Dicembre 2014

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Preghiera per ottenere G razie

Come dinanzi a Gesù in fasce nella mangiatoia, il cielo e la terra si fermano per contemplare stupiti la meraviglia di un Dio che si fa bambino, indifeso e fragile come noi; lo stesso accade dinanzi al mistero nascosto nella vita di ciascuna persona.

Ognuno di noi nasconde dentro sé qualcosa di meraviglioso che vale la pena far venir fuori, il mondo ne ha bisogno! Questo è il fascino e lo stupore che animano colui che si fa pastore di anime. La cura per le persone che aveva accanto era una caratteristica tipica di don Giovanni Merlini; in realtà la sua era una cura attenta e delicata per tutto ciò che riguardasse la sua vita; lo si vede nel suo spirito di artista, nella precisione e meticolosità con cui organizzava la sua giornata, nella passione con cui si prendeva cura del suo ministero di predicatore, nell’impegno assiduo con cui si dedicava alla riparazione di tante case dell’istituto, nella pazienza e lungimiranza con cui seppe guidare l’istituto dopo la morte di san Gaspare e di don Biagio Valentini. Questa grande delicatezza d’animo è forse il motivo per cui don Giovanni ha saputo essere un così bravo direttore di spirito. Non furono molte le anime da lui dirette, in realtà la sua direzione si concretizzò soltanto verso Maria De Mattias, la santa fondatrice della congregazione femminile legata al titolo del Preziosissimo Sangue. Don Giovanni essendo missionario non poteva dirigere spiritualmente nessuno, per mancanza di tempo, ma con Maria fu diverso, egli ricevette il beneplacito di san Gaspare, perché entrambi seppero riconoscere nella vita della allora ventenne Maria un particolare disegno di Dio. Per santa Maria De Mattias la direzione di don Giovanni fu un riferimento costante e sicuro, fonte di pace e di stabilità, egli la accompagnò fino al giorno della morte di lei. In tutta la sua vita Maria non si sentì mai sola e poté realizzare così perfettamente la volontà di Dio proprio grazie alla cura di un padre tanto amorevole.

O Santissima Trinità, con tutte le potenze dell’anima mia adoro la vostra maestà infinita e ringrazio la vostra bontà per i doni e i privilegi concessi al vostro Servo don GIOVANNI MERLINI, ardente di zelo per la salute delle anime e apostolo indefesso del Sangue Prezioso. Vi prego di volerlo glorificare anche qui in terra, e per questo vi supplico di donarmi, per sua intercessione, la grazia che umilmente chiedo. Così sia. TRE GLORIA

Dicembre 2014

Anno XXX

Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 Aut. GIPA/C/RM

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Mensile di informazione del Collegio Preziosissimo Sangue

Aut. Trib. di Roma n. 337/84 del 21.9.1984 Edit. C.PP.S. - Via Narni, 29 - 00181 Roma Tel. 06 9320175 - 93291251 - 93291255 - c.c.p. 538009 Dir. resp.: De Vincentis Nico - Stilgraf Cesena

(Romae, die 8 Februarii 1964 Nihil obstat. Nicolaus Ferraro, S.R.C. Ads. Fidei Sub-Promotor Gen.)

“SEI GRANDEMENTE FORTUNATO...” Per sciogliere una promessa e per compiere finalmente un doveroso atto di riconoscenza verso il Ven. Merlini, prego pubblicare quanto segue. Su un furgone viaggiava la famiglia di quattro miei parenti. In un pauroso incidente rimasero tutti feriti, ma l’autista fu estratto dal furgone in condizioni pietose. All’ospedale gli furono riscontrate fratture alle gambe e contusioni in varie parti del corpo; una costola spezzata e conficcata nel polmone; frattura nella zona cervicale, lesioni al cervello e stato comatoso, Una situazione disperata, gravissima che faceva dire ad alcuni: “Sarebbe stato meglio se fosse morto nell’incidente, giacché, se sopravvive, finirà immobilizzato su una sedia a rotelle”. Ci rivolgemmo allora al Ven. Giovanni Merlini con tutta la fede, con tutto il trasporto e con la più viva speranza che egli ci avrebbe certamente impetrato da Dio la grazia della guarigione del nostro infermo. E il Venerabile ce la ottenne! Oggi l’infermo è guarito; infatti egli non solo parla, non solo non ha bisogno della sedia a rotelle, ma ha ripreso la sua attività nel negozio, oltre a quella di un tempo, recandosi a installare bombole di gas presso gli utenti. I dottori, rivedendolo alle visite periodiche di controllo, gli hanno detto: “Sei grandemente fortunato; o piuttosto, tu sei un miracolato!”. Maria Pagliaroli

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Editoriale Il cuore bello del pastore Percorsi di felicità


“Cercate il Signore mentre si fa trovare”: questo il sentimento profondo che accompagna l’arte presepiale. La rappresentazione della natività di Gesù è una delle tradizioni maggiormente radicate nel nostro paese. Percorrendo lo stivale la si trova in mille modi diversi ma tutti con lo stesso messaggio: Dio è vicino, piccolo, uomo! È il mistero celato dietro la grande tradizione del presepe napoletano, dove una folla in corteo svetta accompagnando l’occhio verso la centralità della capanna, su cui dal cielo calano i nove cerchi angelici: tutto il mondo si ferma, cielo e terra si incontrano anche nella nostra vita. È il mistero non solo del Natale, è la bellezza di una esistenza vissuta nell’incontro tra il cielo che scende e l’uomo che desidera salire verso Dio. Il presepe è l’espressione visibile di un cuore inquieto che cerca la pace, che chiede il senso profondo nel caos della quotidianità. Ecco perché da sempre la natività si insinua tra i vicoli affollati della Napoli ottocentesca o nelle larghe vedute della Roma di Rugantino piuttosto che nei deserti della Palestina.

È così che tra i vicoli della Roma dei fori imperiali la capanna si sposta in un angolo, spesso nascosta. È la misteriosa metafora della nostra vita: Dio c’è, è presente, l’uomo lo percepisce, ma spesso lui si fa trovare nella maniera in cui non ci aspettiamo. La capanna è li, tra quella moltitudine di pastori e mercanti, ma in un angolo, pronta a farsi scoprire da chi vuole cercarla con tutto se stesso. L’occhio la cerca tra migliaia di particolari, tra decine di pecorelle, tra dozzine di pastori. Tutto rimanda al mistero che tra quelle casette di gesso e cartone è celato: un Dio che scende nel suo popolo, che oggi forse scende nella nostra vita perché da sempre lo stiamo cercando. ancora una figura ci piace consegnare a chi come noi cerca il Bambino nella vita di tutti i giorni, magari affascinato da questa atmosfera di luci e colori caldi: il pastore! Ce n’è sempre uno con la pecora sulle spalle, il simbolo di chi da Dio è stato trovato, di chi torna dalla capanna perché ha incontrato il Bambino e, come Gesù mostrerà, non può far altro che cambiare la sua vita e prendersi cura delle pecore rimaste indietro sullo scenario di una Betlemme odierna!

Intervistiamo oggi per voi don Vincenzo Giannuzzi c.pp.s, ordinato sacerdote lo scorso 27 settembre. Vi proponiamo la testimonianza di una vita incontrata da Cristo e cambiata per la cura dei fratelli!

come ti senti a pochi giorni dalla tua ordinazione?

Sono felice! Mi rendo conto che devo coscientizzare ancora bene il dono che Dio mi ha fatto della vocazione e dell’ordine sacro. Mi sento più responsabile, ma anche carico. Soprattutto mi sento pieno di fiducia come se il Signore avesse posto un sigillo su questo scambio d’amore!

come il signore si è preso cura di te?

Il Signore non mi ha mai abbandonato, soprattutto in quei momenti bui della mia vita. Ha posto il Suo sguardo su di me, mi ha fatto capire che questa era la mia vocazione: seguirlo attraverso il sacerdozio e il sacerdozio missionario, missionario del Preziosissimo Sangue! Ricordo che nel 2003/2004 mentre ero a Udine come militare, stavo facendo pulizia in mezzo ai miei libri e trovai un calendario di san Gaspare. Ricordo che lo misi da parte anche se san Gaspare era per me una figura sconosciuta, ma sentivo nel cuore che era qualcosa di importante. Chissà forse quello è stato un primo invito da parte del Signore. Soprattutto Il Signore è stato presente con l’Eucaristia! Non posso mai dimenticare le

lunghe chiacchierate fatte davanti a Gesù Eucaristia fin da piccolo nella chiesa del mio paesino. Davanti alle difficoltà io scappavo, fuggivo in chiesa e stavo con Gesù. Sapevo che nell’Eucaristia c’era Lui e che se anche il mondo mi rifiutava avevo in Lui rifugio e difesa.

come ti senti chiamato a prenderti cura degli altri?

Credo che questa sia la domanda centrale che ognuno deve porsi. Penso a Gesù che si è fatto uomo per dirci che Dio è Padre, una paternità che si manifesta nel perdono! Gesù incontrava le persone per ascoltarle, asciugare le loro lacrime. Non si fermava davanti al dramma di ognuno ma li aiutava a scoprire la loro verità: l’essere figli, proprio attraverso il perdono! Il mio riferimento è la figura del pastore che si mette sulle ginocchia la pecorella, un pastore che sta con le pecore, che non le fa pascolare rimanendo a distanza, NO! È questo che sento nel cuore, voglio prendermi cura dell’altro così: guardando negli occhi chi ho davanti e stare, non a distanza, ma essendo presente nella vita delle persone.


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