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Saluto dal redattore

Una breve riflessione sul momento storico che stiamo vivendo.

“Non termina più… non se ne può più… quando vivremo nuovamente senza mascherine e con relazioni umane?”. Si sentono spesso queste espressioni di sofferenza e di impazienza. Inoltre, abbiamo paura del contagio. Nella sua definizione etimologica la voce contagio significa “toccare - essere in contatto”. Nel linguaggio sanitario contatto significa trasmissione di virus ( veleno) che comporta conseguenze gravi e talvolta letali. Nel corso dei secoli abbiamo avuto molte epidemie che hanno cambiato il corso della storia. Il covid-19 non è certo la peggiore pandemia abbattutasi sull’umanità, ma si evidenzia come molto contagiosa e con impatto planetario.

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Una breve lettura per decifrare “i segni dei tempi”.

Questo contagio ha portato specialmente una sfida soprattutto nei riguardi dei più fragili, quali i malati, gli anziani, i disabili, i poveri. Ma tutti sono stati messi alla prova: è cambiato lo stile di vita, siamo stati costretti a abitudini e relazioni diverse, tutto il sistema umano – sanitario, educativo e economico - è stato rivoluzionato, anche la stessa azione pastorale religiosa (di tutte le religioni) ha subito grandi variazioni. L’umanità ha imboccato un nuovo cammino, una nuova storia, un nuovo modo di vivere e di relazionarsi.

• Il covid-19 ha bussato alle nostre porte e alle nostre coscienze e ha spazzato via tante fragili sicurezze. Pensavamo all’inizio che ciò che accadeva in Cina non potesse mai colpire la nostra famiglia e il nostro mondo sviluppato e moderno occidentale. Il contagio è stato un brusco risveglio, un colpo verso un realismo esistenziale per sfatare le nostre sicurezze scientifiche, economiche e sociali. Anche la stessa religione, professata in modo diverso, ci ha fatto capire che tutto è dono prima che diritto, che tutto è provvisorio prima che sicuro, che tutto è mortale prima che eterno.

• Il contagio che si diffondeva velocemente, accompagnato dalla risonanza dei mass media ha seminato paure, si è impossessato delle nostre strade, ha paralizzato i paesi e le città, messo a tacere teatri e imprese. Ha impedito i giochi, gli incontri scolastici e formativi, la gioia dell’amicizia e il caffè al bar, i viaggi e le celebrazioni delle funzioni religiose. Inoltre, ha diffuso il panico tra gli anziani e negli ospedali, ha colmato le nostre storie familiari di necrologi. Tutti i governi hanno cercato di intervenire emanando decreti, più o meno comprensibili, per i cittadini. Il sentimento presente è la paura vissuta da alcuni come attenzione nuova, da altri come ossessione angosciosa. In questo frangente, anche la religione è intervenuta recando coraggio e conforto: “Non abbiate paura, io sono sempre con voi!”.

• Il contagio ha reso necessarie chiusure, ha demolito i miti dell’autosufficienza, della certezza proveniente dalla medicina, della sicurezza della produzione e del lavoro, della forza del progresso. Siamo divenuti, costretti a divenire, più coscienti dei limiti, della precarietà, dell’impotenza dell’uomo e della società. Anche la chiesa è stata costretta ad aderire alle direttive del governo e a svolgere il suo ruolo di prossimità a servizio dei deboli e feriti facendo affidamento in particolare sulla preghiera e sulla grazia divina anziché dipendere in modo prioritario dal "fare".

• Il contagio del covid-19 ha inevitabilmente accresciuto il tasso di solitudine umana, specialmente tra gli anziani, nelle RSA e nei reparti di terapia intensiva. La strategia sanitaria, comprensibile da un lato, ha disumanizzato il morire e creato struggenti traumi. Una solitudine sperimentata da molti, che ha avuto conseguenze psicologiche in tante persone e famiglie, solitudine sentita anche da molti medici e infermieri e anche sacerdoti. D’altro lato molti hanno ritrovato tempo per il silenzio, per la lettura e anche per la riflessione e la preghiera.

• Questa fase della storia ha anche risvegliato aspetti positivi: un senso di fratellanza e di solidarietà universale, e di questo spirito si è fatto interprete Papa Francesco nella recente enciclica “Fratelli tutti”. Tra i tanti segni vorrei ricordare l’impegno solidale da chi ha osservato le disposizioni, i trasportatori di viveri e merci, gli impiegati nei supermercati, la innumerevole schiera dei volontari. Senza mai dimenticare tutto il personale sanitario. Questa pandemia ci ha regalato insegnamenti preziosi: si è meno autoreferenziali, meno presuntuosi e più umili e generosi. Anche molti operatori pastorali hanno compreso che la prossimità vale di più di tanti atti di culto.

• Il covid-19 ha anche fatto crescere, a detta di specialisti, un po’ ovunque l’instabilità mentale, lo stress in molte famiglie, creando anche difficoltà di comprensione e dissesti finanziari. E. Delacroix scriveva: “L’avversità restituisce agli uomini tutte le virtù che la prosperità toglie loro”. Sia vero o no, senza alcun dubbio da questa crisi sono scaturiti dei benefici: come la diminuzione dello smog, meno furti nelle case, una maggiore coscienza universale (siamo tutti sulla stessa barca), spesso un rafforzamento dei legami familiari, un bisogno più vivo di spiritualità e di interiorità. La preghiera e la speranza sono apparsi come gli antidoti della paura e della solitudine.

“Ci sono cose che si imparano meglio nella calma, altre nella tempesta” scrive Villa Cather. La pandemia è stato e deve rimanere per tutti un prolungato bagno di umiltà, ma anche di accresciuta umanità. Il futuro permane incerto, ma la sua forma dipenderà dalle lezioni imparate da questo insegnante rigoroso, nascosto, esigente che si chiama covid-19.

Oggi è nostro compito diventare testimoni di saggezza e di spiritualità, capaci di un nuovo atteggiamento di fratellanza, seminatori di speranza per il mondo futuro.

Padre Gianfranco Maronese

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