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MILANO LunedĂŹ

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settembre 2018 Teatro Leonardo ore 21

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CACCE Una potente orchestra di corni fa echeggiare cacce, galoppi, fanfare e danze popolari, alternandoli – come è giusto – a momenti di dolcezza e di raccoglimento.

I Regi Corni

Artisti del Teatro Regio Natalino Ricciardo, Ugo Favaro, Fabrizio Dindo, Pierluigi Filagna, Evandro Merisio, Eros Tondella, Stefano Fracchia, Vincenzo Ferrante Bannera, Gregorio Dimaria

Il concerto è preceduto da una breve introduzione di Luigi Marzola Johann Sebastian Bach (1685-1750) Preludio e Fuga in la minore BWV 543 Arrangiamento di Lowell E. Shaw Aria “sulla quarta corda” (dalla Suite orchestrale n. 3 in re maggiore BWV 1068) Arrangiamento di Natalino Ricciardo Gioachino Rossini (1792-1868) Squilli e Caccia dall’opera Guglielmo Tell Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Rondeau dal Concerto KV 495 in mi bemolle maggiore per corno e orchestra Arrangiamento di Luciano L’Abbate Carl Maria von Weber (1786-1826) Preghiera e Coro dei cacciatori dall’opera Il franco cacciatore Arrangiamento di Henz Liebert Anton Bruckner (1824-1896) Andante in re bemolle maggiore Arrangiamento Michael Holtzel Richard Wagner (1813-1883) Caccia e Coro dei pellegrini dall’opera Tannhäuser Arrangiamento di Henz Liebert Hans Richter (1843-1916) Wagneriana Suite Thelonius Monk (1917-1982) ’Round Midnight Arrangiamento di Eros Tondella Henry Mancini (1924-1994) Moon River Arrangiamento di Eros Tondella Gioachino Rossini Grande Fanfare Arrangiamento di Joseph Marx

In collaborazione con Teatro Regio

Nel fondamentale Méthode de Cor-alto et Cor-basse (1824) del cornista e didatta Louis François Dauprat leggiamo: «Nonostante le sue imperfezioni, il corno è, di tutti gli strumenti a fiato, il più bello quanto a timbro e intrinseca qualità di suono, mentre le emozioni suscitate dal suo fascino sonoro sono generalmente considerate irresistibili». Dichiarazione forse un po’ troppo partigiana, ma che rileva il momento felicissimo di uno strumento, il corno naturale, andato incontro proprio in quegli anni a una vera rivoluzione meccanica grazie a costruttori tedeschi e boemi che, introducendo una “macchina” azionata con la mano sinistra, amplificarono l’estensione cromatica dei tradizionali armonici acuti deviando l’aria in valvole e tubature aggiuntive. Riservato fino ad allora all’uso a cavallo durante le battute di caccia (in tedesco Waldhorn, “corno della foresta”) o come segnale di richiamo in guerra, lo strumento era dotato di canneggi smontabili che permettevano esecuzioni in varie tonalità, mentre la mano destra inserita nella “campana” consentiva di ottenere le note “artificiali” mancanti della serie armonica. L’inserimento in orchestra e l’accresciuto interesse da parte dei compositori fra Sei e Settecento ne ampliarono le possibilità creative sotto il profilo sia melodico (con tanti spunti solistici) sia armonico (in unione con altri strumenti a fiato). Il timbro versatile del corno, capace di sonorità tanto squillanti quanto meditative, ben si confaceva all’esercizio virtuosistico degli adattamenti dall’organo delle fantasie coeve di Bach (dal Preludio e Fuga in la minore BWV 543 al secondo tempo della Suite n. 3 in re maggiore BWV 1068, o “Aria sulla quarta corda”) o ai grandi lavori orchestrali pervasi da vivaci atmosfere come il Rondeau finale dal Concerto n. 4 in mi bemolle maggiore KV 495 di Mozart. Fu tuttavia nel corso dell’Ottocento che lo strumento, forte dell’innovazione tecnologica del moderno corno doppio in fa-si bemolle, entrò in sintonia con la folla di Naturlaute, di voci della natura che invasero pagine e pagine di canti popolari (tra il 1805 e il 1808 fu pubblicata anche la raccolta del Corno magico del fanciullo) e teatro musicale, specialmente in terra tedesca. Stormir di fronde, scrosciar di ruscelli, alitar di venti: scenari eletti della sensibilità romantica, in cui il corno, da emblema della foresta e della montagna incontaminate, nonché attributo del cacciatore sulla scena, diventava sempre più veicolo di un senso di lontananza intimo, fino al misterioso brusio timbrico che accompagna l’apparizione dell’elmo

magico nel Ring wagneriano. L’apripista di questa tendenza fu, ovviamente, Il franco cacciatore (Der Freischütz, 1821) di Weber, che di quella tradizione poetica costituì il prodotto migliore: nel Coro di cacciatori e nella Preghiera del terzo atto, scritti su una melodia dagli intervalli “naturali”, il corno esplicita la profonda purezza della vita campestre, tra bicchieri che si toccano e grida di giubilo. Ma non mancarono esempi nostrani ispirati all’esplorazione di regioni della storia e della geografia d’Oltralpe, uno su tutti il Rossini del Guglielmo Tell, con gli arabeschi del corno inglese contrappuntati dal flauto nell’Andante dell’Ouverture, e della fanfara per quattro corni da caccia e orchestra Rendez-vous de chasse (1828, conosciuta anche come Grande Fanfare). Wagner fu comunque il compositore che se ne servì di più nei suoi organici: per facilitare l’esecuzione nel registro grave, pensando alle caratteristiche di un trombone tenore o basso, ideò persino la tuba wagneriana (o corno basso). Strumento abbastanza raro, trovò impiego nelle sezioni “caratteristiche” delle sue opere (il Coro dei pellegrini e i richiami paesaggistici dei dodici corni da caccia dietro le quinte nel primo atto del Tannhäuser); ma anche nei lavori di epigoni come Anton Bruckner, che lo dotò spesso nei suoi Andanti di un’intenzione naturalistica velata di malinconia ma capace anche di esuberanti esplosioni sonore, o come il cornista e direttore d’orchestra (del primo ciclo del Ring) Hans Richter, autore di una suite Wagneriana per quattro corni su temi adattati dal repertorio operistico del maestro di Bayreuth. A metà Novecento il corno fu introdotto persino nel jazz per creare un suono più rarefatto rispetto al tradizionale bepop. Linee sinuose e struggenti che ben si adattano sia a classici standard del genere come ’Round Midnight sia alle melodie sofisticate di celebri canzoni anni Sessanta come Moon River, scritta da Henry Mancini e Johnny Mercer per il film Colazione da Tiffany. Valentina Crosetto Per gentile concessione del Teatro Regio

L’Ensemble I Regi Corni è formato da tutta la sezione corni dell’Orchestra del Teatro Regio, con l’aggiunta di due musicisti, collaboratori abituali dell’orchestra. La finalità, oltre alla crescita professionale, è quella di diffondere la conoscenza del proprio strumento, del suo repertorio, della sua storia e delle sue varianti: corno naturale, trompe de chasse e tuba wagneriana. Il repertorio affrontato è in parte originale e in parte frutto di trascrizioni di importanti pagine di autori, che vanno dalla musica barocca ai giorni nostri, dal repertorio strumentale a quello operistico, fino alla musica leggera.


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