Torino Aula Magna Cavallerizza Reale
Quartetto Con Moto
MercoledĂŹ 09.IX.2015 ore 17
Haydn Schubert
36
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Franz Joseph Haydn (1732-1809) Quartetto in fa maggiore op. 77 n. 2 Hob. III:82 “Lobkowitz-Quartett” Allegro moderato Minuetto. Presto e Trio Andante Finale. Vivace assai
Franz Schubert (1797-1828) Quartetto n. 1 in sol minore/si bemolle maggiore D. 18 Andante Presto vivace Minuetto. Trio Andante Presto ***** Franz Joseph Haydn Quartetto in sol maggiore op. 76 n. 1 Hob. III:75 “Erdödy-Quartette n. 1” Allegro con spirito Adagio sostenuto Minuetto. Presto e Trio Finale. Allegro ma non troppo
Quartetto Con Moto Stefan Smoly, violino Emil Tomoya Geber, violino Stephanie Drach, viola Elisabeth Smoly, violoncello
In collaborazione con Haydn Festspiele Eisenstadt Università degli Studi di Torino 3
Il Quartetto per archi (due violini, viola e violoncello) si sviluppò intorno al 1760, come evoluzione di precedenti esperienze del periodo barocco. Esistevano allora diverse tradizioni europee del “suonare a quattro”, a cominciare da una deriva delle forme sonatistiche e concertistiche italiane: tipico era il concertino a quattro, come parte solistica del “concerto grosso”; ma esisteva anche una scrittura “a quattro” più complessa e nobile, che faceva tesoro di una tecnica contrappuntistica di ascendenza vocale: se ne trovano teorizzazioni nei trattati di Bononcini (1673) e poi di Veracini (1768): una pratica che tende ad assegnare una pari dignità ai quattro archi. Tale tecnica avrà un ruolo primario nella creazione di una concezione intellettualistica del Quartetto, che si affermerà nell’età “classica”. Se in Francia prevarrà la concezione del quatuor brillant, in cui una parte domina melodicamente sulle altre, in Germania e in Austria la solida tradizione contrappuntistica chiesastica assicurerà la fortuna del Quartetto “intellettuale”, peraltro addolcito dall’influsso di musiche “popolari” d’intrattenimento come i Divertimenti e le Serenate. Si diffondeva intanto un dilettantismo musicale ad alto livello, che vedeva spesso coinvolti nobili e sovrani (basti pensare a Federico il Grande in Prussia e a Carlo Teodoro a Mannheim) e che favoriva la raffinatezza tipica delle forme quartettistiche. Le op. 1 e 2 di Haydn e l’op. 1 di Boccherini sono assai significative in tal senso. Il Quartetto adotterà generalmente la forma-sonata in quattro tempi, secondo gli schemi codificati da Haydn, ma conserverà sempre la tendenza a una certa mobilità idiomatica. A Vienna, il Quartetto-Divertimento non è alieno dall’accogliere forme fugate, sulla scia di Fux e del suo allievo Werner, attivo presso la nobile famiglia degli Esterházy all’epoca in cui vi entrò Haydn, nel 1761. Se nei primi Quartetti, che cominciarono a comparire già dal 1757, con l’iniziale scopo di allietare le serate estive del principe Fürnberg, Haydn si attiene per lo più al genere del QuartettoDivertimento, con qualche impennata virtuosistica del primo violino, nelle successive op. 9, 17 e 20, dei primi anni Settanta, l’autore sviluppa in modo omogeneo le parti di tutti e quattro gli strumenti, creando fra loro una solida “musica di conversazione”, secondo un ideale settecentesco, non priva di qualche tensione drammatica nello stile dello Sturm und Drang. Con i sei Quartetti “Russi” dell’op 33 (1781), il Maestro austriaco propone un modello quartettistico ideato all’insegna dell’equilibrio e della misura, che s’impone in varie direzioni: nel rapporto fra le quattro parti, nel bilanciamento fra scrittura dotta, contrappuntistica, e amabilità giocosa, nella pacata e pur intensa espressione delle emozioni. Non è un caso che Mozart, gettatosi con fortuna e con alcune 4
geniali intuizioni armoniche nell’agone quartettistico già dal 17721773, dedicasse a Haydn sei Quartetti composti dal 1782 al 1785. Nelle raccolte haydniane op. 50, 54, 55 e 64 si afferma vieppiù la chiarezza strutturale, e nei successivi Quartetti dedicati al conte Anton Apponyi, op. 71 e 74, ultimati nel 1793, fra i due viaggi di Haydn a Londra, si evidenzia una pienezza di suono che li rende parenti prossimi delle Sinfonie dette, appunto, Londinesi. Nelle ultime raccolte figurano come dedicatari alcuni dei più illustri mecenati viennesi, che sostennero anche il giovane Beethoven (per qualche tempo allievo di Haydn): un milieu nobiliare che comprendeva il conte Apponyi, il principe Lobkowitz, il conte Razumowskij, il conte Joseph Erdödy. Questo l’ambiente in cui nacquero, alla fine degli anni Novanta, gli ultimi Quartetti haydniani, op. 76 e 77, mentre Beethoven già lavorava ai suoi sei Quartetti dell’op. 18, pubblicati nel 1801 e dedicati, come l’op. 77 di Haydn, al principe Lobkowitz. Probabilmente Haydn concepì le sue op. 76 e 77 già pensando a un’esecuzione destinata al quartetto guidato dal violinista Ignaz Schuppanzigh, formazione divenuta in seguito famosa per aver eseguito molti Quartetti beethoveniani. Haydn iniziò a lavorare ai sei Quartetti op. 76 nel 1796, contemporaneamente all’oratorio La Creazione, ma essi uscirono a stampa solo nel 1799, a Londra e a Vienna, presso Artaria, edizione in cui recano la dedica al conte Joseph Erdödy, che verosimilmente li aveva commissionati. Nello stesso 1799 l’autore si accinse a comporre l’op. 77, per il principe Lobkowitz: in origine doveva trattarsi di tre quartetti, ma Haydn riuscì a completarne soltanto due, più il movimento lento e il minuetto di un terzo. Più volte, durante la composizione delle op. 76 e 77, il musicista fece allusione alla sua debolezza dovuta all’età e alle precarie condizioni di salute; certo la bellezza e l’armonia formale di questi ultimi Quartetti non ne risentono: anzi, alcuni aspetti, come l’impiego della variazione, l’uso frequente di un rapporto di terza fra le aree tonali, il ricorso a una modulazione enarmonica fanno presagire le ricerche idiomatiche dei Quartetti di Beethoven, addirittura degli audacissimi ultimi: difficile pensare che in tale fase di “passaggio del testimone” fra Haydn e Beethoven non si realizzasse fra i due musicisti uno scambio reciproco di esperienze e tentativi, non meno fecondo di quello che, anni prima, si era creato fra Haydn e Mozart. Ma insieme alle aperture verso il futuro, nella conchiusa perfezione di queste ultime opere haydniane appare una soffusa, autunnale malinconia: nel tempo lento del terzo Quartetto dell’op. 76, la melodia pacata e solenne che, unita alle parole “Dio salvi il nostro Imperatore e protegga la nostra terra”, divenne l’inno nazionale austriaco, si presenta dolce e priva di trionfalismo, 5
quasi come se l’autore, con più di un secolo di anticipo, presentisse la fine di quell’“Austria felix”. Nel primo Quartetto dell’op. 76, in sol maggiore, l’Allegro con spirito iniziale si apre con tre accordi introduttivi, mentre il tema vero e proprio viene affidato al violoncello (strumento per il quale anche Schubert mostrerà sovente una preferenza), e ripreso poi dagli altri strumenti in forma fugata. Un secondo tema esposto dal primo violino non compete con la potenza del primo, destinato a dominare anche la sezione di “sviluppo”. Una melodia tranquilla, “a mezza voce”, contrassegna l’Adagio sostenuto, che ben presto ospita tuttavia diminuzioni ritmiche, con dialoghi, anche fortemente contrastanti, fra gli strumenti estremi, violino e violoncello (verso la pacificante conclusione vi partecipa per un momento anche la viola, con la consueta discrezione connessa al suo ruolo). Il Minuetto, cromatico, da accentare in uno, ha già i caratteri dello Scherzo beethoveniano, e il seguente Trio ha un inconfondibile andamento danzistico nazional-popolare. Il Finale, ancora in forma-sonata bitematica tripartita come il primo Allegro, si presenta curiosamente in sol minore e gioca sulla modulazione e sul contrasto di modo, oltre che su quello dinamico. La presenza inopinata del modo minore in un movimento che dovrebbe essere brillante vi apporta un tocco tempestoso e risponde a una tendenza a occasionali depistaggi armonici spesso riscontrabile in Haydn, e rapportabile a una sua versione personale della “poetica della meraviglia” di derivazione barocca. Nella “ripresa”, il recupero del modo maggiore fa ad ogni modo virare il brano verso un sorridente ottimismo, cui cooperano le scherzose alternanze di suono “pizzicato” e “con l’arco”. I due Quartetti dell’op. 77, composti per Franz Joseph Maximilian Lobkowitz, furono pubblicati a Vienna da Artaria nel 1802 e poi a Londra da Clementi (ciò che rimane del terzo Quartetto uscirà a stampa solo nel 1806, con una dedica al conte Moritz von Fries, al quale l’autore aveva promesso dei quintetti che la mancanza di forze non gli consentì di comporre). Il Quartetto n. 2 in fa maggiore offre un tipico esempio d’impiego di tonalità in relazione di terza: il Trio del Minuetto è in re bemolle e il movimento lento è in re maggiore. L’Allegro moderato di apertura esordisce con un sereno tema mozartiano esposto dal primo violino, motivo che più avanti, passando al secondo violino, farà da sfondo a un nuovo spunto: l’autore qui non cerca tanto un’antitesi tematica, differentemente da Beethoven, quanto piuttosto un’integrazione fra i temi, indicativa della ricerca di una sorta di “armonia universale”. Ma la sezione di sviluppo è audacemente cromatica e modulante, e fa emergere un fondo oscuro, che era stato saldamente tenuto a 6
bada nell’esposizione e lo sarà di nuovo nella “ripresa”. Anche qui il Minuetto assume il carattere di Scherzo, e curiosa è la Coda del Trio, che riporta gradualmente alle figurazioni e alla tonalità del Minuetto. L’Andante si presenta elaborato, con uso delle tecniche del contrappunto, della variazione e del contrasto maggiore-minore. Nel Finale, l’andamento di danza tedesca in 3/4 si combina con echi folklorici ungheresi, in buona parte responsabili di garbati tocchi umoristici, che si esplicitano in particolare in un giocoso rincorrersi degli strumenti. Se gli ultimi Quartetti di Haydn rappresentano il culmine di una civiltà antica, e il quartettismo di Beethoven si rivelerà invece, nei primi decenni dell’Ottocento, teso a uno sperimentalismo razionalistico, i cui esiti estremi saranno compresi addirittura solo nel Novecento, la posizione di Schubert nella musica da camera appare affatto particolare. Erede del quartettismo viennese e fervente ammiratore di Beethoven, Schubert dà alla sua produzione strumentale da camera un’impronta originale che gli deriva dalla pratica del suo genere prediletto: il Lied per voce e pianoforte. Anche quando l’autore non accoglie nella sua opera strumentale vere e proprie melodie di Lieder, essa appare sempre dominata da un ideale di cantabilità. Il Quartetto in sol minore/si bemolle maggiore D. 18 è in realtà una composizione assai precoce: assegnata dal Deutsch al 1812, è stata da studi più recenti ricondotta al 1810-1811: un tentativo dell’adolescente Schubert, legato in parte a tradizioni precedenti, ma per altri aspetti nuovo e audace. Definito “armonicamente illogico” per le inconsuete relazioni tonali fra le varie parti (sol minore e si bemolle maggiore sono solo due poli tonali, che contrassegnano essenzialmente l’inizio e la fine dell’opera), il Quartetto rivela già una tendenza che sarà dello Schubert maturo (nel Trio con pianoforte op. 100 il compositore toccherà in un solo movimento dodici tonalità diverse): il succedersi delle tonalità, le modulazioni non sono pianificate secondo rapporti “razionali”: come un “cantastorie medievale” (Georgiades), il musicista romanticamente si rivolge a un pubblico non necessariamente colto, con il quale però può instaurare una relazione di comprensione sulla base della sensibilità; è importante dunque ciò che l’autore dice in musica, non tanto l’altezza delle note (e quindi anche la tonalità) con cui lo dice. Se un personaggio ricorrente nei Lieder schubertiani è il Wanderer, il viandante in perpetua ricerca dell’ideale, Schubert si rivela un Wanderer dell’armonia, vagando fra le tonalità anche quando non canta con la voce, ma con gli strumenti. Il rapsodismo armonico del Quartetto D. 18 si accompagna del resto a un’interessante ricerca melodica. 7
Già l’Andante introduttivo contiene materiale tematico che farà da “collante” nel Quartetto, sì che questo assume un carattere ciclico, che sarà proprio di un Romanticismo molto più avanzato. Il motivo ricorrente è un frammento melodico ascendente, che si ripete qui su vari gradi; violenti contrasti dinamici e brusche interruzioni gli conferiscono un’aura misteriosa e vagamente minacciosa. La tonalità iniziale fa in realtà pensare a un do minore; il sol minore si affaccia alla seconda riesposizione del tema, che sembra però non trovare un ubi consistam, e si ripete ancora e ancora. Nel Presto vivace tale frammento tematico si ripropone su un pedale di sol, con il ritmo mutato da binario a ternario, e in imitazione fra i tre strumenti acuti; ma la mobilità del procedere armonico è tale da rendere problematica la percezione della tonalità: dopo una parte tempestosa, modulante e aperta a un contrappunto che ospita anche artifici come l’inversione del tema (in senso discendente), solo la coda finale riconduce al sol di partenza. Il Minuetto, “dolce, con sordino”, affida il suo tema (che ricorda vagamente il motivo precedente) al primo violino, e si presenta in un sereno fa maggiore, mentre il Trio, con uno spunto molto simile, figura alla Dominante (do). Sempre un incipit di tre note ascendenti contraddistingue l’Andante successivo, la cui melodia, esposta dal primo violino, muove dal si bemolle; ma anche qui la malferma nota “di base” è riguadagnata, e in modo armonicamente esitante, nella coda, dopo un itinerario gravitante verso la nuova Dominante. Il robusto tema del Presto conclusivo sembra voler affermare il si bemolle maggiore, ma ancora una volta nuovi trasformismi armonici, uniti al ritorno delle tre inquietanti note ascendenti, vera sigla di tutto il Quartetto, spingono il brano al largo, e lo trascinano in un vortice fugato sul do maggiore. Il definitivo ritorno, nella chiusa, al si bemolle maggiore, ha pertanto il sapore di un approdo finalmente raggiunto dopo un lungo e faticato cammino. Giulia Giachin
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Il Quartetto Con Moto è stato fondato nel 2009 a Mödling, Austria, loro città natale, sotto la guida di Hanna Widl. I giovani musicisti hanno vinto numerosi primi premi al Concorso nazionale “Prima la musica” sia come solisti, sia in ensemble. Nel 2009 sono stati invitati a suonare al Concorso Charles Hennen di Heerlen in Olanda; negli anni seguenti hanno poi suonato a Malta, in Italia e in Germania, oltre a tenere regolari concerti in Austria. Inoltre, il Quartetto è stato ospite in festival di musica da camera come Klangbogen Festival Mödling e Kalkalpen Chamber Music Festival in Austria e agli Internationale Haydntage 2015. Nel 2012 e 2013 il giovane ensemble ha ottenuto una borsa di studio presso il Festival di musica da camera isa - Internationale Sommerakademie der mdw, dove ha avuto l’opportunità di lavorare con numerosi importanti musicisti e insegnanti come Andras Keller (Keller Quartet), Evgenia Epshtein (Aviv Quartet), Petr Prause (Talich Quartet) e Miguel da Silva (Quatuor Ysaÿe). Nel 2015 ha vinto il premio Hajek & Boss & Wagner. Dal 2014 ha studiato musica da camera con Johannes Meissl dell’Artis Quartet alla Universität für Musik und darstellende Kunst Wien; lavora inoltre frequentemente con Hatto Beyerle (Alban Berg Quartet).
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