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per la città 07/23 09 2015
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17.IX giovedì www.mitosettembremusica.it
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ore 21
Torino Teatro Monterosa
Quartetto Jazz dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Piazzolla Bolling
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LA MUSICA È ASSICURATA
Astor Piazzolla (1921-1992) Le Grand Tango per violoncello e pianoforte Claude Bolling (1930) Suite per violoncello e jazz piano trio Baroque in Rhythm Concertante Galop Ballade Romantique Cello Fan
Quartetto Jazz dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Massimo Macrì, violoncello Giacomo Fuga, pianoforte Claudio Romano, batteria Antonello Labanca, contrabbasso
In collaborazione con Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Dopo esordi assai incerti, la “Primera época” del tango va dal 1880 ai primi del Novecento, quando si balla fra uomini nei quartieri malfamati di Buenos Aires; a quell’epoca è precluso alle donne perché è considerato sconveniente per loro esibirsi nei caffè e nelle case di piacere. Gli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale sono il momento dello stile detto “Guardia Vieja”; vi si dedicano autori giovanissimi, dediti a mestieri modesti, spesso digiuni di studi musicali, che eseguono a orecchio e improvvisano. Ora il tango è il genere in voga in tutte le classi sociali e al momento dell’Esposizione Universale raggiunge Parigi, capitale delle mode. È lo scandalo, qualcuno vorrebbe proibirne le esecuzioni giudicate “indecenti”.
Il 14 ottobre 1917 è per convenzione il momento in cui inizia il genere del tango cantato: Carlos Gardel intona Mi noche triste. S’inaugura il periodo della “Guardia Nueva”, quando l’orchestra di tango raggiunge anche 70 elementi, adotta nuovi strumenti, fa esperienze sinfoniche, avviene la contaminazione con il jazz e si fa uso di dissonanze ed elementi musicali innovativi; nasce la scuola di bandoneón e si definiscono tre generi di tango: tango romanza, strumentale, tango milonga, da ballare, tango canción, in cui il testo poetico è preminente. Astor Piazzolla intuisce per primo che il tango non può rimanere per sempre uguale a se stesso se non a costo dell’inaridimento creativo; attua dunque una sintesi tra il sofisticato stile classico e la passionalità dei suoni sudamericani. Nato nel 1921 a Mar del Plata, inizia a studiare il bandoneón a nove anni, a tredici ne domina già la tecnica e accompagna Gardel nel film El día que me quieras. È polemico, arbitrario, ma ha spunti geniali, rappresenta il diverso, il nuovo, il cambiamento, sperimentando quotidianamente. «Sono stanco di sentirmi dire che ciò che faccio non è tango – risponde ai tradizionalisti – dico loro che va bene, che ciò che faccio, se vogliono, è musica di Buenos Aires. Ma la musica di Buenos Aires come si chiama? Tango. Allora ciò che faccio è tango». Al momento dell’esordio come compositore, la padronanza della tecnica del bandoneón unita agli studi di impronta classica sotto la guida di Ginastera e Bela Wilda (allievo di Rachmaninov) lo portano a inserire bandoneones in un’opera di musica colta, provocando scandalo; Nadia Boulanger, a Parigi, lo esorta a continuare sulla strada del tango, dandogli fiducia in se stesso, convincendolo che è uomo di tango. Le Grand Tango è in un unico movimento, come un “recinto” (che è il significato etimologico della parola tango nell’antico gergo ispanico), il ghetto dove erano confinati gli schiavi africani e i gitani che con l’apporto del loro patrimonio musicale diedero vita al tango, infatti in questo genere confluiscono e convivono l’habanera, il tango andaluso, la milonga pampeana, il candombe africano. Il brano, scritto per Mstislav Rostropovič, fu pubblicato a Parigi nel 1982; delle tre sezioni in cui è articolato la prima, “Tempo di tango”, ha ritmi fortemente accentati e un uso della sincope al fine dell’effetto espressivo. L’unico momento di rilassamento è il cantabile centrale, che contiene un ampio episodio di dialogo tra violoncello e pianoforte e dove anche la parte di quest’ultimo si ammorbidisce a sostegno della cantabilità del violoncello che reca lo spirito struggente del tablao flamenco; il resto della partitura propone l’uso percussivo, ritmico, di violoncello e pianoforte – percussione e ritmo sono il retaggio di ascendenza africana – che sovente ingaggiano una lotta dialogica tra loro, con un risultato ricco di forza drammatica. La parte del violoncello, soprattutto alla fine, è molto impegnativa tecnicamente, virtuosistica, per rafforzare la partitura ha accordi a corde doppie e sequenze in ottava, è ricca di glissé e di portamenti, fortemente cromatica e accoglie il connotato ritmico. Anche la Suite per violoncello e jazz piano trio di Claude Bolling è dedicata a un grande violoncellista, Yo-yo Ma. La produzione del
musicista francese si colloca nel rispetto della grande tradizione del jazz di Scott Joplin, Fats Waller e Duke Ellington; alla passione per lo stile di New Orleans – divampata quando aveva quindici anni e si rivelò bambino prodigio a un concorso pianistico – affiancò lo studio di pianoforte classico e jazz, armonia, contrappunto, orchestrazione e scrittura jazz, avendo così modo di inventare anche una forma nuova, la “cross-over music”, mescolanza eterogenea in cui coabitano la sintassi del jazz e quella classica. La Suite per violoncello è in sei movimenti. Baroque in Rhythm è una pagina con interpolazioni di boogie-woogie e ragtime in un contesto contrappuntistico; la definizione del movimento è perfettamente calzante a ciò che è nella sostanza: fa il verso allo stile barocco (Yo-yo Ma era alla ricerca di un pezzo che gettasse un ponte tra il già scritto e il futuro), vi si scorge della musica “alla Vivaldi” in veste acida, intanto il ritmo incalza, compito affidato alla batteria anche nella distensione della parte centrale quando, con le spazzole, anticipa il canto del violoncello. Concertante, in forma rondò, propone lunghi passi lirici, ma nel centro compare la parentesi swingata e il finale è in stile blues; Galop è un brano percussivo, ruvido, in esso è più che mai evidente il sostegno ritmico affidato alle percussioni, tuttavia il violoncello non rinuncia a momenti di intensa cantabilità; Ballade è ricca di influenze di Rachmaninov, ma anche di Gershwin; Romantique cala in un’atmosfera classica, la cantabilità del pezzo è romantica, quasi chopiniana; Cello Fan con il suo moto perpetuo fa esplicito riferimento allo stile barocco, rivisitato con una scrittura trasparente, mai ridondante, mentre lo spirito creativo del jazz riemerge nella sezione centrale e dà spazio all’improvvisazione che recherà una strepitosa cadenza del contrabbasso. Monica Rosolen
Nel 1931 fu fondata a Torino la prima orchestra sinfonica dell’ente radiofonico pubblico, a cui si aggiunsero le orchestre di Roma, Milano e Napoli. L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nacque nel 1994 dalla loro unificazione, divenendo una delle orchestre più prestigiose d’Italia. Dal novembre 2009 Juraj Valčuha ne è direttore principale. Con la presenza nei palinsesti radiofonici e televisivi, ha contribuito alla diffusione del repertorio sinfonico e dell’avanguardia storica e contemporanea, ottenendo importanti riconoscimenti discografici. L’OSN Rai affianca alla stagione concertistica torinese cicli speciali, e partecipa ai principali festival internazionali. Dal tronco principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale si sono poi formati e distinti complessi da camera con organici variabili, che svolgono un’intensa attività concertistica, incrementata dagli appuntamenti “Le domeniche dell’Auditorium” e dalla presenza in importanti eventi istituzionali come rappresentanza dell’intera Orchestra.