i vantaggi della terra cruda, indagarne i possibili utilizzi e promuoverne l’impiego, potrebbe offrire un’alternativa ai materiali ad alta intensità energetica ed inquinanti come il mattone cotto o il cemento, contribuendo alla riduzione dell’impatto ambientale nel settore delle costruzioni, specialmente nei contesti in cui le costruzioni in cemento o in acciaio sono realizzate con scarsa qualità e durabilità.
La terra è un materiale naturale, abbondante e localmente disponibile praticamente ovunque, il suo trasporto è spesso pari a zero ed è, se adeguatamente impiegato, riciclabile all’infinito., Questo materiale così antico e largamente utilizzato nel corso della storia, fornisce condizioni di elevato comfort termo-igrometrico ed acustico e garantisce un micro-clima interno sano. Le caratteristiche meccaniche della terra cruda insieme alle modalità di messa in opera fanno sì che lo spessore dei muri realizzati sia elevato con conseguente determinazione di elevata inerzia termica per queste costruzioni, caratteristica molto vantaggiosa anche in climi caldi nelle stagioni estive.
“L’industria mondiale del cemento inquina più di intere nazioni come la Cina e gli Stati Uniti, con circa 2,8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica rilasciate nell’atmosfera in un anno (il dato si riferisce al 2015), pari all’8% delle emissioni totali.”1
A differenza di altri materiali comuni da costruzione, la terra si distingue perché facile da lavorare e con bassissimi rischi per la salute. Vista la scarsa necessità di attrezzature meccanizzate e le modalità di messa in opera, tale materiale
A sinistra: 1. La terre, un matériau recyclable (Source : Anger & Fontaine, 2009 : pp. 100-101) 2. grafico tratto da “Cemento, perché fa così male al clima e come ripulirlo” - QualEnergia.it 16
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L'uso della terra nelle costruzioni
VANTAGGI E CRITICITA’ DELLE COSTRUZIONI IN TERRA CRUDA I manufatti in terra cruda presentano caratteristiche differenti rispetto a edifici costruiti con mattoni o con blocchi di cemento armato, queste differenze sono dovute anzitutto alle diverse proprietà dei materiali utilizzati. I vantaggi delle costruzioni in terra cruda stimolano l’interesse nei confronti delle tecniche che ne fanno uso, dando vita a progetti di ricerca volti a migliorarne le caratteristiche e a ridurre eventuali svantaggi a queste legati.
Un secondo fattore positivo è rappresentato dalla riciclabilità di tale risorsa. La terra cruda impiegata in una costruzione, se non mescolata con particolari additivi come ad esempio il cemento, è teoricamente riutilizzabile infinite volte, anche dopo la demolizione, con notevole riduzione dei rifiuti edili generati. Seguono, a questi primi fattori, dati altamente soddisfacenti sulle caratteristiche prestazionali offerte dalla terra cruda. Questa conferisce all’abitazione un buon isolamento acustico ed elevata resistenza termica, grazie all’inerzia del materiale che garantisce un ottimo isolamento. Infatti, la terra cruda è sempre stata sfruttata per queste sua proprietà termiche: nelle famose torri del vento in Medio Oriente le temperature esterne diurne raggiungono i 40° C, ma all’loro interno si può registrare una temperatura di circa 10° C inferiore. Le pareti in terra cruda hanno un’ottima inerzia termica che permette di conservare la temperatura degli ambienti interni, con un rilascio di calore regolare e lento nell’arco della giornata conseguente regolazione anche dell’umidità relativa all’aria. L’inerzia fa sì che il calore accumulato da una parete nel corso delle giornate più calde venga rilasciato con ampio sfasamento, spesso di sera, quando il naturale raffrescamento
Tra i più evidenti vantaggi dell’uso di terra cruda vi è l’ampia disponibilità di questa risorsa e la riduzione delle distanze di trasporto ai cantieri. Le costruzioni realizzate in terra cruda permettono di reperire il materiale in loco, spesso parte della terra utilizzata proviene proprio dagli scavi delle fondazioni. Questa comune pratica diminuisce il numero e il costo dei trasporti necessari a portare il materiale sul luogo di cantiere, condizione che non può verificarsi nel caso di impiego di mattoni cotti o calcestruzzo. Questa notevole diminuzione dei costi, che può essere 10 o 20 volte inferiore, genera un risparmio tale da consentire l’ipotesi di auto-costruzione, vale a dire la possibilità di partecipare in prima persona alla realizzazione della costruzione stessa sotto la guida di un professionista che supervisioni l’esecuzione. 18
sismiche. A conferma di ciò, confrontando la mappa delle costruzioni in terra cruda con quella delle zone a maggior rischio sismico, notiamo un’evidente e rassicurante sovrapposizione. Questo materiale presenta, tuttavia, anche degli svantaggi, tra cui i più evidenti sono le prestazioni meccaniche, generalmente inferiori a quelle dei più consueti materiali da costruzione. Tale dato, cui si farà riferimento in modo più approfondito nel seguito, può essere mitigato dalla considerazione che le tipologie costruttive in terra cruda si sono nel tempo adeguate alle sue caratteristiche di resistenza in termini di dimensioni e di carichi supportati. Inoltre si registra un ridotto numero di norme o linee guida relative alla sua applicazione nelle costruzioni, da cui desumere modelli di calcolo o dati salienti. Troviamo qualche normativa per quanto riguarda i mattoni di adobe o per la terra stabilizzata e possiamo ottenere dei dati relativi alle caratteristiche meccaniche e di resistenza di questo materiale grazie al contributo di diverse organizzazioni interessate.
Rischio sismico - fonte: www.terracruda.com
Diffusione del crudo - fonte: www.terracruda.com
dovuto all’escursione termica esterna contribuisce a ristabilire il comfort generale. La resistenza al fuoco degli edifici in terra cruda è notevole, senza dubbio maggiore di quella certificata per un muro realizzato in calcestruzzo. L’elasticità di questo materiale lo rende adeguato ad assorbire l’energia sismica attraverso la deformazione. Questo fa sì che il suo utilizzo, con gli opportuni accorgimenti tecnici e limitazioni dimensionali delle costruzioni, possa trovare largo uso per le nuove costruzioni anche in zone 19
L'uso della terra nelle costruzioni
TECNICHE COSTRUTTIVE TRADIZIONALI Nel mondo esistono numerose tecniche di messa in opera dell’argilla, e alcune di queste tecniche di costruzione presentano al loro interno alcune varianti.
-- 8c-Adobe mécanique (adobe meccanico) -- 9-Terre extrudée (terra estrusa)
GRUPPO C: riempimento di muratura portante -- 3-Terre remplissant (terra di riempimento)
La tavola sintetica elaborata da CRAterre fornisce un’organizzazione per famiglie dei sistemi costruttivi in terra cruda.
-- 2-Terre couvrante (terra coprente) -- 12-Terre paille (terra paglia) -- 10a-Bague sur poteaux (bague su pali)
È possibile suddividere le applicazioni della terra in tre differenti macro-gruppi che chiameremo A, B, C cui afferiscono diverse tecniche specifiche come illustrato nel seguito.
-- 10b-Terre garnissage (intonaco)
Di queste tecniche elencate e suddivise per gruppi è possibile effettuare schematizzazione più semplice, in base all’uso che se ne fa in tutto il mondo nelle seguenti cinque tipologie:
GRUPPO A: tipologia edilizia con muri portanti e struttura monolitica
-- Adobe
-- 1-Terre creusée (terra scavata)
-- Pisé
-- 11-Terre coulée (terra colata)
-- Bague
-- 7-Terre empliée (terra impilata)
-- Torchis
-- 6-Terre faconne (terra modellata)
-- BTC
-- 5a-Terre comprimée (terra pressata o battuta)
GRUPPO B: muratura portante in blocchi o elementi seriali -- 5b-Blocs pillonée (blocchi pressati) -- 5c-Blocs comprimés (blocchi compressi) -- 4a-Blocs découpés (blocchi ritagliati) -- 4b-Mottes de terre (zolle di terra) -- 8a-Adobe forme (formato a mano)
CRAterre, 2009. The Technology Wheel. In. RABBIA, Romain; FONTAINE, Laetitia, 2009
-- 8b-Adobe manuale (adobe manuale) 20
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L'uso della terra nelle costruzioni
ADOBE
Questa tecnica dalle origini egiziane utilizza un impasto di acqua e fango che talvolta può essere mischiato con paglia e sabbia, modellato in forma di mattone. La modellazione avviene tramite uno stampo in legno, dentro il quale viene inserito l’impasto e lasciato essiccare all’aria. Un’altra tecnica di produzione dell’adobe è tramite il taglio manuale: l’impasto plastico viene livellato omogeneamente sul terreno e poi tagliato in blocchi. Le dimensioni degli adobe variano da zona a zona, per esempio già nella cultura babilonese troviamo mattoni in crudo di dimensioni 20x40, il cui spessore variava tra i 5 e i 10 cm.
poi tagliarlo nelle dimensioni necessarie al suo utilizzo; talvolta durante la produzione i mattoni vengo stabilizzati con l’aggiunta di cemento in piccole percentuali. Questa tecnica largamente utilizzata in Egitto è stata particolarmente indagata dall’architetto Hassan Fathy che negli anni Cinquanta costruì il villaggio di New Gourna, quasi interamente con mattoni in terra cruda prodotti dagli stessi costruttori che successivamente avrebbero abitato il villaggio. I mattoni di abobe hanno bisogno di un luogo dove poterli disporre per la fase di asciugatura in prossimità del sito di messa in opera o in altro luogo al riparo dalle acque.
Al giorno d’oggi la produzione degli adobe è stata standardizzata nei paesi industrializzati dove sono prodotti con macchine che pressano l’impasto plastico all’interno di un condotto rettangolare per
In foto: Tecnica dell’Adobe - fonte CRAterre 22
pisé
Tecnica che consente di realizzare murature monolitiche compattando la terra impastata nello stato tra il secco e l’umido e versata all’interno di casseforme. La compattazione viene eseguita una volta che il composto ha ottenuto il grado di umidità ottimale, definito come il contenuto di acqua al quale il terreno può essere compattato a una densità massima da un dato sforzo di compattazione. Il contenuto d’umidità e la densità secca massima possono essere stabiliti mediante test di compattazione del tipo Proctor standard o modificati. Lo spessore che compone ogni strato è di circa 20 – 30 cm, la fase di compattazione può avvenire in due modi differenti: con l’ausilio di pestelli manuali tipicamente lignei o con pestelli meccanici (vibro-compattatori) che aumentano notevolmente la resistenza del materiale.
Questa tecnica, estremamente diffusa in tutto il mondo, è la più utilizzata insieme all’adobe. I muri in pisé, in quanto monolitici, sono più stabili delle murature di mattoni. La densità della muratura in pisé la rende resistente ai sismi anche se è preferibile fare ricorso ad accorgimenti atti ad aumentarne la resistenza; alcuni di questi prevedono l’inserimento all’interno della muratura ad intervalli regolari elementi verticali e orizzontali in bambù collegati tra di loro o il posizionamento di una soletta in cemento armato posta ad intervalli di 50 cm di altezza della muratura. Questa seconda soluzione va in contraddizione con i principi costruttivi della terra cruda.
In foto: Tecnica del Pisé- fonte CRAterre 23
L'uso della terra nelle costruzioni
Il periodo migliori per realizzare i muri con questa tecnica sono la primavera e l’autunno poiché il terreno contiene naturalmente la giusta quantità di acqua per essere estratto ed essere posto nelle casseforme. Anticamente i casseri erano realizzati con tavole lignee, oggi si preferisce usare casseri metallici poiché sono più resistenti alle spinte laterali in fase di compattazione e permettono la realizzazione di forme curve. Nelle strutture in pisé la parte più fragile sono gli angoli a 90°, se non sono compattati sufficientemente bene, una volta effettuata la scasseratura si possono rompere in grossi pezzi. La resistenza a compressione del pisè è molto variabile secondo il tipo di terra e costruzione e varia tra 0,9 e 1,7 MPa, ovvero da 9 a 17 kg/ cm2. Questa resistenza, debole se paragonata a quella del cemento, è largamente sufficiente per sopportare il peso proprio di un’abitazione dalla configurazione tradizionale, fino a due piani, considerando anche un carico ipotetico di neve.
In foto: Texture di un muro in Pisé Attrezzature utilizzate per la lavorazione 24
BAGUE
Si tratta di un sistema costruttivo per erigere murature portanti e prevede la combinazione di terra argillosa, paglia e acqua in proporzioni tali da ottenere un impasto molto plastico. La fase successiva della lavorazione prevede di stendere l’impasto e lasciarlo riposare sotto uno strato di paglia in modo da raggiungere il giusto grado di umidità. Nella fase di messa in opera i piani vengono posati in strati omogenei con un avanzamento di circa 50 cm al giorno, in modo da permettere il “rilassamento” del materiale sotto l’azione del proprio peso. Spesso colui che esegue la muratura si trova in piedi sul muro e compatta l’impasto con i piedi. Alla fine della lavorazione il muro viene raddrizzato e parificato tagliando eventuali parti in eccesso con l’utilizzo di una vanga.
realizzati con questa tecnica assumono una forma rastremata che conferisce grande stabilità e buona resistenza alle sollecitazioni sismiche.
Questa tecnica è considerata più tradizionale e manuale delle altre e non vede una grande diffusione al giorno d’oggi. Nelle architetture tradizionali, ad esempio nello Yemen, gli edifici
In foto: Tecnica del Bague - fonte CRAterre 25
L'uso della terra nelle costruzioni
TORCHIS
Sistema costruttivo non considerato portante, infatti viene definito “terra su struttura”, assolve la funzione di riempimento dell’ossatura portante che solitamente è costituita da legno. Il riempimento della muratura avviene applicando l’imposto su di un intreccio di piccoli bastoncini di legno posti tra l’ossatura principale e quella secondaria della struttura lignea, intrecciati come le ceste di vimini.
viene eseguita in luoghi differenti dal cantiere e trasportata in sito secondo una logica simile alla prefabbricazione.
Lo spessore massimo solitamente raggiungibile è di circa 20 cm L’impasto viene realizzato miscelando argilla e fibre naturali quali paglia, fieno o altre fibre vegetali con acqua, le fibre vengono sminuzzate ottenendo una lunghezza variabile che va dai 15 – 40 cm. Per rendere l’impasto più lavorabile durante la messa in opera, può essere corretto con l’aggiunta di sabbia qualora risultasse troppo denso. Vista la complessità ed i tempi di applicazione di questa tecnica, in alcuni casi la muratura
In foto: Tecnica del Torchis - fonte CRAterre 26
BTC
Si tratta di blocchi realizzati tramite la compattazione meccanica della terra, lo stato in cui si presenta il composto nel momento in cui viene inserito nella pressa è tra il secco e l’umido. La terra deve essere filtrata con un setaccio con una maglia di almeno 0,4 mm, elementi dalla granulometria troppo grossa possono influenzare negativamente la resistenza dei blocchi che possono essere stabilizzati con l’aggiunta di cemento.
di disporre di grandi quantità di mattoni in un arco di tempo molto breve. I BTC necessitano di un luogo per la produzione e lo stoccaggio per il periodo di asciugatura fino alla messa in opera.
Contrariamente alle costruzioni tradizionali in terra cruda, questa non deriva direttamente da una tecnica manuale e tradizionale, poiché prevede l’uso di una pressa meccanica. Rispetto ad i classici blocchi di adobe, i BTC sono molto regolari nella forma e nelle dimensioni, pertanto presentano migliori caratteristiche di resistenza all’acqua e a compressione rispetto all’adobe. Questo metodo di produzione permette In foto: Tecnica del BTC - fonte CRAterre 27
L'uso della terra nelle costruzioni
PROBLEMATICHE COMUNI AGLI EDIFICI IN TERRA CRUDA Determinare la vita media di un edificio in terra cruda non è facile poiché in gioco vi sono molteplici fattori: condizioni di tipo climatico, strutturale, manutenzione, condizioni d’uso dell’edificio stesso. Altri fattori che influenzano la durata di vita delle strutture in terra sono di tipo costruttivo-esecutivo, ma il nemico più grande di queste strutture è l’umidità che, se non controllata, può causare gravi problemi.
I rimedi tradizionali sono vari. La sporgenza del tetto, ad esempio, fornisce già un importante protezione dalla pioggia alla parte superiore della muratura; anticamente la parte inferiore della muratura veniva protetta dall’umidità di risalita e dalla pioggia di rimbalzo da fondazioni in pietra alle volte eseguite a secco per evitare la risalita capillare attraverso le malte. Al giorno d’oggi non si eseguono più le fondazioni in pietra ma vengono realizzate con l’utilizzo di cemento armato che rischia di essere soggetto anch’esso a questo fenomeno.
Le cause della produzione di umidità in una struttura in terra cruda possono essere di vario tipo: -- Acqua di costruzione rimasta imprigionata nella muratura
Un altro sistema di protezione delle costruzioni in terra prevedeva l’applicazione di intonaci a base di terra e calce o con l’uso di bitume. Il bitume dona alla terra l’impermeabilità di cui ha bisogno ma al contempo ne riduce le proprietà traspiranti che la caratterizzano. In alcuni paesi, per evitare che l’acqua piovana scivoli sulle pareti lisce acquisendo velocità e creando pericolosi solchi verticali, vengono lanciate delle piccole palle d’argilla contro le pareti per creare un intonaco dalla superficie irregolare e con le stesse caratteristiche plastiche del materiale sottostante.
-- Umidità causata dalle condizioni climatiche -- Pendenza del terreno sul lato esterno inadeguata -- Umidità di risalita -- Formazione di Sali igroscopici che assorbono il vapore dall’aria
Tutti questi fattori influenzano fortemente la tenuta delle strutture in terra e possono causare il distaccamento di alcune porzioni murarie o di intonaco qualora fosse presente. La presenza di acqua all’interno della muratura riduce la resistenza a compressione del materiale che di conseguenza potrebbe subire dei distacchi parziali o in casi gravi addirittura il crollo totale.
Le murature in pisé sono molto sensibili ai fattori esterni che possano contribuire alla riduzione di spessore del muro. 28
copertura dello strato superiore e l’altezza ridotta del basamento in cemento.
Per verificare l’erosione del materiale sono stati effettuati molti test, tutti di insuccesso per quelli eseguiti su terre non stabilizzate. Generalmente i test di erosione dei materiali vengono eseguiti in maniera abbastanza aggressiva sugli stessi, ma per la terra non sono appropriati.
Lo studio ha dimostrato che, in proporzione, edifici in terra battuta non stabilizzata possono avere una durata di vita di oltre 100 anni, d’altro canto abbiamo numerose testimonianze storiche di edifici in terra battuta che durano approssimativamente da 1300 anni.
Le strutture reali si comportano in maniera differente rispetto ai campioni, ed è per questo che in uno studio del 2009 è stato descritto uno studio durato 20 anni sui comportamenti dei muri in pisé sotto l’effetto di agenti atmosferici.
Nel mondo esistono svariate metodologie per stabilizzare la terra con elementi naturali e tutte dipendono dal luogo d’applicazione e con tecniche estremamente differenti. Uno studio eseguito in partecipazione con CRAtrre, AMÀCO, LMRH, Labex AE&CC ha elencato quali sono alcuni tra i metodi stabilizzanti e impermeabilizzanti naturali diffusi nel mondo descrivendone i procedimenti di realizzazione. Queste tecniche variano dal più naturale sterco di vacca utilizzato in Burkina Faso, alle fibre della carta in Giappone e all’olio di lino in Francia; questi sono solo alcuni dei metodi descritti nel documento.
Questo studio si è impegnato di mettere a confronto 104 muri realizzati con la tecnica della terra battuta con o senza l’aggiunta di stabilizzanti ed esposti agli eventi naturali per 20 anni, mostrando che l’erosione nei muri stabilizzati era lo 0.5% dello spessore del muro, circa 2 mm e, per i muri non stabilizzati si è verificata una riduzione di spessore del 1.6%, circa 6.4 mm. Un fattore importante da tenere in considerazione è la poca sporgenza dei coppi che sono stati posti a 29
CARATTERIZZAZIONE DELLE TERRE
Il presente capitolo è dedicato all’identificazione e caratterizzazione dei terreni. Lo studio si sofferma sui test che è possibile eseguire in assenza di strumentazioni specialistiche o macchinari sofisticati al fine di ottenere risultati attendibili, per lo più di tipo qualitativo, sulla tipologia dei terreni per valutarne l’opportunità di impiego nella costruzione. Per delineare un percorso condivisibile e replicabile nella selezione delle terre ed esecuzione delle prove analitiche, si procederà a descrivere l’attività di campionamento di sei terreni effettuata in prima persona in fase di ricerca. L’obiettivo principale di tali attività di indagine é la verifica della fattibilità e replicabilità delle analisi svolte anche in contesti caratterizzati da scarsità di mezzi a disposizione, per tale ragione tutte le prove sono state eseguite in modo autonomo con i mezzi a disposizione. Sono stati realizzati dei campioni ad hoc e sottoposti ad alcuni dei test citati ed in tale capitolo e se ne riportano i risultati. Confluiscono in questa sezione anche i risultati di un lavoro di ricerca condotto presso l’Ecole Nationale Superieure d’Architecture de Lyon sulla realizzazione di pavimentazioni in terra cruda.
In foto: provini di terra in formato circolare 30
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Caratterizzazione delle terre
COMPOSIZIONE DEL SUOLO Strato organico decomposto Orizzonte O Materiale organico e minerale Orizzonte A Strato adatto alla costruzione Orizzonte B Strato di sabbia e ghiaia Orizzonte C Roccia madre Orizzonte R Composizione del suolo
Osservando il suolo possiamo notare che è costituito da più strati orizzontali caratteristici, di spessori differenti, questi vengono definiti orizzonti e nel loro insieme formano il profilo del suolo.
dei diversi tipi di grani dipende dal tipo di terreno dal quale si effettua lo scavo) Orizzonte C: è costituito da sabbia, ghiaia e sassi. Questo tipo di orizzonte è debolmente alterato da processi pedogenetici.
Secondo la definizione del pedologo Vasilij Dokucaev, sono stati definiti tre orizzonti più il substrato roccioso.
Orizzonte R: è lo strato più profondo costituito da roccia madre, viene anche chiamato substrato roccioso.
Orizzonte A: costituisce la prima parte del suolo ed è composto da una miscela di materiale organico e minerale, questo fa sì che non sia adatto alla costruzione poiché la presenza di materiale di natura organica può causare dei sinistri. Orizzonte B: posto al di sotto dell’orizzonte A è costituito da grani che possono essere classificati per taglia, questo strato è adatto alla costruzione di edifici in terra. (la proporzione e la dimensione 32
FRAZIONI GRANULOMETRICHE La terra è composta da frazioni granulometriche differenti che rappresentano i gradi di trasformazione della roccia madre e possiamo classificarle come segue: argilla, silt, sabbia fine, sabbia grossa, ghiaia. Le proporzioni variano da una terra all’altra e ne condizionano l’uso, tutte le componenti non sono altro che dei frammenti di taglie diverse della stessa roccia. A differenza dei ciottoli di ghiaia, sabbia e limo, un’attenzione particolar va data all’argilla.
Tabella frazioni granulometriche
L’argilla si distingue dagli altri elementi solo per differenze granulometriche e non per composizione chimica. La sua caratteristica finezza, rende possibile il legame con l’acqua e le altre frazioni granulometriche. La carica elettrostatica di questa componente fa si che essa attiri a sè le molecole d’acqua per il fenomeno dell’igroscopicità della materia. Si attribuisce all’argilla il ruolo che si attribuisce al calcestruzzo, ossia di legante. Esistono differenti tipi di argille con caratteristiche differenti, ad esempio la montmorillonite è un tipo di argilla in grado di aumentare il proprio volume fino ad 8 volte quello iniziale quando immersa in acqua, oppure, l’illite o le caoliniti le quali non raddoppiano neppure il volume iniziale.
Fogli di argilla caolinite al microscopio
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Caratterizzazione delle terre
IDENTIFICAZIONE DEI TERRENI Innanzitutto, è giusto precisare che non tutte le terre sono adatte per essere applicate come materiale da costruzione. Le caratteristiche della terra sono determinanti per stabilire quali metodi costruttivi sarà possibile adottare. Riconoscere un tipo di suolo non è difficile e per farlo è possibile eseguire diversi tipi di prove divisibili in tre tipologie:
senza strumentazione specialistica, il che rende questi test molto interessanti per la loro applicabilità anche in contesti di auto-costruzione o di scarsa specializzazione dei soggetti partecipanti. Qui di seguito sono descritte solo alcune delle prove sopra citate che sono sufficienti a stabilire la qualità e le caratteristiche del terreno e sono eseguibili anche in assenza di strumentazioni sofisticate.
-- Prove preliminari, realizzabili interamente o
quasi senza l’utilizzo di strumentazioni, danno risultati approssimativi ma replicabili sul campo.
-- Prove meccaniche, realizzate in laboratorio,
ci forniscono risultati attendibili sulla resistenza dei materiali.
-- Prove chimico fisiche, sono in grado di fornir-
ci dati sulla composizione del materiale.
Al fine di ottenere dei risultati attendibili, indipendentemente dal tipo di prova che si sta effettuando, è consigliabile eseguire la stessa prova più volte in maniera da poterne incrociare i dati e misurarne gli errori. Le prove preliminari sono da considerarsi di grande importanza perché possono essere eseguite in cantiere senza bisogno di strumentazione. Se ben eseguite, queste prove sono in grado di fornire indicazioni piuttosto precise sulle caratteristiche del terreno. Nella tabella seguente possiamo trovare l’elenco delle prove che possono essere eseguite senza l’ausilio di macchinari complessi, o interamente 34
Tabella sintetica delle prove
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Caratterizzazione delle terre
ProVA DEL COLORE Il terreno deve essere prelevato ad una profondità di circa 50 cm fatto asciugare. Il colore del terreno essiccato è in grado di fornire informazioni indicative riguardanti la sua composizione chimica, tale campionamento del colore viene effettuato tramite il confronto con le tavole di Munsell. Questo sistema di classificazione consente di evitare errori dovuti all’interpretazione soggettiva, tramite questa tavola si definiscono le caratteristiche di tonalità, purezza e intensità o luminosità del terreno. Possiamo riassumere in tre macro- categorie la colorazione del terreno: -- A. Un colore grigio chiaro denota la presenza di carbonati di calcio. -- B. Un colore giallo bruno denota la presenza di idrati di carbonio. -- C. Un colore che varai dal rosso al marrone scuro denota la presenza di ossidi di ferro.
Immagine: tavola esemplificativa di Munsell 36
PROVA DEL LAVAGGIO MANI Questa prova consiste nel prendere della terra allo stato umido e dopo averla manipolata procedere al lavaggio delle mani; nel caso in cui durante il lavaggio la rimozione della terra risulti difficoltosa e si avrà la sensazione di avere le mani unte, allora la terra conterrà un’alta percentuale di argilla. In presenza di terre con caratteristiche limo-sabbiose, il lavaggio risulterà facile. È evidente che questa prova, se pur in maniere molto approssimativa, serve a verificare o meno la presenza di argilla nel composto terroso ed è eseguibile senza l’ausilio di alcuna strumentazione o conoscenza pregressa.
Prova del lavaggio delle mani - produzione dell’autore 37
Caratterizzazione delle terre
PROVA DELLA LUCENTEZZA Non è altro che un altro sistema utilizzato per rilevare la presenza di argilla all’interno del composto terroso. Per procedere bisogna realizzare una palla di terra umida tagliarla con una qualsiasi lama. Se la lama con la quale si è effettuata la prova risulta pulita ed il taglio netto, il contenuto di argilla nel terreno è da ritenersi piuttosto alto. Va specificato che si tratta di una prova esclusivamente qualitativa che funziona solo in una casistica piuttosto ristretta di composti terrosi.
Prova della lucentezza- produzione dell’autore 38
PROVA DELLA RESISTENZA A SECCO La prova ha come obiettivo quello di testare la capacità dell’argilla come legante all’interno di un campione terroso. Per questa prova si utilizza della terra passata al setaccio con una maglia di 0,4 mm in modo da rimuovere inerti di grossa dimensione che possano inficiare il risultato del test. Una volta setacciato, il composto viene bagnato fino ad ottenere un composto plastico, lo si stende e lo si fa riposare per 24 ore in modo che l’acqua possa essere ben assorbita dall’argilla che si trova nel composto terroso. La fase successiva consiste nella realizzazione di pastiglie di terra del diametro di 5 cm e uno spessore pari a 1 cm che si lasciano essiccare.
pastiglia, poiché anche questo risultato ci permette di capire la composizione del terreno un ritiro notevole significherà che la pastiglia avrà un alto tasso di argilla, al contrario se il ritiro è pressoché nullo, saremo in presenza di un terreno a basso contenuto di argilla o alto contenuto di sabbia.
Ad essiccazione avvenuta, si valuta lo sforzo necessario per spezzare le pastiglie e possiamo identificare tre tipologie: -- Se la pastiglia si rompe con difficoltà e continuando a premere si frantuma in più pezzi, senza però sbriciolarsi, il suolo esaminato contiene un alto tasso di argilla allo stato puro. -- Se la pastiglia non è difficile da spezzare allora saremo in presenza di un terreno di tipo limoso o sabbioso. -- Se la pastiglia si rompe senza problemi e si riduce in polvere con poco sforzo, saremo in presenza di un terreno con un basso tenore di argilla e un alto tasso di sabbia all’interno del composto.
Inoltre, è molto importante misurare il ritiro della
Prova della resistenza a secco - produzione dell’autore 39
Caratterizzazione delle terre
PROVA DI SEDIMENTAZIONE Serve a identificare e misurare la percentuale dei materiali presente nel composto terroso.
-- Sabbiosa
La prova andrebbe svolta con un cilindro graduato, in mancanza di questo si può sempre effettuare l’esperimento con un barattolo di vetro stretto e lungo.
-- Limosa
Svolgimento:
-- Franco sabbiosa argillosa
-- Sabbioso franca -- Franco sabbiosa -- Franca -- Franco limosa -- Franco argillosa
1) Riempire il barattolo per 1/4 di terra e i restanti 3/4 di acqua
-- Franco limosa argillosa -- Argilloso sabbiosa
2) Agitare il composto e lasciarlo riposare per un ora
-- Argilloso limosa -- Argillosa
3) Trascorsa un’ora circa dall’inizio della prova agitare nuovamente e seguire i seguenti tempi per le verifiche -- 30 minuti, deposito composto da ghiaia, sabbia e limo -- 24 ore, oltre ai precedenti include l’argilla -- Tutto ciò che rimane sul pelo dell’acqua è materiale organico
Al fine di ottenere un risultato più attendibile per questo test, si misurano tutti gli strati visibili e se ne ricavano le percentuali. Queste verranno poi inserite nel grafico creato dall’USDA (United State Department of Agriculture), denominato piramide del suolo. Ciò ci permetterà di stabilire il tipo di terreno la cui composizione potrà definirsi:
Prova di sedimentazione- produzione dell’autore a fianco: Piramide USDA - riproduzione dell’autore 40
100
0
90
10
80
20
70
30
40
ar
50
o%
gil
la
lim
%
60
50
40
60
30
70
20
80
10
90
0
100 100
90
80
70
60
50
sabbia %
41
40
30
20
10
0
Caratterizzazione delle terre
PROVA DEL “SIGARO” Anche in questo caso la prova serve a determinare la capacità coesiva della terra e il suo contenuto di argilla. Il processo di realizzazione è lo stesso del test precedentemente descritto, ma anziché realizzare dei dischetti, si realizza un “sigaro” di terra del diametro di 2-3 cm. Una volta realizzato lo si fascorrere fino al bordo del tavolo, facendolo “lavorare a sbalzo” fino a che non avviene il distaccamento di una porzione di “sigaro”. Misurando tutti i campioni che si staccano sarà possibile ottenere una media da cui trarre le seguenti considerazioni: -- Inferiore a 5 cm, la terra utilizzata sarà poco coesiva. -- Compresa tra 5 e 15 cm, terra mediamente coesiva. -- Maggiore a 15 cm, terra altamente coesiva.
Prova del “sigaro”- produzione dell’autore 42
PROVA DELLA PALLA MODIFICATA Questa prova ha come obiettivo l’identificazione della percentuale d’acqua adatta da inserire all’interno del composto terroso perché sia adeguatamente compatto. Si forma una palla di terra e la si lascia cadere da circa un metro e mezzo d’altezza, se all’impatto con il suolo la palla si spacca in tanti pezzi, allora il composto sarà troppo asciutto e bisognerà aggiungere ancora acqua per renderlo rigido-plastico. In caso di aggiunta eccessiva di acqua, l’impasto risulterà liquido e quindi non adatto alla costruzione (anche se questo dipende dall’impiego). La prova può considerarsi superata quando all’impatto con il suolo il composto non si scompone e non modifica in maniera eccessiva la sua forma. Bisogna però specificare che, qualora il composto dovesse superare il test, non necessariamente il terreno é adatto alla costruzione. Ad esempio; le terre eccessivamente argillose, che solitamente superano con successo questa prova, sono praticamente inutilizzabili ai fini della costruzione.
Prova della palla modificata - produzione dell’autore 43
Caratterizzazione delle terre
TEST DI CARAZAS Il test di Carazas è stato sviluppato da CRAterre per comprendere meglio i comportamenti della terra quando viene sottoposta a differenti fasi di idratazione e differenti metodi e forza di compattazione. Il test suggerisce di riempire con la stessa quantità di terra una cassaforma in cinque fasi idriche diverse (secco, umido, plastico, viscoso, liquido) e diversi tipi di compattazione (senza essere compattata, compattata a mano, pressata con un pestello). In base ai risultati ottenuti si potrà stabilire, sempre empiricamente, il comportamento di una determinata terra rispetto ad un’altra e la sua applicabilità nelle costruzioni.
PROVE MECCANICHE Le prove meccaniche servono per comprendere il comportamento della terra sotto sforzo. Si deve tenere presente che la resistenza meccanica della terra è raramente insufficiente per la costruzione di piccoli edifici, il vero problema è rappresentato dalla resistenza all’acqua, che si infiltra per imbibizione e dilavamento, problemi che possono essere risolti con le dovute precauzioni.
In foto: test di Carazas Tabella tipo per l’esecuzione del test 44
COMPRESSIONE La prova a compressione assiale a lati liberi serve a determinare la tensione di rottura del provino, con dilatazione libera nelle due direzioni appartenenti al piano perpendicolare allo sforzo di schiacciamento. I risultati che si ottengono sono di tipo quantitativo le cui variabili sono il composto terroso e l’energia di compattazione con la quale sono realizzati i provini. È quindi necessario ripetere il test almeno tre volte per ogni composto terroso in modo da favorire una valutazione statistica. La prova è eseguita realizzando dei provini di dimensioni 10x10x10 cm o 15x15x15 cm, formati in appositi casseri che, ad asciugatura avvenuta, non prima di 28 gg se eseguiti senza l’ausilio di acceleratori di maturazione, vengono posti in una pressa idraulica e successivamente portati a rottura. Come detto, questa prova necessita di una serie di almeno tre prove per composizione poiché ci sono molte variabili che entrano in gioco, la più importante è la variante geometrica: il provino deve essere perfettamente cubico. Altre variabili dipendono dalle condizioni atmosferiche (temperatura e umidità), compattazione del provino, quantità d’acqua e disarmo.
Prova di compressione - produzione dell’autore 45
Caratterizzazione delle terre
TRAZIONE La prova di trazione o trazione inversa (brasiliana) serve a determinare la resistenza a trazione dei materiali a secco. Anche in questo caso i risultati che si ottengono sono di tipo quantitativo ed è quindi opportuno anche in questo caso eseguire un numero di provini tale da poter avere una valutazione statistica. Per la realizzazione di questa prova bisogna realizzare un cassero a forma di “8” all’interno del quale vengono prodotti dei provini, una volta seccati vengono portati a rottura con un’apposita macchina che blocca le estremità del provino tra due ganasce simmetriche. Questa prova permette di ottenere un valore approssimativo della resistenza a trazione e di calcolarne inversamente quella a compressione. La resistenza a trazione per le costruzioni in pisé è praticamente nulla poiché questa tecnica deve la sua resistenza alla compressione.
Prova di trazione - produzione dell’autore 46
DILAVAMENTO La prova di dilavamento ha lo scopo di fornire un’idea degli effetti di erosoine che l’acqua genera su differenti campioni di terra. I provini possono essere prodotti allo stato puro (solo terra) o essere trattati con stabilizzanti. I campioni vengono inclinati e sottoposti a dilavamento per mezzo di una doccia che bagna i provini in un arco di tempo stabilito. La parte superiore del provino verrà bagnata per via dell’acqua che schizza sul campione, la parte centrale sarà quella colpita direttamente dall’acqua e la parte inferiore è quella che subirà il dilavamento per via dell’acqua che scorre via. Come detto nel paragrafo “problematiche comuni degli edifici in terra cruda”, il test d’erosione per dilavamento avviene in maniera troppo aggressiva per provini di terra e quindi i risultati non sono attendibili rispetto agli effetti reali dovuti a tale fenomeno sulle costruzioni.
Prova di dilavamento - produzione dell’autore 47
Caratterizzazione delle terre
IMBIBIZIONE Questa prova è di tipo qualitativo, ha lo scopo di ottenere dati indicativi sul comportamento di differenti composti terrosi durante l’immersione in acqua. I campioni vengono sottoposti a 10 cicli d’immersione e asciugatura della durata di 24 ore. Ad ogni ciclo i provini vengono pesati per stabilire la capacità di assorbimento della terra e la quantità di materiale perso durante i cicli. I campioni stabilizzati con cemento presentano la particolare caratteristica che, dopo una determinata aggiunta di stabilizzante, durante i cicli smettono di perdere peso quindi di perdere materiale.
Prova di imbibizione - produzione dell’autore 48
SELEZIONE DEI TERRENi Le prove realizzate ai fini di questa tesi, sono state eseguite senza l’ausilio di macchinari specializzati, questo non ha impedito di rilevare le caratteristiche principali dei terreni analizzati. Lo scopo di tale serie di prove su diverse tipologie di terreni selezionate appositamente, è la verifica delle opportunità di valutazione delle qualità e caratteristiche dei terreni in assenza di strumentazioni sofisticate o particolari conoscenze tecniche. Le analisi eseguite, infatti, si dimostrano ripetibili praticamente in qualsiasi contesto con l’utilizzo di pochissime risorse e forniscono risultati qualitativi utili alla selezione delle terre che si vogliono impiegare in una costruzione, nonché all’individuazione di eventuali correzioni da apportare in fase di preparazione delle miscele terra-acqua.
In fase di selezione e campionamento tre terreni sono stati prelevati in Friuli-Venezia Giulia, presso la ditta edile Biscontin a Porcia che ha concesso il materiale a titolo gratuito con lo scopo di sostenere la ricerca in tale ambito. I tre terreni da loro donati sono di provenienza di cantieri tra Porcia e Pordenone. Gli altri due terreni analizzati provengono dal territorio ligure, in particolare dalla località denominata “terre rosse” a Molassana e dalla cava di Acquafresca a Castiglione Chiavarese.
I primi tre terreni, che chiameremo A, B, C, si presentevano già pronti all’uso perché erano stati setacciati e passati alla molazza prima del prelievo e ne sono stati prelevati un quantitativo totale di 300 kg, 100 kg per ogni terreno.
I terreni presi in esame per i test sono stati prelevati in località differenti, con alcuni di questi non è stato possibile effettuare tutte le prove vista la scarsità di terreno a disposizione. Inoltre ad avvalorare quello che si è detto precedentemente sulla qualità dei terreni e le caratteristiche necessarie per l’impiego nelle costruzioni, sono state eseguite delle prove anche su terra ricca di elementi vegetali i cui risultati ne hanno confermato la non conformità alla costruzione.
La terra della cava di Acquafresca, che chiameremo D, già ad una prima vista si presentava ricca di elementi dalla grossa granulometria in percentuale maggiore rispetto alle parti più fini e, nonostante sia stato prelevato un sacco da 10 kg circa, non è stato possibile ricavare abbastanza materiale per eseguire tutti i test.
49
Caratterizzazione delle terre
Il secondo terreno ligure, proveniente dalla località “terre rosse”, denominato E è stato preso direttamente dallo strato superficiale: si tratta di curiosi fenomeni calanchivi scavati in una formazione di argilliti vari-colori (“Argilliti di Montoggio”), che variano dal rosso vinaccia al verde acqua. Ad una prima osservazione si presentava sotto forma di pietre piccole e medio grosse dal colore rosso scuro che sotto l’effetto di una piccola pressione si sbriciolavano. L’ultimo terreno che analizzeremo, in parte solo per comprendere meglio la sostanziale diversità dagli altri terreni, e che chiameremo F, proviene dallo strato più superficiale ed è stato prelevato da un generico giardino privato. Prima delle prove qui sotto descritte sono state effettuate delle prime prove di tipo visivo, tattile e olfattivo. Le terre A, B, C, si presentavano fini al tatto e la presenza di sabbia risultava assente, all’olfatto non sono state riscontrate presenze organiche cosi come per le terre D ed E che invece risultavano più granulose al tatto e alla vista, la terra D presentava ciottoli di grossa granulometria rimossi successivamente con un setaccio dalla maglia di 4 mm. In foto: selezione di terreni A, B, C, D, E a destra: provini cubici realizzati con le terre A, B e C 50
51
Caratterizzazione delle terre
PROVA DEL COLORE Tutte le terre prese in esame ad una prima vista non presentano la presenza di tracce organiche ad eccezione del terreno F, proveniente dallo strato superficiale che invece è ricco di materia organica. La colorazione dei terreni analizzati è varia e ognuno di loro presenta elementi chimici differenti che vanno dal carbonato di calcio per i terreni chiari a ossido di ferro per i terreni più scuri. Questa prova è senz’altro più significativa per campioni presi a profondità superiori al metro dove la presenza di materiale organico è pressoché assente. Per terre prese in superficie la colorazione è molto scura.
10.0YR_6_2
5.0YR_3_4
Si può notare come la colorazione dei terreni sia varia.
10.0Y_7_2
10.0YR_5_2
7.5R_2_4
In foto: prova del colore 52
PROVA DI SEDIMENTAZIONE Ogni campione di terra è stato posizionato all’interno di un barattolo riempiendolo per 1/4 e i restati 3/4 di acqua. Una volta agitati i barattoli sono stai lasciati riposare per circa 24 h durante le quali il composto si è depositato sul fondo del barattolo formando degli strati di sedimentazione. Trascorse le 24 h sono stati misurati tutti gli strati e successivamente i dati sono stati incrociati con la tabella “USDA” per determinare la tipologia di terreno. Le terre A, B, C, D , E non presentano o è quasi del tutto assente, la presenza di materiale organico sul pelo dell’acqua e la colorazione dell’acqua è limpida, la terra F invece presenta tanto materiale organico sul pelo dell’acqua e la stessa ha assunto una colorazione torbida proprio a causa delle sostanze organiche. Un altro dato importante è l’aumento di volumetria delle terre rispetto allo stato iniziale che ne denota la presenza di argilla, l’unica terra che al contrario ha perso volumetria rispetto allo stato iniziale è la terra F.
In foto: prova di sedimentazione 53
Caratterizzazione delle terre
A. Sabbia 1,5 cm - 21%, Limo 1,5 cm - 21 %, Argilla 4,1 cm - 57%
C. Sabbia 1,5 cm – 24,19%, Limo1 cm - 16 %, Argilla 3,7 cm - 59 %
Livello di partenza: 5,5 cm
Livello di partenza: 5,5 cm
Livello finale: 7,1 cm
Livello finale: 6,2 cm
Terreno di tipo: Argilloso
Terreno di tipo: Argilloso
B. Sabbia 2,4 cm – 30%, Limo1,4 cm - 17 %, Argilla 4,2 cm - 52 %
D. Sabbia 3,7 cm – 60,6%, Limo 1,4 cm - 22 %, Argilla 1 cm - 16%
Livello di partenza: 5,5 cm
Livello di partenza: 5,5 cm
livello finale: 8 cm
Livello finale: 6,1
Terreno di tipo: Argilloso
Terreno di tipo: franco sabbioso
In foto: Prova di sedimentazione sui terreni A,B,C,D,E, F 54
E. Sabbia 4,9 cm - 79%, Limo 0,7 cm - 11%,
F. Sabbia 3,7 cm - 88%, Limo 0,5 cm - 11%, Argilla
Argilla 0,6 cm – 9,6 %
assente%
Livello di partenza: 5,5 cm
Livello di partenza: 5,5 cm
Livello finale: 6,2 cm
Livello finale: 4,2 cm
Terreno di tipo: franco sabbioso
Terreno di tipo: sabbioso
Piramide USDA
55
Caratterizzazione delle terre
PROVA DI RESISTENZA A SECCO Per questa prova sono stati realizzati quattro dischetti per ogni campione con la metodologia descritta precedentemente. L’unica terra che non ha permesso la realizzazione di questi dischetti è la terra D per insufficienza di materiale.
A
Terra A: ritiro medio e rottura netta dei dischetti emettendo un suono secco. Sforzo di rottura alto. Terra B: ritiro notevole e rottura netta dei dischetti emettendo un suono secco. Sforzo di rottura alto
B
Terra C: ritiro medio e rottura netta dei dischetti emettendo un suono secco. Sforzo di rottura medio. Terra E: ritiro pressoché nullo rottura in più parti del dischetto emettendo un suono sordo alla rottura. Sforzo di rottura basso
C
Terra F: ritiro notevole dovuto al materiale organico, rottura frastagliata. Sforzo di rottura nullo. E
F In foto: prova di resistanza a secco 56
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Caratterizzazione delle terre
PROVA DEL “SIGARO” Per le terre A, B, C, E, sono stati realizzati dei “sigari” del diametro di 2-3 cm e dopo averli fatti lavorare a sbalzo sul bordo del piano da lavoro per 3-4 volte, sono stati ricavati dei pezzi che si sono staccati dal corpo principale. Questi pezzi una volta misurati hanno permesso di ottenere una media che indicativamente stabilisce la proprietà coesiva del terreno. Risultati delle prove ottenute.
A
A. Media su 4 pezzi: 16,75 cm Terra altamente coesiva B B. Media su 4 pezzi: 13 cm Terra altamente coesiva C. Media su 4 pezzi: 19,87 cm Terra altamente coesiva
C
D. Test non effettuato E. Medie su 4 pezzi: 8,27 cm Terra mediamente coesiva E F. Test non effettuato Terra scarsamente coesiva In foto: misurazioni prova del sigaro A,B,C,E a destra: provini a “sigaro” A,B,C,E 58
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Caratterizzazione delle terre
PROVA DI COMPRESSIONE Per questa prova è stata realizzata una cassaforma 10x10x10 all’interno della quale sono stati inseriti terra e sabbia con proporzioni 6-3-1 (6 di terra, 3 di sabbia, 1 d’acqua) precedentemente mescolati a secco e poi con l’aggiunta di acqua in modo da ottenere un composto umido né colloso né plastico. L’impasto è stato poi versato nella cassaforma compattandone gli strati poco alla volta fino ad arrivare in cima, ogni strato è stato soggetto a compattazione per 25 volte in modo da conferire indicativamente la stessa densità a tutti gli strati.
complicanze, anche se, in fase di disarmo si è notato che l’aspetto delle superfici esterne non era sempre regolare, problema che è stato attribuito ad una fase di miscelazione e compattazione non del tutto corretta. La terra B invece, ha avuto bisogno dell’aggiunta di acqua perché l’impasto risultava troppo asciutto e alla prova della palla modificata si scomponeva al suolo in più parti. Al disarmo la superficie risultava più liscia e compatta della terra A. Si può dire, ad una prima considerazione, che la fase di miscelazione e compattazione sia avvenuta in maniera corretta.
La fase di disarmo è molto importante perché non si devono verificare distacchi del materiale, altrimenti potrebbero influenzare il test di compressione poiché il provino deve essere perfettamente cubico.
La terra C è stata senza dubbio la più difficoltosa da utilizzare perché all’aggiunta dell’acqua hanno incominciato a formarsi grumi di grosse dimensioni e dalla consistenza plastica che rendevano difficoltoso l’impasto a mano. Al primo tentativo di messa in opera all’interno del cassero la terra risultava eccessivamente plastica e compattando da una parte saliva dall’altra, vanificando cosi ogni sforzo nel tentativo di creare il cubo. L’impasto è stato quindi corretto aggiungendo della sabbia in modo tale che rendesse la terra più lavorabile e dell’altra terra per far si che l’acqua in eccesso venisse assorbita. Dopo questa correzione l’impasto è stato pressato con facilità all’interno
Le terre con le quali sono stati realizzati i cubi sono le terre A, B, C la miscela di partenza è stata per tutte e tre la stessa ma in alcuni casi è stato necessario correggerla aggiungendo o della sabbia o dell’acqua. Per ogni terra sono stati realizzati 4 cubi. La terra A non ha avuto bisogno dell’aggiunta ne di sabbia ne di acqua e l’impasto eseguendo la prova della palla modificata si è comportato in maniera ottima non presentando difetti. La formazione dei campioni è risultata semplice senza 60
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del cassero e nella fase di disarmo soltanto un cubo (il primo della serie) ha perso un pezzo nella fase di disarmo. Nel complesso come detto questa terra è stata la più difficile da utilizzare per la creazione dei cubi. I 12 provini cubici 10x10x10 sono stati preparati e di seguito se ne riportano le fotografie. Per ragioni tecniche le prove di compressione non sono state eseguite, per tale motivo sono stati presi in esame a titolo esemplificativo i risultati ottenuti nell’esecuzione di test di compressione su provini di terra da bibliografia. In particolare si fa riferimento ai provini e ai test eseguiti da Davide Pedemonte nel suo elaborato di tesi di laurea che si riporta in bibliografia. La terra utilizzata per la produzione dei cubi proveniva da Vesima in una proprietà privata all’interno della quale è stata eseguita la costruzione di un’abitazione privata con tecniche naturali miste, tra cui il pisè. I test di compressione evidenziano un resistenza media di 4 MPa e 7MPa per le due terre, contro i 13-17 MPa del calcestruzzo. Tali valori si ritengono sufficienti alla realizzazione di una casa monopiano con tetto a due falde. I risultati potrebbero essere ulteriormente incrementati aumentando la dimensione dei cubi, selezionando i terreni a maggiore profondità ed aggiungendo all’impasto inerti che contribuiscono alla resistenza complessiva
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Immagine: assonometria del cassero 10x10x10 cm In foto: prove di compressione 61
Caratterizzazione delle terre
Terra A - Provino 1
Terra A - Provino 2
Terra B - Provino 1
Terra B - Provino 2
Terra C - Provino 1
Terra C - Provino 2 62
Terra A - Provino 3
Terra A - Provino 4
Terra B - Provino 3
Terra B - Provino 4
Terra C - Provino 3
Terra C - Provino 4 63
Caratterizzazione delle terre
PAVIMENTAZIONI IN BLOCCHI DI TERRA Durante il periodo di studio all’estero passato a Lione, nell’ambito del corso di progettazione ATEC è stato affrontato il tema delle costruzioni in terra cruda, in particolare per progettare una strada che fosse in grado di resistere al peso delle autovetture.
I risultati ottenuti sono stati uno stimolo per proseguire nella ricerca inerente la terra cruda ed approfondire la tematica anche in relazione ad altre componenti, in particolare i muri. Ai fini del progetto si considereranno validi i risultati ottenuti presso l’ENSAL avendo evidenziato valori prestazionali anche superiori a quelli strettamente necessari per la realizzazione di pavimentazioni ad uso esclusivamente pedonale.
Insieme all’equipe di progetto e all’aiuto di esperti nelle costruzioni in terra dei Grands Ateliers, è stato eseguito un lavoro sperimentazione che ha portato alla produzione di campioni eseguiti con diverse tecniche di lavorazione della terra cruda con miscele di composizione differenziate. I campioni realizzati sono stati sottoposti a test di resistenza al carico, impatto ed abrasione per verificarne la rispondenza alle esigenze di uso come pavimentazione pubblica carrabile. E’ stato altresì realizzato un prototipo di pavimentazione 10x1,20m nella struttura di estensione dei GAIA, utilizzando la composizione di terra risultata più prestante all’esito dei test. E’ stato quindi possibile verificare le prestazioni della pavimentazione non solo su campione, dove i risultati possono essere influenzati dalle dimensioni dei provini, ma anche attraverso un prototipo 1:1 che ha consentito di constatare l’elevata qualità della soluzione tecnica prescelta e di testare la pavimentazione attraverso l’uso diretto. 64
Campioni 30 x 75 x 8 cm - in terra colata
Composizione dei campioni
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Caratterizzazione delle terre
Composizione dei campioni
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Campioni 30x30x5 cm - in tecnica mista provini realizzati con tecniche miste: colata, pressata e sottoposti a test di abrasione
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Caratterizzazione delle terre
Campioni 40x40x5 cm - in pisé
Prova di abrasione 68
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IL CASO STUDIO DI HAITI
Nel 2010 Haiti é stata devastata da un violento sisma di Magnitudo 7 della scala Richter che ha distrutto gran parte del patrimonio edilizio e costretto migliaia di persone a vivere in condizioni precarie e di emergenza per diversi anni. All’indomani del tragico evento la corsa alla ricostruzione non ha saputo risolvere le problematiche insite nel settore edilizio che sono tra i principali fattori dell’esito tragico del terremoto. Numerose associazioni ed organizzazioni hanno portato il loro contributo alla ricostruzione, talvolta mancando di cogliere l’emergenza come opportunità di radicale cambiamento e rieducazione della popolazione alla cultura del costruire. E’ possibile immaginare un diverso scenario di ricostruzione emergenziale che superi le criticità dell’impiego massivo di calcestruzzo in territori privi di risorse e con scarsa formazione tecnica diffusa ? Il presente capitolo ricostruisce l’identità di Haiti con particolare riferimento alla tradizione architettonica dell’abitazione vernacolare, alla ricerca di un modello di riferimento per la proposta di un nuovo modo di costruire più sicuro e sostenibile.
In foto: La densità abitativa di Port-au Prince 70
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Il caso studio di Haiti
INTRODUZIONE Il caso studio di Haiti è preso in considerazione nell’ambito del presente lavoro di ricerca in quanto emblematico di tendenze e problematiche connesse al tema della ricostruzione emergenziale. Il terremoto distruttivo del 2010, che ha investito il centro di Port-au-Prince causando la morte di 230.000 persone, un numero equivalente di feriti con conseguenza spesso devastanti e la distruzione di una notevole parte del patrimonio edilizio dell’isola, ha portato alla luce le contraddizioni insite nel settore delle costruzioni ad Haiti, così come configurato negli ultimi 50 anni. Lungi dal farsi sostenitori di questa o quella pratica architettonica in modo aprioristico, ciò che risulta evidente è l’inadeguatezza dimostrata da buona parte dell’edilizia del contesto preso in esame in occasione di un evento violento e disastroso. Il rischio sismico è insito nelle caratteristiche geomorfologiche del luogo che ne determinano la pericolosità, nonché determinato dal fattore esposto, vale a dire i tessuti urbani e gli abitanti. Si tratta quindi di un rischio con cui la pratica edilizia deve necessariamente confrontarsi per rispondervi in modo efficace in termini di sicurezza delle costruzioni. Il quadro generale nel caso di Haiti è aggravato da un’altra caratteristica preminente del sito: la forte esposizione a fenomeni meteorologici catastrofici, gli uragani, che ciclicamente investono
l’isola determinando ingenti problemi di sicurezza per gli abitanti. È ovvio che in un simile contesto l’edilizia debba farsi carico di tutte le componenti in gioco ed offrire soluzioni tecniche efficaci che possano garantire anzitutto un elevato livello di sicurezza per gli abitanti e, non secondariamente, un adeguato livello di qualità ambientale ed architettonica in relazione alle caratteristiche tradizionali del modus habitandi dell’isola. All’indomani dell’evento distruttivo del 2010, come spesso accade in contesti omologhi, numerose iniziative di supporto sono state intraprese anche dall’esterno, ed il governo di Haiti ha predisposto studi e documentazioni finalizzati a diffondere una Guida di buone pratiche per la costruzione antisismica che avrebbero dovuto far parte già da lungo tempo delle conoscenze locali sedimentate. La ricostruzione è un momento sinergico in cui si concentrano contributi provenienti da diversi ambiti e direzioni, ragione per cui si rende necessaria un’attività analitica volta a comprendere le cause profonde e i cofattori che hanno determinato gli esiti disastrosi registrati, per intraprendere con consapevolezza ed efficacia il processo di ricostituzione di un patrimonio edilizio evidentemente posto a rischio distruzione. Sulla 72
base delle premesse fatte ci si chiede, quindi, se sia possibile configurare una via unica della ricostruzione o se molteplici possibilità possano essere vagliate per far fronte all’emergenza.
In foto: 1. Haiti - Campo di emergenza (2010) 2. Port-au-Prince distrutta dal sisma (2010) 3. Macerie di un edificio a Port-au-Prince (2010) 73
Il caso studio di Haiti
IL CONTESTO Sin dai primi momenti della sua dichiarazione come Repubblica indipendente, avvenuta nel 1803, Haiti è sempre stata soggetta ad instabilità economica e politica, basti pensare che dal 1821 al 1915 si succedettero 22 presidenti, nessuno dei quali finì il suo mandato. Vista l’incapacità di governare il paese, nel 1915 gli Stati Uniti presero il controllo di Haiti, gestendone le finanze e la nomina di esponenti politici. L’occupazione americana, terminata nel 1934, è causa del malcontento che si generò ad Haiti durante il suo stazionamento sull’isola. Ciononostante, bisogna riconoscere che oltre il 40 % delle strade presenti sono state realizzate proprio durante questa occupazione e nello stesso periodo aumentarono anche gli accessi alla rete idrica ed elettrica. Dopo una lunga serie di governi fallimentari, nel 1957 il paese viene segnato dall’inizio di un periodo di dittatura e terrore con l’ascesa al potere di François Duvalier, il quale governò fino al 1971 e ai cui succedette suo figlio Jean-Claude Duvalier con termine del reginme nel 1986. A causa di questo lungo periodo dittatoriale caratterizzato da fenomeni di persecuzione, il numero di espatriati è il più alto di tutti i Caraibi. Ad oggi Haiti, dopo il terremoto del 12 gennaio 2010, che ha devastato il paese portandolo ad un’ancora più disastrosa situazione economica e politica, vive
di aiuti umanitari ed è uno degli Stati più poveri al mondo.
In foto: Jean-Claude Duvalier 74
AMBIENTE Haiti è uno stato dell’America centrale con un’occupazione del suolo totale di 27 750 Kmq, situato nell’isola di Hispaniola di cui occupa 1/3 della superficie, si trova nel mar dei Caraibi e confina con la Repubblica Dominicana che occupa i restanti 2/3 dell’isola.
320 Km. Esso costituisce un importante risorsa idrica per l’agricoltura, in particolare per le coltivazioni di riso che sono tra le più abbondanti sul territorio haitiano; sull’isola sono presenti altri corsi d’acqua d’importanza minore e alcuni di questi durante parte dell’anno sono quasi totalmente privi d’acqua per via dell’arsura. Nonostante la conformazione prevalentemente montuosa del territorio, i corsi d’acqua ricoprono solamente lo 0,7% della superficie territoriale.
Il territorio prevalentemente montuoso occupa circa il 63% della superficie, il punto più alto dell’isola è Pic La Selle che fa parte della catena montuosa denominata Chaîne de la Selle con un’altitudine di 2680 msl e si trova nel dipartimento amministrativo dell’Ouest; l’elevazione media invece si aggira intorno ai 470 msl. Le aree pianeggianti dell’isola si trovano in prossimità della zona costiera e diminuiscono sempre più verso l’entroterra; questa conformazione del territorio determina gravi difficoltà ai trasporti e all’agricoltura che soffre la mancanza di zone pianeggianti adatte alla coltivazione. Un altro fenomeno dovuto alla morfologia del territorio è l’elevata densità degli insediamenti abitativi lungo le zone costiere e ai piedi delle colline e delle montagne, condizione che può causare gravi problemi di sicurezza durante il verificarsi di catastrofi naturali. Il fiume più lungo di Haiti, nonché dell’isola di Hispaniola, è l’Artibonite con una lunghezza di 75
Il caso studio di Haiti
CLIMA e FENOMENI NATURALI Il clima di Haiti è in prevalenza tropicale, ma diventa semiarido con l’interruzione dei venti alisei per via delle montagne. La durata delle stagioni calde varia a seconda delle zone da 2 a 4 mesi con massime e minime di circa 34° e 27°; la stagione “fresca” dura dai 3 ai 4 mesi con temperature analoghe alla stagione calda che si aggirano intorno ai 31° per la massima e 23° per la minima. In inverno, fenomeni di gelo possono verificarsi ad altitudini elevate.
Secondo l’organizzazione Germanwatch, Haiti nel 2016 è stato il primo paese dei Caraibi ad essere colpito dai cambiamenti climatici, in riferimento ai due uragani disastrosi (Matthew e Nicole) che colpirono il paese in quello stesso anno. Questi eventi sono solitamente seguiti da un lungo periodo di siccità e contribuiscono all’impoverimento del suolo già fortemente colpito da fenomeni di deforestazione.
Le precipitazioni si presentano in modo disomogeneo sul territorio haitiano, questo porta alla creazione di microclimi differenziati, ma è comunque possibile individuare i periodi con le massime precipitazioni che vanno da marzo a luglio e da settembre a novembre. In linea generale la posizione geografica dell’isola di Hispaniola è poco favorevole agli eventi atmosferici, poiché si trova al centro della fascia degli uragani ed è soggetta a forti tempeste da giugno ad ottobre, con inondazioni associate a terremoti occasionali e siccità periodiche. Haiti si trova sul lato sottovento dell’isola, il che significa che l’influenza dei venti alisei umidi non è così grande come nella Repubblica Dominicana. I distretti più umidi si trovano sulle pendici settentrionali e orientali delle montagne. Alcune porzioni dell’isola ricevono meno di 700 mm di pioggia all’anno.
Il paese si trova a cavallo di due placche oceaniche ed è soggetto costantemente a scosse di piccole entit. Nel gennaio del 2010 Haiti fu colpita da un terremoto di magnitudo 7 della scala Richter che portò distruzione e devastazione in tutto il paese, causando la morte di circa 230.000 persone e altrettanti feriti con gravi conseguenze. Secondo la Croce Rossa Internazionale e l’ONU, il terremoto avrebbe coinvolto più di 3 milioni di persone. 76
FENOMENO DELLA DEFORESTAZIONE La zona boschiva di Haiti in era pre-coloniale ricopriva circa il 90% del territorio, ad oggi non arriva al 2%, inoltre possiede la percentuale minore di aree protette di tutti i Caraibi, solo 1,9% che, se messo a confronto con la Repubblica Dominicana, è un dato spaventoso, poiché le aree protette di quest’ultimo sono il 26% del territorio. Questi dati tuttavia non sono fortemente attendibili per via della scarsità di monitoraggio che viene effettuato sull’isola.
Tra il ’40 e il ’50 il progetto haitiano – americano ha distrutto milioni di alberi vicino alla città di Jérémie per piantare alberi della gomma, considerato un bene prezioso durante il periodo della seconda guerra mondiale, che non ha portato benefici finanziari poiché la produzione è stata avviata solo dopo la fine della guerra.
La causa della deforestazione spesso viene attribuita esclusivamente alla produzione incontrollata di carbone, tuttavia, quest’affermazione non è corretta e risulta superficiale dopo uno studio più attento. Alcuni studiosi affermano che i riferimenti sulla produzione di carbone siano comparsi in letteratura nel 1920 – 30 e altri aggiungono che il fenomeno è diventato significativo a partire dagli anni 70. Le cause di questo fenomeno sono molteplici e partono indicativamente dal periodo coloniale; l’impero francese fu responsabile di una parte significativa della rimozione di alberi in zone vergini per dare spazio alle piantagioni di canna da zucchero. Successivamente all’indipendenza dalla Francia, ad Haiti venne imposta un’indennità da pagare allo stato francese, indennità che fu ripagata tramite il commercio eccessivo di mogano ed altri legni pregiati presenti sul territorio.
La deforestazione di Haiti è una lunga storia di influenze interne ed esterne con numerose frammentazioni che non si limitano al solo commercio di carbone.
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Il caso studio di Haiti
DEMOGRAFIA ED URBANIZZAZIONE Haiti è densamente popolata, in particolare sulle pianure, anche se appezzamenti coltivati e insediamenti si trovano anche sulle colline e montagne ripide. Circa due quinti delle persone vivono in zone rurali, principalmente come agricoltori di sussistenza o lavoratori agricoli. La popolazione di Haiti è cresciuta drasticamente dopo il 1900. L’aspettativa di vita, tuttavia, è stata tra le più basse al mondo. I tassi di natalità e mortalità infantile sono elevati e circa un terzo della popolazione ha meno di 15 anni. Quasi tutta la popolazione di Haiti è di origine africana, una piccola minoranza di persone di discendenza mista europea e africana costituiscono un’élite più ricca, infine c’è anche un piccolo numero di persone di origine europea.
1. Haiti’s Age break down (2018) 2. Haiti urban-rural (2018) 3. Haiti ethnic composition (2015) 78
ECONOMIA
TRASPORTI
Haiti è il paese più povero dell'emisfero boreale. Circa quattro quinti della popolazione vive in assoluta povertà, e ben tre quinti è disoccupata o sottoccupata. La limitata disponibilità di risorse di Haiti è stata esaurita, prima attraverso un intenso sfruttamento coloniale e poi attraverso uno sviluppo non pianificato e fenomeni di corruzione. Pochissime multinazionali sono attive nel paese, ma l'agricoltura domina l'economia, con un'offerta alimentare interna che non ha tenuto il passo della domanda. Fino a un quinto del cibo consumato ad Haiti è importato o, talvolta, contrabbandato dalla Repubblica dominicana o dagli Stati Uniti; le importazioni hanno ridotto i prezzi alimentari complessivi ad Haiti, impoverendo ulteriormente gli agricoltori della nazione e costringendo sempre più persone a migrare verso le aree urbane.
Le strade che connettono le quattro città principali sono state asfaltate, ma non vengono regolarmente riparate, e le strade dei centri sono caratterizzate da numerosi dissesti. La maggior parte dei trasporti interni è assicurata da strade accidentate che diventano impraticabili in caso di maltempo. Camion e autobus offrono un servizio irregolare e costoso da Port-au-Prince alle città di provincia e non vi è alcun servizio ferroviario. I mezzi principali con cui la popolazione rurale viaggia sono a piedi, in bicicletta, in autobus pubblico o su asino. Quest'ultimo modo è anche comunemente utilizzato per il trasporto di merci. Port-au-Prince e Cap-Haïtien ospitano i due aeroporti internazionali ed i principali porti turistici e commerciali dell’isola.
Le posizioni salariali convenzionali sono molto meno comuni rispetto ai lavori occasionali o al lavoro autonomo, e la grande maggioranza degli haitiani lavora quasi ogni giorno nel cosiddetto settore "informale" che include la vendita in strada, lavori saltuari e lavoro dall’estero, nonché attività illegali come il contrabbando.
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Il caso studio di Haiti
Sistema montuoso 80
Foreste 81
Il caso studio di Haiti
Popolazione 82
Clima 83
Il caso studio di Haiti
TRADIZIONE ARCHITETTONICA: LA CASA HAITIANA Propedeutica alla proposta di un modello abitativo impiegabile ai fini della ricostruzione emergenziale e “temporanea” è la ricerca condotta sulle principali tipologie abitative dell’isola di Hispaniola, più nello specifico della parte haitiana che è oggetto di studio. Si è proceduto ad analizzare i vari aspetti salienti e caratteristici delle costruzioni tradizionali, partendo dalle condizioni generali del settore edile che, come detto precedentemente, presenta oggi diverse problematiche.
230$, quindi - escludendo i costi di utensileria, operai e inquadramento sociale - il solo legname per una costruzione con la stessa metratura costa 5.520$. Questa cifra, che per un paese occidentale ricoprirebbe solo una minima parte dei costi di costruzione, per un paese come Haiti, considerato il più povero dell’America Latina, risulta irraggiungibile dalla maggior parte della popolazione. Tra i fattori che influiscono maggiormente sui costi di costruzione vi sono la scarsità di materie prime che determina elevati costi dei materiali, spesso d’importazione, ed il periodo di costruzione: è essenziale riuscire a terminare l’esecuzione prima dell’arrivo della stagione dei cicloni che, oltre ad interrompere materialmente le lavorazioni, rende anche più difficile il trasporto dei materiali facendo levitare notevolmente i costi, poiché molte delle zone rurali risultano accessibili unicamente a piedi.
Il costo delle case monofamiliari, presenti soprattutto nelle zone rurali, dipende in gran parte dai materiali utilizzati, dalla localizzazione del sito di costruzione e dalla tipologia di progetto, ad esempio in partecipazione con gli abitanti quali membri attivi del cantiere. Per realizzare una casa di 24 m2 situata in una zona rurale con difficoltà d’accesso ed interconnessione, costruita con pietra, legno, ed un tetto di lamiera, tra il 2010 e il 2015 il costo medio di realizzazione registrato si aggirava intorno ai 4.400$ di cui il 43% (1.892$) era destinato ai soli materiali e all’utensileria, il 24% (1.056$) al pagamento degli operai ed il restante 33% (1.452$) per l’inquadramento sociale e i costi amministrativi. Uno studio più recente, del 2016, stabilisce il prezzo al m2 per il legno d’importazione a 84
MATERIALI IMPIEGATI NELLE Costruzioni HAITIANE Quasi tutte le case tradizionali sono realizzate con una struttura in legno. Il legno utilizzato chiamato localmente Bwa Plè (colubrina arborescens) è un legno molto duro con una densità elevata, capace di resistere naturalmente a termiti e funghi. La deforestazione, di cui il paese è vittima, ha reso questo legno assai caro perché la domanda supera di gran lunga l’offerta, obbligando la popolazione ad affidarsi a legname d’importazione che non garantisce una qualità di realizzazione equivalente a meno che il costruttore non prenda delle precauzioni ed effettui dei trattamenti su di esso.
popolazione, presentano già in partenza segni di ruggine o sono troppo sottili e non sono in grado di resistere alle forze dei cicloni. Il cemento è fortemente utilizzato dalla popolazione di Haiti ed è visto come un materiale ricco e nobile dato che è stato importato dai paesi industrializzati ed ha fatto sì che le tecniche tradizionali venissero messe da parte per impiegarlo nelle costruzioni senza averne una reale conoscenza in ambito applicativo. La granulometria spesso utilizzata per la realizzazione del cemento presenta elementi troppo grossi che non favoriscono una buona coesione tra le parti, la sabbia raramente proviene da percorsi fluviali, spesso viene presa dal mare con conseguenti efflorescenze saline che indeboliscono il cemento o i ferri causandone la rapida corrosione, qualora il cemento sia stato armato.
Questa mancanza di legname obbliga la popolazione ad orientarsi verso nuove soluzioni tecniche che non appartengono alla tradizione locale e di conseguenza la messa in opera spesso non segue la regola d’arte, non garantendo standard di sicurezza adeguati. Oltre il legno gli altri due materiali principali impiegati nell’edilizia haitiana sono le lamiere metalliche, utilizzate per la realizzazione dei tetti, ed il cemento. Le lamiere che si trovano sul mercato sono di qualità variabile, ovviamente migliore è la qualità maggiore sarà la vita utile che può arrivare anche oltre i 10 anni; le meno care, le più accessibili alla maggior parte della 85
Il caso studio di Haiti
L’abitazione TIPO DI HAITI Le abitazioni haitiane tradizionali, realizzate a basso prezzo e in auto-costruzione, possono essere classificate in tre tipologie principali che potremmo definire vernacolare, precario, internazionale. A queste tre tipologie se ne può accostare una quarta, meno frequente, che troviamo in molte regioni del paese ma soprattutto nella capitale e si tratta della casa chiamata “gingerbread” testimone della storia di epoca vittoriana.
ospiti e di sicurezza in caso di terremoto se una delle porte dovesse essere bloccata si potrebbe usufruire della seconda. 4. Uno spazio di stoccaggio di cibi o materiali viene realizzato sopra il porticato nel sottotetto. 5. La facciata principale ha funzione di dare prestigio al proprietario, quindi è dipinta e decorata con cura. 6. Le stanze della casa sono tutte comunicanti tra di loro e sono dotate di doppie aperture che garantiscono una costante ventilazione naturale della casa
Prima di descrivere nel particolare queste quattro tipologie è necessario delineare quelle che sono le caratteristiche comuni a tutte le abitazioni e che fanno parte della storia del paese per tradizioni e tecniche. La casa haitiana è composta da sei elementi caratterizzanti:
Nella cultura haitiana, il porticato è sempre situato sulla facciata principale: è un luogo di vita dove si mangia, si riposa, si accolgono gli ospiti. Questo è anche lo spazio di rappresentanza della famiglia, motivo per cui è solitamente finemente decorato e ben tenuto. Una particolarità rinvenibile in alcune aree di Haiti prevede che le case siano aggregate intorno ad uno spazio circolare in comune, questo avviene quando più membri della stessa famiglia abitano vicini. Tale sistema caratteristico si chiama LAKOU e viene dal francese “la cour” che sta proprio ad indicare la corte intorno alla quale una famiglia si aggrega.
1. Uno spazio coperto esterno nella parte anteriore dell’abitazione per ricevere ospiti e dove viene trascorsa gran parte della giornata. 2. Una corte esterna situata nella parte posteriore dell’abitazione dove svolgere funzioni private come cucinare o lavare i panni. 3. Diverse porte sull’esterno realizzate: una sul prospetto principale sotto il porticato e l’altra sul prospetto laterale. Esse hanno duplice funzione: dividere lo spazio privato dell’abitazione da quello condiviso con gli 86
Abitazione tipo di Haiti - Pianta
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Il caso studio di Haiti
Abitazione tipo di Haiti - Sezione longitudinale
Abitazione tipo di Haiti - Prospetto principale 88
ABITAZIONI VERNACOLARI AD HAITI Le abitazioni vernacolari sono costruite con quattro tecniche principali:
economiche sufficienti. Le coperture nelle regioni costiere continuano ad essere realizzate con un manto vegetale che non subisce alterazioni chimiche a contatto con i venti marini come avviene per le lamiere soggette a forte corrosione.
-- Clissage -- Bardage -- Struttura in legno e tamponamento di pietre -- Muri portanti in pietra
BARDAGE (rivestimento) Questa tecnica prevede come la precedente una struttura portante in legno direttamente a contatto con il terreno e presenta le stesse problematiche del sistema prima descritto. Il rivestimento prevede solo l’uso di legno che può essere disposto proteggendo la struttura o lasciando la struttura all’esterno. Il tetto, solitamente composto da due falde, ha una carpenteria in legno e copertura in lamiera visto che l’impiego di coperture vegetali sta andando sempre più diminuendo.
CLISSAGE (impagliatura) Questo tipo di abitazione prevede un sistema di fondazioni in legno piantate direttamente nel terreno e la struttura portante della casa è costituita anch’essa in legno direttamente ancorato al suolo. I tamponamenti sono realizzati con un intreccio di rami di palma e intonacati con terra o con un misto di terra e calce. Il tetto è solitamente composto da quattro falde, viene realizzato con una carpenteria in legno e ricoperto o da un intreccio di fibre vegetali (foglie di palma) o dalla più diffusa lamiera in acciaio.
Queste due tecniche hanno un nome in haitiano, La Kay Klisay/Planch.
Gli aspetti critici di questa tipologia sono identificabili nell’uso del legno poiché viene direttamente messo a contatto con il terreno senza che venga effettuato alcun tipo di trattamento contro l’umidità e la scarsità di legname costringe gli abitanti ad utilizzare legno scadente o d’importazione qualora dispongano di risorse
STRUTTURA LIGNEA E TAMPONAMENTO DI PIETRE Si tratta di una tecnica più solida delle precedenti tecniche, almeno ad una prima analisi, e presenta caratteristiche di forma simili a la kay klisay ma con impiego di alcuni materiali differenti. 89
Il caso studio di Haiti
Le fondazioni in legno sono ancorate direttamente al terreno e la struttura portante è composta da un’ossatura di legno senza controventamenti e tamponamento realizzato con pietre legate da malta a base di terra o terra mista a calce. Il tetto è realizzato con carpenteria in legno e a quattro falde con copertura di lamiera.
Tutte queste tecniche prevedono in molti casi la realizzazione di una piattaforma soprelevata dal livello del terreno eseguita tradizionalmente in terra o pietra, al giorno d’oggi si fa affidamento al cemento. La pavimentazione interna dell’abitazione tradizionalmente è effettuata con terra battuta ma anch’essa si sta orientando sempre più verso l’impiego di materiali cementizi.
Tale tipologia associata a questi materiali prende il nome di LA KAI TI WOCH.
Il processo costruttivo di queste costruzioni si basa sulle risorse disponibili localmente compresa la manodopera per ottimizzarne e ridurne i trasporti, ciò comporta una durata di costruzione variabile che dipende dalla tipologia di casa, dalla disponibilità di materiale e dalle maestranze. Le tempistiche si aggirano intorno alle 4 – 5 settimane nel caso in cui il cantiere sia organizzato secondo una logica d’impresa, contrariamente, se il cantiere si basa su di un processo di autocostruzione, l’esecuzione può durare diversi mesi.
MURI PORTANTI IN PIETRA Le case costruite con muri portanti in pietra sono caratterizzate da un volume massiccio della muratura e le fondamenta stesse sono realizzate con materiale lapideo. Il vantaggio che se ne trae è la totale o quasi assenza di infiltrazioni ed umidità di risalita nella muratura. Questa tecnica non necessita della realizzazione di una struttura portante che implichi l’uso di un materiale differente dalla pietra, il legante utilizzato varia dalla sola terra alla terra mista a calce.
Le tecniche appena descritte non sono, tuttavia, le sole ad essere applicate sull’isola, ma solo quelle più diffuse, soprattutto nelle zone rurali e nelle “baraccopoli”. Sul territorio, infatti, sono presenti anche altre tipologie di abitazioni che possiamo definire in due categorie:
La realizzazione delle coperture avviene in modo identico alle tipologie precedenti con la differenza che questa prevede anche un porticato più ampio la cui copertura è indipendente dal tetto della casa. Questa prende il nome di LA KAY WOCH.
-- Precarie -- Influenze internazionali 90
Clissage
Rami di palma + terra
Bardage
Struttura + tamponamento in legno
Struttura lignea e tamponamento
Struttura lignea + tamponamento in pietra 91
Il caso studio di Haiti
PRECARIE
controventi e fondamenta.
Vengono definite precarie tutte quelle tipologie abitative che non presentano nella maggior parte dei casi fondazioni e si basano su materiali di recupero e poco appropriati. Ad Haiti troviamo spesso questo tipo di abitazioni, specialmente nelle zone limitrofe alla città dove c’è stato un incremento di “baraccopoli”. Queste costruzioni sono generalmente composte da un unico blocco, senza divisioni interne e le attività domestiche vengono svolte all’esterno nelle immediate vicinanze, così come i bisogni fisiologici vista la carenza di spazi e mancanza di servizi igienici.
INTERNAZIONALI Si tratta di costruzioni con forti influenze internazionali e generalmente costruite con materiali industriali. Sono case che rispecchiano le caratteristiche della casa haitiana per dimensioni e forme, costruite con materiali non rappresentativi del posto. Queste abitazioni sono composte con un basamento di cemento e una struttura muraria realizzata con blocchi di cemento, la struttura talvolta può essere rinforzata con degli elementi strutturali armati. Il tetto può essere realizzato a 1, 2, o 4 falde con copertura di lamiera.
Le più comuni si presentano come delle scatole d’acciaio, realizzate interamente riutilizzando lamiere spesso ammalorate o, in alternativa, come case a struttura in legno realizzate con la tecnica del clissage prive della protezione e rivestimento ad “intonaco”. Le giunzioni sono realizzate con fili metallici recuperati o fili vegetali.
Le case realizzate con questa tecnica risultano spesso scadenti per via delle poche conoscenze sulla composizione del calcestruzzo. I materiali utilizzati, infatti, presentano diverse incongruenze con le caratteristiche fornite dal costruttore; la sabbia molte volte non proviene da corsi d’acqua dolce, ma dal mare, e non viene lavata adeguatamente, questo porta alla comparsa di efflorescenze che indeboliscono il cemento procurandone dei distacchi. Se il cemento dovesse essere impiegato per realizzare strutture armate la sabbia se di errata provenienza o non trattata adeguatamente, genera corrosione dei ferri che non ricoprirono adeguatamente la loro funzione.
Il processo costruttivo di queste abitazioni dipende dalla disponibilità dei materiali, in questo caso spesso di recupero, ma consente una messa in opera più rapida e la loro dimensione ridotta ne favorisce lo smontaggio e il loro riutilizzo. Tuttavia, non sono costruzioni affidabili per la resistenza ai sismi e ai cicloni, in quanto del tutto prive di 92
Muri portanti in pietra
Pietra + malta
Precaria
Struttura lignea + lamiera metallica
Internazionale
Mattoni di cemento 93
Il caso studio di Haiti
LE CASE “GINGERBREAD”
stile architettonico di queste abitazioni è stato proclamato patrimonio mondiale dopo il sisma del 2010. Un fatto particolare che sottolinea la pericolosità del calcestruzzo in questo paese è data dal fatto che solo il 5% su 300.000 case “gingerbread” sono state distrutte o seriamente danneggiate, mentre le strutture considerate più sicure e più resistenti hanno subito crolli e/o danni pari al 40% del totale.
Una tipologia che ancora non è stata descritta, la quale ricopre un importante ruolo nella storia del paese, è appunto quella del “gingerbread” o “pan di zenzero”, si tratta di case di inizio secolo e costituiscono un importante patrimonio haitiano ed un importante stile edilizio postcoloniale. Queste case combinano le conoscenze architettoniche provenienti dall’estero e la capacità di comprensione del clima caraibico oltre che delle condizioni di vita della popolazione. Le caratteristichè che contraddistinguono queste abitazioni sono: grandi porte, soffitti alti, tetti spioventi e torrette per reindirizzare l’aria nell’abitazione. Gli infissi non venivano realizzati in vetro ma in legno morbito in modo che fosse in grado di resistere alle tempeste e ai terremoti. Generalmente le “gingerbread” venivano costruite in legno, muratura o pietra e argilla. Un’altra caratteristica che le rende estremamente riconoscibili è data dalle decorazioni lignee poste sui parapetti e sulle finestre. Questo patrimonio architettonico ad oggi si trova fortemente a rischio per via della scarsa manutenzione che ha portato all’ammaloramento della struttura lignea e degli elevati costi di restauro attualmente insostenibili per il paese. Lo
Casa “Gingerbread”
In foto: casa Gingerbread 94
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Il caso studio di Haiti
IL PROBLEMA DEL CALCESTRUZZO a bandire l’utilizzo del legno per la realizzazione di strutture all’interno della città.
Ad oggi l’architettura di Haiti ha come materiale da costruzione principale il calcestruzzo, con il quale vengono realizzati la maggior parte degli edifici. Si tratta in assoluto del materiale preferito perché trasmette un senso di solidità, sicurezza ed anche ricchezza della famiglia, nonostante la sua realizzazione non avvenga sempre in maniera adeguata.
Oggi circa il 66,3% degli edifici di Port-au-Prince è realizzato su di una struttura ad un piano fuori terra e in calcestruzzo, quasi tutti con struttura in calcestruzzo armato e tamponamento con blocchi di cemento. Questi edifici sono quasi tutti realizzati dai privati che per la maggior parte delle volte non rispettano le norme in vigore. Inoltre, i proprietari non dispongono quasi mai delle competenze adatte e anche la scelta dei materiali risulta inadeguata
Ad Haiti sono presenti due metodologie di applicazione di questo materiale, infill masonry e confined masonry. Il primo prevede la realizzazione dello scheletro in calcestruzzo e successivamente viene eseguito il tamponamento con blocchi di calcestruzzo, realizzando la classica struttura intelaiata sebbene con non poche inesattezze ed errori. Il secondo metodo, invece, vede come prima realizzazione i muri perimetrali e successivamente la realizzazione di pilastri e travi con un uso limitato di casseforme e maggiore rigidezza nella struttura.
Il Codice Nazionale degli Edifici di Haiti è stato creato nel 2012 e rappresenta il sistema di riferimento nazionale in termini di costruzioni, prima di questa data le regole per le costruzioni si rifacevano a quelle del codice delle costruzioni americano ed europeo. Dal 2010 diverse guide per la costruzione sono state elaborate e messe a disposizione dal MTPTC (Ministére des Travaux Publics, Transports et Comunications) al fine di guidare gli ingegneri
Il passaggio dalle costruzioni in legno, in stile coloniale ed eclettiche a quelle d’influenza coloniale con il conseguente arrivo del calcestruzzo risale circa al 1920, anno in cui la capitale Portau-Prince fu colpita da un incendio che distrusse gran parte delle abitazioni, questo portò nel 1925
A destra: immagini di produzione dell’autore: 1. Infil masonry technique 2. Confined masonry technique 96
nelle costruzioni antisismiche: -- Guida alla costruzione di piccoli edifici in muratura -- Guida alla riparazione -- Guida di rinforzo antisismico e anticiclonico degli edifici
Queste guide inizialmente prevedevano dei valori di resistenza a compressione dei blocchi di cemento pari a 10 Mpa. Con la redazione nel 2012 della nuova guida, oltre a specificare la tipologia di cemento che doveva essere utilizzata, così come la sabbia ed il pietrisco, si stabilì che la resistenza minima dei blocchi dovesse essere di 17 MPa. Dopo il terremoto sono stati effettuati dei test a compressione su alcuni campioni ottenendo una media di 11,3 MPa. Ad esempio per i campioni prelevati dalle fondazioni dell’Ambasciata degli Stati Uniti (realizzati con materiali di ottima qualità per gli standard di Haiti) i risultati mostrano che il picco massimo di resistenza alla compressione fosse pari a 8,7 MPa, nettamente inferiore agli standard. Altri campioni in altre zone sono stati
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Il caso studio di Haiti
personale specializzato, cosa che di norma non accade perché chi ricopre la figura di progettistaspesso coincide con il futuro proprietario. I lavori, di conseguenza, procedono senza un’adeguata supervisione e gli operai tralasciano alcuni accorgimenti fondamentali per la buona riuscita dell’edificio.
testati ed hanno presentato dati con risultati nettamente inferiori agli standard, 2,8 MPa. Gli standard minimi per edifici in zone sismiche in America è di 20,7 MPa.
Nonostante siano state create regole ad hoc per il campo dell’edilizia, la filiera del calcestruzzo presenta gravi problemi di gestione e risulta incontrollata. Inoltre, in fase di esecuzione sono presenti diverse problematiche che caratterizzano la mal riuscita della costruzione. La miscelazione di inerti e cemento avviene speso a terra e senza l’utilizzo di betoniere ed in via preliminare solitamente non viene realizzata alcuna miscelazione a secco utile a consentire al cemento di amalgamarsi in maniera omogenea e raggiungere così una migliore compattezza dell’impasto e resistenza meccanica. Altro fattore determinante è l’acqua, un componente fondamentale per il calcestruzzo, senza questa non si otterrebbe alcun conglomerato cementizio. Spesso in condizioni di scarsità idrica come quella che caratterizza Haiti, viene utilizzata acqua impura e di provenienza non identificata che facilita la fessurazione del calcestruzzo e l’ossidazione delle armature.
Il cantiere ha una durata variabile legata alle necessità economiche del proprietario, ciò porta ad un ammaloramento dei materiali impiegati che sono a lungo esposti ad agenti atmosferici; i ferri si presentano già con uno stato di degradamento avanzato e quando vengono posati per realizzare le armature non vengono affogati fino a ricoprirli rispettando il copriferro minimo, ma vengono lasciati al di fuori del composto in attesa, nell’ipotesi di costruire un altro piano sopra.
Un altro aspetto importantissimo è la gestione di cantiere che dovrebbe avvenire da parte di
A destra: immagini dei danni del sisma sulle costruzioni in calcestruzzo armato 98
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Il caso studio di Haiti
AIUTI DOPO IL SISMA Successivamente allo spaventoso sisma che distrusse il paese nel 2010, numerose associazioni in tutto il mondo si mobilitarono al fine di poter aiutare Haiti a rialzarsi il prima possibile e restituire un tetto a chi lo aveva perduto.
dormono sonni tranquilli. Possiamo affermare che il tentativo di ricostruzione è stato in parte un “flop” perché la maggior parte delle associazioni non ha considerato il momento della ricostruzione come occasione per costruire modelli stabili e replicabili da parte degli abitanti con minimo apporto di aiuti e risorse dall’esterno. La catastrofe di cui Haiti è stata protagonista è stata sfruttata più come occasione di pubblicità delle varie organizzazioni ed associazioni coinvolte che come concreta opportunità per cambiare radicalmente lo scenario dell’edilizia haitiana odierna.
Sono nati così diversi progetti di ricostruzione a livello mondiale che però non rispettavano lo stile e le tecniche architettoniche locali. Questo distacco tra le tecniche tradizionali e quelle utilizzate in fase emergenziale portò solo un aiuto marginale ad Haiti, poiché i sistemi costruttivi utilizzati prevedevano spesso l’uso di materiali importati e metodologie nuove poco adatte all’esecuzione da parte di maestranze locali o in auto-costruzione. Il risultato di questa operazione fu la comparsa a macchia d’olio sul territorio haitiano di costruzioni nuove e solide, ma di difficile fedele riproduzione da parte della popolazione, visto che i costi di costruzione di questi edifici, spesso ingenti, erano totalmente a carico delle associazioni umanitarie e non possono essere facilmente sostenuti dai locali. A distanza di 11 anni dal sisma la situazione non sembra essere cambiata, anzi, se subito dopo il terremoto si è verificata una vera e propria corsa a chi arrivava prima per portare aiuti, ad oggi che sul paese si sono spenti i riflettori, i paesi ricchi che avevano dato un contributo iniziale adesso
A Destra due progetti realizzati: 1. Costruzione Centro Aksyon Gasmy - AKG (2019) 2. Orfanotrofio ad Haiti - Bonaventura-Visconti (2016) 100
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PROPOSTA PROGETTUALE
La considerazione delle caratteristiche dell’abitato locale è determinante per rispondere nella maniera più corretta alle esigenze della popolazione, migliorandone le condizioni di vita in una logica di sviluppo sostenibile. È dunque essenziale che i protagonisti di questo sviluppo si accordino su di una visione strategica univoca che permetta di compiere la scelta d’intervento migliore in condizioni post-catastrofe, e di prevenire e ridurre a monte i rischi connessi a tali eventi distruttivi. La storia delle costruzioni ci ha insegnato che le abitazioni si sono evolute tenendo in considerazione le risorse disponibili localmente che meglio rispondessero ai bisogni sociali, economici, climatici e ai rischi naturali. In tutto il mondo le società hanno sviluppato delle proprie culture riconoscibili anche attraverso l’architettura ed il loro modo di costruire.
In foto: tessitura muro in pisé realizzato con cassero metallico 102
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Proposta progettuale
COSTRUIRE IN PISé Con l’arrivo dell’industrializzazione molti paesi, caratterizzati da un’elevata povertà e scarsità di risorse, sono stati risucchiati nel vortice della globalizzazione: le intelligenze locali, il sapere e le conoscenze tecnologiche sono andate sempre più in disuso per seguire la logica di mercato dei nuovi materiali, anche dove questi non rispondevano positivamente alle caratteristiche e alle maestranze del luogo. In particolare, in paesi colpiti da catastrofi naturali o nei quali ci sia bisogno di ricostruire per migliorarne le condizioni di vita, spesso l’aiuto che arriva dall’esterno favorisce tecniche non congeniali alle maestranze del luogo e materiali d’importazione, nonostante solitamente più del 90% degli sforzi di ricostruzione avvenga a carico dei locali.
È necessario rimettere la popolazione al centro dei processi di ricostruzione, analizzando attentamente le caratteristiche e le risorse offerte dal contesto, prediligendo metodi di partecipazione che valorizzino i soggetti detentori delle conoscenze locali e depositari delle tradizioni costruttive. Solo in questo modo, il supporto esterno potrà configurarsi come uno strumento utile al miglioramento del patrimonio costruito in termini di qualità, sicurezza ed efficientamento dei processi, nel rispetto dei fattori economici e geografici caratteristici.
Alla luce delle analisi e considerazioni fatte sulle costruzioni in terra cruda e il metodo costruttivo attualmente eseguito ad Haiti e tutte le problematiche che esso comporta, per il progetto di un’abitazione in situazioni emergenziali è stato scelto il pisé come tecnica costruttiva da adottare.
Le conseguenze di tale fenomeno sono visibili nella devalorizzazione delle conoscenze vernacolari a cui si preferiscono modelli d’importazione che troppo spesso risultano inappropriati, non riproducibili localmente perché troppo cari e sofisticati, la cui qualità spesso risulta scadente per via di realizzazioni errate e la resistenza agli eventi naturali è anche inferiore a quella di realizzazioni locali. Da questo se ne deduce che in tali contesti i beneficiari della ricostruzione non sono più al centro del processo decisionale, vedendo ridotta la propria autonomia in favore di interessi esterni.
Questa scelta è frutto di diverse considerazioni che toccano ambiti economici, sociali e tecnologici.
Nell’immagine a destra: Fasi di esecuzione del muro in pisé 104
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Proposta progettuale
Come visto precedentemente le applicazioni del cemento portano alla realizzazione di elementi di scarsa qualità compromettendo la sicurezza delle persone nonostante sia considerato materiale più sicuro rispetto a quello usato per le costruzioni vernacolari; inoltre, il costo della materia non può essere sostenuto da tutti vista la povertà che governa il paese. Le costruzioni in cemento, che esso sia colato o prodotto in blocchi, necessitano di ingenti quantità d’acqua che, come visto, non è una risorsa sempre disponibile e di qualità.
“I prezzi dei materiali da costruzione hanno ripreso una tendenza al rialzo dalla fine del 2020 sul mercato locale. Durante una visita ad alcuni negozi di ferramenta nella piazza il 10 marzo 2021, gli imprenditori ci hanno informato che questo aumento di prezzo riguarda tutti i prodotti che fanno parte del settore edile. Un sacco di cemento che pochi mesi fa è stato venduto per 400 gourde ora vende per 600 gourde, il prezzo di una barra di ferro da ½ è di 600 gourde. Per una tonnellata di armatura, ci vogliono 70.000 gourde, secondo Brunel Pierre, CEO di un negozio di ferramenta nella città di Delmas.” (Peterson Jean Gilles)
Per le costruzioni in legno il discorso è analogo in quanto, come visto nel paragrafo della deforestazione, è in corso sull’isola una perdita di aree verdi notevole e la conseguenza è l’aumento del prezzo del legname: la sua importazione ha costi elevati e non rispecchia le caratteristiche di qualità necessarie per sopravvivere nel clima di Haiti.
È quindi per questi motivi che si è scelto il pisé, poiché la terra per l’elevazione dei muri è disponibile direttamente sul luogo di costruzione o, comunque, nelle immediate vicinanze facendo diminuire notevolmente il costo del trasporto dei materiali visto che si limiterebbe ad un quantitativo ridotto e azzerando, o quasi, l’uso di cemento. Un’altra caratteristica è lo scarso uso di acqua per la realizzazione dei muri, poiché questa tecnica come descritto nel capitolo delle tecniche costruttive in terra cruda è basata sulla compattazione della terra allo stato umido; questo velocizza la fase di costruzione perché non sarà necessario attendere l’asciugatura della terra per
Un articolo pubblicato nel marzo 2021 descrive in maniera chiara quello che sta accadendo ad Haiti nel campo dell’edilizia, i prezzi dei materiali da costruzione stanno subendo un aumento vertiginoso nel mercato locale.
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proseguire la costruzione.
Queste considerazioni vengono fatte anche a fronte del fatto che la terra in ambito edilizio è già utilizzata nelle costruzioni vernacolari come, ad esempio, nella tecnica del clissage, dove viene mescolata con la calce; inoltre, a differenza del calcestruzzo, qualora si dovessero verificare delle fessurazioni dovute a problemi strutturali o movimento del terreno, è sempre possibile intervenire sulle strutture in pisè per risanarle. In questo elaborato di tesi non si intende proporre una nuova idea di abitazione, anzi, l’obiettivo è quello di rispettare la dimensione e le caratteristiche dell’abitazione vernacolare haitiana, migliorandone le caratteristiche in termini strutturali e climatici. Si utilizzano meno materiali di importazione possibili, preferendo quelli locali, limitando così i costi complessivi e creando un processo di costruzione partecipata che possa essere fatto proprio dalla popolazione, senza pretendere che questa sia l’unica soluzione possibile da attuare.
Primo strato
Nell’immagine a destra: assonometria della cassero metallico
Secondo strato 107
Proposta progettuale
IL PROGETTO L’abitazione, nel rispetto della tradizione haitiana, sarà composta da quattro stanze più un porticato e da una copertura a due falde. La scelta di una pianta quadrata o quasi non è casuale poiché, per le costruzioni in terra cruda in ambito sismico, è tra le tipologie più adottate per resistere ad un sisma; una pianta circolare sarebbe perfetta ma non risponderebbe ai canoni dell’abitazione haitiana tradizionale. Inoltre la pianta interna segue una maglia regolare nel rispetto del manuale redatto dallo stato di Haiti dopo il sima del 2010.
tamponamenti sono realizzati secondo la tecnica locale del clissage permettendo una ventilazione costante poiché non sono del tutto chiusi. Per il porticato si è deciso di costruire la copertura in maniera indipendente rispetto al tetto principale così che, in caso di forti venti, se dovesse staccarsi non arrecherebbe problemi al resto della struttura.
Per la tecnologia costruttiva adottata ci si ispira alle costruzioni in pietra eseguite ad Haiti. La muratura in pisé sarà rialzata da terra di 60 cm per proteggerla dall’umidità di risalita e dall’acqua durante il periodo delle piogge. Le fondazioni dunque sono realizzate in pietra e malta di calce. La parte restante della muratura è realizzata con la tecnica del pisé all’interno del quale vengono inserite delle canne di bambù per irrigidire la struttura e poter resistere meglio ai sismi. La copertura, un tetto a due falde, realizzata con una serie di capriate in legno, sormontate dalla lamiera ondulata, altamente presente ed utilizzata sull’isola. La scelta della lamiera rispetto a materiali più naturali come le foglie di palma è data dalla loro durata e resistenza alle tempeste cicloniche oltre a necessitare di una minore manutenzione. I
Regolarità della pianta e sicurezza sismica
Nell’immagine a destra: esploso assonometrico del sistema costruttivo 108
copertura in lamiera metallica
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sotto-struttura in legno
muratura portante in pisé
muro di fondazione in pietra
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Proposta progettuale
Per le fondazioni si propone di effettuare uno scavo di almeno 50-60 cm di profondità; dopo aver compattato il terreno si effettua una prima gettata di pietrisco di piccole dimensioni e successivamente si esegue un cordolo di pietra legato con malta di terra e calce fino all’altezza di 60 cm fuori terra. Il cordolo così alto serve per proteggere il muro in terra dalla pioggia e dall’umidità di risalita. Il vespaio è realizzato eseguendo uno strato di 5 cm di pietrisco seguito da un altro strato di 10 cm di pietre più grosse e dallo strato di finitura che è realizzato in terra colata. Al di sopra del cordolo si prosegue con la costruzione del muro fino all’altezza di 2 metri realizzando delle casseforme con le lamiere all’interno delle quali sarà compattato il terreno con la tecnica del pisé. Per non creare punti deboli nella struttra le bucature sono state realizzate a tutt’altezza. Le capriate in legno poggiano sui dormienti posti lungo tutto il perimetro dell’abitazione e sulla parete centrale interna. I dormienti sono ancorati alla muratura dalle canne di bambù che fuoriescono dal muro in pisé. Come si può notare dalla pianta, l’abitazione è sprovvista di servizi igenici e di un locale per cucinare; questo non è frutto né di dimenticanze né di disattenzione, si tratta di una scelta progettuale derivata dalle problematiche e dalla tradizione haitiana. Infatti gran parte delle abitazioni sul 110
territorio di Haiti sono sprovviste di questi due servizi, il primo per la mancanza di un sistema di copertura fognaria e di rete idrica su tutto il territorio ad eccezione dei grossi centri abitati. Non disponendo di questo spazio sono presenti, distaccate dall’abitazione, delle strutture spesso in legno e lamiera delle dimensioni di circa 1m x 1m che vengono adibite alla funzione di bagni. Il secondo per motivazioni legate alla tradizione poiché gran parte della giornata si svolge sotto il porticato o nella parte posteriore della casa, lo spazio dedicata alla cucina si trova spesso in questo due luoghi.
Nell’immagine a destra: sezione di dettaglio 1:20
lamiera metallica grecata trave in legno travetto in legno arcareccio in legno irrigidimento in bambù muro di elevazione in terra
muro di fondazione in pietra
strato in terra colata (sp. 5 cm) strato in ghiaia grossolana (sp. 10 cm) strato in ghiaia fine (sp. 5 cm)
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Proposta progettuale
ACCORGIMENTI TECNICI ED ESECUTIVI In fase di preparazione e di esecuzione sarà necessario rispettare i seguenti accorgimenti per garantire la qualità della costruzione, adeguata protezione dagli agenti esterni, resistenza meccanica e durabilità:
- I punti critici sono rappresentati dagli angoli e dalle intersezioni che dovranno essere eseguite a perfetta regola d’arte verificando il corretto ammorsamento delle murature - I muri dovranno essere adeguatamente protetti dall’acqua attraverso la predisposizione di uno “zoccolo” ai piedi dell’edificio dell’altezza di almeno 40 cm dal suolo per proteggerlo dalla pioggia battente. Tale protezione potrà essere assicurata dal muro di fondazione in pietra stesso o con elementi addossati alla parete di materiale compatibile
- Per le fondazioni dovranno essere impiegate pietre sbozzate o tagliate messe in opera facendo attenzione al corretto sfalsamento dei giunti verticali ed ammorsamento dei conci soprattutto negli angoli - In alternativa alle pietre é possibile prevedere l’uso di calcestruzzo non armato, sebbene in assenza di adeguate attrezzature potrebbe essere difficile ottenere una miscela con densità e composizione adeguate
- Si dovrà prevedere un adeguato copertura, di solito di almeno 20 da garantire la protezione dei muri fenomeno di dilavamento che può superfici
- Nel caso di impiego di calcestruzzo come legante per le pietre o per le fondazioni, bisogna evitare l’utilizzo di sabbie marine, per non compromettere le murature a causa delle efflorescenze saline che insorgerebbero
aggetto della cm, in modo sottostanti dal corroderne le
- Bisognerà evitare di appesantire eccessivamente la copertura, prediligendo l’uso di lamiere metalliche resistenti e leggere anche in considerazione dei frequenti fenomeni atmosferici che potrebbero in ogni caso distruggerle, ma che non devono rappresentare un pericolo per la tenuta delle strutture sottostanti.
- Particolare attenzione va prestata alla preparazione dei casseri per la muratura portante in terra cruda e gli strati andranno posati utilizzando un’energia di compattazione il più possibile omogenea, attraverso l’uso di vibrocompattatori se disponibili
A destra: Assonometria del modulo abitativo proposto 112
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01. La corte 02. Porticato 03. Spazio comune
04. camera 05. Deposito 06. Camera
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Proposta progettuale
BENEFICI AMBIENTALI DELLA TECNICA Il sistema costruttivo proposto permette di ottenere notevoli vantaggi in termini di ottimizzazioni dei materiali impiegati, con riduzione di tempi e costi di trasporto grazie allo sfruttamento della terra come risorsa primaria per realizzazione dei muri portanti, contenimento dei quantitativi di risorse di importazione necessarie e dei relativi costi di acquisto. Oltre a tali evidenti vantaggi economici e temporali bisogna considerare i notevoli benefici ambientali che scelte orientate all’uso di materiali naturali possono indurre. La terra, la pietra ed il legno, infatti, che costituiscono più dell’80% della costruzione proposta sono materiali di origine naturale che possono essere riciclati se adeguatamente adoperati. Questo riduce notevolmente gli impatti ambientali della costruzione, i cui componenti non dovranno essere smaltiti come rifiuto al termine della vita dell’edificio. Tale aspetto acquista maggiore importanza se si considera che si tratta di costruzioni spesso precarie e in alcuni casi “emergenziali”, destinate ad una vita utile piuttosto breve e solitamente inferiore ai 20 anni anche in virtù dell’ambiente climatico ostile in cui si trovano e del rischio sismico cui sono sottoposte. In tale ottica l’utilizzo della terra cruda e di tecniche costruttive tradizionali, pur garantendo in taluni casi capacità portanti inferiori rispetto a quelle nominali di equivalenti edifici in
cemento armato, offre un miglior compromesso in termini di qualità complessiva della costruzione. Le prestazioni strutturali dell’edificio andranno garantite attraverso la cura della modalità di esecuzione dei diversi elementi componenti, con una supervisione attenta alle attività di cantiere. Mentre la tecnica del pisé è nata e si é evoluta come tecnica “manuale” il cui segreto di riuscita sta nella conoscenza della regola d’arte, lo stesso non può dirsi per il cemento armato, che , se in termini teorici presenta resistenze sensibilmente maggiori, all’atto pratico risente molto più fortemente di errori esecutivi o irregolarità nella composizione della miscela. Inoltre, l’assenza di una seria attività di calcolo per il dimensionamento e posizionamento delle armature e della cura dei dettagli costruttivi può produrre effetti controproducenti per la resistenza dell’edificio tanto ai carichi verticali, ma soprattutto a quelli orizzontali, tra cui vento e sisma. Da tutte le considerazioni fatte risulta chiaro che l’impiego di tecniche tradizionali che fanno uso di materiali naturali possa rappresentare una potenzialità in contesti come quello di Haiti, ragione sufficiente non a prediligere tali scelte in modo aprioristico, ma quanto meno a valutarne l’opportunità di impiego a confronto con altre soluzioni più diffuse e spesso fonti di criticità. 118
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Proposta progettuale
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Conclusioni
CONCLUSIONI La proposta di introdurre ad Haiti nel processo costruttivo un materiale usato comunemente ma con una tecnica d’applicazione differente in ambito edilizio quale il pisé può risultare, ad un primo impatto, una proposta ambiziosa. In un contesto così fragile, dove la popolazione crede in quello che conosce già, potrebbe risultare uno tentativo inutile che non vedrebbe sbocchi futuri, pur presentando molteplici vantaggi. L’uso della terra, come già detto precedentemente, porterebbe ad un risparmio economico notevole per la popolazione oltre a ridurre il commercio e la produzione incontrollata di cemento che ad Haiti risulta il materiale più prodotto e più importato nell’edilizia.
analizzato riguarda l’accettabilità culturale di un nuovo materiale. I materiali di origine naturale non sono particolarmente accettati dalla popolazione haitiana perché considerati poveri e poco prestanti. Quello che preoccupa maggiormente ad Haiti è l’aspetto visivo; infatti, la percezione di solidità che il calcestruzzo è in grado di dare ad un’abitazione la rende concettualmente più sicura anche quando in molti casi, per via di una cattiva realizzazione, perde le sue caratteristiche prestazionali e di sicurezza.
Tale studio non vuole inserirsi di forza nel sistema edilizio haitiano ma vuole proporsi come possibile soluzione capace di ridurre una produzione di materiale scadente, costi di costruzione elevati ed educare al recupero ed utilizzo di materiali locali favorendo il tramandarsi di tecniche tradizionali che, attualmente, si stanno perdendo. Inoltre, l’aspetto di una muratura eseguita in pisé, non si discosta di molto dalla texture che si ottiene con le costruzioni in cemento; questo dovrebbe dare almeno visivamente l’idea di una costruzione solida e sicura. Pertanto, l’ipotesi di costruzioni in pisè rappresenta un’alternativa valida per il mercato delle costruzioni haitiano, almeno fuori dai centri abitati e nelle campagne dove si
Di fatto questa proposta, se riconosciuta valida, potrebbe portare ad un upgrade economico – ambientale incentivando l’utilizzo di materiali naturali nelle costruzioni, specialmente se lavorati da maestranze non specializzate. La fattibilità di questa proposta non risiede quindi nella ricerca e disponibilità di questo materiale. La terra è presente ovunque e può essere recuperata localmente senza bisogno di trasportarla per grosse distanze come avviene per il cemento, e il bambù cresce spontaneo e in un clima favorevole. L’aspetto che andrebbe maggiormente 122
raggiunge il luogo con difficoltà, migliorandone anche gli aspetti ambientali. Concludo affermando che questo lavoro di ricerca è solo sperimentale e non ha una validità in termini assoluti. Gli esperimenti eseguiti sono stati di tipo qualitativo ma compongono nel loro insieme un’ottima guida per capire quale tipologia di terreno si sta analizzando e l’impiego che se ne può fare. Inoltre, dai terreni analizzati, è possibile affermare che la maggior parte di questi sono adatti all’uso nell’edilizia. Sarebbe opportuno, pertanto, dare seguito a questa ricerca in modo da poter implementare i dati a disposizione eseguendo dei test più accurati eseguiti in laboratorio e sviluppare un prototipo per il mercato delle costruzioni non solo nel contesto di Haiti ma in tutti quei paesi che non dispongono di materie di qualità e quindi costretti ad importarli a costi elevati e con risultati finali per lo più scadenti.
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BiBLIOGRAFIA GAIA BOLLINI Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero linee guida per le procedure d’intervento
per un metodo di valutazione della vulnerabilità sismica e dell’adeguamento antisismico PROBST HERVE’, WURTZ GABIN “Le pisé: état de l’art et explorations”
GAIA BOLLINI Architettura in terra cruda: significato, limiti e potenzialità FERNANDO PACHECO TORGAL, SAID JALALI Eco-efficient Construction and Building
COINTERAUX FRANCOIS École d’architecture rurale 1793
IVANA FASCIANO Costruire in terra cruda tecniche di lavorazione
PINA GUIDO, HUGO ALEJANDRO FERNANDEZ, MARTA MATEU SAGUES, GERARDO FERNANDEZ Micromorphology pf the “carazas test” to define archeological construction technique
GIOVANA FERRAZ DE CAMARGO CIBIM construir e descostruir precoinceitos,limitacoes e potentialidades da terra como material construtivo
RUI A. SILVA, DANIEL V. OLIVEIRA, LORENZO MICCOLI, LUC SCHUEREMANS Modelling of rammed earth under shear loading
PATRICIA LOURENCO, JORGE DE BRITO, FERNANDO BRANCO The use of compacted earth blocks (BTC) in modern construction
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GIANLUIGI PRATI “Progettare e costruire con la terra cruda” (Dicembre 2000)
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LA TERRA CRUDA IN AMBITO SISMICO CORSO DI TERREMOTI E SISMI
FERNANDO AVILA Characterization of the mechanical and physical properties of unstabilized rammed earth
MICHELE ZAMPILLI, GIULIA BRUNORI, GABRIELE AJO’ la terra cruda in ambito sismico – corso di terremoti e sismi OLINDA CURIA Tecniche di costruzione in terra cruda Tradizione e innovazione in Italia
ELENA MASSA Terra cruda: la casa tradizionale, la casa innovativa
ALESSIA EMANUELA LOSINI Valutazione di differenti tipologie di terre per l’utilizzo in bioedilizia
ABDELHAK MAACHI, RODOLPHE SONNIER Il materiale da costruzione più antico del mondo è anche il più rispettoso dell’ambiente
GARGIULO costruzioni storico – monumentali in terra cruda Proposte
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QUOC-BAO BUI Durability of rammed earth walls exposed for 20 years to natural weathering, 2009
PETERSON JEAN GILLES I prezzi dei materiali da costruzione aumentano vertiginosamente nel mercato locale
AURELIE VISSAC, ANN BOURGES, DAVID GANDREAU, ROMAIN ANGER, LAETITIA FONTAINE Argiles & biopolymères - les stabilisants naturels pour la construction en terre
MARIE PRIN Préservation et transmission des cultures constructives dans l’habitat face à l’urgenge. Haiti un cas qui fait école
KERALA ROSIE PAUL Inventory of traditonal stabilisers in earthen plasters
DAVIDE DAMIGELLA Haiti sperimentazione di un blocco a matrice cementizia fibrorinforzato con bambù per il mercato delle costruzioni haitiano
AURELIE VISSAC, ROMAIN ANGER, LAETITIA FONTAINE Stabilisation de la terre avec des molécules naturelles
DAVIDE DAMIGELLA Haiti: sperimentazione di un blocco di matrice cementizia fibrorinforzato con bambù per il mercato delle costruzioni haitiano
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NATHAN C. MC CLINTOCK Agroforestry and sustainable resource conservation in Haiti: a case study
VICTOR H. GARCIA ALTAMIRANO Tapial
LUCILE MAERTENS, ADRIENNE STORK The Real Story of Haiti’s Forests
LORENZO FONTANA Costruire in terra cruda
PRINCE CLAUS FUND Preserving Haiti’s Gingerbread Houses
GERONT MINKE Manual de construccion para viviendas antisismicas de tierra
CAROLYN GARCIA, VINCENT TRABAUD La reconstruction d’habitats en Haïti : Enjeux techniques, habitabilité et patrimoine
BARRET REITER The gingerbread houses of Port-au-Prince, Haiti
ILARIA CANNATA’ Haiti: lavoro e formazione per un percorso di riscatto sociale Una micro impresa per materiali d acostruzione a conduzione femminile
FRANCOIS GRUNEWALD Resilience in Haiti CRATERRE Cultures constructives locales pour la résilience et le développement
THIERRY JOFFROY, PHILIPPE GARNIER 126
(Re)build ad Haiti: dal terremoto del 2010 all’uragano Irma del 2017
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JEAN GILLES Les prix des materiaux de construction montent en fleche sur le marché local JOEL F AUDEFROY Haiti: post-earthquake lessons learned from traditional construction Cultures constructives locales pour la résilience et le développement https://craterre.hypotheses.org/files/2018/02/ Haiti.pdf Les producteurs de blocs de la zone métropolitaine de Port-au-Prince https://buildchange.org/app/ uploads/2016/07/2016.07.07_Build-Change_ Block-Sector-Study_FR_Final-4.pdf Assessing local building cultures for resilience & development https://hal.archives-ouvertes.fr/hal-01493386/ file/16059_Caimi_Assessing_local_building.pdf Gingerbread https://www.wmf.org/project/gingerbreadneighborhood Les maisons “gingerbread” de Haiti
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