Michela Garau Valeria Lualdi Michele Mandaglio
Siracusa: il nuovo accesso alle Latomie dei Cappuccini
POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura Civile Corso di Laurea Magistrale in Architettura - Progettazione Architettonica Siracusa: il nuovo accesso alle Latomie dei Cappuccini Relatore: Prof. Angelo Torricelli Correlatori: Prof. Gianluca Sortino Arch. Valerio Tolve Michela garau 799226 Valeria Lualdi 801917 Michele Mandaglio 798432 Anno Accademico 2013/2014
INDICE Abstract
1.0 Trasformazione urbana
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1.1 Origine 1.2 Epoca greca 1.3 Epoca Romana 1.4 Siracusa bizzantina e araba 1.5 Periodo Normanno - Svevo 1.6 Dominazione Aragonese 1.7 Età moderna ed unità d’Italia 1.8 Piani urbanistici XX Secolo e Siracusa Contemporanea
2.0 Balza Acradina e Latomie
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2.1 Balza Acradina 2.2 Convento e Latomia dei Cappuccini 2.3 Tipologia conventuale
3.0 Progetto
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3.1 Il progetto 3.2 Riferimenti progettuali 3.3 Elaborati finali BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA
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Abstract La scelta della proposta di un nuovo sistema d’ingresso alle Latomie dei Cappuccini di Siracusa, nasce dall’attenta lettura della storia urbana della città e in particolare dalla rielaborazione delle informazioni relative alla storia delle latomie, tutto ciò è stato fondamentale nella traduzione delle intenzioni in progetto. Le latomie dei Cappuccini, cave ma con la qualità di un’architettura, si trovano alla fine di un sistema di monumenti costruiti in un forte rapporto con la balza, rilievo ibleo che caratterizza la parte a nord della città di Siracusa. L’intervento si relaziona con esse andando a creare una sequenza di spazi che fungono da nuovo ingresso al sistema. Dalla complessità del sito, i segni che han dato vita a parti fondamentali della città, emergono a testimonianza di momenti trascorsi della storia della città, capaci di evocare antichi valori e qualità spaziali di cui il progetto intente riappropriarsi, restituendoli alla realtà contemporanea. Partendo dallo stato di fatto dell’area si è tenuto conto del lavoro di ricerca del laboratorio svolto negli ultimi anni, l’idea che il convento dei cappuccini possa far parte di una pianta più ampia, una pianta dove è presente un secondo grande chiostro, costruito secondo la regola dettata da una griglia compositiva generata dagli allineamenti con gli elementi del contesto. Il progetto si inserisce all’interno di questa idea, se il convento si relaziona anteponendo la propria regola a quella delle latomie, anche il nuovo intervento lo fa,
seguendo la griglia e andandosi ad inserire dentro la latomia, in un rinnovato rapporto tra antico e nuovo lontano dal mero restauro, in un intervento architettonico contemporaneo capace di inserirsi all’interno di un contesto antico. L’intervento si pone al limite tra due aree della città di natura e periodi differenti, l’una con una storia che parte dal periodo classico e arriva fino ai piani urbanistici di inizio novecento, l’altra figlia dell’edilizia della seconda metà del XX secolo. Il tema dell’ingresso alla latomia dei cappuccini viene arricchito da altri elementi presenti nel luogo: l’attraversamento di una strada carrabile, il repentino cambio di quota dell’intorno e la vista verso latomie e mare. Il progetto cerca di convivere con tutti questi elementi e si pone come soluzione al problema dell’attuale ingresso alle latomie, che risulta essere debole e poco accessibile. La prima parte dell’intervento si relaziona con la città, con la creazione di uno spazio pubblico che consente la discesa ad una quota inferiore portando all’ingresso dell’edificio. Questo si sviluppa in lunghezza per diversi metri, passando sotto la strada e concludendosi con una scala che, oltre a consentire l’accesso alle latomie, permette la vista verso il convento e li mare. L’edificio, come un blocco di pietra si incastra dentro la latomia, sotto la strada, inserendosi dentro la città; l’involucro, elemento cardine del progetto, viene arricchito con l’inserimento di spazi espositivi, l’idea è quella di rendere la discesa suggestiva in un percorso pieno di elementi evocativi.
Trasformazione urbana
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Siracusa è una città di fondazione greca posta sulla costa sud-orientale della Sicilia. Caratterizzata da testimonianze archeologiche straordinarie e da un territorio ricco e fertile, fu un importante metropoli del passato classico, una delle polis più grandi del mondo greco e capoluogo della Sicilia durante l’impero romano e bizantino. Nel 2005 la città è stata insignita del titolo di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’ UNESCO. La città si sviluppa in parte sull’isola di Ortigia, dove sorse il primo nucleo abitativo, ed in parte sulla terraferma. La conformazione della costa determina l’ampia insenatura del Porto Grande, cinta a nord dall’Isola e a sud dal promontorio del Plemmirio, andando a formare una sorta di porto naturale, aspetto geografico molto importante per lo sviluppo della città nella storia. L’aspetto geologico della parte di Siracusa che si sviluppa sulla terraferma è caratterizzato dai rilievi iblei che formano una sorta di terrazza calcarea meglio conosciuta come balza Acradina. I rilievi Iblei sono composti da rocce calcaree bianche originata da sedimenti marini; infatti il territorio dove ora sorge Siracusa, un tempo era sommerso dalle acque, e ne sono prova i tanti fossili di conchiglie visibili sulle rocce circostanti. Le vicende che hanno interessato Siracusa nell’arco di diversi millenni hanno trasformato il volto dell’antica Apoikía. Infatti la polis, nata come colonia di popolamento, è divenuta palcoscenico per le dinastie che si sono susseguite, sovrapponendo “scenografie” sempre nuove al vecchio aspetto e quindi dando inizio ad un processo di stratificazione bidimensionale. Tale circostanza suggerisce di considerare il “palinsesto Siracusa” nella sua complessità, cercando di seguire la città nel suo sviluppo millenario e di dare risalto alle cesure riscontrate all’interno di una continuità apparente. Sintesi perfetta di questa stratificazione è il Duomo (tempio dorico costruito su insediamenti siculi, poi ba-
silica bizantina, chiesa normanna, tardo rinascimentale e infine barocca). In appena un chilometro quadrato si trovano templi greci e chiese cristiane, palazzi svevi, aragonesi e barocchi, cortili, vicoli arabi, botteghe, modeste abitazioni e grandi edifici pubblici. Un quartiere ebraico e la sinagoga trasformata in chiesa Cattolica. La città moderna ha inglobato parte del patrimonio archeologico della città come le Latomie dei Cappuccini, la Chiesa e le Catacombe di San Giovanni Evangelista, il Santuario di Demetra e Kore. Un po’ isolato, il Parco della Neapolis – con il Teatro Greco, l’Anfiteatro Romano, l’Ara di Ierone II, le Latomie del Paradiso e di Santa Venera, la Grotta dei Cordàri e l’Orecchio di Dionisio riesce a dare le suggestioni di un luogo dove ancora natura, storia e mito s’incontrano. “Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte, e inoltre bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per mare, e possiede due porti quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della città. Questi porti hanno ingressi diversi, ma che si congiungono e confluiscono all’altra estremità. Nel punto di contatto, la parte della città chiamata l’isola, separata da un braccio di mare, è però riunita e collegata al resto da uno stretto ponte. La città è così grande da essere considerata come l’unione di quattro città, e grandissime: una di queste è la già ricordata “isola “, che, cinta dai due porti, si spinge fino all’apertura che da accesso ad entrambi. [...] L’altra città è chiamata Acradina, dove è un grandissimo Foro, bellissimi portici, un pritaneo ricco di opere d’arte, un’amplissima curia e un notevole tempio di Giove Olimpio. [...] La terza città, chiamata Tycha perché in essa era un antico tempio della Fortuna, contiene un amplissimo ginnasio e molti templi: si tratta di un quartiere molto ricercato e con molte abitazioni. La quarta viene chiamata Neapolis (città nuova), perché costruita per ultima: nella parte più alta di essa è un grandissimo teatro, e inoltre due importanti templi, di Cerere e di Libera, e la statua di Apollo chiamata Temenite, molto bella e grande, che Verre, se avesse potuto, non avrebbe esitato a portar via.” (Cicerone) 1. Planimetria di Siracusa con area archeologica 11
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1.1 Origine Il nucleo più antico della città di Siracusa, l’isola di Ortigia, fu popolato a partire dall’età del bronzo da popolazioni autoctone, molto probabilmente dai Siculi.
1.2 Epoca greca Il nome Siracusa deriva dal siculo Syraka o Sùraka (abbondanza d’acqua) per la presenza di molti corsi d’acqua e di una zona paludosa, ossia dell’odierna zona dei Pantanelli. Sia in greco sia in latino è al plurale, Syracusae, perché la città, fondata da Archia, un nobile di Corinto nel 734 a.C., divenne in pochi anni la Pentàpoli in quanto al nucleo originale, costituito sull’isola di Ortigia, si aggiunsero man mano altri quattro nuclei: Acradina, Tiche, Neàpoli ed Epipoli. L’isola è caratterizzata dalla presenza di numerose architetture e monumenti antichi di svariate epoche, costruiti con la pietra di Siracusa, una pietra arenaria multicolore costituita prevalentemente da sabbie gialle, estratta nel corso del tempo dalle Latomie, imponenti cave di origine Greca. Questi edifici sono molto importanti per capire l’espansione e l’evoluzione urbana della città di Siracusa nel corso del tempo. Nel corso del VI sec. a.C. venne costruito l’imponente tempio di Apollo e il tempio di Zeus Olimpico. Del V sec. a.C. è il Teatro posizionato nel quartiere della Neapolis, s e modificato poi nel III sec. a.C. sotto il dominio di Ierone II. Importante per la storia di Siracusa fu l’ascesa al potere di Gelone, sotto la sua tirannia Siracusa raggiunse il periodo di massimo splendore. Ampliò la città, sfruttando le caratteristiche naturali del territorio, sulla terraferma e costruì quattro nuovi quartieri aggiunti al 12
nucleo originale di Ortigia, andando a formare la Pentàpoli. I quartieri sono: Acradina, Tiche, Neàpoli ed Epipoli. Nel periodo in cui fu al potere sconfisse i cartaginesi e fece erigere il tempio di Atena sulla parte più alta di Ortigia tra il 480 a.C. 470 a.C.. A Gelone successe Ierone I che continuò l’opera del precedente governante. Nel 407 a.C. inizio la guerra tra Atene e Siracusa. Sfruttando il caos Cartagine tentò di riconquistare la Sicilia, saccheggiando città e minando il potere di Siracusa. Nel 407 a.C. Dionigi si nominò tiranno concordando una tregua con Cartagine, approfittandone per costruire delle imponenti mura ai bordi dell’Epipoli, costruendo il castello Eurialo e espellendo gli abitanti da Ortigia che fu trasformata in una fortezza.
2. Teatro greco di Siracusa 3. Francesco Cavallari, Topografia archeologica di Siracusa,1880
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1.3 Siracusa romana I romani giunsero a Siracusa nel 212 a.C. gli interventi più rilevanti sono dei primi tre secoli e sono il foro, l’anfiteatro, l’ampliamento del teatro, la costruzione del complesso del ginnasio. Tutti questi interventi vennero fatti nella Neapolis con lo sviluppo di una rete stradale a supporto di quella greca. A differenza delle epoche precedenti, la Neapolis assunse un ruolo più importante, un ruolo “istituzionale” grazie alla presenza del foro e degli edifici pubblici. Ortigia subì una parziale diminuzione di popolazione a favore dello sviluppo di sobborghi nei quartieri delle Neapolis e di Acradina, ma mantenne comunque il suo carattere di centro della città.
1.4 Siracusa bizantina e araba Durante il III sec d.C. iniziò un grande periodo di spopolamento della città, denunciato dal avanzamento delle necropoli verso i centrali quartieri della Neapolis e di Tyche. Il complesso paleocristiano più importante fu la cripta di San Marziano, poste vicino alle catacombe di San Giovanni. Lo sviluppo dell’architettura paleocristiana ebbe inizio con l’arrivo di Belissario nel 535 d.C., lo sviluppo della corrente paleocristiana andò di pari passo con lo sviluppo della corrente Bizantina, solamente però da un punto di vista architettonico e non urbanistico. A questo periodo appartengono la Basilica di San Marziano, la chiesa di San Pietro, la chiesa di Santa Lucia e la cattedrale ricavata dal tempio di Atena. Venne riconvertito anche il tempio di Minerva quando, nel corso del VII secolo , si fece sempre più vicina la possibilità di un
attacco arabo, per questa motivazione la cattedrale di San Marziano venne spostata sull’isola di Ortigia. Nel 827 gli arabi invasero Siracusa, c’è una scarsa presenza di elementi architettonici arabi ma forte è l’influenza sulla struttura urbana di Ortigia. Il Tempio di Apollo nel X secolo venne convertito in moschea, è ancora visibile una iscrizione araba. “Credo infine che, tra tutti i monumenti di Siracusa che sono sopravvissuti ai secoli, questo delle catacombe può darci, meglio degli altri l’idea più giusta dell’antica grandezza di questa città.” (Carlo Picchio)
1.5 Periodo Normanno-Svevo Dopo un periodo di svariate lotte arabo-bizantine i normanni, un nuovo popolo proveniente dal nord europa, concentrò le proprie forze in Sicilia e nel 1086 il condottiero Ruggero conquisto Siracusa. Conquistata dai normanni Siracusa conobbe un periodo di espansione economica, vi furono numerosi restauri, nuovi lavori e la riconnessione con i due borghi di Santa Lucia extra moneta e San Giovanni alle catacombe. Nel 1168 un grande terremoto danneggiò gravemente la città, in particolare l’abitato di Ortigia, questo cambiò il destino urbanistico della città. Vennero fatte importanti modifiche alla cattedrale che tornò al centro della vita cittadina. Durante la dominazione sveva vennero costruite numerosi conventi che frazionarono ancor più il tessuto urbano. Successivamente alla decadenza normanna la Sicilia fu dominata da Federico II. L’isola venne interessata da una generale opera di costruzione di sistemi difensivi e 4. Jean Houel, Vista dell’Anfiteatro 5. Jean Houel, Pianta delle catacombe 6. Rovine dell’anfiteatro romano 15
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castelli, in particolare a Siracusa, nel 1232, venne realizzato il Castello Maniace all’estremità sud di Ortigia, nella lingua di terreno che più si propaga nel mare. Nel XIII secolo Siracusa conobbe la presenza di un’altra comunità molto importante: gli ebrei. “ Non ancora chiuso nel pesante anello dei contrafforti spagnuoli, lanciato come una sfida contro il mare, dovete riflettere nel passato, in un’interpretazione ricca di luce e bellezza, le audacie di un ingegno veramente sovrano” Giuseppe Agnello (L’architettura Sveva in Sicilia)
1.6 Dominazione Aragonese Morto Federico II al trono siciliano successero gli angioini, tutta l’isola si ribellò, dando vita ai “Vespri Siciliani”, il lunedì dell’Angelo del 1282 a Palermo. La ribellione diede avvio a una serie di guerre, chiamate “guerre del Vespro” per il controllo della Sicilia, definitivamente conclusesi con il trattato di Avignone del 1372. I Vespri rappresentano una fondamentale tappa della storia siciliana: il lungo legame tra Sicilia e Aragona, che poi diverrà inclusione dell’isola nel regno unificato di fine XV secolo, nasce in questo contesto. Tale legame realizzò l’inserimento della Sicilia nel teatro mediterraneo, in cui la Corona d’Aragona rappresentava l’avversario degli Angioini e del Papa. L’isola divenne inoltre fulcro di interessi commerciali, contesi tra le potenze marittime di quel tempo (Barcellona, Genova, Firenze, Pisa, Venezia). Infine, moltissime famiglie nobili si trasferirono in Sicilia dalla penisola iberica, integrandosi con la nobiltà siciliana e finendo per costituire una componente importante della nobiltà isolana nei secoli successivi. Un altro elemento degno di considerazione è
la natura particolare del regno così nato. I ceti siciliani dominanti, attraverso il governo provvisorio, avendo richiesto a Pietro di assumere la corona, si rapportarono agli Aragonesi sempre come interlocutori piuttosto che come sudditi, nel segno di una monarchia “pattista”, che avrebbe dovuto tutelare e conservare le tradizioni del Regno e quindi anche la sua origine. Sotto questo aspetto, la monarchia sorta nel 1282 differisce profondamente da quella costituita sull’isola dai normanni e dagli svevi. Sotto Carlo V d’Asburgo, Ortigia subì una serie di notevoli modifiche dal punto di vista difensivo e militare; venne cinta da mura a strapiombo sul mare e difesa dalla terraferma attraverso la costruzione di un sistema di forti e canali. Per estrarre la pietra necessaria alla costruzione dei sistemi difensivi vennero distrutti gran parte dei monumenti greco-romani (Ara di Ierone, teatro, anfiteatro, Tempio di Apollo), lasciando intatte solo le parti scavate nella roccia. In questo periodo Ortigia viene quindi trasformata in una cittadella fortificata, questo aspetto ha avuto un’influenza notevole nello sviluppo e nell’evoluzione della città contemporanea. L’isola divenuta quindi una fortezza conobbe un periodo di decadenza, le fu negata la sua vocazione commerciale e mercantile, questo provocò il fallimento della città. In questo momento poco favorevole accadde la grande disgrazia del terremoto del 1683, una disgrazia che distrusse molti centri abitati soprattutto nella valle di Noto. Siracusa subì molti danni, ma ebbe sorte migliore rispetto a Noto, e ad altre città, che venne completamente rasa al suolo con la conseguente perdita di un importante patrimonio storico e culturale. Vi fu la necessità di una ricostruzione delle città ex 7. Vista interna del Castello Maniace 17
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novo, per questo motivo possiamo dividere il barocco siciliano in due parti, dal 1600 al 1683, data del terremoto che distrusse molti edifici con una conseguente fase di ricostruzione e di restauro con i nuovi canoni di gusto e la seconda parte dal 1683 alla fine del XVIII secolo. La scena di Ortigia cambiò lasciando spazio all’idea urbana barocca dove a prevalere erano le facciate degli edifici e di conseguenza gli spazi urbani; un esempio lo troviamo nel restauro della cattedrale, la piazza cambia completamente i suoi rapporti volumetrici, i prospetti, le quinte delle quali viene cancellato ogni riferimento al medioevo. Il generale rinnovamento edilizio che in Sicilia caratterizzò il periodo barocco non fu accompagnato, a Siracusa, da una vera e propria ripresa della vita civile e da un’ espansione demografica. La trasformazione barocca, operata prima dalla chiesa e poi dalle grande dimori civili, non interessò l’edilizia popolare. Quello che ha acquistato valore non è tanto il singolo edificio ma l’insieme urbano. Fu così che la città rinacque sotto una veste barocca che si unì agli stili greci, romani, bizantini, normanni e rinascimentali.
eredità architettonica notevole, il XIX secolo si contraddistinse per episodi prevalentemente distruttivi. L’equilibrio urbano venne violato con l’inserimento di elementi estranei nel tessuto urbano di Ortigia. Con l’unità d’Italia Siracusa divenne capoluogo e fu chiara l’intenzione di una ripresa economica e commerciale. Il passaggio post unitario interesso in primis la cinta muraria difensiva, venne tolto il demanio militare e poi con la redazione di un piano regolatore e d’espansione conseguente alla distruzione degli impianti militari che crearono grandi vuoti urbani tra isola e terraferma. La costruzione della borgata di Santa Lucia diede inizio all’espansione fuori dalle mura.
1.8 Piani urbanistici XX secolo e Siracusa contemporanea
1.7 Età Moderna e Unità d’Italia
Lo sviluppo del tessuto urbano fuori Ortigia prende il via dall’abbattimento della cinta muraria militare che per secoli rappresentò un ostacolo all’espansione. Con la redazione del piano urbanistico del 1890 si da il via alla creazione di tre grandi aree: la prima, il quartiere Umbertino, occupa lo spazio delle mura abbattute all’ingresso della città caratterizzato dalla presenza di un’edilizia prevalentemente residenziale. Venne creato un grande asse, Corso Umberto II, che collegò il centro città alla stazione ferroviaria. Il Borgo Sant’Antonio, che fino ad allora era costituito da un tessuto di case rurali, divenne con gli anni la zona industriale della città. L’area mantenne il ruolo di
La decadenza urbana continuò per buona parte dell’ 800 ma, se il periodo barocco lasciò comunque un
8. Duomo di Siracusa 9. Vista di Piazza del Duomo
“Ortigia era già da molti secoli una penisola quando il re di Spagna affrontò l’enorme spesa di tagliare la lingua di terra che la univa alla Sicilia, riportandola al suo pristino stato. Sull’isola egli ha fatto erigere un forte imponente, quasi inespugnabile. Vi sono quattro solide porte, una dietro l’altra, ciascuna fornita di spalti, passaggio coperto, scarpa e controscarpa, e un largo e profondo fossato pieno d’acqua di mare e difeso da un immenso numero di cannoniere.” (P. Brydone)
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snodo di comunicazione verso Noto e Catania. Ultima la borgata di Santa Lucia, area agricola extraurbana di raccordo tra il piccolo porto e la zona Acradina (Latomie dei Cappuccini), sottoposta tra il 1885 e il 1925 a un’intensa attività edificatoria tramite lottizzazione e costruzione da parte di privati. Il suo sviluppo urbano, costituto da grandi lotti regolari, fu il presupposto per l’ulteriore espansione del 1917 che assimilò la morfologia della nuova borgata. Con il boom edilizio ci fu un ulteriore espansione della città, senza però un’identità vera e propria e spesso senza regole. Nel dopoguerra i terreni del borgo di Sant’Antonio e della palude vennero urbanizzati senza alcuna norma o regolamento edilizio, si realizzò in modo spontaneo fuori da ogni griglia ortogonale, caratteristica quest’ultima che differenzia la morfologia insediativa del borgo da quella della borgata di Santa Lucia e dell’area degli ex fortilizi. L’unica distinzione funzionale di rilievo fu quella relativa alle aree dei servizi che rimasero relegate nell’isola di Ortigia, grazie al cambio funzionale di molti edifici religiosi. Nelle tipologie edilizie medie delle borgate, il regolamento edilizio imponeva l’uniformità dei prospetti e norme di igiene. Le aree di espansione appaiono così caratterizzate da un edilizia a basso costo, da una forte promiscuità di funzioni abitative e produttive, con l’esclusione di quelle terziarie. Il quartiere Mazzarona è esempi di urbanizzazione durante il periodo del boom edilizio. La Mazzarona è un quartiere situato nella periferia nord-est di Siracusa, sorto durante il boom edilizio (popolare e privato) partito dagli anni sessanta e terminato negli anni ottanta. La Mazzarona è una zona dalle due facce; da un lato è un vistoso esempio di quartiere dormitorio con le difficoltà classiche di un quartiere periferico; da un altro si
trova presso una delle zone naturali più belle della città in quanto caratterizzata dalla presenza del mare e di scogliere che di fatto formano la lunga costa.
10. Planimetria IGM di Siracusa, 1927 11. Vista di Siracusa. In primo piano il Santuario della Madonna delle lacrime 12. Vista verso il mare. A sinistra il quartiere Mazzarona. 21
Balza Acradina e Latomie
BALZA ACDRADINA E LATOMIE
2.1 Balza Acradina Con il nome Balza Acradina si intende un piccolo rilievo ubicato all’interno della città di Siracusa, ultima propaggine sul mare della catena montuosa degli Iblei (altopiano montuoso localizzato nella parte sud-orientale della Sicilia). In questa parete rocciosa vi sono molti ipogei di tipo sepolcrali di epoche sicule, greche, romane e bizantine, le latomie, i resti della mura che cingevano completamente l’antica città di Siracusa per un perimetro di ben 27 km e che sfruttavano il salto di quota naturale, apparendo ancora più imponenti. Una delle opere greche di Siracusa più emblematiche e meglio conservate nel corso del tempo sono le Latomie. Le latomie sono un complesso di imponenti cave , scavate già nel V secolo a.C. , utilizzate nel corso dei secoli come prigioni e come fossati difensivi della città, si estendono per circa 2 km a nord in una fascia che comprende una serie di monumenti che stabiliscono una forte relazione con la balza Acradina. L’estrazione avveniva a cielo aperto, al fine di ricercare strati di roccia più compatti ci si spingeva fino a 40 metri di profondità, questo ha creato l’architettura che oggi vediamo, immense grotte scavate nella roccia sorrette da pilastri di roccia risparmiati dallo scavo. La loro esistenza in età già notevolmente antica è dimostrata da un celebre passo di Tucidide (VII 86-7), a proposito del loro uso come prigione per i superstiti della sfortunata spedizione ateniese. « In un primo tempo i Siracusani trattarono duramente quelli che erano nelle Latomie. Questi, in molti in un luogo cavo e ristretto, dapprima furono tormentati dal sole e dal caldo, essendo il luogo scoperto; sopravvennero in seguito, per contro, le notti autunnali fredde, Che provocarono le malattie. E poiché per la ristrettezza dello spazio essi facevano tutto nello stesso luogo, e per giunta si accumulavano gli uni sugli altri i cadaveri di coloro che mori- vano 24
per le ferite, per i cambiamenti di temperatura e per cause dello stesso genere, il puzzo era intollerabile, ed erano tormentati dalla fame e dalla sete (intatti, distribuirono loro per un mese un cotile d’acqua e due cotili di grano). E di quanto poteva capitare a chi fosse gettato in un tal luogo, nulla fu loro risparmiato. Rimasero così ammassati circa settanta giorni: dopodiché, tranne alcuni Ateniesi e alcuni Siciliani e Italici che avevano combattuto con loro, tutti furono venduti. Non è facile dire esattamente quale fosse il numero totale dei prigionieri, ma certo non inferiore a 7.000 ».
A molti secoli di distanza troviamo un’altra descrizione in Cicerone (Verrine, II 5, 68): « Tutti voi avete sentito parlare, e la maggior parte conosce direttamente, le Latomie di Siracusa. Opera grandiosa, magnifica, dei re e dei tiranni, scavata interamente nella roccia ad opera di molti operai, fino a una straordinaria profondità. Non esiste né si può immaginare nulla di così chiuso da ogni parte e sicuro contro ogni tentativo di evasione: se si richiede un luogo pubblico di carcerazione, si ordina di condurre i prigionieri in queste Latomie anche dalle altre città della Sicilia ».
Le più importanti sono all’interno del parco della Neapolis, come quella del Paradiso, S.Venera e Intagliatella; nei pressi della basilica di San Giovanni Battista quelle Navantieri, Broggi e del Casale. Infine, nei pressi del convento dei Cappuccini, con l’omonima latomia. Se ne conosce un’altra, più piccola, nei pressi del castello Eurialo, chiamata Bufalaro (o del Filosofo). Tuttavia esistono molte piccole latomie sparse ovunque in città, specie nei pressi delle mura dionigiane. Siamo informati anche di altri usi delle Latomie: di alcune di esse ci si serviva come abitazione, da parte dei ceti più umili della città ; probabilmente vi si trovavano anche sedi di collegi e corporazioni, funerarie o d’altro tipo, come sembra dimostrare la presenza in molte di esse di numerosi quadretti votivi dedicati a morti eroizzati. È anche possibile che queste cave potessero assumere una funzione difensiva, come parrebbe dedursi dalla loro collocazione. Le più importanti Latomie sono
BALZA ACDRADINA E LATOMIE
disposte, infatti, secondo una linea quasi continua, da ovest a est, con poche aperture destinate alle vie di accesso da nord, che si potevano facilmente sbarrare in caso di pericolo. Questa linea segue grosso modo i limiti settentrionali della Neapolis, in origine non protetta da mura, sostituite forse da questo tutto sommato efficace sistema di difesa L’edificio più antico che troviamo lungo la fascia a nord della città è il teatro greco, costruito nel quartiere della Neapolis, scavato completamente nella roccia, ha subito alcune modifiche durante il III secolo a.c. sotto il dominio di Ierone II e successivamente in epoca romana. Rappresenta uno dei più grandi esempi di teatro di epoca greca. Troviamo poi l’Ara di Ierone, grande opera monumentale, costruita durante il V secolo a.C.. Rimane conservato solo il grande basamento, ricavato nel declivio roccioso, i restanti elementi sono stati asportati nel XVI secolo e usati nella costruzione delle mura difensive spagnole. L’anfiteatro romano si trova anch’esso in questa fascia ma presenta un orientamento differente rispetto al teatro e all’Ara di Ierone, questo perché probabilmente fu costruito seguendo l’orientamento dell’impianto urbanistico di epoca tardo classica. Anche questa architettura è scavata in gran parte nella roccia. In questa area della città di Siracusa sono presenti altri monumenti di epoche successive a quella classica, che hanno una relazione meno importante con la balza, ma facenti parte del sistema di architetture che si sviluppano lungo questa fascia e uno dei più importanti tardo antichi complessi di catacombe. La localizzazione di queste aree cimiteriali è particolarmente interessante per quanto riguarda la storia urbanistica della città nel periodo tardo imperiale: esse, infatti, si inseriscono all’interno della Neapolis, lungo i
margini di Acradina. Si tratta di un chiaro indizio del restringimento dell’area abitata, che si può far risalire ai secoli precedenti: le catacombe infatti, la cui utilizzazione ha inizio già nel corso del III sec. d.C., furono precedute da necropoli risalenti alla prima e alla media età imperiale. Ciò conferma con grande evidenza la notizia di Strabone (VI 2, 4), secondo cui la città, semidistrutta e quasi abbandonata nel corso della guerra tra Ottaviano e Sesto Pompeo, fu in gran parte ricostruita al momento della deduzione della colonia augustea, ma limitatamente alla sola Acradina. Concluso il periodo greco (sotto il governo di Dionigi e Ierone II) Ortigia ebbe prevalentemente funzione civile, mantenendo la funzione di fortezza, grazie a questo mantenne il suo assetto urbanistico. Il centro si trovava ora ad Acradina, Neapoli mantenne il suo carattere monumentale, Tyche venne innestata nel tessuto urbano e divenne il quartiere residenziale più popolare mentre Epipoli assunse una funzione militare e difensiva.
13. Vista della Balza Acradina 25
BALZA ACDRADINA E LATOMIE
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BALZA ACDRADINA E LATOMIE
2.2 Convento e Latomia dei Cappuccini La Latomia dei Cappuccini è uno degli esempi più vari ed impressionanti, per la sua grandezza, per la sua posizione e per l’uso vario che ha avuto durante i secoli. Collocata al confine orientale della Pentapoli greca (facente parte probabilmente del quartiere Thyca situato leggermente più a nord), la latomia ebbe come tutte le altre funzione di cava e successivamente di carcere, nonché luogo di culto pagano e cristiano come dimostrano i numerosi sistemi ipogei presenti all’interno. Inizialmente chiamata del Palombino, la latomia prende il nome dal convento di frati francescani che vi si affaccia a sud-est. I frati cappuccini arrivarono a Siracusa nel giugno del 1549. Si stabilirono in cima alle Latomie nel 1582, dove fondarono la chiesa di Santa Maria dei Pericoli e iniziarono a costruire il convento, terminato l’anno successivo. Inizialmente venne usata come parte del sistema difensivo del convento, vennero infatti costruiti due ponti levatoi, uno dinnanzi al portone d’ingresso del convento e l’altro presso la porta della chiesa. I ponti sono andati distrutti ma si può ancora vedere parte del fossato. Dal XVIII secolo in poi venne usata soprattutto come orto al servizio del convento ma soprattutto come giardino. Dalla seconda metà del Settecento sino alla fine dell’Ottocento Siracusa entrò nel circuito del Grand Tour. I molteplici viaggiatori che si susseguirono lasciavano resoconti estasiati in merito a questo luogo. “Le latomie formano ora un elegante giardino sprofondato sotto la superficie del terreno e sono senza dubbio uno dei luoghi più belli e romantici che io abbia mai veduto. Si trovano per intero a circa cento piedi sottoterra, e sono incredibilmente vaste. Il giardino è tutto tagliato in una roccia dura come il marmo, composta di un conglomerato di conchiglie, ghiaia ed altro materiale marino. Il fondo dell’immensa cava, da cui fu probabilmente tratta la pietra per
costruire quasi tutta Siracusa, è ora ricoperto da un terriccio fertilissimo, e siccome è un luogo assolutamente riparato dal vento, è pieno di ogni sorta di arboscelli e bellissimi alberi da frutto, rigogliosi e imponenti, mai intristiti dalla tempesta. Aranci, limoni, bergamotti, melograni, fichi, eccetera, sono tutti di notevoli dimensioni e di qualità sopraffina. Alcuni di questi alberi, in particolare gli olivi, sorgono dalla viva roccia, senza traccia di terra, ed offrono uno spettacolo insolito e assai gradito all’occhio.“ (Patrick Brydone, A tour trough Sicily and Malta)
Nel 1862 venne costruita Villa politi, in stile liberty, venne posta sopra la latomia dei cappuccini a nord ovest. Fu progettata da una nobil donna austriaca, Maria Theresa Laudien, sposa di Salvatore Politi, siracusano appartenente ad una nota famiglia di pittori, e prese il nome di Grand Hotel Villa Politi. La Villa Politi fu requisita dagli Alleati, durante la seconda guerra mondiale, fino al 1944, i soldati Inglesi, che occuparono Siracusa nel luglio 1943, usarono la Villa come loro base operativa. Nel 1866, a seguito della legge per la confisca dei Beni ecclesiastici,la latomia divenne proprietà demaniale e da allora appartiene al Comune di Siracusa. La Latomia si estende per circa 23.000 mq,vi si accede attraverso una lunga scala, e si può dividere in tre zone; nella prima le alte pareti verticali che raggiungono i 40 metri di altezza , mostrano ancora oggi il taglio perfetto della roccia calcarea dal caratteristico colore bianco-grigio. L’accesso agli altri due settori della Latomia è caratterizzato da una breve scala alla sommità della quale, si trova l’unica volta integra dell’intero complesso, poiché il tempo, i terremoti e le intemperie hanno fatto crollare l’originaria copertura sorretta da pilastri naturali ormai quasi tutti inesistenti. La vegetazione della latomia ha 14. Latomie del Paradiso 27
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un’importanza particolare dovuta, non tanto alla rarità delle specie, quanto al notevole sviluppo apicale raggiunto dalle piante, a volte 20-30 metri, alla ricerca del sole poco presente in diverse ore del giorno. L’habitat creatosi nel corso dei secoli per le condizioni climatiche e il fertile humus originatosi dall’accumulo di detriti, è costituito quindi da una composizione vegetale di notevole suggestione che rende il sito uno dei giardini storici più importanti della Sicilia Orientale. Fino agli anni ’70 la Latomia dei Cappuccini è stata una delle attrazioni di Siracusa dove si svolgevano manifestazioni nello spazio denominato “Teatro di Verdura”. La Latomia per svariati motivi è rimasta chiusa dagli anni ’80 al 2005 quando con una convenzione stipulata con l’Associazione ”Italia Nostra” è stata riaperta, in parte restaurata e valorizzata con numerose manifestazioni culturali. Viene però utilizzato solo il più piccolo dei due spazi teatrali presenti all’interno. Il convento dei frati cappuccini e la Villa Politi sono gli edifici più importanti che vi si affacciano, “figli” della propria epoca, hanno un “approccio morfologico” totalmente differente. Il convento impone sulla latomia la propria regola senza adattarsi mantenendo l’ordine di composizione tipico di molte architetture medievali soprattutto dell’architettura conventuale. La villa ruotandosi, stringendosi e allargandosi, sottopone la propria geometria a quella della latomia.
2.3 Tipologia conventuale Per capire la perentorietà dell’atto fondativo del convento in rapporto all’intorno, in particolare in rapporto alle latomie, va affrontato un discorso sulla storia della tipologia conventuale. 28
LATOMIE DEI CAPPUCCINI
15. Latomia dei Cappuccini 16. Teatro della Latomia dei Cappuccini 29
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1582 - Costruzione del convento
1862 - Costruzione di Villa Politi
1871 - Costruzione della Ferrovia
Anni 60 - Espansione della cittĂ a nord
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Un convento è un complesso residenziale tipico dell’organizzazione comunitaria di vita consacrata cattolica e ortodossa. La sua funzione primaria è di ospitare persone che vivono in comunità religiosa (composta di sacerdoti e di fratelli laici) ed i servizi necessari alla comunità stessa (chiesa, mensa, lavanderia ecc.), ed eventualmente da essa forniti al mondo esterno (soprattutto scuole). Ecco alcune tappe importanti per la comprensione della storia dei conventi e della loro architettura. Benedetto da Norcia (480-543) fonda l’ordine dei monaci benedettini. Inizialmente i monasteri benedettini si ispirano a quelli orientali e soprattutto ai cenobi greci, integrando le precedenti modalità costruttive con il modello dell’antica villa romana. Ogni abbazia va vista come testimonianza dell’esperienza monastica. “Il monastero, se è possibile, sia costruito in modo da avere al proprio interno tutte le cose necessarie, cioè l’acqua, il mulino, l’orto e le strutture per le varie attività di lavoro, così che i monaci non abbiano bisogno di uscire fuori, cosa che non giova alle loro anime” San Benedetto da Norcia
Abbazia di Montecassino 529 Anche se dell’antica costruzione di Montecassino non rimangono tracce certe, si sa che nei primi edifici la chiesa è il centro della cittadella monastica ed è circondata, come in oriente, dalle altre costruzioni, ma fra queste si inserisce l’innovazione del chiostro. Infatti, come le stanze della domus romana risultano isolate rispetto all’esterno, ma collegate fra loro per mezzo del peristilio, il cortile interno, così già nelle prime abbazie il chiostro permette il libero accesso a tutti i locali monastici, senza che nulla del mondo esterno distragga il religioso dalla contemplazione di Dio.
Abbazia di San Gallo 612 La pianta di edificazione dell’Abbazia di San Gallo, giunta a noi attraverso una celebre pergamena del IX secolo, già presenta una seconda tipologia costruttiva benedettina che nei secoli successivi, con modifiche e razionalizzazioni, sarà utilizzata da molti monasteri. Nel 909 in Borgogna, l’Abate San Bernon, aiutato dal duca d’Aquitania, fonda l’Abbazia di Cluny, dalla quale prende il nome l’Ordine Cluniacense. Direttamente sottomessa alla santa sede, si discostano dalla regola di san benedetto. L’ordine diventa ben presto molto potente ed influente. L’architettura è un’altra affermazione della potenza e dell’influenza di Cluny. L’architettura cluniacense proseguì il modello benedettino, gettando le basi per quello cistercense, contribuendo a diffondere il modello architettonico dell’abbazia, ossia un complesso di strutture di cui la chiesa è quella principale, tutte ruotanti attorno ad un chiostro quadrato o a “T” come nel caso di Cluny. Le piante caratteristiche dell’architettura cluniacense furono quelle cosiddette a gradoni e a cappelle radiali. I momenti di maggiore interesse dell’abbazia di Cluny sono essenzialmente tre, Cluny I (che corrisponde al 927 circa, ad opera dell’abate Bernone), Cluny II (che rappresenta una sostanziale espansione della prima Cluny) e Cluny III (che non include alcuna delle architetture precedenti). Nel 1098 dal monastero cluniacense di Molesme, San Roberto parte per fondare con altri monaci una nuova abbazia, dove seguire la Regola di San Benedetto secondo la primitiva austerità che nel frattempo, a Cluny è stata soffocata da numerose aggiunte, riguardanti soprattutto il rituale delle celebrazioni. Il nuovo monastero viene fondato a Cîteaux, località pianeggiante e 31
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paludosa che in latino si chiamava Cistercium. L’elemento nuovo e caratterizzante l’architettura cistercense non sta nella creazione di nuove for- mule, né planimetriche né costruttive, sia della tradizionale architettura monastica in genere. Sta piuttosto nel rigore assoluto con cui l’idea benedettina del monastero come civitas. Viene purificata da ogni elemento inessenziale e condotta a una incandescente essenzialità ed evidenza, in forme, basate esclusivamente sulla linea retta. Certose C’è una forte disomogeneità nell’impianto delle certose, probabilmente imputabile ad una mancanza di una storia architettonica strettamente legata all’ordine. Gli schemi tipologici si consolidano a partire dal XIV secolo. Gli elementi che però risultano costanti nei vari impianti sono: la chiesa, le celle, il chiostro grande, e il piccolo chiostro con i vari edifici per la vita comunitaria, raccordati però tra loro in modo molto libero, sicuramente condizionato soltanto dalle caratteristiche ambientali. Possiamo ora riassumere le tipologie di convento: Tipo A Prevede il grande chiostro alle spalle della chiesa e il piccolo chiostro alla destra: questo schema è individuato nelle certose di Portes, Le Reposoir, Lugny, Selignac, Valbonne e nelle due certose italiane di Casotto e Monte Benedetto. è determinata dalla posizione del piccolo chiostro, che in questo caso si pone a sinistra della chiesa; Les Ecouges, Val Dieu Tipo B vede la chiesa affiancata a sinistra dal grande chiostro e a destra dal piccolo; secondo Aniel, la prima Gran32
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de-Charteuse distrutta nel 1132 aveva questo tipo di impianto, così come Sel- ve-Benite, Arvières II e la certosa catalana di Scala Dei. Tipo C mette sullo stesso asse chiesa e piccolo chiostro, mentre il grande sta a destra o, nella variante a sinistra. Tipo D certosa di Pesio, con i due chiostri entrambi dal- lo stesso lato rispetto alla chiesa, in questo caso il destro, mentre nella variante d1, rappresentata dalla certosa slovena di Žiče (Seitz), il blocco dei chiostri è sul lato sinistro Tipo E infine, una sorta di ribaltamento del tipo A, colloca il grande chiostro davanti alla chiesa che ha il piccolo chiostro sul fianco sinistro; esso è rappresentato dalle certose di Bonlieu (dip. Jura) e Berthaud (dip. Hautes-Alpes) Gli ordini mendicanti, sorti tra il XII ed il XIII sono quegli ordini religiosi che si distaccano dai precedenti. La loro regola impone l’emissione di un voto di poverIn generale per quest’ordine come per gli altri ordini mendicanti, l’impianto conventuale si rifà alla pianta tipo del più antico ordine cistercense. Solitamente lo schema è semplice composto dalla chiesa un unico chiostro e gli ambienti che subiscono variazioni solo in funzione della vita monastica dei vari ordini. Lo schema del convento di Siracusa è semplice ed è composto dalla chiesa e da un unico chiostro. Gli 17. Pianta tipo di monastero cistercense 18. Pianta abazia di Morimondo 19. Pianta dell’abbazia di Cluny III 20. Pianta della Certosa di Pavia 33
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ambienti si articolano attorno a questi due elementi. Al piano terra troviamo l’ingresso, la cucina, il refettorio e tutti i locali di servizio. Al primo piano i dormitori collegati attraverso una scala alla chiesa. La risolutezza e il vigore dell’impianto conventuale si ben traduce nel convento dei cappuccini che, nonostante si trovi in una posizione orografica particolare, impone la sua regola senza scomposizioni. Questo è un atteggiamento tipico di molte architetture medievali. Ci sono poi alcuni elementi secondari del complesso che invece si piegano, e si relazionano con le antiche cave, ma sono elementi che possiamo definire secondari e accessori. Il confronto con Villa Politi può aiutare a capire come il tipo edilizio del convento medievale imponga la propria regola sull’intorno, anche in casi dove la conformazione del terreno sembra non possa consentire un’operazione di questo tipo. La villa poggiandosi sulla lingua di terreno risparmiata dallo scavo delle latomie si adatta ad essa, ruotandosi, stringendosi e allargandosi, sottoponendo la propria geometria a quella della latomia.
Tipo convento A
Tipo convento B 34
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Tipo convento C
Tipo convento D
Tipo convento E 35
Il Progetto
IL PROGETTO
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IL PROGETTO
3.1 Il Progetto La scelta della proposta di un nuovo sistema d’ingresso alle Latomie dei Cappuccini di Siracusa, nasce dall’attenta lettura della storia urbana della città e in particolare dalla rielaborazione delle informazioni relative alla storia delle latomie, tutto ciò è stato fondamentale nella traduzione delle intenzioni in progetto. Le latomie dei Cappuccini, cave con la qualità di un’architettura, si trovano alla fine di un sistema di monumenti costruiti in un forte rapporto con la balza acradina, propaggine dei monti Iblei che caratterizza la parte a nord della città di Siracusa. L’intervento si relaziona con esse andando a creare una sequenza di spazi che fungono da nuovo ingresso al sistema. L’area di progetto si trova alla fine di questo sistema archeologico caratterizzato dalla presenza delle latomie e dal convento dei cappuccini. Il convento viene costruito secondo una precisa regola, nonostante la morfologia del sito. Questa regola si traduce in una griglia di 18 metri per 18 metri che, sviluppandosi in planimetria, va a comporre gli elementi dell’architettura conventuale. Il concept del progetto estende la griglia all’intorno ragionando come se il convento non sia l’unico elemento presente nell’area, oltre ad esso c’è un secondo grande chiostro che va a completare il sistema. L’intervento si inserisce all’interno della composizione planimetrica, prendendo gli allineamenti della chiesa ma allontanandosi dall’idea iniziale. Non fa parte della grande corte ma è assimilabile all’estensione di uno dei “bracci” del convento. Il nuovo ingresso si inserisce in un vuoto urbano sopra
la balza, che ha il vantaggio di essere ad una quota superiore alla latomia, con una vista verso Ortigia e il mare; una posizione dominante rispetto all’area archeologica. L’area di progetto si trova al limite tra due parti di città di natura e periodi differenti, l’una con una storia che parte dal periodo classico e arriva fino ai piani urbanistici di inizio novecento, l’altra figlia dell’edilizia della seconda metà del XX secolo. Il tema dell’ingresso alla latomia dei cappuccini viene arricchito da altri elementi presenti nel luogo: l’attraversamento di una strada carrabile, il repentino cambio di quota dell’intorno e la vista verso latomie e mare. Il progetto cerca di convivere con tutti questi elementi e si pone come soluzione al problema dell’attuale ingresso alle latomie, che risulta essere debole e poco accessibile. Il tema del percorso dalla città alla latomia viene sviluppato lavorando con architettura fatta di suolo, carat-
21. Schema griglia 22. Vista del prospetto sulla Latomia 39
IL PROGETTO
23. Planimetria di progetto 24. Pianta di progetto 40
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intente riappropriarsi, restituendoli alla realtà contemporanea, in un rinnovato rapporto tra antico e nuovo lontano dal mero restauro. Un intervento architettonico contemporaneo capace di inserirsi all’interno di un contesto antico. Il progetto si pone come elemento in grado di affrontare e risolverei problemi relativi all’area. Partendo dalla creazione di uno spazio urbano che permette un accesso dal nord - accesso opposto a quello attuale - questo spazio pubblico si costruisce attraverso una serie di elementi disegnati dai tracciati della città e fanno si che si possa raggiungere la quota più bassa dalla quale è possibile accedere all’edificio. L’area retrostante viene invece risistemata a parcheggio e una loggia viene posta a mediazione tra esso e lo spazio pubblico. terizzata da alcuni elementi evocativi che enfatizzano la discesa verso un sistema unico nel suo genere, accompagnando il visitatore lungo un percorso suggestivo e riprendendo gli elementi tipici delle architetture ipogee siracusane. Dalla complessità del sito, i segni che han dato vita a parti fondamentali della città, emergono a testimonianza di momenti trascorsi della storia della città, capaci di evocare antichi valori e qualità spaziali di cui il progetto
L’edifico si costruisce in maniera rigorosa sulla griglia del convento e sui suoi allineamenti, esso viene concepito come un elemento incastrato nella roccia sostenuto da due alte pareti che permettono la discesa alle latomie e il collegamento con la città. La suggestione deriva proprio dalla condizione stessa delle latomie, antiche cave dove lo scavo e la sottrazione di pietra hanno permesso di costruire la città. Le due pareti dell’edificio contengono al loro interno una serie di spazi che costruiscono il percorso verso
25. Vista dell’ingresso 26. Sezione 41
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l’area archeologica, pensati come una successione di stanze diverse che accompagnano il visitatore enfatizzando la discesa verso le latomie. A segnare l’ingesso al sistema sono due elementi che rimandano a due blocchi di pietra incastonati nel terreno - contenenti le parti di servizio - seguono tre spazi voltati che si trovano in corrispondenza della strada sovrastante, l’ultima stanza del sistema espositivo è più grande e caratterizzata da una volta a botte, questo perché si pone come elemento di snodo tra l’esposizione e la discesa. Tutti questi spazi si susseguono raggiungendo ogni volta una quota più bassa e sono segnati da un elemento comune, un basamento espositivo che, mantenendo sempre la stessa quota, sottolinea la discesa. A conclusione del sistema all’elemento della scala - posizionato al di sotto di un ordine gigante sfocia sull’area e permette sia la vista che la discesa alle latomie - dalla forma circolare si compone di due rampe che si innestano l’una sull’altra. Osservando il prospetto dalla latomia sono chiari i vari elementi che lo compongono, i setti portanti la scala circolare e un braccio che diventa l’espediente per contenere un largo pianerottolo e mascherare l’uscita dall’edificio. Alla quota della strada e della città la copertura dell’edificio diventa una terrazza pubblica che proietta la vista verso il mare e sovrasta l’area archeologica, inoltre tramite la risistemazione del terreno e delle rampe si può raggiungere l’ingresso alle latomie dal convento direttamente dalla città.
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IL PROGETTO
27. Vista della scala 28. Vista spazio espositivo 29. Schizzi di progetto 43
IL PROGETTO
3.2 Riferimenti progettuali Colossi di Baalbek (Libano), II secolo a.c.
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IL PROGETTO
Francesco Venezia, Teatrino all’aperto a Salemi, 1983-1986.
RCR Arquitectes, Soulages Museum, 2014.
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