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MAGNANO Monastero di Bose Chiesa Monastica Ecumenica

Enerbia Eudaimonia

Domenica 20.IX.2015 ore 16

Vernans Rosa Il fiore dell’Antifonario di Bobbio

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Vernans Rosa Il fiore dell’Antifonario di Bobbio

Enerbia Eudaimonia Maddalena Scagnelli, voce, salterio Elisa Dal Corso, Anna Perotti, voce, percussioni Lucia Dal Corso, voce, flauti dritti Adriano Sangineto, arpa Carlo Gandolfi, piffero, ciaramella Con la partecipazione di Franco Guglielmetti, fisarmonica

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Quando il monaco irlandese Colombano giunge in Val Trebbia nel 614 e lì fonda il nucleo originario del Monastero di Bobbio, proviene da lunghi anni di viaggio attraverso l’Europa. Nella sua complessa peregrinatio che dalla natia Irlanda lo ha portato in Galles, Cornovaglia, Bretagna, Francia, Germania, Svizzera in compagnia di dodici discepoli, ha incontrato sovrani e fondato monasteri. Da alcuni compagni di viaggio si è separato: il più celebre è san Gallo, a sua volta fondatore dell’omonimo cenobio svizzero. È un settantenne indomito quello che approda in Italia e ottiene dalla corte longobarda le terre appenniniche sul crinale che dalla Pianura Padana giunge al Mar Ligure. Questi territori costituiscono quello che potremmo definire un confine perenne tra il mondo continentale e il mondo mediterraneo. Già in epoca classica sono luogo di scontri continui tra Romani e Liguri, via di fuga per Annibale sconfitto nella battaglia della Trebbia più a valle. Al tempo di Colombano la valle delimita le aree di influenza tra Bizantini e Longobardi. Ancora nel secolo scorso il poeta Giorgio Caproni li chiamerà i “luoghi non giurisdizionali”. Ad appena un anno dalla sua venuta in Val Trebbia, nel 615 Colombano muore ma la piccola comunità di discepoli si consolida velocemente e il monastero diviene uno dei più importanti centri di cultura europei. Tra le figure luminose del periodo di maggiore sviluppo del cenobio, a cavallo dell’anno mille, ricordiamo quella di Gerberto di Aurillac, matematico, astronomo e musicista, prima abate di Bobbio, poi papa con il nome di Silvestro II. In questi anni lo scriptorium di Bobbio con la sua biblioteca divengono celebri e dal Nord-Ovest italiano l’influenza del monastero giunge sino al Lago di Garda e alla Romagna. Il concerto presenta una silloge del manoscritto F.I.4. conservato alla Biblioteca Nazionale di Torino databile alla metà del Trecento. È un momento di decadenza sia del mondo monastico nel suo complesso sia di Bobbio, che si trova ormai lontano dai centri più vitali e dalle città padane che si contendono i suoi possedimenti. Ma l’attività culturale continua malgrado la perdita di influenza politica e questa splendida raccolta ne è la testimonianza. Sono laudi monodiche, un genere molto diffuso nella pratica devozionale italiana del tempo. Il titolo della raccolta Laudes quedam pulcherrime de Nativitate Domini et de Beata Maria ci rivela già che le laudi hanno argomento mariano e natalizio. La forma è strofica, assai simile a quella della ballata e il rapporto tra il testo e la melodia è sillabico con l’utilizzo dei modi ritmici.

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Particolarmente interessante il latino dei testi, già contaminato dal volgare e con frequenti rime: Beata es Maria Virgo dulcis et pia Candore vinces lilia Et rosa sine spina Sanctorum melodia. Il programma proporrà il confronto delle laudi bobbiesi con celebri brani tratti dalle Cantigas de Santa Maria, dal British Codex, dal Libre Vermell, dal Laudario di Cortona, in modo da delineare un percorso nella devozione mariana tardo medievale. Il simbolo della rosa, fiore tra i fiori, sarà il filo conduttore tematico che ci porterà sino ai brani della tradizione popolare dell’Appennino. Un frammento del testo di un canto di questua primaverile dal titolo La Santa Croce recita: L’è rivà la santa Croce, l’erba con i fiori L’è venuta una brinata, l’erba se n’è andata L’è venuta la rugiada l’erba l’è tornata In co’dell’orto l’è fiorì la rosa. La Val Trebbia e le valli limitrofe ospitano ancora oggi una tradizione musicale che è caratterizzata da strumenti originali ad ancia doppia, canti, riti, danze. Il nostro lavoro di musicisti e ricercatori vuole mantenerne la memoria e la pratica. Perché è tra le melodie e le parole di un canto trasmesso oralmente e mai dimenticato, in un frammento di una danza desueta, nel timbro aspro di una zampogna popolare che improvvisamente e sorprendentemente il mondo antico ancora risuona, pur nelle trasformazioni, vivo, nella sua inesausta bellezza. Maddalena Scagnelli

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Maddalena Scagnelli si dedica da anni, con i gruppi Enerbia ed Eudaimonia, alla valorizzazione degli antichi repertori musicali dell’Appennino nord-occidentale. Fin dall’antichità le valli appenniniche al confine tra Lombardia, Piemonte, Emilia e Liguria connettono il mondo continentale europeo con il Mediterraneo attraverso le vie del sale e le varianti della Via Francigena e ospitano ancor oggi una tradizione musicale di inesausta vitalità. Gli ultimi progetti esplorano i rapporti fra la tradizione colta e quella popolare e le connessioni tra musica, letteratura e immagine. Enerbia è stato invitato in molti festival italiani, oltre che in Svizzera, Austria, Francia, Inghilterra, Stati Uniti. Negli ultimi anni le produzioni legate all’arte e alla letteratura sono state ospitate al Museo del Novecento e alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, all’Auditorium dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e al Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni di Roma, al Palazzo Farnese di Piacenza, al Museo Guatelli di Parma, al Museo verdiano Casa Barezzi di Busseto, a MITO SettembreMusica, al Festival di Poesia di Genova, al Festival LetterAltura sul Lago Maggiore. Il gruppo Enerbia ha collaborato con i registi Ermanno Olmi, Giuseppe Bertolucci, Marco Bellocchio, Alessandro Scillitani; con Paolo Rumiz ha partecipato al film documentario La Grande Guerra distribuito con «La Repubblica». Nel 2012 il gruppo ha realizzato il recital di musica e poesia Così lontano l’azzurro dedicato al poeta Giorgio Caproni. Nel 2013 è uscito il cd Per viam – viaggio d’inverno, presentato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, che contiene brani antichi provenienti dallo scriptorium del monastero di San Colombano di Bobbio, insieme a brani della tradizione popolare. L’ultima produzione di musica e letteratura è stata dedicata ai trovatori provenzali che furono ospiti della famiglia Malaspina nelle corti tra Val Staffora, Curone e Trebbia. Franco Guglielmetti è un fisarmonicista dell’Appennino, memoria storica della tradizione musicale chiamata delle “Quattro Province”, la zona di confine tra Piemonte (Alessandria), Lombardia (Pavia), Emilia (Piacenza) e Liguria (Genova).

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La Compagnia di San Paolo è una delle maggiori fondazioni private in Europa. Istituita nel 1563, la sua missione è favorire lo sviluppo civile, culturale ed economico delle comunità in cui opera, perseguendo finalità di interesse pubblico e utilità sociale. I redditi prodotti dal suo patrimonio, accumulato nei secoli, sono posti al servizio di queste finalità istituzionali. La Compagnia di San Paolo è attiva nei settori della ricerca e istruzione superiore, delle politiche sociali, della sanità, del patrimonio artistico e delle attività culturali. È membro del European Foundation Centre (EFC) e dell’ACRI, l’Associazione italiana delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio.

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Impaginazione e stampa: Alzani Tipografia - Pinerolo (TO)


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