L'INVENTORE DI GIOCATOLI - MAKING OFF DI UN LIBRO-GIOCO di Miriam Panieri

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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BOLOGNA

DIPARTIMENTO ARTI APPLICATE TRIENNIO FUMETTO E ILLUSTRAZIONE docente di indirizzo Luigi Raffaelli

MIRIAM PANIERI L’inventore di giocattoli work in progress del progetto di tesi

Relatore teorico Ilaria Tontardini

SESSIONE AUTUNNALE ANNO ACCADEMICO 2018/2019



Questo è quello che io cerco nei libri quando li apro, il pezzetto che è stato scritto per me, che mi spiega qualcosa di me. Qualcosa che possedevo già sotto la pelle, ma che non sapevo dire”. - Erri De Luca




Indice: introduzione CAPITOLO 1. Sissy-Boy 1.2 Le categorie dei giochi: infinite possibilità CAPITOLO 2. cos’è un libro-gioco 2.1 La Coccinella 2.2 Libri-oggetto, Munari e pre-libri, creatività senza confini volta ai più piccoli 2.3 I libri Pop-up 2.4 il Game-Book, un classico divertimento a forma di libro. 2.5 Libri-gioco, attività di gruppo 2.6 Esempio di PIBOCO e Tiny Trees come attività di gruppo CAPITOLO 3. L’essere “giocattolo”: Le mie scelte di gioco e i giocattoli per “L’inventore di giocattoli” 3.1 I materiali 3.2 La città del Sole 3.3 Le fasi di elaborazione: dall’idea al prodotto. 3.4 La struttura de L’Inventore di giocattoli 3.5 L’anello mancante: gli artigiani 3.6 Lapillo, il personaggio-guida 3.7 I quattro materiali declinati a giocattolo 3.8 Bambini, quali giochi ci piacciono? CAPITOLO 4. L’essere “libro”, testi di riferimento e caratteristiche narrative de “L’inventore di giocattoli” 4.1 I principali punti di riferimento: Hariett Russell, Delphine Chedru, e la triade “Come si fa una galleria d’arte”, “PFIPO” e “Krickel-Krakel Maschule”. 4.2 Libri per far muovere le matite 4.3 Il meccanismo del giropagina CAPITOLO 5. Mettere alla prova “L’inventore di giocattoli” esperienza laboratoriale a Borgo Indaco 5.1 Claudia Barone e gli artigiani del legno 5.2 Gli artigiani della stoffa, il caso Child’s own studio, Mostri113 e le Amicoccole 5.3 L’inventore di giocattoli a Borgo Indaco Conclusione Ringraziamenti Bibliografia e sitografia



Premessa Questo progetto di tesi è nato da diversi bisogni e desideri. È nato in un momento di crisi in cui faticavo a capire quale fosse la mia urgenza di raccontare, che era stata sempre molto forte, viva e cangiante durante il triennio di Fumetto e Illustrazione e paradossalmente incerta, quasi inesistente, nel momento in cui mi approcciavo alla tesi finale. Per argomentare questa tesi partirò dall’ esplorare gli elementi costitutivi di diversi libri-gioco al prendere in esame i giocattoli da cui tutto il mio progetto è partito, per poi passare ai punti di riferimento letterari de L’inventore di giocattoli ed infine approdare al mio laboratorio ludico svolto a Cesena, al campo estivo culturale Borgo Indaco. L’inventore di giocattoli è il mio primo libro-gioco ed è anche un libro di attività, in cui (e con cui) si impara a progettarsi un giocattolo da soli tramite una serie di scelte. Della struttura dello stesso, i giochi e i libri di riferimento parlerò nei diversi capitoli di questa tesi.


Introduzione Già da qualche mese prima dell’inizio del lavoro sulla tesi avevo cominciato a sentire il forte bisogno di entrare più profondamente dentro al mondo dei bambini e in particolare nel loro modo di giocare, di pensare, di percepirsi e di percepire le cose. In particolare, avevo iniziato a sentir forte l’istinto di giocare come una volta, infilarmi nei posticini, rintanarmi a leggere nelle tende degli indiani delle zone comfort di alcune librerie di oggi, di liberarmi e correre in un parco come una volta, sentendo l’odore dell’erba e dei pini, tornando a momenti di completezza tipici della mia infanzia. La cosa divertente di questo percorso di tesi è che, una volta fatto il primo passo, molti elementi di ricerca, spunti, risorse, ispirazioni ed opportunità sono venuti da me senza che li cercassi. Perciò questo è stato un percorso quasi naturale, dettato dall’istinto e dal ritorno al divertimento degli inizi, che è iniziato casualmente durante un viaggio in Olanda.


CAPITOLO 1. SISSY-BOY, EINDHOVEN, L’ISPIRAZIONE INASPETTATA

Sissy-Boy a Stationsplein nel cuore di Eindhoven è un perfetto esempio di genialità olandese applicata all’architettura e al design d’interni. In un negozio che rispecchia una delle tipiche modalità dei paesi Bassi: la multifunzionalità di un luogo. L’architettura in vetro che copre a 360° la struttura dà la possibilità di osservare i punti principali della città da angolazioni diverse sentendosi parte di un tutto che ruota attorno al negozio esteso su due piani. In più, questo store poliedrico rivoluziona il modo in cui i bambini interagiscono con uno spazio di gioco/ spazio-atelier: si possono provare vestitini in camerini che sono tende degli indiani, si leggono albi in una casetta di legno lì accanto, ci si mescola col design di amache, divani e poltrone che sono d’arredo ed anche acquistabili e, cosa assolutamente inaspettata, ci sono tanti giocattoli di alta qualità a portata di mano. Il che è sarebbe molto difficile in una catena italiana non specializzata in giochi. Una qualità che come vedremo è determinata dai materiali ed anche dal senso e dalla funzione del gioco stesso. L’area giocattoli di Sissy-Boy è piccola ed è il luogo in cui è iniziato tutto: lì sono stata catturata dai primi giocattoli intelligenti e green di questa ricerca. Toccandoli con mano sono ritornata ad uno stato di gioco e di stupore infantile, alternato alla stima nei confronti dei creatori, principalmente i Green Toys statunitensi e Plan Toys tailandesi. Se l’Olanda è stato il posto, il tatto e la vista sono stati i sensi con cui ho iniziato la mia ricerca. Gli stessi giochi visti da Sissy-Boy quel giorno, quali il sottomarino di plastica riciclata Green Toys, il coccodrillo trainabile Plan Toys ed altri animali di legno della Bajo mi hanno ispirato a fare un progettolibro su la costruzione del giocattolo e le sue varie fasi di elaborazione. Accompagnato da l’amore e l’attenzione per un prodotto per piccoli e al divertimento nelle scelte del processo.


1.2 Le categorie dei giochi: infinite possibilità Lo step successivo è stato quello di una ricerca più approfondita tramite i siti web delle principali marche di giochi viste in Olanda. È bastato poco tempo per capire come la creazione di un gioco desse infinite possibilità riguardo temi, materiali, tipologie di gioco, ecc. Ho riscontrato così la divisione in alcune categorie primarie tramite Greentoys.com: giochi da bagnetto, giochi da nanna, giocattoli da compagnia, giochi da esterno. E l’età dell’infante, il materiale e la grandezza del gioco come filtri per determinare la forma e gli usi del balocco stesso. Le categorie sono state in realtà anche il primo problema della tesi: tanto utili a fare ordine quanto a limitare le possibilità di scelta (pagina per pagina) nel libro-gioco che sono andata a creare. Quello che amo del mondo dei giochi è la sua immensa varietà, e l’idea di poterlo illustrare creando un percorso da far intraprendere al lettore con tante scelte allettanti mi ha esaltato fin dal principio. Ma per poterlo strutturare ci son voluti dei compromessi e vari studi. Quando ho capito che volevo creare un libro-gioco, ho proceduto con la creazione di un menabò per testarne struttura e forme. Successivamente ho cominciato a frequentare assiduamente la Sala Borsa Ragazzi per guardare vari libri sui giocattoli, game-books e libri-gioco in generale.

CAPITOLO 2: CHE COS’È UN LIBRO-GIOCO “All’inizio della nostra esperienza editoriale usavamo il termine inconsapevolmente futurista di ‘oggetti’ che ci sembrava improprio e faceva torcere il naso a molti. Parlare di oggetti riferendosi ai libri-gioco, non è sufficiente.” 1 Questa una prima considerazione di Loredana Farina riguardo i libri-gioco. “I libri-gioco sono infatti ‘oggetti di confine’: non sono solo libri, anche se ne mantengono spesso l’aspetto esterno, e non sono completamente giocattoli. Sono mutanti e la loro caratteristica è che il cartone di cui sono fatti non ha funzione di supporto su cui stampare parole e immagini, ma è una struttura, una forma, ed essa stessa comunica messaggi conoscitivi ed emozionali, racconti da esplorare con gli occhi e con le mani.”. 2 Loredana Farina ne parla in Il libro-gioco, un piccolo saggio che ripercorre come una carrellata intima ed importante l’esperienza unica di questa grande signora, che insieme ad altri quattro soci fondò la casa editrice La Coccinella. Questa Casa editrice, è stata la prima in Italia a produrre libri di questo tipo ed è famosa in tutto il mondo per la sua audacia e caparbietà nel costruire inediti libri-gioco e libri-oggetto per piccolissimi (0-4 anni). Io ho avuto la fortuna di incrociare le loro creazioni nel momento perfetto: quando La Coccinella era già cresciuta ed io no, e perciò ho vissuto i suoi libri a 360° e ancora conservo qualche ricordo di quel primo impatto. Sebbene il mio libro-gioco non segua la modalità di quelli de La Coccinella, il loro caso è il primo che voglio prendere in esame per parlare di libri-gioco in senso identitario. La rilettura del loro lavoro è stata alquanto piacevole, nonché molto utile per orientarmi con la mia tesi. Se c’è una cosa che accomuna i diversi tipi di libri-gioco di cui parleremo è proprio quella che dice la signora Farina: “Una lettura da fare con tutti i sensi. Si può dire che i libri-gioco siano insieme contenitore che contenuto.” 3 Ed è soprattutto l’esperienza tattile che ritengo li distingua da tutti gli altri tipi di libri. Nei due paragrafi seguenti tratterò dei libri gioco per età prescolare, in cui la tattilità è molto forte e la narrazione molto semplice.

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Farina, L., Il libro-gioco, Milano, 2004. Op. cit. Op. cit.


2.1 La Coccinella Nel caso de La Coccinella, il cartone con cui sono fatti e la spirale per la rilegatura li rende oggetti a 360°, che si possono tenere comodamente in piedi su un tavolo ed ammirare tutto attorno. In secondo luogo, sempre grazie alla spirale, le singole pagine hanno vita propria quando le si sfila e li si utilizza singolarmente, talvolta come schede di gioco o attività. Una trovata interessante svelata dalla stessa Loredana Farina in una conferenza alla Bologna Children’s Book Fair 2018 a cui presenziai anche io. Ma La Coccinella non si è limitata solo ad utilizzare il cartone rendendo adatti i propri elaborati a mani piccole e inesperte, ha anzi col cartone giocato e rotto barriere, creando veri e propri buchi. I grandi lavori di cartotecnica come nella collana gioca e scopri, le fustellature perimetrali che fan muovere le cose e scoprire figure in libri come che fifa nel castello, i buchi concentrici in cui infilare dita del celebre Brucoverde e il gufo e gli altri li han resi celebri fin dalle prime collane del 1978, poco dopo la loro fondazione. Nei libri de La Coccinella dunque, il medium è parte fondamentale della narrazione. Ci si gioca e serve per imparare, scoprire, contare, lasciarsi ammaliare dal meccanismo della ripetizione talvolta con sorpresa finale e poi iniziare tutto da capo. La caratteristica sul medium citata sopra appartiene a tutti i tipi di libro-gioco, seppur in quantità e maniera diversa. 2.2 Libri-oggetto, Munari e pre-libri, creatività senza confini volta ai più piccoli “Un libro-oggetto è un prodotto complesso costituito sia da elementi testuali e tipografici che da elementi artistici. Il libro-oggetto è generalmente pubblicato in poche copie, concepito come un pezzo unico, un libro d’artista o un prodotto per la prima infanzia. Esistono diversi libri-oggetto per la primissima infanzia.” 4 Essi son costituiti da materiali extra cartacei che diventan narrativi. La presenza di fili, corde, piccoli oggetti all’interno del libro fanno procedere nella lettura in modo originale e ludico. La fascia d’età 0-4 anni è particolarmente adatta a beneficiarne, in quanto si approccia con curiosità all’oggetto-libro, senza poterne però decodificare il testo. Come farle godere di un’esperienza di lettura? La risposta è semplice, tramite i prelibri. Questi particolari libri-oggetto sono fatti di materiali resistenti ed “innovano le esperienze di lettura mescolando il tatto con la vista. 5 Un esempio celebre è quello dei dodici I Prelibri di Munari (1979). Sono dei libri tutti della stessa dimensione, quadrati,piccoli e realizzati in materiali diversi: cartoncino, panno, plastica, legno, spugna. Hanno un’unica scritta in copertina: LIBRO, che si ripete anche nella quarta di copertina ma sottosopra. L’esperienza tattile è qui scontata: sono fatti solo di se stessi, non hanno parole e guidan da sé la narrazione, tramite la propria forma, i buchi e le forme all’interno. Oltre al tocco, i protagonisti sono la vista e il piacere della scoperta. Trasmettono il senso del libro a chi ancora non sa leggere: aprirlo, conoscerlo, finirlo e poi poterlo rivivere all’infinito riniziando dalla quarta di copertina. A sostegno di ciò aggiungo la recensione che il giornalista Roberto Clever fa del lavoro di Munari: “Bruno Munari ha sempre voluto favorire la creatività spontanea del bambino producendo oggetti semplici con molteplici possibilità di utilizzo. Il fare, la sorpresa e la meraviglia sono per Munari i motori della conoscenza. I suoi libri non sono solamente oggetti da leggere, ma libri-gioco da toccare e da scoprire, a volte con giochi tattili, con finestre da aprire come Toc Toc o texture diverse come I Prelibri; liberati dai vincoli della rilegatura diventano scatole gioco dove raccogliere una serie di elementi combinabili tra loro in tanti modi diversi (Trasformazioni, Più e meno, ABC con fantasia), da smontare e rimontare per costruire qualcosa di unico e nuovo.” 6 4 5 6

Livre Objet pour la jeunesse, Wikipedia, https://fr.wikipedia.org/wiki/Livre-objet#Livre_objet_pour_la_jeunesse Op. cit Roberto Clever, Siamo come in un Dopoguerra, per questo tornano i giochi di Bruno Munari, CieloTerradesign.com.


Un giorno alla libreria per ragazzi di Milano (la prima in Italia per bambini) L. Farina vede una mamma col bimbo di pochi anni entrare. “Il piccolo sgattaiolò verso gli scaffali con in mostra anche i primi Libri coi buchi e infilò immediatamente il ditino nel buco della mela. Quel gesto mi folgorò. Per me fu la prima e più importante ricerca di mercato sul campo.” ( foto, didascalie e citazione da Il libro-gioco, L., Farina, Milano, 2004)

Sui prelibri di Munari: Sono dei piccoli libri quadrati pensati per i bambini non ancora in grado di leggere. Il suo obiettivo era quello di creare un “campionario di sensazioni”, dei libri attraverso i quali il bambino apprende compiendo delle esperienze sensoriali. foto tratte da il catalogo di Danese, azienda design che ha lavorato molto con Munari ed Enzo Mari,dal dopoguerra in poi.


2.3 I libri Pop-up I libri pop-up sono una tipologia che a fatica definisco come libro-gioco ma che ne presenta alcune qualità. Essi e quelli del prossimo paragrafo sono i libri-gioco prediletti nell’età scolare, in cui la tattilità si riduce e la narrazione è meno elementare. I pop-up sono anche i più celebri tra i genitori, tanto che tutti gli adulti a cui ho detto che stavo progettando un libro-gioco si sono prefigurati immediatamente che fosse di questo tipo. Si basano per lo più su una sorpresa che avviene ciclicamente ad ogni giro-pagina. Sono spesso delicati e inadatti ai più piccoli. Qui è un utilizzo magistrale della cartotecnica che li accomuna ai libri-gioco di tipo La Coccinella. Anche se nei primi la si usa per sviluppare volumi che si auto-erigono nella pagina e nella seconda per svelare elementi della pagina stessa. La cosa interessante è che se ne trovano sui più svariati temi: da fiabe classiche ai libri che raccontano le qualità strutturali di un oggetto. Un celebre esempio di quest’ultimo è Pop-up Merveilles di Caillou (illustrazioni) e Charbonnel (cartotecnica) e Von Rosenschild (testi). Con il suo essere libro-oggetto 3D, esso esalta e rappresenta tra i monumenti più famosi al mondo per la loro bellezza. Questo è, a mio avviso, il modo più intelligente di usare un pop-up. Tramite le forme, gli angoli e i dettagli architettonici rifatti con la carta, si può assaporare la rappresentazione di un monumento nella sua totalità e col suo, seppure in piccolo, volume. Ciò sarebbe impossibile con un disegno bidimensionale, neanche col più realistico al mondo. Pop-up Merveilles svela quindi monumenti come il Colosseo, il Taj Mahal, le piramidi di Giza , la statua della Libertà che si staglia in altezza e la magia, come accennato prima, accade sempre nei giropagina. Lì prende vita un mondo che poi si richiude per far spazio a quello successivo. Il continuo stupore accompagna l’eccitazione del sapere che la sorpresa si ripeterà ma non ne sappiamo la forma. Questo è un continuum che si trova in tutti i libri pop-up, qualsiasi soggetto trattino. Robert Sabuda, maestro indiscusso del pop-up, si concentra invece sul riadattamento di vecchi classici. Con le sue trovate scenografiche, oggetti nascosti e persino l’uso di stoffe, stravolge la propria narrazione, che avviene tramite i sensi del tatto e della vista. Tra i suoi titoli migliori vi sono Peter Pan, Alice nel paese delle meraviglie e La sirenetta. Sono lavori magistrali, con più di un pop up per pagina. Il testo è spesso situato in un mini libricino all’interno della pagina. Sfogliando le facciate dello stesso, si trovano molte animazioni secondarie. La struttura dei suoi libri è dinamica ed anarchica e l’autore porta il genere pop-up ad un nuovo livello. Infine, sono pochi i libri pop-up a tema poetico come Little Tree di K. Komagata, in cui si segue, pagina dopo pagina al lento al susseguirsi delle stagioni e al ciclo di crescita di un singolo alberello, che con la sua ombra, qualche foglia e uccellino, è l’unico soggetto rappresentato in tutto il libro. Lo stile delicato delle illustrazioni e il ritmo che si crea lo rendono unico nel suo genere, nel quale di solito si trovano titoli più scoppiettanti e vivaci. In conclusione, al contrario degli altri libri-gioco, i pop-up sono “un pezzo unico” a cui non si possono staccare parti, riattaccare, colorare o modificare. Vi si interagisce come davanti ad un bello spettacolo teatrale ed è proprio nel suo essere un “pezzo unico” che ai miei occhi perde un po’ di valore e si avvicina di più ad essere un oggetto che un libro-gioco.


In Pop-Up Merveilles ogni monumento è accompagnato da un testo informativo e di bella grafica.

Sabuda, R., Alice nel paese delle meraviglie (Mondadori,2006) , Peter Pan (Rizzoli,2009) continua sorpresa mentre la narrazione avanza. In Alice ci sono spirali di carta in cui guardare dentro, e finestrelle con oggetti 3D nascosti.


2.4 il Game-Book, un classico divertimento a forma di libro. La tipologia Game-book è stata la prima in cui io mi sia imbattuta come piccola lettrice. È molto diverso dai libri-gioco trattati finora ed è più affrontato più all’estero che in Italia. In genere è una tipologia che ha sempre prodotto titoli interessanti, spesso legati al tema delle avventure e dei labirinti. Questo perché i game-book sono dei veri labirinti in sé. La loro prima regola è che non si sfogliano in modo classico ma si salta avanti e indietro tra le pagine muovendo la narrazione a proprio piacimento. Ciò avviene alle volte alla cieca (si hanno due opzioni grafiche che non si sa dove porteranno, Il castello dei Pericoli) e altre con la consapevolezza parziale di quello che accadrà dopo (D. Chedru, Missione Marte). La loro struttura è molto vicina a quella del mio L’inventore di giocattoli e tra gli autori più affermati a cui ho fatto riferimento ci sono Delphine Chedru e P. Graham. I loro game-books, come nella maggior parte dei libri del genere, hanno una forte struttura narrativa: una storia complessa con protagonisti riconoscibili in cui ci si identifica e si muove come pedine in un gioco da tavolo. Già una grande differenza coi libri-gioco di tipo La Coccinella, coi quali non condividono neanche il pubblico. I game-books infatti, come i pop-up, attirano bambini più grandi, che sanno leggere bene da soli e che magari hanno già esperienze di giochi da tavolo e videogiochi. Un’esperienza di lettura dagli otto anni in su, stesso target scelto per il mio libro. Un’altra cosa che generalmente accomuna i game-books è che alcune scelte che si vanno a fare portano a trappole o attività. Nel caso delle prime si può finire in veri vicoli ciechi che ti fanno iniziare tutto da capo, evidenziando che nella struttura del libro ci sono scelte giuste ed altre meno giuste. Nel caso delle attività, quando ben giostrate, contribuiscono all’esperienza tattile col libro e ad un piccolo insegnamento che fa avanzare nella storia. Nello specifico, nel caso di D. Chedru, viene spesso usato il metodo di far toccare le cose, contandole sulla pagina e scovandole con mano. Altre volte gli elementi da trovare si mimetizzano graficamente con altri, rendendo la ricerca più stimolante e invitando la concentrazione. Questa operazione le viene bene col solo aiuto della grafica: senza il bisogno di finestrelle e aggiunte di carta che nasconda elementi sottostanti. Esempi di queste pagine si trovano nel suo Orient Express dove a pagina 15 “Un ricco mercante ha noleggiato una nave in partenza per l’Est. Sfortunatamente si è dimenticato di far provviste di viveri. Trova i cinque pesci nascosti nell’immagine così i nostri eroi potranno imbarcarsi”.

Chedru, D., Orient Express, Franco Cosimo Panini, Modena, 2014. copertina e interni. Si possono notare le sue trovate grafiche utili per l’avanzare nella storia ed essendoci elementi piccoli e nascosti, per l’interazione sensoriale col libro.


La Giungla dei pericoli e Il castello della paura di Burston e Graham, molto più che i libri di Chedru, vanno ad esclusione. Ogni doppia pagina ha una scelta alla cieca, partendo dal presupposto che “i tuoi amici si sono persi nel castello della paura” e che “tu dovrai ritrovarli e poi scoprire una via di scampo. Avrai per compagna una scimmietta che combinerà dei guai” 7 e ogni scelta compiuta porta avanti fino ad un certo punto in cui ci si blocca perché tutte le scelte possibili nel libro a parte una sono sbagliate. E così si riparte dall’inizio e a ritroso si dovranno affrontare altri tranelli e percorsi diversi, sfruttando più o meno tutte le possibilità del libro. Ci si perde come può capitare in un vero castello e si affrontano intricati labirinti con le dita e giochi di astuzia per non farsi scoprire e cercare di salvare gli amici che son davvero ben nascosti nel libro! Questa modalità narrativa è molto divertente ed è simile a quella degli escape book per adolescenti e adulti. Sebbene il mio inventore di giocattoli sia costruito come un game-book, non esiste un’unica soluzione giusta. Solo, tante possibilità di creare e partecipare al gioco inserendo i propri disegni nel libro. In sintesi, i game-books sono i più concettuali tra i libri-gioco. È molto importante leggerne le istruzioni. E se i pop-up sono più vicini alla scenografia, essi lo sono di più ai videogiochi. 2.5 Libri-gioco, attività di gruppo Il bello dei libri-gioco è che ci si può giocare sia da soli che in gruppo, con giocatori di diverse età, anche adulti. Quest’ultimi, in questa tipologia di libro non hanno la chance di ricoprire un ruolo privilegiato sul bambino, essendone invece alla pari davanti alle scelte, le trappole e percorsi da fare. Di un gioco in cui ad ogni azione corrisponde una reazione, si può di certo dire che sia quello che si avvicini di più alla realtà della vita quotidiana. Ricordo bene quando nel 2014 ho lavorato come tirocinante al campo estivo culturale di Hamelin tenuto a Bologna in cineteca: un gruppo di bambine tra 7 e i 9 anni stava leggendo-giocando a La principessa Attacco di D. Chedru e in una delle doppie pagine, la protagonista trovandosi in difficoltà si avvaleva dell’aiuto di un amico. È stato a quel punto che Bianca (7 anni), evidentemente nel mezzo del gioco ma anche dell’esperienza della condivisione disse esattamente: “Gli amici sono una cosa bellissima, dico davvero.” Per sua duplice natura, il Libro-gioco si schiera ben due volte come perfetto candidato per attività di gruppo. Nel primo caso, avendo la connotazione di “gioco”, tradirebbe la sua natura se fosse esclusivamente solitario. Nella sua condizione di “libro” invece, è portatore di una particolare magia che rende la condivisione un vero piacere per il lettore. L’interazione del lettore con un libro che “ti parla” stimola la curiosità e giocosità, insieme alla voglia di farlo conoscere agli amici. Nei libri e nei libri- gioco ciò avviene quindi grazie al patto segreto tra l’autore e chi legge, che pagina per pagina diventa complice di meccanismi e segreti troppo intriganti per non essere condivisi. Infatti, se c’è una cosa che i bambini amano fare, oltre alla ripetizione infinita di una stessa attività è l’insegnamento della stessa a chi ancora ne è estraneo, come ad esempio un fratellino minore. Questo speciale “strizzare l’occhio” tra bimbo e scrittore avviene tramite quello di cui Nicoletta Gramantieri parla in Ad occhi aperti, un saggio di Hamelin associazione culturale che parla di saper leggere l’albo illustrato e i suoi aspetti.

7 Burston,P., Graham, A., “Il castello della paura, un tuffo nell’avventura”, Editrice Piccoli, 1986. Questi game-books nascono in un’epoca in cui i videogiochi non avevano ancora preso il sopravvento sui libri per ragazzi.


Nello specifico, nel capitoletto dedicato a “il testo e il suo lettore” lei parla di un titolo per lei perfetto per mettere in luce il rapporto del narratore col testo. Si tratta di “Un libro” di Hervé Tullet, dai pochi elementi grafici (pallini colorati) e testi dai chiari comandi. “Il testo, pagina dopo pagina, ci chiede di sfregare, battere, scuotere il libro, inclinarlo verso sinistra, soffiare e sulla pagina che viene dopo troviamo sempre una reazione alle nostre azioni. Le bolle si moltiplicano, si spostano, si sparpagliano.” 8 Ci si avvale quindi del giro-pagina per far funzionare un meccanismo. “Ho mostrato il libro ad adulti e bambini e l’effetto è sempre coinvolgente” scrive Gramantieri. “A nove anni commentano: ‘è come se mi dicesse quello che devo fare’ A quattordici i ragazzi sorridono dicendo: ‘è come se fosse interattivo’. ‘È come un gioco’ puntualizzano gli adulti. È interessante fare questo in gruppo: ognuno desidera dare voce alla propria esperienza e farlo insieme fa nascere o rafforza quel senso di appartenenza significativo dell’essere lettore. I bambini e i ragazzi amano parlare di come ci si metta d’accordo con chi narra, sospendendo incredulità e accettando di collaborare con la messa in scena (…) . È quindi chiaro che un lettore troverà piacere nella lettura di un libro se comprenderà l’intenzione dell’autore, se sarà in grado di rispondere alle sollecitazioni del narratore e avrà a poco a poco evidente il disegno generale intessuto dalla trama”. 5 2.6 Esempio di PIBOCO e Tiny Trees come attività di gruppo Entrambi sono prodotti digitali d’eccellenza per bambini, che integrano una parte narrativa ad una componente ludica, di interazione o di attività al di fuori del libro /app. Li ho potuti conoscere nell’area “Digital Café” alla Bologna Children’s book fair 2019, appuntamento attesissimo e vitale per chi vuol lavorare nel mondo dell’editoria per l’infanzia. E tra le altre cose, la piccola parte interattiva del mio libro si è definita in seguito ad incontri ed esplorazioni di quell’area. PIBOCO è una pioneristica piattaforma di libri per bambini che ospita e-books game books e libri AR (dalla realtà aumentata). I loro sono dei veri ibridi digitali con animazioni, trame strutturate e l’impossibilità di avanzamento nella lettura senza un intervento del piccolo lettore. Un esempio è l’e-book AR Mia et le merle (Mia e il Merlo) di Angelica Inigo in cui, come in una sorta di Cappuccetto Rosso moderno la protagonista attraversa il bosco fino a trovarsi bloccata dal vento. L’unico modo per uscire da quella situazione è che il lettore che spinga indietro il vento col dito aiutandola ad avanzare. Prima dell’attraversata oltretutto, è proprio il lettore che la aiuta a scegliere gli oggetti da porre nella cesta, prefigurando insieme a Mia l’avventura. I libri di PIBOCO, per le loro caratteristiche, sono accomunabili ai libri che ha preso in esempio Gramantieri parlando di attività di gruppo e scoperta del meccanismo. Quello di Tiny Tree Universe, uno dei migliori prodotti firmati Tiny Cosmonauts, è un caso simile. È la completezza della sua ibridità che mi ha conquistato. La protagonista Nora e il suo papà si occupano di proteggere un piccolo seme e di curarlo fino a farlo crescere. Con l’albo cartaceo si entra nel loro mondo e nella loro storia, poi la App intrattiene ed insegna sull’ecologia. Infine, tramite la app ci sono spunti per le attività all’aria aperta. Su la cui importanza, Tiny cosmonauts spinge molto. Ogni anello è collegato all’altro e si punta su la natura la sua comprensione, completando il cerchio tramite giochi in giardino. È logico che anche in questo caso ci sia la presenza di genitori, educatori e altri bambini con cui imparare e prendersi cura dell’albero di Nora. Per una condivisione di gioco e lettura felice. 8

Hamelin, Ad occhi Aperti. leggere l’albo illustrato, Donzelli, Roma, 2012.


“Tiny Trees is a TRANSMEDIA EXPERIENCE that includes a game, a storybook, an ebook and activities, all of which are connected to, and complement, each other. With the Tiny Trees universe we encourage the love of nature and respect for the environment, encourage reading, individual and cooperative play, and the use of games in the learning process. Learn with the storybook, Interact with the e-book, enjoy the game.” foto e citazione da tinycosmonauts.com/en/tiny-trees-en


CAPITOLO 3: L’ESSERE GIOCATTOLO: LE MIE SCELTE DI GIOCO E I GIOCATTOLI PER “L’INVENTORE DI GIOCATTOLI” Come accennavo nel paragrafo 1.2, categorizzare la marea di ottimi giocattoli visti sul sito www.greentoys. com e www.plantoys.com è stata una delle prime operazioni che ho fatto in questo percorso di tesi. La principale problematica era: come far percepire le infinite possibilità di giocattoli in un libro che comunque deve avere un inizio ed una fine? Inserendovi oltretutto un meccanismo di gioco all’interno, facendolo diventare metalinguistico? 3.1 I materiali I quattro materiali di cui L’inventore di giocattoli si serve per progettare assieme al bambino, sono: la plastica riciclata, il legno, la carta e la stoffa. La scelta di essi è stata, oltre a quella delle categorie, la prima veramente importante per il libro-gioco e la sua struttura. Essi rappresentano rispettivamente: una variante green di un materiale di cui si fa abuso, due materiali naturali ed ecologici ed un materiale morbido e malleabile, adatto ai più piccoli. Aggiunto anche per includere nel mio libro tutto ciò che riguarda travestimenti, i giochi di ruolo e i rifugi semplici.

3.2 La città del Sole Un giorno, passeggiando tra le vie di Firenze, mi son ritrovata davanti uno degli stores più belli della Città del Sole. Questa catena ha avuto un grande impatto sulla mia tesi e sul mio immaginario di giocattoli disegnati dentro alla tesi. Infatti, sebbene L’inventore di giocattoli porti il bimbo ad immaginare, inventare e disegnare un gioco che prima non c’era, le pagine che lo costituiscono non sono tele immacolate. Ho creato invece un progetto-libro in cui siano il gioco e il divertimento a circondare il lettore, senza sopraffarlo o distrarlo. Solo, ad ispirarlo e farlo sentire nel mezzo di ciò che gli piace e che è stimolato a costruire. Anche per questo la mia scelta è ricaduta su la Città del Sole per l’ispirazione a giochi dal design semplice e di tipo classico (cavalli a dondolo, costruzioni, puzzles, trampoli, orsetti di peluches). Come icone semplici a cui guardare, senza doverle per forza imitare. Sarebbe pretenzioso dire di esser riuscita a rendere col libro la stessa sensazione che io ho avuto entrando questo inverno a La città del Sole fiorentina. Spero solo che i piccoli lettori-inventori che ne usufruiranno ne godranno come si gode in una stanza tutta piena di giochi diversi che aspettano te per prendere vita. Parlando con uno dei commessi del negozio, ho appreso che le principali qualità che La città del Sole pretende dai propri fornitori sono: la sicurezza, la funzionalità (il gioco deve sempre essere utile ad apprendere e/o a creare qualcosa) e l’ecosostenibilità.


Osservando in modo diretto i giocattoli, la mia ispirazione, che era iniziata solo con due o tre marche, si è notevolmente ampliata. Da questa osservazione sul campo ne ho dedotto che tutto il mondo si può ridurre a giocattolo e che il mio scopo sarebbe stato trasmettere questo divertimento del ricreare a mo’ di gioco ogni singola cosa del mondo. Le marche di giocattoli intelligenti e green aggiunte alla lista dalle ricerche in Italia sono state: Egmond Toys, Mecaniwood (tante linee di giochi in legno da assemblare), Janod, Legler, i giocattoli IKEA e la fantastica linea Il Gioco Creativo. La quale “privilegia giochi tradizionali e intramontabili, che non possono mancare nello sviluppo cognitivo e motorio del bambino, in una versione in cui la grafica non sovrasti la giocabilità, ma ne sia al servizio.

Con la semplicità come base per liberi sviluppi successivi (del bambino, n.d.a).” 9 3.3 Le fasi di elaborazione: dall’idea al prodotto. Osservare dei giocattoli e capire che rispetto ad altri funzionano di più o di meno va di pari passo nel chiedersi, nel complesso, a cosa sia dovuta la qualità di un gioco. Ebbene, quando li si ha davanti la risposta è abbastanza intuitiva, è una questione di SCELTE. La qualità infatti deriva dal materiale, ma anche dalle scelte di designer e creatori. Il “cosa fare e come farlo” è qui fondamentale, non solo perché si tratta di prodotti per l’infanzia, ma perché avere i mezzi per costruire significa aver anche la responsabilità di contribuire a migliorare il mondo. Anche il microcosmo come il giocattolo. Ci sono state fasi nella storia (e forse in certe aree geografiche è ancora così) in cui gli unici costruttori di giochi per bambini erano i bimbi stessi. Con materiali di recupero o riciclo, era difficile che non avessero le idee chiare su cosa servisse loro per intrattenersi e scoprire. 9

www.cittadelsole.it/it/brand/il-gioco-creativo


Questa consapevolezza non manca di certo anche oggi, per lo meno ai bambini dai 6 anni in su, però è il contesto ad essere totalmente cambiato. Oggi è tutto a portata di mano, dai prodotti più scadenti ai migliori. E la loro naturale capacità di decidersi il balocco è stata placata da molti filtri tra cui la tv e i genitori. L’inventore di giocattoli cerca di spazzare via tutti questi filtri. Il primo titolo che avevo pensato era appunto Gioco! Come ti costruisco? E la risposta è sempre quella: tramite una serie di scelte. Dopo una preliminare ricerca sul web ho constatato che le fasi di progettazione di un giocattolo e gli elementi considerati sono i seguenti: 1) l’idea 2) scelta del materiale e sicurezza del prodotto 3) età dei bambini 4) tema del giocattolo 5) il disegno dello stesso 6) scheda descrittiva del prodotto 7) presentazione del progetto (disegno+ scheda) e feedback 8) lavoro di squadra e realizzazione 9) regalo o vendita 10 3.4 La struttura de L’INVENTORE DI GIOCATTOLI Nel mio libro-gioco queste fasi andavano tradotte in senso pratico e semplificato, quindi ho deciso limitare le “grosse” scelte a due: la scelta del materiale (prima assoluta nel libro), seguita dalla conoscenza ed esplorazione dello stesso e poi la scelta di un tema per il proprio giocattolo, relativo a quel materiale. Ho tenuto conto del fatto che alcuni materiali si prestano per certi tipi di giochi ed altri per nulla, inserendo dei “tranelli” e dando la possibilità di ripensarci e riniziare da capo. Ad esempio, facendo tornare indietro come tipico dei game-books, quando si sceglie il tema del bagnetto per i giochi di stoffa. La pagina in cui si finisce è un vicolo cieco e ricorda che la stoffa affonda subito in acqua. La scelta dell’età è stata tolta in quanto il bambino progetta qualcosa per se stesso. I punti cinque e sei della lista sopra coincidono col momento più importante del libro, ovvero la doppia pagina il quaderno dell’inventore. Il punto di arrivo in cui si dà sfogo alla creatività. 3.5 L’anello mancante: gli artigiani Durante questi processi decisionali non ero convinta che quello che avrei offerto con l’inventore di giocattoli sarebbe stato abbastanza. Mi spiego, la mia domanda era simile a quella che mi poneva il mio primo relatore: “Alla fine del libro il giocattolo lo si ha in mano?”. Il “no” che ne seguiva mi aveva fatto venire un’idea: proporre ad alcuni artigiani e giocattolai della penisola di partecipare a L’inventore di giocattoli. Ho ricevuto molte risposte positive e del loro lavoro e della nostra collaborazione parlerò meglio nel capitolo cinque. 3.6 Lapillo, il personaggio-guida Lapillo, il personaggio guida del mio libro, si è delineato man mano che ci lavoravo. Essendo il libro-gioco pieno di comandi e imperativi che consigliano al lettore quale strada prendere e fanno saltare da una pagina all’altra, (che per chi approccia ad un game-book per la prima volta risulta spaesante) c’è stato bisogno di un filo conduttore e una presenza continua per non far perdere l’orientamento. Tratterò meglio della figura di Lapillo nel capitolo successivo. 1

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www.hallab.co.jp/ita/create/process/01/ , www.borgione.it/blog/come-nasce-un-giocattolo


La pagina Il quaderno dell’inventore e sotto Lapillo che si presenta ed introduce il libro.


3.7 I quattro materiali declinati a giocattolo

Riprendendo il filo dal paragrafo 3.3, il significato dei quattro materiali declinati a giocattolo è imprescindibile e cambia in ognuno. STOFFA: “travestirsi è per i bambini un’attività ludica che non si riduce al carnevale ma riguarda un bisogno primario che coinvolge il bello del far per finta: l’avventura del cambiare identità e la sfida del nascondersi “dietro una maschera”. 11 Quindi le due parole chiave legate a questo materiale sono: trasformarsi e travestirsi. La terza è nascondersi, laddove il gioco di stoffa non sia un indumento a tema ma un rifugio morbido come una tenda o un fortino. Il “fare finta” è perciò un continuo creare personaggi, che il bambino incarna in sé travestendosi o personifica in giocattoli di compagnia, come quello per antonomasia: il peluche. L’amore verso questi personaggi / alter ego è tanto intenso quanto lo stupore di qualsiasi adulto che osservi un bambino giocare a “fare finta”. Forse è questa la vera cortina tra infanzia ed età adulta, in cui una fantasia così costruttiva e coinvolgente della prima difficilmente trova terreno nella seconda. Per queste caratteristiche della stoffa-giocattolo, nel mio libro e nella sezione dedicata alla stoffa le due pagine di costruzione-gioco sono una sull’inventare un personaggio da zero e l’altra una guida semplice alla realizzazione di un fortino di stoffa. LEGNO: Il legno è naturale e, come scritto nel catalogo della città del sole, “le qualità sonore del legno, così come la delicatezza del cotone e la leggerezza della plastica, hanno un ruolo ben preciso fin dalla fascia 0-3 anni.” È scientificamente provata la superiorità del legno e la sua vitale importanza come materiale di un gioco. La manipolazione di qualcosa di naturale e la semplicità dei giocattoli in legno fanno sì che esso sia particolarmente adatto a giochi modulari, d’incastro, da montare e smontare e quindi elaborare. Giochi insomma, con una struttura componibile e modificabile che spesso conquista i bambini. Abituati invece al giocattolo come ad un “blocco” unico. Ho improntato questa sezione quindi sulle costruzioni, oltre che sui trasporti (trenini, treni, carretti porta giochi, trampoli) e sui set di attrezzi e oggetti tipici dei giochi sui mestieri. PLASTICA: le sue tre parole chiave da me delineate sono: forza, resistenza, temprabilità. La cosa affascinante della plastica e la stessa che ne ha sancito la spropositata produzione è la sua capacità di essere tante “cose” diverse e l’aver tante consistenze e colori diversi (dal nero al trasparente, dal leggerissimo ad essere un pezzo pesante e strutturale). Essendo io molto presa dalla causa ambientale ho voluto per prima cosa far progettare esclusivamente con plastica riciclata e poi di relegare le possibilità di invenzioni in plastica ai soli giochi in cui essa fa la differenza. 11

il catalogo de La città del Sole

In alto: Pippi Calzelunghe by Pandora Creazioni e un gioco costruito dagli artigiani de La Tana Dei Tarli


Perciò in quelli da esterno e ai giochi d’acqua, che fatti di legno non sarebbero ottimali. Un’ ultima parola chiave di questo materiale è quindi manipolazione. Perché sintetizza il destino di sostanza artificiale che nasce già manipolata e che spesso è già frutto di una seconda vita che poi potrà trasformarsi in terza. Per trasmettere questa particolarità a cui credo la maggior parte dei bambini sia estranea, ho improntato la pagina-gioco di questo materiale sulle vere fasi di riciclaggio di una brocca di latte che diventa un camion gioco firmato Green Toys. CARTA: manualità, creatività, manipolazione artistica semplice. Piegare e ripiegare, strappare, incollare, tagliare accuratamente o anche solo aggiungere pigmenti. Queste sono tante delle cose che permette la carta. La carta è un mondo immediato ed accessibile che permette dalla creazione di maschere e travestimenti alla costruzione di piccole creature (tangram o origami), a giochi iconici come il puzzle, il memory ed altri. È anche l’unico materiale del libro-gioco con cui i bambini possono creare il gioco da soli. 3.8 Bambini, quali giochi ci piacciono? Per costruire L’inventore di giocattoli ho preso in esame, seppur con pochi mezzi, i gusti dei bambini nei giocattoli. Basarmi solo sui miei gusti e ricordi di gioco non era di certo sufficiente e perciò ho proceduto come di seguente: per prima cosa ho letto la ricerca universitaria I “buoni” giocattoli12 di Roberto Farnè (docente di Pedagogia all’Alma Mater Studiorum di Bologna) che però non è incentrata sul bambino in sè, di cui fa trapelare i gusti tramite le risposte dei genitori. Successivamente mi sono leggermente avvicinata ai veri protagonisti osservandoli a debita distanza nei giochi al parco e nell’area Ikea dei Piccoli di IKEA a Casalecchio di Reno. Infine, durante il mio laboratorio su L’inventore di giocattoli a Borgo Indaco, i bimbi e bimbe mi hanno insegnato molto sui loro processi di gioco e le preferenze a riguardo. Come dice Farnè ad inizio ricerca: “Con l’indagine che presentiamo di seguito, siamo entrati nel merito del rapporto che i genitori hanno con i giocattoli dei bambini, assumendo il giocattolo come oggetto di una particolare ‘intenzionalità’ educativa da parte dell’adulto (…). Assumiamo che i giocattoli determinino un importante fattore di condizionamento del gioco dei bambini. Con un questionario che ha coinvolto circa 200 genitori di bambini che frequentano l’ultima classe di asilo nido (2-3 anni) e l’ultima classe di scuola dell’infanzia (5-6 anni), abbiamo cercato di evidenziare i criteri che orientano i genitori nella scelta dei giocattoli, i loro modelli educativi, il profilo di cura educativa che si esprime attraverso i giocattoli. Le conclusioni mettono in evidenza l’identità complessa del giocattolo.”13 “Quali sono i giochi/giocattoli preferiti da vostro figlio? fra 17 tipologie indicate (più la voce ‘altro’). Le risposte codificate sono state 616, dal che si evince che pressoché tutti i genitori hanno indicato tre tipologie di giocattoli. Le preferenze maggiori (26%) sul totale delle risposte andrebbero ad un insieme di giocattoli come pongopennarelli-colori, giocattoli sonori e strumenti musicali, e libri giocattolo (tridimensionali, tattili ecc.). Seguono con il 18% delle risposte oggetti tipici del gioco motorio: triciclo-bicicletta e palla. Abbiamo poi le bambole e le cucine giocattolo con il 15% di preferenze, a cui segue un insieme di giocattoli-miniatura come macchinine, trenini, aerei e animali giocattolo (13%), costruzioni e puzzle (11%)” sicuramente bassi per l’età dei bambini nella ricerca. “La tipologia di giocattoli indicata come peluche e pupazzi ottiene il 6% del totale delle risposte. L’età non è indifferente rispetto all’andamento delle preferenze sui giocattoli”. 12 Farnè, R., I “buoni” giocattoli, Modelli e orientamenti educativi di un gruppo di genitori nella scelta dei giocattoli Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’educazione. 13 Op. cit.


Quelli coinvolti nella ricerca sono infatti tutti bambini in età prescolare, e sebbene abbia visto coi miei occhi varie eccezioni rispetto ai dati della ricerca, c’è da considerare che in genere, proprio le bambole, i peluches e le cucine gioco che qui sono in percentuale bassa, sono i prediletti dai bimbi di età elementare. È inoltre interessante ciò che si evince su la versatilità della bambola: “Come è testimoniato dalle risposte che i genitori dei due gruppi di bambini danno a questo item, dove solo la bambola mantiene la stessa percentuale: il 28% dei genitori dei bambini sia del nido sia della scuola dell’infanzia la indicano fra i giocattoli preferiti; evidente conferma della versatilità di un giocattolo universale, capace di assecondare le intenzioni ludiche in età diverse.”14 L’altra domanda posta ai genitori per me importante è: “Quali sono i criteri che utilizzate come genitori per scegliere i giochi-giocattoli per i vostri figli?”. Si evince che: “Da una lista di 7 risposte, i soggetti ne potevano indicare al massimo due. Il totale di 402 risposte mette in evidenza due criteri nettamente superiori agli altri ed equipollenti: “che siano giocattoli educativi” e “lasciando scegliere al bambino”, rispettivamente con il 33% e il 35% del totale delle risposte. Segue che il giocattolo deve piacere anche ai genitori (21%)”. Infine “rispetto ai due gruppi d’età, troviamo qualche leggera differenza nella distribuzione fra le voci principali: per i genitori dei bambini più grandi prevale in maniera più marcata la scelta del bambino, mentre per quelli dei bambini più piccoli, il fatto che un giocattolo si trovi al nido è un criterio relativamente significativo (16%).” Osservando i più piccoli nell’area a loro dedicata all’IKEA, ho invece notato che come primo in assoluto vengono amati i giochi-rifugi. Fortini, tende o tubi colorati, sono quelli verso cui tutti i bambini presenti (sei o sette) hanno corso a nascondersi ed esplorarli. Segue la cucina gioco e i peluches di animali, che di marca IKEA, sono particolarmente grandi ed originali. L’amore verso i rifugi mi è stato anche confermato da alcuni bimbi di Borgo Indaco, che han deciso di progettare, insieme alla versione abbreviata de L’inventore di Giocattoli “la casa sull’albero” (Maria Lucrezia), “I lego esploratori” (Una casa sull’albero di due metri interamente di lego di Tommy) e “il quartier generale” (Un fortino di legno, sempre sull’albero, di Lorenzo).

Da sinistra a destra: le invenzioni di Maria Lucrezia, Tommaso e Lorenzo. 1

14 Farnè, R., I “buoni” giocattoli , Modelli e orientamenti educativi di un gruppo di genitori nella scelta dei giocattoli


CAPITOLO 4: L’ESSERE LIBRO: TESTI DI RIFERIMENTO E CARATTERISTICHE NARRATIVE DE L’INVENTORE DI GIOCATTOLI 4.1 I principali punti di riferimento: Hariett Russell, Delphine Chedru, e la triade “Come si fa una galleria d’arte”, “PFIPO” e “Krickel-Krakel Maschule”. l’autrice Hariett Russell mi è stata consigliata come prima autrice da guardare dalla mia relatrice di Tesi Ilaria Tontardini ed ho subito capito che il suo era stato un consiglio che aveva fatto centro. Ciò che visivamente avevo immaginato per il mio libro-gioco, La Russell lo ha spesso creato nei suoi libri di attività: grafiche interessanti, impaginazione a mo’ di quaderno di appunti, personaggi giocosi, un utilizzo dei colori molto simile al mio. Sebbene interessanti, i suoi rimanevano però libri di attività e curiosità su diversi temi (60 cose impossibili prima di pranzo, il nostro libro dei colori) e non mi aiutavano a concretizzare la struttura de L’inventore di giocattoli. Il momento in cui si è delineata quest’ultima è stato quando ho osservato e giocato coi libri di D. Chedru La principessa Attacco, Il Cavalier Coraggio e Orient Express! Editi da Franco Cosimo Panini. Ho già brevemente introdotto l’autrice nel paragrafo 2.4 e la mia decisione di avvicinarmi a quel tipo di struttura, ovvero di classico game-book dalla lettura delle pagine non consecutiva è dovuta al fatto che volevo creare un libro che facesse progettare un gioco essendo lui stesso un gioco. Quello che perciò L’inventore di giocattoli condivide con i libri di Chedru è: 1) input che si rivolgono direttamente al lettore per farlo avanzare nella narrazione 2) saltare da una pagina all’altra tramite una serie di scelte 3) narrazioni diverse a seconda del percorso che si sceglie 4) più di una scelta da seguire per pagina Un esempio del terzo punto e quarto punto insieme è nel mio libro la pagina 19, vicolo cieco della scelta di fare un gioco volante di legno. “A parte il boomerang, che torna indietro da solo, i giochi volanti è meglio farli di carta o tessuto leggero. Torna a pagina 18 per cambiare tema, o vai a pagina 7 per cambiare materiale”. Una simile duplice scelta si trova in Missione Marte! Quando a pagina 19 i due eroi hanno incontrato due gatti galattici e puoi scegliere “Se ami le creature dello spazio, fai rotta verso pagina 26. Se invece preferisci sorvolare delle strane montagne russe, vai a pagina 28”. “Come si fa una galleria d’arte”, “PFIPO” e “Krickel-Krakel Maschule” Questa triade rappresenta il vero punto di riferimento letterario della mia tesi e dalla loro scoperta in poi sono riuscita a lavorarci molto meglio. Il motivo di ciò è che tutti e tre insieme sono la ricetta perfetta d’ispirazione a L’inventore di giocattoli. “KrickelKrakel- Malschule” insegna a disegnare, e lo fa tramite pagine metà vuote e metà no. Con disegni sezionati, incompleti, accattivanti e a cui è difficile resistere e non volerli completare, interagendoci. È un libro di attività fatto da illustratori diversi con stili molto diversi da pagina a pagina, l’idea delle figure sezionate e pagine come quella in cui vi è disegnato un razzo nello spazio con le stelle intorno e la frase “secondo te cosa sta succedendo nell’universo adesso?” con tre quarti di pagina bianca per rispondere graficamente mi hanno aiutato a pensare il mio libro più in termini di book di attività, non un libro fatto e finito come quelli che di solito progettiamo in Accademia. Ricordandosi che lo si sta facendo per bambini, che amano scarabocchiare ovunque e che lì dentro hanno il diritto assoluto di farlo. Pensando al mio librogioco in termini di collaborazione autrice-lettore.


“PFIPO” di Florie-Saint Val è un libro geniale che si svolge dentro “La piccola fabbrica d’illustrazione potenziale” in cui si viene introdotti da un personaggio che ci accompagna nelle varie pagine. Mi ha dato ispirazione per il mio personaggio guida Lapillo, ed è un piccolo mondo che Florie Saint-Val riempie di omini e donnine colorati e particolari, oltre che artisti tutti dotati di capacità diverse. Come EMILE-LIGNE che sa disegnare linee senza mai fermarsi o Doodler che sa fare tutti i tipi diversi di schizzi e patterns, disegnando in contemporanea con entrambe le mani e i piedi. Questo libro fa venir voglia di soffermarcisi e colorare, attaccare le figurine ecc. Ho adottato l’idea della tasca con disegni e template aggiuntivi dell’autrice, che ho messo anche nel mio libro, per dar spazio anche ai disegni extra dei bambini. “Come si fa una galleria d’arte” edita in Italia da Franco Cosimo Panini è un’operazione grafica e d’amore verso l’arte e la sua conservazione, fatta per raccontare il mondo bellissimo di chi si occupa d’allestimenti e conservazione artistica. A parte il microcosmo variegato degli ambienti (museali, cittadini, di gallerie) che i vari illustratori hanno creato, ho trovato il libro come un buon confronto per il ‘com’è fatto’ qualcosa, presente anche nel mio.


A sinistra, copertine e interni di Tu sei Un artista e Tu sei uno scienziato di H. Russell (Edizioni Corraini) presente anche nel mio. Sopra, Emile-Ligne e una doppia pagina giocosa di PFIPO, di Florie-Saint Val (Tate modern)

4.2 Libri per far muovere le matite “I decenni che precedono il secondo millennio forniscono un panorama ampio di inviti al disegnare e al colorare, in forma di libro. Trovano spazio collane dedicate ad imparare a disegnare; albi che hanno come protagonisti matite o disegnatori nati; serie concepite per giocare, con carta e matita, a darsi un punto d’appoggio e muovere il mondo a figure”. Questo scrive Giulia Mirandola in Ad occhi aperti, leggere l’albo illustrato di Hamelin. E cita come primo esempio un interessante libro, Mostra di pittura, di Alessandro Sanna (Corraini,2007). Lì, si è in “un ipotetico luogo espositivo” e “a ciascun quadro coincide con lo spazio di una pagina.” L’anomalia è che lo spazio di questi quadri è totalmente bianco. Un curioso invito a completare un libro già stampato, rilegato e venduto, diventandone protagonisti. E ancora, Mirandola ci parla di The black pencil di M. Minale in cui l’autore “dichiara amore al regno delle matite, per dire che a matita facciamo molte cose, una volta aggiustata la punta: tracciamo stanghe, scriviamo le prime lettere dell’alfabeto, disegniamo, firmiamo, tiriamo linee rette o curve e quando piano piano essa si accorcia, possiamo giocare a farle fare il razzo. (…) È sempre una matita a materializzare l’aspetto delle nostre idee, perciò è del tutto inutile prendersela con lei quando non esce niente”. Questa centralità dell’oggetto matita è molto interessante ed è lei stessa all’inizio del libro ad esordire con una dichiarazione d’identità, “I am a black pencil”, una specie di parallelo inaspettato con la dichiarazione d’identità che il mio Lapillo fa all’inizio del libro: “Mi chiamo Lapillo, e sono un inventore di giocattoli”. Entrambi mezzi per metter in realtà al centro il lettore e le sue inesplorate capacità creative ed espressive. Adoro il modo in cui Giulia Mirandola esprime e sintetizza il senso dei libri d’attività artistica: “Le storie che muovono le matite sono appassionanti in virtù soprattutto della loro posizione funambolica. Nessuna meglio di loro, fino adesso, ha centrato una questione cruciale legata ai libri per disegnare e colorare, cioè il potere e la sensazione di potere che investe un bambino che tiene in mano una matita da solo, e disegna, e colora: scrive”. Oltre a questi due esempi, nel saggio si parla anche della fiorente produzione di questo genere di libri in Italia, per mano di Zanichelli e Mondadori. Il primo crea tra anni 80 e 90 un laboratorio particolare espresso nella collana “disegnare colorare costruire”, tre imperativi molto vicini a L’inventore di giocattoli. Mondadori invece fa fiorire vari titoli tra cui Mi piace disegnare – per la prima elementare, Mi piace disegnare e colorare, Mi piace colorare i giocattoli più divertenti, Mi piace disegnare tante macchinine, Tanti segni per cominciare, Tanti modi per disegnare. Libri che sono come nonni di titoli come KrickelKrakel-Malschule e Il nostro libro dei colori più facilmente reperibili al giorno d’oggi.


4.3 Il meccanismo del giropagina “Un orsetto chiuso in gabbia viene liberato. Fa una passeggiata nel bosco augurandosi di non incontrare il coccodrillo che lo mangerebbe. Purtroppo s’imbatte proprio nel coccodrillo. È costretto a scappare. Il coccodrillo lo insegue, ma finisce per essere rinchiuso nella gabbia a sua volta” Chi è stato? Viene subito da chiedersi. Liberatemi! Di Alex Sanders, come ci dice N. Gramantieri in Ad occhi aperti “è un libro dalla forma quadrata, le pagine sono di cartone spesso e hanno gli angoli arrotondati” una forma che ricorda molto quella dei libri-gioco La Coccinella. “Gli elementi peculiari sono sulla copertina e sulla quarta” (di copertina n.d.a) dove “sul cartone sono state ritagliate tre porzioni rettangolari (…) che rendono l’idea di una gabbia e permettono di vedere, svelando parte della pagina che segue, ciò che la gabbia racchiude.” “Liberatemi! È in realtà anche la prima parola del testo” già posta in bella vista in copertina. Quando poi apriamo la copertina e ci si presenta in bella vista l’orsetto felice ci rendiamo conto, come dice Gramantieri di come quel Liberatemi! Fosse rivolto proprio a noi che leggiamo. Sullo sfondo rosso, ora libero, leggiamo “Grazie mille! Sei gentile!” e “ci fa capire che siamo stati noi lettori a fare scattare il meccanismo narrativo che dà il via alla storia. Anche chi non comprende subito la copertina “non potrà fare a meno di aprirla” e “Con un solo gesto abbiamo operato su due livelli, su quello materiale e su quello della finzione, del “come se”. In sintesi, “In sole due pagine il libro è riuscito a fornire al lettore quelle informazioni necessarie a comprendere come il testo vada letto e quale debba essere il lavoro di cooperazione da svolgere per attualizzarlo. Senza spiegazioni didascaliche o istruzioni introduttive, ma direttamente attraverso l’articolarsi della narrazione. Tendo a diffidare di tutti quei testi che per funzionare hanno bisogno di delucidazioni.” Questo paragrafo del saggio mi ha fatto veramente capire quanto fosse importante che anche nel mio libro-gioco il meccanismo fosse sin da subito chiaro. L’esperienza laboratoriale coi bambini di Borgo Indaco (centro estivo culturale) mi ha convinta a scrivere in prima pagina due o tre righe concise su come funzionasse il libro-gioco, e ne parlerò meglio nel capitolo cinque. Però la lettura del ragionamento di Gramantieri mi ha persuaso ad usufruire fin dalla prima, di un meccanismo che spronasse il lettore ad un gesto, testando subito l’anarchia del non sfogliare pagina per pagina.

Il meccanismo del girare pagina ha in tutti i libri ed albi illustrati un’importante significato: “in ogni giro di pagina, nel passare da una doppia alla successiva, l’autore pone al lettore delle domande, costruisce la suspence, rivela semplicemente il senso del tempo che scorre.”15 Quest’ultima cosa è centrale e costitutiva di ogni albo illustrato, ne determina l’atmosfera e sfogliando, il tempo, oltre che scorrere “muta repentinamente o resta immobile” come dice Ilaria Tontardini.

15 Hamelin, Ad occhi Aperti. leggere l’albo illustrato, Donzelli, Roma, 2012.


C’è davvero molto da dire a riguardo, ma voglio soffermarmi sul senso che il girare pagina ha nei game books e nel mio in particolare. In questi, esso (si) costruisce e (si) spezza. Il continuo input di procedere ad una pagina x, facendo saltare lo sfogliare classico crea una suspence ed un salto. Nel giropagina infatti “si costruisce e reifica la trasformazione”. In molti libri, passando da una doppia pagina all’altra si può letteralmente finire in un nuovo mondo e alle volte capita nei titoli che ho già preso in considerazione di Chedru e Graham. Ne L’inventore di giocattoli ciò succede all’inizio: si sceglie un materiale tra i quattro disponibili e non si sa dove ti porterà, pochi secondi dopo si è finiti nel mondo di quel materiale e il contesto grafico è molto diverso e più interessante. Non finisce mai per essere onirico, ed anzi usando la fotografia ho mantenuto un legame stretto con la realtà, ma nella doppia pagina di ogni materiale il tempo rallenta e ci si sofferma come su una panoramica, in cui s’interagisce tramite quiz ed esperimenti. Subito dopo si viene riportati nel mondo dell’azione: poter scegliere un tema per il proprio giocattolo e poi correre al quaderno per disegnarlo e progettarlo. Qui, i tranelli e giochi extra che ho inserito non sono pensati per far uscire il lettore dal processo creativo ma anzi per interagire meglio con il tema scelto. L’esempio lampante è la pagina di “Labirinti – il gioco”, il cui senso è: vuoi costruire un labirinto? Per poterlo fare devi attraversarne uno tra le pagine. Infine ho deciso di usare la fotografia oltre il disegno nelle pagine Il mondo di Legno, Il mondo di Carta, Il mondo di Stoffa e Il mondo di Plastica per mantenere una sensazione tattile di quei materiali: vengono fatte diverse domande e riguardo nei quiz presenti e vedendoli lì, se non li si ha sottomano, si può ricordare più facilmente la sensazione di durezza, morbidezza, ruvidità e malleabilità. E prendendo eventualmente spunto per il gioco che si progetta dopo. Essendo intervallato da varie attività e coinvolgimenti, nel mio libro e in quelli come il mio, il ritmo nel girare pagina non è mai uguale. La pagina in cui ci si sofferma di più è di certo quella de “Il mio quaderno delle invenzioni” ma anche quella successiva non è giocata sulla rapidità. È, questa, più simile a quelle dei ‘libri della simultaneità’ che Emilio Varrà prende in esame in Ad occhi aperti. Essi sono “caratterizzati generalmente da immagini ampie che raccontano sì di un istante, ma abbracciano una molteplicità di personaggi, ognuno con azioni, percorsi e motivazioni diverse.” 16 Questo perché ognuna delle quattro pagine successive alla pagina del quaderno è nata come un tripudio di tutti i giochi che riuscivo ad immaginare di ogni materiale, in una situazione che presenta Lapillo e i suoi amici tutti insieme. Raro ed unico nel libro, in cui sono proprio le situazioni e i personaggi a non essere mai protagonisti. 16

op. cit.

1

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Hamelin, Ad occhi Aperti. leggere l’albo illustrato, Donzelli, Roma, 2012.


CAPITOLO 5: METTERE ALLA PROVA L’INVENTORE DI GIOCATTOLI: ESPERIENZA LABORATORIALE A BORGO INDACO, GLI ARTIGIANI PER L’INVENTORE DI GIOCATTOLI E ALTRI LABORATORI PER BAMBINI 5.1 Claudia Barone e gli artigiani del legno “Mi chiamo Claudia, ho appena compiuto 35 anni e faccio la giocattolaia. Qualche anno fa ho scelto di vivere il privilegio di seguire la mia passione grazie a due genitori che ci hanno insegnato che qualunque cosa, purché fatta per bene, in qualche forma fiorirà.”17 Così è come si presenta questa personalità speciale sul blog di Topipittori. Io, prima di ciò, l’ho conosciuta tramite un altro articolo che la definiva “La Giocattolaia”, o meglio “l’artigiana catanese che insegna ai bambini a costruire giocattoli in legno.”18 Quella prima parola aveva subito fatto breccia su di me, tanto inconsueta quanto vicina al libro inedito che stavo progettando. Leggendo di più su di lei ho scoperto che una volta era una bambina che costruiva i suoi giocattoli con il padre. “Ricordo che a casa nostra i giocattoli non venivano comprati, ma costruiti. Da piccola ho imparato cosa significa desiderare e che sapore ha l’attesa: perché quel seggiolone di legno che costruimmo io e mio padre dapprima l’abbiamo immaginato, poi disegnato, poi progettato, poi tagliato, levigato, assemblato, colorato.” 19 Tutte azioni incredibilmente consone al mio libro-gioco. “Guardami, così poi puoi rifarlo.” era ciò che le diceva suo padre costruendole i giocattoli e “questo è ciò che dico ora ai miei falegnomi, gli alunni della scuola dell’infanzia dove insegno falegnameria, quando costruiamo i giocattoli. La conoscenza deve passare dall’osservazione partecipata, dall’attesa, dal desiderio, da una fertile noia. Vedere quelle manine che stringono gli attrezzi del mestiere mi riempie di fiducia.”20 Ed è proprio la fiducia ciò che lei mi confidato essere la cosa principale che trasmette ai bambini dei suoi laboratori e la prima cosa di cui hanno bisogno. Da lì si staccano dal “non so farlo” e iniziano a pensare e costruire, stupiti dalla novità di poterlo fare. Me l’ha raccontato in una telefonata in cui io le ho parlato del mio progetto e lei raccontato del suo lavoro, dandomi ottimi consigli ed accettando di parteciparvi. “Sentirsi e vedersi capaci di costruire i propri giocattoli e, prima ancora, vedere un disegno materializzarsi dalla carta a un materiale caldo e vivo come il legno so che rappresenta un’emozione di straordinaria entità.” confessa Claudia a Topipittori e “osservare le loro facce e lo stupore nei loro occhi che, mentre ascoltano le storie, vedono sbucare da dietro il libro i personaggi che si materializzano è sempre uno spettacolo”.21 Si capisce quindi quella magia tenera che non capita spesso: trasmettere qualche cosa vissuta da bambini, diventando il mezzo tramite il cui essa si riproduce nel presente, rendendone felici altri. Quella della tradizione è una caratteristica che accomuna tutti gli artigiani del legno che collaborano con l’inventore di Giocattoli. Nel caso di Claudia le capacità e la passione del costruirsi il balocco in legno viene trasmessa a bimbi dai 2/3 anni ai ragazzi di 12, che mi dice essere in tutte le fasce d’età molto elastici e che “più sono liberi, più si interessano” e che si stupiscono perché abituati ad un intrattenimento immediato e digitale. Una questione che mi ha colpito e che avevo sottovalutato. Ogni volta che si progetta un libro per l’infanzia, c’è sempre lo scarto tra se stessi e il target a cui ci si rivolge e la prima cosa che viene da fare è proiettarsi indietro e più o meno inconsciamente, mettere qualcosa della propria infanzia in quel libro, che sia un proprio sogno passato, un’attitudine o un gusto. 17 https://www.topipittori.it/it/topipittori/costruire-giocattoli 18 Mileto Barbara, “La Giocattolaia, l’artigiana catanese che insegna ai bambini a costruire i giocattoli in legno”, intervista a Claudia Barone, 21 Dicembre 2018, Identitàinsorgenti.com. 19 https://www.topipittori.it/it/topipittori/costruire-giocattoli 20 Op. cit. 21 Mileto Barbara, “La Giocattolaia, l’artigiana catanese che insegna ai bambini a costruire i giocattoli in legno”, intervista a Claudia Barone, 21 Dicembre 2018, Identitàinsorgenti.com.


Chi lo fa di mestiere sa che ciò è giusto fino a un certo punto e nel mio caso, avevo dato per scontato che i bimbi di oggi, non lontanissimi alla mia infanzia, fossero come me alla loro età abituati a crearsi le cose. Claudia mi ha fatto aprire gli occhi su questa questione e mi ha anche raccontato di più sul suo metodo: inventare giocattoli a partire dalle forme geometriche dei ritagli che lei porta ai laboratori. Immaginarsi quindi, qualcosa che esiste già in un piccolo blocco grezzo. Ciò è molto interessante, ed ancor più bello che lei decida di partire dalle forme dentro i libri: le illustrazioni, spesso vettoriali, di fiabe ed albi vari.

“I nostri giocattoli nascono sempre dagli albi illustrati. Coniugare illustrazioni e giocattoli mi sembra un’idea proficua: ci immergiamo in una storia, ci lasciamo trasportare dalle parole finché, magicamente, i personaggi di legno iniziano a saltar fuori .” Dal suo articolo su Topipittori.it

La tradizione, come accennato prima, lega al suo lavoro anche Judith Sotriffer, artigiana e da tutt’altra parte della penisola rispetto a Claudia. Nel cuore della Val Gardena, infatti, “Ad Ortisei, un paesino di circa 5mila anime circondato dalle innevate vette delle Dolomiti, c’è chi realizza giocattoli in legno che rievocano tradizioni e tempi antichi. È in questa bottega dei balocchi, che Judith Sotriffer scolpisce ed intaglia il legno di pino cembro per creare bambole dipinte a mano. Classe 66, figlia di una giocattolaia e di uno scultore, in Judith la passione per i giocattoli in legno della Val Gardena, si sviluppa fin da bambina grazie alla collezione di antichi giochi della madre Christina. ‘I mestieri dei miei genitori e le chiacchierate con le persone più anziane della vallata mi hanno fatto capire


come lavoravano in legno i nostri antenati e quante tecniche e giochi dei nostri nonni stavano scomparendo’ racconta Judith. Come le bambole gardenesi nate nei primi anni dell’Ottocento nelle umili stube di molte famiglie altoatesine, esportate in tutta Europa e scomparse intorno agli anni Trenta. Dopo il diploma alla scuola d’arte di Ortisei e quattro anni di apprendistato Judith decide di aprire un proprio atelier per riportare in vita gli antichi giocattoli in legno tipici della Valle.” 22 Grazie a lei rispuntano quindi “cavalli a dondolo, burattini e soprattutto le bambole lignee con braccia e gambe snodabili, occhi azzurri, capelli neri e guance rosse, le cui dimensioni variano da un metro a un centimetro e mezzo. Un made in Italy e un artigianato domestico del secolo scorso che, oggi, grazie a scultori e maestri d’arte come Judith sono rinati, riportando in vita la ricchezza di una tradizione, simbolo del Trentino ma conosciuta anche aldi là delle vette dolomitiche. ‘ Le mie creazioni rappresentano un mix di semplicità e creatività.’ ”23 afferma Judith e ci tiene a precisare, in una nostra conversazione al telefono, che i suoi sono “Tutti giocattoli diversi, ognuno è unico, proprio come noi”. “L’attività manuale negli anni della crescita” sottolinea Fabio Sbattella su uno speciale del Corriere della Sera dedicato ai lavori manuali per bambini in cui si parla anche di Gino Chabod (altro artigiano per l’inventore di giocattoli) “rinforza il senso di autoefficacia del bambino. Le mani mettono in profondo contatto la mente con la realtà, permettono di modificarla e trasformarla, e questo dà al bambino il senso del proprio valore”. Parola di professore di psicologia dell’età evolutiva alla Università Cattolica di Milano. Nelle scuole steineriane 24 infatti “La maglia, il cucito e la falegnameria fanno parte del corso di studi, dalla prima all’ottava classe, cioè fino a 14 anni”, spiega al Corriere Marina Lavezzari, maestra di lavori manuali alla scuola steineriana di via Pini (Milano). “Lavorando a maglia i bambini fanno matematica con le mani, si esercitano a sviluppare nessi logici ferrei. E la recente neurologia dà ragione alle intuizioni ottocentesche su cui ci fondiamo: l’attività manuale rinforza le aree del cervello preposte alla logica”. 25 Gino Chabod, è un artigiano consigliatomi da Claudia Barone con alle spalle ventuno anni di falegnameria con i bambini a Villeneuve, vicino ad Aosta e in varie aree del Piemonte ed Emilia-Romagna. Ha una fattoria didattica in cui lavora con vari materiali e porta i laboratori di falegnameria in tutto il nord Italia. Un lavoro simile lo fanno Alfio e Mirella de La Tana dei Tarli, molto disponibili nei confronti del mio librogioco e sicuri della loro missione: “costruiamo giochi e ne siamo sfacciatamente orgogliosi perché crearli è il cardine di una libertà che esercitiamo a molti livelli: libertà nella scelta di cosa realizzare, in primis, scegliendo quello che ci diverte di più e non in base alla sua disponibilità; libertà anche nel decidere con quali materiali, frugando tra gli scarti, accumulando rifiuti e stupendoci di cosa a volte si possa recuperare e ricomporre” . 26 Infine ho avuto un buon Feedback anche da Sergio Milani, un famoso e longevo artigiano che mi ha scritto “Trovo interessante la sua idea e mi fa piacere che lei ritenga utile la mia collaborazione, dopo tanti anni di lavoro ritengo sia importante trasmettere le esperienze acquisite. Proceda pure con tanti auguri di buon lavoro. Cordialmente Sergio Milani” facendomi emozionare un po’. La fiducia si delinea quindi come ingrediente principale per far diventare i bambini autonomi autori dei propri giochi. Una cosa che fanno, seppur in forme diverse, tutti questi artigiani, e non solo quelli che lavorano il legno.

22 : Stanca Rita Maria, Judith, la giocattolaia della Val Gardena 8 DICEMBRE 2016, “La nuvola del lavoro” di Corriere Corriere.it, https://www.groednerpuppe.com/assets/pdf/Corriere-della-Sera.pdf 23 Op. cit 24 Il percorso educativo Steiner-Waldorf: educazione scolastica che permette a ciascun bambino il suo libero manifestarsi, con le sue doti personali e le sue delicatezze; una reale espressione di gioco libero e di socialità in ampi spazi verdi; sviluppo di un pensiero critico e indipendente. Una valutazione scolastica che non stimola la competitività con l’attribuzione di voti, ma rispetta i tempi di sviluppo e le doti individuali che emergono via via nel percorso di maturazione. http://www.liberascuola-rudolfsteiner.it/ chi-siamo/ 25 Brambilla Luisa, Ridateci Pinza e Martello, 27 Marzo 2011, Il corriere della sera, rubrica “genitori e figli”. http://ginochabod.altervista.org/falegnameria_didattica_bambini/struttura/falegnameria%20per%20bambini%20corriere%20della%20sera. pdf 26 http://www.latanadeitarli.com/come-costruiamo-i-giochi/


Sulla Sinistra, Judith Sotriffer e le sue bambole, sulla destra e in basso, Sergio Milani, il suo studio e un suo cavallino a dondolo


5.2 Gli artigiani della stoffa, il caso Child’s own studio, Mostri113 e le Amicoccole Ho, per la realizzazione dei giochi in stoffa, trovato interessanti realizzatori. L’idea del primo è incredibilmente vicina a L’inventore di Giocattoli: “La fondatrice di Child’s Own Studio, studio specializzato nella creazione di peluches personalizzati, è Wendy Tsao, una madre che si è innamorata della creatività dei suoi figli. L’avventura dello studio è iniziata dai loro scarabocchi e disegni.” Wendy ha infatti messo a frutto le sue abilità artigianali per creare giochi partendo da queste loro immagini. Non è passato molto tempo prima che il concetto abbia preso piede e Wendy ha fondato perciò il Child’s Own studio, con sede in Thailandia, collaborando con un team di artigiani di talento che condividono il suo amore, la cura e l’attenzione ai dettagli. Oggi, i Softies personalizzati di Child’s Own Studio sono amati e apprezzati in tutto il mondo da bambini fantasiosi e giovani amatori.” 27 “Amiamo scoprire tutti i piccoli dettagli dei disegni dei bambini ed assicurarci di includerli tutti tramite l’uso di forme, colori e tessuti”.28 Una cosa che riesce loro piuttosto bene! Questo riprende un concetto centrale di tutta la mia tesi, ovvero la capacità del bambino di progettarsi il gioco da solo, con le sue particolarità e tutto ciò che vuol metterci dentro. L’unicità del poter realizzare il proprio peluche inoltre, sta nel fatto che il bambino quando lo riceve non lo scopre, ma lo riconosce. Come si nota nel video You Tube in cui Child’s own regala i suoi softies formato maxi ad alcuni bambini britannici particolarmente creativi. L’affermazione del primo bambino è infatti: “È Dave, è PROPRIO lui!” 29 riconoscendovi quel personaggio nato nella propria intimità e poi magicamente realizzato. Un po’ diverso è il caso triestino dei Mostri113. La loro creatrice lavora da sola e si presenta così: “Ciao, sono Roberta, classe 1974, mamma di Sebastiano (classe 2008), sono l’ideatrice, insieme a mio figlio, di questo progetto e creo artigianalmente, ogni Mostro113. Il mio lavoro consiste anche nell’ascoltare storie, sentirle empaticamente e tradurle in un pupazzo mostruoso che vi aiuti nelle vostre difficoltà.” 30 Infatti lei ha studiato le fasi dello sviluppo del bambino le paure e le difficoltà ricorrenti e progettato il Mangiapaure corrispondente per poterle affrontare. “Nella mia adorata Trieste, in pochi anni sono diventata mamma e ho vissuto un periodo emotivamente molto difficile. La rinuncia, mio malgrado, del sogno della “famiglia felice” e la successiva perdita di mia madre, hanno magicamente unito me e mio figlio nello sviluppo di questo progetto.” 31 Roberta continua raccontando del primo mostro: “Il 29 aprile del 2011, senza potermi preparare ho perso mia madre. Si chiamava Patrizia ed era l’unica nonna del mio bambino, che le era tanto affezionato. Reduci anche dalla separazione con il papà, io e mio figlio Sebastiano cercavamo un nuovo modo per affrontare i troppi cambiamenti. Pochi mesi più tardi, quando ci trasferimmo nella nuova casa, Sebastiano, all’epoca di 4 anni, iniziò a raccontarmi di avere un bizzarro amico immaginario di sembianze mostruose, che mangiava i mostri cattivi della notte. In pochi mesi la nostra vita aveva subito cambiamenti radicali e spiazzanti: annaspavamo entrambi alla ricerca di un nuovo equilibrio. Fu così che il Mostro Centotredici (lo chiamava così), da una stella vicina a quella della nonna, arrivò nelle nostre vite e ci rimase vicino, ogni giorno diverso, ma sempre presente. Il mostro… 113… Fosse mai che mio figlio volesse comunicarmi qualcosa? Che mi chiedesse aiuto?” 32 Qualche mese dopo, Sebastiano le chiede di creare il mostro e lei non si fermò “ sentii il bisogno di creare altri mostri e per molte notti, mentre mio figlio riposava, mi persi ore e ore a crearne. Per lui, per altri bambini, per voi.” Quel giorno di settembre, nacque il progetto Mostri113 e portandoli alla materna, il piccolo Sebastiano attira l’attenzione. 27 www.childsown.com/ 28 Op. cit. 29 https://www.youtube.com/watch?v=nDNkaLY9WtY 30 https://www.mostri113.com/chi-sono/ 31 Op. cit. 32 https://www.mostri113.com/le-origini/


“In pochi mesi mi trovai a fare mostri per tanti bambini, ascoltando di volta in volta le richieste delle mamme che me li commissionavano. A quel punto cominciai a raggruppare le paure e le difficoltà principali in specifici Mangiapaure” 33 come il Mangiapigrizia, Il MangiaBuio, MangiaAnsia o il MangiaRabbia. Oggi in vendita sul suo sito www.mostri113.com. Ogni mostro per “funzionare” va attivato insieme al genitore, scrivendo la propria paura su un foglietto e dandola da mangiare nella tasca/bocca del mostro per cena. Se i Softie create sono estensione della propria personalità e delle cose del mondo, un mostro113 può essere un grande amico di stoffa venuto da lontano che ti aiuta a superare le difficoltà tramite un gioco di specchi. Entrambe le creazioni sono personalizzate così come le Amicoccole di Sara Achenza, un’artigiana sarda disponibile per L’inventore di giocattoli. Lei si presenta così: “ Sono Sara e amo portare colore e coccole nella vita dei bambini, attraverso articoli di stoffa fatti a mano con amore. Benvenuta nel mio mondo creativo.” 34 Il perché delle Amicoccole non tarda ad arrivare “Mi piace l’idea di creare qualcosa che non sia solo una bambola di stoffa ma che possa diventare importante per un bambino, qualcosa con cui poter creare un legame. Io, lo ammetto, ho ancora oggi a casa qualche bambola della mia infanzia.” 35 Oltre ad esse, questa artigiana crea anche libri tattili in stoffa e feltro con attività manuali e interattive per offrire ai bambini un diversivo stimolante che stimola le loro abilità. Spero che i futuri lettori del mio libro-gioco vorranno beneficiare di questa sua creatività.

Le geniali creazioni dello Studio Child’s own 33 Op. cit. 34 http://www.ilfioccodiileanaonline.it 35 op. cit.


5.3 L’inventore di giocattoli a Borgo Indaco “Borgo Indaco – Giardino segreto di cultura infantile” è un progetto di arte contemporanea rivolto all’infanzia che si svolge a Cesena come campo estivo. Trova spazio sui colli, nella bellissima villa Silvia, ed è gestito da Katrièm Associazione Culturale, fondata nel 2009 da un gruppo di giovani artisti, creativi, educatori ed operatori culturali che hanno sviluppato in questi anni numerosi progetti culturali-artistici legati alla didattica e alla diffusione di una cultura per l’arte contemporanea. La scuola estiva sperimentale tra arte e natura rappresenta la prima fase del progetto di Borgo Indaco – Giardino segreto di cultura infantile” ed ha luogo ogni anno. Si basa su un’educazione sperimentale che mette al centro l’arte come canale privilegiato, capace di alimentare curiosità, immaginazione e creatività. I bambini che vi partecipavano quest’anno erano molto abituati ad attività pratiche all’aria aperta, un’abitudine che Valentina Pagliarani (una delle creatrici) mi ha detto esser stata difficile trasmettere ai piccoli, che arrivano al campo con incertezze o blocchi verso le attività manuali. Tra le attività: gioco spontaneo all’aperto, atelier e laboratori di pittura ed esplorazione del colore, manipolazione di materiali naturali, costruzione manuale, esplorazione sonora e gesto grafico, corpo e movimento creativo, orto cultura, Yoga, atelier di lettura delle immagini (letture animate e cinefabula) passeggiate all’interno del Parco di Villa Silvia e piccole esplorazioni della collina adiacente. Mi è stato chiesto di inventare un alter ego prima di arrivare a Borgo Indaco col quale mi sarei presentata ai bambini che a loro volta ne avevano uno, di una specifica età e caratteristiche. Ho detto loro che avevo sentito dire che erano molto creativi e che mi potevano aiutare con un esperimento su un libro che stavo facendo. Questa scuola estiva di più arti privilegia “l’incontro con l’ambiente naturale e con un contesto di stimoli atti a dialogare con la creatività spontanea dell’infanzia. È luogo nel quale si privilegia la piena espressione di sé e si promuove il rispetto per il pensiero di ogni bambino/a valorizzando la ricchezza dell’incontro con l’altro e del fare esperienza insieme.” 36 Gli educatori di Borgo Indaco mi hanno dato uno spazio per un mio workshop di due ore. Prima di arrivare sul posto, mi è stato chiesto di inventare un nome e caratteristiche del mio alter-ego di Borgo Indaco e al laboratorio hanno partecipato nove bambini dai sette agli undici anni. Il laboratorio è stato per me interessante ed utile per testare veramente “L’inventore di giocattoli” con delle persone la cui opinione è quella che conta di più. È stato fondamentale anche il confronto con i bambini e la loro semplicità, per poter migliorare alcune parti problematiche del libro-gioco che mi impedivano di procedere. I miei principali dubbi erano: cosa sanno già dei materiali? Come far loro scoprire le diverse qualità di ognuno? Quali sono le domande giuste da porsi (e porgli) su ogni materiale? I nove bambini del laboratorio, (dai 7 agli 11 anni) hanno subito sciolto la situazione (e con essa la mia tensione) approcciandosi con felice curiosità ai vari oggetti di legno, plastica, carta e stoffa che avevo portato. In particolare, ho articolato la prima parte del mio laboratorio come un momento di esperienza tattile coi vari materiali. Perché era proprio la pagina di “conosciamo il materiale” che non sapevo come impostare senza il feedback di uno o più giovani lettori. Mettendo sul tavolo sia oggetti semplici e quotidiani (cucchiaio di legno, bicchiere di carta, bottiglia di plastica) che giocattoli finiti (barbie, cubo di Rubik, labirinto per biglie). Essendo i partecipanti già in età scolare, i materiali li conoscevano piuttosto bene e li sapevano descrivere da soli. Avevano anche una spiccata vena ecologica e coscienza degli effetti della plastica in natura. Nella seconda parte del laboratorio gli è stato chiesto di pensare a come uno dei giocattoli/oggetti scelti da loro tra quelli del tavolo reagisse all’acqua. 36 www.katriem.it/borgo-indaco


E una volta capita la reazione, disegnarlo su un lungo foglio con una striscia azzurra che avevo preparato in precedenza. I bambini hanno fatto molte domande e riguardo, soprattutto perché non c’è stata la possibilità di buttare davvero in acqua gli oggetti da loro scelti, rimanendo un’attività più “indovinata” che praticata. Ho dato loro volentieri degli indizi e deciso che nel mio libro-gioco ci sarebbe stato l’input per un vero breve esperimento con l’acqua, finalizzato all’apprendimento e quindi al disegno di ciò che si è imparato. Nella terza parte del laboratorio ho distribuito loro dei prototipi del libro-gioco in cui brevemente Lapillo si presentava, si sceglieva il materiale per l’invenzione e poi si passava alla scelta dei temi del giocattolo, alle pagine tranello a loro legate e infine al disegno e alla scheda del giocattolo. Nonostante le mie raccomandazioni hanno tutti sfogliato il libro in maniera lineare, confondendosi e chiedendomi poi varie volte le stesse delucidazioni. Spesso la domanda posta era “Che cosa devo fare qui?” e mi ha portato a capire quali fossero i passaggi da migliorare, i punti da togliere e quelli da rivedere. In generale, dalle loro risposte e considerazioni sulla plastica e il legno (i materiali più analizzati) e dal modo in cui hanno interagito con la pagina “la scheda del mio giocattolo” ho optato per la modalità “QUIZ” per incuriosire e far loro imparare di più sui quattro elementi nella pagina ad essi dedicata. La scheda del giocattolo era infatti l’unica del prototipo ad avere varie domande aperte, altre chiuse e molte opzioni di risposta tra cui scegliere. Ho visto subito che la modalità a scelta multipla era per loro la più facile e intrigante. Per la naturalezza con cui vi si sono posti, ho dedotto che probabilmente la conoscono già dalla scuola. Altre verità apprese dall’esperienza del laboratorio sono: - Ci deve essere assoluta chiarezza su come funziona il libro-gioco - Dev’essere chiaro cosa si va a realizzare alla fine (Un progetto, non un giocattolo vero). - Più le frasi sono corte e concise, meno fatica i lettori fanno (soprattutto i più piccoli). - Le pagine tranello e le pagine che rimandano a dei giochi veloci da completare prima di procedere col disegno devono esser strettamente finalizzate al tema in sé (labirinti, costruzioni ecc.) oppure confondono. - le pagine dei temi, quando vengono vissute come un’opportunità e non come un’imposizione, sono molto utili per chi una volta arrivato a quel punto non ha ancora le idee chiare su che tipo di gioco creare. Riguardo quest’ultima soprattutto ho trovato la modalità giusta di proporre i temi: Nelle pagine dedicate, ho sostituito “Che tema scegli?” con “Per il nostro giocattolo, vuoi seguire un tema?” con una rinnovata partecipazione attiva di Lapillo, l’aiuto-guida che l’educatrice Valentina mi ha consigliato di gestire il meglio possibile ed inserirlo come elemento onnipresente. Soprattutto per non abbandonare nessuno nel processo di progettazione e comprensione del libro-gioco. Secondo la sua esperienza, infatti, i bambini di questa generazione sono in genere abituati ad avere tutto in modo immediato. E al contrario della mia, la loro quotidianità è fatta di tante opzioni di gioco già pronte e di pochi input a crearsi qualcosa da soli. La stessa cosa che mi aveva detto Claudia Barone durante la nostra telefonata. Quindi per chi come me vuole stimolare queste attività, il tutto va proposto come un’opportunità il più chiara e semplice possibile.


Questa esperienza di laboratorio mi ha aiutato a capire i bisogni dei bambini, ed “accettare” il fatto che non sono tutti uguali. Mi ha dunque tolto il velo “angelico” che spesso si mette sull’infanzia, fuori e dentro il mio campo. E spezzato l’idea del bambino come garante di una figura indistintamente attirabile alla creatività e alla lettura. Il contesto in cui nascono e crescono li caratterizza molto in fretta. Bambini che non hanno stimoli ad un gioco indipendente e creativo difficilmente diventeranno adulti di mente aperta o creativa e potrebbero non interessarsi (fin da piccoli) a libri-gioco come il mio. Fare un libro per bambini non ti garantisce che sia effettivamente per tutti i bambini e le bambine. Non mi piace inquadrare troppo le persone, e rivolgermi all’infanzia mi ha sempre dato quella magica libertà di poter fare di tutto con un pubblico giovane. Perciò accettare che solo una parte del pubblico giovane, ora e in futuro, sarà in grado di interessarsi ed apprezzare il mio lavoro è stata dura da digerire. Di certo non morirò mai dentro a questa idea ma la terrò come promemoria: i piccoli dopotutto esprimono i propri gusti e preferenze molto in fretta e con una certa decisione, e di ciò, lo ammetto, non mi ricordavo.

un momento di gioco de La Tana dei Tarli e la gioia del divertimento




Conclusione Riscoprire l’importanza del divertimento e rimetterlo centrale nella mia vita come fanno i bambini in ogni singola attività e situazione. Questa è la cosa che mi ha più di tutte trasmesso il mio laboratorio ludico, così con la certezza di volerne fare sempre di più e di partire proprio da quelli per poi scrivere libri e prodotti per l’infanzia. Non quindi da me o da un ricordo e ciò non va per forza a discapito della mia vena creativa. Questo naturale riconoscimento del valore del divertimento mi è rimasto anche a distanza di mesi e mi arricchisce a livello personale. Mettersi in gioco e sciogliermi lo accompagna. Ero molto tesa prima del laboratorio e i piccoli mi hanno mostrato il lato più semplice di molte cose. L’unica conclusione sensata che mi viene in mente per questa tesi è che per me il bambino è tornato come vero ed unico protagonista. Alla fine di un percorso universitario sì, di Fumetto e Illustrazione, ma in cui se ne incontravano ben pochi.



Ringraziamenti Ringrazio la mia famiglia per avermi fatto crescere ad un contesto creativo e sorelle per aver assistito ai miei giochi come “cavieâ€? o compagne. Ringrazio tantissimo anche Claudia Barone, Borgo Indaco e la sua creatrice Valentina Pagliarani per i preziosi consigli e per quello che fanno. La professoressa Viviana Gravano per avermi messo in contatto con Katrièm, e tutti gli altri artigiani che han dimostrato di apprezzare il mio progetto e che han deciso di prenderne parte. Infine ringrazio anche gli insegnanti del triennio di Fumetto e Illustrazione di ABABO che negli anni mi hanno tutti trasmesso qualcosa di particolare che non avrei trovato altrove e di cui sono grata.


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Sitografia: Bruno Rimoldi , brevi informazioni per tutti ed in particolare ad uso di quanti i giochi preferiscono inventarli https://www.linkiesta.it/it/blog-post/2011/09/07/giochi-invenzioni--brevetti-bruno-rimoldi/1774/ Child’s own studio: www.childsown.com/ Eureka, i giovani inventori di giocattoli a Milano https://www.luccaindiretta.it/capannori-e-piana/ item/95208-eureka-i-giovani-inventori-di-giocattoli-a-milano.html fasi progettazione giocattolo: https://www.borgione.it/blog/come-nasce-un-giocattolo https://www.hallab.co.jp/ita/create/process/01/ Greentoys.com La repubblica, Toy Story, come nascono i creatori di giocattoli: https://www.repubblica.it/economia/ miojob/lavoro/2006/12/28/news/toy_story_come_nascono_i_creatori_di_giocattoli-140910526/ La tana dei Tarli: http://www.latanadeitarli.com/ Le bambole di stoffa realizzate da Rosita Rinaldi (Alberobello) https://www.youtube.com/watch?v=HFPcAr0sZFU Mostri 113 di Roberta Cibeu, https://www.mostri113.com Plantoys.com Su Stephen Key, inventore di giocattoli https://mgmtmagazine.com/licensing-di-un-brevetto-tu-inventi-glialtri-fanno-il-lavoro-storia-di-stephen-key-3353637/ Su Tintinnabula Giocattolomuseo: http://www.museodelcavallogiocattolo.it/it/news-eventi-mostre/tintinnabula-giocattolomuseo http://www.lalucertola.org/italiano/giocattolomuseo.html La Lucertola centro gioco: http://www.lalucertola.org/italiano/introduzione.html Tiny Trees universe tinycosmonauts.com/en/tiny-trees-en/ App per bambini: Boisrobert, A., Rigaud, L., Oh! The magic drawing app, 2016: ludocube.fr/portfolio/jeu/oh PIBOCO The picture book collective : https://www.piboco.com Tiny Cosmonauts,Tiny Tree Universe : https://tinycosmonauts.com/en/tiny-trees-en/


Blog e interviste: Come si diventa inventore di giochi? Intervista ad Andrea Angiolino https://www.lenuovemamme.it/il-gioco-come-crescita-lintervista-ad-andrea-angiolino/ Dalla filosofia alla produzione di giochi in legno, due giovani artigiani: https://www.laureatiartigiani. it/2013/06/22/filosofia-produzione-giochi-legno-valori-passato/ Mileto Barbara, “La Giocattolaia, l’artigiana catanese che insegna ai bambini a costruire i giocattoli in legno”, 21 Dicembre 2018, intervista a Claudia Barone, per “identitàinsorgenti.com”. https://www.identitainsorgenti.com/galleries/la-giocattolaia-artigiana-del-legno/?fbclid=IwAR3Ejd3HMtTp _1ubp5-5Mm3ViB1BcvRO7oZ7mMBVNFWP2KhVa0NfM6fmOjU Costruire giocattoli di Claudia Barone https://www.topipittori.it/it/topipittori/costruire-giocattoli Stanca, R M., Judith, la giocattolaia della Val Gardena, 8 Dicembre 2016, “La nuvola del lavoro” di Corriere Corriere.it https://www.groednerpuppe.com/assets/pdf/Corriere-della-Sera.pdf Su Child’s own studio : https://www.rivistastudio.com/lavoretti-bambini-peluche/ Su Gino Chabod: Brambilla Luisa, Ridateci Pinza e Martello, 27 Marzo 2011, Il corriere della sera, rubrica “genitori e figli”. http://ginochabod.altervista.org/falegnameria_didattica_bambini/struttura/ falegnameria%20per%20bambini%20corriere%20della%20sera.pdf Su Sergio Milani inventore di giocattoli http://www.italianways.com/sergio-milani-la-maturita-del-bambino/


Altre creazioni dal laboratorio a Borgo Indaco: In alto, “il millecode” di Gaia e “Stefano” di Elena


In alto, “Mimì” di Laura: ‘Che cosa lo rende speciale?’ ‘ha un cappellino da festa. è sempre pronto per le feste.’ Sotto: “Gigi Burrasca” di Bianca.



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