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Editoriale Una storia nobile, Montepulciano Prego, si accomodi Cavaliere Yes, I’m Jenny Fletcher Town... ... & Country EDITOR Milani Cycles Factory srl Via Luigi Riva, 10 - 21013 Gallarate - VA - Italy www.milanicycles.com - info@milanicycles.com CREATIVE DIRECTOR Paolo Codeluppi ART DIRECTION & PRODUCTION C&P Studio Via P. Carnera, 1/A - 42123 Rivalta (RE) - Italy www.cpstudio.net - info@cpstudio.net SENIOR PHOTOGRAPHER Paolo Codeluppi COVER “Details” by Paolo Codeluppi

SPECIAL THANKS TO Miriam Caporali, Giorgio Cimurri, Jerry Lee Ingram, Misha Jurcova, Mattia Iotti, Claudio, Boccaletti, Roberto Berti

CREDITS www.imagomodels.com www.espritmanagement.it Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano Telefono: +39 0578 757812 - www.consorziovinonobile.it Tenuta Valdipiatta - www.valdipiatta.it Circolo Ippico PODERE TORRE Strada Montecoppe Sopra 43044 Collecchio - Parma - tel. 0521 802323


Numero uno Gennaio 2011

Amici, sei mesi fa, in Giugno, iniziammo una partita importante: VOLARE. Era un timido numero zero animato da intenti e grande spirito di inziativa. Ora siamo al numero uno e la sfida continua. Lo spirito non ci manca e i consensi raccolti in questi mesi hanno alimentato il nostro desiderio di esserci, di testimoniare, a modo nostro, cosa significa ciclismo e cosa significa bicicletta. Come sempre la tiratura di questo numero è limitatissima ma potrete spargere voce dicendo che lo si può sfogliare sul nostro sito www.milanicycles.com. Volare lo hanno chiesto in molti, in tanti hanno insistito per acquistarlo. Alcuni, alle fiere, lo hanno rubato. Più che un peccato capitale considero il gesto una lusinga: se proprio devi rubare almeno prendi qualcosa di bello. Brutto gesto ma complimenti al ladro. In questo numero troverete un racconto per immagini su Montepulciano, in Toscana. E’ una terra magnifica dove le nostre tourer si sono comportate magnificamente. Giannetto Cimurri è una colonna del ciclismo eroico. Amico di tutti i campioni era il loro massaggiatore e confidente. Una persona speciale che ho conosciuto e fotografato personalmente. A lui e alla sua collezione unica di biciclette abbiamo dedicato un giusto tributo. Corriamo sulle Alpi Francesi ad incontrare Jenny Fletcher, modella canadese e triatleta di valore il cui punto di tangenza è il suo amore per le Milani (con cui corre). E’ il momento delle “fixie” e Milani si è conquistato un WALLPAPER* DESIGN AWARD. Con tre stupende biciclette abbiamo realizzato un editorial che spazia tra l’urban e lo chic. Ci auguriamo che questo numero uno vi piaccia. Il numero due è già in cantiere. Buona lettura.

Friends, six months ago, in June, we embarked upon an important adventure: VOLARE. Behind this tentative trial edition was a noble intent and a massive dose of initiative. Here we are with edition number one, and the challenge continues. We have plenty of spirit, and the compliments we’ve received in the last few months have encouraged us to forge ahead with our own personal interpretation of what cycling means, what cycles are. As always, the circulation of this edition is extremely limited, but you can spread the word by telling friends they can take a look through the magazine online on our website, www.milanicycles.com. We’ve had a lot of requests for Volare; many readers have insisted on buying it. At fairs and exhibitions, a few copies have been stolen. I consider this a compliment rather than a crime: if you have to steal something, you might as well take something attractive. Unpleasant through the action might be, I can’t help but admire the intention. In this edition, you’ll find an illustrated trip through Montepulciano, in Tuscany, a magnificent land where our tourers put in a great performance. And then there’s Giannetto Cimurri, one of the standard bearers of heroic cycling, a friend, masseur and confidant to all the greats, a special person I myself had the privilege to get to know and photograph, and who undoubtedly deserves the homage we’ve dedicated to him and his collection of bikes. In these pages, we race through the French Alps to meet Jenny Fletcher, a Canadian model and talented triathlete who races with her beloved Milani bikes. Fixies are the bikes of the moment, and one of Milani’s has merited a WALLPAPER* DESIGN AWARD. With three splendid bikes we have put together an editorial that ranges from the urban to the chic . We hope you like this edition. Number two is already on its way. Enjoy!”

Paola Di Domenico Celeste Milani

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Una storia nobile, Montepulciano Words: Paolo Codeluppi Photos: Paolo Codeluppi Consorvio Vino Nobile di Montepulciano

Guardando Montepulciano dall’aereo si capisce facilmente come mai nell’antichità fu oggetto di ripetute e aspre contese fra Siena e Firenze. Situata sulla dorsale che divide la Valdichiana dalla Val d’Orcia, Montepulciano affonda nell’età etrusca le proprie radici. “Bella e strategica” veniva definita anticamente da chi, transitando, nei pressi sostava. Sede vescovile nel ‘500, la cittadina vede aumentare senza sosta il proprio rango grazie anche ad una riqualificazione non solo del territorio circostante bensì anche del tessuto urbano. E’ probabilmente lo sviluppo dei commerci e dei processi industriali che conferiscono a Montepulciano un aspetto unico. I grandi assi viari e di conseguenza tutte le attività industriali si spostano verso valle regalando a questo paese di poco più di diecimila anime una caratteristica unica: il silenzio, la quiete che lascia lo sguardo libero di attraversare, senza interferenze, molte leghe in ogni direzione. Montepulciano è un luogo un po’ magico: vigneti e uliveti sono rotti dal correre ordinato delle delle stradine poderali. Fabbricati rurali, spesso magistralmente ristrutturati, ospitano aziende agricole e bed & breakfast. Una meta ideale per battezzare le nostre biciclette da turismo. Ora lasciamo parlare le fotografie. Non siamo una guida e non vogliamo esserlo. Con queste immagini cerchiamo di accendere una miccia che inneschi il sogno e il piacere di farsi cullare dai profumi, dai colori e dalla storia.

Observing Montepulciano from the sky, it is easy to appreciate just why it was once so repeatedly, strenuously contended between Siena and Florence. Situated on the ridge that separates the Val di Chiana from the Val d’Orcia, Montepulciano’s roots stretch right back to the Etruscan age, and in ancient times it was defined “beautiful and strategic” by those who stopped off there on their way through. The town became a diocese in the 16th century, and from then on its status continued to grow, not least as a result of the redevelopment not only of the surrounding area, but also of the urban fabric itself. It is probably the way trade and industrial processes developed that has given Montepulciano its characteristic appearance: the main roads – and therefore all the industrial activities – extended down towards the valley, so this little town and the ten thousand or so people fortunate enough to live here can enjoy a characteristic unique to Montepulciano: silence, a calm that allows the observer to look out over for miles and miles in all directions, as far as their eye can see. This is rather a magical place, where vineyards and olive groves are broken up only by the orderly pattern of the little country roads that run through them. Rural buildings, often magnificently renovated, host farming businesses and offer bed and breakfast accommodation, making this the ideal destination to try out our touring cycles. We’ll now leave it to the photos to do the talking – we have I contorni di Montepulciano vista dalla strada bianca che porta a Montefollonico.

The silhouette of Montepulciano, seen from the dirt road that leads to Montefollonico 6


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Il Caffè Poliziano è un Antico Caffè Liberty aperto nel 1868. E’ situato nel Centro Storico di Montepulciano, città senese sede di un’intensa attività culturale con mostre, convegni, concerti e spettacoli teatrali culminanti nel “Cantiere Internazionale d’Arte”, nel Teatro del Bruscello e nel Bravio delle Botti. Nel territorio del comune si produce il pregiato e rinomato Vino Nobile e la cucina locale si ispira ai sani e semplici piatti della cultura contadina e della tradizione chianina. Il Caffè Poliziano rappresenta al meglio la sintesi di tutto questo e il crogiuolo nel quale si fondano arte e cultura, tradizione e modernità, ospitalità e buona tavola: il posto insomma da non perdere per capire ed apprezzare a pieno questa meravigliosa città della quale il “Caffè Grande” rimane, oggi come cento anni fa, il cuore pulsante.

no aspiration to be a tourist guide. What we hope to do with these pictures is to try and light a spark able to kindle in you the desire to take a trip through the splendid scents, colours and history of this wonderful area. Caffè Poliziano is an Art Nouveau café that opened in 1868, right in the heart of Montepulciano, a town in the province of Siena with a lively cultural scene featuring exhibitions, conventions, concerts and theatre performances, the high points of which are the “Cantiere Internazionale d’Arte” musical festival, the Bruscello theatre event and the traditional “Bravio delle Botti” race. The superb, widely renowned Vino Nobile is produced in the area, and the local cuisine is inspired by the simple, healthy dishes typically made by the country folk and the traditions of the Val di Chiana. Caffè Poliziano epitomises the marvellous blend of art and culture, the traditional and the modern, hospitality and good food that is Montepulciano, and is the very best place to fully

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Il Caffè Poliziano fa parte dei Locali Storici d’Italia. E’ ampio elegante e raffinato. Dalla sua balconata, che si apre sullo splendido scenario della Valdichiana, si sono affacciate negli anni intere generazioni di Poliziani e di turisti di tutto il mondo. Per le sue sale, anno dopo anno e lungo due secoli, sono passati molti personaggi famosi.

understand and appreciate this wonderful town, of which the “Caffè Grande” (as the locals call it) remains the beating heart, just as it was a century ago. Caffè Poliziano – spacious, elegant and sophisticated - is one of the cafés on the Historical Places of Italy list. From the balcony, entire generations of locals and tourists from all over the world have gazed out in admiration over the splendid landscape of the Val di Chiana, and many famous names have visited the café during its existence spanning three centuries.

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A togliere il fiato non sono le salite, ma i panorami, dove le vigne sono sovrane.

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Rather than the climbs, what really takes your breath away here is the scenery, where vines reign supreme.

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Urano Carpini, cantiniere e responsabile dei vigneti della Tenuta Valdipiatta, è oggi uno dei pilastri dell’azienda. Alfiero Carpini, padre di Urano, è stato il primo operaio della tenuta. Quando Giulio Caporali acquistò la proprietà alla fine degli anni ‘80, Alfiero già lavorava le vigne della Tenuta da oltre 15 anni: fu Alfiero a trasmettere a Giulio Caporali i segreti di quella terra, la storia di ogni vigna e le caratteristiche di ciascun vino. Fu sempre Alfiero a impiantare nel 1973, su una superficie di poco più tre ettari, quella che è considerata oggi, tra tutte le particelle della proprietà, la vigna più vocata alla produzione del Sangiovese. Alfiero era già scomparso da dieci anni quando Giulio Caporali decise di onorarne la memoria dando al vino prodotto dalle uve della vigna giudicata più pregiata, il nome di colui che proprio quelle viti aveva piantato 30 anni prima e che, insieme alla passione per la terra, era stato capace di trasmettergli la sua preziosa esperienza. E’ con l’annata 1999 che nasce il “Vino Nobile di Montepulciano Vigna d’Alfiero”.

Urano Carpini, the cellarman and head of the vineyards on the estate, is today one of the pillars of the company. Urano’s father, Alfiero Carpini, was the first worker to be employed by the Tenuta Valdipiatta estate. When Giulio Caporali purchased the property at the end of the 1980s, Alfiero had already been working with the vines for over 15 years, and it was from him that Giulio Caporali learned the secrets of this soil, the history of every one of the vines and the characteristics of each individual wine. It was also Alfiero who planted, in 1973, in an area of just over three hectares, what is considered to be the vine best suited for making Sangiovese on the whole of the estate. Ten years after Alfiero’s death, Giulio Caporali decided to honour his memory, and it was thus that the wine made from the grapes of what is considered the finest vine on the estate was given the name of the man who had planted the vine 30 years earlier, and who had transmitted to Caporali both his passion for the soil and his invaluable experience. In 1999, the first bottles of “Vino Nobile di Montepulciano Vigna d’Alfiero” were produced.

Pagina a fronte: Miriam Caporali, titolare della Tenuta Valdipiatta, con i suoi Golden.

Page opposite: Miriam Caporali, owner of the Tenuta Valdipiatta estate, with her golden retrievers.

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Fango puro è la nuova creazione di Milani. Un mezzo per chi pensa che “tanta strada” non sia solo una questione di chilometri.

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Il documento più antico riferibile al vino di Montepulciano risale al 789. Da allora tutta la storia di questa terra è legata indissolubilmente al prodotto di questa terra. Del 1350 è un documento che cita le clausole per il commercio e l’esportazione del vino di Montepulciano. Alla metà del ‘500 Sante Lancerio, cantiniere di Sua Santità, decantava le qualità del Montepulciano esaltandone le caratteristiche e definendolo appunto vino da signori, per le tavole dei nobili. Dopo alterne vicende il Vino Nobile di Montepulciano ritrova l’antico splendore nella prima metà del ‘900, tramandato fino ad oggi grazie alla disciplina e alla dedizione di quanti operano per la produzione e la tutela di questo prodotto famoso nel mondo.

The earliest documented reference to the wine of Montepulciano dates back to 789. Since then, the entire history of the area has been bound up with the vines. Mention is found in a document from 1350 of clauses governing the sale and export of Montepulciano wine. In the mid-16th century, Sante Lancerio, cellarman to His Holiness the Pope, sang the praises of Montepulciano wine, defining it as a wine fit for gentlemen, suitable to be served in noble homes. Following a variety of swings of fortune, in the first half of the 20th century the Vino Nobile di Montepulciano regained its former splendour, which has been preserved until today thanks to the discipline and dedication of all those who work hard to produce and protect this world-famous wine.

pagine seguenti: il tempio di San Biagio, in prospettiva, fra i filari di Vino Nobile. un momento di relax in Piazza Grande, il cuore della città sul quale si affacciano il Duomo, il palazzo municipale, palazzi rinascimentali e il Palazzo del Capitano (anche sede del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano e della Strada del Vino Nobile.

following pages: the Temple of San Biagio, seen from among the rows of the Vino Nobile vineyards. a relaxing stop in Piazza Grande, in the heart of the town, around which are the cathedral, the town hall, Renaissance buildings and Palazzo del Capitano (which is also the headquarters of the Vino Nobile di Montepulciano Wine Consortium and the Vino Nobile Wine Route).

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“Mano Santa, così era chiamato Giannetto Cimurri. Rigenerava i muscoli, confortava gli animi. Le sue mani e il suo cuore grande hanno fatto un pezzo di storia del ciclismo.

“Mano Santa (Miracle Hands): that was how Giannetto Cimurri was known. Able to bring muscles back to life and comfort to the soul, his healing hands and his warm heart have earned him a place in the history of cycling.

Frequentavo spesso, fin da bambino, L’Equipe Cimurri Sport. Grazie a mio padre, che aveva maturato una sincera amicizia con Giorgio e Chiarino, mi sentivo un po’ di casa. Spesso sulla porta vedevo Giannetto, loro padre, il Cavaliere, come lo chiamavano in tanti. Ero troppo piccolo per comprendere le onorificenze quindi mi ero fatto una ragione di ciò riconducendolo ai fratelli D’Inzeo. Ero convinto fosse un Dio dell’equitazione. Di lui non sapevo nulla, come del ciclismo, peraltro. Da allora sono passati una quarantina d’anni e oggi mi ritrovo fra decine di biciclette appese, ordinate e silenziose. Oltre un secolo di ciclismo eroico è qui, intorno a me. Due borracce in alluminio tappate da due sugheri attirano la mia attenzione. Sì, le ho già viste su un manubrio da Triathlon che usava Marc Allen in un Ironman una ventina di anni fa. Come erano avanti gli Americani. Però su questo cartellino sta scritto: Bianchi, bici da corsa 1895. Forse eravamo più avanti noi... E lì cosa vedo, una bicicletta monoscocca in legno (per quanto lo si possa “monoscoccare”) con fanale a carburo. E’ leggerissima. Anche i cerchi

As a boy, I was a frequent visitor to L’Equipe Cimurri Sport. Thanks to the sincere friendship my father had formed over the years with Giorgio and Chiarino, the shop was almost like a second home for me. Standing in the doorway, I would often see their father, il Cavaliere (the Cavalier), as so many customers called him. At that time I was too little to understand much about honorary titles, so I imagined the reference as having something to do with the D’Inzeo brothers, and I was convinced he was a horse-riding legend. I knew nothing about him then, as indeed I knew nothing about cycling. This was some forty years ago now, and today here I am in the midst of dozens of cycles, hanging up in silent, orderly rows. There’s over a century of heroic cycling here, all around me. My attention is drawn to two aluminium drinking bottles with corks. I’ve seen them before: on the handlebar of an Ironman Triathlon bike ridden by Marc Allen about twenty years back. Yes, the Americans were years ahead of us. But hold on a second: on this card it says “Bianchi, racing bike, 1895”. Perhaps we were the ones that were years ahead…. And what’s that I see over there? A monocoque (or

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sono in legno. Ricordate Moser nel record dell’ora, quando pedalava su un piantone quasi verticale col busto tanto avanti da doversi appoggiare alla pipa del manubrio? Bene, la pipa è sormontata da un disco in neoprene per appoggiarvi il petto. E’ qui, vi giuro; è qui vicino a me. E poi ancora, la Bianchi del Pirata, e tanti altri ferri, più nuovi, più vecchi. Pezzi da pista, da corsa, da partigiani, da bersaglieri. Il ciclismo non è stato solo uno sport ma un mezzo per scrivere la parola libertà. Forse anche per questo può definirsi eroico. Devo dire che non sono arrivato rispettosamente al cospetto di tanta storia. Ero venuto semplicemente per prendere qualche pezzo da fotografare ma sono bloccato. Su ogni sella sta scritta una storia: amore, passione, sport, morte, vita. Questa è la collezione personale di Giannetto Cimurri, il Cavaliere. Certo, collezionare è una passione ma quando per riconoscenza le cose ti vengono donate, diventa una missione. I figli di Giannetto sono oggi i depositari di tutto questo. Ma chi era Giannetto detto “mano santa”? Non voglio inventare nulla e per questo vi lascio alle parole di chi, il Cavaliere lo conosceva bene. Da Gorgio Maioli e Paolo Alberati ho avuto il permesso di pubblicare integralmente alcuni passi dei due libri che rispettivamente hanno scritto. Dal primo traggo il pezzo “La leggenda di Mano Santa”, dal secondo un capitolo inedito di un libro che verrà presentato in occasione del prossimo Giro d’Italia, edito da Giunti, e di cui vi anticipo in prima mondiale la copertina. Poichè nulla accade mai per caso, il medesimo volle che un po’ per passione e un po’ per mestiere, mi accostassi al ciclismo. Nel 1996 curavo la comunicazione per Castelli che per le Olimpiadi di Atlanta vestì, tra le altre, anche la nazionale di ciclismo. All’interno del catalogo ho voluto inserire una foto del cavaliere Giannetto Cimurri, la cui onorificenza era stata da me ormai compresa. Io mi ritirerò in sala di posa per scrivere con alcune fotografie l’emozione che ho provato per tutto ciò. Spero di riuscire a parlare un linguaggio comprensibile.

as close as you can get) bicycle frame built in wood, with a carbide lamp. Light as a feather. The rims are in wood too. Remember Moser as he broke the hour record, pedalling on a practically vertical steering column with his chest leaning so far forward it was resting on the stem of the handlebar? The stem is covered with a neoprene disc to rest the chest on. And here it is, I swear, right next to me. And the Bianchi once ridden by Il Pirata. Plus a whole host of other bikes, some new, some not so new. Bikes for track cycling and road racing; bikes that belonged to partisans, to bersaglieri. Over the years, cycling has been more than just a sport: it’s been a means towards freedom. Perhaps this is why it can be defined “heroic”. I ought to make it clear that I didn’t come here to stand in respectful awe of all this history; my intention was simply to get a piece or two to photograph. But this place has really stopped me in my tracks. There’s a piece of history written on every saddle: a story of love, passion, sport, death, life. This is the personal collection of Giannetto Cimurri, il Cavaliere. Collecting is a passion, for sure, but when pieces are given to you as a gift, it becomes a mission, and today all this has been entrusted to Giannetto’s children. But just who was Giannetto, known as “Mano Santa”? There are people better placed than I am to tell the story, so I’ll leave the task to someone who knew il Cavaliere well. Giorgio Maioli and Paolo Alberati have kindly given me permission to publish in full a number of excerpts from their books. From the former I have taken the piece “The legend of Mano Santa”, while from the second I have taken from a chapter of a book set to be presented on the occasion of the upcoming Giro d’Italia, about to be published by Giunti, the cover of which you will find here and which may be a world exclusive. Nothing ever happens entirely by chance, and it was a combination of work and passion that drew me towards the world of cycling. In 1996 I was in charge of communication for Castelli, the company that for the Atlanta Olympics was providing the clothing for, amongst others, the Italian cycling team. In the catalogue, I decided to include a photo of Giannetto Cimurri, whose honorary title of il Cavaliere l had by this time understood. I’m off now to the studio to choose a few photos to illustrate just how thrilling all this was. I hope to be able to express myself clearly.


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The legend of “Mano Santa” originated during the world cycling championships in 1965, in San Sebastián, an elegant seaside resort in the province of Guipúzcoa that stretches lazily out in the sun, in one of the most beautiful bays on the northern coast of Spain. The atmosphere was conjured up by a mixture of deeply rooted religious beliefs and blind faith in paranormal abilities, aided and abetted by a certain penchant for the descendants of the great Spanish Catholic Kings to believe in miracles. It was against this backdrop that Giannetto Cimurri, already known in cycling circles as an effective masseur at the service of the great world-class athlete Barnum, performed a “miracle” of his own by getting a cyclist there seemed to be no hope for back into the saddle. This was the year in which the Italian national track racing

fondate speranze di vittoria nella velocità con Giordano Turrini, il quale fu coinvolto forse in un clamoroso “caso”, un incidente provocato intenzionalmente dall’avversario più temibile del momento, il francese Trentin. - Il maltempo ci aveva rovesciato addosso pioggia per venticinque giorni e si correva spesso sotto l’acqua racconta Cimurri - Le eliminatorie, una vicina all’altra, senza possibilità di recupero fisico e psicologico, erano certamente falsate. Tuttavia Turrini era tranquillo anche quando affrontò l’impegno più difficile in semifinale col francese Pierre Trentin: sapeva infatti che era un osso duro, ma sapeva che poteva vincerlo. Infatti Trentin stava per rimontarlo chiaramente in piena velocità, nell’ultima curva prima del rettifilo d’arrivo. Quando il francese capì che non ce l’avrebbe fatta, andò addosso all’italiano che era più alto sulla curva. Turrini se lo vide al fianco ma non fece in tempo a intuire le sue intenzioni, così Trentin andò sotto il braccio sinistro dell’azzurro e si alzò di scatto con la spalla. Accadde tutto

team had good reason to be optimistic about their chances of victory with the sprinter Giordano Turrini, who was caught up in a clamorous affaire, an accident deliberately caused by his closest rival at the time, the Frenchman Trentin. -We’d been battling with poor weather conditions for twenty five days, often cycling in the rain – remembers Cimurri - The heats were so close together that we had no time to recover in between, either physically or psychologically, so the results were undoubtedly skewed. Nonetheless, Turrini was not particularly concerned even when he came up against his greatest challenge in the semifinal, where he faced France’s Pierre Trentin: he knew it would be no picnic , but he was confident he could beat him. Trentin was just about to catch up with him, at full speed, on the last bend before the final straight. When the Frenchman realised he wasn’t going to pull it off, he ran into his Italian rival, who was higher up on the bend. Turrini saw him at the side of his bike, but not quite fast enough to grasp what his intentions were, so Trentin went up under his left arm and jerked up

Giannetto with the great Gino.

“Mano Santa” con Fiorenzo Magni.

“Mano Santa” with Fiorenzo Magni.

LA LEGGENDA DI “MANO SANTA” Trascrizione dal libro di Giorgio Maioli: “un uomo, un mondo, la bicicletta”.

THE LEGEND OF “MANO SANTA” from the book by Giorgio Maioli: “un uomo, un mondo, la bicicletta”.

La leggenda di “mano santa” nacque a San Sebastiano, un elegante centro balneare della provincia di Guipuzcoa che si stende pigramente al sole in una delle più belle baie della costa spagnola del Nord, durante i Campionati mondiali di ciclismo del ’65. A creare questa atmosfera, cui si mescolavano radicate credenze religiose e cieca fiducia in chi possiede facoltà paranormali, contribuirono una certa propensione dei discendenti dei grandi re cattolici spagnoli a credere nel miracolismo e un avvenimento che si sovrappose con straordinaria puntualità che consentì a Giannetto Cimurri, già collaudato massaggiatore del grande Barnum del ciclismo mondiale, di rimettere in sella alla bicicletta un corridore che ormai era già dato per spacciato. Era l’anno in cui la nazionale italiana della pista appoggiava Giannetto col grande Gino.

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in una frazione di secondo, a quella velocità basta un soffio per volare: Turrini cadde gambe all’aria e testa in giù verso il cemento, a oltre 60 chilometri orari e cominciò a rotolare, a rimbalzare, a strisciare sulla pista. C’è una fotografia che ha fermato quell’attimo terribile e impressionante per noi che stavamo osservando. Mancavano ormai duecento metri al traguardo. Turrini forse ebbe soltanto il tempo di percepire l’urlo della folla, poi svenne. Quando Giannetto Cimurri raggiunse la barella che trasportava Turrini in infermeria, sentì il commento del medico: scuotendo sconsolatamente la testa il dottor Fantini diceva quasi a se stesso: “E’ finita per questo ragazzo, ormai i mondiali se li può sognare!”. Poi, rivolgendosi al commissario tecnico Guido Costa, aggiunse: ”Sarà già un miracolo se Turrini lei potrà riaverlo il prossimo anno!”. Tuttavia Giannetto sapeva che qualcosa si poteva tentare e quando Fantini si voltò e gli disse: ”Cimurri, dai un’occhiata a quel povero ragazzo” si avvicinò a Giordano sdraiato sul lettino dell’infermeria e cominciò a parlargli con quella sua

with his shoulder. It all happened in a fraction of a second at speeds like that, all you have to do is blow on someone to send them flying off the saddle – and Turrini fell, with his legs up in the air and his head downwards towards the cement, at over 60 kilometres an hour, and began to roll, bounce, scrape along the track. There’s a photograph that captured the very instant it happened, and those of us watching froze in horror. It was just 200 metres from the finishing line. Perhaps Turrini managed to hear the scream that rose from the crowd before he lost consciousness. When Giannetto Cimurri got to the stretcher that was taking Turrini for treatment, he saw Dr. Fantini shake his head sadly and heard him whisper, almost to himself: “That’s the end of the line for him, the poor lad has no chance in the world championship now!”. Then he turned to the coach Guido Costa and added: ”It’ll be a miracle if you even get Turrini back for next year!”. Giannetto, however, knew that all was not lost, and when Fantini turned to him and said: ”Cimurri, take a look at this poor lad”, he went up to Giordano, who was lying on one of

La bicicletta di Costante Girardengo

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Il manubrio della bicicletta di Costante Girardengo, quando il ciclismo era eroico. The handlebar of Costante Girardengo’s bicycle, from the days when cycling was a heroic sport.


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cantilena reggiana che ha portato in giro per il mondo e cominciò a toccargli le gambe e il fianco e la spalla, che erano le zone del corpo più colpite. Come sempre la saggezza di Gannetto e la sua antica esperienza che erano il linimento necessario per rimarginare ferite materiali e morali e che ridavano una carica ai muscoli spenti, furono determinanti anche in quell’occasione. A lle spalle di Cimurri c’erano quell’anno nove Campionati mondiali professionisti su strada, tredici su pista, dieci Campionati dilettanti su strada e ben quindici su pista oltre a una grossa manciata di Olimpiadi, da Londra ’48 a Tokio ’64 pssando attraverso Helsinki, Cortina, Melbourne e Roma, infine ventisette giri d’Italia e undici Tour de France. Giannetto fece dunque il bilancio di quella rovinosa caduta e si accorse che la situazione non era certo incoraggiante: Turrini presentava una lussazione alla spalla destra, contusioni gravi alla schiena, strappi muscolari qua e là. Fosse andato contro un muro alla stessa velocità forse

the beds in the infirmary, and began talking to him with that familiar musical Reggio accent of his, touching his legs, side and shoulders, the parts of his body that had borne the brunt of the fall. As always, Giannetto’s wisdom and long experience – the balm required to heal injuries of both the body and the spirit and to breathe fresh life into exhausted muscles - made the difference and worked the miracle. Cimurri had plenty of experience behind him: nine professional world road racing championships, thirteen world track racing championships, ten amateur road racing championships and fifteen amateur track racing championships, as well as a handful of Olympic Games, from London in 1948 through Helsinki, Cortina, Melbourne and Rome to Tokyo in 1964, plus 27 editions of the Giro d’Italia and 11 of the Tour de France. Giannetto weighed up the consequences of that terrible fall, and realised there was little room for optimism: Turrini had a dislocated left shoulder, a severely bruised back

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sarebbe uscito meno malconcio! Ma Turrini, oltre ad implorare Cimurri con gli occhi ebbe il coraggio di dirgli: ”Non sono finito, vero Cimurri? Aiutami tu! Rimettimi in piedi!” - Avessi avuto una gamba di ricambio - racconta Giannetto - certamente mi avrebbe chiesto di sostituirgli quella malandata. Lo lasciai solo per un attimo, per dire a Fantini che in qualche modo, non lo sapevo ancora, lo avrei rimesso in bicicletta poi cominciai a curarlo. Intanto continuava a piovere, almeno il tempo si era alleato a Cimurri: avrebbe allontanato di qualche ora il prossimo confronto sulla pista. C’erano dunque un pomeriggio e una notte di mezzo, forse “il miracolo” Giannetto sarebbe riuscito a farlo ancora una volta. Tutta la notte Turrini urlò per il dolore mentre Cimurri lo medicava e lo massaggiava. L’ex campione ricorda che Giannetto sospendeva la manipolazione e cominciava a cercare una pomata nella inseparabile borsa nera che lo accompagnava in ogni trasferta: potevano perdersi le valigie con i vestiti di ricambio, ma la borsa con gli unguenti no, perché dove c’era Cimurri c’era anche l’inseparabile e preziosa borsa. Era una piccola valigetta a soffietto, stracolma di barattoli e di piccole bottiglie col tappo di sughero che egli preparava accuratamente a casa durante gli intervalli dei suoi lunghi viaggi intorno al mondo in bicicletta. - Dopo una serie di massaggi e di applicazioni con gli unguenti - riprende a raccontare Giannetto - mentre gli parlavo a bassa voce, Turrini si addormentò. Non sapevo neppure che ora fosse, comunque eravamo vicini alla mezzanotte. Lo lasciai riposare fino al mattino, poi lo svegliai quando mancavano pochi minuti alle sei per constatare come reagiva: si sentiva molto meglio. Decisi di alzarlo e metterlo sulla bici a rulli per osservare le reazioni della gamba: cominciai con mezze pedalate, quindi aumentai il ritmo. Giordano reagiva bene, era soddisfatto anche lui perché il male stava per scomparire. - Giannetto era distrutto fisicamente per quella lunga notte: aveva i muscoli delle braccia indolenziti ma riuscì a concedersi un paio d’ore di sonno prima di cominciare con i muscoli di Turrini per l’incontro di semifinale. Un’ora prima, Giordano Turrini si sentiva caricato con nuove energie, soprattutto nel morale, anche se era pieno di ammaccature. Ma era in piedi e aveva una gran voglia di ripagare Trentin e fargli ingoiare l’amarezza che lui aveva dovuto inghiottire il giorno precedente. Cimurri aveva preparato bende e cerotti per le ultime medicazioni e quando il commissario tecnico e il medico della squadra seppero che Turrini si sarebbe presentato per ripetere la semifinale col francese, stentavano a crederlo. Poi si trovarono davanti una mummia faraonica in maglia azzurra. - Lo avevo fasciato con cura dopo avergli spalmato altri unguenti - dice Giannetto - gli parlai a lungo, dolcemente, per demolire dentro di lui il ricordo della giornata precedente, pezzo su pezzo, e gli descrissi l’avversario come un corridore che aveva dovuto ricorrere

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and pulled muscles here and there. If he’d careered into a wall at the same speed he would have come off better! But Turrini’s eyes pleaded with Cimurri, and he even found the courage to ask: “I’m not finished yet am I, Cimurri? Help me to get back up on my feet!” -If only I’d had a spare leg - Giannetto said – I’m sure he’d have asked me to replace his injured one. I left him alone for a moment, to go and tell Fantini that somehow – although I still had no idea just how – I’d get him back in the saddle, and then I set about treating him. Meanwhile, the rain continued to fall, so at least the weather was on Cimurri’s side, because it would put back the next challenge on the track for a few hours. He was going to have an afternoon and a night to work on Turrini, so maybe Giannetto would manage to work another one of his “miracles”. Turrini screamed in pain all night as Cimurri treated him and massaged him. The former champion remembers that Giannetto stopped the manipulation for a moment and started looking for an ointment in that inseparable black bag he took everywhere with him on his travels: he might lose the suitcase with a change of clothes, but his precious bag with the ointments in was a different matter, and he never let it out of his sight. It was a little accordion bag, jam-packed with jars and little bottles with corks that he prepared carefully at home in between his long trips around the world by bike. -After a series of massages and applications of the ointments – Giannetto went on – Turrini fell asleep as I was talking quietly to him. I didn’t even know what time it was, but it couldn’t have been far off midnight. I let him rest until the morning, before waking him up just as it was approaching six, to see his reaction; he was feeling a lot better. I decided to get him up and put him on the static bike to see how his legs reacted: I started with half thrusts on the pedals, then gradually turned up the pace. Giordano reacted well; he was satisfied because the pain was beginning to go away. – Giannetto was physically exhausted after such a long night: his arm muscles were aching, but he managed to catch a few hours sleep before getting back to work on Turrini’s muscles for the semi-final encounter. An hour before it, Giordano Turrini felt charged up with a shot of fresh energy and above all spirit, battered and bruised though he was. He was up on his feet and was raring to get his own back on Trentin and make him pay for what he’d done to him the day before. Cimurri had prepared bandages and plasters for the last-minute treatment, and when the coach and the team doctor found out he was going to show up and repeat the semi-final with the Frenchman, they could hardly believe their ears. What then appeared before them was a mummy in an Italian cycling shirt. –I’d bandaged him up carefully after rubbing some more ointments on him – said Giannetto – and I spoke to him softly, at length, to exorcise the memory of the previous day, to remove it from his mind, piece by piece. I described his adversary to him as a racer that had had to resort to violence, because he knew Turrini was just too good and that he wouldn’t have stood a chance

Giannetto con Fausto Coppi vincitore al Tour de France. Guardate il suo sorriso. E’ come se il Tour lo avesse vinto lui. Giannetto with Fausto Coppi when he won the Tour de France. Look at the smile on his face. It’s as if he’d won the race himself.


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alla violenza perché sapeva che Turrini era troppo forte e avrebbe vinto il confronto con certezza. Poi lo prendemmo in due sotto le ascelle per non farlo camminare fino alla linea di partenza, per non interrompere un equilibrio così faticosamente conquistato e lo mettemmo sul sellino di peso. Io avevo fatto quanto era possibile fare, adesso toccava a lui. - Di quella giornata, Turrini ricorda: “ Cimurri mi aveva trasformato in una notte, ma ciò che era importante era il “come” mi aveva trasformato: si era servito della caduta non subendo l’incidente bensì utilizzandolo.” Giannetto aveva dunque saputo “utilizzare” in modo abile e intelligente la caduta per consentire a Giordano Turrini di vincere la prima prova col francese e quindi riuscire anche a vincere il secondo e decisivo confronto. Turrini entrò così in finale contro il sovietico Phakadze, con le sue vistose fasciature ma con i muscoli ancora saldi e quando il russo, dalla tribuna dove aveva assistito all’incontro per individuare la tattica che avrebbe dovuto adottare contro Trentin (tanto

against him. Then two of us lifted him up under the arms so he wouldn’t have to walk to the starting line, to maintain the delicate equilibrium we’d worked so hard to achieve. We lifted him right up onto the saddle and stood back. I’d done what I could: it was up to him now. – Turrini remembers: “Cimurri had turned me around overnight, but what really mattered was how he had done it: he took the incident not as a setback, but as a resource”. Giannetto had been smart enough to turn the fall to his advantage, allowing Giordano Turrini to win the first race against the Frenchman, and then go on to win the second, decisive encounter, which took him into the final with Phakadze, from the Soviet Union. The bandages were a bit of a sight, but his muscles were still holding up under them. The Russian had been watching the encounter from the stands to decide on the tactics to adopt against Trentin (because, as everyone was saying, there was no way the Italian was going to win, given the state he was in), and when he saw Turrini, who had practically risen from the dead, walking past

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him, he went to the Italian team doctor to find out what had happened, how such a miracle was possible. Fantini replied:” It was him, it was Cimurri. That’s why they call him “miracle hands”! If he can’t cure them, no-one can!” Around them there was the usual enthusiastic little crowd every cycling event attracts. There were people talking in all sorts of languages – but it was Fantini’s words, and above all the definition “miracle hands” that struck everyone, and as often happens, the news spread like wildfire beyond the velodrome and out into the streets and alleyways of San Sebastián. The next day, in the houses, shops and bars of the town, there was talk of nothing else but this “great little Italian” and his “miracle hands” that were able to heal whatever he touched, and who had even received a blessing from the Pope. - When I was out walking through the streets - Cimurri said - people would look at me in awe, almost in fear, pointing at me and whispering: “Look, there he is, that’s the guy they call mano santa, he’s been blessed by the Pope”, or: “He’s the

non c’erano dubbi, dicevano tutti, come poteva vincere l’italiano sul francese in quello stato?) si vide passare sotto il naso quel morto resuscitato, andò dal medico italiano per capire che cosa era accaduto, come era stato possibile compiere quell’autentico miracolo, Fantini gli rispose:” è stato lui, Cimurri, è stato lui con la sua mano santa! Se non li guarisce lui, non li guarisce nessuno!” Attorno c’era la solita piccola grande folla di ogni avvenimento ciclistico e c’era gente che parlava in tutte le lingue ma la frase di Fantini e soprattutto la definizione “mano santa” rimase fotografata da tutti e subito, come accade spesso, la notizia si diffuse velocemente oltre i confini del velodromo e si insinuò nelle strade e nei vicoli di San Sebastiano e il giorno dopo, nelle case e nei locali pubblici della città, si parlava di questo “piccolo grande italiano” che aveva la “mano santa” e che guariva dove toccava e che aveva ricevuto anche la benedizione del Papa. - Quando uscivo e camminavo per le strade - dice Cimurri

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- mi guardavano quasi con timore reverenziale e sentivo che sussurravano indicandomi: “vedi, quello è mano santa, il Papa lo ha benedetto” e poi ancora: “ è quello che ha le mani che guariscono tutti i mali!” e quando rientravo in albergo mi aspettava una lunga fila di postulanti che non mi concedevano tregua. Avessi piantato la squadra e fossi rimasto a San Sebastiano, sarei diventato ricco e famoso... La fama di “mano santa” si era così consolidata che, se si verificava un incidente grave, l’unica alternativa possibile ai limiti della medicina era ricorrere a Giannetto. La frase ormai la conoscevano tutti: ”è roba da Cimurri!” Ma che cosa aveva contribuito a creare la leggenda di “mano santa”? Quali avvenimenti si erano sovrapposti per solidificare la nascita di un personaggio così grondante di umanità ed esperienza e nel medesimo tempo così insolito nel mondo del ciclismo? Tutto nacque da una caduta, naturalmente da una bicicletta.

one whose hands can cure all ills!”. When I returned to my hotel at night I would find a long queue of “faithful” waiting there hopefully for me. There was no escape from them. If I’d given up the team and stayed there in San Sebastián, I’d have become rich and famous….. “Mano santa” had achieved such renown that any time a series accident occurred, the only possible alternative to the limits of medical treatment was to call in Giannetto. The expression was familiar to everyone by now: “This is a case for Cimurri!” But just what was it that had helped to create the legend of “mano santa”? What were the elements that had coincided and come together to shape a character so full to the brim of professional experience and human qualities, yet at the same time so rare in the world of cycling? It all began with a fall – from a bike, of course. When he heard the doctor’s voice saying: “It’s hopeless – with a knee in that sort of condition, he’ll be lucky if he even walks again!”, Giannetto’s first thought was not that he risked spending the rest of his life in a wheelchair, but that he might never race in the saddle again. It’s strange – and often absurd – what goes through our minds when a life-changing experience happens: Giannetto’s thoughts were focused on his bike, rather than on the world that was falling apart around him like a china vase dashed to the ground. It had crept up on him with no warning, with no alarm raised to warn him of the danger that lay in wait for him, and it all began with an accident that ought to have changed his life forever: a fall during a cycling race. - It was the summer of 1921, a searing hot summer in every sense – Giannetto remembered – the Fascist squads were rampaging through the countryside and even the towns. People were terrified of being beaten up, and violence had become a part of everyday life, but the political dimension and the battles between “agrarians” and socialists couldn’t have been further from my thoughts. I had just turned sixteen, and cycling came before everything else for me. Nothing else existed as far as I was concerned. I’d learned to ride on an old woman’s bike in the lanes around my home in Bazzarola, a neighbourhood of Reggio. A neighbour, who knew of my passion for cycling, promised me he’d lend me his racing bike if a serious opportunity came up. And come up it did, on a scorching, stifling day in July: there was a race set to start out from San Maurizio, which was to run through Rubiera and Sassuolo, before climbing up into the foothills, passing through Scandiano, without touching upon Reggio. There was no age limit, it was one of those amateur races organised on dusty, bumpy roads just to give young cyclists some authentic practice and to start separating the men from the boys. – There was just one problem – Giannetto went on – my mother had gone to work on a nearby farm estate, and she’d left me to look after my brother Abramo. But I wasn’t prepared to miss out on that opportunity: my friends were waiting for me, and my neighbour had finally lent me his

Quando sentì la voce del medico che diceva: ”Non c’è più niente da fare, con un ginocchio ridotto in simili condizioni, è già tanto se riprenderà a camminare!”, Giannetto non pensò che rischiava l’invalidità per il resto della vita ma pensò piuttosto che non avrebbe più potuto correre in bicicletta. Strane e spesso assurde sono le immagini che affiorano alla mente, quando accade qualcosa che dà una svolta all’esistenza: Giannetto pensava alla bicicletta e non al mondo che si sbriciolava intorno a lui, come un fragile vaso di vetro caduto in terra. Era accaduto subdolamente in sordina, senza che nessun allarme intervenisse per avvisarlo del pericolo cui andava incontro e aveva avuto inizio dall’ incidente che doveva cambiargli il futuro: la caduta durante una corsa in bicicletta. - Era l’estate del ’21, un ‘estate caldissima e densa di fermenti politici - racconta Giannetto - le squadracce fasciste terrorizzavano le campagne e anche le città, i manganelli facevano parte della vita quotidiana, ma quella dimensione politica e le lotte tra gli “agrari” e i socialisti, non mi riguardavano. Avevo appena sedici anni e prima di tutto, prima di ogni altro pensiero, c’era il ciclismo, non pensavo che alla bicicletta. Avevo imparato a pedalare su una vecchia bici da donna lungo i viottoli attorno a casa in una frazione di Reggio che si chiama Bazzarola. Un vicino, che sapeva della mia passione per le due ruote, mi aveva promesso che un giorno mi avrebbe prestato la sua bicicletta da corsa per un’occasione seria. Quel giorno arrivò nel Luglio, con un caldo che si tagliava a fette: c’era in programma una corsa che avrebbe preso il via a San Maurizio, doveva toccare Rubiera, Sassuolo, si sarebbe arrampicata sulle colline della pedemontana, quindi, passando da Scandiano e senza toccare Reggio. Non c’era limitazione d’età, erano corse che si organizzavano nel polverone, su strade accidentate, tanto per creare una

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vera palestra di prova e una selezione per i giovani.- C’era soltanto un problema - continua a raccontare Giannetto mia madre era andata a lavorare in un podere vicino e mi aveva dato in consegna mio fratello Abramo. Io però non volevo perdere quella occasione: gli amici mi aspettavano e Celestino, il mio vicino di casa, mi aveva finalmente prestato la sua bicicletta da corsa ed era la grande occasione che attendevo da tempo perché forse avrei potuto vincere. Così mi decisi: misi in mano a mio fratello una cioppa di pane e nell’altra mano un pinocchio di legno senza gambe poi lo legai al seggiolino, chiusi la porta a chiave e inforcai la bicicletta da corsa. Era verniciata da poco con colori smaglianti e sulla canna spiccava il tricolore con un fascio nero in mezzo. Ma io non ci feci caso: pensavo soltanto ad arrivare in tempo per il “via”, alla partenza di San Maurizio. Partimmo e per un po’ restammo tutti in gruppo, ero felice perchè potevo finalmente spingere sui pedali di una vera bicicletta anche se la polvere della strada mi aveva trasformato la gola in un deserto. Ma capivo che qualcosa non andava intorno a me, sentivo una specie di antagonismo nei miei riguardi: forse perché andavo forte e tentavo ogni tanto la fuga? Poi compresi che tutto dipendeva dal quel fascio dipinto sulla canna della mia bicicletta. Mi presero in mezzo, saranno stati sei o sette giovani e mi guardavano con odio gridando: ”dai al fascista! Addosso a quel fascista!”- Non feci in tempo a comprendere che cosa stava succedendo e mi trovai coinvolto in una caduta, assieme ad altri. Ricordo come fosse oggi, il dolore lancinante al ginocchio destro, era come avessi avuto un fuoco nella gamba e il calore denso nel sangue che non finiva di uscire dalla ferita! Quando tornò a casa, Giannetto non disse nulla. Si tenne il dolore al ginocchio e soltanto dopo un paio di mesi, quando la gamba si gonfiò in modo evidente, la madre si accorse che Giannetto zoppicava in modo sempre più vistoso: fu chiamato un medico, parlò di menisco, disse che era necessaria la visita di uno specialista. All’ospedale non sapevano che soluzione adottare per un ginocchio ridotto in condizioni così gravi e con un ‘infezione diffusa: fu allora che dissero a Giannetto che non c’era più nulla da fare. Fortunatamente giunse a Reggio, proprio in quel periodo, un medico che si era specializzato in traumatologia - precisa Cimurri - Fui portato da lui, si chiamava Gazzotti. Quando vide il mio ginocchio, non perse tempo: lo immobilizzò, mi disse di restare così per almeno sei mesi, poi mi ordinò una terapia d’urto. Temeva fosse compromessa l’integrità della testa del femore, forse pensava ad un principio di tubercolosi ossea. Divenni un cliente abituale della clinica del Professor Gazzotti, tanto che medici, suore e infermiere finirono per interessarsi affettuosamente al mio caso. Sapevano tutti della mia grande passione per il ciclismo, ma sapevano che per me le corse in bicicletta erano finite definitivamente. - Trascorsero due anni, fra cure e speranze: non potrò mai

racing bike. This was the chance I’d been waiting ages for, and I reckoned I could win. So I went for it. I thrust a roll of bread into one of my brother’s hands and a legless wooden Pinocchio into the other, tied him to his high chair, locked the door and leapt onto the racing bike. It was freshly painted in brilliant colours, and on the crossbar there was the Italian flag with the black Fascist symbol in the middle. But I didn’t even notice: all I was concerned about was getting to the starting line in San Maurizio in time for the race. We set out, and for a while we stayed together in a group. I was happy, because I could finally push down on the pedals of a real bike, even though my throat felt as dry as the desert from the dust thrown up by the wheels. But then I began to realise there was something wrong. I could feel a sense of antagonism towards me: maybe because I was going so fast and making an attempt to break away now and again? Then it hit me: it was all because of that symbol on the crossbar of my bike. They surrounded me; there must’ve been about six or seven of them, and their eyes were filled with hatred: “Get the Fascist”, they were shouting, “Let’s go for the Fascist” – and before I knew what was happening, I was caught up in a fall, together with other riders. I can remember it as if it were yesterday: the searing pain in my right knee felt as if my leg was on fire, and the thick, warm blood that continued to ooze out of the wound! – When he got back home, Giannetto didn’t say a word. He put up with the pain in his knee, and it wasn’t until a few months later, when his leg began to swell visibly and the limping became increasingly noticeable, that his mother called a doctor. He said it was the meniscus, and that he’d need to see a specialist. At the hospital, they didn’t know what to do with a knee in such a terrible state. The infection had spread to such an extent that Giannetto was told there was nothing they could do. Fortunately, just at that time, a doctor arrived in Reggio who was specialised in traumatology – explained Cimurri - His name was Gazzotti, and I was sent to him. When he saw my knee, he wasted no time: he immobilised it and told me to keep it like that for at least six months, then prescribed massive dose therapy. He feared there was damage to the head of the femur, perhaps he was thinking of bone tuberculosis in the early stages. I became a regular patient of Professor Gazzotti’s clinic , so much so that the doctors, nuns and nurses end up taking an affectionate interest in my case. They all knew of my passion for cycling, but they also knew that I’d never race again. Two years of treatment and raised hopes went by, and there was one nun I’ll never forget: Sister Amelia her name was. My muscles had grown sluggish after being out of action for so long, but her patience and perseverance brought them back to life again, with massages and rubs. She was a real expert at this technique, which I was becoming increasingly interested in. By the time I turned

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dimenticare una suora, si chiamava Suor Amelia, ebbe la pazienza e la perseveranza di riportare i miei muscoli, ormai intorpiditi dalla lunga inazione, alla completa funzionalità con massaggi e frizioni. Era bravissima in questa tecnica, che cominciava ad interessarmi. E fu proprio quando compii diciotto anni e la gamba era ormai salva, che un medico, il dottor Storchi, osservando il mio interesse per le manipolazioni di suor Amelia, mi parlò senza pietismi ma affrontando la realtà della situazione: mi consigliò di dimenticare la bicicletta, almeno come interprete diretto di un rapporto con la strada, ma avrei potuto fare qualcosa di costruttivo, proprio per il ciclismo. Indicandomi le mani disse: ”hai due mani da fisioterapista, sei robusto, il ciclismo ti affascina: quindi potrai restare ugualmente nel mondo della bicicletta. Pensaci!”. Ci pensai e decisi che sarei diventato un massaggiatore! -

eighteen my leg had recovered, and it was then that one of the medical staff, Dr. Storchi – who had noticed my interest in the manipulation techniques used by Sister Amelia – spoke very frankly to me about my situation. He advised me to forget about cycling, or rather about actually racing myself, and suggested an alternative, constructive route I could pursue in the world of cycling. He pointed to my hands and said: “You’ve got the hands of a physiotherapist. You’re strong and sturdy, you love cycling. There’s still a way for you stay surrounded by bikes. Think about it!”. That’s just what I did, and I decided I was going to become a masseur!

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Who was Giannetto Cimurri? Giannetto Cimurri was born in 1905 in Reggio Emilia, and devoted his entire life to cycling: racer manqué, masseur to the Italian national team for 34 years, 8 Olympic Games, 74 world championships comprising road racing, track racing and cyclocross, 40 complete editions of the Giro d’Italia plus a further 6 incomplete editions, countless national and international races…not to mention his work in the world of football (as a masseur for the Reggiana team for years) and boxing (for the champion Gino Bondavalli). Fausto Coppi would have no-one treat him but Cimurri, a meticulous professional who did more than just prepare athletes. In 1930 he founded the Velo Club Reggio, and three years later he opened a family-run shop selling sports gear, which for years was frequented by sports enthusiasts. He received a Croce dell’Ordine Ospedaliero di Malta Maltese Cross award in 1949, an Italian knighthood for his services to sport in 1965, when he became a Cavaliere della Repubblica, as well as numerous other awards for his

Chi è Giannetto Cimurri Giannetto Cimurri è nato nel 1905 a Reggio Emilia, ha dedicato la propria vita al ciclismo: corridore mancato, massaggiatore della nazionale per 34 anni, 8 olimpiadi, 74 campionati del mondo tra strada, pista e ciclocross, 40 giri d’italia portati a termine e altri 6 non completati, infinite corse nazionali e internazionali, cui va aggiunta l’attività nel calcio (massaggiatore per anni della Reggiana) e nel pugilato (per il campione Gino Bondavalli). Fausto Coppi voleva essere seguito solo da Cimurri, lavoratore meticoloso che non si limitava alla preparazione. Nel 1930 fonda il Velo Club Reggio, mentre nel ’33 apre il negozio di articoli sportivi gestito dalla famiglia, che ha rappresentato per anni un punto di ritrovo degli sportivi. Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi dal 1965, Croce dell’Ordine Ospedaliero di Malta, dal 1949, a Giannetto Cimurri sono stati conferiti numerosi riconoscimenti per la propria attività nell’ambito dello sport e del ciclismo. Nel 2001,

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poco prima della sua scomparsa avvenuta nel giorno di Natale del 2002, ha inaugurato una Pista di Avviamento al Ciclismo intitolata a suo nome, tra le prime in Italia ad accoglierei “campioncini” delle due ruote e per allenarsi in tutta sicurezza. Giannetto infatti ha sempre amato stare in mezzo ai giovani, insegnare loro prima le regole fondamentali del rispetto dello sport, dell’avversario, di sé stessi, poi anche i trucchetti del mestiere ai campioni più affermati. Giannetto ha condotto, sino che le forze lo hanno sostenuto, corsi invernali di palestra preciclistica e praticamente tutti i ciclisti dell’area reggiana sono passati per le sue mani nel corso della loro carriera.

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services to sport and to cycling in particular. In 2001, not long before his death on Christmas day 2002, he inaugurated a Beginners’ Cycling Track named after him, one of the first in Italy to welcome budding champions and allow them to train in complete safety. Giannetto had always loved spending time with young people, teaching them first and foremost the fundamental rules of respect for the sport and opponents, as well as self-respect, before moving on to illustrate the tricks of the trade to the more experienced. For as long as he was able, he held pre-training course in the gym during the winter, and helped virtually every cyclist in the Reggio area in the course of their career.

CIMURRI

GIANNETTO La “mano santa” dei campioni

Paolo Alberati

from: “Giannetto Cimurri, “mano santa” to the champions” Paolo Alberati Published by Giunti

da: “Giannetto Cimurri la mano santa dei campioni” Paolo Alberati Ed. Giunti

...Ask Mr. Afro Incerti from the newspaper kiosk on the corner between Piazza dei Teatri and Via San Rocco. When you stop to buy the paper tomorrow morning, ask him who Giannetto Cimurri was, what it was like when Reggio Emilia was packed with champions on a constant pilgrimage to his shop in Via Emilia in search of sports gear or just a friendly chat, of a bandage or an ointment for their leg, or maybe just a pat on the back and a word of comfort. Ask him what it was like when the likes of Coppi and Bartali turned up, or the footballers from the Reggiana Calcio or Bologna teams; what it was like when the boxer Bondavalli used to put his head round the corner of via Emilia, and his opponents, plus a group of lads from an age that’s gone for good, spread the word and raced each other to be the first to reach the door of Giannetto’s shop to get an autograph, a smile, a glimpse of a dream.

...Chiedetelo al signor Afro Incerti, edicola all’ angolo tra Piazza dei Teatri e via San Rocco, chiedetegli domattina passando da lui a prendere il giornale, chi era Giannetto Cimurri, cos’era Reggio Emilia quando si riempiva di campioni dello sport che in processione si susseguivano nei pressi del suo negozio in Via Emilia, articoli sportivi e quattro chiacchiere, una medicazione e un unguento per il mal di gambe, una parola di conforto e una pacca sulla spalla. Chiedetegli cosa significava quando arrivavano i Coppi e i Bartali, i giocatori della Reggiana Calcio o del Bologna, cosa succedeva quando spuntava dall’angolo di Via Emilia il pugile Bondavalli e i suoi avversari e i ragazzini di un’epoca che è andata si facevano il passaparola e correvano facendo a gara, a chi arrivava prima di fronte al negozio di Giannetto per strappare unNatale autografo, carpito 05 ed è mancato il giorno di 2002:un un sorriso, secolo diun vitasogno vissuto tutcondella gli occhi. massaggiatore Nazionale di ciclismo: al suo attivo, 40 Giri d’Ita-

fra strada, pista e ciclocross. Ma il suo mito non finisce qui. Per anni Chiedetelo Alfredo Martini, ottantanove anniinternaportati , del pugile Bondavalli,adraccogliendo onoreficienze a livello

con una fierezza ed una lucidità che fa il pari a quella di Fiorenzo Magni che di anni ne ha novanta e insieme ad Alfredo hanno corso,i francesi tribolato,era tirato, pianto, ilvinto e fatto aliani. O meglio come dicevano “soigneur”, guaritore, vincere Coppi ema Bartali, Giri d’Italia, maglie rosa e maglie “mano santa”, il “mago”, lui sorrideva a questa nomea. gialle. o, che in unAlfredo fiorire di aneddotiFiorenzo e ricordi avranno di tornare sula Firenze, a Monza,modo se avrete la fortuna di classichedisuincontrarli, strada e neisedervi velodromi, là dove hannoetrionfato sotto un’ombra ascoltareBartali i loro spes, infine Moser e vi Saronni. Al loro fianco, dietro le ecracconti, incanteranno narrandovi chiquinte, era un e cosa nte: Giannetto Cimurri è ancora una leggenda mondo del ciclismo rappresentava Giannetto Cimurri nel per lo sport italiano, ma attenzione non perché fosse un alto dirigente, no; non perché era un campione assoluto, neanche quello; non perché era un ricco mecenate o un presidente di chissà € 16,50 quale club. No, vi racconteranno che Giannetto era e rappresentava quello che per esempio oggi la sua moto rappresenta per Valentino Rossi, quello che la Ferrari è stata per anni per Michael Shumacher, quello che la propria bicicletta Bianchi è stata per Marco Pantani: Giannetto era la locomotiva dei sogni del campione, il treno su cui salire

Il libro di Paolo Alberati sulla affascinante storia di Giannetto.

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Ask Alfredo Martini, eighty-nine years young, and as proud and sharp-witted as Fiorenzo Magni, a year his elder. Together the two raced, suffered, pushed themselves to the limit, wept, won and helped Coppi and Bartali on the way to pink jerseys, yellow jerseys and victories in the Giro d’Italia. If you’re ever lucky enough to meet them - Alfredo in Florence, Fiorenzo in Monza – take a seat in the shade and listen to their stories. You’ll be captivated by their tales of who Giannetto Cimurri was and what he meant to Italian sport; and not because he was a top manager, or a top champion, or because he was a wealthy benefactor or the chairman of some fancy club. They’ll tell you that Giannetto was to Italian sport what Valentino Rossi’s motorbike is to him, what Ferrari was for years for Michael Schumacher, what the Bianchi was for Marco Pantani: the engine that drove the dreams of champions, the express train to victory, fulfilment and the chance to make dreams come true for sportsmen and sports fans alike. “His” athletes called him “mano santa”.

Paolo Alberati’s book on the fascinating story of Giannetto.

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per vincere, realizzarsi, far sognare tifosi e sportivi. I “suoi” atleti lo chiamavano «mano santa». Giannetto era il confidente, il massaggiatore, il confessore, il consigliere, il padre, il fratello di giochi, il compagno di squadra: l’anima dell’atleta e della squadra. L’uomo d’esperienza a cui confidarsi, di cui fidarsi, quello che anche a dieci ore di volo di distanza da casa: «ti faceva sentire il calore del focolare, ti faceva giocare in casa anche se eri lo straniero nel paese “nemico”». Alfredo Martini ancor oggi ricorda di quella Ronde de France del ’46, il primo Tour del dopo guerra, «un errore per noi italiani andare a correre in Francia, un paese che in guerra avevamo tradito e i francesi in quel momento non erano troppo sportivi e volevano farcela pagare lungo le strade: per fortuna che proprio lì a quella gara conobbi Giannetto. Era il massaggiatore della nazionale italiana di ciclismo, lui si alzava alle 3.30 del mattino a preparare le nostre borracce e i panini, poi quando tutto era pronto alle 5 veniva a svegliare i corridori, ma lo faceva sempre con Giannetto was more than a masseur for them. He was their confidant, confessor, advisor, father, brother and team-mate, the very soul of the team and the athletes that were part of it. He was the man of experience they could confide in, trust in; the figure who, even when they were a ten-hour flight away from home, “made you feel the warmth of your own fireside, made you feel as if you were racing in front of a home crowd even when you were a stranger in a strange land, even when you were the “enemy”. Alfredo Martini still remembers that Ronde de France in 1946, the first Tour after the war: “It was a mistake for us Italians to go and race in France; we’d betrayed them during the war, and the French were short on sportsmanship – they wanted to take revenge on us on the roads. I was lucky, because it was then that I met Giannetto. He was the masseur of the Italian team, and used to get up at 3.30 in the morning to prepare our drinking bottles and sandwiches. At five o’clock, when everything was ready, he’d come along the corridors and wake us, and he always had a smile for everyone, like a father

La bicicletta utilizzata da Francesco Moser per il record dell’ora a Stoccarda. The cycle on which Francesco Moser broke the hour record in Stuttgart.


GIA NNE TTO C I MU RRI

il sorriso, come fa un padre quando sveglia il suo figliolo. Aveva sempre le parole giuste, la giornata con lui iniziava subito felice e le difficoltà che ci apprestavamo ad affrontare, enormi difficoltà di percorso, di fatica, di calura, di spiriti avversi, sembravano subito più sopportabili, umane, quasi divertenti».

L A L E G G E N DA D I M A N O S A N TA

waking up his children. He always knew just what to say, and he always got the day off to a good start. All the problems that lay ahead of us – the immensely difficult routes, the fatigue, the heat, the psychological challenges – seemed somehow more bearable, more human, almost fun”. You should have asked the former Chairman of the CONI, the Italian Olympic Committee, Giulio Onesti; or Adriano Rodoni the Chairman of the UVI, the Italian Cycling Union; or Cavaliere Cesare Rizzato, the owner of Cicli Atala, or any one of all those people who during their lifetime have written letters or telegrams, not the cold, impersonal, hurried e-mails or faxes of today, but genuine missives full of warmth and humanity. You should have asked them who Giannetto Cimurri was, the “Cavaliere” who received messages of thanks “for the services carried out as a masseur, as part of the healthcare provided during the Munich Olympics, with passion and whenever required….”. This was who Giannetto Cimurri was. He was loved because it was above all love “his” athletes received from him, as well as treatment, respect and support. Giannetto was in love with the sport and the people who were part of it. Just ask the bicycles (there are over a hundred of them) that Giannetto collected over the years, from the first – a Bianchi given to him by Fausto Coppi in France in 1953 - to the last, just before he drew his last breath. His collection was composed of so many quality bikes that he was able to open a museum (from 1994 to 2000) and give them out on loan to other museums so everyone could admire them, thus breathing new life into them, first from within himself and then in the heart of his home town, Reggio Emilia, which he never left throughout his long and adventurous life...

Avreste dovuto chiedere all’ex presidente del Coni, il Comitato Olimpico Italiano, Giulio Onesti; oppure al presidente dell’Uvi (Unione Velocipedistica Italiana) Adriano Rodoni, oppure al Cavaliere Cesare Rizzato, proprietario della Cicli Atala, a tutte quelle persone che in vita gli hanno scritto lettere, telegrammi, non fax o email fredde e veloci come si fa oggi, no vere e proprie missive calde e piene di umanità. Avreste dovuto chiedergli chi era Giannetto Cimurri, il “Cavaliere” a cui venivano spediti ringraziamenti «a lei che ha prestato la sua opera, quale massaggiatore, nell’ambito dei servizi sanitari svolti durante i Giochi Olimpici di Monaco con passione e senza limitazione di orario…». Questo era Giannetto Cimurri, amato perché amava, prima che rifare, rispettare, supportare i suoi sportivi, Giannetto amava con tutto se stesso lo sport e i suoi protagonisti. Chiedete alle (tante, più di cento) biciclette che Giannetto ha collezionato negli anni, la prima nel 1953, una Bianchi regalatagli da Fausto Coppi in Francia, l’ultima un attimo prima di esalare l’ultimo respiro, così tante biciclette raccolte e di cotale qualità da aprirci un museo (dal 1994 al 2000), prestarle ad altri musei, aprirle all’ammirazione di tutti facendole rivivere prima nel suo cuore, poi nel cuore della sua città, Reggio Emilia, che lui non ha mai lasciato nel corso della lunga e avventurosa vita... Paolo Alberati E’ l’autore del libro che uscirà fra breve su Giannetto Cimurri e che Volare presenta in anteprima mondiale. Paolo Nasce a Perugia e, come tanti, sale su una bicicletta da piccolissimo. E’ vero amore, alimentato dalle gesta eroiche e dai racconti su Coppi e Bartali. Proprio quel Bartali che conoscerà, una volta passato professionista, negli anni novanta. Pubblica il primo libro sul grande Gino e poi un secondo sul grande Fausto. Ed ora eccolo con questa ultima fresca pubblicazione su colui che fra i due grandi fu anche legante e comune amico.

Giannetto, il figlio Giorgio e il grande Fausto Coppi. Giannetto, his son Giorgio and the great Fausto Coppi.

Paolo Alberati is the author of the book soon to be published on Giannetto Cimurri, of which Volare is proud to present an excerpt, a world exclusive. Paolo was born in Perugia, and, like so many other children, learned to ride a bike when he was very little. His passion for cycling was brought alight by the heroic adventures of the sport, by tales of the endeavours of Coppi and Bartali, before actually meeting Bartali himself, once he’d retired from professional competition, in the 1990s. The great Gino Bartali was the subject of his first book, while he wrote the second on the great Fausto Coppi. His latest work, presented here, is the story of the man who linked the two and was a friend to both.

Giorgio oggi, Maestro dello sport, ha fatto di questa passione il proprio mestiere. Giorgio today. A Master of Sport, he has turned his passion into a profession.

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Partiamo all’alba. L’Alpe d’Huez è dietro l’angolo ma come per tutte le località alpine ciò che sulla carta sono pochi centimentri, nella realtà sono ore di automobile. Scegliamo non certo il percorso più comodo bensì il più spettacolare. Ci arrampichiamo sul Col de Glandon e ridiscendiamo. Saliamo ancora e ancora e finalmente arriviamo in vista dei tornanti che salgono all’Alpe. Jennifer ci aspetta in camera. Forse è convinta di pedalare molto ma non è così. Scarichiamo una montagna di abiti per rivestirla della sua seconda pelle, quella di modella. Di persone così (belle) e così (sportive) ne nasce una ogni cento anni. E lo dimostrano le facce disorientate dei ciclisti che al terz’ultimo tornante perdono l’equilibrio girandosi a guardare (se vanno in salita) o rischiano di staccare troppo lunghi al tornante (se vanno in discesa). Due ore di make up e poi via, in questo fazzoletto di terra forgiata dagli elementi, interpretiamo Jenny col nostro stile. Gli ultimi scatti sono al tramonto, con una luce che

We set out at dawn. The Alpe d’Huez is just around the corner, but as with every alpine location, what looks like just a few centimetres on the map is actually hours away by car. The route we plump for may not be the easiest, but it’s certainly the most spectacular. We climb up onto the Col de Glandon and then go back down it, before heading back up again and finally catching sight of the hairpin bends that snake up towards the Alpe. Jennifer is waiting for us in her room. She may be convinced she’s going to have a lot of pedalling to do, but that’s not what we’re here for. We unload a pile of clothes to dress her up for her other vocation as a model. People of such (beauty) and (sporting talent) as Jennifer only come along every hundred years or so, and this is obvious from the disoriented expressions of the cyclists that lose their balance at the third bend as they turn to look at her (if they’re on the way up) or risk taking the bend too fast (if they’re on their way down). A two-hour make-up session and then off we go to this strip of earth forged by the elements to depict Jenny’s

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solo a quella quota puoi vedere. Alla fine della giornata siamo talmente stanchi che non abbiamo neppure voglia di ripartire. Sono solo sei ore di automobile, una sciocchezza. Mangiamo una crèpe insieme e invertiamo la rotta. Rincasiamo dopo un tour di 21 ore filate. Sicuramente non sono stato il primo nè l’ultimo a correre così per lei. Insomma Jenny è Jenny.

personal interpretation of our style. By the time we take the last shots, dusk is falling, and there’s a light you can only find at that altitude. When the day comes to an end, we’re so tired we don’t even feel like setting off again. It’s just a six hour drive, a piece of cake. We tuck into a crèpe together and retrace our steps. When we reach home, we’ve been on the go for 21 straight hours. I bet I’m not the first to run after her like that, and I’m sure I won’t be the last. Jenny’s one of a kind.

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Jenny in pillole

A little bit about Jenny Fletcher

Sono nata in Canada e cresciuta facendo ogni sport possibile: pallacanestro, pallavolo, atletica, ballo. Praticare Tetrathon dall’età di 5 anni (nuoto, corsa, equitazione e tiro) e appassionarmi alla scherma, mi ha portato a raccogliere le esperienze che mi hanno condotto al Pentathlon Moderno. Ho gareggiato per il Canada all’età di 15 anni e ho partecipato ai Mondiali di Pentathlon moderno. Alla stessa età ho iniziato a lavorare come modella viaggando per il mondo. A 21 anni mi sono sposata. Mio marito ed io abbiamo viaggiato e vissuto ovunque: Giappone, Italia, Germania, Inghilterra, Australia, Sud Africa. Nel ‘97 ci siamo fermati stabilmente a NY per una decina d’anni. Poi Miami, Dallas e infine la California dove pensiamo di restare. Ho iniziato a fare Triathlon per divertimento circa 7 anni fa. L’obiettivo era diventare professionista nel 2010. Amo il mio lavoro ed essere oggi una triatleta professionista è la cosa che più di ogni altra mi dà senso di libertà e piacere. C’è tutto il mio cuore e l’anima. Sono molto felice di poter fare quel che amo riuscendo nello stesso tempo ad avere una mia vita. Riuscire a combinare queste due attività a questo livello ritengo sia stato un grande risultato. Per il 2011 ho cose grandiose da svelare. Per ora non posso dire nulla ma preparatevi...

Born in Canada. Grew up doing every sport possible. Basketball, volleyball, track and field, and dancing. I also started competing in Tetrathon at age 5. (Swim, Run, Ride Horses, and Shoot)... that led to me picking up fencing which led to Modern Pentathlon. I competed for Canada starting at age 15. I went to Junior and Senior Worlds for Modern Pentathlon. At the same time I started Pentathlon I also got into modeling at age 15. Since then it became my job and I have traveled all over the world with it. I got married at 21. We traveled and lived all over the world. Japan, Italy, Germany, England, Australia, South Africa and the list goes on and on etc, and ended up in NY in 97. We lived there 10 years and then sort of did a 6 month stint in Miami, then 6 months in Dallas, then we ended up in California where we plan on staying. I picked up Triathlons for fun about 7 years ago and decided last year I wanted to take it seriously and take it to the next level, so last year I raced as an Elite Amateur with the goal of turning pro for 2010. My first year as a pro was an incredible experience. Now with that under my belt I look forward to this off season and getting my stuff together and coming out next year as a threat. I love my job. Being a Professional triathlete has been the most freeing and amazing thing I have ever accomplished. I’ve found my passion. There is so much sacrifice, heart, and soul that has gone into it and I am so grateful to be able to do what I love and make a living out of it. And not only that but to be able to tie in my profession as a model and combine the two has been the ultimate achievement. Next year I have some huge things on the way and can’t wait to tell everyone but I’m not allowed to until 2011... stay tuned. I can’t wait for next year!!!!

Alcune cose di me; Cibo Preferito: qualsiasi cosa con il Burro di arachidi, pizza italiana sottile e croccante. Yummmmm!!! Il Colore preferito: Nero. Il Luogo Preferito: Australia Mi piace ridere. Amo le persone che mi fanno ridere. Amo sognare. Credo che tutto sia possibile. Sono cresciuta in una fattoria in Alberta, Canada. Il sorriso riesce a far sembrare anche le cose più dure, nella vita, meno pesanti di quello che sono in realtà. Ho scelto sempre di guardare il lato positivo anche quando è difficile trovarlo. La vita è breve: perciò ogni giorno faccio il massimo!!! Un bicchiere di vino fa bene all’anima! Hmmmmm. .... che altro, che altro... ... oh, non mi resta più tempo devo andare a nuotare!

Some random things; Favorite Food: Anything with Peanut Butter, and Italian thin crust pizza. Yummmmm!!! Favorite Color: Black Favorite Place: Australia Love to laugh. Love people that make me laugh. Love to Dream. I believe anything is possible. Grew up on a farm in Alberta, Canada. Smiling makes even the hardest things in life not seem so hard. I always chose to look at the positive in life even when it’s hard to find. Life is short so I plan on making the most of every day I have!!! A glass of wine is good for the soul! Hmmmmm..... what else what else.... oh, no time left have to go swim!!

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“Fin dal 1927 stile, equilibrio, stabilità, armonia e forma sono le caratteristiche principali del mondo Milani. Storia e tradizione si fondono con una tecnologia all’avanguardia: ne risulta un look vintage e un capolavoro moderno. Per eleganti e tranquille gite in campagna, o per sfrecciare per le strade delle odierne metropoli con meno cambi improvvisi di direzione. Queste biciclette sono un “ibrido Rinascimentale” ad altissima prestazione, i cui telai in acciaio, alluminio e fibra di carbonio sono creati con cura artigianale.”

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Since 1927 style, balance, stability, fit, and form are the principal elements in Milani World. History and tradition blend with state of the art technology. The outcome is a vintage look and modern day masterpiece. For elegant leisurely jaunts in the country or urban speeding with less “check and turn” maneuvers in the big city, these bikes are a “Renaissance hybrid” of well rounded performance, hand crafted in steel, aluminium and carbon fiber frames.

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