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02/10/2015 Pag. 54 N.5 - ott/nov 2015

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RICERCA TOPLEGAL REAL ESTATE 2015 | QUADRO COMPETITIVO

Quel doping che fa bene Dopo la sbornia e l’esplosione della bolla immobiliare, oggi gli studi beneficiano dello sbarco degli investitori internazionali e tornano a puntare sul settore. In prima linea si confermano BonelliErede, Chiomenti, Dla Piper e Gianni Origoni Grippo Cappelli

© Rafael Ben-Ari - Fotolia.com

di Felice Meoli

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NSIEME ALLA NEW ECONOMY, AI PRIVATE equity e alla finanza strutturata, il real estate è stato uno dei principali driver dell’accelerazione della crescita degli studi in Italia all’inizio del terzo

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millennio. L’introduzione dell’euro fu un potente detonatore di questo fenomeno, che di fatto cancellò i rischi valutari, nonché i timori di vincoli legali su operazioni cross-border di una certa entità, ac-

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«C’è una corsa al ribasso che i clienti seguono volentieri ma la qualità scende» cendendo l’interesse di fondi tedeschi e britannici che sbarcarono nel nostro Paese forti di capitalizzazioni borsistiche miliardarie. Fino ad allora l’idea di definirsi un avvocato specializzato nell’immobiliare sarebbe venuta in mente a pochi, trattandosi di una practice considerata di seconda fascia per complessità e valori in gioco. Una situazione che si ribaltò completamente lungo il fiume di ricchezza che attraversò il mercato, quando poteva capitare che uno stesso immobile fosse venduto più volte nel corso della stessa giornata, naturalmente a multipli crescenti. Si trattava di una moltiplicazione di carta che prescindeva dal sottostante, un doping che portò alla nascita e al consolidamento di veri e propri dipartimenti real estate nella maggior parte degli studi. «Io ho iniziato con il real estate nel 1998, e all’epoca non lo faceva nessuno, non c’era abbastanza lavoro» racconta Rocco Ferrari di Pavia e Ansaldo. «C’erano solo dei professionisti che si stavano specializzando e qualche studio stava iniziando a creare la propria practice. Poi c’è stata l’esplosione. Nel 2007 ero in Freshfields ed eravamo arrivati a una quindicina di professionisti esclusivamente sul real estate. Tutti gli studi avevano sviluppato la practice, fino a quando ci fu un’inversione di tendenza e tutto si bloccò» Siamo intorno alla fine del primo decennio degli anni duemila, quando la bolla immobiliare, dopo aver preso forma negli anni, esplode e spariglia le carte, di fatto azzerando i mandati. Per capire meglio la distorsione creatasi nel mercato basti pensare alla serie storica raccolta da Nomisma, che segnala un andamento dei prezzi immobiliari che cumula, a partire dal 1998 e fino al 2007, un’inflazione totale del 71 per cento, con una media annua del 10 per cento. «Io ero arrivato ad avere nel 2009 una quarantina di avvocati e una ventina di persone di supporto», ricorda Riccardo Delli Santi dello studio Delli Santi. E fu proprio in quegli anni che prese inizio il ridimensionamento della practice, che come velocemente salì alla ribalta all’interno degli studi, così venne, salvo rare eccezioni, rapidamente archiviata. Questo accadde con maggiore frequenza negli studi internazionali, che in alcuni casi a livello mondiale inglobarono nuovamente la practice nel

corporate, mentre alcuni studi con solide radici italiane, secondo molti dei professionisti intervistati, affrontarono la nuova congiuntura spingendo sull’acceleratore del contenimento delle fee. Come segnalato in diversi casi tale modus operandi non sembra sia stato del tutto superato dalla ripresa della situazione di mercato. E un professionista che preferisce rimanere anonimo punta il dito contro il malcostume che ha riscontrato tra i colleghi: «Nessuno capisce che stanno scolpendo la loro tomba, se pensano di tornare a livelli di profittabilità decente si sbagliano. C’è una corsa al ribasso che i clienti seguono volentieri ma la qualità scende. E poi è un circolo vizioso, se non hai la qualità non fai un certo tipo di operazioni, e se non le fai poi non puoi neanche più fare gli sconti e così via. E muori. Ma la crisi si sfrutta anche per ripulire la macchina».

Immobiliare ma non troppo Al di là della pressione sulle tariffe, provocata non solo dalla necessità di sopravvivenza degli studi e dalla sfida competitiva, ma anche a livello più generale di mercato da un cambiamento della natura del cliente, molto più attento ai costi che nel recente passato, i professionisti si interrogano anche sul modello più adeguato per affrontare le sfide del mercato. Uno spunto interessante lo fornisce il responsabile real estate, che preferisce restare anonimo, di uno studio nato agli albori della crisi, che decise di non dare vita a un compartimento stagno sul real estate, ma di sfruttare la parcellizzazione delle competenze delle altre practice, per offrire un servizio integrato. «Tutti gli avvocati seguono il mercato, e se non c’erano operazioni l’idea di creare un dipartimento focalizzato voleva dire suicidarsi. Non è escluso, se l’immobiliare dovesse crescere a due cifre, pensare a un modello diverso». Al momento, tuttavia, vengono sottolineati i vantaggi dell’utilizzo di questa impostazione. «Legarsi a delle realtà esterne si traduce nel non poter offrire un servizio unico, con aggravio di costi essenziali. Ma c’è un ulteriore vantaggio di avere una struttura completa e dipartimenti diversi. Un av-

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Real estate: i passaggi laterali 2014-2015 Studio

Nome

Nuova carica

Provenienza

Vecchia carica

Nunziante Magrone

Ruben Pescara

Socio (equity)

Jenny

Socio

Simmons & Simmons

Dario Spinella

Socio (equity)

Lombardi Molinari Segni

Socio

Baker & McKenzie

Alessandro Matteini

Socio

Paul Hastings

Of Counsel

Carnelutti

Claudio Lichino

Socio

Chiomenti

Socio

Carnelutti

Veronica Vitiello

Socio

Freshfields Bruckhaus Deringer

Junior partner

Curtis

Alfonso Annibale de Marco

Socio

Gallavotti Honorati de Marco

Socio

Curtis

Sergio Esposito Farber

Socio

Gallavotti Honorati de Marco

n.d.

Gianni Origoni Grippo Cappelli

Alessandro Stoppa

Socio

Paul Hastings

Socio

Nunziante Magrone

Andrea Grappelli

Socio

Slm legal

Socio

Orrick

Emanuela Molinaro

Socio

Lms

Socio

Orrick

Marco Zechini

Socio

Dla Piper

Socio

R&p Legal

Luigi Macioce

Socio

Withers

Socio

n.d.

Federico Sutti

Socio

Dla Piper

Socio

n.d.

Federico Vanetti

Socio

Dla Piper

Socio

n.d.

Maria Sole Insinga

n.d.

Dla Piper

Senior counsel

Idea fimit

Paola Dessì

Head of legal business

Gianni Origoni Grippo Cappelli

Senior associate

Gianni Origoni Grippo Cappelli

Alessio Giammarino

Counsel

Paul Hastings

Senior associate

Curtis

Filippo Bianchi

Associate

DLA Piper

Associate

Nunziante Magrone

Federico Gioffrè

Associate

Jenny

Associate

Pavia e Ansaldo

Caterina Tosello

Of Counsel

Legance

Senior associate

vocato amministrativista che inizia a dedicarsi al real estate, poi continua a lavorare anche sul resto della materia: contenziosi, gare e appalti, concessioni. Questo lo rende un professionista molto più formato. Stiamo cercando di creare equilibrio tra l’avvocato tuttologo, che non ha senso, e il super specializzato, che si blocca appena esce dalla sua area di competenza. I nostri dedicano più del 50 per cento del loro tempo all’immobiliare». È evidente che un dipartimento liquido implichi un impegno non a tempo pieno per i professionisti coinvolti. E gli esempi di questo modello non mancano nel mercato, anche in realtà in cui il real estate assume una forte rilevanza, come in Lombardi Molinari Segni o BonelliErede. Nel primo caso

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Alessandro de Botton dichiara di dedicare al real estate il 50 per cento del proprio tempo, mentre la percentuale scende per il name partner Ugo Molinari, impegnato su molteplici fronti. Nel secondo caso i due soci di punta di BonelliErede, Emanuela Da Rin e Alessandro Balp, che affondano le proprie radici rispettivamente nel banking e nel corporate, dedicano all’immobiliare (costruito come prassi dello studio in focus team), il 50 per cento e il 70 per cento della loro attività. Sono pochi i professionisti in grado di poter dichiarare una relazione esclusiva con l’immobiliare. Simone Monesi di Osborne Clarke dichiara un 80 per cento, Benedetta Amisano di Carnelutti si spinge fino al 90 per cento, e tra le grandi firm è probabilmente il solo Dla Piper

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Real estate: le promozioni 2014-2015 Studio

Nome

Nuova carica

Vecchia carica

Chiomenti

Giuseppe Andrea Giannantonio

Socio (responsabile real estate)

Socio (tax)

Orrick

Carlo Montella

Socio co-head energy (Europe)

Socio responsabile energy (Italia)

Nctm

Christian Mocellin

Socio (equity)

Socio

Allen & Overy

Pietro Scarfone

Socio

Senior associate

Chiomenti

Filippo Cecchetti

Socio

Senior associate

Chiomenti

Patrizia Liguti

Socio

Senior associate

Chiomenti

Antonio Sascaro

Socio

Senior associate

Chiomenti

Alessandro Zappasodi

Socio

Senior associate

Pavia e Ansaldo

Christian Caserini

Socio

n.d.

Rödl

Maurizio Oropesa

Socio

Senior associate

Watson Farley & Williams

Francesco Dialti

Socio

Associate

Withers

Nicholas Vaughan

Special counsel per l'Italia (Londra)

n.d.

Chiomenti

Paolo Fedele

Of counsel

Associate

Orrick

Francesca Isgrò

Of counsel

Associate

(e in misura più contenuta Gianni Origoni Grippo Cappelli) a poter vantare un solido nucleo di professionisti dedicato al 100 per cento al real estate. Anche per questo motivo, secondo le informazioni in alcuni casi autoreferenziali fornite dagli studi, risulta quasi impossibile effettuare una comparazione quantitativa tra le diverse squadre. Nel caso di Dla Piper resta da capire come lo studio affronterà l’uscita dell’ex managing partner Federico Sutti, oltre a quelle previste del partner Federico Vanetti e della senior counsel Maria Sole Insinga.

Seconda generazione all’attacco Insieme a Dla Piper, sono i tre pesi massimi italiani a rappresentare i più accreditati punti di riferimento per il settore. Ognuno di essi affronta però il real estate secondo alcune prerogative distintive, emergenti dal mercato, al netto della qualità del lavoro riconosciuta a tutti. BonelliErede viene segnalato dal mercato per incidere sulle operazioni in maniera diretta e senza fronzoli, in qualche caso a scapito di

un pizzico di diplomazia che potrebbe far superare gli incagli senza ulteriori criticità, mentre a Chiomenti viene riconosciuto un profilo maggiormente istituzionale che in qualche caso può pregiudicare la tempestività dell’assistenza. Chiomenti, negli ultimi mesi, ha vissuto una importante novità che ha fatto alzare più di un sopracciglio tra i professionisti degli studi concorrenti con l’avvicendamento alla guida del dipartimento tra Umberto Borzi, tra i maggiori protagonisti del real estate italiano, e Andrea Giannantonio, già socio di riferimento del tax. Le perplessità riscontrate sono legate più a un presunto ridimensionamento di Borzi anziché all’apertura verso il fiscale, una variabile ritenuta sempre più centrale nella valutazione e nella strutturazione di una qualsiasi operazione legata al real estate. Lo conferma Francesco Assegnati di Cba, un professionista 2.0 che, oltre all’immobiliare e al tax, ha una lunga esperienza anche in ambito energy e project finance: quattro ambiti oggi perfettamente complementari. «L’aspetto fiscale è sostanziale. il dipartimento real estate da noi ha sempre Segue a pag. 57

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Nella seconda fascia appaiono leggermente avvantaggiati gli studi internazionali, in grado di sfruttare il network portato avanti come filosofia la perfetta combinazione della fiscalità, degli elementi di natura legale e le conoscenze di regolamentare. Se dovessimo percentualizzare la presenza di fiscalisti e avvocati civili nel real estate siamo al 50 per cento». Gianni Origoni, invece, che rispetto a BonelliErede e Chiomenti può vantare la pattuglia più estesa, sconta proprio per questo una frammentazione del dipartimento, nel quale si mette in luce Andrea Marani, spesso più visibile sulle operazioni rispetto al socio di riferimento Domenico Tulli. Alle loro spalle, vi sono nomi consolidati come Marzio Longo di Freshfields e Paolo Rulli di Clifford Chance, nonché protagonisti abili a sfruttare favorevoli contingenze come Domenico Fanuele di Shearman & Sterling, studio che assiste in tutto il mondo l’attivissimo Blackstone. Si contende inoltre il mercato un novero di professionisti della seconda generazione, spesso provenienti dal corporate o dal finance, e dunque lontani dall’equazione “immobiliare equivale urbanistica” che aveva caratterizzato la crescita di tanti professionisti della prima ora. Con sfumature diverse, si distinguono (in rigoroso ordine alfabetico di studio): Benedetta Amisano di Carnelutti, Francesco Assegnati di Cba, Marco Rota Candiani di Hogan Lovells, Matteo Troni di Jones Day, Francesco Sanna di K&L Gates, Gabriele Capecchi di Legance, Emanuela Molinaro di Orrick, Simone Monesi di Osborne Clarke e Rocco Ferrari di Pavia e Ansaldo. All’interno di questo gruppo appaiono leggermente avvantaggiati i professionisti attivi negli studi internazionali, in grado di sfruttare in entrata e in uscita i plus offerti dal network. A questo proposito portano un prezioso esempio Pierfrancesco Federici e Alessandro Matteini di Baker & McKenzie: «Area strategica per il nostro studio, la practice real estate fa parte di un ulteriore practice group a livello globale,

composto da 480 professionisti. Gli strumenti di knowledge management che abbiamo a disposizione ci danno accesso a un vastissimo database a copertura globale e ci permettono di coniugare al meglio lo stato dell’arte nella pratica immobiliare con le necessità del cliente in ogni giurisdizione».

Le prospettive La lenta ripresa del mercato italiano ha riportato sotto i riflettori una practice, o meglio una industry, che era stata trainante nella fase di sviluppo e consolidamento degli studi tra gli anni novanta e duemila. Rispetto ad allora, tuttavia, ci troviamo di fronte uno scenario completamente diverso, non più popolato da operatori che i maligni avrebbero una volta definito «palazzinari» tipicamente tricolori, ma da investitori istituzionali che hanno bisogno di un’assistenza globale e proattiva, capace anche di intercettare opportunità di business. In questo contesto appaiono decisamente più attrezzate le strutture in grado di rispondere a tutto tondo alle esigenze della clientela. In alcuni casi tali capacità permettono di sfruttare un vantaggio competitivo che, a parità di qualità, si traduce in un risparmio nelle parcelle che non può non essere influente per chi opera con budget sempre più ristretti. L’immobiliare in Italia è stato un motore di sviluppo, che in alcuni casi è andato fuori giri portando in dote operazioni dalla dubbia utilità, e che hanno consegnato al nostro Paese non poche opere di bassa qualità. Nuove operazioni di sviluppo, necessarie per attestare una completa ripartenza del comparto, dovranno prendere avvio proprio da questa situazione. Rivitalizzando asset già esistenti e identificando i bisogni emergenti del mercato, che non potranno essere disattesi, attraverso operazioni di greenfield. Senza dubbio le più profittevoli anche per i professionisti. TL

ERRATA CORRIGE Nel numero di luglio di TopLegal Review, a pagina 68, è stato erroneamente segnalato che Vania Petrella avrebbe iniziato la carriera di fiscalista in Di Tanno. Petrella ha invece iniziato il proprio percorso professionale in Cleary Gottlieb Steen & Hamilton dove ha lavorato ininterrottamente dal 1998. Ci scusiamo con l’interessata e i nostri lettori.

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