ML Aprile 2016 - anno XXIII

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DOSSIER AMBIENTE-ENERGIA Un viaggio nelle eco-performance locali e Italiane. p. 14 www.mlmagazine.it | 30/04/2016 N.03 anno XXIII € 2,00

SPECIALE BANCHE E CREDITO

La situazione e la crisi del credito: le cause della volatilità e instabilità del sistema. p. 73

PORTRAIT

Evita Greco:

l’esordio prestigioso delle “cose che iniziano”. p. 145


i villaggi italiani nel mondo

il viaggio su misura

la vacanza che conviene

la catena alberghiera


SOMMARIO

30 Aprile 2016 N.03 anno XXIII

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EDITORIALE di Flavio Guidi

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DOSSIER AMBIENTE & ENERGIA

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PRIMO PIANO Energia & Ambiente: Intervista alla Prof.ssa Maria Chiara Invernizzi Dalle trivelle in mare alla sharing economy: lo scenario per uno sviluppo sostenibile.

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Il sottosegretario Silvia Velo: “Sostenibile s’, ma i lavoratori prima di tutto”

23/

L’assessore regionale Angelo Sciapichetti: “Serve un’economia circolare”

28/

Parchi ed ecosostenibilità

33 38 46/

L’ITALIA IN 10 SELFIE a cura di Symbola

UNIVERSITA’ & RICERCA SALUTE & BENESSERE

48/

Scienzarte Prevenzione e benessere

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FOCUS: LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI

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Confronto tra i principali sistemi fiscali europei Le novità fiscali

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CLUB ECONOMIA & FINANZA La spesa pubblica è un fatto di consapevolezza, equità e buon senso Segnali sempre più forti dalla Bce Una economia sostenibile e innovativa si realizza con la crescita dei servizi intelligenti

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SPECIALE BANCHE E CREDITO

78/

La crisi del credito SEGUE

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SOMMARIO SEGUE

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30 Aprile 2016 N.03 anno XXIII

HUMAN RESOURCES La risorsa umana centrale nella conservazione e crescita aziendale

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LA NUOVA FORMAZIONE

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CONTRIBUTI E INCENTIVI

116/

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02

Formazione manageriale: strumento per sviluppare il management

OLQ ITINERARI E IMPRESE JVillage, la manifattura diventa tecnologia Il “Signore degli anelli” stregato dalle marche Il campione Juri Chechi fa impresa a Ripatransone

EXPO&FIERE

121/ 123/ 125/

Vinitaly Salone del Mobile Tipicità in Blu

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CLUB MOTORI START UP, MIND’S UP La start up: una risposta alla disoccupazione

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CARRIERE & POLTRONE

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SPORT & TERRITORIO

#TRAVELMARCHE Recanati, capitale della cultura Youth Games, lo sport fa da ponte tra le culture

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CULTURA & TERRITORIO Le grandi mostre del giubileo Mole Vanvitelliana: le mostre in arrivo

PORTRAIT

Evita Greco, un esordio letterario da bestseller


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EDITORIA & COMUNICAZIONE



EDITORIALE

L’

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L’ORIENTAMENTO PROFESSIONALE: UNA FUNZIONE DI VITA DI CUI PRENDERE CONSAPEVOLEZZA

I

l processo educativo è un aspetto che fa parte della fisiologia umana, una specializzazione acquisita che consente all’organismo evoluto di affinare la capacità di adattamento al contesto. Tanto più sviluppata è questa capacità, tanto più il nostro “io” trova la possibilità di raggiungere quell’equilibrio tra l’io e il contesto che gli consente di raggiungere la quiete. Diversamente, si generano delle situazioni di dissonanza che producono conflitto e disordine: da qui processi degenerativi e di marginalizzazione che conducono ad entropia (decadenza). Nel processo educativo, una particolare funzione di ottimizzazione è

svolta dall’orientamento. Le intelligenze non sono di un solo tipo, ne esistono molteplici. Non esiste un solo livello intellettivo, ma esistono le intelligenze multiple e ogni tipologia contraddistingue un’attitudine mentale e una forma mentis. E’ nella capacità di leggere queste diverse attitudini di forme mentis, di correlare le conoscenze del contesto, delle sue opportunità e del suo cambiamento che si estrinseca la funzione orientativa. Questa attività, se sviluppata e praticata, può portare a grossi vantaggi nell’ambito della filiera educativa a tutti gli attori che concorrono al processo di ottimizzazione dell’integrazione e dell’adattamento.

Nell’ambito dell’attività orientativa, dopo l’analisi c’è la formulazione di percorsi formativi. La scelta del percorso formativo può avere una valenza attiva o passiva, ciò nella misura in cui si centri la compatibilità tra le caratteristiche attitudinali del soggetto e l’obiettivo professionale futuro. Il periodo ottimale entro cui l’attività orientativa dovrebbe essere esercitata, è la fase antecedente la scelta della tipologia di studi della scuola secondaria (istituto superiore); in ogni fase, comunque, può esplicitare la sua funzione, quindi interessa tutto l’intero periodo formativo e può essere anche propedeutico all’inserimento nel mondo del lavoro. Definire nel

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EDITORIALE momento della scelta dell’istruzione superiore o universitaria l’obiettivo professionale, compatibilmente con la forma mentis, con le aspettative motivazionali, con la tipologia intellettiva, con le attitudini e con le opportunità prospettiche di lavoro che il contesto offre, significa dare alla scelta un carattere attivo; tutte le scelte di studio saranno centrate e orientate all’obiettivo “l’uomo giusto al posto giusto”. Non fissare l’obiettivo prospettico significa invece che tutto il processo educativo potrà risultare generico, portare a confusione e disorientamento e al termine dello stesso creare stati di frustrazione e perfino depressivi. Quest’ultimo fenomeno ha enormi riflessi sui problemi di disoccupazione, sui problemi di adattamento e di compatibilità e sull’integrazione nel mondo del lavoro. Gran parte della forza lavoro svolge per tutta la vita lavori non soddisfacenti e da qui deriva la frustrazione e la demo-

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tivazione al lavoro. Il lavoro, ricordiamolo, è lo strumento di espressione dell’energia umana, sia fisica che creativa. Prendiamo consapevolezza del ruolo di questa attività. Quanti lavorano nell’ambito della filiera educativa devono in merito formarsi, perché esplicando queste attività potranno adempiere con più valore ed intelligenza alla funzione didattica. La istituzioni preposte allo sviluppo formativo devono organizzare momenti e strumenti affinché questa attività venga esercitata. Se ben gestito, l’orientamento può concorrere ad una vita più libera e felice a livello sociale, meno triste e con più efficacia sistemica. Una buona guida e un buon maestro di vita concorrono al successo e alla serenità di una persona. Tutti siamo dei talenti se pensiamo che esistono intelligenze multiple, diversi stili emozionali, diverse strutture motivazionali e cognitive e che ogni configurazione di personalità, se ben

orientata, può tradursi in un talento. La funzione formativa si è resa sistemica e strategica nei processi di cambiamento aziendale. La vita media aziendale si è accorciata e se l’azienda non si adatta, la sua vita è destinata a rendersi sempre più breve. L’educazione e la formazione della risorsa umana dovrà essere vista come momento centrale dei processi sia di reclutamento che di ri-motivazione professionalizzante delle forze lavoro presenti in azienda. I business e le mission dovranno essere costantemente revisionati, da qui le strutture organizzative e la professionalità della forza lavoro. L’orientamento la farà da sovrano nei processi di conservazione e ricollocamento professionale e nell’ambito del cambiamento. Esso diventa una funzione sistemica rilevante e di carattere permanente nel percorso di vita individuale, aziendale e sociale.


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www.mlmagazine.it Direttore EDITORIALE Flavio Guidi flavio.guidi@mlmagazine.it COORDINATORE EDITORIALE Guido Guidi guido.guidi@mlmagazine.it Direttore responsabile Andrea Maccarone a.maccarone@mlmagazine.it UFFICIO GRAFICA GGF Group grafica@ggfgroup.it Tommaso Costantini UFFICIO COMMERCIALE GGF Group commerciale@mlmagazine.it Tel. (+39) 071 2133508 Editrice GGF GROUP www.mlmagazine.it Registrazione tribunale di Ancona n°12 del registro periodici del 14 aprile 1994 REDAZIONE Via Albertini, 36 Gross Ancona 60131 Ancona AN Tel. 071 2133301 ufficiostampa@mlmagazine.it HANNO COLLABORATO AL NUMERO Mario Iesari Roberto Antonella Andrea Leonelli Giuseppe Barchiesi Luca Masieri Chiara Bartolomei Graziella Mastronicola Silvia Battistelli Anna Masturzo Mario Becchetti Alessandro Bracciatelli Vilma Mazzocco Laura Osmani Martina Brunetti Loredana Pistonesi Giuliano Calza Raffaele Sansone Letizia Ciaccafava Michele Sasso Silvia Cichella Massimo Sbrolla Fabio Di Giulio Alessandro Scarlato Lucia Fava Francesca Formichini Alessandro Stecconi Sara Tani Renzo Galassi Enrico Veroli Emanuele Garofalo Giorgio Guidi

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Chiuso in redazione il 26/04/2016 Stampa: Bieffe Spa (MC) Poste italiane Spa d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Ancona autorizzazione direzione provinciale pt Ancona Una copia euro 2,00 Arretrati euro 4,00 Abbonamento annuale euro 10,00 Modalità di Pagamento a mezzo versamento su: C.C. Postale n°4072844 Bonifico bancario presso Banca Popolare di Ancona Agenzia Ancona 1 – C.C. n°11164 CAB 02684 – ABI 05308 – CIN N IBAN IT81N0530802684000000011164 Scarica il coupon o paga tramite PayPal da: www.mlmagazine.it/abbonamenti/ o scrivi a: ufficiostampa@mlmagazine.it

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In un mondo che cambia c’è da capire da che parte stare. La tecnologia offre sempre nuove opportunità di sviluppo, soprattutto in campo energetico. Sul tema, gli italiani si sono già espressi. Seppure in maniera molto timida rispetto alle aspettative. L’ultimo referendum non ha raggiunto il quorum. Dunque sulle trivellazioni in mare nessuna modifica alla legge. Ma dietro le modalità di utilizzo delle fonti, e l’approccio che il cittadino ha rispetto al fabbisogno quotidiano, da qualche tempo si sta sviluppando una vera e propria filosofia di vita. Fare attenzione allo spreco di acqua, o di energia elettrica, durante la normalità casalinga di tutti i giorni è roba del secolo scorso. Ora è proprio la tecnologia, l’approccio smart, a fornirci tutti gli strumenti ideali per cercare di limitare i danni laddove possibile. Come? Abbracciando la sharing economy, ad esempio. Ovvero tutto quel sistema di condivisione di mezzi e strutture che tende all’ottimizzazione dei consumi energetici. E su questo andremo ad approfondire bene l’argomento nel nostro dossier. Ma per far sì che la sharing economy diventi uno standard anche in Italia, visto che in molti Paesi europei già lo è, occorre agevolare un cambio di passo prima di tutto nelle abitudini dei cittadini stessi. Perché innestare un servizio innovativo, prima ancora di aver preparato l’utenza, può generare un bel flop. Bla Bla Car va forte in nord Europa, mentre zoppica in Italia. O meglio: l’utilizzo è in crescita, ma in generale l’Italia resta in coda alle performance di altre nazioni dove il fenomeno sharing è iniziato molto prima. Poco entusiasmanti anche i dati relativi all’inquinamento, sempre per restare in tema ambientale. Seppure anche qui c’è da puntualizzare: l’Italia fa piccoli passi avanti rispetto agli anni scorsi, ma il distacco dai Paesi modello s’aggrava sempre più. Perché il progresso di questi ultimi avanza molto velocemente rispetto al timing dei nostri sforzi. Insomma, una luce in fondo al tunnel c’è, ma non è così vicina come, invece, dovrebbe essere.

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PRIMOPIANO

“I NOSTRI POZZI SONO SICURI. Ma si acceleri sulle rinnovabili”

I

marchigiani si sono espressi. Gli italiani si sono espressi. Abbiamo assistito a settimane di dibattiti. Talk show. Talk radio. Abbiamo letto decine di articoli di giornale, e di post virali sui canali social. Ora, a bocce ferme, e a mente fredda, ci sembra adeguato fare un ragionamento equidistante sul tema che ha caratterizzato il referendum sulle trivelle. O, per lo meno, ci proviamo. La scelta migliore, secondo noi, è cercare un approccio puramente razionale e scientifico. Quindi l’interlocutore più idoneo non può che essere un tecnico, un esperto. Un geologo, ecco. Volevamo saperne di più sulla sostenibilità, economia green, trivelle,

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di Andrea Maccarone energia. E, contattando l’Ateneo di Camerino, abbiamo intercettato la professoressa Maria Chiara Invernizzi: docente di Geologia Strutturale presso la Scuola di Scienze e Tecnologie dell’Università di Camerino, e Direttore del Sistema Museale Scientifico dell’Ateneo dal 2007. Entriamo subito sull’argomento: lei, sulle trivelle, come la pensa? “Abbandonare un giacimento prima di averlo utilizzato come si potrebbe, naturalmente è una grossa perdita dal punto di vista economico – dice subito la professoressa Invernizzi – non è un impegno non da poco allestire una piattaforma in mare, perforare e mettere in esercizio uno o più pozzi per ogni piattaforma. L’investimento è molto grande”.

Ma quali sono i rischi concreti? “Certamente, nella fase di installazione e perforazione non si può escludere del tutto la possibilità di guasti meccanici o di errori umani, ma la possibilità di causare impatti irreversibili in Adriatico è praticamente inesistente. Nel nostro mare il 90 % dei pozzi in produzione estrae gas, quindi anche una qualche perdita che si dovesse disgraziatamente verificare, immetterebbe metano in atmosfera senza averlo bruciato, non recando danni di rilievo. I pochissimi pozzi a olio in Adriatico sono a bassa pressione e, in caso di incidente, il petrolio non uscirebbe dal pozzo da solo. Infine, quando la piattaforma è in esercizio, i controlli di sicurezza sono numerosissimi e continui”.


PRIMOPIANO Qual è, attualmente, la situazione in cui versano i maggiori siti marchigiani di estrazione? “I siti di estrazione marchigiani sono a norma e problemi di inquinamento non ce ne sono. Spesso le piattaforme diventano addirittura piccole isole di biodiversità, dove si creano microambienti che brulicano di vita: pesci, molluschi, crostacei. Attenzione però, ci sono altre fonti di inquinamento per il mare: occorre rispettare le regole e far rispettare le leggi che già esistono. L’assenza di depuratori o il loro mancato funzionamento, per esempio, portano inquinamento al mare attraverso i fiumi”. Che relazione c’è tra trivellazioni e sismicità? “E ‘stato già dimostrato: togliere fluidi dalla crosta terreste varia la pressione al suo interno e varia la resistenza delle rocce alla fratturazione. Quindi è vero: si può avere una micro-sismicità legata ad estrazione di fluidi dal sottosuolo. I grandi terremoti, però, quelli che possono recare danni, sono originati da grandi faglie: la cosa davvero importante, quindi, è non estrarre fluidi in prossimità di queste faglie. Nella nostra regione, le faglie lungo cui si dispongono gli ipocentri dei terremoti sono a profondità maggiori di quelle alle quali si realizzano normalmente le perforazioni e quelle principali non sono in Adriatico”. Quali possibili sviluppi ci potrebbero essere nella nostra regione sul fronte delle energie rinnovabili? “Penso che sarebbe bene accelerare. La ricerca sta facendo grandi passi in questa direzione e occorrerebbe investire di più. Le università sviluppano competenze e sono impegnate in progetti, spesso in collaborazione con le imprese, cosa che potrà agevolare il

trasferimento tecnologico in tempi brevi. L’Europa spinge moltissimo verso l’Unione energetica ed ha definito un contenitore strategico, il Set Plan sull’energia, che prevede obiettivi molto concreti tra i quali l’efficienza energetica è una delle grandi priorità. L’ambito urbano è uno dei laboratori ideali in tal senso, in particolare con il miglioramento energetico delle costruzioni esistenti e degli edifici storici, settori nei quali è certamente necessario allocare risorse economiche. Ma anche il recupero del calore di processo rappresenta un ambito di sviluppo interessante”.

E sul fronte dell’erosione costiera, qual è la situazione nelle Marche? “La situazione è abbastanza drammatica in tutti i 196 km di costa. Monitoraggio e ricerche sono in corso in questo settore anche presso il nostro Ateneo. C’entra l’energia del mare, perchè gli eventi sono molto più energetici di qualche tempo fa e questo è legato al cambiamento climatico. Ma c’entra anche il mancato apporto dei sedimenti da parte dei fiumi, legato soprattutto all’asportazione di materiali solidi dai fiumi stessi e all’imbrigliamento con dighe e briglie”. Il suo punto di vista sulle aree marine protette? Si discute da tempo sull’ipotesi di crearne una nella zona del Conero. “Dal punto di vista scientifico, sia bio-

logico che fisico, un’area marina protetta e in condizioni naturali (libera da barriere di qualsiasi tipo) sarebbe di grande interesse per la salvaguardia della biodiversità e dell’ambiente fisico. Credo anche che, oltre i necessari vincoli, oggi le aree protette possano costituire occasioni di sviluppo, perché sempre più spesso, ad esempio, il turismo rivolge l’attenzione a proposte ecosostenibili e di tipo ‘slow’: riserve ed aree protette, anche marine, sono un valore aggiunto in questo senso, e possono ospitare iniziative imprenditoriali innovative e per produzioni di qualità e di pregio”. Le Marche hanno conosciuto, purtroppo più volte, tragici eventi legati alle frane. Quali scenari si profilano? E quali sarebbero le misure di sicurezza da mettere in atto? “Il 98% dei comuni della regione è a rischio idrogeologico, come rilevano gli esperti del settore: si tratti di frane, esondazioni o rischio valanghe, in quasi tutti i comuni ci sono porzioni di territorio a rischio. Per le frane, in particolare, la fascia alto-medio e basso collinare è quella più coinvolta. La prevenzione anche qui è indispensabile. Infatti, oltre all’incremento di eventi metereologici estremi, che comunque esiste, le frane si muovono anche con eventi meno intensi; quindi la manutenzione del territorio è necessaria. Dovrebbero partire strumenti di pianificazione a livello regionale per i diversi bacini idrografici (i cosiddetti contratti di fiume), già decollati in altre regioni e non ancora nelle Marche, dove si stanno costituendo, tuttavia, tavoli organizzativi. La nuova Giunta sembra sensibile in tal senso. Certo occorrono attenzione politica ed investimenti economici, ma anche il ruolo di stimolo e controllo da parte dei cittadini non va sottovalutato”.

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DOSSIERENERGIA&AMBIENTE

CACCIA AL TESORO DELL’ADRIATICO, ECCO LA MAPPA DELLE TRIVELLE AL LARGO DELLE MARCHE Delle 135 piattaforme italiane, 53 sono al largo della regione. Solo due però estraggono petrolio. Sono gli impianti Edison a 2 km da Porto Sant’Elpidio.

T

rivellazioni in Adriatico. Delle 135 strutture italiane, 53 affiorano dall’acqua al largo della costa marchigiana, anche all’interno della fascia di costa diventata “off limits” per legge. La maggioranza sono targate Eni, quasi tutte producono gas metano, solo due petrolio, 11 rientrano all’interno del limite delle 12 miglia marine, la fascia costiera entro i 22 chilometri dal litorale, costruite prima che la legge vietasse nuove trivellazioni sotto costa per tutelare l’ambiente. Ecco l’identikit dei pozzi di estrazione marchigiani, quanti e dove sono, un tema su cui il referendum abrogativo ribattezzato “No Triv” ha acceso una luce negli ultimi mesi. La mappa è disegnata e aggiornata dal Mise, il Ministero per lo Sviluppo Economico, a cui spetta il censimento degli impianti autorizzati. Sono quindi 53 le piattaforme registrate nell’Adriatico al largo delle Marche, contando anche le 12 stazioni di supporto che non estraggono gas o idrocarburi. Sono distribuite su tre

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di Emanuele Garofalo poli: Fano-Pesaro, Falconara e San Benedetto. A terra ci sono le centrali a cui sono collegate le piattaforme in mare. In totale, le trivelle hanno perforato 275 pozzi. Sono tutte attive, tranne una, la Giulia 1 collegata alla centrale di Fano e al confine con le acque dell’Emilia Romagna, l’unica ad aver esaurito la sua estrazione di gas. Nonostante questi numeri, la produzione dell’intero parco trivelle risponde ad una piccola parte dei consumi energetici: tutte le 135 piattaforme soddisfano circa il 10% del fabbisogno nazionale di idrocarburi e, secondo Legambiente, l’insieme delle trivelle all’interno del limite delle 12 miglia copre meno dell’1% del fabbisogno nazionale di petrolio e il 3% di quello di gas. Di questi pozzi sotto costa, finiti al centro del dibattito e del quesito referendario, ce ne sono anche nelle Marche: sono 11 gli impianti nella fascia protetta, le più vicine alla costa sono le piattaforme Sarago di Edison, che spuntano dall’acqua a 2 e a 5 chilometri dal litorale di Porto Sant’Elpidio. Ed è stato proprio il colosso privato dell’energia, quando

ancora si chiamava Montedison, ad inaugurare la storia delle trivellazioni nell’Adriatico marchigiano al largo di San Benedetto con la serie di piattaforme San Giorgio nel 1972, dando il via, soprattutto negli anni ‘80, alla corsa al metano. Di quella storia, oggi Edison mantiene la proprietà di 6 strutture, ma negli anni è stata largamente superata dal grande rivale pubblico. Tutti gli altri impianti marchigiani infatti sono di proprietà di Eni o della sua società controllata al 100%, la Adriatica Idrocarburi. Una storia che comunque non si è fermata ai decenni passati. Nell’estate del 2015, la Regione ha dato il suo parere positivo (parere consultivo che non sarebbe stato vincolante), all’installazione di due nuove piattaforme a 45 chilometri e a 65 chilometri dalla costa, tra Pesaro e Cattolica, collegate ad altre strutture già esistenti. Ma il petrolio dov’è? Sono solo due le trivelle che estraggono idrocarburi liquidi. E sono proprio quelle più vicine alla costa, le due piattaforme Sarago di San Benedetto di proprietà Edison, inaugurate nel 1981.


DOSSIERENERGIA&AMBIENTE

ENERGIA E AMBIENTE: “SOSTENIBILE SI’, MA I LAVORATORI PRIMA DI TUTTO” Il Sottosegretario all’Ambiente e alla Tutela del Territorio, Silvia Velo, illustra gli obiettivi fino ad ora raggiunti dall’attuale Governo, e le prospettive future sul fronte delle rinnovabili e della Green Economy.

L

aureata in chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Pisa nel 1992, il sottosegretario all’ambiente Silvia Velo si è esposta tra i maggiori sostenitori del “No” al referendum dello scorso 17 aprile sulle trivellazioni in mare. Consigliere comunale a Campiglia Marittima dal 1995, il suo percorso politico ha inizio nella provincia livornese. Nel 1999 viene eletta sindaco con la lista Forum Alleanza di Centrosinistra. Nel 2004 viene riconfermata sindaco

di Fabio Di Giulio con la lista Progressisti Democratici Uniti per Campiglia. Dopo l’esperienza amministrativa, nell’aprile 2006, viene candidata ed eletta alla Camera dei Deputati nelle liste dell’Ulivo. Nel 2008 è stata rieletta nelle liste del Partito Democratico, come nel 2013. È vicecapogruppo Pd alla Camera. Nel 2006 è stata membro della Commissione Trasporti e Telecomunicazioni e della Commissione Giustizia, mentre nella XVI Legislatura è stata vicepresidente della Commissione Trasporti. “ Penso che il referendum sia stato impostato male alla base – dice il

sottosegretario - perchè le norme più discusse, e forse anche più discutibili dello ‘Sblocca Italia’, sono state corrette nella Legge di Stabilità. Qui stiamo parlando di concessioni già in essere e la vittoria del “Sì” al referendum, se si fosse raggiunto il quorum, avrebbe comportato non solo la messa in discussione di un’attività rilevante per l’approvvigionamento energetico, ma avrebbe anche messo in discussione posti di lavoro”. Allora lei, come esponente di governo, cosa pensa si sarebbe dovuto fare e per-

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DOSSIERENERGIA&AMBIENTE ché? “A mio avviso, da un punto di vista del ministero dell’Ambiente, non bisognerebbe mettere a rischio anche la dismissione di quelle piattaforme prevista a fine vita con un’interruzione brusca delle attività. Fin da subito ho considerato questa consultazione assolutamente dannosa”. Quali scenari si profilano, a questo punto? “Io credo che il futuro sia investire, incrementare le energie alternative e il settore delle rinnovabili preservando l’occupazione. Un esito positivo della consultazione promossa di NoTriv avrebbe portato, alla scadenza delle concessioni già in essere entro le 12 miglia marine, il venir meno di ingenti investimenti previsti con delle ricadute drammatiche per l’occupazione: stiamo parlando di quasi 10mila posti di lavoro tra impiegati diretti e aziende legate all’indotto”. Il tema ambientale ricorre ciclicamente tra l’opinione pubblica. Quali obiettivi sono stati raggiunti finora? “Il Governo ha fatto molto in questi mesi. Uno dei provvedimenti più importanti, a mio parere, è senza dubbio la legge sugli eco-reati. Un progetto di legge nato con l’allora Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando e approvato a maggio dello scorso anno. Un pacchetto di norme in cui, per la prima volta, vengono introdotti nel codice penale i delitti contro l’ambiente, l’inquinamento, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale radioattivo e l’impedimento al controllo. Questa credo sia una vera e propria rivoluzione, anche da punto di vista culturale: abbiamo messo mano, definitivamente, a una questione che per troppi anni ė rima sta ai margini delle agende di governo

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e che pone la tutela della salute dei cittadini al primo posto”. Quali, invece, gli obiettivi ancora da raggiungere, e in che modo? “C’è ancora molto da fare. Ad esempio, la legge sul contenimento del consumo di suolo. Non si tratta soltanto di una grande questione ambientale, ma vogliamo far capire che questa legge che può essere un volano per la crescita e lo sviluppo del settore dell’ edilizia sostenibile. Tempo fa ne abbiamo discusso in un convegno alla Camera insieme alle associazioni ambientaliste, al mondo economico e con esperti di green economy. E’ stata una riflessione positiva da cui è emersa la necessità condivisa di arrivare tempi brevi all’ approvazione di una proposta di legge moderna capace di coniugare la tutela del suolo, favorire la rigenerazione urbana e ridurre il consumo delle materie prime. Abbia-

mo un grande patrimonio immobiliare da riqualificare e da valorizzare in chiave sostenibile e questa legge può rappresentare un tassello fondamentale per arrivare a un nuovo modello di sviluppo sostenibile”. Rinnovabili: in nord Europa le aziende e i governi, spesso, cooperano per un futuro dove le rinnovabili abbiano il loro peso nel mercato globale. In Italia cosa succede? “Anche l’Italia considera il settore delle rinnovabili una risorsa ambientale ed economica. La progressiva riduzione dei margini e delle risorse per l’incentivazione non deve travolgere le nuove tecnologie o i segmenti nei quali esiste una prospettiva di consolidamento di una filiera nazionale ad elevato potenziale di valore aggiunto con importanti ricadute sul territorio. E’ ad esempio il caso del biometano (che interessa anche il settore dei


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trasporti), delle tecnologie innovative della geotermia, delle le soluzioni architettoniche avanzate per l’integrazione delle rinnovabili negli edifici”.

per la semplificazione e la promozione del riutilizzo delle risorse con l’obiettivo di concepire un nuovo modello di sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale. Il Collegato contiene, tra le altre cose, disposizioni che riguardano la valutazione di impatto ambientale, la gestione dei rifiuti, la blue economy, la prevenzione del dissesto idrogeologico, gli appalti verdi, 35 milioni per la mobilità sostenibile e 1,8 mln di euro per le Aree Marine Protette, oltre a un sostanzioso pacchetto di norme che puntano a favorire il riuso dei materiali, che darà impulso a un comparto industriale in costante crescita. Green economy, tutela del suolo, ma anche incentivi per la differenziata, recupero e riuso della materia, una serie di misure a sostegno dell’economia circolare. Oggi l’Italia ha una legge in cui per la prima volta in Italia viene introdotto il termine green economy e che può rappresentare davvero una straordinaria occasione per coniugare sviluppo economico e sostenibilità ambientale al pari del resto d’Europa”.

Green Economy: in alcuni Paesi è una realtà in forte ascesa, grazie anche ad un fattore culturale che pone le condizioni perché sia un meccanismo di sviluppo virtuoso della società. L’Italia appare ancora qualche passo indietro. Come mai? E cosa si potrebbe fare per far sì che l’Italia si mettesse al pari di altre nazioni più virtuose? “Il Governo si è già mosso per colmare questo “gap” e lo ha fatto con il Collegato Ambientale che, da febbraio, è legge. Il nostro Paese ha, per la prima volta, uno strumento che promuove la green economy e il contenimento dell’uso eccessivo delle risorse naturali. Una serie di misure che vanno a incidere in molti settori dell’economia verde, un disegno organico di norme

Energia green: l’anno scorso si è registrata una forte crescita del fotovoltaico, ma i tagli agli incentivi ne ha frenato bruscamente lo sviluppo. Ora la situazione a che punto è? “Anche in questo caso, tengo subito a chiarire che la fine degli incentivi “vecchio stile” del Conto Energia non segna la fine del fotovoltaico che ha dato molto allo sviluppo delle rinnovabili in questo Paese (tra il 2010 e il 2014 la potenza istallata è quintuplicata). Si tratta di settore che continuerà a dare un contributo importante alla “generazione distribuita di energia”, anche sfruttando tecnologie innovative. Basta guardare, come dicevo prima, alla potenziale di integrazione nei nostri edifici delle tecnologie fotovoltaiche.

Proprio per seguire questa direzione considero positivamente gli strumenti di sostegno mirati all’autoconsumo di energia: penso allo sgravio fiscale riconosciuto ai piccoli impianti sotto i 20 kW istallati negli edifici privati oppure all’innalzamento delle soglie di accesso al sistema dello “scambio sul posto” “. Il decreto Spalma Incentivi ha avuto forti ripercussioni anche sull’eolico. Legambiente ha tuonato più volte in merito alla questione. Cosa si sta facendo ora per risollevare le sorti delle rinnovabili? “Sul piano generale del sostegno alle rinnovabili, ricordo che attualmente abbiamo un decreto di incentivazione alle FER all’esame della Commissione europea. Poi, nel valutare le prospettive del comparto eolico vanno tenuti in considerazione due aspetti importanti. Il primo è un “costo di generazione” dell’energia relativamente contenuto. Il secondo è il potenziale connesso al progressivo rinnovo degli impianti esistenti più “vecchi”: l’upgrandig tecnologico può portare vantaggi significativi in termini di capacità di produzione. In particolare, su questo secondo aspetto, credo vada fatta una riflessione puntuale anche tenendo in considerazione i limiti conseguenti all’applicazione del decreto spalma-incentivi. Va tuttavia chiarito subito il contesto nel quale ci muoviamo oggi: le rinnovabili vedono ridursi progressivamente i margini del “supporto pubblico“ ed entrano gradualmente nel mercato, in competizione tra loro e con le altre modalità di produzione dell’energia. In questa direzione si sta muovendo l’intera Unione europea con le nuove Linee Guida sugli aiuti di Stato in materia di ambiente ed energia e anche l’Italia sta affrontando questo passaggio”.

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NEL PAESE DELLE ECO-PERFORMANCES INGESSATE, MACERATA TOCCA LA TOP-TEN DELLE CITTÀ VIRTUOSE Il gap tra Nord e Sud del Paese conferma il traino delle città settentrionali per maggiore attenzione e cura dell’ambiente. Nelle Marche è Macerata a guidare la classifica delle province “green”. Consumi idrici: Ascoli è l’unica città che riesce ad arrivare sotto i 100 litri giornalieri per abitante. Pesaro tra le prime città d’Italia per produzione di energia derivante da solare termico e fotovoltaico.

L’

Italia “green” è ancora troppo “pigra e statica”, afferma Legambiente. Le eco-performances sulla vivibilità ambientale delle 104 province coinvolte nell’indagine restituiscono l’immagine di una nazione ancora troppo “ingessata”. Unico fiore all’occhiello delle Marche: la provincia di Macerata si aggiudica un ottimo quinto posto nella top ten delle città più ecosostenibili d’Italia. Sul podio: Trento, Belluno e Bolzano. Il rapporto, realizzato da Legambiente in collaborazione con il Sole 24 Ore e con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, evidenzia come

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di Laura Osmani

ci siano grandi differenze tra Nord e Sud. Innanzitutto le città che guidano la classifica sono tutte del Nord. Oltre alle sopraccitate si aggiungono: Verbania, Venezia, Sondrio, Oristano, Mantova e Pordenone. Tutti Comuni sotto gli 80 mila abitanti, eccezion fatta solo per Venezia. Segno che tra le grandi città italiane c’è una grossa difficoltà ad accreditarsi tra le realtà più “eco-friendly”. Le peggiori performance si registrano, invece, in città del Meridione. In particolare le ultime cinque sono: la calabrese Vibo Valentia in posizione n° 101, e poi quattro siciliane, cioè Catania (posizione n° 100), Palermo (102), Agrigento (103) e Messina (104).

I 104 capoluoghi di provincia sono stati confrontati tra loro sulla base di 18 indicatori. Tre indici riguardano la qualità dell’aria: concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono. Tre sono relativi alla gestione delle acque: consumi idrici domestici, dispersione della rete e depurazione. Due indici sui rifiuti: produzione e raccolta differenziata. Altri due sul trasporto pubblico: il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione. Cinque indici sulla mobilità: tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali. Uno soltanto sull’incidentalità stradale. E gli ultimi due sull’energia: consumi


DOSSIERENERGIA&AMBIENTE e diffusione rinnovabili. RIFIUTI Un’inversione di tendenza, sul piano nazionale, riguarda la produzione pro capite di rifiuti urbani che nel 2014 interrompe la progressiva diminuzione registrata negli ultimi anni di crisi economica e si attesta sui valori del 2013, con una media di 540 kg pro capite a fronte dei 561 kg/ab del 2012. La percentuale di raccolta differenziata si conferma in crescita, con un valore medio di 43,9% (era di 41,15% nel 2013). Ancora lontano, comunque, il raggiungimento degli obiettivi di legge: il 65%, fissato per il 2012, è stato raggiunto solo da 10 città, mentre 36 città sono ancora al di sotto della soglia del 35%, prevista per il 2006. Pordenone è l’unico capoluogo a superare l’80% di rifiuti raccolti e differenziati (85,4%), seguito da Trento (79,3%), Belluno (78,8%), Mantova (76,7%), tutti oltre il 75%. Come, quanto e cosa si getta via è una pratica che si sta lentamente diffondendo nel nostro Paese. Troviamo infatti percentuali sorprendenti di rifiuti raccolti in maniera differenziata in città del sud, come le campane Benevento e Salerno entrambe oltre il 65% o in capoluoghi come Oristano o Teramo, che superano il 60%, città molto distanti, anche geograficamente, dall’essere abitualmente considerate al top nelle politiche ambientali. A conferma di una tendenza che si era già espressa negli ultimi anni, anche in alcune città meridionali la raccolta differenziata si sta diffondendo come buona pratica: Benevento e Salerno hanno percentuali che superano il 65%, mentre Teramo, Oristano e Nuoro sono intorno al 60%. La polarizzazione tra Nord e Sud nelle capacità di gestione dei rifiuti rimane, comunque, ancora piuttosto netta: 10

città su 12 che raggiungono l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata sono capoluoghi di regioni settentrionali, mentre sono tutte meridionali le 12 città che ancora non raggiungono il 15%. ATMOSFERA La rilevazione della concentrazione di polveri sottili (PM10) conferma il lieve miglioramento medio già registrato nel 2013, ma se si considerano i superamenti annui del limite dei 50 g/mc troviamo ancora 33 capoluoghi che superano i 35 giorni consentiti dalla normativa nell’arco dell’anno, e 5 di questi arrivano addirittura oltre i 75 giorni di superamento della soglia. Tra i peggiori: Frosinone (110 superamenti), Torino (94) e Alessandria (86). Il miglioramento più evidente, per quel che riguarda gli inquinanti atmosferici, è quello dell’Ozono dove quasi si dimezzano in capoluoghi che superano i limiti consentiti (sono 28 rispetto ai 51 del 2013). Ma sono ancora 6 le città che, almeno in una centralina, fanno registrare superamenti della soglia di guardia per la salute pari o maggiori a due volte il valore obiettivo. Da segnalare i picchi negativi di Genova (87 giorni all’anno di superamento del limite giornaliero) e di Rimini (64 giorni).

CONSUMI IDRICI La media dei consumi idrici domestici resta sostanzialmente la stessa del 2013 (154,44 litri al giorno pro capite), Ascoli Piceno è l’unica città che riesce ad arrivare sotto i 100 litri giornalieri per abitante (99,6 litri), seguita da Pistoia (108,4 litri) e Prato (109,2 litri). Sono ancora quindici, però, le città per le quali non sono disponibili i dati (erano 16 per il 2013) e quattro capoluoghi (erano sei nel 2014) fanno registrare consumi superiori ai 200 litri per abitante al giorno di acqua potabile consumata: Catanzaro, Milano, Pavia e Reggio Calabria che è l’unica a superare addirittura i 350 litri procapite al giorno. SOLARE TERMICO E FOTOVOLTAICO Un altro dei pochi dati lievemente incoraggianti ma ancora molto lontano da livelli ottimali: salgono a diciassette (erano sedici lo scorso anno) i capoluoghi che possono contare su dieci o più kiloWatt provenienti da impianti installati su edifici comunali ogni 1.000 abitanti. Salerno è la migliore, con 181 kW installati ogni 1.000 abitanti, seguita da Padova, Massa e Pesaro con circa 30 kW/1.000 ab. Ma sono ancora 23 le città che non arrivano nemmeno a 1 kW/1.000 abitanti e di queste otto restano ferme a zero.

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ENERGIA PULITA, LE MARCHE CHIEDONO DI PIÙ. Il nuovo Pear fissa l’asticella al 15,4% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020.

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arche con un motore più ecologico. L’obiettivo è raggiungere il 15,4% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020. È questa la missione che si è data la Regione con il nuovo Piano energetico ambientale. La legge regionale che indica la strada in materia di produzione energetica e di consumi, sarà approvata dall’Assemblea legislativa entro fine anno, raccogliendo le direttive europee in tema di inquinamento e di riduzione dei gas serra. Anche le Marche quindi dovranno fare la loro parte per portare a termine la strategia 20.20.20, il patto tra gli Stati comunitari che prevede la diminuzione di anidride carbonica e l’aumento delle energie rinnovabili entro il 2020. Il nuovo Pear spiega come intende riuscirci la Regione. Ci dovrà essere un aumento della produzione da fonti “green”, come solare, eolico, termico, idrico e da biomasse, ma non solo. Tanti i possibili interventi per poter rendere le Marche più sostenibili citati dalla bozza del nuovo Pear: si parte dalla riqualificazione energetica degli edifici pubblici, sia nell’involucro sia

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di Emanuele Garofalo negli impianti, si pensa poi alla realizzazione di “audit energetici” in ambito industriale, veri e propri test per studiare dove le imprese disperdono maggiore energia e suggerire quindi come migliorare l’efficienza dei cicli

produttivi, impiegando nuove tecnologie. Altra parola chiave è la cogenerazione ad alta efficienza, vale a dire puntare su piccole centrali diffuse sul territorio, invece di concentrare la produzioni in grandi impianti. Quindi, anche le reti di distribuzione dell’energia vanno innovate, inserendo sistemi di comunicazione, controllo e misurazione intelligente. Infine, sul lato dei consumi, è importante incentivare la mobilità sostenibile. Per fare tutto questo, la Regione conta di

stanziare il 20% dell’intero budget di 337 milioni a disposizione dai fondi comunitari Fesr, circa 67 milioni, oltre alla possibile detassazione dell’Irap per chi investe in nuovi macchinari e nuove tecnologie a basso consumo. Capitolo a parte riguarda invece la produzione di energia. La Regione punta su un aumento di tutte le fonti rinnovabili. Nella produzione elettrica, a guidare dovrà essere il solare, con la previsione di 133 mila tonnellate equivalente di petrolio (Tep), quindi l’idroelettrico (46 mila Tep), le biomasse (20 mila Tep) e infine la novità dell’eolico: attualmente la produzione elettrica dal vento è praticamente zero per i fabbisogni regionali, nel 2020 è prevista una capacità di 19 mila Tep. Nella produzione di calore invece si scommette sugli impianti a biomasse che, tra uso civile e uso industriale, dovranno fornire 167 mila Tep. Tutte queste azioni porteranno a centrare l’obiettivo del 15,4% di energia da fonti rinnovabili sul totale dei consumi, facendo fare alla Regione un salto di oltre il 10% in rispetto all’attuale uso di fonti ecologiche. Una strategia di sviluppo che può mettere in moto investimenti e nuova occupazione, riempiendo di significato l’etichetta “green economy”.


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“SERVE UN’ECONOMIA CIRCOLARE” Per un miglior sviluppo sostenibile “si deve puntare su altre fonti energetiche”, ha detto l’assessore regionale all’ambiente Angelo Sciapichetti. In arrivo il nuovo Pear, che assicura una maggiore attenzione allo sfruttamento del territorio e uno sviluppo consistente dell’utilizzo delle rinnovabili.

di Mario Iesari

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ntro l’anno la Regione dovrà varare il nuovo PEAR 2020 (Piano Energetico Ambientale Regionale) per individuare le linee di programmazione e di indirizzo della politica energetica ambientale nel territorio. Attualmente, il mutato contesto economico e normativo richiede di adeguare la pianificazione energetica regionale al fine di perseguire i nuovi obiettivi 2020 in materia di fonti rinnovabili. Al nuovo Piano spetta, quindi: l’analisi della situazione energetica attuale (bilancio energetico regionale e valutazione dei risultati dell’attuazione del PEAR 2005), l’individuazione degli scenari e

degli obiettivi della politica energetica regionale al 2020, l’individuazione delle azioni e degli strumenti per il rafforzamento della strategia energetica regionale. L’obiettivo è quello di costruire su tre pilastri (ascolto, trasparenza e partecipazione) una strategia energetica efficace nel perseguire gli obiettivi 2020, nel rilanciare gli investimenti del settore, nel produrre reddito e occupazione e nel minimizzare l’impatto ambientale. “La Regione Marche, come sapete, è stata fra le 9 Regioni promotrici dei quesiti referendari sulle trivellazioni in mare – spiega l’assessore regionale all’ambiente Angelo Sciapichetti - di quelle richieste, gran parte sono state recepite dal Governo e questo mi sembra

già un grande successo”. Dunque, secondo lei, verso quali orizzonti energetici dovremmo orientarci? “Il quantitativo di gas prelevabile nei nostri mari non è tale da rischiare di mettere a repentaglio l’ecosistema. Dobbiamo puntare su altre fonti energetiche, ciò di cui si occuperà il nuovo PEAR”. Area Marina Protetta: a chiedere, fortemente, quella del Conero sono in tanti. Qual è la sua posizione in merito? “Io sono favorevole. Credo però che essa possa nascere solo da un accordo pieno fra i Comuni interessati. La Regione è pronta a fare la sua parte, ma è dal territorio che deve emergere per

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DOSSIERENERGIA&AMBIENTE prima questa disponibilità. Ovviamente la bellezza naturale del Conero meriterebbe di essere “protetta”, non in alternativa al turismo balneare, ma come suo più perfetto complemento”.

in modo da essere presto depennati dall’elenco delle regioni ove sono previsti impianti di incenerimento. Dobbiamo andare verso l’economia circolare”.

Parchi: sono il polmone della nostra regione, ma spesso lamentano difficoltà gestionali a causa dei tagli di finanziamenti. Cosa può fare la Regione per mantenere in vita quelle realtà ambientali che garantiscono turismo e un certo indotto? “A livello ambientalistico e turistico i Parchi restano una grande risorsa di questa regione. Abbiamo trovato azzerate le risorse a bilancio nel 2015 ed abbiamo fatto di tutto per reintegrarle in extremis. Nel 2016 le cose dovrebbero andare un po’ meglio, ma in prospettiva il mantenimento dei Parchi va ripensato. Più progettualità e più risorse europee a fronte della diminuzione degli stanziamenti regionali. Abbiamo già messo al lavoro i nostri funzionari con le rappresentanze dei Parchi per promuovere questa nuova stagione”.

Rinnovabili: cosa sta facendo la Regione sul questo fronte? E’ un tema che, al momento, torna di forte attualità. Ci potrà mai essere un reale e serio sviluppo delle rinnovabili nelle Marche? “Stiamo lavorando al nuovo PEAR, che dovrebbe essere varato entro l’anno. Ovviamente in esso le fonti di energia rinnovabili dovrebbero farla da padrone. Dobbiamo superare però alcune resistenze anche culturali sull’argomento, perché non è possibile da una parte invocare questo tipo di impianti e poi fare battaglie ogni volta che se ne insedia uno. Il metodo deve essere quello di condividere prima coi territori le dislocazioni, a patto che poi collaboriamo tutti perché le Marche possano puntare veramente sulle rinnovabili. L’alternativa, come sappiamo, è il nucleare ed il nostro paese ha già detto no”.

Inceneritore: la sua posizione? “Sono fermamente contrario e l’ho ribadito ad ogni convocazione del Ministero a cui ho partecipato. Il nostro Piano dei Rifiuti non lo prevede, siamo al momento autosufficienti e prevediamo di esserlo anche quando le discariche saranno esaurite. Stiamo spingendo sulla differenziata, sul riuso ed anche sulla prevenzione, volta a favorire una diminuzione della produzione dei rifiuti. Pensiamo di investire ancora di più nel trattamento dei rifiuti per un loro reimpiego di tipo industriale, al fine di scongiurare la realizzazione di un inceneritore nella nostra regione. L’impegno che abbiamo strappato al Governo è di rivedere annualmente la situazione,

Il migliore sviluppo sostenibile per le Marche? “E’ quello che passa attraverso il patto fra le imprese ed i cittadini, fra chi crea lavoro e chi chiede sicurezza e qualità della vita. Abbiamo diversi buoni esempi: aziende che hanno investito centinaia di migliaia di euro per rendere l’impatto sull’ambiente vicino allo zero. L’azienda lavora senza intoppi e la cittadinanza sa di poter stare tranquilla. Questa non deve essere una concessione filantropica, ma la regola. Questo patto è anche quello che consentirà ai cittadini marchigiani di tornare a far crescere la propria ricchezza senza mettere a repentaglio la propria salute e lo splendido panorama naturale della nostra regione”.

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Reti di ricarica per veicoli elettrici: di che cosa si tratta? “E’ il futuro del trasporto urbano. La tecnologia del trasporto elettrico è ormai matura ed anche i prezzi stanno diventando accessibili. La Regione favorirà l’installazione e la diffusione di colonnine per la ricarica elettrica e l’implementazione dei mezzi di trasporto pubblico con i primi veicoli elettrici. Abbiamo già distribuito risorse per le prime sperimentazioni e stiamo dialogando con ENEL sulle strategie da mettere in campo nei prossimi anni”. I dati aggiornati al 2015 sull’inquinamento da PM10 è ancora allarmante. Cosa si può fare per tornare ai livelli di sicurezza? “Dobbiamo cambiare alcune delle nostre abitudini. Gran parte di questo tipo di inquinamento viene dalle automobili eppure il numero di autoveicoli in circolazione continua ad aumentare. Nessuno di noi è intenzionato a rinunciare alla macchina, ma se vogliamo respirare aria più pulita, questa è la prima cosa. Certo la Regione deve impegnarsi a garantire un’offerta soddisfacente e relativamente economica di mezzi pubblici, ma serve qualche piccola rinuncia da parte di tutti”. Foci dei fiumi e torrenti marchigiani erano nel 2014 tra i più inquinati d’Italia, con scarichi industriali e livelli di batteri presenti nelle acque molto elevato. Cosa si è fatto da allora ad oggi per far fronte al problema? E come verrà trattata la questione da ora in avanti? “E’ stato varato il nuovo Piano di Tutela delle Acque, che pone limiti molto più restrittivi per gli sversamenti nelle fognature da parte delle industrie. Ora tutti quanti dovranno adeguarsi”.


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SHARING ECONOMY: UN BUSINESS DA 572 MILIARDI DI EURO Con un occhio all’ambiente, si può sviluppare un’economia “green” che attira l’attenzione dei grandi gruppi finanziari europei. BlaBlaCar, il caso più evidente di sharing economy dall’indotto milionario.

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a tecnologia ha la capacità di cambiare abitudini, condizionare scelte, e velocizzare processi di conoscenza un tempo assoggettati alla lentezza dei tempi di recupero delle informazioni. Ma soprattutto, la tecnologia, ha posto in essere la possibilità creare nuove opportunità di business oppure nuove

di Giorgio Guidi frontiere volte al risparmio, che sia energetico e di consumo economico. Un caso che pone un legame ambivalente riguarda la cosiddetta “sharing economy”, ovvero l’economia della condivisione. O anche “consumo collaborativo”. UN NUOVO MODELLO Ma di che si tratta? In che cosa consiste? Partiamo dalla definizione. Il

termine consumo collaborativo definisce un modello economico basato su di un insieme di pratiche di scambio e condivisione siano questi beni materiali, servizi o conoscenze. È un modello che vuole proporsi come alternativo al consumismo classico riducendo così l’impatto che quest’ultimo provoca sull’ambiente. Il termine ha origine nel 1978 e fu coniato da Marcus Felson e Joe. L. Spaeth nel

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DOSSIERENERGIA&AMBIENTE loro articolo “Community Structure and Collaborative Consumption: A routine activity approach” pubblicato nell’American Behavioral Scientist.

in cambio altre. L’unità di misura è appunto il tempo, e il tempo di ciascuno, qualsiasi cosa offra, è uguale al tempo di tutti gli altri.

LE TIPOLOGIE Negli ultimi anni, complice anche il costo sempre più elevato dei carburanti, sono nate nuove formule per ovviare a questo problema. car sharing, car pooling e bike sharing sono i più conosciuti. Quando si è in viaggio esistono formule di ospitalità come quelle offerte dagli utenti di CouchSurfing o BeWelcome che permettono gratuitamente di accedere alla casa di uno degli utenti e soggiornare per un periodo di tempo limitato. I partecipanti al progetto oltre a ottenerne un beneficio economico dovuto al risparmio di non dover rivolgersi alle classiche strutture di ricezione ne traggono un enorme beneficio in termini di scambio interculturale, di conoscenza di usi, costumi e territorio. Diversi servizi online permettono ai viaggiatori di trovare un “local friend”, un amico locale, che condivide le proprie conoscenze del posto e i propri stili di vita. In questo modo cercano di dare una prospettiva nuova al turismo, detto anche “turismo esperienziale”. Il baratto, invece, è la formula più antica di scambio. La ridistribuzione di beni posseduti e non più necessari o voluti viene messa a disposizione della comunità in cambio di altro più appetibile. Anche spazi come un ambiente di lavoro è un servizio che si può condividere, così le spese dell’affitto, di un collaboratore o di un computer possono facilmente essere abbattute mediante i progetti di coworking. Infine la banca del tempo è la struttura principe che si occupa di far incontrare le persone che vogliono mettere a disposizione della comunità le proprie conoscenze ottenendone

IL BUSINESS Il risparmio dell’utente che usufruisce dei suddetti servizi, però, corrisponde, in buona parte dei casi, ad un guadagno per chi ha avuto l’intuizione di creare delle piattaforme online che polarizzano l’offerta settoriale. Da qui il proliferare di siti web che si occupano dei più vari segmenti tematici. Ad esempio, Airbnb è il portale dove si può affittare un appartamento al miglior prezzo, e rivolgendosi direttamente al proprietario. Quindi senza passare attraverso intermediari di agenzia. Ma il caso più evidente di sharing economy applicato al rispetto dell’ambiente, e quindi alla green economy, è il caso del portale BlaBlaCar. Ovvero un servizio di car sharing tra i più utilizzati in Italia. Come funziona? E’ molto semplice: ci si registra gratuitamente sul sito, e poi si va alla ricerca di passaggi in auto per il tragitto che si deve compiere. Una sorta di autostoppismo digitale. Si divide la spesa con gli altri passeggeri (quindi si risparmia soldi), ma soprattutto si immettono nelle strade meno automobili. E perciò: meno sprechi e meno inquinamento. Nello specifico, chi cerca il passaggio deve per forza di cose pagare in anticipo alla piattaforma la cifra pattuita con il proprietario della vettura. A viaggio concluso sarà BlaBlaCar a caricare sul conto dell’automobilista il denaro, tenendo per sé una percentuale variabile (pari al 12% nel caso di un viaggio medio da 340 km). BlaBlaCar conta già oltre 25 milioni di utenti in tutta Europa. La Startup parigina vale oltre 1 miliardo di dollari. E il valore viene stabilito dagli investitori che sono

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intervenuti a finanziare la Startup. Ecco, in pratica la sharing economy funziona in questa maniera. Alla base c’è un sistema di risparmio e di rispetto dell’ambiente. Ma a monte c’è anche il volume d’affari che viene messo in moto da enormi gruppi finanziari che intuiscono prontamente la bontà dell’idea, e decidono di investirci ingerendola nelle varie compagini dei rispettivi colossi finanziari. In breve, la genialità è sempre racchiusa in un’idea semplice e funzionale. Poi tocca ai mostri dell’economia portare tutto su un piano più alto, complesso e articolato. SUL PIANO GIURIDICO Il valore della “sharing economy”, su scala mondiale, si aggira intorno ai 572 miliardi di euro. Questo è quanto emerge dal rapporto “The cost of non Europe in the sharing economy” pubblicato dal Parlamento Europeo. Lo studio esamina l’attuale stato economico, sociale e giuridico per quanto riguarda l’economia della condivisione nell’Unione europea, e identifica, però, la mancanza di ulteriori azioni europee in questo campo. La valutazione della UE e della legislazione nazionale conferma che vi sono ancora notevoli carenze normative ed aree di scarso rendimento economico. Il successivo esame delle aree in cui si credeva che esistesse un potenziale economico, ha evidenziato che le barriere sostanziali rimangono, ostacolando il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nella legislazione vigente. Inoltre alcuni problemi non sono stati sufficientemente affrontati. Ad esempio lo status dei lavoratori impiegati attraverso la condivisione di fornitori di servizi di sharing economy. Di conseguenza, sarebbe necessario un’azione europea mirata a raggiungere il pieno potenziale eco-


DOSSIERENERGIA&AMBIENTE considerato a seconda della scala degli ostacoli normativi che si possono incontrare.

nomico dell’economia della condivisione. In tal modo la stessa politica europea dovrebbe cercare di garantire un giusto equilibrio tra la libertà creativa per le imprese e la protezione normativa necessaria. Questa ricerca stima il potenziale guadagno economico, collegato con un migliore utilizzo delle capacità (comunque sotto-utilizzato), intorno ai 572miliardi

di euro per consumo annuale in tutta l’UE. Questa cifra dovrebbe comunque essere considerata con cautela. Infatti notevoli ostacoli impediscono il pieno beneficio dalla fase di realizzazione, e potrebbe ridurre il valore del potenziale utilizzo di fino a 18 miliardi di euro nel più breve termine, e fino a 134 miliardi nel medio termine. Mentre sulla lunga distanza tutto va

IN ITALIA La situazione in Italia non è delle più brillanti. Secondo il portale web Competere, che ha svolto un’interessante rapporto sulla questione, si legge che: “la sharing economy in Italia coinvolge una serie di attori a più livelli. Le modalità in cui nuove piattaforme, servizi rientranti nell’economia dell’accesso e della condivisione, si presentano sul mercato richiamano quelle che sono le problematiche più generali che affliggono l’ecosistema delle Startup innovative. In particolare, si tratta di limitazioni che riguardano: la tassazione delle nuove imprese; i vincoli burocratici alla imprese; la capacità del sistema educativo universitario nel formare personale preparato nel settore ICT; la difficoltà nel reperire credito presso gli istituti finanziari. Gli investimenti in capitale di rischio o venture capital, in particolare, sono decisamente inferiori rispetto ad altri paesi europei. Per esempio, sebbene l’Italia sia seconda solo al Regno Unito per percentuale di PMI innovative, investe nel settore del venture capital solo lo 0,002% del PIL, rispetto a una media europea dello 0,024%. Non vi è, inoltre, una cultura imprenditoriale pronta ad accettare il rischio di iniziare una startup. In questo senso, la frammentazione della regolamentazione e delle modalità di finanziamento a livello regionale non permettono un adeguato utilizzo delle risorse finanziarie già scarse. Manca un luogo dove concentrare le esperienze d’innovazione che riesca ad attirare i migliori talenti, investitori italiani ed esteri secondo le migliori pratiche internazionali”.

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PARCHI ED ECOSOSTENIBILITA’, LE MARCHE ALLA RICERCA DI UNO SVILUPPO “GREEN” Il turismo sostenibile ha fatto segnare un +42% di presenze nel 2013, anno della svolta. “Ora si deve puntare forte sulle opportunità offerte dal settore - afferma il Presidente Federparchi Marche, Lanfranco Giacchetti - si facciano le Aree marine protette, e si guardi allo sviluppo occupazionale”.

di Guido Guidi

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l boom delle aree protette fanno impennare il turismo nelle Marche. Nel 2013 si è toccata la cifra record di 100 mila presenze nei territori in prossimità dei parchi. E nel dato complessivo delle presenze turistiche in regione, circa il 40% è stato registrato proprio in quelle zone nelle vicinanze delle aree protette. Ciò vuol dire che, in linea con il trend generale che vede il turismo ecosostenibile in forte crescita, il valore aggiunto di possedere un buon numero di parchi e aree protette comincia ad essere determinante sul fronte dell’indotto territoriale. Il sistema regionale dei parchi e delle

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riserve naturali copre una superficie complessiva di circa 89.557,32 ettari, pari al 9,56% del territorio marchigiano. Al sostanziale raggiungimento dell’obiettivo di tutelare almeno il 10% del territorio hanno contribuito principalmente le aree protette istituite nel decennio che va dal 1987, anno di istituzione del Parco regionale del Conero, alla metà degli anni ’90, nel corso del quale hanno visto la luce il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, i Parchi Regionali Sasso Simone e Simoncello, Monte San Bartolo, Gola della Rossa e Frasassi. “Nel tempo i parchi e le aree naturali hanno acquistato sempre di più valore, e sono diventate importanti non solo per ruolo istituzionale della tutela ambientale e della biodiversità – spiega il presidente di Federparchi Marche, Lanfranco Giacchetti - ma i parchi sono diventati forieri di nuove possibilità. Penso seriamente ad una nuova economia”. Vuol dire che i parchi possono diventare un’opportunità di sviluppo e di guadagno? “Senza dubbio. Ma al di là del dato

turistico degli ultimi anni, che è stato in costante crescita, e che ha corrisposto ad un aumento dell’indotto territoriale legato al turismo ecosostenibile, occorrerebbe fare un ragionamento più approfondito su che cosa rappresenta, a livello strutturale, un parco o un’area protetta. Ritengo che in un momento di crisi possano nascere nuove opportunità. Ci sono settori che, purtroppo, hanno risentito in maniera drammatica della crisi che ha devastato il nostro Paese. L’edilizia e il manifatturiero in primis. E’ ovvio che nessun settore debba essere abbandonato. Ma dovremmo anche considerarne altri che sono attualmente in crescita. Per quando riguarda il discorso dei parchi si deve tenere ben presente che si parla di una crescita incentrata sulla qualità, sui turismi, sull’ambiente, sulla cultura, enogastronomia, agricoltura di qualità legata al bio. Tutta una serie di settori che possono senz’altro trasformarsi ancora di più come economia durevole e significativa dal punto di vista occupazionale”. Un esempio concreto?


DOSSIERENERGIA&AMBIENTE “Ecco, vorrei porre una certa attenzione sull’esperienza del Progetto Regionale di Psr dove il Parco del Conero è stato eletto coordinatore di una filiera di 60 aziende agricole del territorio. Si sono costituite in una cooperativa, e oggi producono un’ampia varietà di cibi fatti con il grano del parco: farine, paste, pane, e molto altro. Questo vuol dire creare nuovi posti di lavoro, e aumentare la produttività di un territorio”.

tenzione all’ambiente, ovviamente ci siamo anche noi in sostegno di tutte le iniziative a corredo. Quindi anche per quanto riguarda l’intermodalità ci siamo messi subito a disposizione in un’ottica di forte collaborazione. Quando diciamo mobilità dolce, parliamo di una nuova cultura fatta di più servizi pubblici, meno macchine, meno traffico, meno inquinamento acustico. E ciò non può che essere un aspetto molto positivo”.

I parchi delle Marche hanno ricevuto qualche riconoscimento ufficiale dall’Europa? “Certo che sì. Tutti i parchi delle Marche sono certificati CETS (Carta Europea Turismo Sostenibile). Questo, non solo afferma un solido rapporto che si è costruito con il territorio, ma testimonia il lavoro che è stato fatto per arrivare a prendere la certificazione a Bruxelles. E’ un percorso, un aspetto culturale dove, piano piano, chi lavora in questo territorio si comporta in modo tale da rispettare i criteri che vanno a vantaggio dei turisti. Senza considerare che, naturalmente, per legarsi sempre di più a questo tipo di turismo, occorre avere dei servizi adeguati. E quindi sforzarsi di produrre nuove opportunità di lavoro. Su questo versante, Ddlle escursioni a tutte le attività connesse, le cooperative mettono in campo anche giovani professionisti già formati ad occupare certe posizioni. Insomma, si tratta di un insieme di azioni che portano i parchi ad essere sempre più il centro di una nuova economia nel nostro territorio”.

Mentre un aspetto negativo? “Qui cominciano le note dolenti. Su tutte la mancanza di risorse. Indubbiamente la Regione paga il fatto che il governo centrale dispone di sempre meno fondi da veicolare alle amministrazioni regionali. E quindi la ricaduta è a pioggia. Ogni servizio ha la sua importanza. Ma c’è un aspetto culturale che deve essere considerato. Ovvero: se si pensa che un servizio sia di fondamentale importanza, allora ci si deve investire. Mettere più attenzione nella gestione dei parchi vuol dire spendere meno soldi pubblici in un’ottica di lungo termine. Bisogna fare una scelta di campo. Laddove si riconoscono ruoli significativi in un certo ambito territoriale, ci si deve investire convintamente. Perché questo ha un ritorno, non solo economico e occupazionale, ma indubbiamente di risparmio per la collettività intera”.

Intermodalità: in che modo il sistema regionale dei parchi si inserisce in un tema così delicato? “Dunque, su questo fronte si parla di mobilità dolce. E dove c’è un’at-

Ma allora le istituzioni locali, che cosa stanno facendo per valorizzare le aree protette? “Devo dire che, nonostante si stia ponendo una giusta attenzione ai temi trattati, c’è ancora molto da fare. C’è un limite politico e culturale su questo piano”. Si spieghi meglio. “Bene. Parliamo di area marina pro-

tetta, ad esempio. Siamo fortemente in ritardo, con il rischio che dopo circa 10 anni di discussioni, pur essendo stata individuata dal governo l’area marina protetta del Conero, e non si faccia più. E questo perché c’è ancora qualcuno che, erroneamente, è convinto che Amp sia sinonimo di vincoli, piuttosto che valore aggiunto. Si dicono una quantità di falsità in merito, che non fanno altro che disinformare. Spesso si parla di Amp come di aree dove non sia possibile fare nulla. Ma non è questo il punto di vista corretto. Bisogna entrare nell’ordine di idee che le Aree marine protette sono aree di pregio. Spiace constatare, invece, che le amministrazioni di Sirolo e Numana non la pensano proprio così. Mentre c’è un ragionamento più aperto su Ancona città, ma siamo ancora in una prima fase di dibattito”. Lei ha dichiarato apertamente di aver votato Sì al referendum del 17 aprile sulle trivellazioni in mare. Alla luce del risultato, che cosa vuole affermare? “Sostengo ancor più convintamente la mia posizione. E riteniamo che il futuro non possa continuare ad essere petrolio, gas o il fossile, che ad oggi è foriero di inquinamento e guerre. Crediamo, e ne siamo convintissimi, che possiamo fare studi e ricerche sul capitale naturale a disposizione. E, quindi, cominciare ad utilizzare tecnologie più rispondenti ai nostri bisogni futuri legati a fonti alternative rinnovabili e non inquinanti. Vogliamo un modello energetico pulito. Nelle Marche abbiamo anche un discreto patrimonio di aziende che hanno fatto dell’economia circolare il loro modello di business. Ecco, dovremmo arrivare a premiare queste eccellenze e farle diventare degli esempi da replicare”.

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MARCHE, IN TESTA PER START UP E TECNOLOGIE “GREEN” Le imprese che hanno investito in tecnologia “green” sono 10.340, pari al 21,8 per cento delle imprese marchigiane con dipendenti. Ben l’80% ha effettuato investimenti per ridurre i consumi di materie prime e di energia, il 19% ha investito sulla sostenibilità del processo produttivo e il 12,3% sul prodotto o servizio offerto.

P

rime per start up. Le Marche guidano, insieme Trentino Alto Adige ed al Friuli Venezia Giulia, la classifica delle regioni con la maggior incidenza di giovani imprese innovative sul totale delle imprese attive. A ottobre del 2015 erano 2015 erano 210ed alla fine dell’anno erano già diventate 240. Una crescita continua rispetto alle 82 del 2013 ed alle 145 dell’anno scorso. Di queste imprese, 26 sono start up ad alto valore tecnologico in ambito energetico. Molto più elevato il numero delle imprese che hanno investito in tecnologie “green” dal 2008 fino al 2014. Sono 10.340, pari al 21,8 per cento delle imprese marchigiane con dipendenti. Ben l’80 per cento ha effettuato investimenti per ridurre i consumi di materie prime e di energia, il 19 per cento ha investito sulla sostenibilità del processo produttivo e il 12,3 per cento sul prodotto o servizio offerto. Sono alcuni dei dati contenuti nell’indagine “Evoluzione delle prospettive di svi-

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di Loredana Pistonesi luppo delle start up innovative nelle Marche”, realizzata dall’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con Unioncamere Marche. “Sono numeri - ha dichiarato il presidente Graziano Di Battista - che confermano la vivacità del contesto territoriale marchigiano nell’avvio di attività ad elevato contenuto di conoscenza. Unioncamere, attraverso la collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e grazie all’attività delle Camere di commercio sul territorio regionale, si candida a indirizzare e promuovere i processi innovativi e di favorirne la diffusione tra le imprese. Ma il nostro impegno non basta. Servono forti sinergie anche con le istituzioni e con il sistema creditizio, per sostenere e favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo, in innovazione e nelle energie sostenibili. Secondo i nostri dati sono almeno 500 i laureati in materie scientifiche e tecnologiche pronti a mettersi in proprio e ad avviare una start up innovativa”. Secondo lo studio dell’Università Politecnica e di Unioncamere, le start up marchigiane sono imprese

che hanno come oggetto sociale lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico e sono altamente competitive anche verso i mercati esteri. L’analisi descrive un microcosmo giovane, dinamico, che rischia in proprio. Per continuare a stare sul mercato e svilupparsi sono consapevoli di non poter smettere di innovare: la maggioranza di loro ha già deciso di mettere in campo nuovi investimenti, essenzialmente per la realizzazione di nuovi prodotti o servizi a elevato contenuto tecnologico. “Ma per portare a compimento questa intenzione - ha sostenuto il Pro Rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gianluca Gregori - hanno bisogno di finanziamenti. E questo rappresenta senza dubbio uno scoglio per la gran parte di queste imprese, che già al loro avvio hanno segnalato, tra le principali difficoltà incontrate, proprio la mancanza di capitale necessario e la difficoltà di ottenere credito dalle banche, oltre a una eccessiva lentezza e complessità delle procedure amministrative”.


DOSSIERENERGIA&AMBIENTE

IL SONDAGGIO ENERGIA & AMBIENTE

I

l Piano Energetico Ambientale Regionale (Pear) punta a fare delle Marche una regione “Green”, e fissa l’asticella al 15,4% di energia rica-

INFORMAZIONI SUL SONDAGGIO Sondaggio realizzato da Mind X Up Srl. Sondaggio online, pubblicato all'interno delle newsletter, sulla pagina Facebook e sul sito di Mondo Lavoro ML Magazine. Indagine gestita attraverso piattaforma CAWI dal 13 al 26 Aprile 2016. Campione non probabilistico. Totale rispondenti: 86

vata da fonti rinnovabili entro il 2020. Ma come la pensano i marchigiani in tema di energie? Abbiamo sottoposto ai lettori di ML

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Magazine alcuni quesiti su energie rinnovabili, parchi naturalistici e sharing economy, per conoscere la loro opinione in materia. Ecco cosa ne è emerso:

ENERGIE RINNOVABILI

Il 95,35% dei nostri lettori ritiene che la regione Marche dovrebbe maggiormente puntare sulle rinnovabili per soddisfare il proprio fabbisogno energetico

Su quale delle seguenti fonti il governo regionale delle Marche dovrebbe puntare maggiormente?

L’ 87,18% dei rispondenti ritiene che i 67 milioni di euro che la Regione ha intenzione di stanziare, oltre alla possibile detassazione dell’Irap, per le imprese che investono in nuovi macchinari e nuove tecnologie a basso consumo, siano un adeguato incentivo per mettere le aziende in condizioni di inquinare il meno possibile

Il 4,65% dei rispondenti al nostro sondaggio ritiene che le Marche dovrebbero puntare sui combustibili fossili per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. I sostenitori delle rinnovabili puntano principalmente sul solare (51,25%), seguito da eolico, biogas e idrico.

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DOSSIERENERGIA&AMBIENTE

PARCHI NATURALISTICI

89,04% è la quota di quanti ritengono i parchi naturali molto importanti per lo sviluppo del turismo nella nostra regione e per generare un volume di affari per tutte le attività dell’indotto economico territoriale

L’86,30% dei rispondenti riterrebbe giusto provvedere ad individuare una o più aree marine protette (Conero in primis) per preservare il più possibile la bellezza naturale delle zone costiere

SHARING ECONOMY Quali delle seguenti tipologie di sharing economy hai utilizzato?

Il 40% dei partecipanti al sondaggio dichiara di aver utilizzato almeno una forma di sharing economy; la più diffusa risulta essere il car sharing (25,71% dei rispondenti). 32 www.mlmagazine.it

84,29% è la quota di coloro che reputano non giusta la scelta del governo di introdurre una forma di tassazione per il modello del Car sharing, ritenendo che queste iniziative andrebbero supportate, nell’ottica della riduzione dell’inquinamento


ITALIA

7,9 %

GRECIA

7,6 %

GERMANIA

7%

GIAPPONE

3%

USA & CINA

1%

IL NOSTRO PAESE È ALL’AVANGUARDIA NEL MONDO PER LE FONTI DI ENERGIA RINNOVABILE L’Italia è primo paese al mondo per contributo del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale (7,9%, dati relativi al 2013), meglio di Grecia (7,6%) e Germania (7%), ma anche del Giappone (sotto il 3%) di Usa e Cina (meno dell’1%). Nel 2012 l’Italia era prima (con il 39%) tra i grandi paesi Ue, a pari merito con la Spagna e davanti a Germania (24%), Francia (17%), Gran Bretagna (15%), anche per quota di energia rinnovabile nella produzione elettrica. Nel 2014 la quota di rinnovabili ha superato il 43%.

L’ITALIA IN 10 SELFIE Il deputato Pd Ermete Realacci: “scommettere sulla green economy per battere la crisi ed essere protagonisti della sfida del clima 
favorire la green economy combatte anche lo smog”. Le imprese italiane leader in europa nell’innovazione ambientale:
 sono piu’ efficienti e riducono i rifiuti anche piu’ di quelle tedesche

sono campioni nell’economia circolare e avanguardia nelle rinnovabili anche per questo siamo uno dei soli 5 paesi al mondo
con surplus manifatturiero sopra i 100 mld $ (ci attestiamo a 134 mld)

C’

è un Paese in Europa che vanta un positivo spread green. Quel paese è l’Italia. Il nostro modello produttivo è tra i più innovativi ed efficienti in campo

ambientale, tanto da essere leader in Europa per efficienza dei consumi e riduzione delle emissioni climalteranti. A parità di prodotto, le nostre imprese usano meno energia e producono meno emis-

sioni facendo meglio anche di un grande paese manifatturo come la Germania. Idem dicasi per l’utilizzo di materie prime e la produzione di rifiuti. Siamo primi in Europa anche nel riciclo industriale: recua cura di

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periamo 25 milioni di tonnellate di materia ogni anno sui 163 totali europei, la Germania che ha un’economia più grande 23, questo ci consente un risparmio di energia primaria di oltre 15 milioni di tep e di evitare 55 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. E siamo all’avanguardia anche nella rinnovabili: l’Italia è primo paese al mondo per contributo del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale (7,9%, dati relativi al 2013), meglio di Grecia (7,6%) e Germania (7%), ma anche del Giappone (sotto il 3%) di Usa e Cina (meno dell’1%). Merito soprattutto delle molte imprese che hanno scommesso sul green. Quasi un’impresa italiana su quattro durante la crisi ha scommesso sulla green economy, che vale 102.497 milioni di euro di valore aggiunto, con vantaggi competitivi in termini di export e innovazione, tanto che nella manifattura le imprese eco-investitrici esportano ed innovano circa il doppio delle altre (rispettivamente il 43,4% contro il 25,5% e il 30,7% contro il16,7%). Ed è anche grazie a queste performance se con un surplus commerciale manifatturiero con l’estero di 134 miliardi di dollari nel 2014, l’Italia si conferma uno dei soli cinque paesi al mondo che possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari. Gli altri sono Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone, mentre Francia, Regno Unito e Stati Uniti ci guardano da lontano. Un primato che parla di competitività delle imprese italiane nei più diversi settori: dal legno arredo alla nautica, dall’agroalimentare alla green economy, dalle rinnovabili alla cultura. Con 10 miliardi di dollari di surplus l’industria italiana del Le-

gno Arredo è seconda nella graduatoria internazionale per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina (80 mld) ma davanti ai competitor polacchi (9 mld), messicani (6 mld), vietnamiti (5 mld) e tedeschi (-2,1 mld). Nella nautica siamo addirittura primi con oltre un quinto dell’export globale e non abbiamo rivali per numero ed eterogeneità di prodotti agroalimentari distintivi. Questa è l’Italia che Fondazione Symbola racconta in ‘L’Italia in 10 selfie.2016 - Una nuova economia per affrontare la crisi, protagonisti della sfida del clima’, dossier che sarà diffuso a gennaio e di cui qui si dà un’anticipazione. Un documento che guarda al paese reale, fotografa i talenti dell’Italia che c’è e dimostra numeri alla mano che il Belpaese è già protagonista di quel cambiamento verso una società e un’economia più sostenibili e a misura d’uomo sollecitato anche dalla Cop21. “L’accordo sul clima di Parigi – spiega il presidente di Fondazione Symbola Ermete Realacci nella premessa di L’Italia in 10 selfie 2016 – è solo un primo passo, ma segna un cambio di rotta prima impensabile e propone grandi opportunità. L’Italia può coglierle se scommette sui suoi talenti migliori, sulla prima fonte di energia rinnovabile e non inquinante, di cui non è avara, che è l’intelligenza umana”. nL’obiettivo di restare ben al di sotto dei due gradi, necessario per contrastare i mutamenti climatici, porta con sé una nuova economia e impone una transizione verso una società e un modello di sviluppo a basso tenore di carbonio. Un cammino non semplice che offre formidabili occasioni legate alla green economy, per le nostre imprese, i nostri territori, che spesso sono già in prima fila nella sfi-

da del clima. “Le misure per favorire la green economy e raggiungere gli obiettivi fissati alla Cop21 di Parigi – evidenzia inoltre Realacci - coincidono largamente con quelle che servono per combattere lo smog. A partire da un potenziamento del trasporto pubblico, dalla scommessa su mezzi più puliti e su forme di mobilità sostenibile, da una maggiore efficienza nel riscaldamento”. “Per superare i suoi problemi e affrontare la crisi, l’Italia deve avere il coraggio di accettare le sfide di un mondo che cambia senza perdere la propria anima – conclude Realacci questi dieci selfie fotografano dieci punti di forza di un Paese che ha nei cromosomi i principi dell’efficienza e dell’economia circolare, capace di sposare antichi saperi e innovazione, conoscenza con qualità, bellezza e green economy. E’ un’Italia che fa l’Italia. Un Paese di cui essere orgogliosi che può essere protagonista del cambiamento che ci aspetta”. Ecco allora i 10 selfie da cui partire per sfidare la crisi ed essere protagonisti del cambiamento: Selfie n. 1 Dalla green economy il turbo per le imprese italiane. Sono 372.000 aziende italiane (il 24,5% dell’imprenditoria extra-agricola, nella manifattura addirittura il 32%) che durante la crisi hanno scommesso sulla green economy - che vale 102.497 mln di € di valore aggiunto, il 10,3% dell’economia nazionale. Con vantaggi competitivi in termini di export (43,4% delle imprese manifatturiere eco-investitrici esporta stabilmente, contro il 25,5% delle altre) e di innovazione (il 30,7% ha sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 16,7%). La green economy fa bene anche all’occupazione. Nel 2015, tra a cura di

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83,5

40,1

49,8

50,1

63,7

TONNELLATE DI RIFIUTI OGNI MLN DI € PRODOTTO

LE NOSTRE IMPRESE CAMPIONI NELLA RIDUZIONE DEI RIFIUTI E NELL’ECONOMIA CIRCOLARE Il nostro Paese è campione europeo nella riduzione degli scarti nel sistema produttivo, leader nell’industria del riciclo e portabandiera dell’economia circolare. Spagna (50,1), Germania (63,7), Francia (83,5). A fronte di un avvio a recupero industriale di oltre 163 mln di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono stati recuperati 25 mln, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi del continente (in Germania sono 23). Il risparmio dell’Italia è di oltre 15 mln di tonnellate equivalenti di petrolio ed emissioni per circa 55 mln di tonnellate di CO2. Siamo secondi solo alla Germania in termini di percentuale di riciclo e di recupero di rifiuti di imballaggio, facendo meglio di Spagna, Francia e Regno Unito.

green jobs propriamente detti e posti di lavoro in cui sono richieste competenze green, il 59% delle assunzioni previste è legato alla green economy: un esercito di 294mila nuovi lavoratori green. Selfie n. 2 L’Italia è uno dei soli cinque paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 mld di dollari. Nel 2014, con un surplus commerciale manifatturiero con l’estero di 134 mld $ (erano 113 nel 2012), si conferma il ruolo di punta del nostro Paese nell’industria mondiale. Non si può dire lo stesso di paesi

come Francia (-35 mld), Regno Unito (-129 mld), Usa (-589 mld). Selfie n. 3 Le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti - il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale - nel 2013 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 928: circa uno su cinque. Selfie n. 4 Il nostro paese è all’avanguardia nel mondo per le fonti di energia rinnovabile. L’Italia è primo paese al mondo per contributo del fo-

tovoltaico nel mix elettrico nazionale (7,9%, dati relativi al 2013), meglio di Grecia (7,6%) e Germania (7%), ma anche del Giappone (sotto il 3%) di Usa e Cina (meno dell’1%). Nel 2012 l’Italia era prima (con il 39%) tra i grandi paesi Ue, a pari merito con la Spagna e davanti a Germania (24%), Francia (17%), Gran Bretagna (15%), anche per quota di energia rinnovabile nella produzione elettrica. Nel 2014 la quota di rinnovabili ha superato il 43%. Selfie n. 5 l’industria italiana del lea cura di

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gno arredo è seconda al mondo per surplus commerciale. Con 10 mld di $ di surplus l’industria italiana del Legno Arredo è seconda nella graduatoria internazionale per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina (80 mld) ma davanti ai competitor polacchi (9 mld), messicani (6 mld), vietnamiti (5 mld) e tedeschi (-2,1 mld). Ed è leader in Europa, con 56,4 mln di €, negli investimenti in R&S, che sempre più spesso alimentano l’innovazione green e l’efficienza nell’uso di materia ed energia: davanti alle imprese inglesi (44,6), tedesche (39,9) e francesi (17,5). Selfie n. 6 per 89 prodotti il nostro paese è leader dell’agroalimentare nel mondo, e vanta l’agricoltura più sostenibile. Tra i prodotti dell’agroalimentare italiano, ben 27 non hanno rivali sui mercati internazionali. Dalla pasta ai pomodori e altri ortaggi, da aceto e olio ai fagioli, alle ciliegie: tutti campioni assoluti nelle quote di mercato mondiale. E ce ne sono altri 62 per i quali siamo secondi o terzi: siamo sul podio nel commercio mondiale, insomma, per ben 89 prodotti. Quest’anno l’export agroalimentare è cresciuto di 8 punti percentuali nei primi 9 mesi, a quota 27 mld di €. Grazie anche al successo dell’Expo, ma soprattutto perché il nostro è il Paese più forte al mondo per prodotti ‘distintivi’: primi nel food, con 278 tra Dop/ Igp/Stg, e nel vino, con 523 Doc/Docg/Igt; primi in Europa nel biologico per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie. Con 814 tonnellate per ogni milione di euro prodotto dal settore, non solo l’agricoltura italiana emette il 35% di gas serra in meno della media Ue, ma fa decisamente meglio di Spagna (il 12% in meno), Francia (35%), Germa-

nia (39%) e Regno Unito (il 58% di gas serra in meno). Selfie n. 7 Italia prima nella nautica con un quinto dell’export globale. Oltre un quinto della domanda internazionale di prodotti della nautica da diporto è assorbito dal made in Italy. Risultato che fa della nautica italiana la prima al mondo per quote di mercato, coi principali competitor che ci seguono a distanza: gli Usa col 14,5% del mercato e la Germania con l’11,4%. Una leadership assoluta, legata anche alle performance ambientali (come l’efficienza nei consumi e nelle emissioni), che diventa ancor più netta nella produzione di imbarcazioni e yacht da diporto (con motore entrobordo): dove gli oltre 2,4 mld di dollari di export ci consegnano una quota di mercato del 32,2%, superiore a quella dei due principali concorrenti: USA, e Germania (in totale 26,2%). Selfie n. 8 il sistema produttivo italiano leader in Europa in efficienza dei consumi e riduzione delle emissioni. Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi ed efficienti in campo ambientale. A partire dai consumi energetici e dalle emissioni inquinanti: con 15 tonnellate di petrolio equivalente per milione di € prodotto, tra i big player europei solo il Regno Unito (12 t) - dove finanza e servizi giocano però un ruolo molto importante - fa meglio dell’Italia, paese manifatturiero. Che si colloca davanti a Francia (16), Spagna e Germania (18). E con 113 tonnellate di anidride carbonica per milione di € si piazza seconda dietro solo alla Francia (91 t), facendo meglio del Regno Unito (135), della Spagna (138) e della Germania (158). Selfie n. 9 Le nostre imprese campioni nella riduzione dei rifiuti e nell’economia circolare. Il nostro Paese è campione europeo nella riduzione

degli scarti nel sistema produttivo, leader nell’industria del riciclo e portabandiera dell’economia circolare. Con 40,1 tonnellate di rifiuti ogni mln di € prodotto l’Italia è ben più efficiente di Regno Unito (49,8), Spagna (50,1), Germania (63,7), Francia (83,5). A fronte di un avvio a recupero industriale di oltre 163 mln di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono stati recuperati 25 mln, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi del continente (in Germania sono 23). Il risparmio dell’Italia è di oltre 15 mln di tonnellate equivalenti di petrolio ed emissioni per circa 55 mln di tonnellate di CO2. Siamo secondi solo alla Germania in termini di percentuale di riciclo e di recupero di rifiuti di imballaggio, facendo meglio di Spagna, Francia e Regno Unito. Selfie n. 10 cultura, bellezza e creatività per competere. Alla filiera della cultura - 443mila aziende, il 7,3% del totale nazionale, che danno lavoro al 5,9% del totale degli occupati in Italia, 1,4 mln di persone - l’Italia deve 84 mld di €, il 5,8% della ricchezza prodotta. Questi 84 mld ne mettono in moto altri 143 nel resto dell’economia: 1,7 € per ogni € prodotto dalla cultura. Si arriva così a 227 mld prodotti dall’intera filiera culturale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano. Le imprese che hanno investito in creatività sono più innovative: il 63,5% ha introdotto innovazioni di prodotto contro il 22,2% di chi non ha investito. E non è un caso, poi, che tra le prime il 48,1% sia presente sui mercati internazionali, a fronte del 21,6% delle altre.

a cura di

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UNIVERSITÀ&RICERCA

UNICAM Università di Camerino #OBIETTIVOSTUDENTI. Presentati in Ateneo i risultati della Settima Indagine Eurostudent

uanto è costata la lunga crisi economica per gli studenti universitari italiani in termini di disagi, di cambiamenti di strategie delle famiglie rispetto all’investimento in istruzione dei figli? Quanto ha inciso per i meno abbienti la contrazione della possibilità di fare un “lavoretto”? E’ anche a questi interrogativi che risponde la Settima Indagine Eurostudent sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari nel periodo 2012-2015, presenta-

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ta nei giorni scorsi all’Università di Camerino nell’ambito del convegno organizzato dall’Ateneo dal titolo “#OBIETTIVOSTUDENTI”. Nel corso dell’evento è stato tracciato un focus particolare sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari negli Atenei delle Regioni Marche, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo e Lazio. “Sono estremamente soddisfatto – ha dichiarato il Rettore Unicam Flavio Corradini – di poter ospitare nel mio Ateneo ospiti così illustri per un dibattito con un focus particolare sugli studenti. L’indagine Eurostudent ci fornisce dati significativi sul nostro

sistema universitario e su come esso è percepito dai nostri studenti, con i suoi punti di forza e le sue criticità. Ad esempio, il 72,5% degli studenti proviene da famiglie con genitori non laureati. L’università si conferma quindi come “ascensore sociale”: le famiglie in condizione socio-economica modesta riconoscono il valore dell’investimento nell’istruzione superiore come motore di sviluppo del capitale umano e di mobilità sociale degli studenti”. Si fanno poi i conti con la crisi economica. Il 74% abita con la famiglia di origine ed aumenta il pendolarismo come “strategia di sopravvivenza”.


UNIVERSITÀ&RICERCA Diminuisce poi del 30% il lavoro degli studenti con conseguente riduzione della capacità di auto-finanziamento e maggiore dipendenza dalle famiglie. Emergono però anche comportamenti virtuosi: l’indagine ha rilevato un aumento del tempo dedicato allo studio, sia alle lezioni che allo studio individuale. “La riduzione del tempo dedicato a lavorare – ha affermato il dott. Giovanni Finocchietti, Direttore dell’Indagine italiana Eurostudent – è stato reinvestita in tempo di studio. E’ come se gli studenti, in particolare

i fuori sede, avessero la percezione di maggiori difficoltà e assumessero quindi in prima persona una maggiore responsabilità” L’evento si è aperto con i saluti del Rettore Unicam Flavio Corradini, del Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) Gaetano Manfredi, dell’assessore all’Università, diritto allo studio, istruzione, formazione professionale della Regione Marche Loretta Bravi. Sono seguiti gli interventi di illustri docenti, ricercatori, studenti ed esperti, cui è seguito il dibattito con alcuni dei rappresentanti delle Regioni coin-

volte. Al termine dell’incontro è stato consegnato il premio “F.I.R.S.T. in Unicam 2015 - First in Innovation and Results of Studying and Teaching”, riconoscimento attribuito dal Presidio Qualità di Ateneo al Corso di Laurea Unicam che si è particolarmente distinto per l’accuratezza della progettazione e per i risultati ottenuti nelle attività formative nel corso dell’anno 2015. Quest’anno il premio è andato al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche della Scuola di Scienze del Farmaco e dei prodotti della salute.

Da sinistra: il presidente del CRUI Gaetano Manfredi, il Rettore Unicam Flavio Corradini e il Direttore dell’Indagine italiana Eurostudent Giovanni Finocchietti

La Professoressa Laura Baratin Il gruppo di lavoro

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UNIVERSITÀ&RICERCA

SULL’ONDA DEI BUCHI NERI di Flavio Vetrano Ordinario di Fisica - Università degli Studi di Urbino Carlo Bo

U

n miliardo e trecento milioni di anni fa, quando sulla Terra l’atmosfera mutava verso una composizione più ricca di ossigeno e le primitive forme di vita stavano divenendo pluricellulari, ad una distanza di 410 Megaparsec (10000 miliardi di miliardi di Km) dal nostro pianeta due Buchi Neri si fondeva-

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no tra loro. Difficile immaginare un evento così apocalittico! I Buchi Neri sono oggetti estremamente compatti per cui in una sfera del diametro di poche decine di Km è immagazzinata una massa decine di volte superiore alla massa dell’intero nostro sistema solare. Da esso non può uscire neppure la luce (perciò è Nero) e la sua forza di gravità attrae al suo interno senza

limite ciò che capita nelle sue vicinanze (perciò è un Buco). In questo caso le masse dei due Buchi Neri erano rispettivamente 36 e 29 volte quella del nostro Sole: orbitando l’uno intorno all’altro sempre più rapidamente, si sono precipitati in un collasso ad una velocità quasi pari a quella della luce. La coalescenza dei due oggetti ha prodotto un unico Buco Nero di


UNIVERSITÀ&RICERCA massa 62 volte il nostro Sole: 3 masse solari sono state bruciate in mezzo secondo, liberando più energia di quanta il nostro Sole ne emetta in tutta la sua esistenza! Ma l’eco di questo cataclisma non è andata perduta. L’energia si è accumulata in onde gravitazionali, quelle ondulazioni dello spaziotempo previste da Albert Einstein un secolo fa e fino a ieri mai osservate direttamente, simili alle onde che si osservano in una tranquilla superficie d’acqua su cui si lasci cadere un sasso: cerchi concentrici che dalla sorgente si allargano sempre di più trasportando l’informazione di ciò che è successo. E così l’onda gravitazionale si è allontanata dal luogo del cataclisma alla velocità della luce, giungendo sulla Terra dopo un viaggio durato un miliardo e trecento milioni di anni; molto indebolita dal lungo tragitto durante il quale si è dovuta diluire in tutte le direzioni, divenendo una impercettibile increspatura dello spaziotempo, confrontabile con uno spostamento minore del diametro di un protone, quella infinitesima particella che costituisce i nuclei degli atomi. Ma la Terra non è quella di un miliardo e trecento milioni di anni fa: gli organismi pluricellulari sono ora molto più complessi, formano quella specie umana che con i suoi scienziati è in grado di concepire e costruire strumenti capaci di rilevare e misurare quegli infinitesimi spostamenti: e così, il 14 settembre del 2015, con quei mirabolanti rivelatori che sono le antenne gravitazionali interferometriche, per la prima volta nella storia dell’umanità si catturano e si decifrano quelle onde gravitazionali che raccontano i dettagli di quel catastrofico collasso di Buchi Neri. Dunque le onde gravitazionali esistono; ed anche i Buchi Neri; e sono più numerosi di quanto si pensasse;

e formano sistemi binari con masse grandi (ma molto più piccole di quelle dei mostruosi Buchi Neri che sono ipotizzati essere i nuclei attivi delle galassie); e con le onde potremo avere informazioni sull’interno delle Pulsar, e sull’universo primigenio, e sul Big Bang...In poche parole, forse potremo e dovremo scrivere o riscrivere interi capitoli della Fisica. Occasione felice per gli scienziati, perché questa nuova finestra sull’universo fa sperare di potersi imbattere in qualcosa di assolutamente nuovo e nemmeno immaginabile dalla più fervida fantasia.

Prof. Flavio Vetrano Prorettore alla ricerca Università di Urbino

Ma evento felice non solo per gli scienziati. Per poter rivelare le onde gravitazionali si è reso necessario uno sforzo colossale: tecnologie avanzate per l’isolamento sismico, per il controllo della trasmissione ottica, per la capacità di calcolo e di trasmissione dati e molto, molto altro, con brevetti e ricadute occupazionali di grande rilievo; e ad ogni sforzo tecnologico corrisponde un passo significativo nel processo di innovazione di aziende

e laboratori. Con il coinvolgimento, non solo operativo, ma più in generale culturale, di tutte quelle persone che direttamente o indirettamente partecipano alle varie fasi di tale impresa scientifica. Da qui un fall out effettivo sulla società nelle sue varie componenti produttive: non è infatti un mistero che le maggiori ricadute in termini tecnici, economici e sociali derivino dalla ricerca di base, i cui effetti durano nel tempo in maniera stabile ed efficace. E nel bilancio sociale non può e non deve dimenticarsi che queste grandi ricerche sono frutto dello sforzo congiunto di un gran numero di scienziati, tecnologi e tecnici: la collaborazione LIGO-VIRGO, di cui il gruppo di Urbino è componente rilevante, che ha annunciato al mondo la scoperta fatta, consta di più di un migliaio di persone di diverse nazionalità; l’internazionalizzazione ed il cosmopolitismo in senso virtuoso sono un carattere distintivo della Scienza, che la rende perciò strumento sociale di enorme valore. Infine queste scoperte epocali stimolano sempre la fantasia di ognuno di noi: della persona colta, del dilettante, dello specialista, del sognatore, dell’ingenuo…dando connotati di sogno a chi voglia in qualche modo immaginare il nostro universo come il complesso teatro in cui avviene la recita della sua esistenza; dove spesso si guarda al cielo come sede di cose meravigliose tra cui è lecito sognare di muoversi. E tra Buchi Neri, Onde Gravitazionali, Pulsar e Quasar i sogni si fanno più vaghi, più arditi, più stimolanti e, perché no, più poetici.

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PROFESSIONALITA’ E COMPETENZA: Banca della provincia di Macerata chiude i bilanci in attivo e redistribuisce gli utili

N

ella provincia di Macerata e nelle zone limitrofe si sviluppa una economia che, se opportunamente stimolata e sostenuta, può diventare ancora più dinamica e più ricca, con conseguenze positive in termini di occupazione e di benessere per il territorio. Proprio in questa ottica, Banca della Provincia di Macerata si propone come una realtà attiva che presta attenzione alle esigenze dell’individuo, della famiglia, del professionista e della piccola impresa. L’idea di dare vita alla fondazione della “Banca della Provincia di Macerata S.p.a” prende il via nel 2002. L’amore per la propria terra, l’entusiasmo per un’iniziativa che può funzionare, la convinzione di poter fare una cosa importante ed utile per la collettività: questo è ciò che, es-

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senzialmente, ha ispirato e motivato coloro che hanno cominciato a pensare a questo progetto. Nel 2003 viene così costituito il Comitato Promotore avente lo scopo di far nascere una nuova banca “provinciale”. E dopo una lunga serie di step fondamentali, il 15 maggio del 2006 si procede all’inaugurazione e all’apertura delle filiali di Macerata e Civitanova Marche, e degli uffici di Direzione Generale in Via Carducci a Macerata. Ad oggi si sono aggiunte le filiali di Tolentino e Porto San Giorgio. E successivamente gli innovativi punti vendita presidiati da promotori finanziari pensati per effettuare tutte le principali operatività di sportello automatico 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, e per accogliere la clientela per una offerta di servizi bancari, finanziari, assicurativi, previdenziali, creditizi e tanto altro con

soluzioni tecnologicamente avanzate. Gli sportelli sono attivi a Piediripa, Camerino, Recanati e San Severino Marche. I valori aziendali sono: Affidabilità, Trasparenza, Oggettività, Flessibilità, Sicurezza. “Siamo una Banca solida ed attenta ai bisogni di ogni singolo cliente – spiega il dott. Loris Tartuferi, Presidente del Cda - rendiamo accessibile la possibilità di operare con successo nell’ambito delle proprie esigenze di natura finanziaria ed assicurativa per mezzo di una consulenza personalizzata, specializzata, ovunque lo si desideri”. Una realtà tanto solida, che ha chiuso anche l’ultimo bilancio in attivo. Non è così? “E’ esatto. Questo è il terzo anno consecutivo in cui si chiude il bilancio in utile. E dal 2013 abbiamo avuto utili


consistenti, che ci hanno consentito di coprire tutte le perdite. Ad esempio quest’anno abbiamo avuto circa 1 milione e 100 mila euro di utile. In previsione, inoltre, fin dall’anno scorso, di poter distribuire un dividendo che l’assemblea ha approvato nell’1% del valore nominale delle azioni. Staccheremo le prime cedole molto presto e daremo, quindi, questo atteso segnale di piccola soddisfazione ai nostri azionisti che hanno atteso molto a lungo per avere questo diritto e che adesso possiamo garantire. Sono risultati positivi che si ripeteranno nel tempo. Le previsioni economiche future sul piano industriale ci danno conferma che l’andamento reddituale sarà positivo anche in futuro”. E’ previsto anche un aumento di capitale? “Fin dalla sua nascita, la banca ha avviato due fasi. In primis l’avvio di startup, e poi una fase di consolidamento e ristrutturazione definitiva della banca che è durata anni. A partire da questo esercizio, ma anche dal precedente, abbiamo iniziato a dare vita ad una terza fase che è quella dello sviluppo. Bisogna essere in regola con i parametri patrimonio-impieghi. Perciò abbiamo lanciato, escludendo per ora il mercato, un prestito emesso a favore degli azionisti di 4 milioni di euro che serve per finanziare lo sviluppo, e che stiamo avviando in base al nostro piano industriale. Questo finanziamento sarà portato a termine con la sottoscrizione da parte dei componenti del patto del sindacato. Questo aumento di capitale, non diretto al mercato, sarà certamente eseguito”. Quest’anno ricorre il decennale della nascita di Banca della Provincia di Macerata. Avete pensato a qualche inizia-

tiva in particolare? “Assolutamente sì. La nostra avventura è cominciata il 15 maggio del 2006. Dunque quest’anno ricade un anniversario molto importante e significativo per noi. Anche perché la ricorrenza cade in un periodo molto particolare e difficile per le aziende e per le banche stesse, che hanno affrontato lunghi periodi di difficoltà.

risoni vicedirettore di Radio24, il dott. Oscar Gianninon e il dott. Giuseppe Boccuzzi direttore generale del Fondo Interancario di Tutela dei Depositi”.

Loris Tartuferi, Presidente Cda Banca della provincia di Macerata

Come definirebbe la sua banca? “E’ sicuramente una banca piccola, ma molto solida e molto liquida. Organizzata e adeguatamente redditizia. Tanto che per 3 anni consecutivi ha prodotto reddito, fino a redistribuire un primo dividendo. E in futuro continuerà a produrre reddito. Inutile dire che siamo molto soddisfatti di quanto abbiamo fatto e di quanto riusciremo a fare, avendo superato le innumerevoli difficoltà scatenatesi sul sistema bancario e finanziario internazionale. Posso dire, in tutta onestà, che siamo davvero orgogliosi di ciò che abbiamo realizzato e portato avanti con estrema competenza e convinzione”.

Ma con le nostre professionalità e specificità siamo riusciti a far fronte alla crisi, uscendone rafforzati e con una prospettiva di costante sviluppo. Ad ogni modo abbiamo pensato ad una lunga serie di iniziative che, dalla metà del mese di maggio, coinvolgeranno tutto il nostro territorio fino alla fine dell’estate. Offriremo una serie di spettacoli ad ingresso gratuito in tutte le piazze e in tutti i teatri dei comuni dove siamo presenti con le nostre filiali e i nostri uffici. Gli artisti coinvolti saranno quelli del circuito di Musicultura. Poi, un altro importante appuntamento sarà il convegno in materia economicofinanziaria a cui parteciperanno figure di assoluto spessore, come: il dott. Sebastiano Ba-

La vostra mission? “Innanzitutto direi che la nostra è una banca che ha in missione l’attività bancaria e assicurativa in regime di consulenza. Ci siamo organizzati e strutturati con professionalità adeguate per fare e offrire alla clientela consulenza bancaria, finanziaria e assicurativa. La nostra campagna istituzionale è ben rappresentata e raccontata da video in cui cerchiamo di comunicare al pubblico la nostra impostazione attraverso una rappresentazione essenziale per quanto riguarda l’attività che svolgiamo, ovvero: studiamo innanzitutto il profilo del cliente, la situazione patrimoniale, finanziaria, e personale. Quindi il rischio che il cliente intende assumersi per fare determinate operazioni”.

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CNA

“ARGOMENTI”, una finestra sull’economia e sulla societa’ La rivista quadrimestrale di economia, cultura e ricerca sociale diventa digitale e sarà edita dall’Università di Urbino in collaborazione con la Cna Marche, attraverso il suo Centro Studi. Ilario Favaretto dell’Università di Urbino sarà il direttore scientifico della rivista mentre il direttore responsabile sarà il giornalista Sergio Giacchi.

L’Ufficio Stampa: Tiziano Mancini e Sergio Giacchi

Gino Sabatini: “Oltre a contenere importanti articoli di economisti di fama nazionale ed internazionale, la rivista consentirà al Centro Studi della Cna Marche di diffondere dati e indagini, rendendoli disponibili al pubblico, agli studenti e agli studiosi come pure agli imprenditori ed alle istituzioni.”

alla realizzazione di “Argomenti” sin dalla sua nascita con la prima serie degli anni settanta (1978-1990) e poi con la seconda serie edita da Franco Angeli (2000-2014), proseguirà nel so-

stegno della pubblicazione della rivista attraverso una collaborazione con l’Università “Carlo Bo” e curando le attività redazionali. La rivista “Argomenti”, che è stata

U

na finestra aperta sull’economia marchigiana che viene proiettata sugli scenari nazionali e internazionali. La rivista quadrimestrale di economia, cultura e ricerca sociale “Argomenti”, verrà edita dall’Università di Urbino e passerà dalla diffusione nella tradizionale modalità cartacea, per abbonamento o tramite download a pagamento, a quella digitale di libera consultazione. La Cna Marche, che ha contribuito

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Dini, Sabatini, Stocchi, Favaretto


CNA presentata ad Urbino dall’Università “Carlo Bo” e dalla Cna Marche, intende proporsi come strumento di connessione e comunicazione tra il mondo della piccola impresa e dei sistemi economici locali con l’Università e il mondo della ricerca. I temi che saranno analizzati andranno dalle problematiche del sistema economico e produttivo alle dinamiche sociali e culturali legate allo sviluppo territoriale. Il ruolo delle micro imprese e delle Pmi sarà oggetto di indagini e analisi interdisciplinari volte a esplorare le potenzialità della piccola impresa anche nell’ottica della sostenibilità e dell’economia circolare. Il contributo al dibattito economico e sociale che si cercherà di favorire nelle pagine digitali della rivista potrà contribuire alla costruzione delle linee di politica industriale delle Marche e all’individuazione delle politiche per aumentare la capacità di produrre valore aggiunto da parte dell’economia della piccola impresa. “Sempre più studi” ha affermato il rettore dell’Università di Urbino Vilberto Stocchi “sottolineano l’importanza dei legami di un ateneo con il suo territorio, e la collaborazione fra Università di Urbino e Cna Marche ne è un esempio di sintesi e programmazione, che intendiamo proseguire e rafforzare”. Ilario Favaretto dell’Università di Urbino è il direttore scientifico della rivista mentre il direttore responsabile è il giornalista Sergio Giacchi. La redazione è formata dal segretario Cna Marche Otello Gregorini, da Gabriele Di Ferdinando e da Giovanni Dini del centro Studi Sistema della Cna Marche. “La rivista Argomenti” ha precisato il presidente Cna Marche Gino Sabatini “sarà quadrimestrale e scaricabile gratuitamente dal sito http://ojs.uniurb.it/

Di Ferdinando, Dini, Sabatini, Stocchi, Favaretto, Gregorini, Barilari

index.php/argomenti Oltre a contenere importanti articoli di economisti di fama nazionale ed internazionale, consentirà al Centro Studi della Cna Marche di diffondere dati e indagini, rendendoli disponibili al pubblico, agli studenti e agli studiosi come pure agli imprenditori ed alle istituzioni. In questo modo la nostra associazione di categoria è in grado di partecipare al dibattito sociale ed economico non solo regionale ma anche nazionale”. Prestigioso il Comitato scientifico che è composto da docenti universitari italiani, europei e d’oltreoceano che saranno anche prestigiosi collaboratori di “Argomenti” con i loro articoli: Aurelio Bruzzo (Università di Ferrara), Paolo CalzaBini (Università Sapienza di Roma), Jean-Claude Barbier (Université Paris 1- Panthéon Sorbonne), Giancarlo Corò (Università di Venezia), Bruno Courault (CNRS – Centre national de la recherche scientifique – France), Sebastiano Fadda (Università Roma Tre), Ilario Favaretto (Università di Urbino), Joaquim Feio (Universidade de Coim-

bra-Portugal), Giuseppe Gramigna (Small Business Administration – Washington DC), Rodolfo Hernandez (Universidad de Valencia-España), Maria Lissowska (Warsaw School of Economics – Polska), Mauro Marconi (Università di Macerata), Maria Rita Materazzi (Università di Urbino), Maurizio Mistri (Università di Padova), Luis Moreno (CSIC – Consejo Superior de Investigaciones Científicas – España), Giancarlo Polidori (Università di Urbino),Alicia Robb (University of California at Santa Cruz – USA), Franco Sotte (Università Politecnica delle Marche), Luciano Stefanini (Università di Urbino), Engelbert Stockhammer (Kingston University – UK), Robert J. Strom (Ewing Marion Kauffman Foundation – Kansas City), Josh Whitford (Columbia University – New York).

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SALUTE&BENESSERE

SCIENZARTE Per favorire la conoscenza della medicina integrata e renderla sempre più accessibile, il movimento NUM organizza un ciclo di “dialoghi” tematici denominato “ScienzArte”. Uno spazio culturale in cui uomini di scienza e uomini d’arte (ma la medicina non è forse un arte?) si confrontano e si completano in un comune, suggestivo, sentire tra loro e con il pubblico. Gli artisti parleranno attraverso le loro opere, i loro scritti, letti e interpretati dai cultori dell’associazione Leggìo e dell’associazione Philosofarte. Medici, biologi, antropologi, storici, chef, maestri di discipline non convenzionali presenteranno le loro esperienze, ed i reading teatrali faranno da controcanto.

Gli incontri si terranno alla Casa delle Culture, di sabato mattina alle ore 10.00, secondo il calendario seguente. Info: 333.9712186 • Sabato 23 Aprile – Dialogo terzo: “Medicina tradizionale cinese, agopuntura… solo terapie complementari?” – Alla ricerca della slow medicine efficace • Sabato 7 Maggio – dialogo quarto: “L’invasione dei vegani” – Il pianeta dei carnivori è in pericolo? • Sabato 21 Maggio – dialogo quinto: “I misteri dell’iride” – L’occhio specchio dell’anima o del corpo? • Sabato 28 maggio – dialogo sesto: “Yoga, Reiki, trattamenti energetici” – La ricerca dell’armonia

LA MEDICINA OMEOPATICA NELLA SOCIETÀ 2.0

E’

di grande attualità un grande attacco mediatico contro l’Omeopatia. In qualità di medico omeopatico praticante con passione ed onestà intellettuale da circa 30 anni, impegnato nella docenza dal 1989 e da 3 anni presidente mondiale dei medici omeopatici, mi viene da chiedere come possa essere possibile una “caccia alle streghe” di tali proporzioni. Negli ultimi anni si sono creati dei gruppi, specie nel Regno Unito, definiti Skeptics, che investono energie enormi per cercare di distruggere definitivamente l’Omeopatia. La loro attività si è poi diffusa capillarmente in ogni angolo di mondo, specie nei paesi più ricchi,

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di Prof. Renzo Galassi dove il “mercato” dell’Omeopatia probabilmente disturba alcune logiche commerciali. I ricercatori dell’ultramolecolare, e quindi del medicamento omeopatico, hanno presentato molti lavori con esiti positivi rispetto alla efficacia della Medicina Omeopatica. L’associazione mondiale che dirigo (LMHI) pubblica ogni anno tali ricerche nel “Scientific Framework”, un libro a disposizione di tutti, ma nessun oppositore ha mai letto questa pubblicazione che aiuterebbe a chiarire l’efficacia della Medicina Omeopatica. Al di là di queste lotte, che sembrano più dettate da logiche commerciali di Lobbies finanziarie, più che da dispu-

te fra medici praticanti Medicine diverse, c’è da dire che nella nostra società, la Medicina Omeopatica gode di ottima salute e di un livello di gradimento da parte degli utenti molto alto…… Cercando di vedere l’Omeopatia a confronto con l’Allopatia (la medicina ufficiale in Italia) si rileva subito una grande diversità. In Omeopatia la legge che la regge è quella dei simili a differenza dell’Allopatia che si basa sui contrari e la visione dell’uomo, sano o malato che sia, è completamente diversa. Partendo da questi concetti sembra esserci incomunicabilità tra i due sistemi, ma esistono altre considerazioni da fare. In primo


SALUTE&BENESSERE luogo il desiderio che ci accomuna, cioè il bene del malato, il nobile fine di restituire alla salute originaria il sofferente, ognuno utilizzando i percorsi terapeutici suggeriti dalla propria scienza e coscienza. È interessante considerare come il problema della difficilmente conciliabile scelta fra simile e contrario, fosse stato in passato risolto dal Padre di noi medici, Ippocrate che, secondo recenti ricerche di uno storico americano Harris L. Coulter (nel libro Divided Legacy) riusciva ad utilizzare in terapia indistintamente i simili o i contrari. La seconda considerazione da fare è che comunque, che la si avversi o la si lasci vivere, la medicina di Hahnemann (fondatore dell’Omeopatia) raccoglie successi terapeutici, lo faceva nell’800 in occasione delle terribili epidemie che seminavano morte, come colera, difterite, tifo, tubercolosi, (la seconda moglie di Hahnemann fu una nobile parigina da lui guarita dalla TBC), lo fa oggi, più frequentemente in situazioni di cronicità che tolgono al paziente quella sensazione di benessere psico-fisico auspicato dalla OMS. Io penso che se ci fosse la possibilità di aprire un dialogo non tanto sul fatto del placebo, della solita “acqua fresca” etc., riducendo tutto il discorso a dei criteri di valutazione allopatici e quindi non applicabili all’Omeopatia, si potrebbe comprendere perché essa funzioni. Sarebbe molto interessante illustrare un protocollo di sperimentazione di un farmaco omeopatico, quindi a diluizione infinitesimale, su più sperimentatori sani che immancabilmente sviluppano sintomi caratteristici di quel medicamento e molto diversi dai variegati sintomi dei controlli che assumono placebo. Questo

dimostra da due secoli la ripetibilità del fenomeno reattivo indotto dalla sostanza omeopatica sul vivente, a testimonianza dell’efficacia e dell’azione costante del farmaco imponderabile. Auspichiamo che in un futuro non lontano gli studiosi spendano realmente energie per dimostrare perché il farmaco omeopatico “funziona” invece di restare su posizioni aprioristiche di avversione solo perché fino ad ora non si è visto nulla al microscopio. (Anche se recentemente, gli studiosi delle Nano-particelle, hanno rilevato la presenza di queste, nelle diluizioni infinitesimali omeopatiche). L’aspetto invece della massima importanza è la salvaguardia della qualità in medicina omeopatica ed è quello per cui stiamo lottando in Italia e nel mondo da sempre. Hahnemann stesso, poco prima della morte, disse ai suoi più fedeli discepoli di fare attenzione perché l’unico danno per l’Omeopatia poteva provenire non dai detrattori della nostra medicina, ma dagli omeopati stessi che non basandosi sui principi dettati dal fondatore e su uno scarso attaccamento allo studio rigoroso dei mezzi di cura avrebbero potuto distruggere la stupenda opera da lui creata. Ancora oggi questo monito è valido, anzi ancor di più, visti gli interessi commerciali che si possono celare dietro la nostra medicina, ( in Italia circa 8 milioni di persone ha già avuto un approccio con l’Omeopatia !) ed è quindi fondamentale difendere la formazione professionale degli operatori così come proteggere gli utenti dall’abusivismo di non medici che “prescrivono” prodotti omeopatici. Durante i miei anni da presidente mondiale dei medici omeopatici ho

avuto modo di visitare paesi e comunità omeopatiche dove l’Omeopatia è considerata una medicina di “prima scelta”, come, fra gli altri, l’India, il Bangladesh, il Brasile o Cuba. In questi paesi le cure omeopatiche sono dispensate gratuitamente alla popolazione dallo stato che, considerando il basso costo delle terapie omeopatiche, trae grande vantaggio economico. In Bangladesh ed in India ho potuto visitare ospedali omeopatici con reparti per la cura dei casi più gravi, in Kerala ho visto un ospedale psichiatrico Omeopatico con interessanti risultati sulla salute mentale dei ricoverati. Ho siglato con il Ministro della Sanità indiana un MOU, protocollo d’intesa, per lo scambio di studenti omeopatici fra i vari paesi in modo da favorire gli scambi di esperienze e di formazione. Insomma, nella società 2.0, c’è spazio per la buona omeopatia, c’è spazio per l’integrazione di saperi fra medici di discipline differenti, c’è spazio per più armonia se solo la gestione della Medicina, che è UNICA, venisse lasciata nelle mani dei medici e non delle lobbies commerciali che sono dietro la produzione e la vendita dei farmaci. I medici, allopatici od omeopatici, sono tutti figli di Ippocrate, in grado di collaborare, di scambiarsi pareri clinici, per il bene dei pazienti, nel rispetto delle reciproche competenze ed individualità. Come sempre siamo a disposizione per un sereno confronto e per l’apertura di un dialogo che ci porti ad una crescita con i colleghi che credono ed ambiscono al possesso della difficile “Arte del curare”. Renzo GALASSI – Medico Omeoapta – Presidente LMHI.

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Enrico Falistocco titolare Fisiomed

SALUTE&BENESSERE

PRVENZIONE E BENESSERE: “ELIXYR” PRESENTA LA MAMMOGRAFIA 3D Platea al completo per il convegno organizzato da Centro Associati Fisiomed all’Asilo Ricci di Macerata. Enrico Falistocco, Amministratore unico di Associati Fisiomed: “la nostra struttura vanta la presenza di 70/80 professionisti che in tempi immediati e con un’organizzazione efficiente garantiscono un servizio di ottima qualità ai pazienti”.

I

vantaggi della mammografia in 3D con Tomosintesi e la prevenzione del tumore al seno. La rivista d’informazione medico-scientifica “Elixyr” ha organizzato, lo scorso 17 aprile all’auditorium “Asilo Ricci” un importante convegno sul tema. I relatori: il dr.

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Giuseppe Lucchetti, la dott.ssa Cesarina Giustozzi e il dr. Francesco Scarponi. Il primo ha trattato l’importanza dell’ecografia mammaria nelle donne di tutte le età, mentre il secondo intervento è stato incentrato sulla spiegazione e funzionamento della mammografia in 3D con Tomosin-

tesi. Infine un’ampia presentazione dell’Imt doppler, marker di ateroscelrosi sub-clinica. Gli argomenti trattati sono di fondamentale importanza nella diagnosi precoce di tumori al seno e di malattie aterosclerotiche. L’evento ha assunto ancora più rilevanza se si pensa all’aumento dell’incidenza di


SALUTE&BENESSERE queste malattie nella popolazione non solo italiana, ma mondiale. Il centro medico Fisiomed, da sempre, si pone al servizio del paziente con accortezza, etica e trasparenza, fornendo i servizi essenziali della prevenzione di I° livello (es. nutrizionista,dietologo e cardiologo) e di II° livello (esami diagnostici e di laboratorio sicuri e veloci adeguatamente visionati da oltre 50 medici dalla garantita professionalità ed esperienza che coprono tutte le specialità mediche). “Crediamo che l’informazione sia la prima arma di Prevenzione – ha spiegato il dott. Enrico Falistocco, Amministratore unico di Associati Fisiomed - la nostra struttura vanta la presenza di 70/80 professionisti che in tempi immediati e con un’organizzazione efficiente garantiscono un servizio di ottima qualità ai pazienti.

Tomosintesi mammaria:

la tecnologia all’avanguardia utilizzata per prevenzione senologica è fondamentale per tutte le donne. Attraverso uno spirito di squadra i professionisti garantiscono diversi esami di prevenzione come il sistema bemar per il ripristino di patologie linfatiche e croniche”. Per sconfiggere il cancro al seno, la prevenzione resta l’arma fondamentale. In tal senso, l’adozione della tomosintesi mammaria, la tecnologia all’avanguardia utilizzata per pre-

venzione senologica è fondamentale per tutte le donne. Si tratta in pratica

Giuseppe Luchetti oncologo

di una mammografia tridimensionale ad alta definizione. E’ un passo avanti importante per la tecnologia più avanzata della prevenzione del cancro al seno. Un ulteriore aiuto di grande interesse per la diagnosi precoce della patologia della mammella. La Tomosintesi permette di ricostruire immagini 3D della ghiandola a partire da un insieme di proiezioni acquisite sotto diversi angoli (da 11 a 40°). La mammella viene studiata in strati o sezioni di 1mm con evidenza di lesioni minime coperte nella mammografia 2D standard dalla sovrapposizione di altre strutture. La Tomosintesi è un esame veloce con una dose totale di radiazioni equivalente a quella della mammografia digitale tradizionale. I NUMERI Lo studio americano, promosso dalla University of Pennsylvania’s Perelman School of Medicine, ha permesso di concludere che la nuova metodica mammografica è più efficace nel diagnosticare lesioni al seno rispetto alla tradizionale: 41% in più di tumori al seno invasivi localizzati,15% in meno

di richiami per indagini diagnostiche aggiuntive a causa di probabili falsi negativi, 29% in più di veri carcinomi mammari riscontrati. PRECISIONE, ACCURATEZZA, SERENITA’ La Tomosintesi migliora la diagnosi differenziale tra le lesioni benigne e maligne, ottimizza le distorsioni parenchinali e lesioni tenuemente radiopache, riduce la percentuale di falsi positivi e negatici e quindi dei richiami, per cui se ne auspica l’utilizzo nei programmi di screening. Meno doloroso di una mammografia standard poichè con la tomosintesi la compressione è ridotta al minimo (solo su 4 punti e non su tutta la mammella) quando basta per stendere il tessuto. Il carcinoma della mammella rappresenta ancora oggi il tumore più frequente nella popolazione femminile sia per incidenza sia per mortalità. I dati statistici forniti dai vari organi competenti come l’ISPO e il GiSMa sono veramente allarmanti: in Italia almeno 40 mila nuovi casi all’anno con un trend in aumento soprattutto nelle donne giovani tra i 25-44 anni (+28% in 6 anni). Se il tumore è individuato precocemente, cioè prima che vengano invasi i linfonodi ascellari, la guarigione avviene nel 90% dei casi. Da qui la necessità di sottoporsi periodicamente all’esame mammografico che va sempre abbinato al riscontro clinico e alla raccolta dei dati anamnestici della paziente (familiarità, menarca, menopausa, gravidanza, allattamento, eventuali terapie ormonali). Molto spesso è proprio la paziente a orientare la diagnosi.

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Le nuove PORSPETTIVE

FIS CA LI


FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI

CONFRONTO TRA I PRINCIPALI SISTEMI FISCALI EUROPEI

L

di Roberto Antonella Management Academy Sida Group - Area Fiscale/Societaria

a cartina di tornasole per capire l’andamento di un paese è il suo sistema fiscale ed, in particolar modo, capire quanto ed in che modo vengono tassate le attività d’impresa. L’attività imprenditoriale rappresenta il cuore pulsante di una nazione, la

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vitalità e lo stato di salute del tessuto produttivo rappresentano un bene prezioso da conservare e stimolare in ogni modo. Lo strumento principale che i governi hanno è quello della leva fiscale. In questo articolo vogliamo fare una panoramica su quello che accade nei regimi fiscali dei principali

paesi Europei: Germania, Regno Unito, Francia, Spagna, Italia. Una prima analisi interessante da effettuare è quella che prende in considerazione l’effective tax rate sugli utili di un’impresa prendendo in considerazione l’onere fiscale che grava su una società “tipo” residente in Italia e l’ipo-


FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI tetica tassazione che la stessa azienda avrebbe subito se fosse stata localizzata in uno dei quattro più importanti Paesi dell’Unione Europea. L’esame ha tenuto conto della tassazione base, ossia l’imposta sul reddito delle società, e delle altre principali forme di imposizione che gravano sulle imprese situate nei Paesi presi in esame (per cui sono state calcolate le imposte locali sugli affari, le imposte sugli immobili, le imposte di solidarietà sociale ed altre specifiche tasse locali). In percentuale la Francia si attesta con un carico fiscale che tocca la soglia del 60 per cento. Italia, Germania e Regno Unito si collocano in una fascia intermedia (58 per cento, 43 per cento e 40 per cento) mentre la Spagna si posiziona sotto la soglia del 30 per cento (29 per cento).

In Italia i dividendi sono assoggettati a tassazione

per il 49,72%

del loro ammontare Sulle aliquote dell’imposta sul reddito, inoltre, la Francia si impone con 33,33 per cento seguita da Spagna (30 per cento) e Italia (27,5 per cento). Regno Unito e Germania, invece, si posizionano su un livello più basso (21,15 per cento e 15,83 per cento). Un’altra analisi interessante da effettuare è quella che prende in considerazione la tassazione del reddito in capo al socio, dopo l’assolvimento delle imposte dovute sull’utile prodotto e distribuito.

A CURA DI

L’imposizione fiscale sul socio sarebbe pari al 71% in Francia, che continua ad attestarsi come il Paese meno concorrente. Seguono Italia (-5 per cento), Germania (-24%), Regno Unito (-33 per cento) e, infine, Spagna (-44 per cento). In Italia i dividendi sono assoggettati a tassazione per il 49,72% del loro ammontare. In Francia i dividendi, al netto dei contributi sociali deducibili, sono assoggettati a tassazione per il 60% del loro ammontare con una esenzione di 1.525 euro (3.50 euro in caso di dichiarazione congiunta). In Germania i dividendi ricevuti come “private investment” (cioè, non derivanti da attività d’impresa) sono assoggettati a una ritenuta del 26,38% (pari al 25% + il social surcharge del 5,5 per cento applicato all’imposta) e spetta un’esenzione pari a 801 euro (1.602 euro in caso di dichiarazione congiunta). Nel caso in cui l’imposta così determinata ecceda l’imposta calcolata secondo le aliquote vigenti per le persone fisiche, è possibile optare per la tassazione ordinaria. Nel Regno Unito i dividendi sono assoggettati a tassazione per il 100% del loro ammontare. La base imponibile comprende il credito d’imposta sul dividendo. In Spagna i dividendi sono assoggettati a tassazione per il loro intero ammontare al netto di una quota esente pari a 1.500 euro. Proseguendo l’analisi con le imposte indirette si può rilevare che, in linea con le indicazioni delle autorità europee, le politiche attuate dai paesi membri, negli anni che hanno preceduto la crisi, sono state orientate all’aumento del peso delle imposte indirette. L’imposta principale nel campo dell’imposizione indiretta è

si si può rilevare che l’aliquota IVA ordinaria più elevata spetta all’Italia (22%), seguita da Spagna (21%), Francia (20%), Regno Unito (20%) e Germania (19%).

Sia a livello di imposizione diretta, che a livello di imposizione indiretta, l’Italia si trova sempre su livelli molto elevati In conclusione, sia a livello di imposizione diretta, che a livello di imposizione indiretta, l’Italia si trova sempre su livelli di imposizione molto elevati. Dai dati appena esposti risulta evidente che il nostro sistema fiscale vada a pesare proprio sul tessuto produttivo della nostra economia e priva le imprese delle risorse necessarie per effettuare nuovi investimenti e per svilupparsi. Le nostre imprese si trovano quindi in una posizione competitiva sfavorevole rispetto alle dirette concorrenti delle altre economie sviluppate. L’auspicio è quello che nei prossimi anni si riesca a colmare questo gap di competitività grazie ad un azione dei governi che sia diretta verso la diminuzione della pressione fiscale.

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FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI

LE NOVITÀ FISCALI Provvedimenti strutturali che avranno continuità nel tempo e congiunturali con validità limitata

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di Raffaele Sansone Management Accademy Sida Group - Area Fiscale Societaria

ista la prossima scadenza della redazione dei bilanci per le società e l’approssimarsi della scadenza per le dichiarazioni fiscali è giusto dare una panoramica delle agevolazioni fiscali in essere o almeno ad una parte significativa di esse, che potrebbero in qualche modo diminuire il carico fiscale; Credito d’imposta per la R&S – La Legge di Stabilità 2015 ha riscritto la disciplina del credito d’imposta, che ora è riconosciuto per gli anni 20152019 a favore di tutte le imprese, indi-

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pendentemente dalla forma giuridica, dal settore di attività e dal regime contabile adottato, che investono in attività di ricerca e sviluppo, a prescindere dal fatturato fino ad un importo massimo annuale di 5 milioni di euro per ciascun beneficiario, ed è riconosciuto a condizione che la spesa complessiva per investimenti in ricerca e sviluppo effettuata in ciascun periodo d’imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione ammonti almeno a 30.000 euro. Il meccanismo di calcolo del credito d’imposta è di tipo incrementale: spetta sulle spese sostenute in cia-

scun periodo di imposta agevolato in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei 3 periodi imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015, ovvero dalla costituzione se questa è avvenuta da meno di tre anni. Il bonus spetta nella misura del: • 50% sugli incrementi delle spese relative al personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo e a contratti di ricerca con Università, enti di ricerca e start up innovative; • 25% sugli incrementi delle spese relative alle quote di ammortamento


FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI di strumenti e attrezzature di laboratorio e alle competenze tecniche e privative industriali. Il credito d’imposta ha carattere automatico: per ottenerlo non occorre un’autorizzazione, ma è sufficiente indicarlo nella dichiarazione dei redditi. Il bonus è utilizzabile esclusivamente in compensazione con modello F24 dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi sono stati sostenuti. Il credito d’imposta ottenuto non concorre né alla formazione del reddito (IRES), né alla formazione della base imponibile IRAP. Patent Box – introduce un regime opzionale di tassazione per i redditi derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di marchi, di disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili. Possono esercitare l’opzione i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dal tipo di contabilità adottata e dal titolo giuridico in virtù del quale avviene l’utilizzo dei beni. L’opzione deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al primo periodo d’imposta per il quale si intende optare per la stessa, è valida per cinque periodi di imposta, è irrevocabile e rinnovabile. Il reddito agevolabile sarà detassato del 30% per il 2015, del 40% per il 2016 e del 50% a regime quindi dal 2017 in avanti. Il regime ha l’obiettivo di rendere il mercato italiano maggiormente attrattivo per gli investimenti nazionali ed esteri di lungo termine, tutelando al contempo la base imponibile italiana.

A CURA DI

Ammortamenti - Maggiorazione del 40% del costo d’acquisto di beni (c.d. “super-ammortamenti”) Ai fini delle imposte sui redditi, per i soggetti titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni che effettuano investimenti in beni materiali stru¬men¬tali nuovi, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria, il costo di acquisizione è maggiorato del 40%. In sostanza, se il costo d’acquisto di un bene strumentale è pari a 100, il co¬sto deducibile ai fini dell’ammortamento fiscale sarà pari a 140. Gli investimenti oggetto dell’agevolazione sono quelli effettuati dal 15.10.2015 al 31.12.2016. La misura agevolativa si estende anche all’acquisto degli autoveicoli. Regime fiscale agevolato per autonomi e lavoratori individuali (c.d. “regime forfetario”) – Una novità particolarmente interessante per chi si appresta ad iniziare un attività è l’innalzamento delle soglie di ricavi/ compensi per l’accesso e la permanenza nel regime, da valutare con riferimento all’anno precedente, sono state aumentate di 10.000,00 euro per tutte le attività, salvo per quelle professionali per le quali l’incremento ammonta a 15.000,00 euro. I soggetti che iniziano l’attività nel 2016 possono applicare al reddito forfetariamente determinato l’aliquota d’imposta sostitutiva del 5% (anziché del 15%), per i primi cinque anni dell’attività. Inoltre gli imprenditori individuali che applicano il regime forfetario possono beneficiare di una riduzione del 35% dell’ordinaria contribuzione prevista per le Gestioni degli artigiani e dei commercianti dell’INPS. I contribuenti aderenti al regime forfettario, non applicano IVA e non sono

assoggettati a ritenute a titolo di acconto. Detrazione IRPEF per interventi di recupero edilizio (Ristrutturazioni) La detrazione IRPEF del 50% delle spese sostenute per interventi volti al recupero del patrimonio edilizio è prorogata alle spese sostenute fino al 31.12.2016. Rimane invariato il limite massimo di spesa detraibile pari a 96.000,00 euro. Detrazione IRPEF per acquisto di immobili già interamente ristrutturati La detrazione IRPEF del 50% delle spese sostenute per l’acquisto o assegnazione di unità immobiliari site in fabbricati interamente recuperati con interventi di restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione da imprese e cooperative edilizie è prorogata in relazione agli atti di acquisto o assegnazione effettuati fino al 31.12.2016, entro l’importo massimo di 96.000,00 euro per unità immobiliare. Detrazione IRPEF per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici La detrazione IRPEF del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici adibiti all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione si applica alle spese sostenute fino al 31.12.2016, nel limite massimo di spesa pari a 10.000,00 euro e indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione. Nuova detrazione IRPEF per l’acquisto di mobili dalle “giovani coppie” Viene introdotta una detrazione IRPEF del 50% per le giovani coppie che acquistano un’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale. L’agevolazione è fruibile per le spese documentate sostenute dall’1.1.2016 al

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FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI 31.12.2016 per l’acquisto di mobili ad arredo dell’unità abitativa destinata ad abitazione principale ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 16.000,00 euro, da ripartire tra gli aventi diritto in 10 quote annuali di pari importo. Detrazione IRPEF/IRES per interventi di riqualificazione energetica degli edifici La detrazione IRPEF/ IRES del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (anche relativi a parti comuni di edifici condominiali) si applica alle spese sostenute fino al 31.12.2016. Per le spese sostenute dall’1.1.2016 al 31.12.2016 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, i soggetti che si trovano nella “no tax area” per i quali l’IRPEF non è dovuta (pensionati, dipendenti e autonomi) possono optare per la cessione della detrazione ai fornitori che hanno effettuato i predetti interventi. Detrazione IRPEF/IRES per misure antisismiche La detrazione IRPEF/ IRES del 65% relativamente alle misure antisismiche e alle opere di messa in sicurezza statica degli edifici è prorogata alle spese sostenute fino al 31.12.2016, nel limite massimo di 96.000,00 euro per ciascuna unità immobiliare facente parte dell’edificio. Nuova detrazione IRPEF dell’IVA corrisposta per l’acquisto di immobili Viene introdotta una detrazione dall’IRPEF del 50% dell’importo corrisposto per il pagamento dell’IVA: • per l’acquisto, effettuato entro il 31.12.2016, di unità immobiliari a destinazione residenziale di classe energetica A o B; • cedute dalle imprese costruttrici. La detrazione è pari al 50% dell’impo-

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sta dovuta sul corrispettivo d’acquisto ed è ripartita in 10 quote annuali. Detrazione IRPEF per l’acquisto della prima casa con leasing Viene introdotta una nuova detrazione dall’IRPEF per coloro che acquistano un immobile da destinare ad abitazione principale attraverso un contratto di locazione finanziaria. Nello specifico, al ricorrere di determinate condizioni, dall’IRPEF lorda si può detrarre un importo pari al 19% per: • i canoni ed i relativi oneri accessori, • il costo di acquisto dell’unità immobiliare riscattata, derivanti da contratti di locazione finanziaria di unità immobiliari. Detrazione IRPEF per spese funebri A partire dal periodo d’imposta 2015, le spese funebri beneficiano della detrazione IRPEF del 19%: • se sostenute in dipendenza della morte di persone, senza più alcuna

limitazione in relazione al rapporto di coniugio/parentela/affinità; • su un importo massimo di 1.550,00 euro per ciascun decesso. Aumento della deduzione forfetaria IRAP per soggetti “minori” I soggetti passivi IRAP (escluse le Pubbliche amministrazioni), la cui base imponibile è contenuta entro una determinata soglia, possono dedurre dal valore della produzione un importo forfetario variabile in relazione a definiti scaglioni di base imponibile. La legge di stabilità 2016 aumenta l’importo deducibile in capo alle società di persone commerciali, agli imprenditori individuali, ai professionisti (ove tenuti a versare l’imposta) e alle associazioni professionali in misura pari a: • 13.000,00 euro, se la base imponibile non supera 180.759,91 euro; • 9.750,00 euro, se la base imponibile supera 180.759,91 euro, ma non


FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI 180.839,91 euro; • 6.500,00 euro, se la base imponibile supera 180.839,91 euro, ma non 180.919,91 euro; • 3.250,00 euro, se la base imponibile supera 180.919,91 euro, ma non 180.999,91 euro. Il suddetto aumento si applica dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2015, vale a dire dal 2016 per i soggetti “solari”, con impatto sulla dichiarazione IRAP 2017. Deducibilità parziale ai fini IRAP del costo dei lavoratori stagionali Il costo dei lavoratori stagionali diventa deducibile dalla base imponibile IRAP in misura pari al 70%. La disposizione è priva di specifica decorrenza. Sulla base di quanto chiarito dalla relazione tecnica alla legge di stabilità 2016, la stessa dovrebbe applicarsi dal periodo d’imposta in corso all’1.1.2016. Credito d’imposta per investimenti

nel Mezzogiorno Viene introdotto un credito d’imposta per le imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle Regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo). L’agevolazione è riconosciuta dall’1.1.2016 e fino al 31.12.2019. La misura del credito d’imposta è differenziata in relazione alle dimensioni aziendali: • 20% per le piccole imprese; • 15% per le medie imprese; • 10% per le grandi imprese. L’agevolazione è commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta relativi alle stesse categorie di beni d’investimento della stessa struttura produttiva, ad esclusione degli ammortamenti dei beni oggetto dell’investimento agevolato. Viene, tuttavia, individuato un limite massimo per ciascun progetto di investimento agevolabile, distinto per dimensioni aziendali (1,5 milioni di euro per le piccole imprese, 5 milioni di euro per le medie imprese, 15 milioni di euro per le grandi imprese). I soggetti che intendono avvalersi del credito d’imposta dovranno presentare apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate, secondo modalità e termini stabiliti in un successivo provvedimento. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24, a decorrere dal periodo d’imposta in cui è stato effettuato l’investimento e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi. Credito d’imposta per la ristrutturazione degli alberghi - Il credito d’im-

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posta per la ristrutturazione degli alberghi, disciplinato dall’art. 10 del DL 83/2014 e dal DM 7.5.2015, viene riconosciuto anche nel caso in cui la ristrutturazione edilizia comporti un aumento della cubatura complessiva, nei limiti e secondo le modalità previste dall’art. 11 del DL 112/2008. Credito d’imposta per la sicurezza Le persone fisiche (non nell’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa) possono beneficiare di un credito d’imposta per le spese: • sostenute ai fini dell’installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o allarme; • connesse ai contratti stipulati con istituti di vigilanza, dirette alla prevenzione di attività criminali. Per le suddette spese è riconosciuto un credito d’imposta ai fini dell’imposta sul reddito, nel limite massimo complessivo di 15 milioni di euro per l’anno 2016. Sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato Anche per il 2016 si prevede il riconoscimento, a favore dei datori di lavoro che effettuano nuove assunzioni a tempo indeterminato, di un significativo sgravio di natura contributiva. In particolare, l’incentivo per il 2016: • consiste in un esonero parziale dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL; • viene riconosciuto per un periodo massimo di 24 mesi e nel limite massimo di un importo di esonero pari a 3.250,00 euro su base annua. L’agevolazione non può essere cumulata con altre misure di riduzione contributiva previste dalla normativa vigente.

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FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI

STARTUP INNOVATIVE COSA SONO, QUALI I SOSTEGNI FISCALI, SOCIETARI E FINANZIARI

I

di Raffaele Sansone Management Academy Sidagroup - Area Fiscale Societaria

l Decreto-Legge 179/2012, convertito con Legge 221/2012, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la nozione di nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico, la startup innovativa, la quale sta divenendo un elemento strategico per chi vuole fare impresa in settori innovativi, ma proviamo ad approfondire i requisiti e le misure di sostegno per queste imprese. REQUISITI Le startup innovative: • sono nuove o comunque hanno meno di 5 anni di attività; • hanno sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia; • presentano un fatturat annuo inferiore a 5 milioni di euro; • non distribuiscono utili; • hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; • non sono costituite da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda; • infine, il contenuto innovativo dell’impresa è identificato con il possesso di almeno uno dei tre seguenti criteri:

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• almeno il 15% del maggiore tra fatturato e costi annui è ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo; • la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale; • l’impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (privativa industriale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato. STARTUP INNOVATIVA A VOCAZIONE SOCIALE (SIAVS) Le SIAVS possiedono gli stessi requisiti posti in capo alle altre startup innovative, ma operano in alcuni settori specifici che l’articolo 2, comma 1, del Decreto Legislativo 155/2006 sull’impresa sociale, considera di particolare valore sociale. I settori individuati da tale provvedimento sono: • assistenza sociale e assistenza sanitaria; • educazione, istruzione e formazione; • tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; • valorizzazione del patrimonio culturale; • turismo sociale; • formazione universitaria e post-universitaria; • ricerca ed erogazione di servizi culturali;

• formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo; • servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale. Perseguendo in misura significativa, accanto a una logica di business, finalità legate al benessere della collettività, le SIAVS possono risultare meno “attraenti” sul mercato, determinando un ritorno sugli investimenti inferiore rispetto a quello generato da altre imprese: per correggere questa asimmetria, l’art. 29 del Decreto-Legge 179/2012 ha assegnato dei benefici fiscali maggiorati a favore degli operatori che investono in questa particolare tipologia di startup innovativa. In particolare, alle persone fisiche e giuridiche che investono in SIAVS sono riconosciute rispettivamente detrazioni IRPEF del 25% e deduzioni IRES del 27%, mentre queste aliquote si attestano al 19% e al 20% per gli investimenti nelle altre startup innovative. Accanto alle startup innovative a vocazione sociale, anche un’altra sotto-tipologia di startup innovativa gode di questo trattamento fiscale di particolare vantaggio: l’impresa che sviluppa e commercializza esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico.


FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI

COME SI RIDUCE IL CARICO FISCALE (MENO TASSE) UTILIZZANDO L’ECONOMIA FISCALE, RISORSA PER MIGLIORARE LA REDDITIVITÀ AZIENDALE di Enrico Veroli Management Academy Sida Group - Area Fiscale Societaria uando dal totale dei ricavi aziendali abbiamo tolto tutti i costi inerenti il materiale (consumi), quelli relativi alla trasformazione, i costi fissi propri e gli altri costi fissi generali,

A CURA DI

dal risultato che si ottiene restano ancora da togliere gli oneri finanziari e le tasse. Quindi dalla risorse che la gestione economica produce, dopo aver tolto gli ammortamenti, devono essere detratti gli interessi e le tasse: il risultato che ne risulta è l’effettiva fonte di reddito che, se non distribui-

to, alimenta il processo di accumulazione aziendale. L’entità delle tasse, che agisce sul risultato netto, è una variabile particolarmente rilevante in termini di entità (vedi entità della pressione fiscale). Fare strategia e pianificazione del carico fiscale, per contenerlo, significa

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FOCUS LE NUOVE PROSPETTIVE FISCALI ottimizzare la redditività netta del capitale investito. L’economia fiscale deve essere vista e utilizzata come componente rilevante sui processi di investimento (impiego) e di spesa, e trova riflesso nei processi decisori e nell’intelligente gestione. Il risparmio d’imposta costituisce uno strumento gestionale strategico per ridurre, da un lato, l’entità delle tasse che si pagano e dall’altro per favorire processi di crescita e di strutturazione aziendale. Nell’analisi che precede l’investimento bisogna ragionare in termini incrementali, confrontando l’incremento del margine di contribuzione, dipendente in parte dall’incremento dei costi fissi che l’investimento aziendale comporta, detraendo poi l’economia fiscale. Se l’incremento del margine di contribuzione che si produce per effetto dell’incremento del fatturato, conΔ MC ASS > 0 OK investire Δ (C I – E F %) < 0 NO investire Δ MC ASS = Incremento del Margine di Contribuzione Assoluto Δ C I = Costo dell’Investimento E F % = Economia Fiscale (che viene calcolata prevedendo, sul preventivo annuo fiscale, il rapporto tra fatturato e oneri fiscali). ΔΔ seguente alle decisioni di impiego e spesa, è superiore (in assoluto) all’incremento dei costi netti dell’economia fiscale, allora la decisione di investire va presa. Ne discende che, se vogliamo ridurre l’entità delle tasse, dobbiamo pensare a tutte quelle forme di impegno (aumento delle voci dell’attivo e riduzio-

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ne delle voci del passivo) e di spesa (costi di gestione) in cui questa equazione può essere soddisfatta. L’analisi può essere estesa ad ogni voce dell’attivo e del passivo patrimoniale, oltre che a tutti i costi aziendali. E’ attraverso questa attività che si fa pianificazione fiscale e nel contempo ottimizzazione reddituale e strutturazione aziendale. Un’esemplificazione Si tratta di inserire in un’azienda un sales product manager per l’internazionalizzazione il cui costo sarà dato, oltre che da quello per remunerare la sua figura, anche dai costi per la trasferta e dagli altri costi incrementali che si accendono per lo svolgimento della sua attività. Identificato tale costo annuo, va stimato il volume di vendita annuo che può produrre, l’utilizzo dell’attività della nuova risorsa, trarre l’entità del margine di contribuzione in valore assoluto con base annua, raffrontare i due parametri e decidere secondo quanto espresso dalla formula, te-

nendo presente anche degli effetti sul margine di contribuzione nel medio e lungo periodo. Un altro strumento a cui si fa ricorso nella ricerca dell’ottimizzazione del carico fiscale è l’eliminazione di parte dell’attivo, quali immobilizzazioni materiali e giacenze del ciclo produttivo.Se rispettata la procedura e se le immobilizzazioni hanno spazi di ammortamento, queste revisioni comportano perdite e quindi diminuzione dell’utile. Il caso più frequente si ritrova nella voce stampi, che vengono contabilizzati in termini di ammortamento in quattro anni, quando talvolta la loro vita ha la durata una sola stagione. Diversi sono i campi a cui si può far ricorso per studiare azioni di contenimento contemplate legalmente e che non identificano elemento di elusione e che consentono di ridurre il valore delle tasse che si pagano. Spesso si pagano le tasse più di quanto la legge ci richiede. Ciò per scarsa conoscenza o negligenza.


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LA SPESA PUBBLICA E’ UN FATTO DI CONSAPEVOLEZZA, DI EQUITA’ E DI BUON SENSO

L

di Flavio Guidi Club Economia e Finanza Sida Group

a spesa pubblica ammonta a 820 miliardi annui, pari al 50% del reddito nazionale. A questa spesa bisogna dare una copertura:da qui le tasse, elemento che frena la domanda e l’investimento. La prima considerazione è sulla funzione dell’entità in relazione alla qualità, ossia al rapporto qualitativo tra corrispettivo e servizio. Tale rapporto è fortemente squilibrato: la spesa è infatti alta a fronte dei benefici che produce. Il sistema economico sociale è governato da tre sottoinsiemi: il pubblico, il privato e il terzo settore. Il settore pubblico si antepone al privato perché le sue fonti finanziarie le ricava dall’imposizione (in modo coatto), quindi non deve rispondere al principio dell’efficienza economica. Il sistema privato trova le sue fonti dal capitale e l’efficienza economica è la sua regola: da ciò che produce deve trarre i mezzi per remunerare il capitale; diversamente non disporrebbe delle risorse necessarie per la sua sopravvenienza. Il terzo settore, sempre più presente nella nostra economia (associazioni, volontariato, cooperative, consorzi, fondazioni, associazioni, etc..) trae infine le sue risorse dall’attività economica che svolge e da donazioni e contributi vari. Entrambi questi ultimi sistemi,

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per sopravvivere, devono basarsi sull’efficienza economica. Strategicamente essi si presentano più idonei a svolgere una funzione economica sociale. Il pubblico, non confrontandosi direttamente con le fonti di finanziamento, non trova nell’efficienza stimoli necessari per il suo funzionamento e la sua sopravvivenza. Da qui l’opportunità funzionale di ridurre il suo ruolo economico/sociale. E’ un sistema che si autocelebra, che tende a dare espressione a motivazioni quali la sicurezza e solo marginalmente al successo. Se si osserva la struttura in termini di qualità dell’organico e di composizione della spesa attuale, le difettosità sono enormi e ultra palesi. Un organismo in cui sono presenti privilegi, scambi politici, caste, conservatorismo, parassitismo, espressioni di potere, burocrazia: un freno allo sviluppo economico! Il meccanismo di cooptazione che ha sostenuto la formazione dell’attuale configurazione è stato prevalentemente quello dello scambio. Le persone cooptate nel sistema sono quelle che presentavano scarse motivazioni al successo e quindi al progresso e al miglioramento. Strategicamente il miglioramento è da ricercare altrove: la compressione del pubblico a favore di un privato adeguatamente orientato verso il sociale e il potenziamento del terzo


CLUBECONOMIA&FINANZA settore che trova nell’equità, nella solidarietà e nell’impegno i suoi valori e i suoi principi di funzionamento, senza dover abbandonare il principio dell’economicità. Comprimere la spesa significa eliminare tutto ciò che è superfluo e ciò che è diseconomico. Sarebbe bene responsabilizzare i vertici e andrebbe introdotto anche per il pubblico il jobs act e reso unico il contratto di lavoro. Andrebbero inoltre eliminati subito i privilegi e tutto ciò che rende iniquo il sistema rispetto agli altri. Anche il sistema previdenziale andrebbe riformato. Gli 820 miliardi di spesa, articolati in: costo del lavoro, acquisti e trasferimenti non funzionali, potrebbero essere ridotti del 10% annuo, per tendere ad una riduzione del 20%, il che significherebbe liberare circa 140 miliardi (te-

nendo conto della spesa primaria). Queste risorse potrebbero essere impiegate per ridurre la pressione fiscale, il debito pubblico, sostenere l’investimento privato e del terzo settore e in primis ridurre la disoccupazione. Gli effetti sarebbero un sostengo vigoroso allo sviluppo e il tasso di crescita tornerebbe a salire. E’ necessario che la classe politica acquisti consapevolezza funzionale, da qui responsabilità, competenza, autorevolezza e coraggio. L’alternativa è quella di rimanere in una tela di ragno da cui solo un evento eccezionale ci permetterebbe di riprendere la libertà.

SEGNALI SEMPRE PIÙ FORTI DALLA BCE, ORA OCCORRE ESSERE COERENTI CON ESSI E DARSI DA FARE

I A CURA DI

di Giuseppe Barchiesi Club Economia e Finanza Sida Group nflazione, ma soprattutto deflazione, sono due termini di cui, specialmente agli occhi e alle orecchie dei non addetti ai lavori, si abusa, ma dei quali sfugge normalmente la vera ed importante essenza. Come spesso accade nella divulgazione di notizie e

nozioni di carattere economico, vengono confusi indicatori matematici, quindi strumenti di misurazione, con ciò che invece dovrebbero essere gli obiettivi. Facciamo un rapido parallelo: se la mia temperatura corporea scende a soli 35°C, devo fare in modo di rialzarla,

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CLUBECONOMIA&FINANZA ma se penso che quel numero sia l’obiettivo, rischio di convincermi che il problema può essere risolto ficcandomi in un forno acceso. Se invece comprendo che la temperatura è il risultato collaterale dell’attività metabolica, magari decido che è meglio agire sul movimento del mio corpo, o sulla nutrizione, o attraverso l’intervento di un determinato farmaco e di una coperta. Sembra banale, quasi semplicistico, ma con inflazione e deflazione, l’approccio medio è più quello del forno (o del frigo) piuttosto che l’altro. Combattere la deflazione è dunque un problema di fiducia dei mercati rispetto al futuro, di crescita conseguente degli investimenti, di crescita dei consumi (ricordando che tra investimenti e consumi non esiste una sequenzialità precisa, ma tendono a stimolarsi a vicenda). Un’inflazione al 2% (questo è l’attuale obiettivo della BCE) è un indicatore di fiducia ed è quindi di questa che il sistema ha bisogno. Certo, si dovesse parlare della fiducia in senso lato, dovessimo disquisire su come iniettarla attraverso l’Europa, ci ritroveremmo in un ginepraio di considerazioni tra il sociologico, lo psicologico, l’ideologico, il filosofico. Molto più pratico, invece, comprendere quali siano le leve tecniche che agiscono su questo valore figurato secondo la macroeconomia e sui valori numerici che ne derivano e con cui lo misuriamo in qualche modo. Ad esempio, il basso costo del petrolio non è necessariamente un bene, anzi, se da una parte privilegia un Paese come il nostro, che notoriamente si professa manifatturiero ma è caratterizzato da una marcata scarsità di materie prime, dall’altra ci penalizza per via della conseguente diminuzione della domanda di beni proprio da parte dei Paesi Petroliferi. Un valore al barile di 35-45 di dollari può tutto sommato andarci piuttosto bene, ma stiamo accettando un compromesso che implica da parte nostra uno sforzo in più. Draghi ha accelerato e potenziato ulteriormente il programma di risanamento e rilancio dell’economia europea, aumentando di 10 miliardi al mese il già avviato quantitative easing, azzerando il costo del denaro e portandolo addirittura a livelli negativi per il sistema bancario, a patto però (cosa già dichiarata in precedenza, ma, si sa, repetita iuvant) che le banche aumentino i propri impieghi nell’economia reale. Quindi, in sintesi: più denaro a costi più bassi, svalutazione dell’euro, forte incentivazione all’investimento reale. L’elemento di disturbo, come già accennato, è il prezzo del petrolio, ma come accade sempre, alcuni elementi del sistema possono essere controllati direttamente, mentre altri sono variabili esogene ed indipendenti, alle quali ci si deve e ci si può solo adattare nel

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modo migliore. Premesso, dunque, che la BCE sta portando avanti un intervento articolato e complesso, volto a rinvigorire il sistema economico europeo aggredendo il problema su più fronti, se pensassimo solo all’intervento e non facessimo nulla noi in prima persona, ci saremmo invero scostati di poco rispetto all’esempio dell’ipotermia e del forno: occorrono progettualità più convinte, più dettagliate, più definite, coraggiose e tecniche, lungimiranti e solide, creative e strutturate. Le banche in effetti, pur sempre investendo nell’economia reale, devono essere messe in condizioni di interrompere il sistematico finanziamento del debito e del Passivo aziendale, per poter finalmente profondere energie (e denaro) nello sviluppo, nel rinnovamento e potenziamento dell’Attivo. Se a valle c’è quindi uno strumento bancario potenziato e focalizzato, a monte va stimolata la generazione di strategie, coerenti con la globalizzazione, la creazione di progetti, l’organizzazione delle idee e delle risorse non più ancorati al passato, ma protesi verso il futuro. E qui non si tratta di retorica, ma di un’esigenza pressante, inderogabile, quanto spesso male interpretata in Italia. La BCE, dunque, accende un faro la cui luce è ben delineata, una traccia in una direzione strategica precisa in mezzo al caos e alla sfiducia, ma ora sta a tutti noi osare, produrre, progettare.


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UNA ECONOMIA SOSTENIBILE ED INNOVATIVA SI REALIZZA CON LA CRESCITA DI SERVIZI INTELLIGENTI

di Mario Iesari Club Economia e Finanza Sida Group

U

na economia sostenibile si propone di produrre soluzioni innovative per risolvere le esigenze mentre quella basata sui consumi si propone di massimizzare la quantità di prodotti venduti. La logica dell’economia che si basa sul modello usa e getta è di pianificare una rapida obsolescenza dei prodotti attraverso modalità che possono utilizzare un concetto esasperato della moda oppure una bassa qualità dei materiali o dei componenti tecnologici. Il modello del ciclo di vita del prodotto indica chiaramente la strada per la progettazione di un sistema di offerta in cui il prodotto rappresenta soltanto una parte, e magari non quella significativa, che viene integrata da servizi

A CURA DI

che permettono di massimizzare la soddisfazione dell’acquirente nel lungo periodo minimizzando il consumo di materiali che poi dovrebbero ritornare in all’interno del flusso della economia circolare se il bene è stato correttamente progettato fin dall’inizio in funzione della filiera di recupero e riciclo. Quindi l’affermazione dello sviluppo sostenibile vede indubbiamente crescere la quota dei servizi rispetto a quella dei prodotti specie se si considera l’impiego di un prodotto come parte di un processo di servizio. Un esempio evidente di questo trend è quello della Sharing economy cioè dei beni condivisi che vengono impiegati in maniera più

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CLUBECONOMIA&FINANZA efficiente da molti utilizzatori che rinunciano al possesso in cambio dell’accesso, e che guardano al servizio ricevuto per valutare la congruità della remunerazione dovuta. Quindi, nel caso di un car Sharing elettrico, servizio che si sta affermando sempre più frequentemente nelle grandi città in sostituzione del possesso di una automobile per la quale c’è sempre meno spazio in parcheggi sempre più costosi (inevitabilmente), il bene fisico, l’automobile, diventa l’ elemento di un servizio , quello della mobilità, che viene valutato sulla base delle esigenze (tempo e lunghezza dello spostamento) e della comodità di accesso (raggiungibilità, modalità di prenotazione e pagamento , facilità di acquisizione e di rilascio). Ma non soltanto i beni di consumo durevoli possono trasformarsi in servizi. Anche prodotti apparentemente più semplici possono farlo, anche se fanno parte di settori che fanno della moda, la sublimazione estetica del modello usa e getta, la leva che moltiplica i fatturati. E per operare questa trasformazione si ricorre sempre all’introduzione di servizi aggiuntivi al prodotto con una logica di lungo periodo che riguarda in particolare nella relazione con il cliente. Questo ulteriore aspetto positivo va sottolineato. In una economia sostenibile che segue le indicazioni del ciclo di vita del prodotto le aziende sono “naturalmente” orientate a mantenere una relazione di lungo periodo con i propri clienti perché il modello di business permette di ottenere vantaggi soprattutto in presenza di questo tipo di relazione visto che le entrate oggi concentrate nella vendita di un singolo prodotto vengono sostituite dalle entrate di un servizio ripartito negli anni. Quindi per portare a casa tutti i vantaggi di un sistema di offerta progettato per minimizzare i costi di lungo periodo è necessario costruire una relazione di simile durata anche con i clienti. E questa strategia può essere realizzata anche con beni di consumo più effimeri come l’abbigliamento. Un esempio è quello di Nudie Jeans, un’azienda del settore moda che ha realizzato un servizio di riparazione per tutti i suoi 20 stores in giro per il mondo che possono occuparsi gratuitamente di aggiustare i Jeans dei propri clienti per tutte le volte che questi desiderano. Il servizio fa parte di un progetto più ampio “Eco-Cycle” che si propone appunto di estendere il ciclo di vita dei jeans venduti. Inoltre il programma prevede anche la possibilità di riconsegnare i jeans usati in cambio di uno sconto del 20% sull’acquisto di un nuovo paio. I jeans riconsegna-

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ti potranno essere rigenerati o il tessuto riciclato per altri beni. Oltre al risparmio economico per valutare il vantaggio ambientale di una iniziativa del genere basta ricordare che vengono utilizzati 6.800 litri di acqua per produrre un solo capo di jeans. Ma la crescita dei servizi viene sostenuta anche dalle linee guida delle autorità nazionali e sovranazionali che si propongono di rinnovare i vantaggi competitivi delle economie sviluppate nei confronti dei vantaggi di costo di quelle in via disviluppo. C’è in questo la convinzione che oggi una economia trainata dai servizi sia in grado di incorporare più intelligenza e know how e quindi capace di meglio utilizzare i vantaggi della produzione culturale delle economie per così dire “avanzate”. I Fondi europei per lo sviluppo ad esempio nelle loro diverse forme, dirette o indirette, tendono a privilegiare evidentemente la crescita di una economia che si basa sulla sostenibilità, sulla produzione culturale e anche sul turismo e sulla agricoltura, spesso direttamente correlate alle prime. I progetti che vendono impegnati in particolare le Pubbliche Amministrazione sono poco concentrate sulla realizzazione di infrastrutture fisiche e molto più orientate alla realizzazione di infrastrutture di servizi culturali ed innovativi, specie se fra questi vogliamo includere anche quelle relative alla ICT (banda larga ed applicazioni relative). Infrastrutture e soluzioni che si concentrano nelle città o che hanno comunque una forte “territorialità” a beneficio delle esigenze dei cittadini e dell’ambiente. Le stelle comete dell’economia dei servizi.


LA FUNZIONE DELLA PIANIFICAZIONE E DELLA VENDITA: CREARE MANAGEMENT DEDICATO di Giuliano Calza Management Academy Sida Group - Area Sviluppo Organizzativo e Internazionalizzazione

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el moderno business industriale e commerciale le aziende che meglio si sono imposte a livello nazionale e internazionale nel loro mercato e ancor di più, le aziende che hanno vinto o stanno vincendo la battaglia competitiva, sono quelle che hanno saputo innovare, pianificare e vendere. Partendo dall’idea, non del tutto condivisa ma comunque prevalente, che l’innovazione è un fattore irrinunciabile, questa, per definizione, svolge la funzione di “acceleratore” della crescita aziendale. Non a caso esiste un proliferare di attività, modelli, approcci innovativi all’innovazione, così forti da spingere le aziende a cambiare pelle ed adeguarsi al mutato paradigma. Dell’innovazione però bisogna far tesoro mediante un sistematico, moderno, malleabile e fortemente strutturato sistema di pianificazione e di vendita. La premessa sull’innovazione non vuole essere forviante in quanto la pianificazione e la vendita sono gli unici strumenti adatti, unitamente alla valorizzazione del capitale umano, per vincere la sfida competitiva. Questo vale a maggior ragione per quelle aziende che operano in mercati a basso contenuto innovativo. Cerchiamo dunque di capire meglio cosa si intende per pianificazione. La pianificazione è un’attività trasversale a tutto il sistema produttivo, o comunque al sistema aziendale; il project management, il program management, il

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product management sono modalità di pianificazione applicabili in ambiti diversi o anche in tutti gli ambiti, ed hanno il primario ruolo di costruire dei meccanismi di funzionamento aziendali più efficaci ed efficienti nel minor tempo possibile. Volendo riportare alcuni esempi che ci fanno scendere direttamente nel contesto aziendale il primo eclatante, antico ma spesso sottovalutato strumento di pianificazione in ambiente produttivo è la distinta base che altro non è che l’elencazione organica e funzionale di ciò che serve per la creazione di un prodotto. In ambiente industriale la distinta base è il documento da cui tutto ha origine e sulla base del quale, per l’appunto, si pianifica l’attività delle operations intese come processo che parte dal disegno tecnico, e quindi dalle tecnologie di produzione e a seguito di continue verifiche di fattibilità, passa per gli acquisti, per il cost control, per la gestione dei materiali, per la logistica, fino alla produzione, fino a completarsi in ciò che può essere definito il “miracolo della pianificazione” ossia la creazione del prodotto più efficace, di maggior qualità, di minor costo e maggior redditività nel minor tempo. Utilizzando termini decisamente più vicini al moderno contesto industriale e commerciale, ciò che noi chiamiamo project management o program management o product management non sono altro che singole parti di un “flusso” che utilizza strumenti più che mai evoluti da un punto

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Giuliano Calza

di vista ICT e che serve a razionalizzare le interazioni tra i processi e le funzioni del sistema produttivo e commerciale. Sfortunatamente, ad esclusione delle grandi multinazionali o delle aziende di respiro internazionale che competono su scenari globali, alla pianificazione non viene riconosciuta la giusta importanza strategica contando a volte troppo sull’innovazione, in altri casi sulla qualità e in alcuni sul brand, perdendo le sinergie, le efficienze e gli incrementi in termini di efficacia che l’utilizzo della pianificazione porta con sé.

È certamente per questo che le aziende di medie o medio piccole dimensioni, che rappresentano il nostro sistema produttivo regionale e un importante spaccato del sistema imprenditoriale nazionale, devono puntare sulla pianificazione anche attraverso la formazione e/o l’inserimento di manager della pianificazione. Non esagero quando sostengo fortemente che il project management dovrebbe essere insegnato a tutti i dipendenti; corsi di formazione sull’utilizzo della gestione integrata e sinergica dei progetti, dei programmi e dei prodotti, appunto la pianificazione, dovrebbero essere centro nevralgico e di spinta per vincere la sfida competitiva. Laddove non fosse possibile un utilizzo massivo del project management, che per quanto auspicabile, si porta dietro naturalmente delle considerazione di costo e opportunità di cui bisogna tener conto, risulta imprescindibile, anche nelle aziende di più piccole dimensioni, pensare all’inserimento di figure professionali qualificate, di esperti della pianificazione, di persone che fanno dell’analisi progettuale, comparata e sinergica la ragione del loro esistere in azienda e che mediante l’incrocio e il confronto con tutte le funzioni riescono a trovare la via per rendere il processo produttivo efficace.

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Ultimo fattore critico di successo, ma solo perché funzione e attività conclusiva della catena del valore, è la vendita. Per quanto possa sembrare lapalissiano avere il miglior prodotto, distribuito nel modo migliore, al prezzo migliore, non permette comunque all’azienda di primeggiare lo scenario competitivo se non adeguatamente supportata da una funzione vendita moderna, innovativa e decisamente allineata alle esigenze del mercato. In conclusione chi non sa vendere è destinato a chiudere! Il processo di vendita oggi è ben più di un brillante commesso viaggiatore degli anni ‘60 e ‘70 che con il suo bel campionario riusciva a piazzare i famosi frigoriferi agli esquimesi, non è più rappresentabile neanche con la figura dello spietato, insensibile venditore dominatore della neurolinguistica che ha fatto le fortune di molte aziende, anche italiane, negli anni ‘80 e ‘90. Oggi, vista la complessità e la vastità del mercato di riferimento e considerando le differenze che esistono nella domanda, la funzione vendita non può più sperare nel “one man band” che, grazie alle sue particolari doti o grazie ad un innato talento, come un fuoriclasse, risolve i problemi dell’azienda. La vendita oggi è diventata scienza basata su analisi e programmazione. Strumenti ormai di uso comune nel marketing per l’analisi del mercato, del cliente, dei competitors, dei prodotti, dei canali, per la definizione dei prezzi... devono essere conosciuti, posseduti e utilizzati anche da un manager di vendita. Anche in questo caso, come nel precedente, la formazione continua o l’inserimento di figure specializzate in sales & trade possono realmente cambiare il corso del business dell’azienda. Non aspettiamoci che la partecipazione ad una fiera, ad un international show o ad un incontro istituzionale possa essere considerata la soluzione. Queste attività che comunque fanno parte del progetto complessivo di vendita, devono essere però intese come singole parti di un più complesso puzzle dove il sales manager deve pazientemente, ma velocemente unire tutti i pezzi, con l’ulteriore aggravante della volatilità e del change dei mercati che modificano la configurazione dei pezzi in corso d’opera, per ottenere il completamento del Jigsaw commerciale. Ricapitolando, la strategia vincente che può portare una media impresa a fare il salto qualitativo e una piccola impresa a consolidarsi con forza nel suo mercato di riferimento passa necessariamente dalla pianificazione e dalla vendita.


IN UN MONDO CHE CAMBIA, PER SOPRAVVIVERE DOBBIAMO ACQUISIRE L’ATTITUDINE AL CAMBIAMENTO di Flavio Guidi Management Academy Sida Group

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e il processo di entropia per un’azienda mediamente dieci anni fa era di 10 anni, oggi il tempo si è ridotto a 3 anni, se l’azienda non è capace di rivedere (adattare) il suo business rischia l’uscita dal mercato. L’azienda è la cellula base su cui si regge ogni processo di conservazione e crescita del nostro essere individuale e sociale. Le multinazionali hanno ben capito questo fenomeno, il 98% delle multinazionali americane sta affrontando la trasformazione del modello di business. La medio-grande azienda italiana lo ha compreso per il 50% della sua popolazione. Mediamente a livello globale l’approccio al cambiamento interessa il 71% delle aziende. L’approccio al cambiamento deve diventare un carattere sistemico della governance e dell’organizzazione aziendale. I fattori che determinano il cambiamento dimensionale del contesto in cui l’azienda oggi opera sono: 1. Cambiamento del contesto competitivo: le soglie di ingresso in molti settori sono abbassate a causa della comparsa di nuove tecnologie, la domanda di beni e servizi si sta rivoluzionando soprattutto con l’ingresso

A CURA DI

nuove generazioni, cambiano i canali di vendita, la trasparenza dei prodotti si è enormemente allargata; 2. Economico: bassa crescita economica, calo di prezzi, trasformazione repentina dei settori economici con processi di integrazione e separazione che ridisegnano velocemente il contesto; 3. Tecnologico: con quattro enormi forze: i social, il mobile, i big data, il cloud; 4. Le regole: in rapida trasformazione con sempre maggiori requisiti, che necessitano di un controllo interno nei processi aziendali sempre più accurato, tale da rispondere non solo alle legislazioni nazionali ma soprattutto transnazionali. La dimensione di contesto in cui l’azienda oggi e in futuro si trova ad operare si è reso più trasparente, più strutturato in rete, più ampio spazialmente. Nel campo sono entrati più giocatori, gli strumenti di interconnessione si sono sviluppati, bisogna che chi intende continuare a giocare ricerchi nuovi modelli di comportamento, ricerchi, per contrastare i fenomeni di decadimento, nuove costanti cognitive e di azione. Una nuova e sempre più sofisticata cultura dove la formazione fa da sovrana nei processi di adattamento.

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VENDERE, VENDERE, VENDERE Responsabile commerciale e Product Managers, figure chiave dell’ impresa moderna

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di Luca Masieri Management Academy Sida Group - Area Marketing

arco di tempo di cui dispone un’impresa per poter immettere nel mercato un nuovo prodotto e, conseguentemente, iniziare il processo di vendita è sempre più breve, soprattutto a causa del rapido progresso tecnologico e a causa del moltiplicarsi della concorrenza. Tali fattori rendono sempre più complicato ottenere quei ricavi di cui ogni azienda necessita per svilupparsi e prosperare. In questo contesto è evidente che le aziende che possono dirsi salve sono quelle ben strutturate “commercialmente” e, quindi, in grado di: • intercettare velocemente potenziali clienti e persuaderli all’acquisto; • fornire continui feedback di mercato alle funzioni ricerca e sviluppo e marketing, così da orientarne le scelte strategiche; • utilizzare sistemi informativi interni in grado velocizzare le comunicazioni tra al funzione commerciale e tutte le altre funzioni aziendali. Per far convergere le attività di tutte le funzioni aziendali verso il mercato potenziale, favorendo quindi l’aumento delle vendite, le imprese più all’avanguardia stanno introducendo la figura del Product Manager, nata circa 80 anni fa alla Procter & Gamble per rilanciare un prodotto in declino (la saponetta Camay) e successivamente adottata da migliaia di aziende. Il Product Manager ha la responsabilità di integrare le diverse funzioni aziendali, massimizzando le vendite e i margini di uno o più prodotti/servizi aziendali in coerenza con le esigenze del mercato. Per poter svolgere il proprio lavoro in modo proficuo, è chiaro che il PM deve conoscere tutti gli aspetti fondamentali dell’azienda e deve possedere una conoscenza specifica del prodotto di cui è responsabile, nonché del proprio

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target di riferimento. Il PM è, in sintesi, un sorta di imprenditore nell’impresa. Pertanto, essendo il responsabile del risultato finale, egli deve possedere capacità di comunicazione, persuasione, organizzazione, motivazione e leadership e dal punto di vista organizzativo il Product Manager deve ricordarsi di rispondere sempre al direttore Marketing. Nelle aziende più strutturate egli dispone di assistenti, che lo supportano nelle mansioni operative, e gode di una particolare autorità su alcuni dipendenti di funzione. I vantaggi del product management sono: • determinare obiettivi dettagliati per singola tipologia di prodotto; • controllare velocemente e in modo puntuale gli stati di avanzamento dei programmi stabiliti; • garantire flessibilità ai programmi a seconda dei mutamenti interni ed esterni all’ impresa. Per poter rendere efficace e redditizia la “struttura per product managers”, l’impresa necessita di una direzione commerciale in grado di coordinare, formare, motivare e supportare i product managers stessi infatti, oggi, un direttore commerciale deve saper gestire e motivare le persone; fornire loro gli strumenti adeguati per poter operare in modo efficiente ed efficace; pianificare e controllare le attività; evitare l’insorgere di conflitti interni e insegnare alla rete vendita i trucchi del mestiere. Il responsabile delle vendite dovrebbe saper gestire il rapporto con la direzione generale, stimolando il cambiamento, condividendo e partecipando alle scelte strategiche per poi tradurle in risultato tangibile e dovrebbe far leva sul fattore più importante: l’atteggiamento mentale, che deve sempre essere positivo, orientato al successo e alla pro-attività.


CONFCOMMERCIO

CONFCOMMERCIO MARCHE CENTRALI: un nuovo modello per le Imprese La neonata struttura interprovinciale garantisce più servizi e una maggiore rappresentanza alle PMI

A

NCONA – Il 5 agosto del 2014 è una data storica per il mondo della rappresentanza delle Imprese perché segna la nascita di Confcommercio Imprese per l’Italia Marche Centrali il primo esperimento in Italia di Associazione interprovinciale e interterritoriale. Un vero laboratorio divenuto realtà affermata a più di un anno e mezzo da quel d-day, e siamo a questi tempi, grazie al lavoro e all’impegno di chi ha creduto fermamente in questo progetto che ha bruciato le tappe

prefissate ed ha già portato la struttura praticamente a regime. Il primo passo è stato un attento controllo del territorio maceratese poi la raccolta dei bisogni delle Imprese e l’individuazione delle aree di riferimento. La terza fase, quella più stimolante ed ambiziosa, è già stata avviata ed è quella che porterà risultati ancora più importanti nel medio-lungo periodo: lo sviluppo multiterritoriale e l’ottimizzazione dei servizi per migliorare il rapporto qualitativo nei confronti delle Imprese. La sfida dunque è iniziata e Confcommercio Imprese

per l’Italia Marche Centrali è già un manifesto di ottimizzazione dei costi e delle energie. Con l’accorpamento del territorio maceratese a quello di Ancona Confcommercio Imprese per l’Italia Marche Centrali può offrire servizi ancora più qualitativi ed una rappresentanza ancora più forte se si considerano le aree coinvolte. Accanto agli uffici della provincia di Ancona sono sorti i nuovi uffici territoriali della provincia di Macerata a partire dalla prestigiosissima sede di Macerata istallatasi negli storici locali liberty dell’Autopalazzo in viale Puccinot-

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CONFCOMMERCIO ti. Attorno all’ufficio di Macerata altri uffici strategici a partire dalla costa, con la sede di Civitanova, per arrivare all’interno con le sedi di Recanati, Tolentino e San Severino Marche. I punti di riferimento sono dunque dislocati in aree strategiche della provincia di Macerata e ben si integrano con gli uffici della provincia di Ancona (la sede di Ancona in piazza della Repubblica e poi le delegazioni di Senigallia, Osimo, Jesi, Chiaravalle, Fabriano, Numana e Castelfidardo). “E’ evidente – commenta soddisfatto il direttore generale Confcommercio Imprese per l’Italia Marche Centrali prof.Massimiliano Polacco vero artefice di questa operazione unica in Italia –, che questo accorpamento è una grande possibilità per il nostro territorio economico-commerciale che può ora contare su una struttura forte e solida come Confcommercio Marche Centrali. Adesso siamo ancora di più al fianco delle imprese e siamo pronti a garantire loro un validissimo sostegno in un mercato sempre più difficile e in un contesto storico davvero molto complesso”. L’assemblaggio costituito permetterà alla nuova organizzazione di avere, oltre a servizi più strutturati, la possibilità di far valere nei tavoli decisionali una presenza ancora più incisiva, centrale, per utilizzare l’aggettivo che completa la nuova denominazione. Crescerà anche la politica che sarà di più ampio raggio pur mantenendo l’attenzione per le singole questioni di ogni territorio sulle quali Confcommercio Marche Centrali entrerà non più con un logo provinciale ma con un marchio che identifica da solo la propria forza. Con l’ampliamento della struttura aumenteranno poi anche i servizi per gli associati perché l’obiettivo è quello di una realtà di rete in grado di fornire alle Imprese uno sviluppo sano

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dell’attività economica con l’obiettivo di resistere e di superare la crisi. “E’ necessaria – continua Polacco –, una sinergia tra produzione e distribuzione ed un maggiore impulso al motore turistico-gastronomico per rilanciare l’economia di filiera delle Marche attraverso una promozione globale del nostro territorio. La nostra attività si sta sviluppando proprio nell’ottica di una valorizzazione dei territori attraverso iniziative locali, penso ad esempio a Pane Nostrum di Senigallia, al Mercato Europeo di Ancona, e alle tante iniziative di filiera e di promozione che abbiamo in cantiere. Stiamo studiando come mettere in rete e promozionare le nostre bellezze attraverso strumenti al passo con i tempi. Per questo abbiamo avviato un modello di Estory Telling che è un progetto di rete e di filiera che si sviluppa attraverso una pubblicazione digitale multimediale, compatibile con tablet e smartphone, che mira a promuovere il territorio, a partire da quello maceratese, in un’ottica turistica differente dal solito attraverso cioè le nuove tecnologie quali strumenti in grado di esaltare le esperienze e le emozioni. Questo format potrà essere utilizzato in tutte le aree più appetibili dal punto di vista turistico”. Le nuove tecnologie sono nel dna di Confcommercio che ha rinnovato la propria presenza comunicativa adottando un nuovo sito internet, www.confcommerciomarchecentrali. it , una aggiornatissima pagina Facebook e un profilo twitter sempre attento alle notizie.Questi sono i tratti ditintivi della nuova Confcommercio Imprese per l’Italia Marche Centrali che mantiene, e sta rafforzando, le proprie prerogative nel sostegno e nei Servizi alle Imprese partendo da settori chiave come il Credito, la Formazione per arrivare alle ultime funzio-

ni legate alle innovazioni dettate dal mercato perciò Sportello alle Imprese anche per tutto ciò che concerne la comunicazione digitale dei documenti agli enti preposti. Confcommercio vuol dire anche supporto alle nuove professioni e quindi assistenza a tutto tondo ai lavoratori autonomi, alle libere professioni e a tutte le nuove figure che si stanno sviluppando in un mercato sempre più specifico e peculiare.

Ancona Sede Centrale - Piazza della Repubblica,1 tel.07122911 / fax 071205996 ancona@confcommerciomarchecentrali.it Macerata - Viale Puccinotti 1/2 tel.0733234130 / fax 0712291307 macerata@confcommerciomarchecentrali.it Castelfidardo - Via XVIII Settembre, 19 tel.0712291380 / fax 0712291381 castelfidardo@confcommerciomarchecentrali.it Chiaravalle - Via D’Antona, 16 tel.0712291390 / fax 0712291392 chiaravalle@confcommerciomarchecentrali.it Civitanova Marche - Via F.Rosselli, 3 tel.0733772202 / fax 0712291317 civitanova@confcommerciomarchecentrali.it Fabriano - Via G.di Vittorio, 3/a tel.0712291356 / fax 0712291353 fabriano@confcommerciomarchecentrali.it Jesi - Via Pasquinelli, 2/a tel.0712291342 / fax 0712291343 jesi@confcommerciomarchecentrali.it Numana - Via Flaminia, 6 tel. 0712291360 / fax 0712291362 numana@confcommerciomachecentrali.it Osimo - Via M.Polo, 186 tel. 0712291320 / fax 0712291327 osimo@confcommerciomachecentrali.it Recanati - Via del Mare, 22 tel 071980252 / fax 0712291379 recanati@confcommerciomarchecentrali.it San Severino Marche - Viale Bigioli, 92/94 tel 0733634949 / fax 0712291398 sanseverino@confcommerciomarchecentrali.it Senigallia - Viale Leopardi, 129 tel. 0712291331 / fax 0712291333 senigallia@confcommerciomachecentrali.it Tolentino - Via Nazionale, 3/5 tel.0733972583 / fax 0712291388 tolentino@confcommerciomarchecentrali.it


SPECIALE

BANCHE&

CREDITO


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SIMEST SPA:

STRUMENTI FINANZIARI PER LO SVILUPPO INTERNAZIONALE di Alessandro Stecconi Management Academy Sida Group - Area Corporate Finance

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Italia e le sue imprese hanno un grande patrimonio secolare: ovvero la capacità straordinaria di produrre ed esportare “cose che piacciono al mondo”. La nostra propensione naturale all’export è difatti la linfa vitale sulla quale si reggono, da un lato, i distretti e le filiere settoriali nei diversi territori e, dall’altro, la nostra possibilità di realizzare avanzi primari di bilancio pubblico. Il surplus delle nostre bilance commerciali rappresenta un

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elemento di forza competitiva indiscutibile. Tutte rose e fiori dunque? In questo tipo di economia globale ci basta ed avanza la capacità di esportazione? Purtroppo no, le cose non funzionano più così da diverso tempo. E i cambiamenti di paradigma sono avvenuti in un tempo ridottissimo, elemento questo che ci rende in ritardo rispetto a capacità già acquisite da altri Paesi. A noi manca una propensione fondamentale, ovvero la capacità di effet-

tuare investimenti diretti all’estero, soprattutto sul fronte di format distributivi di proprietà delle aziende italiane. Abbiamo posizionamenti di prodotti, soprattutto nell’agroalimentare, nella moda, nel design d’interni, che necessitano un controllo della distribuzione. Affidarsi ad importatori/distributori non facilmente controllabili rappresenta il grande limite a questo tipo di impostazione strategica. Realizzare negozi, uffici, magazzini,


SPECIALE BANCHE&CREDITO plant produttivi vicini ai mercati di sbocco, rappresenta un’evoluzione naturale di un grande paese manifatturiero ed esportatore come il nostro. Eppure questa visione di sviluppo tende ad arrancare e non far presa. Il grande vincolo può essere sicuramente rappresentato dalla mancanza di una massa critica finanziaria adeguata da parte delle imprese, che spesso non trovano una risposta adeguata dagli istituti finanziari con i quali normalmente svolgono il lavoro di credito commerciale. La strategia di presenza internazionale è una strategia di investimento e, come tutti gli investimenti strutturali in azienda, ha bisogno di strumenti finanziari con piani di rimborso di medio/lungo periodo. La Simest SPA (di proprietà e controllo di Cassa Depositi e Prestiti) così come la Sace SPA (medesimo assetto di controllo) hanno proprio l’obiettivo di colmare questa lacuna cronica. L’obiettivo di Simest è difatti proprio quello di rafforzare la presenza delle imprese italiane nel mondo, mediante la messa a disposizione di strumenti finanziari dedicati e costi agevolati. Qui di seguito si evidenziano le principali linee di intervento collegate con le necessità aziendali: Progetti di espansione commerciale. Simest finanzia con mutui della durata di 7 anni (2 di preammortamento e 5 di ammortamento) a tasso fisso agevolato, programmi di presenza commerciale in paesi o aree extraeuropee. L’intervento finanziario ha la finalità di sostenere la presenza distributiva e commerciale dell’impresa italiana, coprendo le spese per: affitto dei locali, gestione dei locali, personale all’estero, viaggi, consulenze, fiere, pubblicità, cataloghi, ecc. Progetti di espansione produttiva. Simest valuta progetti di realizzazione

A CURA DI

di plant produttivi da parte di imprese italiane in paesi extraeuropei. In questo caso Simest interviene nel capitale della società estera che si andrà a costituire fino ad un massimo del 49% del capitale. La permanenza nella società può avere una durata di massimo 8 anni, al termine dei quali l’azienda italiana che detiene il 51% deve impegnarsi a riaquistare le quote Simest. In questo lasso di tempo Simest rinuncia alla distribuzione dei dividendi in cambio di una remunerazione fissa ad un interesse contenuto annuale. La partecipazione di Simest da diritto ad un’altra importante agevolazione: l’impresa italiana che dovrà versare la propria quota del 51%, se si rivolge a qualsiasi banca italiana per finanziare la sua quota, otterrà una agevolazione sul costo dell’operazione attraverso un contributo conto interessi erogato direttamente dalla Simest; Piani di fattibilità e ricerche di mercato. Simest finanzia con mutui della durata di 5 anni (2 di preammortamento e 3 di ammortamento) a tasso fisso agevolato, piani di fattibilità annuali per l’analisi di progetti di investimento commerciale (finanziamento di € 100.000) o produttivo

(finanziamento di € 200.000) in paesi extraeuropei. La linea di credito copre le spese riguardanti: consulenze, personale, viaggi, fiere, finalizzati alla valutazione preliminare degli investimenti. PMI Esportatrici. Simest finanzia con mutui della durata di 7 anni al tasso fisso agevolato, PMI costituite sottoforma di SPA, che hanno realizzato negli ultimi 3 esercizi almeno il 35% di fatturato export di media. Il finanziamento può raggiungere € 300.000 e comunque non può superare il 25% del patrimonio netto dell’azienda. Partecipazione a Fiere. Simest finanzia con un mutuo di € 100.000 (fino a € 300.000 se c’è una aggregazione di imprese) al tasso fisso agevolato per una durata di 4 anni (2 di preammortamento) la prima partecipazione ad una fiera da parte dell’impresa italiana in un paese extra UE. Start up per l’internazionalizzazione. Simest partecipa fino al 49% del capitale (con un massimale di intervento di € 200.000) di start up italiane, dedicate all’attività di distribuzione commerciale sui mercati internazionali (società di trading o di export puro). La durata della partecipazione è di 6 anni.

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Via della Tecnica 75 60015 Falconara Marittima (AN) TEL. 071 914569

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CONSULENZA IN EQUITY MARKETS: LA CULTURA DEL NUOVO di Michele Sasso Management Academy Sida Group - Area Finanza Alternativa - M & A

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hi di voi imprenditori, professionisti, artigiani, si è soffermato a ragionare su quanto avvenuto in Europa negli ultimi 4 anni, non avrà potuto non notare quanto siano distanti strumenti quali il quantitative easing, la liquidità “bazooka”, i plafond Bei, ecc. dalla conoscenza finanziaria di buona parte delle realtà del territorio. La questione è semplice e antica come la moneta: le migliori risorse vanno ai più meritevoli. Con un distinguo però: non sempre i meritevoli sono i migliori. Pertanto il vero paradigma da scardinare, la sfida di oggi, è avere un’alternativa, fare contro-cultura bancaria, anteponendosi ad un sistema che mostra giornalmente i suoi limiti, e che nonostante l’ampia dotazione, non riesce ad alimentare i migliori (talvolta non i meritevoli), impiegando invece risorse su coloro che ne hanno già abbastanza, senza che ciò contribuisca a sostenere lo sviluppo. Anche i professionisti devono abbracciare la cultura del “nuovo” e proporre alle nostre PMI uno scenario di rottura rispetto a ciò a cui sono abituati. Abbandonare l’abitudine della concessione del credito basata sulla quantità di firme prestate, sull’utile che hanno realizzato, sull’ammonta-

A CURA DI

re degli immobilizzi posseduti. Viceversa occorre valorizzare, come fa la finanza alternativa, la bontà del progetto e della governance e management che lo presenta. Inoltre “nuovo” è il concetto di finanziatore, perciò è necessario far comprendere che un investitore in capitale di rischio non è più invadente di quello bancario. È necessario sviluppare la consapevolezza che attrarre investitori che intervengono sul capitale di rischio, vuol dire sviluppare cultura e non solo moneta, vuol dire ampliare i propri mercati di destinazione e i canali distributivi, vuol dire poter disporre di nuovi strumenti produttivi e finanziari, quindi sviluppare sinergie commerciali, produttive, tecnologiche. È necessario ribadire che il basso costo del denaro, se utilizzato da PMI con rating basso o imprese in fase di start-up, è gravato da costi diretti e indiretti, fidejussioni, sottoscrizione di titoli, confidi, commissioni, imposte sostitutive, ecc. e questo genera disallineamento ed inefficienza nella provvista, talvolta non considerati nella valutazione della struttura dell’indebitamento. Professionisti!, il contesto attuale sta diventando un humus da cui elevarsi professionalmente, va offerto alle

aziende un supporto che sappia rendere la professione interprete delle necessità degli investitori pubblici e privati, da connettere alle necessità e possibilità di crescita delle nostre PMI. La consulenza in Equity Markets non è un onda da cavalcare, ma un mondo in cui si deve necessariamente entrare, una realtà di cui acquisire consapevolezza, per poter essere vicini a quanto di più sano e lodevole esista nel tessuto economico: il fare IMPRESA, quella buona. Per questo è necessario essere pronti a dialogare con investitori esteri e nazionali, che operano guardando il progetto e non il patrimonio del soggetto, che sono abituati a pensare al valore dell’azienda nel tempo e non all’interesse di breve periodo, al suo grado di managerialità e al suo tasso di crescita, a dove andrà l’azienda in futuro. Tutto ciò si traduce nella necessità di coinvolgere e confrontarsi con professionisti formati e specializzati in questo campo, con forte orientamento e relazioni con il mondo dell’Equity Markets e del M&A. Formare, informare, cambiare gli schemi, accompagnare l’imprenditore alla comprensione che avere un socio con intenzioni finanziarie e industriali chiare è meglio di averne molti silenziosi.

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LA CRISI DEL CREDITO: QUALI LE CAUSE DELLA VOLATILITÀ E INSTABILITÀ DEL SISTEMA Il sistema economico mondiale e le ripercussione del calo del prezzo del petrolio di Massimo Sbrolla Management Academy Sida Group - Area Credito

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l sistema economico mondiale è in forte difficoltà. Le dinamiche di crescita, sia nel mondo occidentale che nell’area dei paesi emergenti, si sono di molto ridotte. La dinamica inflazionistica tende al ribasso e, al momento, non si intravvedono spiragli per una ravvicinata inversione di tendenza. Siamo a un bivio: se i governi riescono a rianimare la crescita con le politiche fiscali, le opere pubbliche, la riduzione delle disuguaglianze estreme che minano le democrazie e frenano i consumi (i ricchi risparmiano il reddito aggiuntivo, i poveri lo spendono), partirà un nuovo ciclo virtuoso; altrimenti scivoleremo verso la recessione e una nuova era di instabilità finanziaria. A spingere al ribasso la dinamica dell’inflazione, sia in Italia che in tutto il vecchio continente, è la diminuzione del prezzo del petrolio, e se il prezzo del barile continuerà a precipitare,

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le ripercussioni saranno enormi a livello globale. Non è facile trarre conclusioni nette su chi ha da guadagnare e chi ha da perdere dalla riduzione dei prezzi del greggio; in generale si può dire che il crollo del prezzo del petrolio ha ridotto la speranza delle potenze emergenti di poter continuare la loro crescita modernizzandosi e contribuire così a garantire la stabilità internazionale. Troppi governi, infatti, hanno basato le loro ambizioni sui prezzi alti di prodotti che oggi sono in caduta libera. Come ha sottolineato recentemente la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, questi paesi devono affrontare una “nuova realtà“ di crescita lenta e di preoccupante incertezza. Prendiamo ad esempio il Brasile che un tempo veniva considerato come l’esempio positivo del sud del mondo e che oggi barcolla perché l’economia è in crisi e la situazione è ancora più

instabile a causa dello scandalo di corruzione che ha colpito il gigante petrolifero Petrobras. La Nigeria, primo produttore di petrolio in Africa, che sta subendo il calo del prezzo del petrolio in un momento in cui le reti jihadiste si stanno diffondendo nella regione ed oltre. Il Venezuela rappresenta un altro esempio delle insidie di quella che è definita la maledizione delle risorse, ovvero l’eccessiva dipendenza dal petrolio a scapito della modernizzazione dell’economia. L’area dove le conseguenze geopolitiche del calo del prezzo del petrolio sono più imprevedibili, è naturalmente il Medio Oriente; L’Arabia Saudita ha cercato di orchestrare la riduzione del costo del barile per indebolire altri paesi come l’Iran che si stava riaffacciando sul mercato delle esportazioni petrolifere. Inoltre i prezzi bassi rappresentano anche un


SPECIALE BANCHE&CREDITO problema interno per le dinastie del Golfo; a lungo termine questo potrebbe ridurre la conflittualità della regione, ma a breve termine potrebbe

essere un’ulteriore causa di tensioni per regimi traballanti, che vogliono distogliere l’attenzione dai problemi interni. Quel che è certo è che entra-

te petrolifere troppo basse possono essere altrettanto dannose di entrate troppo alte.

L’Europa: come convivere con i tassi a zero e le ripercussioni sul sistema del credito di Massimo Sbrolla Management Academy Sida Group - Area Credito

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n Europa, nonostante la politica monetaria non convenzionale (Quantitative Easing, QE) in essere da un anno e mezzo, che si basava su tassi d’interesse negativi per lo 0,30% sui depositi che le banche tengono presso la BCE e nell’acquisto di 60 miliardi al mese di titoli sui mercati, la crescita dell’economia è debole e, soprattutto l’inflazione non riprende e, anzi, è tornata sotto lo zero. Questo ha determinato le recenti decisioni della Banca Centrale Europea che ha deciso di aumentare le misure per stimolare la crescita; si tratta di misure a 360 gradi, cioè non limitate ad un solo strumento, ma riguardanti tassi di interesse, acquisto di titoli sul mercato, finanziamento estremamente favorevole alle banche affinché prestino all’economia, assicurazione ai mercati che lo stimolo monetario andrà avanti a lungo. In pratica la BCE, che negli ultimi dodici mesi ha acquistato titoli di Stato nell’area euro per 60 miliardi al mese, lo farà, a partire da aprile, per 80 miliardi al mese, e gli acquisti saranno estesi, per la prima volta, alle obbligazioni emesse dalle imprese a patto che abbiano un rating adeguato (investment grade). La BCE ha inoltre tagliato, con effetto dal 16 marzo, i tre principali tassi di

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interesse : il tasso di rifinanziamento dallo 0,05% a zero; quello sui depositi da – 0,3% a – 0,4% e quello sulla liquidità a brevissimo termine dallo 0,3% allo0,25%. Per favorire il credito alle imprese e alle famiglie, la BCE ha anche deciso di lanciare quattro nuove operazioni Tltro (Target long term refinancing operations) cioè prestiti a lungo termine (4 anni alle banche a tassi che potranno scendere fino a – 0,4%. Il tasso sarà tanto più vantaggioso per le banche, quanto più queste allenteranno i cordoni del credito. Saranno sufficienti queste manovre per centrare gli obiettivi fissati un anno fa dalla stessa BCE? Finora il QE ha contribuito in buona parte alla ripresa evitando che l’Area Euro finisse in deflazione; non è però stato sufficiente a mettere l’inflazione sulla strada del 2%. Inoltre ci si domanda fino a quale livello e per quanto tempo la politica dei tassi negativi possa essere mantenuta senza creare effetti collaterali. C’è grande incertezza sul comportamento degli individui e delle Istituzioni se i tassi dovessero rimanere negativi per un periodo di tempo prolungato. Come si comporteranno i depositanti se le banche a un certo punto trasferissero a loro gli interessi

negativi cioè se chiedessero soldi per tenere i conti correnti. Finora nessuna banca l’ha fatto in nessun paese con tassi negativi e l’impressione è che nessuna voglia essere la prima; ma, se la situazione si radicalizzasse, probabilmente non ci sarebbero alternative. A quel punto il rischio che i risparmiatori inizino a disintermediare le banche potrebbe diventare concreto. C’è anche da tenere presente che i tassi negativi hanno anche impatti economici sul sistema finanziario, in particolare sulle banche che sul costo del denaro fanno una parte consistente dei loro profitti, ma anche sulle compagnie di assicurazione e sui fondi pensione che hanno business model costruiti attorno a tassi positivi. A tale proposito si tenga presente che la quota mondiale di titoli obbligazionari con rendimenti negativi è passata dall’ 1% dell’agosto 2014 al 13% all’inizio di questo anno per balzare al 23% alla fine di febbraio. Siamo di fronte ad un esperimento di politica monetaria mai provato prima, nell’Eurozona e non solo. Questo modello grazie al quale il sistema del credito in Italia in questi anni ha costruito un ottavo dei suoi ricavi è al tramonto. La responsabilità non è della BCE, forse neppure

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SPECIALE BANCHE&CREDITO completamente delle Banche, ma è sicuro che moltissime aziende di credito debbano ripensare il proprio business: per loro si è esaurita una fonte di guadagno che, in tempi normali, sarebbe determinante per il conto economico. Ovviamente questi non sono tempi normali, ormai da un pezzo. Fino a prima del crash di Wall Street del 2008, gli Istituti di credito in Italia avevano mantenuto con il Tesoro un rapporto rassicurante conservando sempre investiti in titoli di stato un centinaio di miliardi di euro, una piccola parte dei loro bilanci per una piccola quota del debito pubblico. Questo equilibrio salta nella seconda metà del 2011 quando l’Italia viene coinvolta dalla crisi dei debiti sovrani. Alla fine di quell’anno e all’inizio del 2012 la BCE lancia le due prime enormi offerte dei prestiti a lungo termine (tre anni) e a tassi molto bassi. Con quella liquidità, le banche europee comprano soprattutto titoli di Stato, aiutando così a stabilizzare la crisi e guadagnandoci molto perché

in quella fase i rendimenti del debito pubblico spesso erano altissimi. Secondo i dati Banca d’Italia, il sistema creditizio italiano, a metà del 2012, ha già in bilancio debito del governo per 316 miliardi di euro che un anno dopo è salito a 400 miliardi. Ai nuovi dati pubblicati di recente, a gennaio di quest’anno le banche italiane detenevano titoli di Stato per 389 miliardi, circa un quarto del debito del Tesoro presente sui mercati finanziari. E’ un grande aiuto allo Stato italiano, ma anche alle banche stesse che solo nel 2012 avevano guadagnato in cedole dei titoli pubblici ca. 14 miliardi, prima delle tasse e al netto degli interessi (modesti), pagati alla BCE. Quest’anno quasi un quarto dei ricavi delle banche italiane viene costruito così, finanziato dai contribuenti attraverso gli interessi versati dal Tesoro. Non che sia un meccanismo anomalo in tempi di crisi; si prende denaro in prestito da Francoforte a scadenza di tre anni e lo si presta allo Stato in media a scadenze simili. Nel 2013 que-

sto ingranaggio prosegue, ma i rendimenti da cedola scendono a poco più di 9 miliardi. Nel 2014 le banche guadagnano poco meno di 6 miliardi, mentre nel 2015 il guadagno si è ridotto a 2,5 miliardi. Nel complesso, pertanto, gli Istituti di credito trovano così in quattro anni guadagni di oltre 30 miliardi che rappresentano in totale circa un ottavo dei loro ricavi dal 2012 ad oggi, quota molto superiore alla loro redditività in tempi normali. Sono in gioco somme così importanti che possono determinare se un’azienda è strutturalmente in utile o in perdita. Soprattutto sono somme che non tornano più; visti i rendimenti ormai minimi dei Titoli di Stato, l’equazione tra prestiti della BCE e prestiti al Tesoro, quest’anno frutterà alle banche meno di mezzo miliardo; viene meno, quindi, per loro una fonte di entrate sicuramente decisiva in un contesto in cui i costi in sportelli e dipendenti faticano a ridursi, per cui le fusioni e le economie di scala diventano inevitabili.

Istituti di credito: il problema redditività e delle sofferenze di Alessandro Stecconi Management Academy Sida Group - Area Corporate Finance

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l modello di banca commerciale territoriale (Bct), che è il principale tratto distintivo dell’industria finanziaria italiana, è stato da sempre caratterizzato da buona stabilità, ma da limitata redditività. Quest’ultima ha evidenziato una caduta verticale che inizia ben prima della Crisi: il Roa del 2011 è il più basso degli ultimi 50 anni; la caduta si è

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accentuata durante la Crisi – 90 punti base negli ultimi 5 anni-, ma ha radici strutturali. Al riguardo, possiamo individuare almeno tre cause. Innanzitutto una forte caduta della redditività determinata dal forte calo del margine di interesse, con una riduzione marcata dello spread tra tassi attivi e tassi passivi, e da un vistoso calo anche degli “altri redditi” dopo

essere diventati negli anni più rilevanti dei ricavi da interesse. In secondo luogo la produttività non è cresciuta : la caduta dei costi è stata appena accennata rispetto alla forte caduta dei ricavi. Gli sportelli sono cresciuti troppo (raddoppiati dagli anni 90) rispetto sia al volume dell’attività bancaria che al prodotto interno lordo. Infine va considerata la caduta


SPECIALE BANCHE&CREDITO congiunturale della qualità del credito spinta dalla durata inattesa e dalla gravità della Crisi (gli accantonamenti su crediti hanno raggiunto il 70% del reddito netto, il più alto dagli anni 70). Le prospettive non sono incoraggianti; la caduta della redditività, probabilmente, continuerà non potendosi prevedere, a breve, una inversione di tendenza né sui volumi, né sui prezzi. Sui volumi la tendenza complessiva dovrebbe essere verso una marcata disintermediazione bancaria, anche per mitigare il rischio sistemico. Sui prezzi, sia l’andamento dei tassi d’interesse, stabili verso il basso, sia la possibile volatilità dei prezzi del debito sovrano, non sono notizie rassicuranti. Di conseguenza le attenzioni vanno concentrate sul taglio dei costi operativi : non solo riduzioni di personale, ma anche razionalizzazione dei fornitori, riduzione dei consumi, freno alle spese discrezionali, ma anche digitalizzazione dei processi e ottimizzazione dei costi di controllo. Ovviamente il lato sofferenze è quello che sta preoccupando maggiormente

il Sistema Bancario in questo momento e sul quale si sta dibattendo a livello Europeo alla ricerca di una soluzione, senza con ciò inciampare nella disciplina degli aiuti di stato. Le sofferenze bancarie che in Italia hanno superato i 200 miliardi di euro (che rappresentano il 17% del totale dei crediti concessi, contro il 3,4% della Germania e il 4% della Francia), sono state svalutate al 40% del loro valore nominale. A questo proposito, vale la pena ricordare che lo scorso novembre, nell’ambito della risoluzione delle 4 banche in crisi, i crediti problematici sono stati trasferiti alla bad bank svalutati al 17,60%, quindi alla bad bank sono stati trasferiti 1,5 miliardi di crediti a fronte di 8,5 miliardi nominali. Questi dati fanno riflettere se confrontati con i prezzi a cui le sofferenze sono state svalutate mediamente nei bilanci del sistema bancario. Pertanto o è stata fatta una valutazione troppo prudenziale dei crediti inesigibili delle quattro banche; o le altre banche godono di garanzie più robuste; oppure viene

sopravvalutato il valore di realizzo delle sofferenze bancarie del sistema. Qualche settimana fa, inoltre, un’operazione di cessione di crediti in sofferenza, ha riguardato il mondo delle Banche di Credito Cooperativo, che hanno ceduto 300 milioni di euro di sofferenze al 10 % del valore facciale, ben lontano dal 17,6% della valutazione effettuata in occasione della risoluzione delle 4 banche e ancor più lontano rispetto alla valutazione dei crediti in bilancio del sistema bancario italiano (circa il 40%). Alla luce di quanto sopra, non deve affatto sorprendere che il governo italiano abbia formulato una nuova proposta alla Commissione Europea, dopo la battuta d’arresto sulla creazione di una bad bank italiana chiamata a liberare i bilanci delle banche dalla mole delle sofferenze, tale da poter superare le resistenze di Bruxelles in materia di aiuti di stato, che scatterebbero per via della concessione di garanzie statali sui crediti che le banche dovrebbero cedere alla bad bank.

Effetti Del Bail-In Sul Mondo Bancario di Alessandro Scarlato Management Academy Sida Group - Area Credito

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e non si dovesse giungere alla bad bank in tempi rapidi, stante anche la debole crescita dell’ Italia e il contesto internazionale denso di nubi, il rischio sarebbe proprio quello di dover ricorrere massicciamente al “bail-in“ cioè azzerare o tagliare il valore delle azioni, di tutte le obbligazioni e dei saldi di conto corrente per la parte sopra i 100 mila euro, fino a ridurre del 12%

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le passività di qualunque banca che riceva un aiuto di stato. Come noto a partire dal 1° gennaio 2016, l’eventuale crisi di una banca verrà risolta con il nuovo meccanismo detto “bailin“: il salvataggio dell’Istituto di Credito, cioè, non avverrà più con soldi pubblici dello Stato e/o delle banche centrali (come è stato sino ad oggi), bensì attraverso la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti

(come quelli dei correntisti che abbiano depositato più di 100 mila euro) o la loro conversione in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a risolvere la crisi e a mantenere la fiducia del mercato. Si è parlato di “prelievo forzoso“ e certo il recente caso delle quattro banche salvate per decreto, anche se ancora al di fuori delle procedure legate al “bail-in“, ha suscitato

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SPECIALE BANCHE&CREDITO polemiche e fatto intuire che il rischio aumenta all’aumentare dei problemi finanziari dei vari Istituti di credito. Ovviamente non tutti i risparmiatori hanno tempo e competenze per leggere i bilanci della propria banca, ma qualche precauzione può essere presa da tutti. Per esempio, un indicatore divenuto importante per rilevare lo “stato di salute” di un Istituto bancario è il Common Equity Tier 1 (Cet1), indicatore che rapporta il patrimonio netto della banca (capitale sociale più riserve, ai rischi assunti, ovvero misura il totale delle attività ponderate per il rischio. Le norme europee prevedono come “pavimento minimo“ per le banche un Cet1 Ratio dell8% che equivale a dire che una banca può effettuare investimenti (finanziamenti, prestiti, mutui, investimenti su titoli ecc…) ponderati per il rischio superiori a 12,5 volte il capitale proprio. Più questo indicatore è elevato, maggiore dovrebbe essere la solidità dell’Istituto, ovvero la capacità di affrontare eventuali scenari negativi. In generale un livello sotto il 9% non è considerato sufficiente, e sotto l’8% è

assolutamente a rischio. E’ ovvio che il “bail-in” può sempre essere seguito da instabilità. C’è sempre rischio di contagio quando si interviene su una banca, ma sarebbero colpiti solo i depositi sopra ai 100 mila euro, non quelli piccoli e medi. Dunque non sono rischi pesanti, e in caso di contagio, ci sono strumenti europei per gestirlo. In proposito l’EBA (Autorità Bancaria Europea) sta lavorando ad un nuovo requisito per i bilanci bancari, Minimum Requirement of Eligible Liabilities (MREL) che si inserisce nel filone delle nuove regole per il salvataggio ordinato delle banche. Tra queste, appunto, c’è il “bailin“, operativo da inizio 2016, in base al quale a farsi carico del dissesto di una banca devono essere anzitutto i privati che detengono una serie di passività della banca stessa. Il MREL imporrebbe ad ogni banca, oltre al rispetto dei ratios di capitale, anche di avere almeno una certa quota di tali passività in bilancio. L’idea è che solo se una banca ha abbastanza passività di questo tipo, si potrà, in caso di crisi, procedere al suo salvataggio. In caso

contrario le risorse private potrebbero essere insufficienti. Secondo le stime EBA per 64 grandi banche della UE, capitale e debito subordinato valevano il 6% delle passività a fine 2014, le obbligazioni senior non garantite con scadenza oltre 1 anno il 6,8%, i depositi non garantiti con scadenza oltre 1 anno il 2,8%. Il totale delle passività utilizzabili per un bail-in arrivava al 15,6% del totale. Pertanto se il MREL fosse fissato all’8% del passivo, in questo momento, solo 7 banche presenterebbero una carenza; se invece il MREL fosse fissato a livelli più alti, ovviamente il numero delle banche coinvolte aumenterebbe notevolmente. Da qui l’importanza di calibrare attentamente il MREL e decidere, in casi specifici di crisi, se escludere alcune passività dalla partecipazione al bail-in. Perciò o il MREL viene fissato più in basso, oppure un eventuale bail-in deve coinvolgere anche in concreto le altre passività oltre al capitale, ovvero obbligazioni e depositi non garantiti.

Il problema derivati e i maggiori controlli sulle banche di Michele Barchiesi Management Academy Sida Group - Area Innovazione e Sviluppo Imprenditoriale

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arlando di banche non si può trascurare la problematica sui derivati, che altro non sono che prodotti finanziari il cui valore “deriva” dall’andamento di un altro bene (azioni, obbligazioni, valute ecc…)oppure dal verificarsi di un preciso evento. In altre parole è una sorta di “scommessa“ su un avvenimento futuro. L’attività o l’evento,

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che possono essere di qualsiasi natura, costituiscono il cosiddetto “sottostante“ del prodotto derivato. La relazione che lega il valore del derivato al sottostante è il risultato finanziario del derivato, detto “pay-off”. Ora, se c’è qualcosa che la storia ci può insegnare è il non ripetere gli errori passati; eppure questa semplice assunzione è sempre più spesso disat-

tesa. I dati ci danno una mano e ci dicono che il totale dell’attivo delle prime 25 banche USA a fine giugno 2014 era di 14,1 trilioni di dollari. Mentre il valore nozionale dei prodotti derivati in pancia alle stesse ammontava a 302,2 trilioni di dollari. Di questi il 58,4% erano contratti swaps e il 16,6 % contratti forward, tutti “over the counter”ovvero contratti che non


SPECIALE BANCHE&CREDITO passano dai listini di nessuna borsa. In altre parole per ogni dollaro di totale attivo, ce ne sono 21,4 di prodotti derivati. Ci si sarebbe aspettato che dopo la crisi finanziaria iniziata con i subprime che ha investito il mondo intero, la situazione fosse migliorata. Invece l’ammontare di derivati nell’attivo delle prime 25 banche made in USA è passato da 13,9 trilioni di dollari del 2006 a, appunto, 21,4 del giugno 2014, per cui si può affermare che la bomba Lehman Brothers non ha insegnato nulla alle banche USA. Spostandoci in Europa, prendiamo la più grossa Banca Europea, la Deutsche Bank: l’ammontare dei derivati che si legge nel bilancio 2013 è di 54,7 trilioni di euro, che vuol dire 20 volte il Pil tedesco o 7 volte il Pil dell’intera Europa. E’ vero che stiamo confrontando due grandezze diverse, un dato economico (Pil) con uno finanziario (derivati), ma la sostanza è che quella esposizione in derivati potrebbe creare danni di diversi trilioni di euro anche in pochi mesi; e questo solo per una banca tedesca. Ovviamente anche le banche italiane non sono scevre da queste problematiche. Ancora all’inizio del 2008, pochi mesi prima dell’esplosione della crisi, i derivati sembravano la cura definitiva per gli enti locali –comuni, province e regioni – soffocati dai propri debiti. Ora sono diventati una brutta “grana” : chi ce li ha cerca di liberarsene, mentre qualcuno ci lascia lo zampino. E’ emblematico il caso del Comune di Milano dove, per la prima volta al mondo, finiranno sotto processo quattro banche, un alto dirigente comunale e un consulente finanziario, per aver usato con troppa disinvoltura questi strumenti. Se questi strumenti sono ad alto rischio, come lo sono, perché un ente pubblico si butta nella finanza creativa pur

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consapevole dei rischi che si corrono? Lo scopo doveva essere quello di favorire la ristrutturazione del debito, riducendone il costo e coprirsi dal rischio di insolvenza. Poi, come spesso succede, il loro uso è dilagato, spesso in maniera incontrollata abusando di questi strumenti senza disporre delle professionalità adeguate alla complessità di operazioni finanziarie così sofisticate. In questa situazione di forte instabilità del sistema bancario si rendono sempre più necessarie ed urgenti norme efficaci per reprimere la cattiva gestione di amministratori e dirigenti. Infatti da quando sul finire degli anni 80, la Cassazione escluse che l’attività bancaria fosse da considerare un pubblico servizio, non esistono norme efficaci per reprimere le condotte di “mala gestio” di amministratori e funzionari bancari. Eppure le recenti norme relative al bail-in o la riforma dei mutui, la prima facendo dei clienti dei soci anomali che partecipano alla ricapitalizzazione per perdite senza avvantaggiarsi degli utili e la seconda privilegiando le banche rispetto ai normali creditori, rendono urgente e necessario intervenire sulla responsabilità degli Istituti di Credito. Si avverte sempre più la necessità di un rafforzamento delle regole e dei controlli e dell’introduzione di sanzioni semplici e di facile applicabilità che abbiano una sufficiente portata deterrente. Prendiamo il caso dei crediti deteriorati, di cui abbiamo parlato sopra, e che pesano in maniera enorme sulle banche, anche quelle che non sono piccole. Le cause di questi crediti deteriorati sono spesso legate a concessioni creditizie su base relazionale o ambientale. Ebbene anche in presenza di ipotesi dolose gravi, non c’è reazione penale. Indipendentemente dalla non facile applicabilità

dei reati di appropriazione indebita e di infedeltà patrimoniale, l’unica effettiva sanzione è confinata alle ipotesi di bancarotta fraudolenta che però arrivano a distanza di anni quando l’effetto lesivo è già compiuto. La sovrapposizione di differenti Autorità di controllo, Bankitalia e Consob alle quali si andrà ad aggiungere la BCE, ha avuto un effetto negativo causando una sostanziale inefficienza. Inoltre, non sempre una strategia basata su un approccio prudente è efficiente, soprattutto quando vengono rilevati fatti-reato che in prospettiva potrebbero tradursi in gravissime fattispecie come i reati di ”Market abuse” o bancarotta. Pur considerando l’estrema delicatezza di prevedere un sistema di controlli sulla concessione e sulla erogazione di credito che andrebbe a ledere la libertà d’impresa delle banche, la valenza costituzionale della tutela del risparmio, autorizza, comunque, l’eventuale impiego di sanzioni penali per inosservanze gravi. L’assenza di presidi penali meritevoli di questo nome hanno sin qui permesso il proliferare del fenomeno della corruzione fra privati che è sufficientemente diffuso nell’area bancaria.

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SPECIALE BANCHE&CREDITO

LA CRISI DEL CREDITO: GLI EFFETTI SULL’ECONOMIA REALE E COME USCIRNE di Flavio Guidi Management Academy Sida Group

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l sistema del credito sta attraversando un pesante momento di crisi, che può sfociare in una situazione di squilibrio tra il risparmio e l’impiego quando a fare la raccolta interviene la banca. La banca, a meno di interventi di sostegno pubblico/ Stato (quindi cittadini/tasse) potrebbe perdere il suo ruolo di intermediazione, sia per ciò che riguarda la raccolta che l’impiego. In presenza di una crisi si assiste a fenomeni di ricerca di maggiore competitività da realizzarsi attraverso integrazioni, riposizionamento del business, ristrutturazioni e ridimensionamenti, con orientamento sempre più spinto alla specializzazione, sia nella raccolta che nell’impiego e all’attività dei potenziamento dei servizi. L’impiego dovrà orientarsi in una sempre più attenta esigenza del consumatore, con una targhettizzazione del mercato più spinta. Il mercato reale non potrà più agire per le coperture finanziarie in modo indifferenziato verso qualsiasi banca, ma dovrà sempre più assicurare la ricerca delle coperture verso quelle

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fonti e quegli strumenti più coerenti con la natura degli impieghi. L’economia reale dovrà farsi più adulta ricorrendo, oltre che alla finanza tradizionale, anche a quella alternativa. In Europa, negli USA, in Cina il rapporto tra credito tradizionale e credito alternativo è del 50-50, in Italia 80-20. Il ricorso ai mercati di capitali si dovrà prendere fortemente in considerazione, nonché il ricorso a fonti di finanziamento di medio termine, quali i bond o altri strumenti. Un grosso ruolo a contenimento della crisi del sistema del credito dovrà svolgerlo direttamente lo Stato, mettendo a disposizione agevolazioni e garanzie, oltre che potenziando i nuovi strumenti finanziari di cui dispone (Sace, cassa depositi e prestiti, Simest, etc…). Le aziende che non hanno ancora superato la situazione di crisi, o che sono in fase di ripresa, troveranno ulteriore difficoltà: da qui la necessità di volgere velocemente verso una gestione finanziaria più evoluta, che è la finanza alternativa o innovativa. La partecipazione del sistema creditizio tradizionale al superamento del-

la crisi si annullerà se non diventerà un freno. La crisi bancaria potrebbe essere l’occasione perché il credito ritrovi la sua funzione, riducendo il ruolo di potere che a tutt’oggi l’ha contraddistinto, orientandosi sempre di più verso il consumatore e verso l’efficienza, contenendo sempre più la difettosità di governance e di lobby che lo caratterizza. E’ auspicabile che il sistema finanziario contenga quanto più possibile l’attività speculativa finanziaria, origine della sua crisi. Il sistema reale si deve sempre più orientare su strategie di investimento, tra cui le infrastrutturali, con coperture finanziarie di project financing di lungo e lunghissimo periodo, dove il principio di economicità dovrà fare da guida e da padrone. Il mondo reale dovrà dare sempre più conto alla funzione strategica. In questo processo di forte cambiamento la politica dovrà essere dotata di competenza, affinché dalla volatilità che contraddistingue l’intero sistema si possa trarre un miglioramento.


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L’INTEGRAZIONE DELLE BCC, EFFETTI SULL’ECONOMIA LOCALE E REALE di Alessandro Scarlato Management Academy Sida Group - Area Credito

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iamo alla vigilia di una trasformazione nel mondo del credito cooperativo. Il decreto sulle BCC prevede, nella formulazione più probabile, che queste aderiscano ad un gruppo con a capo una società per azioni con un capitale di almeno un miliardo di euro. Il negoziato politico rischia di essere ancora lungo ma la situazione attuale, in un modo o nell’altro, è destinata a mutare.

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La logica, all’evidenza, è quella di mantenere il modello di banca cooperativa ma all’interno di un sistema solido e forte. Al fine di comprendere meglio le motivazioni e le prospettive alla base di questo cambiamento, è utile scorrere la relazione del febbraio 2015 di Carmelo Barbagallo, Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia nella quale vengono illustrate le difficoltà par-

ticolarmente avvertite dalle piccole banche a causa del prolungarsi della crisi, ed il necessario avvio di un percorso di riforma alla luce, anche, delle innovazioni nell’assetto normativo e istituzionale della vigilanza bancaria. Al di là dei dati statistici e del consueto stile garbato, la relazione evidenzia limiti ed inefficienze del sistema del credito cooperativo indicando, tra l’altro, nel rapporto con il territorio uno dei fattori determinanti della cri-


SPECIALE BANCHE&CREDITO si dei piccoli istituti laddove lo stretto rapporto di conoscenza, anziché migliorare la valutazione del merito creditizio, ha compromesso talvolta l’imparzialità delle decisioni di concessione del credito. Secondo Bankitalia le BCC, al di là degli effetti congiunturali, manifestano debolezze strutturali, e si trovano a dover fronteggiare urgentemente diverse criticità: • deterioramento del credito e necessità di maggiore copertura del rischio • sensibile contrazione della redditività e difficoltà, insite nel modello cooperativo, qualora si presenti la necessità di una rapida ricapitalizzazione • urgenti esigenze di ammodernamento, sul piano strategico e gestionale, del modello di servizio e, conseguentemente, di adeguamento delle professionalità. Oggi il modello della banca piccola non è più di moda ma, al di là della ciclicità con la quale vengono proposti o riproposti vecchi e nuovi modelli, occorre prendere atto che la semplice gestione della raccolta e degli impieghi non funziona più. Ci sono piccole realtà locali che mostrano ancora numeri interessanti ma, a ben vedere, hanno sviluppato specifiche competenze sia nel corporate che nel private banking. Il nodo della questione non è quello delle maggiori o minori dimensioni della banca ma quello della capacità di addetti e amministratori di valutare il mercato, analizzare i fabbisogni di un’impresa, qualunque sia la dimensione di questa, fornire assistenza in settori specialistici quali quelli dell’innovazione, dell’internazionalizzazione e della ristrutturazione d’impresa. Oggi, gran parte di queste tematiche sono appannaggio

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dei grandi istituti di credito e, quindi, per sopravvivere e prosperare il credito cooperativo dovrà investire parecchio sulla crescita delle opportunità di business, sulla formazione degli addetti e, perché no, su quella degli amministratori. E’ necessario acquisire ampie competenze specifiche con un percorso formativo che preveda verifiche sia sull’apprendimento che sull’applicazione di quanto appreso. La formazione degli addetti dovrà avere particolare riguardo agli aspetti tecnici ma anche all’approccio metodologico alla gestione delle relazioni. L’obbiettivo dovrà essere quello di dare forza al rapporto di vicinanza con il territorio evitando le relazioni pericolose di contiguità evidenziate nella relazione della Vigilanza citata in apertura. Ben venga quindi l’aggregazione delle BCC se questo significherà ritorno all’erogazione del credito altrimenti impossibile nelle condizioni attuali, con l’enorme peso delle partite deteriorate sui coefficienti patrimoniali

insufficienti e destinati a peggiorare con l’urgenza di adeguare gli accantonamenti prudenziali alla normativa in atto. Occorre quindi una massa critica sufficiente a supportare quell’azione di sostegno all’economia che anche la BCE, specie con gli ultimi interventi, ha indicato al sistema bancario come ormai improcrastinabile. Le Banche di Credito Cooperativo torneranno a svolgere l’indispensabile azione di aiuto alle piccole e medie imprese del proprio territorio di competenza e l’ombrello del “gruppo” fornirà la sicurezza necessaria ad una piena operatività. Ma sarebbe un errore non comprendere che questa è anche l’occasione per valutare nuovi modelli di business e preparare adeguatamente gli addetti a gestire vecchie e nuove necessità del mercato. Il rischio è quello che altri colmino il vuoto restringendo ancora di più le possibilità di sopravvivenza delle BCC.

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SPECIALE BANCHE&CREDITO

LA FINANZA ALTERNATIVA PER L’IMPRESA Sala gremita al Seeport Hotel per il secondo convegno sulla finanzia alternativa. Il dibattito ha trattato il quadro marchigiano e italiano delle PMI e del loro livello di sottocapitalizzazione e sbilanciamento nel ricorso al credito.

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opo il successo di Ottobre scorso, il 7 Aprile si è tenuto ad Ancona, il 2° Convegno sulla Finanza Alternativa e Innovativa, promosso da Sida Group, premium partner di Borsa Italiana, gruppo Londo Stock Exchange. Presenti i più importanti attori della finanza Italiana e mondiale, che si sono succeduti con tematiche innovative e di alto profilo, che di seguito la redazione di Mondo Lavoro ha voluto riportare nei tratti piu’ salienti. Un convegno che si è articolato su temi strettamente interconnessi tra di loro, partendo dal quadro marchigiano e italiano delle PMI e del loro livello di sottocapitalizzazione e sbilanciamento nel ricorso al credito -abilmente delineato da Flavio Guidi (Sida Group)- procedendo con un quadro tecnico fornitoci da Antonio Boccia (Baldi Finance) sulle attuali possibilità di crescita aziendale attraverso la quotazione sul mercato borsistico dedicato vd. ”AIM Italia”, cui

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ha fatto eco l’intervento di Vittorio Benedetti (Borsa Italiana) sulla prospettiva di un percorso virtuoso di attrazione dei capitali vd. “Percorso Elite”, e miglioramento della managerialità di impresa, con l’obiettivo della quotazione a portata di molte delle PMI del territorio. Il convegno ha poi preso un respiro internazionale con i due relatori Mauro Pietrangeli (Simest SpA), e Federico Bressan (Sace SpA), che hanno delineato, in sinergia, un quadro esaustivo da un lato degli strumenti di finanza non bancaria a sostegno delle imprese che guardano o presidiano già stabilmente l’estero e dall’altro di quel sistema di garanzie e assicurazioni sul credito e forme tecniche innovative di smobilizzo crediti esteri che costituiscono la condicio sine qua non per l’idonea strutturazione del business oltre confine. Flavio Guidi- Sida Group Le PMI marchigiane ed Italiane sof-

frono di una struttura finanziaria legata ad un approccio “banco centrico”, con un rapporto di composizione delle fonti di approvvigionamento tra finanza alternativa e finanza tradizionale (banche) altamente sbilanciato (20%-80%), differente è la condizione delle PMI Europee con una strutturazione media del 50%-50%. La finanza alternativa ed innovativa è uno strumento usato per dare risposta ai fabbisogni finanziari delle aziende. Essa richiede una nuova conoscenza ed un nuovo comportamento da parte dell’impresa nella gestione della dimensione finanziaria aziendale. Ciò presuppone diversi aspetti su cui focalizzare l’attenzione: • Un approccio al problema finanziario (strategico) di medio periodo; • Attenzione, cura e trasparenza nei piani aziendali da presentare; • Ricerca di fonti e strumenti più adatti alla tipologia dei fabbisogni; • Mettere al centro del progetto finanziario la capitalizzazione.


SPECIALE BANCHE&CREDITO Questa nuova visione della finanza, a differenza del sistema bancario tradizionale, permette all’azienda di aumentare la propria forza contrattuale rispetto al mercato del credito; va in aiuto all’insufficiente capacità di autofinanziamento dovuto a bassi utili lordi, elevata pressione fiscale, elevata incidenza degli oneri finanziari; permette di dare seguito ai processi di sviluppo organizzativo di managerializzazione aziendale, di cambiamento e potenziamento della funzione strategica aziendale; va in aiuto all’azienda qualora si debba pianificare ed organizzare un processo di passaggio generazionale. Nonostante i numeri sopra citati, nel nostro Paese il settore si sta sempre più sviluppando e le imprese, spesso poco informate e poco preparate, stanno prendendo coscienza di queste nuove opportunità ed iniziano a tradurle in pratica; di conseguenza il settore dei servizi avanzati si sta sviluppando ed è sempre più capace di informare ed essere di sostegno nei processi di ricorso a queste fonti alternative di approvvigionamento finanziario. In questo ambito entra in campo il sostegno di SIDA GROUP che risulta essere: • Un’opportunità di lavoro che valorizza il core business strategico aziendale; • Un progetto di attività innovativa; • Un’opportunità di sviluppo organizzativo; • Una funzione positiva/ attiva a livello nazionale ed in particolare marchigiano sul processo di ausilio alla crescita; • Dispone di risorse professionali dedicate, preparate per la fornitura di questo servizio.

Antonio Boccia- Baldi Finance SpA Per crescere, rimanere competitivi e continuare ad acquisire quote di mercato è necessario affrontare momenti di discontinuità aziendale. Diversamente, si rischia di perdere il proprio vantaggio competitivo. Una transizione necessaria, dapprima culturale e poi aziendale che vede la PMI ricorrere a prospettive fino ad oggi neppure valutate, ma che invece sono alla portata di molte realtà. Borsa Italiana con AIM ITALIA (Mercato Alternativo del Capitale) offre alle PMI la possibilità di accedere in modo efficiente ad una platea selezionata di investitori, focalizzati sulle small caps - piccole realtà con basso patrimonio- attraverso un approccio regolamentato ed equilibrato tra le esigenze delle imprese e degli investitori. Per un’azienda che si avvicina al mercato dei capitali è necessario dedicare la massima attenzione al proprio sistema di pianificazione e alla struttura del piano industriale. Affacciarsi al mercato AIM ITALIA permette alle aziende di Reperire fonti finanziarie per sviluppare il Business; aumentare la visibilità e credibilità a livello internazionale; investire in nuovi impianti, in R&D di nuovi prodotti, servizi o processi; internazionalizzare ed estendere la rete commerciale; diversificare le fonti di finanziamento; Consente di rispondere alla domanda annosa degli imprenditori: quanto vale veramente la mia azienda? consente quindi ai soci di delineare un exit strategy laddove vogliano cedere le loro quote; alimenta nuove alleanze; introduce piani di incentivazione del management ed attrae personale altamente qualificato. I vantaggi di AIM ITALIA sono molteplici:

• Semplicità di accesso: l’azienda non deve esistere da anni e può essere una impresa giovane, nessuna capitalizzazione minima, nessuna Corporate Governance richiesta, • Poca burocrazia: mercato regolamentato da Borsa Italiana, no Prospetto Informativo, no istruttoria di Consob, no resoconti trimestrali. È il Nomad (Nominated Adviser), ovvero il consulente di riferimento dell’operazione,che si incarica di effettuare la Due Diligence garantendo la bontà del progetto. In AIM ITALIA d’altra parte, oltre al Nomad , responsabile nei confronti di Borsa Italiana della verifica dell’appropriatezza dell’emittente per l’ammissione sull’ AIM ITALIA e di assistere e guidare l’emittente individuiamo diversi altri attori: Financial Advisor: si occupa dell’assistenza nella scelta della banca d’affari, del coordinamento dell’operazione e dei rapporti con gli altri soggetti coinvolti, del supporto per definire la struttura d’offerta, del supporto per la redazione del prospetto/documento di ammissione. Advisor legale: spetta a tale soggetto la Due Diligence, la redazione del documento di ammissione e la consulenza sul Corporate Governance. Società di revisione: essa svolge un’attività di certificazione del bilancio, supporto alla realizzazione del business plan, verifica l’attendibilità dei dati presenti sul prospetto/documento di ammissione e supporta la verifica del sistema di controllo di gestione. Global coordinator: si tratta di un intermediario che partecipa ai mercati di borsa italiana con il compito di collocare i titoli della società sul mercato, dopo aver definito con quest’ultima la tipologia di investitori target, il

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SPECIALE BANCHE&CREDITO prezzo più adeguato e la strategia di investor relations da adottare. Svolge peraltro un ruolo di coordinamento di tutta l’operazione in collaborazione con il Nomad. Specialist: tale soggetto svolge la funzione di liquidity provider, dovendo da un lato sostenere la liquidità del titolo e dall’altro esporre in modo continuativo sul mercato le proposte di acquisto o di vendita. Il ruolo di specialist, global coordinator e Nomad, può essere svolto dallo stesso soggetto qualora sia in possesso di determinati requisiti. Vittorio Benedetti - Borsa Italiana Il focus dell’intervento si è orientato ad ELITE , una piattaforma internazionale di servizi integrati, nata dalla collaborazione tra Borsa Italiana e le più importanti istituzioni ed organizzazioni italiane, creata per supportare le imprese nella realizzazione dei loro processi di CRESCITA.

Tale piattaforma ha diversi vantaggi: • Supporto/stimolo ai cambiamenti culturali, organizzativi e manageriali necessari per crescere nel medio periodo; • Visibilità nei confronti della comunità imprenditoriale e finanziaria sia domestica che internazionale; • Avvicinamento graduale al mercato dei capitali; • Supporto nei processi di internazionalizzazione. Inoltre le società ELITE hanno ac-

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cesso a tutte le opportunità di fund raising disponibili a livello locale ed internazionale. ELITE è un ponte per il mercato dei capitali e supporta le aziende nell’accesso alle fonti di finanziamento.

casione del momento di ingresso nel Programma ELITE e di comunicazione dei propri risultati. Un passaggio necessario, innovativo e discriminante per il cambiamento e rilancio delle imprese italiane.

Per poter entrare a far parte di ELITE bisogna seguire 3 fasi:

GET READY

GET FIT

GET VALUE

Accesso alla comunity internazionale tramite la piattaforma ELITE FASE 1 La società inizia un percorso di training per allineare l’organizzazione agli obbiettivi di sviluppo e cambiamento

FASE 2 L’azienda implementa tutti i cambiamenti necessari a sviluppare al meglio il proprio progetto di crescita

Una società ELITE è più trasparente, più efficiente, più visibile e più attraente per i potenziali investitori, garantendo opportunità di business e networking uniche con: • private equity e investitori istituzionali • sistema bancario • imprenditori e management di gruppi quotati • rete di professionisti di Borsa Italiana al servizio dell’impresa oltre a condividere sulla piattaforma web di ELITE, la massima visibilità nei confronti dei target di interesse più strategici per la vostra impresa. Le società ELITE saranno inoltre visibili anche sulle principali testate giornalistiche nazionali e locali in oc-

FASE 3 La società ha un successo a un ventaglio di opportunità di business, networking e funding

Mauro Pietrangeli - Simest SpA l’intervento proposto in questo slot del convegno, ha voluto affrontare il tema dell’internazionalizzazione, presentando uno degli attori istituzionali più importanti d’Italia; SIMEST , la società italiana per le imprese all’estero, è una società per azioni controllata per il 76% da Cassa Depositi e Prestiti e partecipata dalle principali banche italiane. Il suo compito è quello di sostenere lo sviluppo delle imprese italiane impegnate a realizzare progetti di internazionalizzazione attraverso: • Partecipazione al capitale della società; • Gestione degli strumenti pubblici per l’internazionalizzazione;


SPECIALE BANCHE&CREDITO • Advisory – individuazione investimenti ed assistenza economico – finanziaria. SIMEST, per fare ciò, affianca l’impresa italiana in tutte le fasi di sviluppo attraverso attività e strumenti di supporto.

degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring. I prodotti offerti da SACE mettono a disposizione delle imprese soluzioni per la gestione integrale dei rischi commerciali e politici. Essi sono:

ESIGENZE DELL’IMPRESA

STRUMENTI SIMEST

Fattibilità economico/finanziaria del progetto

Finanziamento agevolato studio di fattibilità in paesi extra EU

Esportazione beni strumentali

Contributo agli interessi su finanziamenti concessi da banche italiane o straniere

Inserimento sui mercati esteri (extra EU)

Finanziamento agevolato per assicurare la presenza stabile nei mercati di riferimento

Consolidamento finanziario delle PMI esportatrici

Finanziamento agevolato per la patrimonializzazione delle PMI

Partecipazione a fiere/mostre delle PMI

Finanziamento agevolato per la prima partecipazione a fiere e mostre sui mercati extra EU

Sviluppo società estera in paesi extra EU per la realizzazione di nuove attività

Partecipazione SIMEST al capitale sociale; Partecipazione del Fondo Venture Capital; Agevolazioni per quota azienda italiana; Assistenza al funding; Eventuale Export Credit su impianti italiani.

Sviluppo società in Italia e nelle controllate EU per investimenti finalizzati alla realizzazione di nuove attività all’estero

Federico Bressan - SACE SpA l’intervento conclusivo del convegno ha ampliato ed integrato le possibilità concesse alle PMI in termini di sicurezza sui mercati internazionali, focalizzando l’indagine sul sistema di garanzie e gli strumenti a sostegno della crescita offerti da SACE Spa; SACE è una società del gruppo Cdp attiva nell’ export credit, nell’assicurazione del credito, nella protezione

Partecipazione SIMET al capitale sociale

Credito all’esportazione e project finance: grazie alle garanzie e coperture assicurative rilasciate da SACE è possibile abbinare un pacchetto finanziario – dilazione commerciale – alla vendita di beni strumentali e servizi a controparti estere. L’acquirente a fronte di un piccolo anticipo, pari al 15%, può accedere a linee di credito a tassi competitivi con dilazioni di pagamento a breve, medio e lungo ter-

mine; mentre il venditore ha la possibilità di incassare subito il compenso contrattuale neutralizzando il rischio di credito. Protezione degli investimenti all’estero: SACE offre una copertura assicurativa del valore dell’investimento contro la perdita o il mancato rimpatrio del capitale investito a causa di rischi di natura politica. In questo modo l’impresa avrà la possibilità di espandersi all’estero in paesi ad alto potenziale ma non privi di rischio politico e normativo, avrà una flessibilità della copertura potendo selezionare i singoli rischi assicurabili, migliorare i termini di finanziamento grazie alla cessione dei diritti di polizza alla banca finanziatrice. Garanzie finanziarie per l’internazionalizzazione: si rivolge alle aziende italiane, incluse loro controllate estere, che necessitano di finanziare il capitale circolante per commesse estere, o progetti di internazionalizzazione. La copertura della garanzie, pari ad un massimo del 70%, si estende al finanziamento o linea di credito concessi all’azienda italiana. I vantaggi in questa operazione sono sia per la banca, in quanto vi è la condivisione del rischio con SACE, la possibilità di ampliare importi concessi e durate senza indicazione della linea con altre banche, sia per l’impresa, in quanto vi è un incremento delle linee di fido disponibili ed un accesso più agevole ai finanziamenti. Assicurazione del credito: in questo caso la copertura può essere globale o parziale. Avremo il primo caso nel caso in cui l’assicurazione copre l’intero fatturato o suoi segmenti omogenei verso acquirenti italiani ed esteri; avremo il secondo caso qualora l’assicurazione copra il fatturato relativo a

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SPECIALE BANCHE&CREDITO DATI SULL’ATTIVITÀ DI SIMEST (dicembre 2015)

Partecipazioni in società estere

Partecipazioni SIMEST

771

Fondo di Venture Capital

301

Paesi

66

Investimenti Totali

22.239 €/ML

Interventi approvati Strumenti supporto agevolato

6.647

Importo

66.388 €/ML Numero

Importo €/ML

2.168

2.190

export credit

2.101

60.607

investimenti all’estero

1.093

3.161

patrimonializzazione PMI esportatrici

657

297

studi di (pre)fattibilità e assistenza tecnica

612

132

partecipazione PMI a fiere/mostre

16

0,6

Programmi di inserimento sui mercati esteri

SIMEST E LE MARCHE SETTORI Elettromecc./Mecc. Tessile/Abbigl. Legno/Arredamento Elettr./Inform. Agroalimentare Edilizia/Costruzioni Turistico/Alberghiero

Partecipazioni in società estere

Progetti partecipati

25

capitale SIMEST investito

28 Mio EUR

Totale investimenti (dicembre 2015)

616 Mio EUR

Fondo di Venture Capital

Agevolazioni

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11 progetti acquisiti

220 iniziative approvate per 489 Mio EUR

PAESI Cina Russia Romania USA Bulgaria Brasile Argentina Polonia Croazia Turchia Albania Tunisia

92 programmi di inserimento sui mercati esteri 39 patrimonializzazione PMI 38 export credit 35 agev. invest. esteri 16 studi di fattibilità e assistenza tecnica


SPECIALE BANCHE&CREDITO transazioni ripetute verso un gruppo selezionato di clienti esteri. I vantaggi per l’impresa assicurata sono il miglioramento della gestione complessiva dei crediti, valutazione preventiva della solvibilità della clientela e gestione attiva dei rischi. Cauzioni e rischi della costruzione: le cauzioni sono garanzie richieste contrattualmente (bid bond, performance bond, advance payment bond, etc.) o per obblighi di legge (tax bond, custom bond, etc.), nell’ambito di operazioni in Italia e all’estero. Quando ci si riferisce ai rischi della costruzione si prende in considerazione l’assicurazione dei rischi della costruzione di impianti e opere civili, ai fini della realizzazione di opere civili, industriali, infrastrutturali in Italia e all’estero sia per appalti pubblici che privati. I vantaggi per l’impresa assicurata si possono identificare nel miglioramento della gestione finanziaria e nel mantenimento della capacità disponibile presso il sistema bancario.

Factoring: si suddivide in due categorie. Il factoring tradizionale che consiste nello smobilizzo dei crediti vantati dall’impresa verso uno o più debitori attraverso i tradizionali prodotti di factoring (pro soluto, pro solvendo e maturity) e il Reverse Factoring che consta in un sistema di pagamento garantito che, tramite uno schema contrattuale trilaterale tra SACE, ente della P.A. debitore e impresa fornitrice, prevede lo sconto delle fatture a scadenza, previa certificazione del credito da parte dell’ente. Attuando il factoring, l’azienda ha la certezza dei tempi di incasso ed efficienza amministrativa, maggiore capacità di offerta, minori costi finanziari e riduzione del contenzioso con la Pubblica Amministrazione. Oltre a questi prodotti, SACE offre dei servizi aggiuntivi quali: SERVIZI DI CONSULENZA E FORMAZIONE SACE offre servizi di consulenza ed assistenza rivolti alle imprese che intendono cogliere opportunità di

crescita e realizzare nuove iniziative industriali all’estero. Inoltre offre programmi di formazione per gli operatori internazionali coinvolti nel processo d’internazionalizzazione. SERVIZI INFORMATIVI SACE offre la possibilità di ottenere rapidamente i principali indicatori macroeconomici ed informazioni specifiche sui 189 paesi coperti, in merito ai rischi ed alle opportunità per l’Export Italiano, anche per singoli settori. In conclusione il 2° convegno sulla finanza Alternativa e Innovativa ha voluto aprire un nuovo fronte di provvista del credito e di sostegno allo sviluppo industriale e commerciale, che passa da una consapevolezza ed emancipazione culturale rispetto a strumenti a disposizione che non posso più essere ignorati, ma promossi ed utilizzati.

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SULLE SPALLE DI “ATLANTE” IL PESO DELLA BANCHE ITALIANE di Alessandro Scarlato Management Academy Sida Group - Area Credito

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bbiamo voluto scomodare la mitologia greca che narra del Titano Atlante, condannato da Giove a reggere sulle proprie spalle la volta celeste. E proprio sul moderno Atlante, questa volta sotto forma di fondo, dovrebbe poggiare la soluzione ai gravi problemi che pesano sul sistema bancario italiano, una soluzione che sembra, al momento, possa ricevere il placet delle autorità finanziarie europee e dribblare, così, le consuete contestazioni sui presunti aiuti di stato che Bruxelles ama sollevare, specialmente nei confronti dell’Italia. Vediamo, innanzitutto, chi sono gli attori che danno vita ad Atlante e con quali obbiettivi. Si tratta di un fondo di investimento gestito dalla Quaestio Sgr al quale parteciperanno le banche, non tutte ma sicuramente le maggiori, la Cassa Depositi e Prestiti, le assicurazioni, alcune Fondazioni Bancarie e altri investitori privati. La missione principale di Atlante sarà quella di sorreggere il sistema bancario italiano nelle operazioni, cospicue e improcrastinabili, di aumento del capitale intervenendo nella sottoscrizione dell’inoptato la cui quota, considerata l’entità delle operazioni necessarie a riportare i coefficienti

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patrimoniali a livelli accettabili, e l’attuale diffusa disaffezione del pubblico nei confronti delle banche, potrebbe essere davvero rilevante. Inoltre, Atlante sarà il veicolo per il collocamento degli npl (non performing loans) che le banche vorrebbero cedere per liberare risorse da dedicare, finalmente, all’erogazione di nuovo credito. Questo aspetto appare molto interessante ove si consideri che Atlante dovrebbe agevolare la cessione delle “sofferenze” a prezzi molto più elevati rispetto a quel 18 percento sul valore di libro che qualche società specializzata nel recupero crediti si attendeva in dono dalle banche italiane. E su questo, e su certe maxi-svalutazioni dei crediti, prima o poi qualcuno dovrebbe farci un pensierino. Ma ora concentriamoci sul Fondo Atlante che, sicuramente, costituirà un importante precedente per l’individuazione di un metodo con il quale affrontare il nodo delle enormi sofferenze che affliggono il sistema bancario europeo. Dopo i fatti italiani, con il bail-in anticipato di Etruria, Banca Marche, Ferrara e Chieti, il corredo di inchieste giornalistiche, polemiche e proteste ha reso la vita più difficile anche a quei Paesi europei che, forse, erano riusciti in qualche

modo ad intervenire pesantemente nel salvataggio delle loro banche, afflitte dai medesimo problemi degli istituti di credito italiani, schivando abilmente le ferree regole applicate poi in casa nostra. La via tracciata ora dalle autorità finanziarie italiane ha ricevuto, non a caso, la benedizione del Fondo Monetario Internazionale e non sembra esistano ostacoli all’omologazione della procedura, fatte salve le prevedibili polemiche che verranno suscitate quando si saprà esattamente chi ci sarà nel fondo, quale sarà la way out prevista, quale sarà la remunerazione dei soci sottoscrittori, tanto per citare alcuni dettagli che sicuramente verranno via via chiariti. Adesso bisogna far presto. All’orizzonte incombono i disastri delle banche venete e del Montepaschi. La necessità e l’urgenza degli interventi non lasciano spazio se non per gli opportuni affinamenti dello strumento individuato. L’hanno capito tutti, banche, Governi, autorità finanziarie europee, E anche le Borse: il rischio di una frattura insanabile tra risparmiatori e banche deve essere disinnescato ora. E’ vero, forse ci potevano essere soluzioni diverse. Ma tempo non ce n’è.


- PODOLOGIA

Via Trieste n° 21 - Ancona Tel. 071 34230 www.medicalpole.it info@medicalpole.it


TAKE THE CHALLENGE:

The HIVE e AIESEC insieme per sviluppare l’imprenditorialita’ giovanile Nasce il progetto rivolto agli studenti universitari e neolaureati al fine di sviluppare idee imprenditoriali legate ai “Global Goals”. di Francesca Formichini

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he Hive e Aiesec insieme per sviluppare l’imprenditorialità giovanile. Nasce take The Challenge, un’iniziativa che si è sviluppata nel mese di aprile attraverso cinque appuntamenti, di cui quattro workshop. Il progetto, rivolto agli studenti universitari e neolaureati, pone l’obiettivo di sviluppare idee imprenditoriali legate ai cosiddetti Global Goals, ovvero i 17 obiettivi individuati dalle Nazioni Unite per raggiungere tre traguardi fondamentali entro il 2030. L’accordo stretto tra The Hive e Aiesec ha, dunque, un fine molto ambizioso, ma non irraggiungibile. The Hive è l’incubatore di impresa certificato dal ministero dello Sviluppo Economico e riconosciuto da Ubi Global come uno dei 10 migliori incubatori al mondo affiliati alle Università. E mira a promuovere lo sviluppo economico e la creazione di lavoro integrando talenti, tecnologie, know-how e capitali all’interno di una rete. Mentre Aiesec è il più grande network internazionale di studenti universitari e neolaureati presente anche su territorio marchigiano presso la facoltà di Economia di

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Ancona. Grazie a questa joint venture, nei quattro workshop che si sono svolti tra l’11 e il 21 aprile, ai giovani studenti sono state fornite indicazioni su come strutturare il Business Model Canvas, primo step fondamentale per definire il modello di business del progetto imprenditoriale. Inoltre i partecipanti, raggruppati in 10 gruppi, hanno presentato le proprie idee di business attraverso un pitch, che è stato poi valutato da una giuria tecnica composta da esperti del settore. Il primo workshop (11 aprile alla Facoltà di Economia) ha avuto come tema principale “Catch your team”, ovvero la formazione dei team di lavoro per dare inizio al business game. Il 14 aprile, nuovamente alla Facoltà di Economia di Ancona, è andato in scena il secondo workshop dal titolo “Set your goals”. Il terzo appuntamento si è tenuto il 18 aprile alla Mole Vanvitelliana di Ancona: “Show your ideas”, ovvero i team di studenti hanno presentato le rispettive proposte di business. Ed infine l’ultimo workshop, quello del 21 aprile, ha dato vita alla “Pitch battle”: presentazione delle idee ad un pubblico ampio, con

gaming di investimento e premiazioni finali. “Il nostro sogno è quello di far diventare le Marche un luogo ideale dove far nascere modelli di business e start up – ha dichiarato Giorgio Guidi, Ad di The Hive – la nostra missione è, in primis, quella di diffondere al meglio la cultura imprenditoriale”. “Non è vero che imprenditori si nasce – ha spiegato, poi, Floriano Bonfigli di The Hive – si può imparare a fare impresa, e noi abbiamo il compito di trasmettere i migliori modelli”. Mentre dal punto di vista del mondo universitario: “la finalità di un evento come “Take The Challenge” è sicuramente quella di proporre un momento in cui i ragazzi possano mettersi in gioco per sviluppare le loro idee – ha spiegato Giulia Straccialini, presidente di Aiesec Ancona – inoltre vogliamo promuovere quella che è la collaborazione con le start up, ambiente competitivo e stimolante per antonomasia, attraverso i nostri programmi Global Entrepreneur, che appunto offrono la possibilità di collaborare con start up nei 127 paesi in cui siamo presenti”.


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LA RISORSA UMANA CENTRALE NELLA CONSERVAZIONE E CRESCITA AZIENDALE di Andrea Leonelli Management Academy Sida Group - Area Risorse Umane

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n uno scenario competitivo sempre più complesso, le aziende che vogliono vincere e crescere devono anteporre ad altri aspetti di gestione lo sviluppo costante e coerente del capitale umano, da sempre unica vera leva nella politica di gestione aziendale.

A CURA DI

Come un sistema biologico complesso, che deve adattarsi agli ambienti in cui si trova per tutelarsi e crescere, anche l’azienda ha bisogno di modulare la propria struttura organizzativa, con tutte le risorse all’interno, al fine di cogliere le variazioni del contesto e sapersi comportare di

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HUMANRESOURCES conseguenza. A dimostrazione di questo, nuove teorie e nuovi modelli organizzativi stanno prendendo piede nelle più svariate parti del mondo, per fornire gli adattamenti ai cambiamenti del mercato dei quali l’organismo azienda ha bisogno per adattarsi all’ambiente circostante. Nell’adattamento organizzativo, così come il corpo umano valorizza quelli enzimi e quelle proteine che lo autoimmunizzano o lo rendono più forte nei momenti di difficoltà, così anche una moderna azienda deve valorizzare, modellare ed utilizzare il capitale umano.

Le azioni volte allo sviluppo del Capitale Umano devono stimolare soprattutto la flessibilità mentale dei lavoratori Quando si parla di capitale umano però, non si può non tenere adeguatamente conto degli aspetti psicologici degli individui ed è qui che nasce la differenza tra aziende che credono nel potenziale degli individui, e che sono in grado di canalizzare comportamenti, idee e intuizioni nel corpo organizzativo, da quelle per le quali invece sembra sufficiente fermarsi ad un approccio di primo livello, senza coinvolgere le risorse umane a livello strategico e senza soprattutto approfondire la conoscenza di attitudini e abilità. Questa superficialità rende impossibile o estremamente difficile lo sviluppo delle risorse e dell’intera azienda. Le azioni volte allo sviluppo del Capitale Umano devono stimolare soprattutto la flessibilità mentale dei lavoratori. Un dipendente abituato ad operare in modo automatico difficilmente sarà funzionale nel momento in cui un’azienda ha bisogno di rimodulare la struttura organizzativa o introdurre innovazione. La creatività, il pensiero laterale, il pensiero critico devono essere stimolati continuamente per mantenere la cosiddetta elasticità mentale. A livello organizzativo, esattamente come per gli individui, l’elasticità organizzativa diventa fattore critico di successo e in molti casi, addirittura leva chiave per vincere la sfida competitiva. Prendiamo ad esempio la funzione

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commerciale, vitale per ogni attività economica. In relazione al proprio business ogni azienda dovrebbe modulare la struttura, in questo caso commerciale, e renderla flessibile alle svariate e continue fluttuazioni del mercato. Ad esempio molto popolare ed anche molto utile, in particolare se riferito ad alcuni modelli di business, la struttura organizzativa a matrice all’interno della quale vengono azzerare le gerarchie funzionali tradizionali ed il tutto viene costruito e modellato sulle necessità interfunzionali ed operative di cui l’azienda ha bisogno in quel particolare momento critico. Questa struttura garantisce enormi vantaggi. Si ha la possibilità di poter determinare gli obiettivi in modo più preciso e dettagliato per singola tipologia di prodotto. Inoltre si può garantire un grado di flessibilità ai programmi produttivi in modo tale da poter attuare processi di adattamento, volti al mutabile contesto competitivo, più tempestivi possibile: il product manager garantisce un’attenzione riservata alla linea di prodotto di cui ha la responsabilità. Figura chiave per il funzionamento del modello matriciale è il product manager. Per competenza capacità e leadership questa figura diventa il cardine dello sviluppo della gestione e dei risultati di un team composto con modalità solo ed esclusivamente legata alla necessità commerciale e che determinerà il successo del prodotto o servizio corrispondente alle esigenze del cliente finale. Fondamentale sottolineare che è sempre la strategia aziendale ed il conseguente orientamento organizzativo che determina la motivazione al risultato finale e il successo o insuccesso commerciale. Nell’attuale paradigma di business un’azienda product oriented riuscirà molto probabilmente ad incrementare la qualità dei propri prodotti, ma se poi non trova sbocco in un mercato che le permette di svilupparsi, difficilmente si prospetta un futuro positivo. Un’organizzazione di un’azienda marketing oriented, invece, strutturata con product manager, riuscirà molto più facilmente a garantire qualità al prodotto ed allo stesso tempo a svilupparsi in un mercato globale ed in continuo cambiamento.


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IL MODELLO COMPORTAMENTALE E LE INTERCONNESSIONI SISTEMICHE “ Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta”. (R. Buckminster) di Silvia Cichella Management Academy Sida group - Area Risorse Umame

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omprendere l’uomo in una prospettiva sistemica, implica considerare la persona in un’ ottica biopsicosociale tale per cui l’individuo è esso stesso un sistema in cui i fattori biologici, psicologici e sociali inscindibili tra loro, costituiscono il “ carrefour” dell’ essenza umana. Tale concezione risulta essere alla base del modello comportamentale, modello che rivolge particolare attenzione alle interconnessioni sistemiche che si svolgono tra cervello, carattere e personalità e motivazione.

A CURA DI

Considerare l’aspetto biologico nella produzione dei comportamenti umani è il primo assunto di base determinante ma non unisono poiché ogni comportamento umano è multifattoriale e quindi generato non sono da matrici genetiche ma anche date da fattori psicologici e sociali. Partendo da una analisi del cervello, esso rappresenta quella struttura cognitiva costituita dall’unità funzionale del neurone, che attraverso sinapsi e potenziali d’azione permette l’attivazione e la comunicazione tra le varie strutture cognitive e la risposta dell’individuo a stimoli

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ambientali. La struttura cerebrale d’ordine superiore è data dalla corteccia cerebrale, che consente lo svolgimento delle funzioni cognitive di apprendimento, memoria, percezione, attenzione, rappresentazione, ragionamento ed insight, linguaggio. L’emozione invece è data dall’attivazione del sistema limbico in cui l’amigdala gioca un ruolo decisivo nei processi emotivi umani. Una caratteristica determinante del cervello umano è data dalla plasticità ovvero, la capacità di strutturare molte sinapsi neuronali. Ad incidere su queste sinapsi è proprio l’esperienza vissuta: quanto più l’ esperienza vissuta dalla persona risulta essere incisiva dal punto di vista emotivo, tanto più i legami neuronali tendono a rafforzarsi tra loro: di qui la memoria, il ricordo oppure il trauma vissuto e perpetuato ed a volte l’oblio o la rimozione. L’esperienza relazionale vissuta dalla persona sin dalle primissime fasi di vita è la prima interconnessione sistemica del modello comportamentale in quanto l’ esperienza precoce vissuta dalla persona nel suo ambiente (relazioni con la famiglia, il gruppo, l’ambiente sociale) va ad agire sui vari circuiti neuronali determinando mano a mano la struttura di personalità di ciascuno.

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La personalità rappresenta la struttura psicologica complessiva dell’individuo e come si rivela nel suo modo di pensare ed esprimersi, nei suoi atteggiamenti ed interessi, nelle sue azioni e nella sua visione di vita. Lo sviluppo della personalità rappresenta un accumulo di qualità psicologiche in un organismo che si lascia plasmare passivamente dall’ambiente esterno, privo, quindi, di ogni potenzialità. Da tale processo di sviluppo ne evolve la sua personalità, intesa come una modalità strutturata di pensiero, sentimento, comportamento, che caratterizza adattamento e stile di vita di un individuo e che deriva da fattori costituenti il temperamento, lo sviluppo, l’ esperienza sociale e relazionale. Le potenzialità dello sviluppo non sono illimitate, bisogna esaminarne le strategie al fine di favorirne uno sviluppo ottimale. La realizzazione personale è scandita da un orologio biologico, uno sociale e uno psicologico e per ottenere uno sviluppo di successo bisogna massimizzare gli esiti positivi e minimizzare quelli negativi. Far questo richiede la possibilità di ricorrere a tre fattori: la selezione degli obiettivi di vita, l’ottimizzazione delle risorse personali e la compensazione delle risorse perdute. In gioventù si tende allo sviluppo delle competenze, in età adulta


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all’uso delle potenzialità e in vecchiaia al compenso del declino. Il successo dello sviluppo quindi dipende dalle strategie messe in atto durante la crescita al fine di preservare le proprie risorse e compensarne la perdita. Lo sviluppo è un processo continuo, a parte le fasi di transizione. Queste fasi sono di natura biologica o sociale e comportano dei cambiamenti nella vita del soggetto. Sebbene alcune di queste transizioni siano incontrollabili, è fondamentale che l’individuo sia in grado di sfruttare le proprie capacità e ridurre gli effetti negativi. In ogni fase di transizione è fondamentale la capacità di usare al meglio le proprie potenzialità. È compito del singolo far sì che queste fasi non siano momenti di crisi ma di crescita personale perciò in questo processo sono fondamentali le convinzioni di autoefficacia. Alla base delle convinzioni di autoefficacia, vi è la motivazione, ovvero la spinta o stato interiore che orienta l’organismo verso un’azione finalizzata al raggiungimento di un determinato scopo o obiettivo. Struttura di personalità e motivazione sono la seconda interconnessione sistemica del modello. La motivazione di un soggetto può essere analizzata a vari livelli. La condotta, infatti, può essere primaria, ossia

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motivata da spinte di tipo elementare o basilare per la sopravvivenza dell’individuo (meccanismi fisiologici); oppure secondaria, ossia può essere guidata da determinati concetti o schemi mentali (meccanismi a livello psicologico - cognitivo). Nell’essere umano è tuttavia molto raro che una data condotta sia il risultato diretto ed esclusivo di una sola spinta motivazionale: il più delle volte essa è sovra determinata, ovvero è l’esito di una concatenazione di motivazioni. Comprendere la motivazione di un individuo significa dunque, analizzare il bisogno che sottende le azioni dell’uomo. Maslow,ad esempio propose un modello di crescita motivazionale, la gerarchia dei bisogni. Nel corso della vita si possono individuare sei fasi successive, andando dalla più elementare e basilare alla più complessa ed elevata. Esse sono i bisogni fisiologici (bisogno di acqua, di cibo, ecc.); i bisogni di sicurezza (operare una distinzione tra sé e non – sé: identità e ricerca di contatto e protezione); il bisogno di amore e di appartenenza (desiderio di ricevere e dare amore); il bisogno di riconoscimento (esigenza di avere dal partner in un’interazione il riconoscimento di ciò che si fa e del risultato raggiunto); il

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HUMANRESOURCES bisogno di realizzazione di sé (fase più elevata dello sviluppo e della comprensione di se stesso); bisogno di trascendenza (bisogno di superare i propri limiti). Un bisogno insoddisfatto ad un livello basso concentra l’energia motivazionale a quella fase e non lascia spazio per i livelli superiori. I livelli più alti si reggono sulla solida soddisfazione di quelli più bassi. Nel mondo del lavoro la motivazione, risulta essere correlata alla produttività. Studi di Herzberg, dimostrano che al lavoro si chiede di soddisfare soprattutto il bisogno di autorealizzazione, dunque non soltanto di fornire un guadagno per nutrirsi, acquistare una casa e avere una stabilità e una sicurezza economica, ma anche di offrire opportunità di crescita e riconoscimento sociale. Il lavoro soddisfacente, che risponde a questi molteplici bisogni, è basato sia su fattori “igienici” (amministrazione, condizioni di lavoro, relazioni con i colleghi e i superiori) sia su “fattori motivanti” (fattori legati al vertice della piramide di Maslow). I fattori igienici da soli non sono motivanti e non creano soddisfazione, ma se non ci sono o risultano poco chiari e poco organizzati, creano insoddisfazione. I fattori motivanti sono connessi alla realizzazione di sé, cioè al riconoscimento, la responsabilità, la crescita professionale, i risultati ottenuti, il lavoro in sé, l’avanzamento nella carriera. Sono queste le leve per motivare un lavoratore e renderlo più produttivo. La motivazione al lavoro, quindi, non risiede solo negli incentivi economici, ma anche nel bisogno di affiliazione e nel bisogno di autorealizzazione. Gli studi sulla motivazione al lavoro hanno rivestito una notevole importanza in campo applicativo, soprattutto per quanto riguarda la leadership. Esistono numerosi modelli di leadership che hanno evidenziato la necessità di un passaggio da un tipo di management tradizionale, autoritario a uno più partecipativo. Un nuovo stile direttivo, rispetto al passato, ha tra i suoi scopi quello di comprendere i bisogni del personale e di integrarli con quelli dell’azienda. Una leadership tradizionale è orientata a soddisfare soltanto i bisogni primari fisiologici e di sicurezza dei dipendenti, offrendo gratificazioni di tipo prevalentemente concreto. Una leadership di nuovo tipo, partecipativa è, invece, volta a soddisfare i bisogni sociali e di autorealizzazione e punta all’autocontrollo e all’autovalutazione, piuttosto che ad un tipo di controllo esterno che di fatto impedisce ogni iniziativa e crescita dei dipendenti. Questa capacità di leadership di nuovo tipo può realizzarsi solo se il leader ha una sufficiente competenza emotiva che gli permette di modulare, regolare le proprie emozioni e sapere creare un giusto spazio comunicativo tra lui e i sui

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dipendenti. Non sempre però, negli ambienti socio lavorativi le persone sono motivate ed orientate al lavoro, infatti uno dei concetti in opposizione alla motivazione è quello di frustrazione. La frustrazione è lo stato in cui si viene a trovare un organismo quando la soddisfazione dei suoi bisogni viene ostacolata. L’ impedimento, può essere temporaneo oppure permanente. In quanto tale, la frustrazione è un aspetto inevitabile dell’esistenza, nel senso che è ovvio che vi sia un qualche limite alla possibilità di soddisfazione degli impulsi e dei bisogni e che il vissuto della frustrazione, ove sia contenuto entro limiti tollerabili, è un fattore importante di una relazione corretta con la realtà e della costruzione di una personalità equilibrata. Le cause di frustrazione sono quindi molteplici e possiamo classificarle come derivanti dall’ambiente fisico, cause di frustrazione provenienti dall’ambiente sociale, cause provenienti dall’ambiente di vita familiare dell’individuo che si intersecano appunto con le cause a matrice personale. Si possono distinguere le reazioni alla frustrazione Le risposte alle frustrazioni possono essere adeguate o inadeguate, normali o patologiche. Reazione adeguata e inadeguata non corrispondono a normale ed anormale, poiché, esse, possono tutte essere effettuate da un individuo normale ed in un certo senso vanno a costituire ciò che noi definiamo come meccanismi di difesa. La reazione inadeguata assume aspetti anormali patologici, quando si ripete in modo fisso e coercitivo anche di fronte a situazioni di per se lievi. Motivazione e frustrazione sono dunque processi mentali che influenzano il processo cognitivo e dunque i processi di decision- making, problem soving. Ciò porta la persona ad elaborare le informazioni in modo diverso ed allo stesso tempo giudicare la realtà in modo diverso. Alla luce di quanto esposto, possiamo quindi concludere che l’uomo è pensabile come un universo, un “Olos”, un unico sistema vivo e cognitivo che presenta connessioni inscindibili tra mente e corpo. Tale principio implica utilizzare un modo di analisi dell’uomo caratterizzato da interconnessioni. Pensare in questo modo significa pensare per sistemi: visione che comprende ed integra le dimensioni della vita sociale ed ecologica verso una concezione unica che sappia che l’intero è il più della somma delle singole parti. L’uomo è un sistema interconnesso e funziona in maniera sistemica: ogni elemento influenza l’altro in un continuum creativo che differenzia ciascuno di noi.


Terza edizione MARKETPLACE DAY venerdì 27 maggio 2016 sede Palaindoor – Ancona (AN) dalle ore 10 alle ore 18 MarketPlaceDAY è molto più di una semplice fiera: è un luogo di incontro, di scambio, di conoscenza, di relazioni, di opportunità, di business. E’ una giornata in cui le imprese piccole e grandi, manifatturiere e di servizi, marchigiane e di fuori regione, start-up e aziende mature potranno far conoscere il proprio business ed entrare in contatto con altri imprenditori. I numeri della seconda edizione testimoniano il successo dell’iniziativa: oltre 250 imprese, 15 operatori esteri, più di 20 start up, 10 istituti di credito, 800 persone che hanno visitato gli spazi espositivi al Palatriccoli di Jesi. Le novità della terza edizione: un nuovo sito internet dedicato, un piano di comunicazione e di promozione dell’evento che copre tutto il centro Italia, maggiori spazi, più occasioni di incontro e di business, aziende provenienti non solo da tutte le Marche ma anche da regioni limitrofe. Aree dedicate all’Internazionalizzazione e al Credito e una alle start-up. E ancora una Fiera dell’innovazione in collaborazione con la Politecnica delle Marche, una straordinaria opportunità per le imprese di venire a contatto con le nuove frontiere della tecnologie di potenziale interesse per il mondo produttivo. Sul sito www.confindustriamarketplace.it si trovano tutti i dettagli sull’evento e sulle modalità di partecipazione. Un’occasione imperdibile di far conoscere il tuo business e di entrare in contatto con aziende piccole, medie e grandi, provenienti dai più svariati settori della manifattura e dei servizi. Grazie a:


LA NUOVA FORMAZIONE

Formazione manageriale: strumento per sviluppare il management di Martina Brunetti Management Academy Sida Group - Area Orientamento e Formazione

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a formazione manageriale, in un contesto economico come quello attuale, assume sempre più importanza ed è un’attività da non trascurare. La specializzazione delle capacità imprenditoriali e manageriali, come pure lo sviluppo e la riqualificazione delle varie professionalità, sono diventate esigenze particolarmente sentite dalle aziende che aspirano al mantenimento e al miglioramento della propria competitività sul mercato locale, nazionale o internazionale. La formazione, infatti, aumenta il valore dell’impresa, conferendole prestigio e autorevolezza, eleva l’immagine aziendale e incrementa la motivazione del personale. Sfortunatamente sono ancora troppe le realtà aziendali nelle quali si commette l’errore di non attribuire la giusta importanza alla formazione di manager e collaboratori, nonostante sia notoriamente inverosimile la leggenda secondo la quale è la pratica quotidiana a garantire l’acquisizione di competenze necessarie a svolgere le varie mansioni. E’ sicuramente vero che, se scelti con cura, gli impiegati dovrebbero possedere, quantomeno in modo potenziale, le qualità caratteriali necessarie a svolgere i loro compiti, tuttavia spesso si sottovaluta l’importanza delle conoscenze e dei metodi per svolgere al meglio il proprio lavoro. Al giorno d’oggi, in un momento storico in cui il ciclo di vita dell’azienda si è ridimensionato da dieci a tre anni, le organizzazioni sono sempre più chiamate ad avvalersi della formazione per consolidare e evolvere le competenze delle risorse umane soprattutto in un periodo in cui l’originalità e l’innovazione dei prodotti non basta a garantire competitività e, conseguentemente, la sopravvivenza della realtà aziendale. Un’azienda forte è un’azienda che porta a compimento il ciclo costituito dai tre fattori cultura-prodotto-vendita. Risulta chiaro ed evidente che nel 2016 un’azienda product oriented è un’azienda destinata al fallimento. Il prodotto in se, pur essendo il cardine del

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processo, non permette di raggiungere il successo. Un’azienda product oriented è un’azienda che resta immobile e ripiegata su se stessa. L’azienda che aspira all’eccellenza, invece, è un’azienda marketing oriented, che oltre a puntare sulla cultura e oltre a puntare sulla qualità dei propri prodotti, riesce a sviluppare il management. Il vero manager è colui che riesce a migliorare l’efficienza organizzativa; gestisce le nuove opportunità e sviluppa strategie di vendita che permettano di crescere in un mercato sempre più complesso. Questo significa che, oltre ad avere particolari predisposizioni innate, i manager devono investire sulla propria formazione e di conseguenza la formazione non è più una scelta ma diventa una vera e propria necessità se si vuole affrontare in modo vincente la realtà economica attuale. Consideriamo per un attimo il settore ortofrutticolo. Nell’ambito del complesso sistema agroalimentare, la filiera dei prodotti ortofrutticoli rappresenta un volano di grandi possibilità. Allo stesso tempo la piccola dimensione, per lo più a carattere familiare, della grande maggioranza di tali aziende in Italia, decisamente troppo legate al singolo prodotto, non permette quel salto di qualità che invece una costituzione in reti di imprese o di altre forme di integrazione porterebbe garantire. Questo sarebbe possibile grazie ad una maggiore espansione dei prodotti a livello nazionale, e perché no, internazionalizzando la rete d’impresa e quindi non restando più confinati alla piccola e singola realtà territoriale. Viene da sé che per raggiungere tali obiettivi bisogna investire sul marketing e sulla vendita, sia che si tratti di un’azienda ortofrutticola sia che si tratti di un’azienda di qualsiasi altro comparto del settore. La formazione manageriale rappresenta lo strumento determinante per acquisire la forza per poter competere, l’arma vincente per espandersi verso nuovi mercati ed la strategia inevitabile per poter sviluppare il management aziendale.


LA NUOVA FORMAZIONE

CREATIVE LEARNING UNO STRUMENTO NUOVO PER POTENZIARE L’APPRENDIMENTO di Anna Masturzo Management Academy Sida Group - Team Leader Area Farmacia e Sanità

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a creatività potrà cambiare il mondo: in uno studio recente dell’università del Massachusetts l’85% delle persone intervistate sostiene che il pensiero creativo sia stato la base dello sviluppo della propria carriera. Considerando le sfide che l’ economia mondiale ha già affrontato e dovrà affrontare in futuro, e le sue ricadute sociali, appare chiaro come le necessità di riconnettersi al pensiero creativo non siano mai state così grandi. La creatività, e l’approccio creativo alla formazione do-

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vrebbero essere la base dell’educazione scolastica sin dalla primissima infanzia, naturalmente di pari passo con lo sviluppo delle skill legate al mondo digitale o ICT, perché in questo modo gli studenti, divenendo essi stessi creatori di contenuti digitali, possono amplificare le loro idee e accrescerne l’impatto. La formazione nel mondo attuale mira a creare persone che vogliano e possano fare la differenza nel mondo, e che siano capaci di confrontarsi con una amplissima varietà di media per comunicare in modi molto differenti; l’insegna-

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LA NUOVA FORMAZIONE mento del pensiero creativo è l’arma vincente per ottenere i migliori risultati possibili. In Italia ed in Europa il creative learning è stato adottato in alcune scuole primarie con un progetto sponsorizzato dalla EU e adottato grazie al lavoro del partner italiano di CLM (Creative Laerning Method). Il progetto europeo ha coinvolto 155 insegnanti su 7 nazioni con l’apporto di 45 ricercatori e la creazione di 20 progetti di formazione totali. Il creative learning si sposa con l’idea di flipped classroom (insegnamento capovolto) e peer to peer learning (educazione tra pari). Per quanto riguarda il creative learning, esso si basa sull’idea che la creatività è un elemento universale che permea ogni azione e permette di compiere al meglio tutte le scelte relative al proprio sviluppo personale ed anche ai rapporti di comunicazione con gli altri. Secondo questa teoria la creatività trova approcci nuovi di risoluzione ai problemi e permette di avere una visione più ampia ed olistica della realtà in cui siamo immersi. Ovviamente ogni individuo nasce già creativo, ma la scuola tradizionale e l’essere perennemente immerso in schemi di ripetizione e controllo dell’apprendimento e delle azioni, schemi che si irrigidiscono con l’aumentare dell’età e del percorso scolastico, impedisce ad ogni individuo lo sviluppo dei propri personali talenti condannandolo, molto più spesso di quanto non si creda, a un percorso di vita e di lavoro molto lontano dalle sue vere capacità e aspirazioni. Il creative learning utilizza un sistema di rilevazione del pensiero creativo dei singoli studenti e/o del gruppo di lavoro e commisura il tipo di nozioni e le modalità di apprendimento – IN MODO CONCRETO E PRATICO- in maniera da potenziare il pensiero creativo; potremmo dire che in pratica questo tipo di sistema mira a potenziare il “pensiero laterale” (il termine pensiero laterale, coniato dallo psicologo maltese Edward de Bono, è una modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio indiretto ovvero l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema). Il creative learning presuppone l’esplorazione, la ricerca, la sorpresa, lo stupore e la meraviglia, tutti elementi

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emozionali insiti in un percorso educativo da vivere come avventura, attraverso la convinzione che divertimento e apprendimento possono coincidere nel processo educativo; la strutturazione concreta dell’esperienza di apprendimento diviene elemento fondante per rendere interessante il contenuto da trasmettere. Grazie alla creatività si trovano soluzioni ai problemi, si evita che le difficoltà si trasformino in ostacoli insormontabili e si legge e interpreta correttamente la realtà in cui viviamo: occorrono quindi un’azione educativa ed un metodo che siano in grado di liberare quella creatività che è già in ognuno di noi, cessando di permettere lo sviluppo della resistenza al cambiamento, del pensiero stereotipato, della paura del giudizio, del fallimento e i pregiudizi personali, e incrementando invece una dinamica di pensiero fluido e flessibile, ricco di immaginazione e di empatia verso gli altri, profondamente reattivo a tutti gli stimoli. Sviluppando consapevolezza e fiducia nel proprio potenziale creativo si agevola l’apprendimento, si facilitano cambiamenti significativi del soggetto in formazione, si permette l’esplosione del potenziale cognitivo, relazionale, pratico delle persone, consentendo all’individuo di continuare SEMPRE ad imparare , potenziando le attitudini sociali e sollecitando i dinamismi della coscienza in ambito educativo, FLIPPED CLASSROOM Con il termine flipped classroom (fonte WIKIPEDIA), o classe/ insegnamento capovolto “ci si riferisce a un approccio metodologico che ribalta il tradizionale ciclo di di apprendimento fatto di lezione frontale, studio individuale a casa e verifiche in classe, con un rapporto docente-allievo piuttosto rigido e gerarchico”. L’insegnamento capovolto risponde a questo stato di cose con l’inversione dei due momenti classici, lezione e studio individuale: • la lezione viene spostata a casa sfruttando appieno tutte le potenzialità dei materiali didattici online; • lo studio individuale viene spostato a scuola dove il setting collaborativo consente di applicare, senza il timore di ristrettezze temporali, una didattica di apprendimento attivo socializzante e personalizzata. Come funziona l’insegnamento capovolto? 1. le competenze cognitive di base dello studente (ascoltare, memorizzare) vengono attivate prevalentemente a casa, in autonomia, apprendendo attraverso video e


LA NUOVA FORMAZIONE podcast, o leggendo i testi proposti dagli insegnanti o condivisi da altri docenti; 2. le competenze cognitive alte (comprendere, applicare, valutare, creare), invece, vengono attivate in classe dove l’allievo non è solo e, insieme ai compagni e all’insegnante al suo fianco cerca, quindi, di applicare quanto appreso per risolvere problemi pratici proposti dal docente; 3. Il ruolo dell’insegnante ne risulta trasformato: il suo compito diventa quello di guidare l’allievo nell’elaborazione attiva e nello sviluppo di compiti complessi. Dato che la fruizione delle nozioni si sposta a casa, il tempo trascorso in classe con il docente può essere impiegato per altre attività fondate sull’apprendimento attivo, in un’ottica di pedagogia differenziata e apprendimento a progetto. Il primo passo consiste nel cercare di attivare negli studenti l’interesse, la curiosità, il desiderio di conoscenza di uno specifico argomento, passaggio fondamentale perché non c’è apprendimento significativo senza coinvolgimento cognitivo ed emotivo degli allievi. Per l’insegnante si tratta perciò di problematizzare un tema, di trasporre i contenuti disciplinari da una forma espositiva, dimostrativa e risolutiva ad una dubitativa, ipotetica, il più possibile ancorata alla realtà, e lasciare agli studenti il compito di ideare e proporre una soluzione. Si passa quindi alla fase nella quale gli studenti sono chiamati a mettere in atto, sia pur con forme e modalità adeguate alle loro capacità e al contesto, le strategie cognitive e le procedure di indagine proprie della disciplina oggetto dell’attività di apprendimento, sollecitando negli studenti quei processi di pensiero che sono alla base della costruzione delle conoscenze, esercitando il loro spirito critico, imparando a fare domande appropriate, a formulare ipotesi attendibili, a escogitare metodi per verificare le loro supposizioni. Questo si può attuare predisponendo un setting didattico che favorisca la ricerca d’informazioni, la riflessione profonda, il confronto fra pari, la sperimentazione sul campo; in questa fase si prevede la produzione di materiali e documenti da parte degli alunni, individualmente o in gruppo, che saranno poi utili nella terza fase, quella di rielaborazione e valutazione. Si tratta di un processo collettivo di riflessione e confronto su quanto appreso, condotto dal docente attraverso il coinvolgimento di tutta la classe, con l’obiettivo di chiarire, rendere espliciti e consolidare

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gli apprendimenti partendo dall’analisi dei lavori che gli studenti hanno realizzato nella seconda fase. Su questo tema i primi esperimenti sono stati condotti negli anni novanta da Eric Mazur, professore di fisica presso l’Università di Harvard; oggi le piattaforme che pubblicano videolezioni sono innumerevoli e consentono agli insegnanti anche di pubblicare risorse didattiche autoprodotte e di personalizzare il percorso di fruizione per le proprie classi (alcuni esempi:TedEd, Voicethread, RaiScuola, ecc...). Sono considerati fondatori della didattica capovolta Jonathan Bergmann e Aaron Sams, autori del libro “Flip Your Classroom: Reach Every Student in Every Class Every Day” edito negli Stati Uniti nel 2012. In Italia nel 2014 è nata FLIPNET, l’associazione degli insegnanti che praticano la didattica capovolta, facente riferimento al sito http://flipnet.it/ PEER TO PEER LEARNING Con il termine Peer Education (letteralmente “Educazione tra Pari”) si identifica una strategia educativa volta ad attivare un processo spontaneo di passaggio di conoscenze, di emozioni e di esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri membri di pari status; un intervento che mette in moto un processo di comunicazione globale, caratterizzato da un’esperienza profonda ed intensa e da un forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia tra i soggetti coinvolti. Questa pratica va oltre la consueta dinamica educativa e diviene una vera e propria occasione per il singolo soggetto, il gruppo dei pari o la classe scolastica per discutere liberamente e sviluppare momenti intensi di trasferimento di conoscenze. La definizione di Peer Education del manuale Training for Trainers, Peer Education pubblicato dal Joint Interagency Group on Young People’s Health Development and Protection in Europe and Central Asia (IAG) è la seguente: “[...] l’educazione fra pari è il processo grazie al quale dei giovani, istruiti e motivati, intraprendono lungo un periodo di tempo attività educative, informali o organizzate, con i loro pari (i propri simili per background e interessi), al fine di sviluppare il loro sapere, modi di fare, credenze e abilità e per renderli responsabili e proteggere la loro propria salute. L’educazione fra pari ha luogo in piccoli gruppi o con un contatto individuale e in molteplici posti: in scuole e università, circoli, chiese, luoghi di lavoro, sulla strada o in un locale o dove i giovani si incontrano.”

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LA NUOVA FORMAZIONE

LA FORMAZIONE MANAGERIALE ED I SERVIZI AVANZATI NEL SETTORE FARMACEUTICO di Anna Masturzo Management Academy Sida Group - Team Leader Area Farmacia e Sanità

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l contesto globale in cambiamento continuo,vede tutte le aziende in forte concorrenza per offrire nuovi prodotti e servizi: tutto questo genera, in paesi pur considerati avanzati e stabili un consistente impegno rivolto all’aggiornamento e alla continua introduzione di innovazioni. C’è da considerare che l’innovazione arriva alle aziende solo grazie all’informazione e alla conoscenza, e questo salto di qualità è assolutamente indispensabile nel contesto sopra delineato; risulta quindi evidente come la formazione e i servizi avanzati giochino un ruolo determinante nelle dinamiche di sviluppo di molti mercati, e siano fatalmente e decisamente strategiche in alcuni settori. In realtà solo la formazione potrà essere il vettore trainante che stimoli le aziende ad un processo di innovazione continua per ottenere soluzioni tecnologicamente avanzate e ad alto contenuto di conoscenza; lo confermano gli obiettivi della Strategia di Lisbona nell’ agenda dell’Europa 2020 , tesi a- “accrescere i livelli di produttività, occupazione, benessere sociale, anche attraverso l’economia della conoscenza”-. In questo senso l’Italia è ancora piuttosto indietro: il numero degli addetti impegnati nelle attività di ricerca e svi-

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luppo sono meno di 4 ogni mille abitanti, molto lontano dalla media di tutti i paesi EU; considerando un altro indicatore dell’innovazione, vale a dire il numero di brevetti per milione di abitanti, (compreso tra gli indicatori strutturali della cosiddetta “strategia di Lisbona”) l’Ue ha un indice di intensità brevettuale di 114,8 brevetti per abitante mentre il valore per l’Italia è pari solo a 81,6 brevetti. Secondo le statistiche di settore le imprese italiane innovatrici sono quelle appartenenti alla classe dimensionale più elevata (250 addetti e oltre), superando il 65 per cento: in questo caso si può affermare che la dimensione conta, e non è un caso il fatto che le imprese grandi sono quelle che hanno sempre investito in formazione. A questo punto è opportuno citare la frase di un lavoro di Castellani D. e Castelli C. dal titolo “L’internazionalizzazione della R&S: scelte di localizzazione ed effetti sui paesi di origine” in “L’Italia nell’economia internazionale, rapporto 2011-2012” del luglio 2012, si ribadisce che “l’Italia ha bisogno di un’iniezione di conoscenze e competenze, scientifiche, tecnologiche e manageriali, soprattutto nei settori dell’alta tecnologia e dei servizi avanzati, tale da favorire un processo di cambiamento strutturale orientato alla ricerca e all’innovazione.”


LA NUOVA FORMAZIONE Appare quindi una necessità ineludibile applicare una politica industriale e della ricerca che, oltre a prevedere l’indispensabile rafforzamento delle risorse, persegua gli obiettivi mediante interventi diretti a rafforzare la cooperazione tra sistema scolastico – universitario e tessuto imprenditoriale; si tratta di un processo di formazione continua che risponde alle attuali esigenze di flessibilità e aggiornamento; questa strategia può anche favorire la mobilità internazionale dell’offerta qualificata di lavoro, arrivando ad incoraggiare gli scambi di conoscenze e consentendo un miglioramento qualitativo del patrimonio delle competenze tecnico scientifiche dei lavoratori italiani ed europei. Per quanto riguarda il settore farmaceutico nello specifico possiamo ribadire che politiche sempre più aggressive di contenimento della spesa farmaceutica, e nuovi meccanismi di remunerazione della filiera del farmaco con richiesta di nuovi servizi da parte dei Servizi Sanitari Regionali contemporanei alla scadenza dei brevetti, oltre al riordino del sistema sanitario, divengono gli elementi strutturali che agiscono sul radicale cambiamento del settore. In realtà secondo la Banca d’Italia il settore farmaceutico è un’eccellenza su cui puntare: nla nostra industria farmaceutica è seconda solo alla Germania., con 26 miliardi di produzione (il 67% destinato all’export), 2,4 miliardi di investimenti (di cui 1,2 in Ricerca e Sviluppo e 1,2 in produzione) e una crescita dell’export negli ultimi 5 anni del 44% rispetto al +7% della media manifatturiera. Sempre secondo il rapporto sopra citato, l’industria farmaceutica non solo aumenta la durata della vita (negli anni’70 le aspettative di vita si attestavano attorno ai 72 anni, oggi sono 82), ma anche la qualità della salute, con terapie innovative e con sistemi innovativi di controllo dello stato generale del paziente legati alla prevenzione; da notare che oltre il 90% della ricerca e sviluppo farmaceutica in Italia è finanziata dalle imprese che generano innovazione. Fare innovazione in questo settore comunque, è sempre più complesso perché, se da un lato aumentano i costi di R&D, dall’altro non diminuisce il tasso di fallimento dei programmi di ricerca (che invece aumenta, vista la necessità di esplorare nuove aree ancora prive di soluzioni efficaci per i pazienti). Anticipare i cambiamenti di questo mercato vuol dire rendere l’organizzazione aziendale sempre più flessibile e dinamica, favorendo lo sviluppo di nuove conoscenze e abilità delle risorse e generando maggiore efficienza dei processi commerciali, finanziari e delle strutture di staff.

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Tutto ciò può essere ottenuto anche grazie all’opportunità offerta dalle nuove tecnologie di business technology o smart working: l’organizzazione così concepita tende a creare un ente che lavora in rete, riducendo i livelli gerarchici e facendo parte di una struttura diffusa; parlando di organizzazione è fondamentale sottolineare che è di vitale importanza il compito di individuare e attrarre talenti da collocare in tutti i livelli gestionali delle diversificate competenze professionali richieste dal settore farmaceutico. Nuove soluzioni organizzative, sviluppo di competenze specifiche delle risorse umane, creazione di sempre rinnovato valore aggiunto si collegano direttamente ad una nuova e più creativa politica della formazione, magari attuata con i nuovi modelli originali del creativity learning. Versatilità e resilienza sono caratteristiche fondamentali per il manager del nuovo comparto farmaceutico: queste abilità che la formazione mette in luce e sviluppa sono le sole in grado di interagire con un contesto imprevedibile caratterizzato da fortissime necessità di innovazione. A proposito del rinnovamento delle figure manageriali di questo settore vediamo che la figura maggiormente gettonata è quella del market access, una competenza indispensabile per definire le politiche di accesso al mercato, diverse nei vari paesi ma sempre più interconnesse; questa figura si occupa di preparare i dossier dell’immissione sul mercato e definisce le strategie di pricing & reimbursement. Si rinnova anche una figura tradizionale, quella dell’informatore medico scientifico, che oramai contatta i medici utilizzando prevalentemente la videoconferenza; questa modalità permette non solo un buon risparmio dei costi, ma conduce anche ad una corretta pianificazione delle visite focalizzando il diverso messaggio quando necessario. Altro ambito di competenze in forte evoluzione è denominato payer marketing: si tratta di evidenziare alle istituzioni sanitarie il valore portato ai pazienti, considerando le logiche di chi paga (-payers’-) e proponendo soluzioni innovative per mettere a disposizione i farmaci nel rispetto dei limiti di spesa assegnati. Innovazione nelle aziende, innovazione nelle competenze, innovazione nei prodotti e nei servizi: il settore farmaceutico è sempre più spinto alla ricerca di nuove formule organizzative, dei processi e delle procedure: la fida, ineludibile, è oramai giocata in un contesto sovranazionale; all’Italia spetta un gioco assolutamente “fair” ma totalmente creativo, che passa dalla formazione e alla formazione arriva per avere giocatori sempre più preparati.

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CONTRIBUTI E INCENTIVI

MARCHE

A CURA DELLA DIVISIONE STRATEGIA E FINANZA D'IMPRESA SIDA GROUP SRL REGIONE MARCHE “Bando Made in Italy” Il bando sostiene il settore del Made in Italy, con particolare attenzione al settore del mobile/legno e moda. I contributi, a fronte di un progetto minimo di € 50.000,00 possono arrivare fino al 50% delle spese ammissbili.

SCADENZA: 17/05/2016

REGIONE MARCHE “Pagamenti per il mantenimento dei metodi di produzione biologica - Sottomisura 11.2” L’obiettivo della misura è quello di mantenere le pratiche di agricoltura biologica anche per rispondere alla domanda dei cittadini rivolta all’utilizzo di pratiche agricole rispettose dell’ambiente e alla disponibilità a costi accessibili di produzioni di qualità. SCADENZA: 16/05/2016

MINISTERO POLITICHE AGRICOLE “Sostegno al settore agricolo e agroindustriale” In fase di pubblicazione il programma di investimenti per il settore agricolo e agroalimentare per oltre 2 milioni di euro per il triennio 2015-2017. Gli obiettivi del Piano messo a punto dal Ministero sono: potenziare la produttività, aumentare la capacità produttiva, favorire l’internazionalizzazione, accrescere la competitività, far nascere startup e creare nuova occupazione.

SCADENZA: IN FASE DI ATTIVAZIONE REGIONE MARCHE “Bando Salute e Benessere” Il bando sostiene l’adozione di soluzioni innovative per affrontare le sfide delle comunità locali nell’ambito della salute e benessere attraverso progetti collaborativi di ricerca e sperimentazione tra imprese e strutture pubbliche/private che erogano servizi ai cittadini. I contributi, a fronte di un progetto minimo di € 600.000,00 vanno da un minimo del 40% fino ad un massimo del 60%. SCADENZA: 08/05/2016 AGCM - AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO “Rating di legalità” “La finalità della normativa è quella della promozione e introduzione dei principi di comportamento etico in ambito aziendale, tramite l’assegnazione di un “riconoscimento” - misurato in “stellette” , da 1 a 3 – indicativo del rispetto della legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta e, più in generale, del grado di attenzione riposto nella corretta gestione del proprio business. All’attribuzione del rating l’ordinamento ricollega vantaggi in sede di concessione di finanziamenti pubblici e agevolazioni per l’accesso al credito bancario. Il rating di legalità è stato disciplinato con delibera AGCM 14 novembre 2012, n. 24075, ha durata di due anni dal rilascio ed è rinnovabile su richiesta. Potranno richiedere l’attribuzione del rating le imprese operative in Italia che abbiano raggiunto un fatturato minimo di due milioni di euro nell’esercizio chiuso l’anno precedente alla richiesta e che siano iscritte al registro delle imprese da almeno due anni.”

PRESENTAZIONE TELEMATICA

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AGEA “OCM Vino Investimenti 2015/2016” Sono previsti finanziamenti a fondo perduto a favore delle imprese attive nel settore vitivinicolo (ad esclusione di quelle di commercializzazione) che effettuano investimenti materiali o immateriali di trattamento, infrastrutture vitivinicole dirette a migliorare il rendimento globale dell’impresa. Le agevolazioni saranno regolate attraverso l’emanazione di bandi appositi da parte delle singole Regioni.

SCADENZA: IN FASE DI ATTIVAZIONE REGIONE MARCHE

“PSR 2014-2020 DELLE MARCHE” La Commissione Europea ha approgato il Programma di sviluppo rurale (Psr) della Regione Marche 2014-2020. Grazie alla disponibilità di 538 milioni di euro provenienti dai fondi Feasr, saranno utilizzabili entro la fine del 2020. Per l’operatività del programma è necessario attendere la definitiva approvazione da parte del Consiglio Regionale e l’avvio dei successivi bandi. Le risorse saranno attribuite: più di 211 mln/€ destinati alla competitività delle aziende agricole e filiere alimentari, circa 218 mln/€ per la tutela delle risorse ambientali, prevenzione rischi, adattamento al cambiamento climatico, 95 mln/€ all’inclusione sociale e allo sviluppo delle aree rurali.Sarà finanziata anche l’agricoltura biologica e il ricambio generazionale. Risorse anche per lo sviluppo della banda ultralarga, con risorse destinate ai comune delle aree rurali in “digital divide”.

IN ATTESA DELLA PUBBLICAZIONE DEI BANDI OPERATIVI


EMILIA ROMAGNA REGIONE EMILIA ROMAGNA “Sostegno alle start-up innovative” Il sostegno è finalizzato alla nascita e crescita di start up in grado di generare nuove nicchie di mercato attraverso nuovi prodotti, servizi e sistemi di produzione a elevato contenuto innovativo, cogliere le tendenze dominanti e generare opportunità occupazionali. Il contributo è rivolto alla valorizzazione economica dei risultati della ricerca. Il contributo è pari al 60% delle spese, fino ad un massimo di € 250.000,00

TOSCANA MINISTERO POLITICHE AGRICOLE “Sostegno al settore agricolo e agroindustriale” In fase di pubblicazione il programma di investimenti per il settore agricolo e agroalimentare per oltre 2 milioni di euro per il triennio 2015-2017. Gli obiettivi del Piano messo a punto dal Ministero sono: potenziare la produttività, aumentare la capacità produttiva, favorire l’internazionalizzazione, accrescere la competitività, far nascere start-up e creare nuova occupazione. SCADENZA: IN FASE DI ATTIVAZIONE

SCADENZA: 30/09/2016 REGIONE EMILIA ROMAGNA “Psr 2014-2020” In fase di avvio i bandi finalizzati a sostenere gli investimenti in azienda nel settore agricolo. Obiettivo del provvedimento è finanziare l’innovazione in azienda, migliorare i processi produttivi, ridurre l’impatto ambientale delle lavorazioni, migliorare la qualità dei prodotti. I contributi variano in funzione del settore di attività e della tipologia di produzione.

TOSCANAMUOVE “Creazione impresa” Disponibile il fondo rotativo che intende sostenere attraverso agevolazioni (finanziamento agevolato a tasso zero e vocuher) per la realizzazione di progetti di investimento nei settori artigianato, cooperazione, turismo, attività terziarie e innovazione. A PARTIRE DAL: 15/10/2015

“Progetti di promozione dell’export per imprese non esportatrici” La finalità del bando è quella di accrescere il numero delle imprese esportatrici e la quota di prodotto e servizi esportati. Beneficiarie sono le imprese di micro, piccola e media dimensione non esportatrici o esportatrici non abituali. Iil contributo erogabile sarà nella misura massima del 50% delle spese ammissibili, fino ad un massimo di € 100.000.

REGIONE TOSCANA “Finanziamenti per l’area di Piombino” Disponibili con fondo rotativo circa 8 milioni di euro per la concessione di finanziamenti a tasso zero spcificatamente desitnati agli invetimenti di piccole.medie imprese nell’area di crisi di Piombino (Piombino, Campiglia Marittima, Suvereto e San Vincenzo). Le domande potranno essere presentate da marzo ad aprile 2016 ed essere finalizzate per la realizzazione di progetti di investimento materiali ed immateriali; l’importo del finanziamento potrà essere pari al 60% del programma dei investimento previsto dalle aziende ammesse all’agevolazione.

SCADENZA: A PARTIRE DAL 15 MARZO 2016.

SCADENZA: GIUGNO 2016

MINISTERO POLITICHE AGRICOLE

BANDO INAIL

“Sostegno al settore agricolo e agroindustriale” In fase di pubblicazione il programma di investimenti per il settore agricolo e agroalimentare per oltre 2 milioni di euro per il triennio 2015-2017. Gli obiettivi del Piano messo a punto dal Ministero sono: potenziare la produttività, aumentare la capacità produttiva, favorire l’internazionalizzazione, accrescere la competitività, far nascere start-up e creare nuova occupazione.

“Incentivi per la sicurezza sul lavoro” Emanato il bando che prevede finanziamenti alle PMI per migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro. È previsto un contributo in conto capitale nella misura del 65% dei costi del progetto, con un minimo di € 5.000 e un massimo di € 130.000. E’ prevista anche l’introduzione di uno specifico asse di contributi per progetti di bonifica da materiali contenenti amianto. Sarà possibile precaricare le domande tra il 1° marzo e il 5 maggio 2016.

SCADENZA: IN FASE DI ATTIVAZIONE REGIONE EMILIA ROMAGNA

SCADENZA: IN FASE DI ATTIVAZIONE

SCADENZA: 05/05/2016

*Per consultare la sezione completa, e le restanti regioni, link al sito www.mlmagazine.it

A CURA DI

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OFFERTEdiLAVORO

Sida Group, realtà di livello internazionale all’interno della consulenza aziendale, al fine di ampliare e sviluppare la propria area di progettazione di Bologna, è alla ricerca di un: PROGETTISTA - FORMAZIONE FINANZIATA Rif. CONJ/BO La persona sarà responsabile operativamente delle attività di progettazione e coordinamento dei corsi assegnati, garantendone il corretto svolgimento ed il rispetto dei criteri valutativi; dovrà occuparsi inoltre della gestione operativa dalla fase di progettazione e della predisposizione della

Sida Group, per conto di un’importante gruppo industriale operante nel settore degli elettrodomestici ricerca, per inserimento all’interno del proprio organico, un/a: RESPONSABILE AMMINISTRATIVO Il quale, rispondendo direttamente alla proprietà, dovrà coordinare e garantire il corretto svolgimento di tutte le procedure amministrative relative al gruppo di società facenti capo alla proprietà. Nello specifico si occuperà della gestione delle seguenti attività: • Contabilità • Tesoreria • Rapporti con il mondo del credito • Chiusura bilanci • Ciclo attivo e passivo di fatturazione

SIDA GROUP, per conto di una storica Azienda marchigiana, leader nel settore alimentare, ricerca un: ADDETTO QUALITÀ SICUREZZA E AMBIENTE JUNIOR Rif. AQJ/SD Il quale, rispondendo al responsabile d’ufficio, collaborerà nella gestione delle attività legate al controllo qualità, sicurezza e ambiente dell’Azienda. Nello specifico ricerchiamo un profilo con: • Conoscenze delle procedure ISO, IFS, BRC

documentazione per la fase di rendicontazione. Il candidato ideale è una persona dinamica e motivata ad intraprendere un percorso sul campo in un contesto consulenziale. Sono richieste buone capacità relazionali, problem solving e conoscenza del pacchetto office. E’ richiesta una laurea preferibilmente in materie economiche o umanistiche con conoscenza della lingua inglese, automunito e con disponibilità immediata. L’azienda opera in un contesto giovane e dinamico ed offre l’opportunità di realizzare un’esperienza significativa nell’area Formazione Professionale. La sede di lavoro è Bologna.

• Amministrazione del personale • Creazione di report relativi al complessivo andamento economico-finanziario del gruppo, in collaborazione con il Controllo di Gestione di ciascuna società Il candidato ideale ha maturato esperienza di almeno 10 anni nel ruolo in azienda modernamente strutturate nel settore degli elettrodomestici, ha un’età preferibilmente compresa tra i 40-45 anni, è laureato in materie economiche-finanziarie, ha buone competenze informatiche e proviene dalle Marche. La sede di lavoro è nella provincia di Ancona Vogliamo entrare in contatto con candidati con forte senso di responsabilità, dinamismo, autorevolezza, capacità di gestione del tempo, riservatezza, accuratezza e precisione in ambito professionale. Saranno prese in considerazioni solo le candidature che rispecchiano i requisiti richiesti.

• • • •

Esperienza nella gestione delle non conformità Esperienza nella gestione dei reclami Conoscenze delle norme sulla sicurezza Buon inglese

Il candidato ideale è laureato in Ingegneria, Tecnologie alimentari o Biologia, ha un’età preferibilmente compresa tra i 25 e 35 anni e risiede nella provincia di Ancona. Capacità di analisi, organizzative, di gestione del tempo e spiccata attitudine al problem solving completano il profilo.

Sida group per conto di una società leader nel settore della prevenzione e sicurezza antincendio ricerca un/a: PROJECT MANAGER – Rif PJ/SD Il quale avrà la responsabilità di : • monitorare l’evoluzione delle normative antincendio per poter elaborare soluzioni tecniche innovative e tempestive, da proporre alla clientela storica e prospect; • proporre sul mercato delle PMI italiane i prodotti e i servizi dell’azienda, progettando anche soluzioni tailor-made, costruite in rapporto a specifici bisogni rilevati; • curare l’acquisizione di nuovi clienti, gestendo il rapporto commerciale con continuità in ottica di key accounting. Principali requisiti richiesti: • Ottima padronanza del quadro normativo relativo alla sicurezza in azienda ed in particolare alla prevenzione e controllo degli incendi • Esperienze di lavoro significative maturate in ambito B2B • buona conoscenza della lingua inglese • ottimo utilizzo del computer • Residenza nelle Marche • Laurea in Ingegneria o in discipline tecniche • Esperienza di progettazione in aziende del settore meccanico e/o impiantistica industriale Vogliamo entrare in contatto con persone determinate, con forte spirito d’iniziativa e motivate al ruolo. Rigore professionale e flessibilità nell’approccio con il cliente completano il profilo.

*Per consultare la sezione completa link al sito www.mlmagazine.it

Gli interessati sono pregati di inviare dettagliato curriculum, con consenso al trattamento dei dati, citando in busta il riferimento a: SIDA S.r.l. Via I° Maggio - 60131 Ancona - Fax 071/2852245 - info@sidasrl.it - www.sidasrl.it Consenso: richieste di autorizzazione provvisioria alla Ricerca e Selezione del personale in corso, ai sensi del D.Lgs. 276/03. I candidati ambosessi (L. 903/77) sono invitati a leggere sul nostro sito l’informativa sulla Privacy (D. Lgs. 196/03).


ITINERARI&IMPRESE Bruno Bucciarelli Pres. Confindustria Marche

JVILLAGE:

la manifattura diventa tecnologica La Cittadella marchigiana delle tecnologie nell’ex Sadam di Jesi: sinergia tra la Regione e Confindustria. di Lucia Fava

U

n luogo dove ospitare le aziende tecnologicamente all’avanguardia e con capitale umano qualificato. Si chiamerà JVillage è sarà una “cittadella delle tecnologie” che, replicando esperienze internazionali e nazionali di successo, attrarrà, in un unico sito (l’area ex Sadam di Jesi, in base all’accordo di riconversione del 2011) le Knowledge companies, ovvero quelle aziende a elevato contenuto tecnologico che daranno impulso alla manifattura intelligente 4.0. Presentato nella sede della Regione Marche, JVillage è un progetto ambizioso, nato all’interno di Confindustria Ancona, che ha acquisito un respiro regionale grazie alla volontà di Confindustria Marche di farne un intervento strategico per tutto il territorio, con la condivisione della Regione Marche. “È un’iniziativa che si collega perfettamente al primo punto del programma di governo regionale, ossia creare occupazione – ha detto l’assessore all’Industria, Manuela Bora – il progetto valorizza le aziende ad alto contenuto tecnologico che daranno poi impulso allo sviluppo della manifattura 4.0, quella che si fonda sull’in-

tegrazione crescente di servizi, internet e tecnologie informatiche nella produzione industriale”. Le Marche, anche per il ruolo coordinatore della Commissione attività produttive della Conferenza delle Regioni, saranno, di fatto, una Regione pilota, tra le prime a muoversi sulla base degli obiettivi del progetto nazionale Industria 4.0 che dovrebbe essere presentato a breve. “In sede di approvazione del bilancio troveremo le risorse necessarie per avviare la legge regionale, per poi attingere a quelle della programmazione europea”, ha concluso l’assessore. “Questo testimonia la capacità progettuale e la visione del mondo industriale – spiega Bruno Bucciarelli, Presidente Confindustria Marche - si tratta di un’iniziativa ad alto valore aggiunto che guarda al futuro e aumenta l’attrattività di tutto il territorio puntando sul fattore innovazione”. “L’idea di realizzare a Jesi una cittadella delle tecnologie è nata a novembre 2014 in Associazione e rappresenta uno dei progetti fondamentali per il rilancio del territorio e del sistema economico imprenditoriale delle Marche – ha spiegato Claudio Schiavoni, presidente di Confindu-

stria Ancona - l’idea di base è quella di creare un vero e proprio spazio fisico che risulti attrattivo per un sempre maggior numero di aziende tecnologicamente all’avanguardia e con capitale umano sempre più qualificato, provenienti anche da fuori regione. Sono le cosiddette knowledge companies, protagoniste indiscusse del mercato futuro. Le Knowledge companies sono presenti nelle Marche. L’elemento nuovo e determinante di JVillage, però, è il meccanismo di contaminazione che deriva dal riuscirle a insediarle nel medesimo spazio per farle stare tutte insieme. Questa modalità facilita il network, aumenta l’efficacia della filiera avanzata, accelera l’evoluzione tecnologica delle singole realtà e dell’intero sistema economico-territoriale”. La condivisione di un luogo fisico, dove insediarsi, attiva un meccanismo di contaminazione di idee e di scambio di competenze il cui moltiplicatore è decisamente superiore alla mera sommatoria di quanto le singole realtà potrebbero fare emergere, restando logisticamente distanti le une dalle altre.

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ITINERARI&IMPRESE

IL “SIGNORE DEGLI ANELLI” STREGATO DALLE MARCHE Jury Chechi si scopre imprenditore e produttore di vini. Dalla Toscana sbarca nelle Marche con il suo Colle del Giglio, l’agriturismo-spa nelle colline di Ripatransone. di Vilma Mazzocco

L’

olimpionico che fa impresa nelle Marche. Il campione plurimedagliato Jury Chechi propone il wellness e il buon cibo a Ripatransone con il relais Colle del Giglio: un agriturismo e centro benessere nelle colline dell’ascolano. Una svolta imprenditoriale, nella vita dello sportivo, che forse in pochi s’aspettavano. Ma in realtà, nei progetti dell’atleta, era in aria da tempo la possibilità di aprirsi ad esperienze lontane dal mondo dello sport. E il turismo è stata una soluzione che si è subito mostrata essere quella giusta. E da un toscano doc come lui, scegliere le Marche, è un ulteriore attestato di stima che riceve questa regione in

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continua scoperta da parte di molti imprenditori. Il territorio dove sorge la struttura di Jury Chechi è il cosiddetto belvedere del Piceno: una delle definizioni più usate quando si parla di Ripatransone, per lo spettacolo naturale che offre e che spazia dalla Montagna dei Fiori al Gran Sasso, ai Monti Sibillini. Ma Ripatransone è anche una città d’arte, e passeggiando per le vie della città, ci si può imbattere nella suggestiva cattedrale, che conserva la pala che raffigura una Madonna col bambino e i santi Gregorio Magno e Margherita, protettori del paese. Per la sua bellezza gli storici d’arte suppongono che l’autore sia Orazio Gentileschi, pittore toscano

del ‘600, seguace del Caravaggio. Di incantevole bellezza anche il palazzo municipale e il maestoso Palazzo del Podestà, icona della fiorente attività del comune nel medioevo. Al suo interno il teatro ottocentesco, intitolato a Luigi Mercantini. Una delle curiosità che maggiormente attrae i turisti è uno strettissimo vicoletto, largo appena 43 cm. Ma se l’arte, la storia e le peculiarità del territorio sono tra le principali attrazioni del borgo ascolano, Jury Chechi ai suoi avventori non poteva esimersi dal proporre anche soluzioni sportive, oltre al più classico turismo esperienziale. “Infatti propongo itinerari per atleti e principianti, che hanno un unico fine: alle-


ITINERARI&IMPRESE nare il corpo e la mente alla bellezza della natura – spiega l’ex ginnasta potremo così respirare insieme i profumi della vegetazione che il Colle del Giglio offre, ammirare la pienezza di un tramonto o scorgere le prime luci dell’alba di Ripatransone, raggiungere una meta da soli o in gruppo”.

ni diverse, ma devo dire che mi stupisco sempre positivamente di questa caratteristica dei Marchigiani”.

Lei è stato un atleta, un campione, ed ora è anche imprenditore. Come nasce questa vocazione? “Ho sempre avuto l’idea di investire nel settore del turismo e della ristorazione. Sono due attività che mi stimolano molto anche perché mi piace il contatto con le persone e soprattutto sono soddisfatto quando riesco a far stare bene gli ospiti del mio resort. Credo fermamente che per avere successo, inteso come raggiungimento dei propri obiettivi, la passione sia un aspetto predominante”.

Che tipo di risposta turistica ha potuto constatare? Le Marche sono una regione appetibile dal punto di vista turistico? “Assolutamente si. Ma il problema principale che ho riscontrato è la poca conoscenza del territorio da parte dei turisti, soprattutto Italiani. Quando, però, riusciamo ad intercettarli, risulta molto semplice fidelizzarli. Credo che dipenda dalle qualità e professionalità delle strutture, ma soprattutto dalle bellezze del territorio. Devo dire che rispetto alla costa, l’entroterra è davvero meno conosciuto”.

Ma perché proprio le Marche? Conosceva già questa regione? E quali sono le peculiarità che l’hanno spinta ad investire da queste parti? “Le Marche principalmente perché le conoscevo molto bene, dato che mi sono allenato in queste zone per più di 20 anni nella preparazione estiva con la nazionale di ginnastica artistica. Quindi per il piacere di stare in questa terra, ma soprattutto perché credo che abbia ancora molte potenzialità nel settore del turismo e specificatamente nel turismo legato all’eccellenze del territorio e della enogastronomia”. Cosa ha scoperto delle Marche, che prima non conosceva? “Nelle Marche, con questo mio progetto, ho avuto la conferma della professionalità delle persone oltre che della capacità produttiva e lavorativa delle stesse. Ho altre attività in regio-

Ha trovato un territorio adatto al tipo di impresa che ha messo in piedi? “Direi di sì, anche se si più fare di più”.

“Le Marche: una forte tradizione enogastronomica. Ma occorre promuovere di più l’entroterra”. Punti di forza e punti di debolezza, secondo lei, delle Marche del turismo? Punto di debolezza direi, appunto, la poca promozione del territorio e delle sue eccellenze storico-paesaggistiche. Punto di forza, invece, aver mantenuto con cura un’identità specifica sia dal punto di vista architettonico e paesaggistico, senza contaminarlo troppo con attività, strutture, che non hanno a che fare con queste splendide terre”.

Ha riscontrato una sponda, o un aiuto, da parte delle istituzioni? “Mi pare assolutamente di poter dire che questa nuova legislatura stia facendo bene e abbia intrapreso la giusta direzione per promuovere la Regione Marche”. Il prodotto enogastronomico delle Marche può competere con i corrispettivi di altre regioni più blasonate, come Toscana e Umbria? “Penso di sì, anche se non credo sia una buona strategia prendere come riferimento le altre regioni. Come dicevo, le Marche hanno una forte tradizione ed eccellenza nell’enogastronomia. E credo debba puntare solo a promuoverla nel miglior modo possibile. Nella mia azienda produciamo tre etichette di vino, oltre che un olio extravergine d’oliva, proprio perché credo siano delle eccellenze che questa terra ci regala”. Il made in Marche può essere un buon volano turistico? “Non avrei investito molto denaro e tempo se non fossi assolutamente convinto di questo”. Progetti per il futuro? “Sviluppare sempre di più la mia attività, puntando soprattutto sulla qualità ed il livello nella parte ricettiva. Anche per questo ho appena ultimato una zona spa davvero molto bella. E poi sento che devo fare quello che mi è possibile per far conoscere questo meraviglioso territorio. Magari anche ed attraverso lo sport”.

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EXPO&FIERE

MOBILE E VINO, LE MARCHE PRODUCONO ECCELLENZA di Fabio Di Giulio

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alla produzione vinicola all’arredamento, il brand marchigiano fa la sua parte al Vinitaly e al Salone del Mobile. L’assessore regionale all’agricoltura, Anna Casini: “attraverso il Piano di sviluppo rurale incentiviamo l’aggregazione delle aziende”. Manuela Bora, assessore regionale alle attività produttive: “presenza marchigiana all’insegna del gusto e della tradizione”. Le Marche del vino e del mobile s’impongono a Verona e a Milano. Dal Vinitaly al Salone del Mobile, le aziende produttrici della regione hanno portato nei padiglioni fieristici il meglio dell’impresa marchigiana. VINITALY “Grande affluenza di pubblico e un forte interesse per le nostre denominazioni, con il Verdicchio che continua a catalizzare l’attenzione di visitatori, buyer e distributori e a fare da

traino a tutti i vini marchigiani”. Così il direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini - IMT, Alberto Mazzoni a margine della 50^ edizione di Vinitaly. “L’edizione 2016 del salone mondiale del vino si chiude con un bilancio assolutamente positivo per le Marche - ha dichiarato il direttore

Mazzoni - che vede i nostri produttori soddisfatti per i contatti consolidati con Canada, Usa, Giappone, Germania e per quelli aperti con numerosi Paesi dell’Est come Romania, Bulgaria e Croazia. Durante la manifestazione – ha continuato Mazzoni - si è parlato molto di Cina, un mercato su cui puntare, guardando alla fascia dei

millennials, ovvero i giovani nati dagli anni Ottanta fino al 2000, che non si fanno troppo influenzare dal prezzo. Registriamo infine un rinnovato interesse da parte della ristorazione italiana”. Strategica è stata la partnership con Il Sole 24 Ore-Food 24, con la presenza nelle dirette dalla terrazza Marche dei più importanti attori della filiera, delle organizzazioni e delle istituzioni di riferimento per il settore. Tra questi, il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, il presidente dell’Ice, Riccardo Monti, il coordinatore S&D per la commissione agricoltura dell’Europarlamento, Paolo De Castro, il presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), Domenico Zonin, il presidente di Federvini, Sandro Boscaini, il direttore scientifico di Vinitaly International Academy, Ian d’Agata, il presidente dell’Istituto Grandi Marchi, Piero Mastroberardino, la presidente della Fivi, Matilde Poggi e la vicepresidente del Movimento Turismo del Vino, Serenella Moroder. Tra le occasioni di incontro e

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EXPO&FIERE confronto, sono tornati, per l’edizione 2016, gli assaggi liberi in terrazza con circa 190 etichette del consorzio, dal Verdicchio al Bianchello del Metauro, dal Rosso Conero alla Vernaccia di Serrapetrona, dal Colli Maceratesi al

Colli Pesaresi, dalla Lacrima di Morro d’Alba al Pergola. Vinitaly è stato anche l’occasione per fare il punto sul polo enogastronomico regionale Food Brand Marche e sul valore dell’agroalimentare nell’economia regionale con l’indagine “Il valore socioeconomico del vino e dell’agroalimentare nelle Marche” di Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma che è stato presentato l’11 aprile alle 12,30 nello stand della Regione. All’evento hanno partecipato la vicepresidente e assessore all’Agricoltura Regione Marche, Anna Casini, lo chef stellato e ambasciatore di Food Brand Marche, Moreno Cedroni, il giornalista enogastronomico Carlo Cambi, il direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini e di Food Brand Marche, Alberto Mazzoni, il vicepresidente dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, Antonio Centocanti. A seguire gli assaggi Food Brand Marche firmati dallo chef Errico Recanati (1 stella Michelin). “I vini italiani – spiega l’assessore regionale all’industria agroalimentare Anna Casini - sono sempre più protagonisti sui mercati internazionali e le Marche consolidano la loro reputazione di regione vinicola,

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con una crescita in valore dell’export di oltre il 65% nell’ultimo decennio. Il dato dell’esportazione è dunque la punta di diamante, ma è l’intero settore vitivinicolo marchigiano a confermare ed accrescere anno dopo anno la sua particolare vivacità. I risultati positivi non sono evidentemente frutto di improvvisazione, ma di professionalità, impegno e dedizione dei produttori che da tempo hanno smesso l’abito del contadino per indossare quello dell’imprenditore, competente, attento all’evolversi degli scenari e a cogliere le opportunità offerte dalle politiche agricole attraverso gli strumenti finanziari messi a disposizione dalla UE. Il settore, favorito anche dal ricambio generazionale, incrementa infatti le sue azioni innovative, reagisce prontamente al mercato e investe nel vigneto, in cantina e nel marketing per mantenere e consolidare le posizioni acquisite e per aumentare la capacità competitiva delle proprie imprese. Questa tendenza è sostenuta con convinzione dalla Regione che attraverso i fondi previsti dal Piano di sviluppo rurale 2014-2020 sta incentivando operazioni di aggregazione da parte della aziende al fine di avere la forza per poter giocare un ruolo fondamentale nel commercio internazionale, dove il rapporto tra compratore e venditore deve essere immediato e realizzato con prodotti superiori. SALONE DEL MOBILE Sono state trentotto le aziende marchigiane che hanno partecipato al Salone del mobile di Milano, che si è svolto dal 12 al 17 aprile alla Fiera di Rho. L’appuntamento milanese rappresenta l’evento più importante per il settore dell’arredamento, con proposte innovative provenienti da tutto il mondo. Un confronto di idee e ten-

denze per conquistare o consolidare quote di mercato internazionale, con il Made in Italy a recitare un ruolo da protagonista. “Quella marchigiana è una presenza qualificata, all’insegna del gusto e della tradizione – afferma l’assessora alle Attività produttive, Manuela Bora – ventinove aziende espositrici provengono dal distretto del legno di Pesaro, con proposte che sicuramente hanno saputo cogliere le nuove tendenze del mercato. La Regione è impegnata a sostenere il comparto che sta attraversando una fase difficile, a seguito della recessione internazionale in atto. Iniziative come quelle avviate con i fondi europei per rilanciare gli investimenti, per promuovere campionari con produzioni innovative, per sostenere la filiera del mobile, con il recente accordo con FederlegnoArredo, rappresentano interventi concreti che agevoleranno l’attività delle imprese. A Milano le nostre aziende propongono soluzioni che coniugano trazione e innovazione, nel segno della qualità che ha sempre contraddistinto la manifattura marchigiana”. L’assessore ha visitato anche alcuni stand degli espositori marchigiani. Nella giornata di giovedì 14 aprile, inoltre, ha presieduto i lavori della Commissione attività produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome che si è riunita nei padiglioni dell’esposizione. Il Salone del mobile di Milano compie 55 anni. È uno degli appuntamenti internazionali più significativi nel settore dell’arredo. Lo scorso anno ha registrato 310 mila visitatori. Gli espositori sono stati oltre 1.300, distribuiti su uno spazio espositivo di 150 mila metri quadri, suddivisi nelle tipologie stilistiche Classico e Design per consentire al pubblico un percorso funzionale all’interno del mondo del mobile e del complemento.


EXPO&FIERE/VINITALY

IL GRANCASALE TOGNI NELL’ELITE STELLATA AL VINITALY Il Verdicchio Doc si è presentato con il miglior punteggio, e riceve il premio nella categoria 5 Star Wines. Il produttore Paolo Togni: “E’ un grande traguardo che conferma la qualità diffusa sul nostro territorio” di Guido Guidi

A

Verona cinque Verdicchi sono stati presentati nella 5 Stars Wines, il nuovo Premio enologico internazionale di Vinitaly che ha selezionato esclusivamente vini con punteggi da 90 centesimi in su. E il Grancasale della cantina Togni porta a casa il Premio di categoria. Nel panel enologico sono entrati a far parte: il Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore “Grancasale” 2013 – Togni,

Verdicchio dei Castelli Di Jesi Doc Classico Superiore “Laurana” 2015 – Terre Cortesi Moncaro, Verdicchio dei Castelli Di Jesi Doc Classico “Vignedileo” 2015 – Azienda agricola Tre Castelli, Verdicchio dei Castelli Di Jesi Doc Classico Superiore “Via Condotto 2015” – Tenuta Musone, Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore 2014, di Coldicorte. Il bilancio: “Un Vinitaly positivo sotto molti punti di vista – spiega il produttore Paolo

Togni – prima di tutto sul fronte delle visite allo stand e dei contatti, italiani e internaizonali. Poi, per quanto riguarda la nostra cantina, c’è la grande soddisfazione di aver ricevuto il premio nella categoria 5 Star Wines, e soprattutto la grande occasione di aver presentato il nostro Grancasale Bio“. Tra i vini, Grancasale aggiunge un altro riconoscimento al suo palmares e si è presentato al Vinitaly da vincitore: dopo i Tre Bicchieri del Gambero

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EXPO&FIERE/VINITALY Rosso, l’etichetta della cantina CasalFarneto del Gruppo Togni, guidato da Paolo e Paola Togni, è tra i migliori vini selezionati dal Premio Internazionale 5 Star Wines di Vinitaly. Nato 23 anni fa come riconoscimento per le aziende vinicole che investono sul continuo miglioramento qualitativo dei propri prodotti, il Premio da quest’anno ha cambiato pelle, con un’ulteriore qualificazione del panel giudicante, composto da esperti di altissimo valore internazionale, provenienti da tutti i paesi produttori, per una valutazione supportata da una effettiva conoscenza di ogni specifico vino. Inoltre, per la prima volta i vini hanno ricevuto un giudizio in centesimi, con l’ingresso in classifica dei soli che abbiano raggiunto un punteggio tra 90 e 100. Su 2.700 campioni di vino iscritti, il Grancasale è entrato in classifica con 91/100, nella categoria “Vini tranquilli a denominazione di origine e a indicazione geografica” tra i “vini bianchi affinati in legno”, unico marchigiano di questo gruppo. Etichetta che ha accompagnato la storia di Casalfarneto, cantina nata 21 anni fa a Serra De Conti ed entrata nella galassia Togni nel 2005, Grancasale “è l’autentico rappresentante della nobile definizione di ‘rustico elegante’ “spiega il direttore Danilo Solustri. L’uva viene raccolta in stato

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di leggera surmaturazione, lasciando macerare a freddo le bucce con il proprio mosto, il vino compie parte della sua maturazione in botti di legno per affinarsi poi molti mesi in bottiglia. “E’ un vino di grande soddisfazione” precisa Solustri, “molto elegante, corposo, ricco di sentori di lieviti e di sfumature minerali, con note aromatiche molto pronunciate. Un vino decisamente più importante dei Verdicchio tradizionali”. “Per quanto concerne, invece, la nostra linea spumanti abbiamo presentato la nostra Cuvèe numero uno della linea Rocca De’ Forti – continua Paolo Togni – lo spumante sta conquistando sempre più i mercati esteri, ed è per questo che la nostra azienda sta assumendo nuove figure professionali che si occupino proprio dell’export”. Ed è proprio l’export il settore su cui molti produttori marchigiani si stanno orientando da tempo. O, per lo meno, cercano di avvicinarsi. Ma quali sono i mercati di riferimento, e quali le difficoltà per le aziende che vogliono aggredire i mercati esteri? “Innanzitutto, per quanto riguarda la nostra azienda, i mercati di riferimento sono sostanzialmente tre – prosegue Togni – e riguardano l’area delle Americhe, con Usa, Canada e Sudamerica. Poi l’area asiatica con particolare

attenzione verso la Cina, Giappone e Russia, anche se con la svalutazione del rublo, quest’ultima area produce fatturati più contratti rispetto al passato. Ed infine il continente europeo, che resta sempre un ottimo punto di riferimento. Parlando di criticità – spiega il produttore – direi che il punto dove siamo più deboli è la comunicazione. Dovremmo creare degli ambasciatori del vino marchigiano, che vadano nei Paesi stranieri a promuovere le nostre etichette. O, se non altro, quelle più conosciute, che poi consentano anche ai più piccoli di entrare in un mercato estero. Ma bisogna essere ben strutturati. Il grande lavoro che fa l’Istituto di Tutela dei Vini Marchigiani è già un’ottima cosa. Ma dobbiamo investire, noi produttori, molto di più in comunicazione. E’ fondamentale”. Il Gruppo Togni, attivo da oltre 60 anni nel settore del beverage con gli spumanti Rocca dei Forti , l’acqua minerale Frasassi e la birra Terza Rima, è entrato nel mondo del vino con la volontà di valorizzare il legame con la propria terra: “Il vino è tra le migliori espressioni della cultura e delle tradizioni di un territorio - conclude Paolo Togni - per questo abbiamo voluto investire su questo prodotto e sulla sua qualità, per dare maggiore forza al brand Marche, un marchio dalle grandi potenzialità per veicolare le nostre imprese e i nostri prodotti nel mondo. Grancasale in pochi mesi ha ottenuto due riconoscimenti da giurie molto diverse e altamente qualificate, a conferma che il percorso intrapreso 20 anni fa da CasalFarneto è coerente con il nostro obiettivo e va nella giusta direzione”.


EXPO&FIERE/SALONEDELMOBILE

A MILANO IL MOBILE PARLA PESARESE Una presenza importante e significativa, quella del comparto pesarese, al Salone del Mobile a Rho. Filippo Antonelli, Presidente del Gruppo Mobile di Confindustria Pesaro-Urbino: “il distretto marchigiano, e quello pesarese in particolare, ha mostrato di avere i prodotti giusti per richiamare l’attenzione di una clientela mondiale”. Intanto l’Università di Camerino ha presentato il progetto “Environment Interaction and Multisensory Virtual Reality”: la prima esperienza in realtà virtuale immersiva all’interno di modelli della produzione Lube Treia. di Andrea Maccarone

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l comparto pesarese si presenta al salone del mobile da peso massimo delle Marche. Infatti ben 29 aziende, su un totale regionale di 38, arriva proprio da Pesaro. Senza nulla togliere, però, ad altre realtà affini, che provengono dall’entroterra e dal sud della regione. Viene in mente, ad esempio, il primo showroom virtuale presentato a Eurocucina 2016 dall’Università di Camerino in collaborazione con il gruppo Lube, che insieme offrono la prima esperienza in realtà virtuale immersiva all’interno di modelli della produzione Lube Treia. Il tutto realizzato dalla Scuola di Architettura e Design “E. Vitto-

ria” di Unicam in collaborazione lo spin off e-Lios. Un’esperienza virtuale immersiva realizzata mediante la tecnologia Head Mounted Display (HMD) di Oculus Rift, che permette all’utente di muoversi all’interno di un ambiente cucina in 3D e di interagire con l’ambiente circostante. Lo showroom virtuale è stato prodotto all’interno del progetto denominato “Environment Interaction and Multisensory Virtual Reality”, nato con l’obiettivo di studiare l’interazione individuo-ambiente tramite riproduzione di contesti reali e virtuali di ambienti cucina. Il rettore dell’Università di Camerino, Flavio Corradini, non ha

fatto mancare la sua presenza al Salone del Mobile, proprio per presentare il progetto innovativo e futuristico. Ma, tornando al mondo delle imprese, l’appuntamento milanese è servito a fare il punto sullo stato di salute delle aziende marchigiane di settore. “La produzione industriale, nella sola provincia di Pesaro Urbino, è cresciuta del 4,1% nell’ultimo trimestre 2015 – spiega Filippo Antonelli, Presidente del Gruppo Mobile di Confindustria Pesaro-Urbino - periodo nel quale sono cresciuti anche i fatturati, sia sul mercato interno (+1,35) che sull’estero (+10,4%). Sono dati incoraggianti, che descrivono un lieve recupero del

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EXPO&FIERE/SALONEDELMOBILE settore dell’arredamento, che è stato uno dei più colpiti dalla crisi”. Su 38 aziende marchigiane che hanno partecipato al Salone del Mobile di Milano, 29 erano del pesarese. In che modo si misura la forza del distretto pesarese del mobile rispetto agli altri importanti competitor nazionali? “A Milano, il distretto marchigiano, e quello pesarese in particolare, ha mostrato di avere i prodotti giusti per richiamare l’attenzione di una clientela mondiale. Le aziende presenti hanno spinto molto sull’innovazione, sulla qualità, ma anche su un’attenzione particolare alle esigenze del singolo cliente, soprattutto quello internazionale. Siamo tornati a essere un distretto produttivo forte, riconosciuto e ricercato sui mercati globali, come conferma l’incremento a due cifre percentuali delle nostre esportazioni”. La Regione Marche ha annunciato una serie di incentivi, grazie ai fondi europei, per il settore del mobile e dell’arredamento. Secondo lei queste cosiddette misure istituzionali possono seriamente aiutare il settore? Oppure, di cosa altro c’è bisogno per rimettere in moto un meccanismo virtuoso? “L’impegno dell’assessore Bora è stato davvero importante, perché ha messo al centro di parte delle politiche della Regione anche l’arredamento, mostrando così grande concretezza e attenzione verso un settore leader per l’economia marchigiana. Dall’altra parte, imprese, associazioni di categoria e il Cosmob, il centro tecnologico, hanno risposto con prontezza, lavorando insieme nel costruire un percorso condiviso. E’ l’inizio di un meccanismo virtuoso, che va consolidato e portato a metodo. Finalmente non si parla di fare siste-

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ma e lo si fa davvero”. Export: quanto e cosa rappresenta per le imprese di questo settore? Come fare per aggredire i mercati esteri? E quali sono i mercati esteri di riferimento al momento? “L’export è tutto per il nostro arredamento, anche perché penso che il mercato italiano non sia ancora in grado di dare garanzie di solidità, visto che è ancora molto legato agli incentivi statali.

giusta e il Pil in crescita, fattori che dovrebbero favorire una presenza più consistente del ‘made in Marche’. Aggiungo, perché ne sono profondamente convinto, che sia i grandi che i piccoli produttori possano e debbano fare passi in avanti sul fronte delle vendite online, che richiedono bassi costi organizzativi e presentano ampi margini di crescita”. Si parla molto di innovazione e strategie innovative. In che modo si può essere innovativi, strategicamente, nel settore del mobile? “Semplifico la risposta, indicando due linee strategiche: convinto orientamento verso l’export, più attenzione e disponibilità verso le richieste anche proveniente da un singolo cliente”. Il Made in Italy è ancora un brand appetibile all’estero? “Milano è la conferma: gli operatori stranieri rappresentano la stragrande maggioranza di chi visita il Salone”.

Questo significa che le aziende, anche quelle più piccole, devono sempre più internazionalizzarsi. Proprio i dati dell’export, ci dicono che Francia, Germania e Stati Uniti, e quindi Paesi ricchi, sono i principali mercati di destinazione dei nostri prodotti. Spero che la Russia possa tornare a essere presto un solido cliente, visto che i fatturati verso Mosca si sono ridotti sensibilmente per via delle sanzioni imposte dall’Ue, e credo che Cina e India abbiano la dimensione

Fiere ed Expo, sono ancora utili ai fini commerciali? “Sbaglia chi pensa che al Salone di Milano si debbano raccogliere ordini importanti: è piuttosto una straordinaria vetrina mondiale, utile a prendere contatti di qualità che nei mesi successivi potrebbero diventare anche fatturati. Ma Milano rappresenta un’eccezione, perché oggi la rete ha aperto occasioni per contattare e vendere prodotti molto più fruttuose e molto meno costose di fiere ed expo”. Aspettative sul futuro del vostro settore? “I numeri vanno consolidati, nessuno si illuda che il recupero possa andare avanti senza uno sforzo continuo e straordinario degli imprenditori”.


EXPO&FIERE/TIPICITÀ

DA TIPICITA’ IN BLU AL GRAND TOUR DELLE MARCHE: IL TERRITORIO SI ACCENDE DI INIZIATIVE “FOOD&WINE” di Chiara Bartolomei

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al 19 al 22 maggio la di Ancona si ripropone con “Tipicità in blu”, evento organizzato dal Comune di Ancona in collaborazione con la Camera di Commercio di Ancona. Il fortunato format consente di vivere da protagonisti un’esperienza inedita legata ai richiami e alle suggestioni del mare. Decisamente attraente la nuova formula, che offre la possibilità di costruirsi, tra le innumerevoli proposte del cartellone, la propria personale esperienza, componendo un vero e proprio “menù di visita”. Tante le attività che si svolgeranno, andando a coinvolgere i luoghi chiave della città, ovviamente nell’area del waterfrond. Così, dal Mandracchio al Porto Antico, includendo anche alcuni eventi dislocati a Marinadorica, in questi quattro giorni il capoluogo vivrà una serie importante di attività, laboratori, degustazioni, approfondimenti. Tutti esclusivamente legati al tema del mare e delle sue peculiarità. Qundi, cibo e tradizioni, cultura e storia. “L’evento nasce per dare una centralità strategica alla città di Ancona – spiega Alberto Monachesi, responsabile Relazioni e Sviluppo di Tipicità – inoltre l’appuntamento dorico assume una valenza ancor più particolare,

in quanto rappresenta il primo evento legato al Grand Tour delle Marche”. Insomma sarà un weekend molto intenso: mini crociere a bordo di pescherecci per gustare il volto di “Ancona” direttamente dal mare, proposte di cucina marinara al porto peschereccio in compagnia dei pescatori, “immersioni scientifiche” e laboratori con gli esperti tra gli innumerevoli segreti del mare. Speciali “proposte week end” consentiranno di vivere anche altri aspetti della linea blu di Ancona, tra le quali una speciale regata gastronomica, la “sailing chef” e lezioni-spettacolo in compagnia di volti noti con l’Accademia Oro di Mare. Per i gourmet ed i food-lovers, i ristoranti ed i bar di Ancona si vestono di blu, con speciali menù dedicati all’evento ed aperitivi a tema. Discorso più ampio, invece, riguarda il percorso del Grand Tour delle Marche 2016. Con Tipicità, da maggio a novembre, si offre l’opportunità di vivere un’esperienza autentica nella regione più longeva d’Europa. Come? Attraverso un circuito di eventi fortemente caratterizzati da cibo e manualità, per gustare con tutti i sensi la Tipicità EXPerience. Un’innovativa piattaforma digitale dedicata, una rete di servizi a terra che consentono

la visita “tailor made”, un percorso a tappe di oltre 30 eventi “autentici”, sono gli ingredienti di una proposta già sperimentata con notevole successo in occasione del semestre di Expo 2015. Il Grand Tour delle Marche inizierà, quindi, con “Tipicità in blu”, programmata ad Ancona dal 19 al 22 maggio, e toccherà alcune tra le più significative località della regione depositarie dei più caratteristici simboli culturali, artistici, paesaggistici, ma soprattutto enogastronomici e del “saper fare”. Dopo aver esplorato, in lungo e largo, le mille identità e preziose “diversità” che le Marche sono in grado di proporre, questo fantastico “Giro delle Marche” si concluderà ad Acqualagna, con la “Fiera nazionale del tartufo bianco”. “Il Grand Tour è un macro-contenitore assai dinamico – conclude Alberto Monachesi – al cui interno entrano a far parte le realtà più rappresentative e importanti del territorio. Il senso generale di quest’esperienza è dare valorizzazione ad ogni territorio compreso nel percorso, attraverso una serie di iniziative ed eventi mirati ad accendere un riflettore su una regione che conserva gelosamente un’identità affascinante e un’attrattiva costante”.

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CLUBMOTORI

#GOFURTHER : le ultime novità tecnologiche dell’ovale blu e l’origine dell’ “andare oltre”

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è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti.” Così parlava Henry Ford, proprio per questo motivo ideò la Model T, prima vettura di massa della storia, in grado di essere accessibile a più persone possibile. Da allora, Ford ha sempre mantenuto un impegno costante nella ricerca, nello sviluppo e nell’innovazione attraverso la produzione di veicoli tecnologicamente avanzati e mettendo a disposizione del pubblico dispositivi solitamente riservati ad auto di altre categorie, permettendone una maggiore diffusione e creando una nuova idea di modernità. Tanti gli esempi a confermare la leadership Ford nell’innovazione tecnologica con sistemi in seguito adottati universalmente nel settore automobilistico. Dalle sospensioni a ruote indipendenti MacPherson nel 1949 sulla Vedette, ai tergicristalli a intermittenza nel 1969, dalle cinture di sicurezza a tre punti con aggancio rapido nel 1970 agli airbag laterali per la protezione di testa e busto nel 1999. Vediamo quali e quante soluzioni adotta Ford attraverso le sue tecnolo-

gie all’avanguardia che semplificano la vita a bordo e che consentono di ridurre consumi ed emissioni di CO2. Il percorso di “Democratizing Technology”, dando la giusta importanza di elementi chiave quali leggerezza ed aerodinamica, entra nel vivo con tre aree tematiche. La prima riguarda i dispositivi che consentono di misurare le distanze grazie al tempo di riflessione delle onde sonore e luminose (sonar e lidar). La seconda è la sezione dedicata alle telecamere applicate all’auto che permettono al guidatore di vedere dove il suo sguardo non riesce ad arrivare durante la retromarcia. La terza mostra l’evoluzione dei sistemi d’intrattenimento a bordo il cui punto di arrivo è rappresentato da una tecnologia all’avanguardia che modifica radicalmente il modo in cui l’uomo interagisce con l’auto attraverso i comandi vocali. Vediamo le “Remarkable Technologies” più rilevanti: Active Park Assist - individua lo spazio di parcheggio adeguato grazie ad appositi sensori e facilita la manovra. Lo sterzo è interamente controllato dal sistema mentre acceleratore e freni sono gestiti dal conducente con l’au-

silio degli stessi sensori. Adaptive Cruise Control - frena automaticamente la vettura diminuendo la velocità se il veicolo che precede viaggia più lentamente. Riaccelera e torna alla velocità desiderata quando la strada è libera. Auto High Beam - attiva e disattiva gli abbaglianti quando si incontrano veicoli provenienti dal senso opposto oppure dallo stesso senso di marcia, garantendo più comfort durante la guida notturna.

BLIS - il sistema di rilevamento veicoli nella zona d’ombra di Ford è una funzione di assistenza alla guida in grado di avvisare della presenza di veicoli nelle zone che non rientrano nella visuale del guidatore. Se un veicolo entra nella zona d’ombra, un LED ad alta luminosità si accende sul retrovisore avvisando il guidatore. Le

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CLUBMOTORI luci sono posizionate in modo da non distrarre il guidatore durante la guida normale, ma solo nei casi in cui debba controllare la strada negli specchietti retrovisori, per esempio prima di un sorpasso o di un cambio di corsia.

Cross Traffic Alert - La tecnologia che controlla entrambi i lati della strada in caso di uscita in retromarcia da un parcheggio a pettine. Se individua un veicolo in arrivo avverte il conducente tramite segnali visivi e sonori. Il sistema lavora grazie ai sensori laterali del BLIS ed individua oggetti in movimento entro un raggio di 14m. Door Edge Protector - protezione delle portiere. La tecnologia che utilizza elementi flessibili che fuoriescono automaticamente all’apertura della portiera, proteggendola da urti accidentali. Dynamic Led - fari adattivi intelligenti a Led. La tecnologia che adatta automaticamente il fascio luminoso Led alle condizioni di guida per assicurare la migliore illuminazione possibile in funzione del tempo meteorologico e della velocità. Ford Easy Fuel - rifornimento senza tappo. La tecnologia che elimina la possibilità di rifornirsi con il carburate errato grazie ad un dispositivo meccanico. Assicura, inoltre, un rifornimento rapido ed evita la possibilità

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di sporcarsi le mani non essendo presente il tappo carburante. Hands Free Liftgate - apertura e chiusura bagagliaio senza mani. La tecnologia che ha reso possibile aprire e chiudere il portellone con un semplice movimento del piede sotto il paraurti posteriore. In questo modo, avere le mani occupate o le chiavi in tasca non sarà più un problema.

Intelligent All-Wheel Drive - la trazione integrale intelligente è la tecnologia, straordinariamente innovativa, che assicura sempre il grado di aderenza, equilibrio e reattività in curva per ottenere la massima trazione in qualsiasi condizione di fondo stradale (asciutto, bagnato o ghiacciato). La tecnologia Ford è in grado di passare alla trazione 100% anteriore o posteriore quando necessario, assicurando sempre consumi ridotti, per esempio se si percorrono autostrade o strade ad alto scorrimento.

SYNC 2 - sistema Bluetooth a comando vocale di nuova generazione con schermo touch a colori da 8”, ora permette di visualizzare e selezionare la propria musica preferita, controllare il navigatore, radio e il climatizzatore, effettuare chiamate direttamente dalla propria rubrica e leggere gli SMS, sempre senza togliere le mani dal volante. SYNC Emergency Assistance - è la tecnologia che chiama i servizi d’emergenza (112), in caso d’incidente, attraverso il telefono del cliente collegato via Bluetooth. Il SYNC con Emergency Assistance è una tecnologia gratuita, dalla durata illimitata e potenzialmente salva-vita. Una piccola nota personale: la Ford Eusebi, grazie ad un’attenzione sempre più puntale alle esigenze dei clienti e alla nostra squadra Fleet (vetture, veicoli commerciali e noleggi lungo termine), già da oggi si reca direttamente dal cliente col veicolo richiesto per Test-drive e preventivi in loco. Nel dettaglio, studiamo lo stile di guida e di lavoro delle nostre aziende clienti, per fornire loro gli allestimenti e gli accessori più indicati ad aumentare il comfort del proprio “ufficio mobile”.


STARTUP/MIND’SUP

LA STARTUP: UNA RISPOSTA ALLA DISOCCUPAZIONE In un contesto culturale in cui una serie di luoghi comuni (assolutamente disallineati rispetto alla realtà) suggeriscono a molti giovani di tenersi lontani dal mestiere di imprenditore/imprenditrice, l’unica vera reazione ad una crisi persistente risiede forse in chi ha il coraggio di andare oltre numerose apparenze, andando a cogliere opportunità apparentemente invisibili ai più. di Michele Barchiesi Management Academy Sida Group - Sviluppo Organizzativo e Strategia d’Impresa

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i vorrebbero decine e decine di pagine per provare a spiegare quante e quali cose stiano succedendo in questi mesi nel mondo e, in particolar modo, in Italia. E si tratterebbe in buona parte di una chiarificazione su informazioni inerenti a fatti percepiti male, raccontati anche peggio e consolidatisi nella cognizione comune, progressivamente, con tutti i crismi dei luoghi comuni e, in quanto tali, decisamente sbagliati.

A CURA DI

Intendo dire che non è che alberghi in me chissà quale verità assoluta ed inedita, ma che a guardare bene molti nostri comportamenti radicati e reiterati, la sensazione è che molte nostre decisioni siano condizionate da una percezione non del tutto corretta dello scenario geopolitico, economico, tecnologico e sociale attuali (e la cosa si complica enormemente se si parla della prospettiva). Mi occupo molto, tra altre attività, di orientamento scola-

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STARTUP/MIND’SUP

stico e al mondo del lavoro, nonché di attività di affiancamento, tutoraggio e coaching per aspiranti imprenditori. Una delle obiezioni che mi vengono mosse spessissimo quando parlo di imprenditorialità ha a che fare con il “rischio di impresa”, mentre un’altra tipica riguarda la difficoltà di ottenere denaro dal sistema bancario. Beh, la premessa fondamentale, sicuramente, è che se tutto il processo fosse semplice, lineare, facilmente accessibile, integralmente privo di rischi e totalmente noto a chiunque, dovremmo chiederci perché non siamo già tutti imprenditori di successo (e magari dovremmo chiederci perché ancora esiste un mercato normalmente concorrenziale e selettivo). Quindi, almeno da parte mia, nessuna favola motivazionale. Certo è che, però, il panorama non è affatto come crediamo che sia: il basso prezzo del petrolio, sommato al piano della BCE per rilanciare l’economia, ai fondi di garanzia nazionali ed europei e ai finanziamenti agevolati targati “EU”, sono tutti ottimi motivi per pensare che questo sia un buon momento per accedere al capitale e concretizzare un’idea di impresa. Non si dimentichi, in questo, che il comportamento d’acquisto dei clienti è in profonda fase di cambiamento e con esso stanno modificandosi le abitudini di utenza, le forme distributive, i modelli di business, le capacità di spesa, la percezione del valore, e così via. Insomma, in un mondo che pare rallentare (almeno in al-

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cuni dei suoi comparti tradizionali) e che sta facendo non una, ma una serie di mute consecutive, questo è forse il momento migliore per cominciare. Ovviamente, farlo da soli è quanto meno imprudente. Intendo dire che il livello della competizione attuale, se si vuole concretizzare qualcosa di più duraturo e concreto di una stella cadente nel panorama imprenditoriale, pretende standard elevati, per i quali una sola persona, o comunque la sola compagine sociale, potrebbe non avere abbastanza tempo e competenze. Uno dei problemi principali, infatti, non è tanto nell’idea in sé, che ricopre pur sempre un ruolo fondamentale, ma si incarna nella mancanza di un network già avviato, nella mancanza di contatti, nell’iniziale scarsità di interazioni, nella ridotta capacità negoziale, nella bassa visibilità. In altri termini, quello che manca ad una buona idea, per diventare una buona opportunità di business, è la velocità, intesa come tempestività di percezione e di elaborazione, come reattività operativa, come elasticità umana e finanziaria. Si può ben intuire che la tematica dello start-up di impresa è densa, articolata, complessa, in costante mutamento, in progressiva evoluzione, ma se si comprende che molto spesso viene citato come vincolo (o come alibi) la mancanza di appoggio finanziario, quando invece il problema risiede nello scarso impulso iniziale e in qualche difetto della volontà, ecco che lo scenario appare decisamente diverso. Ad oggi, l’uscita dall’impasse economica per molti giovani non si prospetta attraverso la ricerca di un lavoro dipendente di stampo tradizionale (molte incertezze, lunghe attese, difficoltà di ottenere esattamente ciò che si cerca), ma cercando luoghi fisici e virtuali dove permettere alle proprie attitudini di diventare business, luoghi come gli incubatori di impresa, dove la collaborazione con altre startup e con professionisti qualificati permette di accedere a livelli di potenzialità e di effettività più elevati, irraggiungibili da soli, e di poter usufruire di finanziamenti qualificati e coerenti, accessibili ed incentrati sullo sviluppo e sulla progressione attraverso il mercato. È questo il momento di agire. Più tardi, saremo (un’altra volta) fuori tempo.


Unione europea Fondo sociale europeo

DAL 22/03/2016 SONO APERTE LE ISCRIZIONI AL PERCORSO DI ISTRUZIONE FORMAZIONE TECNICA SUPERIORE - IFTS:

“TECNICO SUPERIORE DELLA GESTIONE DEGLI EVENTI E FATTI CULTURALI” (TECNICHE PER LA PROMOZIONE DI PRODOTTI E SERVIZI TURISTICI CON ATTENZIONE ALLE RISORSE, OPPORTUNITA’ ED EVENTI NEL TERRITORIO)

POR MARCHE FSE 2014/20. Asse 3 P.d.l. 10.4 Scheda n. 192160 - Autorizzato e finanziato con D.D.P.F. N. 315/IFD del 18/11/2015 SOGGETTO PROPONENTE: GGF GROUP SRL Via I Maggio, 156 - 60131 ANCONA (AN) OBIETTIVI DEL CORSO: Il progetto formativo si pone l’obiettivo di formare delle figure qualificate per la gestione degli eventi e delle manifestazioni legate alla cultura nel senso più ampio della sua accezione, valorizzando le bellezze storiche, artistiche e ambientali della Regione Marche al fine di promuovere il territorio marchigiano e le sue potenzialità. Al termine del percorso formativo gli allievi saranno in grado di: identificare ed erogare servizi turistici finalizzati a valorizzare e integrare risorse ambientali, culturali ed enogastronomiche nel territorio; ideare e realizzare eventi culturali; implementare azioni di marketing e applicare specifiche tecniche di comunicazione e web marketing al fine di promuovere l’evento culturale; interagire nel gruppo di lavoro, adottando modalità di comunicazione e comportamenti in grado di assicurare il raggiungimento di un risultato comune e assumere comportamenti e strategie funzionali ad un’efficace ed efficiente esecuzione delle attività. REQUISITI D’ACCESSO DESTINATARI: Corso riservato a 20 partecipanti (11 posti riservati alle donne) con i seguenti requisiti: - Età superiore a 18 anni; - Occupati, Disoccupati e inoccupati; Titolo di studio: in possesso del diploma di Istruzione Secondaria Superiore o in possesso del diploma professionale tecnico di cui al decreto legislativo 17/10/2005 n. 226 art. 20 c.1 lettera c. (E’ consentito l’accesso anche a coloro che, pur sprovvisti di tali titoli, dimostrino il possesso di adeguate competenze alfabetiche e matematiche funzionali che contengono i requisiti essenziali per l’accesso a un canale di istruzione e formazione di livello post-secondario e quindi di 3° livello). SEDE DEL CORSO: Istituto d’Istruzione superiore L. Cambi – D. Serrani Via S. di Santarosa 2/a – Falconara Marittima (AN) DURATA CORSO: 800 ore (392 ore di stage, 396 ore d’aula, 12 ore esame finale). Sono previste indicativamente 4-5 lezioni settimanali. Inizio corso: Maggio 2016 Fine corso: Febbraio 2017 PROGRAMMA DIDATTICO: UC 1 – Competenza tecnico professionale: Identificare ed erogare servizi turistici finalizzati a valorizzare e integrare risorse ambientali, culturali ed enogastronomiche del territorio. UC 2 – Competenza tecnico professionale: Ideare e realizzare un evento culturale e promuovere il territorio marchigiano. UC 3 – Competenza tecnico professionale: Implementare azioni di marketing ed applicare specifiche tecniche di comunicazione e web marketing al fine di promuovere un evento culturale nel territorio. UC 4 – Competenza relazionale: Interagire nel gruppo di lavoro, adottando modalità di comunicazione e comportamenti in grado di assicurare il raggiungimento di un risultato comune. UC 5 – Competenza gestionale: Assumere comportamenti e strategie funzionali ad un’efficace ed efficiente esecuzione delle attività.

SELEZIONI: I candidati devono considerarsi convocati per la selezione il giorno 26 aprile 2016 alle ore 9.00 presso la sede dell’ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIRE CAMBI-SERRANI in via Santorre di Santarosa n. 2/a Falconara Marittima (AN) In caso di assenza si perderà il diritto alla partecipazione al corso. La selezione avverrà mediante una prova scritta: un test a risposta multipla sulle materie oggetto del corso (comunicazione, marketing inglese e informatica/Web), un colloquio sulle materie oggetto del corso, motivazione alla partecipazione, valutazione dei titoli di studio e requisiti professionali. ATTESTATO FINALE: A coloro che avranno frequentato almeno il 75% delle ore del corso e che superano le prove finali verrà rilasciato un CERTIFICATO DI SPECIALIZZAZIONE TECNICA SUPERIORE corrispondente al livello EQF n4. Verranno riconosciuti i seguenti crediti formativi universitari: 8 CFU per l’insegnamento di Marketing OPPURE 10 CFU per le attività di stage/tirocinio. Tali CFU saranno riconosciuti per il corso di Laurea Triennale in Lingue e Culture Straniere presso l’università di Urbino ed avranno durata di 3 anni, a partire dal termine del corso IFTS. MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE: La partecipazione al corso è completamente GRATUITA in quanto finanziato dal Fondo Sociale Europeo – Regione Marche. E’ prevista un’indennità di frequenza per gli allievi che avranno frequentato almeno il 75% delle ore corso ed un rimborso spese viaggio per gli allievi residenti fuori del Comune sede del corso, limitatamente all’uso dei mezzi pubblici (verranno rimborsati solo gli abbonamenti nominativi, i biglietti non nominativi non verranno rimborsati). SCADENZA E MODALITA’ DI ISCRIZIONE: La domanda dovrà essere inviata a mezzo raccomandata a/r (farà fede il timbro postale) o consegnata a mano entro e non oltre il giorno 19 aprile 2016 e dovrà essere corredata di: • Domanda di iscrizione (modello placement All.9) • Copia del documento d’Identità; • Curriculum Vitae Europeo, • Certificato del Centro per l’impiego che attesti la condizione di disoccupazione o attestazione stato lavorativo. Tutta la documentazione dovrà pervenire al seguente indirizzo: GGF Group S.R.L. Via I Maggio, n 156 - 60131 Ancona Rif. Scheda 192160 La modulistica è disponibile sui siti: sidagroup.com sezione news ggfgroup.it sezione news Qualora dalla domanda presentata si dovesse evincere la mancanza di uno soltanto dei requisiti di ammissione, si perderà il diritto di partecipazione al corso. Per informazioni: Tel.: 071. 28 521 Dr.ssa Dorsi Lisa Mail: l.dorsi@sidagroup.com Dr.ssa Brunetti Martina Mail: corsi@sidagroup.com


CARRIERE & POLTRONE Serena Sorana marketing manager di Faber

Edoardo Pontoni marketing director di Elica Group

Classe 1977, il manager vanta una lunga esperienza in Elica Group iniziata nel 2007, dove è entrato con il ruolo di Procurement Group Controller ricoprendo successivamente numerosi ruoli con crescenti responsabilità. Prima dell’attuale posizione, Pontoni è stato Country Manager dei Paesi Area CIS (2012), contribuendo allo sviluppo dell’area e gestendo le attività commerciali, marketing e trade, Sales e Marketing Group Controller (2010), Office Manager della sede di Mosca (2009), occupandosi in primo luogo del controllo della riorganizzazione delle attività di vendita, commerciali e di marketing e della gestione dei rapporti con le autorità esterne.

L’azienda produce cappe aspiranti per cucina dal 1955. Sorana avrà la responsabilità e il coordinamento di tutte le attività legate al brand Faber a livello globale. La manager precedentemente ha lavorato in Indesit Company, per circa dieci anni, rivestendo diversi ruoli: da Planning & Control Sales Business Built In, a Brand Marketing Manager Hotpoint-Ariston per il mercato Italia per poi passare al Product Marketing Head Quarter in particolare nella Business Unit Small Domestic Appliances.

Daniele Domenico Ragnetti Presidente Consiglio Regionale del Volontariato

Giancarlo Laurenzi direttore Corriere Adriatico

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Giancarlo Laurenzi, vice direttore del Messaggero e già vice direttore della Stampa e direttore di Leggo, è il nuovo direttore del Corriere Adriatico, quotidiano del Gruppo Caltagirone. Laurenzi prende il posto di Paolo Traini, che ha guidato la testata marchigiana per quasi 15 anni, dal 20 dicembre del 2001.

Si è insediato il nuovo Consiglio regionale del Volontariato, l’organismo di rappresentanza che ha il compito di formulare proposte di intervento nelle materie che interessano le attività delle organizzazioni di volontariato, esprime pareri e formula osservazioni su atti regionali. Il nuovo Consiglio è presieduto da Daniele Domenico Ragnetti dell’AVIS provinciale di Pesaro.



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RECANATI


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RECANATI CAPITALE DELLA CULTURA CON “IL GIOVANE FAVOLOSO” I luoghi di Leopardi, grazie anche al film di Martone, hanno avuto un’eco e una profonda visibilità. Questo il momento migliore per spingere sulla promozione turistica del territorio.

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ario Martone, regista e intellettuale di primo piano, sostiene la candidatura di Recanati a “Capitale Italiana della Cultura 2018” e lo fa con parole che restituiscono alla città marchigiana apprezzamenti e riconoscimenti di grande prestigio. “Quando presentammo Il giovane favoloso a Recanati – afferma Martone - si scatenò un tale entusiasmo in città, una tale energia, da far commentare a Vanni Leopardi: si festeggia la rappacificazione tra Giacomo e Recanati dopo duecento anni! La verità è che sin da quando l’idea (poi apparsa vincente ma che all’origine poteva sembrare folle) di dedicare un film a Leopardi mi si affacciò nella mente la centralità di Recanati è stata decisiva. Non avrei fatto il film se non nei luoghi veri, in quella città rimasta così miracolosamente intatta e che tanta parte ha nell’immaginazione poetica di Leopardi: e Recanati non solo si è aperta generosamente alla possibilità di farsi invadere ma ha sostenuto la realizzazione del film con una cura e un amore coinvolgenti che si propagavano dall’artigiano o dal commerciante, che collaboravano come potevano alle riprese, fino agli

di Sara Tani industriali che si sono riuniti in cordata per finanziare il film. Si respira cultura a Recanati, ma siamo per fortuna lontani dal modo in cui spesso la cultura del nostro paese viene sfruttata più che amata, attraverso eventi che tendono a mercificare i luoghi del pensiero: la si respira nel quotidiano, percorrendo le sue strade, ascoltando i suoni e i silenzi che ancora oggi la città sa trasmettere, spostandosi dai colli al mare e contemplando così quel pacificante e spirituale paesaggio che tanto fu amato da Lorenzo Lotto al punto di scegliere di farsi marchigiano. E la biblioteca di casa Leopardi, non un museo ma un luogo vivo, dove ancora è possibile chiedere di poter studiare uno dei preziosi volumi raccolti da Monaldo Leopardi. Insomma questa città è uno dei luoghi in cui davvero si riesce ancora a cogliere lo spirito più autentico e più prezioso del nostro Paese. Il rapporto che si instaura immediatamente tra le parole che resteranno vive per sempre come quelle di Leopardi e quei mattoni rossi, quelle strade curvate, quegli spiazzi silenziosi, costituiscono un’esperienza emozionante e rivelatrice. Se poi si pensa al territorio circostante e si capisce che la vicinan-

za geografica con Pesaro consente di percepire la vicinanza spirituale di Leopardi con un genio altrettanto grande come quello di Gioachino Rossini, si capisce che siamo al centro di un luogo assolutamente unico per la cultura italiana e mondiale”. Soddisfazione è espressa per questo attestato di stima e affetto dal Sindaco di Recanati Francesco Fiordomo, certo che “Recanati ce la possa fare, con il sostegno di tutta la regione: istituzioni, università, associazionismo, realtà economiche e produttive e cittadini”. “L’iniziativa di selezionare ogni anno la Capitale Italiana della cultura – si legge nel bando del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - è volta a sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l’integrazione senza conflitti, la conservazione delle identità, la creatività, l’innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo”. Un’occasione quindi preziosa per la città di Recanati e le Marche tutte.

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“RECANATI, CULTURA E IMPRESA NEL NOSTRO DNA”

Terra di letterati e imprenditori. La città di Leopardi investe in turismo e cultura. Il sindaco Francesco Fiordomo: “meritiamo un grande riconoscimento, per questo stiamo costruendo la candidatura a Capitale Mondiale della Cultura”. di Letizia Ciaccafava

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a cultura con Lorenzo Lotto, Giacomo Leopardi, Beniamino Gigli. L’imprenditoria con il gruppo Pigini-Casali, IGuzzini, Clementoni. E l’artigianato musicale che ha reso Recanati famosa nel mondo. Tante sfaccettature di un borgo-città che adesso sogna di diventare punto di riferimento della cultura

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mondiale. Recanati è anche terra di festival musicali molto importanti, come ad esempio Lunaria, che la prossima estate porterà addirittura Joan Baez in concerto. Oppure Artika Festival, kermesse dedicata alla musica indipendente, che ha visto esibirsi artisti di fama internazionale come gli inglesi Turin Brakes. In tutto que-

sto scenario Recanati diventa ponte tra le culture, del passato e della contemporaneità. Fil rouge di un viaggio nell’arte senza limiti di tempo. Teatro naturale di attività e iniziative che arricchiscono di proposte un luogo già intriso di storia. E’ per questo che il regista Mario Martone ha proposto la candidatura di Recanati a capitale


#travelmarche mondiale della cultura 2018. “Una candidatura costruita a più mani – confessa il sindaco Francesco Fiordomo – da qualche settimana stiamo ragionando su questa possibilità, che potrebbe diventare sempre più concreta grazie anche al film “Il giovane favoloso”, che ha portato la città di Recanati nel mondo”.

“La cultura fa turismo: certificati oltre 10 mila visitatori. In forte crescita il numero di stranieri“.

Recanati è stata letteralmente presa d’assalto. Solo nel mese di agosto abbiamo avuto un incremento del 30% in più di turisti. Molti provenienti dal nord Italia. Ora non resta che rendere più strutturato questo trend positivo. Ed è per questo che stiamo preparando la candidatura a capitale mondiale della cultura in sinergia con le categorie economiche che rappresentano questo territorio”. Ecco, infatti Recanati non è solo cultura. Ma anche impresa. Quali settori sono più radicati nel territorio? “L’arte è nel nostro dna, non c’è dubbio. Tanto che se parliamo di impre-

Dunque, dal grande schermo al massimo riconoscimento in ambito culturale? “Sarebbe una grande cosa. Ce lo meriteremmo. Il film è stato completamente autofinanziato, ed è il simbolo di come si possa creare occupazione con la cultura. Nei giorni di riprese tutta la città è stata coinvolta nel progetto cinematografico. Un’esperienza che per noi ha significato molto”. Il turismo culturale occupa un posto importante nella crescita della città. Com’è andato l’ultimo anno? “Direi molto bene. Sono stati certificati oltre 10 mila visitatori, tra la casa di Leopardi e i nostri musei. Abbiamo anche un ottimo flusso di turismo scolastico. Ma in forte crescita è il numero degli stranieri che scoprono Recanati, e tornano a trovarci negli anni. Un tempo accadeva che nei giorni estivi di pioggia, i turisti non potendo andare al mare venivano a farci visita. Ora non è più così. L’estate scorsa, nonostante le alte temperature e le meravigliose giornate di sole,

sa mi viene in mente la Eko, storica azienda di strumenti musicali. Ma anche il piccolo artigianato musicale è molto diffuso da queste parti, tanto che abbiamo molte aziende che producono l’organetto. Invece, tornando a parlare di grandi aziende, non ci scordiamo che questa è la terra del gruppo Pigini-Casali, per quanto riguarda l’editoria. Oppure IGuzzini per l’illuminazione, Clementoni per i giocattoli. Insomma, la bellezza e la forza di Recanati sta proprio nel saper unire e coniugare la storia di un grande passato con l’intuizione e la tecnologia di un altrettanto grande

presente imprenditoriale. Abbiamo anche un museo delle eccellenze del territorio”. I prossimi obiettivi da raggiungere? “Le infrastrutture. Per essere la capitale mondiale del turismo dobbiamo dare un’accelerata su questo fronte. Sebbene di risultati ne abbiamo già portati a casa parecchi. Penso al parcheggio dove possono sostare turisti e camperisti, che prima non c’era. Oppure il restyling di alcune porzioni di selciato con il rifacimento dei sampietrini tipici che contraddistinguono il nostro centrocittà. Inoltre stiamo ristrutturando anche la Torre del Borgo, da dove si può ammirare un panorama mozzafiato che si affaccia su tutto il territorio recanatese. Il futuro è sicuramente lavorare per rendere ancor più bello e accogliente questo posto, che ha ispirato i versi più toccanti di Leopardi”. Che cosa vuol dire, per lei, costruire un percorso fatto di cultura? “Significa lavorare nel mondo dei rapporti di collaborazione tra le più importanti realtà del territorio, mettendo in relazione i tanti progetti che fanno parte del sistema culturale della nostra città. Inoltre vuol dire anche stabilizzare tutto ciò che di buono è stato fatto nel passato, con un approccio dinamico e appetibile per i più giovani. Vorrei che questa città raggiungesse un livello ancor più alto di considerazione nazionale e internazionale. E che possa stupire chiunque si avvicinasse a Recanati anche per caso. Perché per troppo tempo questo luogo è stato nascosto e poco valorizzato. E’ arrivato il momento di puntare in alto”.

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ECCO COME COMUNICA L’IMPRESA Lezioni frontali ed esercitazioni pratiche: al via il percorso di formazione per gli imprenditori under 40. Sessanta i corsisti

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tà media 35 anni e la determinazione a migliorare le proprie doti manageriali grazie al percorso di alta formazione realizzato da Confartigianato con il prezioso apporto dell’Università Politecnica delle Marche . La Confartigianato ha dato il via all’11° anno della scuola per imprenditori: 60 corsisti si sono ritrovati presso l’auditorium della Confartigianato di Via Fioretti ad Ancona per l’avvio dell’iter formativo dedicato alla comunicazione d’impresa. La lezione che si è aperta con i saluti del Segretario della Confartigianato Imprese di Ancona – Pesaro e Urbino Giorgio Cataldi, è stata svolta dal pro Rettore dell’Università Politecnica delle Marche prof. Gian Luca Gregori che ha analizzato il ruolo della comunicazione per le piccole imprese nella strategia di marketing e i principali strumenti. Sono state analizzate nel corso della lezione le conoscenze comunicative e organizzative, funzionali alla definizione dell’immagine aziendale e alla programmazione dei piani di comunica-

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zione strategica integrata. Il percorso formativo costituisce un livello avanzato di acquisizione di conoscenze e di competenze relazionali. La prossima lezione è prevista per il 28 aprile . “La Scuola ogni anno propone a una classe selezionata un programma didattico per migliorare le capacità di gestione di impresa - dichiara Paola Mengarelli Responsabile della Scuola e dell’Area Comunicazione Confartigianato Imprese di Ancona – Pesaro e Urbino - L’annualità 2016 prevede un

ciclo di seminari incentrati sulle strategie comunicative, per esaminare il ruolo della comunicazione per le piccole imprese nella strategia di marketing, analizzare i principali orientamenti MPI al mercato, definire il livello di coerenza tra comunicazione e marketing. La Scuola per Imprenditori della Confartigianato intende fornire ai corsisti i migliori strumenti per presentare, sviluppare, vendere il proprio brand, prodotti e servizi.”


SPORT&TERRITORIO

YOUTH GAMES: LO SPORT FA DA PONTE TRA LE CULTURE Italia, Croazia, Serbia, Montenegro, Albania, Bosnia, Grecia e Slovenia si sfideranno ad Ancona nell’ambito dei giochi della Macroregione. Dal 15 al 18 giugno la gioventù sportiva sarà protagonista di un percorso per la costruzione di relazioni culturali tra i Paesi delle due sponde dell’Adriatico. di Alessandro Bracciatelli

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n grande evento di sport e di incontro tra culture che è anche un importante evento istituzionale, in un momento storico delicato come l’attuale. Si tratta della seconda edizione degli Youth Games della Macroregione Adriatico-Ionica, che si svolgeranno ad Ancona dal 15 al 18 giugno. Una grande manifestazione di aggrega-

zione sociale nel segno dello sport che coinvolge ragazzi dai 15 ai 16 anni degli otto paesi della Macroregione e che arriva con successo alla seconda edizione. La notizia è che a fare da testimonial ci saranno addirittura tre campioni mondiali dello sport, tutti marchigiani: Gianmarco Tamberi, neo-campione del mondo del salto in alto dei campionati indo-

or a Portland, Alberto Rossi, cinque volte campione del mondo di vela, e Giorgia Speciale, stella del windsurf dorico. “Una speranza che si fa realtà – è stato il commento del sindaco di Ancona Valeria Mancinelli – perché sognavamo di poter riproporre questa iniziativa dopo il 2014 e il sogno è diventato reale ora”. I Giochi della Macroregione sono una grande gara

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SPORT&TERRITORIO sportiva in cui si sfidano più di mille ragazzi provenienti da Croazia, Serbia, Montenegro, Albania, Bosnia, Grecia e Slovenia, oltre che dall’Italia. Ci saranno 20 città da cui partiranno le delegazioni degli atleti: tra queste, Spalato, Durazzo, Sabac e anche Patrasso in Grecia. I ragazzi si confronteranno in gare di tredici sport differenti e per loro sarà soprattutto un’occasione di scambio culturale e di conoscenza reciproca, nell’ottica di quel progetto di integrazione che da sempre si persegue con la costituzione della Macroregione Adriatico-Ionica. Perché è proprio dallo sport e dai giovani che si deve e si può ripartire per costruire una società in cui l’integrazione tra culture differenti sia un processo virtuoso e continuo. “E’ dalla gioia dello stare insieme nel nome dello sport che si potrà tornare a trasmettere valori che oggi sembrano dimenticati”, ha detto Luca Savoiardi, presidente del Comitato Paralimpico Marche. “L’amicizia, la fratellanza, l’inclusione sociale, vanno profondamente recuperati e queste manifestazioni possono riuscire in questo intento - ha continuato - lo sport è un investimento importante per le istituzioni, che devono continuare a sostenerlo, perché è medicina per la mente, oltre che per il corpo”. “I giochi, come due anni fa, saranno un grande momento di aggregazione sociale -ha detto il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli – che rimarrà impresso profondamente nella memoria dei ragazzi che lo vivranno. Se mettiamo assieme il valore dello sport e la bellezza dello stare assieme, vediamo come questi valori possono contrapporsi al messaggio di paura che viviamo oggi, per tanti fatti profondamente negativi che ac-

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cadono attorno a noi”. Restituire alla città la possibilità di rivivere con i Giochi le emozioni del 2014, inoltre, “significa restituire un’esperienza di valore importante, e ribadire la centralità di Ancona e di tutta la Regione Marche nel processo costitutivo della stessa Macroregione – ha aggiunto Andrea Guidotti, assessore allo Sport del Comune di Ancona - due anni fa i ragazzi erano molto presi, inizialmente, dalla competizione. Poi, con il passare dei giorni, si sono conosciuti, li abbiamo visti fraternizzare, fare amicizia, collaborare e, infine, alla partenza, salutarsi con grande affetto reciproco, senza distinzione alcuna. In questo iniziative come gli Youth Games fanno sì che lo sport possa aiutare a costruire un mondo migliore proprio per queste nuove generazioni, che saranno le donne e gli uomini di domani”. “Riconosciamo la grande generosità, per l’aiuto concreto che ci è stato, dato di tante aziende locali, oltre che della Marina e della Protezione Civile” ha sottolineato l’assessore al porto Ida Simonella che ha poi ricordato il contributo dell’Avis, come sponsor etico della manifestazione, e la partecipazione speciale di una delegazione dalla simbolica città di Olimpia, culla dei giochi omonimi. “Questo evento ha alle spalle un forte lavoro istituzionale – ha proseguito Simonella – e da grande manifestazione che nasce da un confronto molto costruttivo tra istituzioni, ne scaturirà ancora una volta un momento di profonda allegria e condivisione sociale. E per il 2016 – ha continuato – visti gli eventi che stanno colpendo l’Europa in questo momento, abbiamo deciso di organizzare un’iniziativa tra i ragazzi per parlare del tema dei rifugiati, dal momento che il 20 giugno cade anche

la ricorrenza della Giornata Mondiale del Rifugiato”. Perché l’Europa che continua a percorrere il cammino della costruzione della Macroregione Adriatico-Ionica è anche quella che adesso vede una Grecia in difficoltà, lasciata sola nell’accoglienza dei profughi, e che sperimenta la chiusura delle frontiere proprio dai suoi confini a Est. “E’ importante far riflettere i ragazzi su questi temi – ha aggiunto Simonella – perché la consapevolezza di certi processi e delle soluzioni possibili cresca in loro”. Loro che saranno gli adulti di domani, popolo dell’Europa del futuro, tutta da costruire. Un’Europa che potrà crescere anche grazie all’operato istituzionale di realtà come il Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio: “Organizzeremo proprio per la settimana dei giochi l’incontro ad Ancona del Forum – ha spiegato il presidente, Rodolfo Giampieri – per avere Ancona al centro di una serie di processi politici sulla Macroregione che si confermano sempre molto importanti”. L’appuntamento, ora, è con l’apertura degli Youth Games il 15 giugno, che si terrà al Porto Antico, come la cerimonia di premiazione del 17. La novità 2016 è la partecipazione di diverse scuole delle Marche, oltre che di Ancona, e gli impianti sportivi interessati dall’evento saranno circa 20 in città. La manifestazione vede, oltre all’organizzazione del Comune di Ancona, il supporto di altri enti: Regione Marche, Ufficio scolastico regionale, Coni, Forum delle Città dell’Adriatico e dello Ionio, Camera di Commercio Ancona, Rete Città Sane, Aiccre e Segretariato per l’Iniziativa Adriatico-Ionica.


CULTURA&TERRITORIO

Stefano Papetti

Vittorio Sgarbi

LE MARCHE E LE GRANDI MOSTRE DEL GIUBILEO Un unico programma per quattro esposizioni di grandi capolavori ad Ascoli, Osimo, Loreto e Senigallia. Sgarbi: “Le Marche, unica regione ad onorare il Giubileo con mostre importantissime.” di Letizia Ciaccafava

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imabue, Crivelli, Lotto, Guercino, Tiziano, Caravaggio. Basterebbero solo questi nomi per compendiare un trattato d’ Arte ma anche il livello di eccellenza di un’esposizione: molti capolavori di questi artisti, tra numerosi altri, saranno ammirabili nelle Marche per gran parte del 2016. E se le Marche vanno di moda e fanno tendenza, come già anticipato da Mondo Lavoro nel mese di febbraio, ora si presentano addirittura con una rassegna di mostre per la stagione culturale-turistica: per la prima volta ben quattro in svolgimento a coprire l’intero arco dell’anno e ad arricchire la già variegata e tradizionale offerta di iniziative. Così il 2016 diventa a tutti gli

effetti un anno straordinario, perché caratterizzato dal Giubileo della Misericordia che raccoglie, come chiave tematica unitaria, un programma di esposizioni unico in Italia per valore degli allestimenti, preziosità delle opere ospitate e prestigio dei curatori che si sono impegnati per realizzare progetti espositivi di livello internazionale. IL PROGRAMMA Ad Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica, dal 12 marzo al 30 giugno “Francesco nell’arte. Da Cimabue a Caravaggio” a cura di Stefano Papetti e Giovanni Morello. Osimo, Palazzo Campana, dal 18 Marzo al 30 ottobre “Lotto, Artemisia, Guercino. Le stanze segrete

di Vittorio Sgarbi” a cura di Vittorio Sgarbi. Loreto, Museo Antico tesoro della Santa Casa dal 3 settembreall’8 gennaio 2017 “Santa Maria Maddalena. Tra peccato e penitenza, da Duccio a Canova” a cura di Vittorio Sgarbi. Senigallia, Rocca Roveresca dal 29 ottobre al 29 gennaio 2017 “Maria. Mater Misericordiae”, mostra proveniente da Cracovia ed allestita in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a cura di Giovanni Morello, Claudia Caldari e Stefano Papetti. LE MOSTRE Si è partiti da Ascoli Piceno con la mostra per ricordare la figura di San Francesco in occasione dell’ottavo centenario della sua predicazione nel

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CULTURA&TERRITORIO Piceno. Grazie ai prestiti richiesti ai maggiori musei italiani, sarà possibile ripercorrere nell’imponente Sala della Vittoria della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, l’evoluzione della figura di Francesco nella pittura dal Medioevo alla Controriforma attraverso Cimabue, Margaritone d’Arezzo, Vittore Crivelli, Cola dell’Amatrice Tiziano, Orazio Gentileschi e molti altri. Mentre ad Osimo, dal 18 marzo a Palazzo Campana, per la prima volta in Italia, oltre cento opere della collezione privata Cavallini-Sgarbi. La mostra è promossa dalla Regione Marche, dal Comune di Osimo, dalla Fondazione Don Carlo e dall’Istituto Campana. Le stanze segrete sono «un assaggio delle 4 mila opere che possiedo e un omaggio a mia madre, alla sua attività e vitalità» dice Vittorio Sgarbi. Una grande “galleria” di temi percorsi dagli artisti nell’arco di oltre tre secoli: dipinti sacri, meravigliose immagini mitologiche e allegoriche, ritratti, busti in marmo, disegni. Guercino , Artemisia Gentileschi, Cagnacci e la scuola pittorica delle Marche, rappresentata dalle opere di Johannes Hispanus, Cola dell’Amatrice, Lorenzo Lotto, Battista Franco, Giovanni Francesco Guerrieri da Fossombrone, Simone Cantarini, Andrea Lilio, Sassoferrato, Pier Leone Ghezzi, Sebastiano Ceccarini, Giovan Battista Nini e Francesco Podesti. Si arriva, poi, a settembre a Loreto per un particolare percorso espositivo sulla figura della Maddalena, esempio paradigmatico di conversione, che ha destato l’interesse dei maggiori artisti dal Medioevo al Neoclassicismo. Una selezione di capolavori che illustra vari momenti della vita di Maria Maddalena presentando gli episodi più significativi. L’arte marchigiana propone una serie suggestiva di immagini della Santa a partire dalla tavola di Carlo Crivelli

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di Montefiore dell’Aso fino a Caravaggio e a Orazio Gentileschi. Infine l’anno si chiude a Senigallia per ammirare nelle sale della bellissima Rocca Roveresca le opere dei maggiori artisti italiani, dando particolare risalto agli artisti che hanno operato sul tema mariano nelle Marche. LE OPINIONI “Siamo una regione piccola, delle dimensioni di una metropoli – ha affermato l’assessore regionale alla cultura Moreno Pieroni - ma grande come densità e concentrazione di patrimonio artistico, storico, paesaggistico e per spiccata diversificazione dell’offerta. Con i vantaggi, quindi, delle brevi distanze tra borghi, mare e montagna che consentono di vivere appieno la regione come un’unica città. Le date, e proprio il breve tragitto tra le varie città sedi dei quattro allestimenti in bellissimi edifici storici, consentiranno in un periodo dell’anno di visitare addirittura tre delle quattro mostre, in un‘ottica di destagionalizzazione dell’offerta turistica-culturale in abbinamento con specifiche iniziative promozionali (come un carnet di sconto per l’ingresso alle 4 mostre) e di itinerari verso altri capolavori permanenti delle Marche, da Raffaello a Crivelli a Lotto a Rubens per citarne solo alcuni. Le Grandi Mostre del Giubileo – prosegue Pieroni - rappresenteranno benissimo la rivelazione della Bellezza come elemento distintivo delle Marche e quindi anche della Misericordia che a questo concetto si riallaccia. Bellezza dell’accoglienza, cammino di crescita personale e condivisione di valori. Sono molto orgoglioso dell’impegno che ha condotto alla realizzazione di questa proposta coordinata perché si è trattato di un lavoro di squadra tra istituzioni, enti e territori, superando campanili per un obiettivo

comune: promuovere le Marche della Cultura e dell’Arte”. Stefano Papetti, curatore di due mostre e direttore della Pinacoteca civica di Ascoli Piceno, ha sottolineato come la mostra di Ascoli Piceno , con numerosissimi prestiti da tutta Italia, sarà anche l’occasione non solo per i visitatori, ma anche per gli studiosi, di avere un raffronto sull’iconografia di San Francesco, da Cimabue al Piazzetta, che non è stata, al contrario di altri Santi, univoca. “Una ricerca – ha ricordato il critico d’arte - anche sulle diverse raffigurazioni del saio, della postura, la tonsura e le stigmate. Ma sarà anche un modo per conoscere l’arte francescana di Ascoli Piceno dove Francesco sostò più di due mesi nel 1215 per la sua predicazione convincendo a seguirlo molti rampolli delle più nobili famiglie ascolane. Questo percorso culturale sarà, inoltre, molto utile ad offrire al visitatore un’opportunità per scoprire tutte le peculiarità che offrono il nostro territorio. Per la mostra di Ascoli crediamo di superare, in totale, le 15 mila visite. Basti pensare che ne abbiamo fatte oltre mille nelle prime settimane. Nel complesso saranno attese nelle Marche circa 100mila visite per tutte e quattro le mostre”. “Solo le Marche rispetto ad altre regioni hanno sentito l’urgenza di onorare il Giubileo della Misericordia con la bellezza dell’arte – ha detto Vittorio Sgarbi – chiediamoci perché in nessuna parte d’Italia, e nemmeno a Roma, esista un’iniziativa che stia almeno alla pari con la portata di questa proposta marchigiana tutta al plurale. Un programma che non si limita ad una sola città importante, ma che valorizza tutta la regione e il suo bellissimo territorio. Le Marche, insomma, con il loro estro straordinario, non hanno lasciato solo Papa Francesco per questo evento giubilare”.


CULTURA&TERRITORIO

MOLE VANVITELLIANA: LE MOSTRE IN ARRIVO In arrivo la mostra degli scultori del ‘900. Festival, produzioni, residenze. L’assessore alla cultura di Ancona, Paolo Marasca, illustra le linee progettuali di un cammino verso la costituzione di un polo culturale di importanza strategica per tutta la regione. di Graziella Mastronicola

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a Mole Vanvitelliana di Ancona diventa una “factory” culturale. Luogo di formazione e produzione. Residenze, mostre, spettacoli, festival. Da primavera al prossimo inverno, si succederanno una lunga serie di iniziative volte a sottolineare il ruolo di primaria importanza che la Mole andrà a svolgere per tutta la regione e l’area del medio Adriatico. “Nella visione progettuale la Mole diventerà un vero e proprio sistema culturale – spiega l’assessore alla cultura del Comune di Ancona, Paolo Marasca – un luogo che faccia da piattaforma per quel che riguarda la formazione e la programmazione culturale, in un’ottica di sviluppo dell’intero contenitore che tra due anni, completati i lavori, sarà tutto utilizzabile”. Intanto sono pronti a partire i primi festival che andranno ad abbracciare la stagione estiva: Spilla, La Punta della Lingua, Inteatro, Ancona Jazz, Acusmatiq, Weekendoit e Sconcerti. Ad inaugurare l’estate dei grandi concerti alla Mole sarà il cantautore inglese James Bay, previsto per il 4 giugno all’interno del festival Spilla. Annunciato anche un altro big: Stefano Bollani,

il 16 luglio per Ancona jazz. “Inoltre stiamo mettendo a punto una serie di spettacoli che dovranno svolgersi nel centro di Ancona – spiega l’assessore – in collaborazione con tutti i festival che si terranno alla Mole”. Ma il focus principale è incentrato sulla mostra di scultori italiani, dal dopoguerra ad oggi, che sarà inaugurata ad ottobre e resterà allestita fino a maggio 2017. Tra gli artisti in mostra: Marino Marini, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Carlo Fontana. “Il fine sarà quello di creare una mostra semipermanente – continua l’assessore – a cui andranno ad affiancarsi delle mostre temporanee. Nel senso: la metà di queste opere resteranno alla Mole, così da comporre un allestimento permanente intorno a cui si svilupperanno laboratori didattici con accademie e realtà che si occupano di arte figurativa. Questa esposizione vuole essere a tutti gli effetti il trampolino di lancio della Mole intesa come piattaforma culturale”. Inoltre ci sono anche altri due filoni che saranno sviluppati all’interno del contenitore culturale: il neoartigianato e la formazione all’impresa e alla produzione culturale. Il capoluogo, inoltre, possiede un am-

pio patrimonio artistico che necessita di essere valorizzato. “Credo che il ritorno della Pinacoteca a fine maggio sia un traguardo importantissimo per la città e per tutta la regione – spiega Marasca – e lavorando in piena sinergia con la Soprintendenza ai Beni Culturali saremo in grado di offrire, lungo l’estate, delle visite guidate all’Anfiteatro Romano. E, parlando ancora dei nostri contenitori culturali, sono felice di poter affermare che il Teatro delle Muse è compreso tra i 19 teatri di rilevanza nazionale, con un raddoppio delle aperture e delle presenze negli ultimi due anni. Mi auguro anche che questo sia l’anno d’inizio per la costituzione di un polo musicale anconetano per la formazione pre-accademica e masterclass”. E ancora: “Valorizzeremo il Porto Antico come patrimonio storico-artistico – conclude l’assessore – perché non è solo un pezzo di waterfront, peraltro di fronte alla Mole. Ma diventerà un luogo monumentale di importanza strategica e allo stesso tempo molto utilizzato e frequentato. Infatti stiamo studiando alcune soluzioni insieme all’Autorità portuale”.

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PORTRAIT

EVITA GRECO: L’ESORDIO PRESTIGIOSO DELLE “COSE CHE INIZIANO” La giovane scrittrice marchigiana pubblica il romanzo d’esordio per Rizzoli. E sono già pronte le traduzioni per il mercato brasiliano, francese, tedesco, portoghese e israeliano. “Il rumore delle cose che iniziano”, questo il titolo del romanzo, da sogno nel cassetto a primo passo verso una carriera da scrittrice professionista. di Guido Guidi

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na tensione emotiva nel rapporto che unisce la fine e l’inizio di ogni cosa. La fine di una gravidanza e l’inizio di una nuova vita, ad esempio. Come accaduto ad Evita Greco, scrittrice anconetana con un esordio di lusso grazie al romanzo “Il rumore delle cose che iniziano” edito da Rizzoli. Uscito il 31 marzo, il libro sta riscuotendo un ottimo successo in tutta Italia. Ed è pronto ad uscire anche in Brasile, Francia, Germania, Portogallo e Israele. E’ la storia di Ada e della nonna Teresa. Un rapporto intenso e speciale, che

diventa una porta aperta sul mondo proprio quando Ada si trova ad assistere la nonna malata. Ogni volta che una cosa bella sembra finire, bisogna aguzzare le orecchie e prestare attenzione ai rumori. Solo così si possono riconoscere quelli delle cose che iniziano. Alcuni sono semplici e hanno dentro una magia speciale: un’orchestra che accorda gli strumenti, il vento in primavera, il tintinnio delle tazze riempite di caffè. Ma nella vita non sempre sappiamo riconoscere le cose belle. Quando perdiamo fiducia in noi stessi, quando qualcuno ci tradisce, o

ci dice addio, sembra che nulla possa davvero iniziare. Ada ci pensa spesso, ora che nonna Teresa è ammalata. Nei corridoi dell’ospedale la paura di restare sola è così forte da toglierle il respiro, ma bastano due persone per ricordarle che si può ancora sorridere: Giulia, un’infermiera tutta d’un pezzo, e Matteo, che le regala margherite e la sorprende con una passione imprevista. Perché è proprio quando il mondo sembra voltarti le spalle che devi ascoltarne i rumori, e farti trovare pronta. Guardati intorno, allunga la strada, sbaglia a cuor leggero e

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PORTRAIT ridi più spesso che puoi. Ogni volta che qualcosa finisce, da qualche parte ce n’è un’altra che inizia. E così è iniziata anche una carriera da scrittrice per la trentunenne anconetana. “Era quello che ho sempre sognato – racconta Evita – fin da piccola pensavo che un giorno avrei fatto la scrittrice. Ora non so se questa sia l’opportunità della vita, in fondo credo di essere solo una precaria della scrittura. Ma se prima ero una precaria dei lavori più disparati, almeno adesso lo sono in un ambito che ho sempre amato”. Un precario di lusso, verrebbe da dire. Visto che è Rizzoli ad averle garantito l’uscita del suo libro d’esordio. Un iter non troppo comune, per chi è al primo libro. Come è accaduto? “In effetti non è così semplice pubblicare il primo libro per un’etichetta così importante. Non accade spesso, ma ho saputo che in precedenza è accaduto anche ad altri. In pratica direi che sia merito, principalmente, del mio agente letterario Vicki Satlow. E’ stata lei a proporre il mio libro a diversi editori, più o meno importanti. C’è stata un’asta, e Rizzoli si è aggiudicato il romanzo. Ora posso dire che speravo fosse proprio Rizzoli a vincere l’asta, mi è subito sembrata la proposta più strutturata e concreta quella che mi hanno fatto”. Come ha preso forma il suo libro? “Dunque, tra il 2013 e il 2014 partecipai ad una scuola di formazione per scrittori. L’esercizio finale del corso era proprio scrivere un libro. Ho messo in pratica tutti gli insegnamenti ricevuti in questa scuola, e ho cominciato in quel periodo a buttare giù una prima stesura del libro”. E dove ha trovato l’ispirazione per una trama che parlasse di questo rapporto

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tra nonna e nipote? “L’ispirazione viene dal personaggio di questa nonna molto particolare, che ricorda un po’ la figura di mia nonna. Ma, a dire la verità, c’è anche un po’ di me stessa in quella donna del racconto”. Ecco, appunto, quanto c’è di lei nel suo libro? “Io credo che lo scrittore sia sempre dietro ogni suo personaggio. All’inizio pensavo di essere molto affine alla figura della protagonista femminile, Ada. Poi, invece, rileggendo il libro a distanza di mesi mi sono dovuta ricredere. Ad ogni modo, c’è anche una buona parte della mia vita in questo romanzo. Mia figlia, ad esempio, si chiama Ada”.

gera, quasi più rilassata. Poi, invece, dopo il parto ho subito avvertito la necessità di dover finire la scrittura in tempi stretti. Poi, gli ultimi giorni di gravidanza, è sopraggiunta una forte malinconia. Avevo paura di come potesse cambiare il rapporto con mia figlia, nel senso che durante la gravidanza la sentivo dentro di me. E quindi temevo quasi la separazione fisica. Ma anche in questo ritorna il rapporto tra la fine e l’inizio di ogni cosa. La fine della gravidanza è l’inizio di una nuova vita”. Così come la fine di un romanzo, è un po’ l’inizio di un nuovo? “Vuole chiedermi se stia già pensando al secondo romanzo? La risposta è sì. Diciamo che sto buttando giù una traccia. E’ tutto in una fase embrionale di lavoro. Comunque sì, c’è in cantiere un secondo romanzo”. Allora il suo sogno nel cassetto si è finalmente realizzato. E’ riuscita a diventare una scrittrice a tutti gli effetti. Aspettative? “Onestamente è passato talmente poco dalla pubblicazione del primo libro, che devo ancora rendermi conto di cosa stia accadendo. Non voglio fare pensieri a lungo termine. Per ora mi godo la felicità nell’avere riscontri positivi da parte delle persone che leggono il mio romanzo. Per il resto non voglio fare troppa strada con la mente”.

Quanto ha influito la gravidanza nella stesura del libro? “Essendo io l’autrice, noto evidentemente un cambio di passo tra prima del parto e dopo. Nel senso che tutta la scrittura del periodo della gravidanza sembra essere molto più leg-


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