Narrazioni simboliche Architettura dell'informazione: metafora diagramma simbolo brand di
Michele Spano
Produzione redatta all'interno del Corso di Progettazione Architettonica Assitita - ITCaad del prof. arch. Antonino Saggio a.a. 2014/2015
Indice Introduzione 1. Proust incontra Deleuze: buchi neri vs zone di scambio 2. Sulla metafora e il diagramma: van Berkel vs Holl 2.1. La metafora di Helsinki: il diagramma 2.2. Questione di reificazione 2.2.1. Mobius reificato 3. Oltre la metafora, oltre il diagramma 4. Di nuovo Wormhole 4.1. Kiasma, Parallasse, percezione 4.2. Mobius, intreccio, percezione 5. Oltre Mobius, oltre il Kiasma 5.1. Linked Hybrid 5.2. Mercedes - Benz Museum 6. Natural born digital architects, v2.0 6.1. Evoluzione e avanguardia 6.2. Yes is more 6.3. A BIG philosophy 7. Si riparte dal simbolo 8. BIG - Brand 8.1. Airport FGL - "Air + Port" 8.2. Lego Towers 9. Note conclusive 9.1. A proposito di interattivitĂ 9.2. A proposito di paesaggio Bibliografia - Sitografia
Introduzione La narrazione è il primo dispositivo interpretativo di cui l'uomo fa uso nelle sue esperienze di vita, attraverso la quale esso conferisce senso e significato al proprio vivere. All'interno della narrazione, la metafora può essere considerata un valido strumento in grado di catalizzare il cambiamento e, contemporaneamente, categorizzare le nostre esperienze in eventi permeati di senso. Secondo l'etimologia, il termine metafora deriva dal greco "meta" (oltre, tra) e "phero" (portare), assumendo pieno senso in portare attraverso, trasferire. Ognuno di noi tende a utilizzare la metafora in maniera selettiva, a seconda del sistema rappresentativo più appropriato che, nella maggior parte dei casi, assume carattere visivo. La tendenza a privilegiare un certo canale percettivo si riflette sulla narrazione stessa e sulle "immagini" utilizzate per focalizzare il concetto. Portandoci ad un livello più elevato possiamo distinguere due canali linguistici: uno digitale, tipico della comunicazione concreta, descrittiva e logico-sequenziale, ed uno analogico, proprio della comunicazione evocativa, capace di raccontare il vissuto emotivo che accompagna la parola. Essendo la metafora un'operazione creativa, intuitiva, ma con forte legame al reale, può essere considerata il nesso fra digitale e analogico. In buona sostanza la metafora abita entrambi gli emisferi cerebrali dell'uomo, fungendo da ponte, appunto, tra concetti
astratti e immagini concrete, sollecitando fortemente la dimensione cognitiva. Meno noto ai più è che l'ascolto e l'esplicitazione di una metafora produce un abbassamento del livello di attenzione, dello stato di vigilanza e controllo di un certo soggetto, coinvolgendo le stesse strutture cognitive, entrando a far parte del sistema concettuale delle persone, modificandolo e creando un cambiamento anche nel proprio modo di porsi. Senza azzardare, possiamo vedere nella metafora il grado zero dell'interattività. Il carico conoscitivo di queste prime battute, come intuibile, gode di potenzialità smisurate e allo stesso tempo versatili, dati gli infiniti campi di applicabilità dell'idea narrativa e della metafora stessa. In questa sede vedremo, con luce diversa rispetto a quanto fatto in passato, come il pensiero e la genesi compositiva dell'architettura si modifichino sostanzialmente quando metafora e diagramma si incontrano, dando vita a quel valore simbolico, denso ed evocativo, proprio di quei progetti che fanno dello spazio strumento di narrazione. Tuttavia è necessario un ulteriore approfondimento. Nella sua natura la metafora è una parola contenitore che accoglie in se un insieme di sfumature e categorie che la linguistica cognitiva aiuta a individuare. In prima istanza la metafora si può definire come mezzo di comprensione di un certo dominio concettuale, individuando in quest'ultimo un'organizzazione coerente di una data esperienza. La metafora, affinchè abbia luogo, necessita di due domini, tale che il primo viene ad
essere compreso nei termini del secondo. La metafora concettuale generalmente è pre-linguistica, non fa diretto riferimento al concreto, riguardando soprattutto temi come lo spazio, il tempo, il movimento ed altri elementi essenziali per descrivere l'esperienza umana. Il dominio concettuale da cui sono tratte le espressioni metaforiche è detto dominio sorgente, che si assume fisico o concreto, mentre il dominio che si tenta di capire è detto dominio obiettivo o dominio bersaglio, di natura per lo più astratta. Ovviamente la narrazione non può fare della metafora il suo unico strumento espressivo, ma è necessario che già a partire dalla sintassi il "lettore" sia condotto lungo un preciso percorso cognitivo. Marcel Proust questo lo aveva capito molto bene: sostanziali "buchi neri" attivano una serie di processi in grado di rileggere un certo testo non come un insieme di parti, ma come un unicum fluido e continuo, grazie al quale è possibile costruire una data esperienza percettiva in maniera concreta e indelebile. Apparentemente appannaggio di scrittori e letterati, la trattazione sino ad ora condotta è basilare nella costruzione di un'architettura idealmente metaforica, geneticamente diagrammatica e cognitivamente simbolica e che rivede nell'operato di progettisti come Ben van Berkel e Steven Holl due figure di spicco.
1. Proust incontra Deleuze: buchi neri vs zone di scambio Come visto, affinchè una narrazione "funzioni" è necessario che le varie parti di un testo instaurino dei processi di sintesi che Proust definisce buchi neri. Traslando ciò al fare architettonico è logico pensare che lo spazio narrativo si caratterizzi da una serie di episodi che puntano ad ibridare fra loro le diverse categorie dell'opera edilizia al fine di conferire continuità alla spazialità interna, reificando tale processo in ciascuna delle sue parti. Un sistema siffatto richiede un approccio mentale in grado di astrarre il manufatto architettonico ad un livello di comprensione più alto, per certi versi superficiale, possibile solo attraverso l'introduzione del diagramma nell'atto generativo del progetto. Quando si parla di diagramma si fa riferimento ad un dispositivo operativo concettuale in grado di attivare un processo riduttivo delle informazioni al fine di organizzare, dall'idea alla costruzione, l'evento architettonico. In questo senso è molto calzante la definizione di diagramma quale "macchina astratta" ad opera del filosofo francese Gilles Deleuze e che sarà riferimento nell'intera opera di van Berkel e Boss. Lo studio olandese, oltretutto, porterà avanti tali enzimi alla ricerca della fluidità dello spazio architettonico, ottenuta, come vedremo, attraverso i buchi neri di Proust che, in Deleuze, prendono il nome di zone di
scambio, nonchè "attivatori della macchina astratta" (UN Studio).
Esempio di macchina astratta diagrammatica
Immagine di un buco nero secondo gli studi NASA nella Galassia NGC1277
Al fine di una maggiore comprensione, ritengo necessario aprire una breve digressione sul trovato parallelismo Proust - Deleuze. Il concetto di buco nero dello scrittore parigino è una chiara licenza poetica derivante dalla teoria einsteniana della relatività generale, per la quale questa particolare entità fisica è una regione dello spaziotempo caratterizzata da un elevato campo gravitazionale tale da trattenere al suo interno anche la componente particellare della luce. L'idea dello spaziotempo, astrazione ideale per la comprensione dell'architettura nell'epoca del digitale, è alla base di un'ulteriore teoria: il ponte di Einstein - Rosen, più comunemente conosciuto come Wormhole. Nello specifico si tratta di un'ipotetica caratteristica topologica dell'universo che permetterebbe di viaggiare da un punto all'altro dello stesso attraverso una galleria gravitazionale strettamente interconnessa alle quattro dimensioni. Il nesso narrativo - relativistico conduce ad un'analogia fra architettura e geometria topologica, per la quale lo spazio distributivo viene messo sotto scacco dall'idea di continuità e ibridazione delle parti. La suddivisione tipologica dell'organismo edilizio si frammenta a favore di diaframmi che sfumano una categoria nell'altra, come se all'interno della spazio architettonico si venissero a creare veri e propri ponti spaziotemporali sul modello einsteniano del Wormhole.
Illustrazione digitale sulla figura topologia del Wormhole
Schema del possibile funzionamento del Wormhole secondo Einstein - Rosen
2. Sulla metafora e il diagramma: van Berkel vs Holl L'intenzione di voler delineare un nuovo impianto teorico non deve prescindere mai la discesa a fatto pratico, specialmente in una disciplina che ha come scopo ultimo la costruzione e modificazione dello spazio fisico reale. Metafora e diagramma, quindi, vanno al di là della loro implicita natura concettuale, assumendo, altresì, il peso di strumenti e metodi per indagare e riformulare la tridimensionalità dell'architettura costruita. Muovendoci in questo senso è possibile rielaborare quanto detto nell'analisi di due opere nevralgiche e fondamentali allo sviluppo di un modus operandi squisitamente informatico: da una parte il Kiasma Museum di Steven Holl (Helsinki) e dall'altra la Mobius House di UN Studio (Het Gooi). 2.1. La metafora di Helsinki: il diagramma Come già visto in un precedente articolo, il Kiasma Museum si permea di un forte valore comunicativo dovuto alla grande attenzione dell'architetto statunitense verso la comunicazione quale primo strumento del fare progettuale. Più in generale, le opere di Holl richiamano sempre ad immagini e simboli, tale che l'architettura guarda al di fuori di se. In questa maniera il progetto diviene una vera e propria esperienza cognitiva per l'individuo, il quale, a sua volta, non può che riesprimere
quanto provato se non con un'accezione metaforica. Una conseguenza non da poco: Steven Holl intuisce come nell'epoca odierna anche il linguaggio architettonico viene a ricostituirsi attraverso categorie "più sottili", meno esplicite, tali da catalizzare nell'evento spaziale la mente e lo sguardo del soggetto. Conseguentemente l'architetto non progetta più lo spazio, ma la sua percezione: i domini concettuali ci rendono partecipi di un gioco fatto da continui rimandi in cui lo spazio si "metaforizza" o, viceversa, la metafora si "spazializza".
Steven Holl, Kiasma Museum of Contemporary Art, Helnsinki, 1993-98
Il museo di Helsinki, quindi, è un chiasma a tutti gli effetti! Tuttavia il passaggio dalla figura retorica all'idea progettuale non è lineare e, soprattutto, richiede
strumenti adeguati alla traduzione di contenuti astratti in entità computabili. Ed è proprio in questa fase che il diagramma trova la sua dimensione, sintetizzando le strutture cognitive e organizzative dell'opera architettonica. La macchina deleuziana funge da connessione fra metafora ed organismo edilizio, amministrando, nella sua costruzione, le componenti del progetto, non tanto secondo una ratio formalis, ma più secondo una logica operativa e organizzativa. Holl compie, però, un ulteriore salto: trasferisce nel diagramma il senso stesso dell'azione, del chiasma, portando lo strumento ad un livello semantico di notevole densità, in grado così di liberare le energie compositive in maniera sinergica e contestuale.
Diagramma generativo del Kiasma Museum
2.2. Questione di reificazione La comunicazione, come visto, gioca un ruolo fondamentale nell'era del digitale, influenzando notevolmente anche il modo di osservare e leggere lo spazio, offrendo punti di vista nuovi ed originali. Chiaramente l'approccio mentale che solitamente adoperiamo per indagare il mondo che ci circonda varia di epoca in epoca, costruendosi attraverso le teorie e gli assiomi propri del quadro sociale di riferimento. Per meglio comprendere questi concetti, facciamo un piccolo salto ai primi del Novecento, nel cuore del fermento politico e ideologico che spinse e incentivò la crescita industriale, fino alla sua trasmutazione architettonica nel funzionalismo del Movimento Moderno. Il fare progettuale era lineare e consequenziale, mutuato direttamente dal modello operativo della produzione industriale: si raccoglievano i fatti e le necessitĂ che, posti in relazione fra loro, operando per gradi, permettevano una serie di scelte fortemente interrelate l'una con l'altra. Ă&#x2C6; proprio da questo tipo di approccio che nacquero gli schemi tipologici dei grandi manuali. In buona sostanza "la concezione << meccanica>> astratta, analitica e oggettiva che presiede alla societĂ industriale trova nell'architettura funzionalista la sua reificazione" (A. Saggio). Guardando a Le Corbusier, Gropius e a tutti gli architetti di questa fase storica, attraverso le categorie proposte, appare chiaro che l'opera architettonica venga vista alla pari di un qualsiasi prodotto
industriale, perchè ciò che contava non era il risultato in se, ma la lunga catena operativa necessaria alla sua realizzazione.
Modello tridimensionale del progetto per il Bauhaus a Dessau di W. Gropius
Sintetizzando quanto detto possiamo affermare che un approccio così ferreo e convinto è possibile solo attraverso una solida conoscenza dei propri strumenti e che questi, inevitabilmente, influenzano le logiche spaziali e/o compositive del fare architettonico. In altre parole "lo spazio si modifica guardando dentro lo strumento, dentro quel paradigma" (A. Saggio) che regola e amministra il paesaggio mentale che vive e cresce all'interno di una certa epoca. Coerentemente con quanto detto, possiamo ricercare i medesimi enzimi anche nella contemporaneità,
ricostruendo il paradigma informatico attraverso l'architettura di nuova generazione, nella quale si reifica la struttura stessa dell'informazione. Se nel Novecento era la linearità dei processi industriali la chiave di volta del paesaggio mentale degli architetti funzionalisti, oggi va sempre piÚ consolidandosi una nuova forma di architettura che fa delle interconnessioni dinamiche e della logica sistemica le vere armi della progettazione dello spazio architettonico. 2.2.1. Mobius reificato La precedente premessa è tanto dovuta quanto voluta al fine di far comprendere, almeno superficialmente, l'operato di UNStudio, fondamentale per il confronto con l'architettura di Steven Holl, ma soprattutto per il trovato parallelismo fra Kiasma Museum e Mobius House.
UNStudio, Mobius House, Het Gooi, Olanda, 1993-98
Come l'architettura del Movimento Moderno aveva fatto intimamente proprio il concetto di macchina, così l'architettura di van Berkel e Boss assume in se le caratteristiche del modello informatico. Una vera e propria reificazione dello strumento, al pari del chiasma nel museo di Helsinki. L'interesse verso la Mobius House in questi termini deriva dalla grande capacità dei progettisti di sintetizzare in quest'opera, per la prima volta, diagramma e modello, divenendo un esempio quasi pioneristico dell'architettura informatica di fine Novecento. Nello specifico il progetto prende forma sulla base di una diagramma determinato, appunto, dal famoso anello di Mobius: una linea continua a forma di ∞ in cui le due parti, che rappresentano una coppia di intellettuali che hanno larghe sfere di autonomia personale, sono in alcuni punti indipendenti e in altri intrecciate. Nella Mobius House geometria topologica e processo compositivo si fondono: "una faccia della superficie è il know how progettuale, l'altra è il nuovo modello operativo che la presenza di una strumentalità teorica e operativa nuova determina. Avvolgendosi una sull'altra le due facce creano un corpo nuovo, quello appunto di un'architettura che reifica il modello operativo che ha alla base" (A. Saggio in UNStudio. Diagramma struttura modello pelle ibridazione). Van Berkel riesce a concretizzare il diagramma a blocchi, proprio del
Movimento Moderno, e il diagramma come Dna topologico quale strumento di negoziazione funzionale, spaziale, strutturale. Il metodo con cui UNStudio fa uso del diagramma è sensibilmente differente rispetto alla precedente esperienza di Steven Holl: spesso sono "grafici" che si costruiscono attraverso la geometria topologica, al fine di organizzare l'architettura come un modello virtuale, un sistema interconnesso e dinamico di informazioni, che si densificano all'interno di uno sistema ibrido e continuo. Lo spazio perde la sua unitarietà , sdoppiandosi all'infinito, offrendo all'osservatore nuove percezioni in cui piÚ sensi vengono coinvolti. L'effetto voluto è che lo spazio diventi diagonale e ciclico.
Diagramma di progetto di UNStudio per la Mobius House. L'immagine spiega come i progettisti abbiano legato sistematicamente alla distribuzione interna i flussi funzionali nel quadro giornaliero dei fruitori.
3. Oltre la metafora, oltre il diagramma È ormai evidente come, tanto nel Kiasma Museum quanto nella Mobius House, lo strumento compositivo si manifesti agli occhi dell'osservatore attraverso la tridimensionalità dell'opera architettonica. Ad Helsinki un grande incrocio, fra masse di natura differenti, raccoglie le latenti giaciture urbane al fine di creare una immensa intersezione che implode nelle percorrenze e nei cambi di quote interni. Parallelamente ad Het Gooi un "anello" oblungo, di cemento e vetro, corre su se stesso organizzando spazi e tempi funzionali degli utenti in un ibrido ciclico e continuo. Van Berkel e Holl rimescolano continuamente metafora e diagramma, dando vita ad entità dal forte valore evocativo. Rivedere il chiasma nelle geometrie del museo o il nastro di Mobius in quelle della residenza olandese, fa si che le due architetture si innalzino a veri e propri simboli costruiti. Non è un caso, infatti, che entrambe le opere prendano il nome direttamente dallo strumento compositivo: in esse, appunto, il concetto di reificazione tocca apici applicativi elevatissimi. Qualche ulteriore spiegazione. Come già affermato in precedenza, il paradigma informatico si presenta agli occhi della società attraverso una serie di categorie mutuate dal web, dalla tecnologia dei computer e, perchè no, dall'elettronica. In questo
senso metafora e diagramma sono due livelli ormai ben inseriti nella prassi architettonica odierna: basti pensare alla proposte di Peter Eisenman per la chiesa del Giubileo a Roma o al Museo Guggheneim di Frank O. Gehry a Bilbao. Tuttavia se Toffler ha definito "supersimbolica" la società odierna ci deve essere dell'altro. Nel campo dell'architettura e degli oggetti, "informazione" vuol dire anche narrazione, immagine. Ciò implica che, agli occhi delle persone, arriva prima la narrazione e poi la forma. Ma quando narrazione e forma combaciano, e quindi convivono nel medesimo "oggetto", allora si accede a un livello più alto di comunicazione. Tanto nel Kiasma Museum quanto nella Mobius House, l'architettura si racconta oltre la metafora, oltre il diagramma: lo spazio si fa simbolo, grado primo dell'interattività.
4. Di nuovo Wormhole L'idea di un'architettura come narrazione non tocca solo la sfera cognitiva, ma anche quella progettuale. Sia per van Berkel che per Steven Holl si è parlato di metafora concettuale, di diagramma come strumento e metodo, di sintassi linguistica proustiana, arrivando a definire con Wormhole i catalizzatori spaziali di questo tipo di logica compositiva. È importante in questa fase scendere di scala e capire come i due architetti abbiano tradotto quanto detto in fatto concreto attraverso le rispettive soluzioni spaziali. Innanzitutto è bene sottolineare che entrambi nutrono una particolare attenzione per il movimento, per la variazione percettiva, per l'esperienza sensoriale. "Per un edificio l'immobilità è un'eccezione" (Paul Valery, Il metodo di Leonardo). Veri e propri salti spazio - temporali prendono forma attraverso molteplici incroci: van Berkel e Holl sono gli architetti della quarta dimensione. Il dinamismo è insito nelle loro opere e attraverso il movimento del corpo si innescano una serie di relazioni tra noi e l'architettura. È tutto un gioco di prospettive sovrapposte.
4.1. Kiasma, Parallasse, percezione Steven Holl si distingue nelle sue opere per il costante cambiamento delle superfici che definiscono lo spazio, risultato del cambiamento della posizione dell'osservatore. Questo fenomeno, che chiamerà parallasse, si concretizza quando gli assi del movimento lasciano la dimensione orizzontale, offrendo un'esperienza di percezioni sequenziali all'interno dello spazio architettonico. Il Kiasma è la prova di come il corpo sia la vera misura dello spazio. Il tema dell'incrocio implica diversi spostamento del fisico, aprendo con la parallasse una moltitudine di spazi. Si viene così a creare una via di fuga, il nostro salto, il nostro wormhole, in un gioco di raddoppiamenti e intersezioni. La geometria si ripiega su se stessa. All'incrocio chiasmatico dove le forme degli edifici principali si piegano in un passaggio, l'intersezione verticale viene definita da strisce di scale con una forma simile al Dna, curvate per connettere tutti i livelli: è in questo punto che si manifesta il salto, sapientemente concertato con giochi di luce e partizioni inclinate. "Il Kiasma è uno spazio per l'arte contemporanea, per forza di cose un fenomeno di aperture dinamico" (Steven Holl).
Sopra e nella pagina successiva viene ritratta la rampa centrale in due situazioni significativamente differenti, a dimostrazione di come per Steven Holl sia il corpo la prima misura dell'architettura
Sistema di scale che riprendono la struttura del DNA nel momento dell'incrocio chiasmatico
4.2. Mobius, intreccio, percezione Fin dall'inizio della loro carriera van Berkel e Boss collezionano diagrammi di ogni tipo: flussi, annotazioni musicali, ecc. Fra tutti i piĂš redditizi sono stati quelli derivanti dal mondo dell'arte, in particolar modo da Paul Klee e l'intreccio. Va comunque aggiunto un ulteriore tassello. Lo studio olandese lavora parallelamente ai principi relativi la percezione dello spazio, ottenendo importanti risposte nuovamente dal campo artistico con i disegni delle Carceri di Piranesi. A tal proposito van Berkel afferma "Io lo chiamo spazio meditativo, dai molti livelli. I disegni di Piranesi hanno qualcosa di caleidoscopico, dai diversi campi evanescenti. Non si sa dove finisce lo sguardo. CosĂŹ gli occhi, nel guardare questi disegni, sono in continuo movimento". Sintetizzando movimento, "poetica dell'intreccio" e geometria topologica (riferimento al digitale) potremmo descrivere l'intera opera di UNStudio, ma, senza ombra di dubbio, concentrandoci anche sui caratteri narritivi e simbolici dell'architettura andremmo senz'altro a parlare della Mobius House a Het Gooi. Nella fattispecie il doppio percorso alla base del progetto genera dei nodi, o punti complessi, attivatori diagrammatici che aprono lo spazio interno a piĂš soluzioni abitative e che incarnano nella loro costruzione l'idea di salto spazio - temporale. Non a caso le scale assumono un
ruolo fondamentale: rappresentano i fuochi della percorrenza interna, invertendone i sensi di ascesa e discesa, segnando il perno di rotazione del piano.
Sopra: Carcerci di G.B.Piranesi Sotto: interno Mobius House Le geometrie ricercate da van Berkel nell'abitazione olandese sono un diretto richiamo agli infiniti piani prospettici delle Carceri piranesiane. "Non si sa dove finisce lo sguardo"
Come ad Helsinki, la torsione spaziale interna produce una tensione palpabile che, oltretutto, libera l'opera dalle divisioni tipologiche degli spazi distinti, spingendosi verso improbabili metamorfosi in cui i sensi s'intrecciano. In entrambi i casi si evince come gli architetti, focalizzandosi sul movimento del corpo all'interno dello spazio architettonico, hanno dato molta attenzione alla preparazione dei nodi critici nelle loro opere, costruendo il progetto attorno alle zone di scambio. Proprio su questo livello vanno emergendo le differenti personalitĂ progettuali. Da una parte troviamo Holl e la sua lezione dai sapori classici e sensitivi, fautore di un'architettura attenta alla materia, alla luce, alle trasparenze dell'immateriale; dall'altra van Berkel & Boss, i "nati col computer", che fanno dell'architettura il mezzo per trasmettere un sistema dinamico e interconnesso, quasi frenetico, sostanzialmente opposta alla visione "spiriturale" dell'architetto statunitense.
5. Oltre Mobius, oltre il Kiasma Il quadro è ormai delineato: metafora e diagramma sono saldamente connesse fra loro in un'architettura che fa della narrazione la propria linfa vitale. Il carico simbolico è pura conseguenza di una commistione concertata fra forma e immagine. Mobius House e Kiasma Museum sono due opere di natura differente, che raccontano, con i medesimi strumenti, l'idea di uno spazio evocativo, in grado di giocare con la percezione umana su più livelli, sollecitando dinamiche incuriosenti e, psicologicamente, interattive. Allargando lo sguardo ad opere successive a quelle prese in analisi è possibile apprezzare come tale approccio, pur molto presente, venga ad essere mitigato dai rispettivi modus operandi, diretta estensione di schemi mentali e/o progettuali ormai consolidati dal tempo e dall'esperienza. 5.1. Linked Hybrid Offrendo uno sguardo più attento a Steven Holl, dopo l'intervento di Helsinki, lascia maggiore spazio alla sua progettazione "per percezioni", fortemente caratterizzata da acquerelli e prospettive, che denunciano la più intima natura "spirituale" dell'architetto. Linked Hybrid è un complesso polifunzionale situato a Pechino. Nasce dalla volontà di contrastare il forte sviluppo dell'edilizia privata, densa e fortemente sviluppata in altezza, attraverso un sistema poroso, ricco di
spazi verdi comuni, che rilancia, al contrario, un vivere urbano piĂš tradizionale.
Steven Holl, Linked Hybrid, Pechino, 2003-09
Tuttavia il nome del progetto suggerisce dell'altro: - Linked = connesso; - Hybrid = ibrido; Holl ibrida tradizione e contemporaneitĂ attraverso una connessione continua fra i diversi corpi di fabbrica, che, nella struttura, sembrano veri e propri ponti, predisposti per accogliere funzioni commerciali e produttive. Osservando il progetto nella sua interezza sembrano il materializzarsi di salti virtuali da una torre all'altra del complesso.
Il dubbio sorge spontaneo: Link(ed) può essere allusivo dell'idea di salto? I pochi diagrammi trovati non sembrano smentire la "tesi", ma i numerosi acquerelli fanno intuire che, tutto sommato, forma e immagine non sono poi cosÏ distanti.
Studio con acquerello di Steven Holl per la distribuzione funzionale dei diversi passaggi sospesi
Concept di Linked Hybrid: Steven Holl analizza le diverse situazioni di densificazione urbana di Pechino, fondendole nella proposta finale
5.2. Mercedes - Benz Museum Circa dieci anni dopo la Mobius House, Ben van Berkel e Caroline Boss danno vita ad una delle opere nevralgiche per l'architettura dell'informazione: il Mercedes - Benz Museum a Stoccarda. L'intervento tedesco di UNStudio è un vero e proprio capolavoro del fare diagrammatico, un esempio di eccellente reificazione dello strumento digitale. Nel Mercedes - Benz il diagramma prefigura una serie di relazioni, adattandosi topologicamente - geometricamente alla forma finale del progetto, ma anche funzionalmente distributivamente.
UNStudio, Mercedes - Benz Museum, Stoccarda, 2001-06
Il perchè dell'opera va ricercato nella lunga tematica dell'intreccio, per tanto sostanziale evoluzione dell'abitazione di Het Gooi. La costante ricerca sul movimento porta i progettisti a ripiegare un anello su se stesso ben due volte, generando il disegno di una doppia elica all'interno di un sistema trilobato. Il passaggio dal diagramma siffatto al progetto è veramente breve: la macchina astratta risponde adeguatamente alle esigenze strutturali, formali, distributive, solo successivamente implementato dalle tecnologie BIM per l'esecuzione dell'opera edilizia.
Modello BIM del Mercedes - Benz Museum di UNStudio
Lo spazio interno si muove in maniera similare a quella del Guggheneim di Wright: una volta avuto accesso al livello più basso, si sale fino in copertura tramite un'ascensore e poter iniziare così il percorso espositivo. Una piccola precisazione: arrivati al livello più alto nel Guggheneim di New York e alzando gli occhi al cielo ci si imbatte in un'immensa cupola vetrata che, per quanto poetica, poco si amalgama con l'idea di spirale alla base del museo stesso. Al contrario, a Stoccarda, la copertura diviene la sede della reificazione più estrema dello strumento diagrammatico: in una stratificazione di più elementi si rilegge lo schema trilobato, matrice compositiva, conferendo inevitabilmente un accentuato dinamismo all'intero impianto.
Copertura del museo: una stratificazione di layer funzionali rielaborano il diagramma generativo, lasciando spazio ad interpretazioni simboliche con la casa automobilistica.
Presa coscienza di ciò una domanda sorge spontanea: che vi sia un nesso fra il digramma trilobato, rivelato in copertura, e la stella a tre punte, stemma storico della nota casa automobilistica? Pensandoci bene, van Berkel avrebbe potuto intrecciare in svariati modi l'anello di partenza, avrebbe potuto costruire forme differenti ripartendo dallo stesso nastro di mobius. Tuttavia, in maniera scaltra e intelligente, decide di fermarsi a sole tre intersezioni. Forma e immagine, contenitore e contenuto si rincorrono nuovamente. Stemma, diagramma, metafora, progetto: gli ingredienti per un'architettura simbolica ci sono tutti.
Diagramma trilobato e logo Mercedes - Benz a confronto. Il contenitore reitera il contenuto
Ă&#x2C6; bene ricordare che queste analisi sono personali ricostruzioni di un quadro storico - teorico alquanto consolidato dal tempo, ma che si sente di dover mettere in discussione al fine di costruire categorie nuove che permettano di dare forma e sostanza a una nuova identitĂ architettonica.
6. Natural born digital architects, v2.0 L'architettura dell'era dell'informazione ha vissuto, sostanzialmente, due stagioni importanti. La prima, che definiremo strumentale, prende forma dalle opere di architetti come Frank Gehry, Zaha Hadid e Peter Eisenman. Per quanto pioneristici nell'applicazione del paradigma digitale alla progettazione edilizia, sono tre figure di transizione, in quanto, al contrario delle generazioni future, non sono intimamente legati al calcolatore elettronico, ma ne sperimentano le potenzialità ad un livello pressoché superficiale. Ciononostante "è l'information technology che consente di inverare il mondo immaginario di Gehry, è sempre l'informatica che consente l'ambivalente espressività paesaggista e suprematista insieme della Hadid, è l'informatica che ha consentito l'esplicitazione di principi formali, a volte estremi, di Eisenman nella Chiesa dell'anno Duemila o nell'Arnoff Center"(A. Saggio in UNStudio. Diagramma struttura modello pelle ibridazione) . La seconda, che definiremo reificatoria, è caratterizzata da queli architetti che chiameremo "nati col computer", appunto i natural born digital architects, di cui van Berkel e UNStudio rappresentano la punta di diamante. In questa seconda fase si va oltre la semplicistica applicazione dello strumento: l'information technology entra a far parte del processo generativo dell'architettura. Portando il tutto ai minimi termini, lo strumento non viene cauterizzato
dentro categorie tanto conosciute quanto obsolete, bensĂŹ viene reificato, concretizzando nello spazio fisico reale istanze strumentali, teoriche e intellettuali. Da questo punto di vista il Mercedes - Benz Museum o, ancora prima, la Mobius House, o, per arrivare ai progetti recenti, la stazione centrale di Arnhem sono opere esemplari.
UNStudio, Stazione Centrale di Arnhem,Olanda, 1996-98
In aggiunta, all'interno di questa trattazione, sono emersi ulteriori caratteri propri dell'architettura contemporanea, inscrivibili alla sfera simbolico - evocativa propria di quegli spazi - narrazione che instaurano continue relazioni con il fruitore metro dopo metro. Bisogna però riconoscere che le architetture prese in analisi maturano questi aspetti solo dopo la loro ideazione: si tratta di ragionamenti indiretti maturati all'interno del percorso di ricerca.
A questo punto sarebbe interessante indagare quale stagione stia ora vivendo l'architettura dell'informazione! Senza ombra di dubbio si riparte dalla lezione di van Berkel e Holl, dal diagramma e dalla metafora, passando per il simbolo, spingendosi verso costruzioni, fisiche e mentali, che intimamente diano forma a tali istanze. Architetti nati col computer, chiaramente, per i quali reificare non è, però, punto di arrivo ma di partenza: natural born digital architects, v2.0 6.1. Evoluzione e avanguardia Siamo soliti vedere nell'avanguardia quella serie di fenomeni che vanno contro una certa tendenza, consolidata all'interno di un quadro socio - economico, anzichè assecondarla. Questo, chiaramente, conduce a una serie di infinite contraddizioni in cui ogni generazione afferma l'opposto della precedente. In buona sostanza la propensione al "no" è essa stessa una tendenza e votare per il consenso diviene, appunto, avanguardia. Più che altro, la voglia all'innovazione che si cela dietro l'evoluzione trae valore proprio dall'idea di avanguardia, la quale si fa vincente nella convivenza fra "vecchio" e "nuovo". In questo senso ben si adattano le parole di Charles Robert Darwin: "Non è la specie più forte che sopravvive, nè la più intelligente. È quella che più si adatta al cambiamento".
Possiamo quindi affermare che i "nati col computer" 2.0, gli attuali architetti d'avanguardia, sono tutti coloro in grado di ripartire da quest'idea di "crisi evoluzionistica" al fine di costruire, tramite l'opera architettonica, modelli di vita sociale predisposti al cambiamento. Si tratta di una sfida di notevole difficoltà alla quale siamo obbligati a rispondere per via dei veloci tempi di reazione ai quali ci ha abituato la rivoluzione informatica. In definitiva, vista la crisi tecnologica e il conseguente sviluppo strumentale (1^ stagione), visti i problemi teorico - cognitivi e la logica di reificazione (2^ stagione), è arrivato il momento di affrontare il tema del "pragmatismo evoluzionistico": i modelli di pensiero lasciano le fucine del digitale, orientandosi verso il sociale. Questa è la terza stagione dell'architettura dell'informazione! 6.2. Yes is more Proviamo ora a guardare, attraverso queste nuove categorie, al quadro politico internazionale: scopriremmo senz'altro che il Paese ad aver meglio interpretato l'idea di una politica del consenso è la Danimarca. Si tratta del paese più egualitario al mondo, governato da buoni principi, ma, soprattutto, nazione in cui tutti i punti di vista hanno lo stesso valore. Ma come mutuare questo in architettura? Innanzitutto bisogna assumere un approccio mentale votato all'evoluzione e non alla rivoluzione (in
questo senso anche l'informatica va ristrutturata socialmente). Il fermento tecnologico ci ha permesso di modificare l'ambiente ai nostri fini, con l'opportunità di restituirgli tutti quegli spazi naturali depauperati dalla rivoluzione industriale. Per questi motivi non c'è più ragione di dire "no" all'evoluzione: abbiamo l'opportunità di fare nostro un nuovo motto: yes is more!
Copertina libro BIG Architects: "Yes is more"
Lo scenario appena descritto offre degli spunti non casuali, che ci portano a introdurre quelle che sono le personalità di spicco del quadro architettonico contemporaneo: i BIG Bjarke Ingels Group, progettisti d'avanguardia, architetti informatici di nuova generazione.
6.3. A BIG philosophy Partendo da un'idea di crisi, per Bjarke Ingels i conflitti sociali sono gli ingredienti principali delle analisi pre progettuali. Infatti le contraddizioni in essere della realtà che viviamo non rappresentano limitazioni, ma stimoli alla ricerca di una sintesi e integrazione delle differenze di pensiero, che non si raggiunge tramite il compromesso, ma legando interessi contrastanti in un nodo gordiano di nuove idee. L'ottimismo del gruppo danese deriva dalla visione darwiniana di adattabilità: come le specie cercano di soddisfare le esigenze della vita, le idee che propongono cercano di soddisfare le esigenze della società. Chiaramente un approccio mentale di questo tipo denuda l'opera architettonica di qualsiasi specialità, categorizzandola come fattore chiave nel processo evolutivo della società. Figura fondamentale nella filosofia di BIG è Nietzsche, dal quale ereditano questo "si!", forte e deciso, alla società, dal quale deriverà il già citato motto "yes is more". Combinando Nietzsche e Darwin, Bjarke Ingels è riuscito a creare una potente miscela, un blend che lo ha proiettato, assieme al suo gruppo, sul palcoscenico internazionale in tempi da record. Tutto questo si spiega anche alla loro grande capacità di sfondare il muro dei media. Si son fatti portatori di un livello di comunicazione a cui nessuno aveva pensato
prima, non solo per i concetti che vanno diffondendo, ma, soprattutto per i loro progetti.
Homepage sito web BIG Architects
7. Si riparte dal simbolo La particolare vocazione di BIG per la società e la comunicazione li inserisce molto bene all'interno del filone digitale. È interessante, in questa fase, guardare allo studio danese attraverso gli stessi media ed in particolare il web. La homepage è un immenso bazar di loghi e simboli, suddivisibili in categorie, nonchè ipertesti a singoli progetti da essi ideati. È sorprendente come ciascuna delle opere venga presentata al pubblico attraverso un brand architettonico. Chiaramente col termine brand si fa riferimento al mondo del marketing pubblicitario, sottolineando ancora una volta la potenza mediatica di questo gruppo che gioca moltissimo sul piano della comunicazione e la promozione informale dei loro "prodotti". Da questo asset maturano tre ulteriori considerazioni. La prima è di carattere teorico; la lezione di Toffler vive nell'opera di BIG, i quali hanno saputo cogliere il carattere "supersimbolico" della società contemporanea. La seconda è di carattere strutturale; conseguentemente alla prima considerazione, far leva sui processi cognitivi delle persone vuol dire riuscire ad imprimere nella memoria di chi guarda idee e proposte da essi promulgati. Questo, unito alla grande professionalità dello studio, fa di BIG un team vincente e radicalmente nuovo. La terza è di carattere progettuale; quasi tutti i progetti partono da un'idea - azione di carattere simbolico,
evocativo, risolti formalmente per mezzo di diagrammi, intimamente legati al concept tramite sottili metafore, trasfigurate successivamente in icone all'interno del grande bazar delle opere.
8. BIG - Brand Avviandoci alle battute finali della trattazione, è utile analizzare alcuni progetti del gruppo BIG. Per scala e interesse sono stati selezionati Airport FGL in Groenlandia e la proposta Lego Towers per Copenaghen. 8.1. Airport FLG - "Air + Port" Il progetto consiste in un nuovo nodo infrastrutturale con doppia valenza, portuale e aeroportuale, per il trasporto unito in Groenlandia.
BIG, Airport FLG, Nuuk,2012 - Render
La proposta è stata presentata per la prima volta al Padiglione Danese durante la Biennale di Architettura di Venezia del 2012, e si incentra sul tema del futuro sviluppo delle infrastrutture dell'isola attraverso nuove rotte di navigazione e perforazione petrolifera, concentrando l'attenzione verso il tema ambientale e paesaggistico.
Il nodo, cruciforme, prende forma su un'isola appena fuori la capitale, Nuuk, facilitando i voli nazionali e internazionali, nonchè le diverse rotte nautiche commerciali. Secondo lo studio: "ilil nuovo Air + Port diventerà à un hub di transito tra l'Europa e l'America, accrescendo il potenziale turistico di transito", transito con un taglio netto dei costi di viaggio per i pendolari locali. Inoltre il progetto affronta anche le politiche sull'immigrazione, contribuendo parallelamente a coltivare risorse e idee per nuove tipologie abitative che rispettino la storia e l'identità del Paese.
Le immagini sopra illustrano alcune delle analisi effettuate da BIG per studiare i flussi aerei e le rotte commerciali marine
L'idea di crocevia prende forza attraverso un'analisi attenta e delicata dei flussi, i quali, virtualmente, tracciano una giacitura a croce, simbolo dell'incrocio, metafora dell'intersezione, collante del progetto (vedi il nome) e diagramma generativo. Siamo di fronte te ad un approccio sistemico che interpreta tutte le categorie affrontate in questa sede attraverso metodi eterogenei e fortemente integrati, in grado di fare del progetto un vero e proprio brand. Bjarke Ingel sintetizza nelle sue idee gli enzimi della chimica mica architettonica contemporanea: nuove sostanze a tutti gli effetti.
In questa e nella seguente pagina sono illustrati alcuni dei passi fondamentali per la definizione architettonica del progetto
8.2. Lego Towers Progetto presentato per la prima volta al Storefront for Architecture and Design a New York, con un modello leggo di ben 250'000 mattoncini, fa parte di un insieme di cinque edifici residenziali ad alta densitĂ per Copenaghen.
Schema della crescita urbana ana di Copenaghen che trova nell'ultimo step una sostanziale fusione dei due livelli precedenti
Al suo interno trovano posto principi di mixitè con locali abitativi, commerciali e hotel. Lego, simbolo e metafora, non rinuncia all'approccio diagrammatico, come ome evidente nell'articolata geometria dell'impianto edilizio. L'idea è quella di promuovere una "forma" contemporanea del complesso residenziale a partire da una mappa topografica, appositamente pensata, in grado di sistematizzare i flussi di accesso e l'assetto l' del verde in un disegno unitario. Già dalle prime battute l'immagine dei lego si rilegge nella scacchiera planimetrica che regola l'intero sito di progetto,
successivamente proiettata nella verticalitĂ in base ad un secondo diagramma che interpreta le altezze rielaborando una serie di sfumature cromatiche strategicamente posizionate. Ă&#x2C6; evidente come l'utilizzo sapiente di simbolo, metafora e diagramma permette una forte contestualizzazione del progetto, il tutto caricato da palesi valori semantici, se derivanti dalla sensibilitĂ stessa del progettista.
Plastico finale della proposta Lego Towers di BIG
Fasi diagrammatiche e generative del progetto Lego Towers. In ordine: 1)Matrix 2)Topographic Map 3)Accessibility 4)Green Gardens
9. Note conclusive Il percorso costruito al'interno di queste pagine rappresenta l'atto conclusivo di un ciclo di formazione in merito all'apporto della Rivoluzione Informatico nei confronti dell'architettura contemporanea. Le analisi compiute sono state necessarie a conferire una certa credibilità all'impianto teorico presentato e, parallelamente, sono state portatrici di ulteriori interrogativi, fondamentali per una crescita culturale all'interno della disciplina architettonica. In virtù di questo si sente ancora l'esigenza di dare sfogo alle ultime riflessioni, cercando di compiere, ancora, qualche passo avanti. 9.1. A proposito di interattività Ripassando velocemente quanto scritto e illustrato sono emersi due nodi chiave all'interno del mondo "interattività". Il primo riguarda la metafora, considerata grado zero, il livello più superficiale d'azione. Questa definizione è dovuta al particolare gioco di relazioni che una narrazione instaura con un potenziale ascoltatore per mezzo delle categorie che la retorica madre costruisce. Il secondo, invece, si sposta sul piano simbolico, considerato, a sua volta, grado primo dell'interattività. In tal senso il simbolo si permea di valenze metaforiche, ma, allo stesso tempo, introduce nuove categorie di natura
semantica che permettono alla narrazione, sia essa architettonica o linguistica, di coinvolgere più sensi in chi ascolta. Tuttavia entrambi i livelli toccano solo liminarmente la fisicità dell'uomo, fermandosi più sul piano psico cognitivo. Intendendo l'interattività come un dialogo attivo fra macchina e fruitore, l'architettura ancora non ha fornito risposte convincenti, ma solo esperienze performative, relative per lo più a installazioni artistiche. Cosa succederebbe se i nastri di Mobius dell'omonimo progetto di UNStudio fornissero una serie di informazioni di tipo domestico o sulle attività lavorative dei fruitori? Cosa succederebbe se lo stesso Kiasma Museum fornisse informazioni sulle opere accolte attraverso schermi a memoria tattile ai diversi visitatori? 9.2. A proposito di paesaggio Sul tema paesaggio, nell'epoca contemporanea, potremmo scrivere pagine su pagine fra questioni, definizioni, proposte e quant'altro. In questa sede, alla luce di quanto affermato all'interno di questo percorso, si ritiene più interessante muovere una piccola critica in merito al rapporto architettura - paesaggio cercato dai progettisti incontrati nelle diverse analisi. Da van Berkel a BIG, passando per Steven Holl, non si è mai accennato ad una possibile forma di integrazione con il contesto, se non ad un livello intimamente compositivo
tramite schemi e diagrammi che riportavano comunque ad una scala locale. Sia chiaro: non si vuole spingere la critica verso l'esaltazione della landform, ma per come si sono costruite le diverse vicende architettoniche, coscienti di quali possano essere le caratteristiche del paesaggio informatico, sarebbe stato molto interessante vedere come una Mobius House o un Kiasma Museum, attraverso lo strumento digitale, si sarebbero relazionati, anche con picchi "naturali", all'habitat di progetto.
Bibliografia • Saggio A., Introduzione alla Rivoluzione Informatica in Architettura, Roma, Carocci Editore, 2007 • Saggio A., Architettura e Modernità. Dal Bauhaus alla Rivoluzione Informatica, Roma, Carocci Editore, 2010 • De Francesco G., Ghazi E., Santarelli I. (a cura di), UNStudio. Diagramma struttura modello pelle ibridazione, Raleigh (USA), Editore Lulu.com, 2015 • Holl S., Parallax. Architettura e percezione, Milano, Postmedia Srl, 2004 Sitografia Sulla Metafora • http://www.spamabacus.altervista.org/michelespano/l ametaforadihelsinki/index.html • http://www.studiosabrinaulivi.com/2012/05/28/attrav ersare-il-ponte-della-metafora/ Su UNStudio • http://www.unstudio.com/projects/mobiushouse#info • http://www.unstudio.com/projects/mercedes-benzmuseum Su Steven Holl • http://www.stevenholl.com/project-detail.php?id=58 Su BIG • http://www.archdaily.com/366660/yes-is-more-thebig-philosophy/ • http://grasp.dk/bjarke-ingels-group-manifesto/