NEL SEGNO DI BURRI
L’opera del maestro dell’arte contemporanea è più viva che mai Ne parliamo in questo numero, insieme a tante altre storie
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Premio Feltrinelli per la Grafica “per la qualità e l’invenzione pur nell’apparente semplicità, di una grafica realizzata con mezzi modernissimi, che si integra perfettamente alla pittura dell’artista, di cui costituisce non già un aspetto collaterale, ma quasi una vivificazione che accoppia il rigore estremo ad una purezza espressiva incomparabile”.
Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1973.
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presenta
LA CASA A PAGINA 22 È STATA ARREDATA DA MEOZZI
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Di arte e bellezza - Of art and beauty Sotto il segno di Alberto Burri. Sarà perché nel suo universo le grafiche rappresentano la sezione meno conosciuta, forse meno quotata, ma non per questo di minor fascino. Sarà perché l’intero corpus (200 opere) verrà esposto nella sua interezza dando vita al terzo Museo dedicato a Burri. Sarà anche perché così Città di Castello diventerà la città col più grande museo d’artista al mondo: chi verrà qui dal 12 marzo in poi potrà vedere circa 500 opere racchiuse in tre musei. È per tutti questi motivi che la grafica di Burri ha ispirato la nostra copertina, la seconda che The Mag dedica al grande artista. Non è un caso. Non è neanche frutto di accordi o spunti campanilistici. Tutt’altro. È piuttosto il desiderio di spingere quello che di più prezioso questa città conserva. Del resto lasciarsi ispirare dai colori così intensi o dal minimalismo di certi altri lavori grafici non è stato difficile. Va detto anche che Burri non considerava la grafica una forma minore di espressione, ma un terreno sul quale sperimentare e indagare nuovi confini artistici con uno sguardo tuttora contemporaneo, coinvolgendo i maggiori stampatori del tempo (nell’arco compreso tra gli anni 1950 al 1994). Non c’è solo Burri in questo numero, ma tante tante storie. Tra le pagine abbiamo inserito anche una bella parentesi in rosa dedicata ad alcune donne che fanno cose particolari, così, per ricordare che c’è tutto un popolo femminile che si muove in ambienti più o meno intimi o pubblici e dà prova di saper conciliare fantasia, creatività, business e arte. È il caso di Valentina Piccini del blog Mamme a Spillo, di Ilaria Margutti e delle sue fascinose trame artistiche, di Raffaella Covino e di un film low cost nato e realizzato in Umbria o di Giuliana De Sio che parla di teatro… Poi ancora musica, arte e, per non farci mancare nulla, ma proprio nulla si parla persino di numismatica perché abbiamo delle nuove firme nelle nostre rubriche. E che firme! Ho scritto tutto d’un fiato… ma voi leggeteci con calma mentre noi ringraziamo a gran voce quelli che, nel tempo, continuano a scrivere per The Mag e danno tanto buon ossigeno alle nostre pagine. Thanks a lot!
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Under the sign of Alberto Burri. It is because in his artist universe the prints represent a lesser known section, maybe less valued, but not for this are they less fascinating. It is because the entire collection (200 works) will be displayed in its entirety giving life to the third museum dedicated to Burri. It will also be because in this way Città di Castello will become the city with the largest artist’s museum in all the world: those who will come here from March 12th and onward will be able to see about 500 works enclosed in three museums. It is for all these reasons that Burri’s prints have inspired our cover, the second that The Mag has dedicated to this great artist. It is not by chance. Nor is it the fruit of agreements or flag waving cues. Far from it. It is rather, the desire to push that which is the most precious thing that this city holds. Of the rest, let ourselves be inspired by the colours so intense or by the minimalism of certain other print works was not difficult. It must be said as well, that Burri did not consider his prints a lesser form of expression, but a terrain on which to experiment and investigate new artistic boundaries with a look that is even now, contemporary, involving the major printers of the time (in the timespan between 1950 and 1994). There is not just Burri in this number, but many, many stories. Among the pages, we have included a beautiful parenthesis in pink dedicated to some women who do particular things, so, to remember that there is a female population who move in environments more or less intimate or public and gives proof of knowing how to reconcile creativity, imagination, business and art. It is the case of Valentina Piccini from the blog Mamme a Spillo, of Ilaria Margutti and her fascinating artistic weaving, of Raffaella Covino and of a low-cost film started and realized in Umbria or of Giuliana De Sio who speaks of theatre… then again music, art and, to not miss anything, not a single thing, we even speak of coin collectors because we have new signatures in our columns. And what signatures! I wrote all this in one breath… but you read us leisurely while we thank with a loud voice those who, over time continue to write for The Mag and give so much good oxygen to our pages. Thanks a lot!
22 Our Home
Come Back, Italia!
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Cover story Nel segno di Burri
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Ivan Zaytsev
Quando ero bambino...
Ilaria Margutti
L'anima nel ricamo
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Junior Bake Off I dolci di Pietro
Data pubblicazione: Febbraio 2017 - rivista bimestrale - N°26 Grafica, fotografia e impaginazione: Moka comunicazione, via Gramsci, 1/b - Città di Castello (PG) P. IVA 02967110541 - mokacomunicazione.it Stampa: Litograf Editor S.r.l. - Via C. Marx, 10 06011 Città di Castello (PG) P. IVA 02053130544 Editore e Proprietario: Moka comunicazione Direttore Responsabile: Cristina Crisci Responsabile di Redazione: Marco Polchi Traduzioni: Christy Mills Iscrizione al Tribunale di Perugia: n. 20/12 del 27/11/2012. Questo numero è stato chiuso in redazione il 3 Febbraio 2017 alle 19:30 Per maggiori informazioni e tanti altri eventi visita / for more information and events go to www.the-mag.org
80 Reportage
Nella terra di mezzo
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Il bello delle donne Tre interviste
INFO E CONTAT TI pubblicità Giovanna 389 05 Simona 389 05 2424 126 Tiziana 324 78 68 099 135 redazione marcopolchi@th info@the-mag.o e-mag.org www.the-mag.o rg rg
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in redazione
Cristina Crisci
hanno collaborato a questo numero
Andrea Tafini
Luca Benni & Matteo Cesarini
Claudia Belli
Lucia Fiorucci
Andrea Luccioli
Michele Mandrelli
Massimo Zangarelli
Giulio Mariucci
Luca Marconi
Marco Montedori & Marco Bonatti
Maria Vittoria Malatesta Pierleoni
Lorenzo Martinelli
Roberto Ganganelli
Paolo Ippoliti
Direttore responsabile
Giovanna Rossi
Simona Polenzani
Emanuele Vanni
Marco Polchi e inoltre
Ilo Mariottini, Roberto Barbafina, Valerio Giunti, Lorenzo Cirimbilli, Giuseppe Sterparelli e Arianna Bondi
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p e r fe z i on i s t i
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Per The Mag, Giulio Mariucci ha realizzato un omaggio ad Alberto Burri. Giulio Mariucci è nato nel 1941 a Città di Castello. Ha lavorato per molti anni nel settore della metalmeccanica e poi in quello dell'arredamento. Le sue grandi passioni sono il disegno e l'arte del presepe che cerca di insegnare anche ai piÚ giovani all'interno del suo laboratorio. Fin da piccolo, racconta Giulio, ha condiviso con i fratello Ubaldo "Baldino" carta e colori che arrivavano tra le mura di casa, spesso come regali per assecondare il loro talento, ironico e mai banale.
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Potrete gustare il sapore dei piatti tipici umbri con specialità al tartufo all’interno della sala panoramica o, nel periodo estivo, nello spazio esterno direttamente sulla piazza. Nell’enoteca potrete degustare ed acquistare diversi tipi di vini locali e prodotti umbri tra cui miele, olio, salumi, formaggi e tartufi freschi direttamente cercati e selezionati da uno dei gestori.
You can try the flavours of typical Umbrian dishes with truffle specialities, either in the panoramic inside dining room or, in the summer period, in the outdoor space directly in the square. In the wine shop you can try and buy various kinds of local wines and Umbrian products, amongst which honey, oil, salami, cheeses and fresh truffle directly hunted and selected by one of the managers.
Piazza Fortebraccio, 5/6 06014 Montone (PG) - Tel / Fax +39 075 930 62 71 - lanticaosteria.it - info@lanticaosteria.it
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Dopo quasi più di metà vita trascorsa a Londra, una coppia affiatata e piena di esperienze da raccontare ha deciso di passare la pensione nella terra natia di lui, la Toscana. E così, da poco meno di un mese, si sono ormai definitivamente trasferiti in quella che sarà la loro nuova “home” in Italia. Un appartamento a piano terra, moderno e giovanile. Ci hanno confessato, infatti, che si erano stancati del vecchio arredamento anni ’70 e delle pareti giallo chiaro e rosa antico della casa inglese. Così la zona giorno è un ampio open space, dove le pareti sono bianchissime e i solai hanno un bel gioco di controsoffittature e illuminazione. Questa soluzione, studiata da uno dei due figli della coppia - Architetto a Londra - è molto efficace per suddividere idealmente il living e la zona pranzo. Qui troviamo il tavolo Air di LAGO, con il piano in legno vissuto che risveglia tatto ed emozioni. Le gambe sono di cristallo, invisibili. Il legno è richiamato dai dettagli della madia, che, col suo laccato nero, ci rimanda a sua volta al bellissimo Nur Gloss di Artemide, il lampadario a forma di grande campana, nero e lucido. La cucina, anche se più piccola di quella avuta in Inghilterra, è funzionale e pratica. È anche molto bella, con le ante delle colonne in vetro e il piano gres porcellanato che riprende il colore degli sgabelli dell’isola. Il grigio del rivestimento in cotone del divano Freemood di Désirée mette in risalto il giallo vivace e il legno scuro della parete attrezzata del soggiorno. La camera da letto è confortevole con la testata del letto imbottita e l’armadio Flat di Caccaro, personalizzabile per dimensioni delle ante.
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Come back, Italia! di Lucia Fiorucci
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Come back, Italia! by Lucia Fiorucci
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After almost more than half a life lived in London, a close couple full of experiences to tell has decided to spend their retirement in his native land, Tuscany. And so, less than a month ago, they have permanently moved to what will be their new “home” in Italy. A ground floor apartment, young and modern looking. They confessed, in fact, that they had gotten tired of the old 70s furnishings and the light yellow and antique rose walls of their English home. So, the living area is an wide open space, where the walls are very white and the ceilings have a nice play of false ceilings and illumination. This solution, studied by one of the two children of the couple – an Architect in London- is very effective for ideally subdividing the living area from the dining area. Here we find the Air di LAGO table, with the top in seasoned wood which wakes up the sense of
touch and emotions. The legs are of crystal, invisible. The wood is recalled in the details of the madia – a chest for making bread-, which with its black lacquer sends us back to the beautiful Nur Gloss by Artemide, the lamp in the shape of a large bell, black and shiny. The kitchen, even though it is smaller than the one in England, is functional and practical. It is also very beautiful, with the cabinets of the column in glass and the counter in porcelain grey which recalls the color of the island’s stools. The grey of the upholstery in cotton of the Freemood by Desiree couch highlights the bright yellow and the dark wood of the outfitted walls of the living area. The bedroom is comfortable with the headboard of the stuffed bed and the Flat wardrobe by Caccaro, customizable in the dimensions of the doors.
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L’OCCHIO DEL CURIOSO Nonostante la voglia di nuovo e cambiamento, la libreria è piena di vecchi libri inglesi e di vinili. Chuck Berry è il preferito di lei, mentre lui adora Cohen. E qua e là per casa si scovano oggetti e mobili antichi. Come l’orologio very british sopra l’isola in cucina. Oppure la vetrinetta in legno scuro del soggiorno e la pettineuse in camera da letto che erano della madre di lei. Sono un ricordo di Londra. E della loro storia.
A NOTE TO THE CURIOUS Even though the desire is for newness and change, the bookcase is full of old English books and vinyl records. Chuck Berry is her favourite, while he adores Cohen. And here and there in the house you can discover antique objects and furniture. Like the very British clock over the island in the kitchen. Or the dark wood china cabinet in the living room and the vanity in the bedroom which was from her mother. They are memories of London. And of their history.
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Ilaria Margutti
L’anima nel ricamo di Claudia Belli – foto Molotovstudio
L'indagine nell'intimo dell'essere umano è un tema caro al mondo dell'arte e il ruolo dell'autore è quello di scegliere una propria forma espressiva. Ilaria Margutti scava nel profondo dei suoi soggetti, soprattutto femminili, partendo dalla superficie dei corpi e lasciando spazio anche al fascino dei misteri che celano. Per farlo utilizza tecniche nuove e allo stesso tempo antiche. Nel suo laboratorio di Sansepolcro Ilaria ricama sulle tele ritratti introspettivi; col filo disegna trame imprevedibili che si trasformano in volti e corpi, dietro i quali si nascondono storie impossibili da raccontare fino in fondo...
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Quando è cominciato il tuo percorso artistico? «Sono diplomata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, prima sono stata studentessa dell’Istituto d’Arte di Sansepolcro, frequentando il corso di tessitura e stampa. Nel 1996 ho iniziato a esporre dipinti, poi dal 2008 ho abbandonato la pittura per dedicarmi completamente al filo e al ricamo. La mia vera evoluzione è stata quella di passare dalla tela pittorica a quella ricamata. Che ha una possibilità in più: la conquista dello spazio, perché il filo lo può occupare».
Ecco: come sei arrivata all'ago e filo? «Ho sempre lavorato su tematiche esistenziali, nelle quali il corpo è spesso protagonista. La tela è per me la metafora della pelle che ho iniziato a rammendare: dapprima ferite, poi le tracce lasciate dalle esperienze della vita. Sono approdata al ricamo abbandonando la pittura, perché sentivo che dovevo superarla, staccarmi dalla sua bidimensionalità che percepivo come un limite. L’incontro con una ricamatrice, diventata la mia maestra, mi ha permesso di scoprire il fascino del filo». Cosa rende questa tecnica così affine a ciò che ti sta a cuore? «Ricamare è una forma di tessitura di origine antichissima, è un insieme di discipline nate dalla necessità di coprirsi; allo stesso tempo è un’attività associata alle donne. In passato era il modo per riunirsi, narrare e tramandare le tradizioni ai figli. Molta della letteratura femminile parte proprio da questo tipo di aggregazione che frequentemente
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permetteva alle donne di imparare a leggere e scrivere di nascosto. Per questo spesso rappresento donne, ma non mi riferisco unicamente alla problematica femminile; la mia ricerca si rivolge all’umano in generale, alla relazione con se stessi e con l’altro». Tu fai un uso davvero personale del ricamo, come se assumesse dei significati particolari... «Rappresenta il tempo e l’attesa. Mi piace pensare che mi sto prendendo cura di una guarigione, amo il suono dell’ago quando trapassa la tela e il filo che la scorre; guardare il retro del tessuto dopo che è finito e scoprire che mi sta dicendo altre cose. Rappresenta l’energia che filtra attraverso la costanza del gesto nella sua ripetitività. Ricamando si diventa forti perché è una disciplina che mette in gioco sia il corpo che la mente: è come una continua performance, nella quale è possibile mettere alla prova i propri limiti». Alla vita di artista unisci quella di insegnante, c'è un legame tra questi due aspetti? «Per me sono due ruoli inseparabili. Insegnare Storia dell’Arte ai giovani, trasmettere loro il pensiero degli artisti e delle opere, è un privilegio che mi permette di rimanere in connessione con l’arte, continuando ad ampliare le mie conoscenze; allo stesso tempo attraverso la mia esperienza, cerco di dare agli alunni la possibilità di vivere la Storia dell’Arte più da vicino, non solo come una materia da imparare, ma da capire e amare, infondendo la passione e la necessità per lo studio». Il 2017 sarà un anno ricco di impegni, cosa ti aspetta? «Sto preparando una collaborazione con la galleria Nardi Arte di Roma per una personale a novembre. Altre collaborazioni stanno prendendo forma per collettive sul territorio nazionale. Da qualche anno a Sansepolcro sto portando avanti il progetto "Casermarcheologica" assieme ad altri giovani della Valtiberina per la diffusione e il sostegno delle arti visive, che partirà a luglio 2017. Questo progetto è vincitore del bando Culturability e ha ottenuto un finanziamento da parte della fondazione Unipolis».
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Mi piace pensare che mi sto prendendo cura di una guarigione, amo il suono dell’ago quando trapassa la tela e il filo che la scorre
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Ilaria Margutti The soul in the embroidery By Claudia Belli – photo Molotovstudio The investigation into the inner depths of human beings is a special theme to the world of art and the role of the author is that of choosing one’s own way of expression. Ilaria Margutti delves in the deepest parts of her subjects, especially female ones, starting from the outer surface of the bodies and leaving space for the fascination of the mysteries they hide. To do this, she uses new and at the same time antique techniques. In her laboratory in Sansepolcro, Ilaria embroiders introspective portraits on canvasses; with thread, she designs unpredictable dramas which transform themselves in faces and bodies, behind which are hidden stories that are impossible to tell all the way… When did your artistic journey begin? «I graduated in painting from the Accademia of Belle Arti in Florence, before I was a student at the Istituto d’Arte in Sansepolcro, attending a weaving and printing course. In 1996 I began to show paintings, then in 2008 I abandoned painting to dedicate myself completely to embroidery and thread. My real evolution came when I passed from painting on canvas to embroidered. Which has one possibility more: conquest of space, because thread can occupy it». So: how did you arrive at a needle and thread? «I always worked on existential themes, in which the body is often the leading character. Canvas for me is the metaphor of the skin which I began to mend: first the wounds, then the traces left by the experiences of life. I landed on embroidery abandoning painting because I felt that I needed to overtake it, to distance myself from its two-dimensionality which I perceived as a limit. The encounter with an embroiderer became my teacher allowed me to discover a fascination for thread». What makes this technique so aligned with what is in your heart? «Embroidering is a form of weaving with very ancient origins, it is a joining of disciplines born from
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the necessity of clothing oneself; at the same time, it is an activity associated with women. In the past, it was the way to get together, tell stories and pass along the traditions to their children. Much of female literature comes right from this type of aggregation which frequently allowed women secretly learn to read and write. For this I often represent women, but I’m not only referring to women’s problems; I believe that human problems exist, my research us about humans in general, to the relation with one’s self and with others». You really do make a personal use of embroidery, as if it assumed particular meanings... «It represents time and waiting. I like to think that I am taking care of a healing, I love the sound of the needle when it passes through the canvas and the thread which goes through it; watching the back of the fabric after it is finished and discover that it is telling me other things. It represents the energy that seeps through the constancy of the gesture in its repetitiveness. Embroidering makes you strong because it is a discipline which puts into play both your body and your mind: it is like a continuous performance, in which is it possible to put one’s own limits to the test». You unite the life of artist with that of a teacher, is there a bond between these two aspects? «For me they are two inseparable roles. Teaching Art History to youth, transmitting to them the thought of the artists and of the works, is a privilege that allows me to remain in connection with the art, continuing to increase my knowledge; at the same time, through my experience I try to give the students the possibility to live Art History more closely, not only as a subject to learn, but to understand and love, instilling the passion and necessity for studies». 2017 will be a year rich with commitments, what do you anticipate for yourself? «I am preparing a collaboration with Nardi Art Gallery in Rome for a personal exhibition in November. For some years in Sansepolcro I have been working on a project ‘CasermArcheologica” together with other courageous youth from the Tiber Valley for the diffusion and the support of visual arts, which will start in July 2017. This project is the winner of the competition Culturability and has obtained financing from the Unipolis Foundation for its realization».
Quinoa alle verdure Il ricamo è una pratica che richiede pazienza e disciplina, sarà per questo che Ilaria in cucina preferisce dimenticare il rigore e così la sua quinoa alle verdure è un piatto gioiosamente disordinato e senza schemi. La quinoa deve essere sciacquata prima di essere messa a bollire insieme ai fagiolini, nel frattempo le carote saltano in padella su un soffritto di cipolle di tropea e capperi e poi si aggiungono funghi champignon con una sfumata di vino bianco. A questo punto si può mescolare tutto, dopo aver spolverato con prezzemolo fresco. Anche se la quinoa è un piatto che arriva da lontano, il sapore è quello della tradizione, un po' come i ricami di Ilaria che ricordano un mondo antico in una veste completamente nuova.
Quinoa with vegetables Embroidery is a practice which requires patience and discipline; for this reason, in the kitchen, Ilaria prefers to forget the strictness and so her quinoa with vegetables is a joyously unorganized dish without methods. The quinoa has to be rinsed before putting it to boil together with the green beans, in the meantime the carrots are stir-friend over sautéed red tropea onion and capers and then champignon mushrooms are added with a splash of white wine. At this point you can mix it all together, after having added a dusting of fresh parsley. Even though quinoa is a dish that comes from far away, the flavor is a traditional one, a little bit like the Ilaria’s embroideries, which recall an ancient world in a completely new role.
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Il Reiki è una pratica usata come forma terapeutica alternativa per il trattamento di malanni fisici, emozionali e mentali. Secondo la tradizione fu Mikao Usui, nato in Giappone nel 1865, a sviluppare questa pratica.
I praticanti di Reiki usano una tecnica che canalizza le energie terapeutiche. Il Reiki, inoltre, può essere abbinato alla medicina tradizionale così come altre medicine alternative che tengono in considerazione la salute della persona da un punto di vista olistico. [Wikipedia]
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Sul tetto del mondo 56
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al garage di casa, a Umbertide, alla conquista dei mercati internazionali. È questa la traiettoria tuttora in ascesa di Tiberina Holding e del suo direttore generale – nonché socio principale – Giuseppe Codovini, premiato a Palazzo Mezzanotti a Milano nello scorso novembre come imprenditore dell’anno 2016 nella categoria Industrial Products. Il premio generale, organizzato come ogni anno da Ernst&Young, è andato invece a Federico Marchetti di Yoox Net a Porter. Questo per far capire di quali dimensioni imprenditoriali stiamo parlando. Un riconoscimento prestigioso quindi, ma per nulla casuale se si analizza la crescita costante e strutturata del gruppo umbro. a cura di Marco Polchi STORIA DI UN’INNOVAZIONE La Tiberina Holding di Umbertide, nata come Metalmeccanica Tiberina nel 1961 e basata sull’azionariato di tre gruppi familiari, oggi fattura oltre 750 milioni di euro con un attivo di 982 milioni, occupa tremila persone e ha una vocazione globale, così come richiesto dal partner principale FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e da altri clienti come BMW e Daimler. Un concetto, quello di apertura verso mercati e clienti internazionali, sottolineato nella motivazione del premio consegnato nella serata condotta da Paola Saluzzi. Il merito e l’intuizione principale di Codovini e soci è stato quello di aver «creato un’azienda globale attraverso una strategia che ha saputo anticipare la concorrenza e capire e soddisfare appieno i bisogni dei clienti, una strategia basata sulla prossimità al cliente e sull’innovazione costante, attraverso impianti altamente tecnologici e all’avanguardia».
bilimenti Fiat, con le aziende di Torino, Pomigliano, Melfi, Cassino, Val di Sangro e di Suzzara, nei primi anni 2000 inizia per il Gruppo Tiberina la fase di internazionalizzazione. La prima nazione estera dove si espande il Gruppo Tiberina è la Turchia, iniziativa nata per sostituire Magneti Merelli; nel 2007 poi, come raccontato dallo stesso Codovini nel video girato per la premiazione, il Gruppo si rende conto di dipendere troppo dal mercato italiano e da FIAT. Così nel 2008 decide di acquisire da una società quotata in USA, che si trovava prossima al fallimento, i plants che questa aveva sia in Germania che in Repubblica Ceca. Questa operazione consente al Gruppo di differenziare i clienti e acquisire tecnologie e competenze complementari, che consentono l’inizio di nuova strategia a livello europeo. MIGLIOR PARTNER FIAT Ma non è finita. Perché sebbene il quartier generale sia sempre restato a Umbertide, una nuova sfida era alle porte. O meglio, al di là dell’Oceano Atlantico. L’America latina diventa il nuovo target di espansione per la Tiberina Holding. Tra il 2012 e il 2014, Giuseppe Codovini e il gruppo dirigente decidono di aprire uno stabilimento in Brasile di fronte a quello dell’IVECO, un altro con alto contenuto di innovazione dei processi a Cordoba in Argentina, vicino a quelli di General Motor, FCA e Volkswagen. La stessa logica organizzativa vengono trasferiti in Brasile nello Stato di Minas Gerais e successivamente in Pernambuco, nel Jeep Supplier Park. Ed è grazie a questo processo, incentrato nella ricerca e applicazione di nuovi materiali che la Holding umbertidese è stata riconosciuta dalla stessa Fca con il premio FCA Partner of the Year 2015.
SENZA CONFINI Una volta consolidata la propria posizione in Italia, grazie alla strategia di operare in prossimità degli sta-
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L'OPERA GRAFICA, IL MUSEO, LA CITTÀ 63
Nel segno di Burri
LA CITTÀ CON IL PIÙ GRANDE MUSEO D'ARTISTA AL MONDO di Cristina Crisci 12 marzo 2017: apertura del terzo Museo Burri, dedicato esclusivamente all’intero corpus della grafica del maestro. Esposte 200 opere agli Ex Seccatoi e Città di Castello ospita ora il più grande museo dedicato ad un artista, nel mondo. La grafica non è uno stile minore nella parabola artistica di Alberto Burri, ma una zona di sperimentazione che precorre i grandi cicli e che lo ha visto collaborare con importanti stampatori. Il nuovo museo verrà inaugurato il 12 marzo, in occasione della ricorrenza della sua nascita, atto che conclude l'anno lungo del Centenario e apre una nuova fase della vita della Fondazione Albizzini. L'inedita sezione agli Ex Essicatoi occupa infatti oltre 4 mila
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metri quadri, tutti ottenuti da un recente intervento di riqualificazione di parte degli spazi sottostanti ai capannoni (dove è stata allestita la recente mostra «Lo spazio di materia»). Con questo nucleo di opere grafiche, la superficie espositiva agli ex Essicatoi raggiunge gli 11 mila 500 metri quadrati e, con le tre diversificate raccolte, comprensive anche delle sculture all'aperto, il Polo Burri a Città di Castello diventa il più esteso museo d’artista al mondo ed è anche uno dei più importanti luoghi del contemporaneo in Europa. «Nel caso di Burri, parlare di grafica non significa parlare di una produzione minore rispetto ai dipinti, ma soltanto di una modalità artistica diversa e parallela, a fianco di tutti gli altri suoi rivoluzionari pronunciamenti innovativi. Anche nella grafica, Burri ha cercato di superare sfide tecniche e di spingere i confini sia
Nel segno di Burri
Serigrafia 12, 1986-88
degli strumenti che dei materiali utilizzati. Con esiti di interesse straordinario, come le opere esposte confermano», spiega Bruno Corà, presidente della Fondazione. L'attività grafica di Burri ha inizio nel 1950, si conclude nel 1994 e gli valse nel 1973 il Premio Feltrinelli dall'Accademia Nazionale dei Lincei, con questa motivazione: «…si integra perfettamente alla pittura dell'artista, di cui costituisce una vivificazione che accompagna il rigore estremo a una purezza espressiva incomparabile». Il 12 marzo, in occasione dell'apertura della «Sezione Grafica della Collezione Burri» è prevista una giornata di studio con la partecipazione di esperti del settore e importanti stampatori nazionali e internazionali. La nuova sezione, o Terzo Museo Burri, accoglie l’intero repertorio grafico e
di multipli dell'artista e chiude idealmente il ciclo del Centenario, spalmato su un anno lunghissimo di celebrazioni. Resta fuori Piazza Burri. Ma non del tutto. Almeno così ha lasciato intendere anche il sindaco Luciano Bacchetta che si è espresso in questi termini: «La nostra città è stata proiettata in tutto il mondo e lo sarà in maniera ancora più esponenziale dopo il 12 marzo con il taglio del nastro del terzo museo. Ora insieme porteremo a termine la realizzazione di Piazza Burri che completerà un percorso di eccellenza di filiera urbanistica-artistica-culturale. Unita alle altre peculiarità della nostra città ci consentirà a testa alta di progettare il futuro in termini di promozione e immagine come pochi altri in Italia, convinti di possedere con orgoglio un patrimonio inestimabile e straordinario sotto ogni profilo».
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HERE IS THE CITY WITH THE GREATEST SINGLE ARTIST’S MUSEUM IN THE WORLD by Cristina Crisci 12 MARCH 2017: opening of the third Burri Museum, dedicated exclusively to the entire Grafica collection of the master. 200 works are on display at the Ex-tobacco drying factory in Citta di Castello, now hosting the largest museum dedicated to one artist in the world. The prints are not of a lesser style in the artistic trend of Alberto Burri, but an area of experimentation which sweeps the great cycles and that has seen him work together with important printers. The new museum will be inaugurated March 12th on the occasion of the anniversary of his birth, and act which concludes the long year of the Centennial and opens a new phase of life for the Fondazione Albizzini.
to push the boundaries of both the instruments as well as the materials used. With results of extraordinary interest, as the works shown confirm», explains Bruno Cora, the president of the Foundation. The printing work by Burri began in 1950, concluded in 1994 and won the Feltrinelli Prize from the Accademia Nazionale dei Lincei, in 1973 with this motivation: «it integrates itself perfectly to the painting of the artist of which represents a vitalization which accompanies the extreme rigor to an incomparable expressive purity». March 12th, on the occasion of the opening of the «Grafica section of the Burri Collection» there will be a study day with the participation of experts in the sector and important printers both The new section at the Ex-tobacco drying factory in nationally and internationally. fact takes up more than 4 thousand squared meters, all of this obtained from a recent intervention of re- The new section, or the Third Burri Museum, acqualification of the part of the spaces underneath commodates the entire prints collection and the the factory (where the recent exhibition “Lo spazio multiples of the artist and ideally closes the Cendi materia” – the space of matter- was set up). With tennial cycle, spread over a long year of celebrathis nucleus of printed works, the exhibition spaces tions. Piazza Burri remains outside. But not comat the ex-tobacco drying factory reaches 11 thou- pletely. At least the mayor Luciano Bacchetta led sand 500 square meters and with the three different us to understand as he expressed in these words: collections, including the open air sculptures, the «Our city has been projected in all the world and it Burri Centre in Città di Castello becomes the most will be in an exponential manner after March 12th extensive single-artist museum in the world and is with the cutting of the ribbon to the third musealso one of the most important places for contem- um. Now together we will bring to conclusion the porary art in Europe. realization of the Piazza Burri which will complete a course of excellence of the city-artistic-cultural «In Burri’s case, speaking about Grafica, does not industry. United with the other peculiars of our mean speaking about a minor production compared city it will allow us to project our future with head to the paintings, but only about a different and paral- held high in terms of promotion and image as few lel artistic modality, next to all his other revolution- others in Italy, convinced of pridefully possessing ary innovative pronouncements. Even in his prints, an inestimable and extraordinary patrimony unBurri tried to overcome the technical challenges and der every point of view».
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Serigrafia 2B, 1973-76
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TRA MISTERO E POESIA: IL CRETTO DI LOS ANGELES Una ricca due giorni tra UCLA e Istituto Italiano di Cultura ha rimesso in luce l’opera donata quarant’anni fa dal maestro all’Università californiana «Laddove le terre sono sconquassate in labirinti sotterranei, i deserti sono annunciati da tamburi (..). spiragli lungo crepe e screpolature, scalinate neutre su panorami non contemplati, non accessibili». Le parole del poeta Emilio Villa, amico e mentore di Alberto Burri, sembrano anticipare con notevole bellezza la natura dei Cretti e le suggestioni nate dall’evento americano dedicato ai 40 anni del “Grande Nero Cretto” di UCLA, Università di California. L’ideazione è del tifernate Giuseppe Sterparelli, project manager dell’evento “Burri Prometheia”, che ha trovato in UCLA e Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles i partner ideali per riportare in luce sia l’opera, avvolta e quasi “nascosta” (nella sua funzione architettonica di parete all’interno del campus), che una storia poco conosciuta della vicenda storica del Maestro. Adottando il tema del ‘fuoco’ in relazione poetica alla figura di Prometeo, ha concepito un viaggio immaginario che collegasse le prime combustioni su carta di Burri, pubblicate per la rara raccolta di poesie di Emilio Villa “Variazioni” (stampata in pochissime copie a Città di Castello nel 1955) ai molteplici materiali che il maestro plasmò con il fuoco, sino alla ceramica cotta dell’opera di Los Angeles. Il Cretto di Los Angeles e il deserto della Death Valley californiana, punto di partenza e di sviluppo concettuale dei Cretti di Burri, sono mostrati nel film “Variazioni, a visual polyphony” che rimette in luce in forma visiva e polifonica proprio le poesie contenute nel libro di Villa e Burri. Sterparelli ne ha curato la regia avvalendosi di Lisa Rinzler, direttrice di fotografia di Wim Wenders, Scorsese e Harris, per il quale ha firmato il film “Pollock” (2000), mentre le poesie di Villa sono state lette in voce off dall’attore Roberto Latini, premio UBU 2014 e 2015 come miglior interprete del teatro italiano.
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Burri, Los Angeles 1977
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La presentazione in anteprima del film nella sede principale di UCLA, Royce Hall, è stata anticipata dall’intervento del Presidente della Fondazione Palazzo Albizzini, Bruno Corà, con un video realizzato ad hoc dalla Fondazione (in qualità di collaboratrice dell’evento), con una ragionata introduzione ai Cretti e un riferimento all’alto simbolismo di Gibellina, giungendo poi alla relazione artistica e reciprocamente vitalistica che Burri condivise con Emilio Villa. Dopo il simposio dedicato al tema, tenuto dal professor Thomas Harrison, saggista e Direttore del Dipartimento di Italiano di UCLA e da Gian Maria Annovi, dell’Università di South California, il numeroso pubblico si è spostato presso l’opera esposta nello “Sculpture garden” del campus, dove si sono svolti reading di poesie di Villa dedicate all’arte di Burri diretti dalla voce avvolgente e rauca di Paul Vangelisti, poeta contemporaneo e speaker letterario per varie radio americane. Di fronte a un pubblico di studenti che cresceva a vista d’occhio è giunto poi il momento di John Densmore, batterista dei Doors, già ospite dei Musei Burri nel 2015, che ha unito percussioni africane ai sonagli dei nativi americani in un ritmo soave e potente allo stesso tempo; quando le sue note stavano ancora risuonando, il Cretto è stato investito in tutta la sua maestosa estensione di 15 metri per 5 dall’installazione “Desert Flows”, un incontro di terra e acqua, come dualismo e sintesi vitale, concepito dal visual designer Alessandro Marianantoni, già collaboratore di Google e creatore di un’app per l’arte italiana in USA. La chiusura dell’evento, sotto il patrocinio del Ministero dei beni culturali, ha quindi visto la proiezione del film “Burri e Piero della Francesca le due rivoluzioni” di Luca Severi (coprodotto da Sky Arte HD e Zen Europe, con la partecipazione di Kinethica, Rivisitazione, Ibiscus Media) all’Istituto Italiano di Cultura, illuminato per l’occasione con il tricolore e con il saluto del Console Italiano, rendendo il tutto una notevole occasione per la promozione del nuovo museo Burri e dell’Alta Valle del Tevere.
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Il film nasce infatti dalla mostra “Rivisitazione: Burri incontra Piero della Francesca”, ideata dal biturgense Riccardo Lorenzi, svoltasi presso la Pinacoteca Civica di Sansepolcro, la città dove Piero della Francesca, il maestro della luce del Rinascimento è nato: ad appena quindici chilometri da Città di Castello, l’altra città della valle bagnata dal Tevere che ha invece dato i natali ad Alberto Burri.
Nel segno di Burri Performance live di John Densmore, batterista dei Doors
PH: KAREN BELLONE
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ARAZZI E BOZZETTI ESPOSTI A BOLOGNA Ancora Burri, ma un Burri meno conosciuto. In occasione di Arte Fiera Bologna i due grandi arazzi che Alberto Burri realizzò per la Regione Emilia-Romagna sono stati messi a confronto con i bozzetti originali dell’artista. L'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali (IBC) ha promosso un progetto di valorizzazione di una delle opere più significative appartenenti alla raccolta d’arte dell’Emilia-Romagna: i due grandi arazzi realizzati da Burri nel 1986 per una delle torri del Fiera district di Kenzo Tange. Dopo il recente intervento di pulitura, concluso lo scorso dicembre, i due monumentali manufatti sono stati ripresentati al pubblico e messi a confronto con i disegni originali: i bozzetti conservati alla Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea Villa Franceschi a Riccione, che sono stati esposti eccezionalmente a Bologna nei mesi scorsi. Gli appuntamenti in programma erano in collaborazione con la Fondazione Palazzo Albizzini di Città di Castello. La storia dei due arazzi risale al 1986 quando l’Ente regionale commissiona al maestro un intervento artistico per l’arredamento e l’abbellimento dell’atrio della prima torre, sede degli uffici della Regione, costruita su progetto dell’architetto Kenzo Tange. Burri concepisce due arazzi di dimensioni monumentali, ispirati nelle proporzioni alla forma architettonica degli edifici del Fiera district. La realizzazione in lana, a partire dal bozzetto originale dell’artista del 1986 è affidata alla ditta tedesca Jab di Bielefeld, specializzata in creazioni tessili d’arte. Le opere (650 x 100 cm ognuna) furono pensate e allestite sotto la supervisione di Burri, affiancate su una grande parete all'ingresso della torre di Viale Aldo Moro e successivamente trasferite nell’attuale sede della giunta regionale a seguito della riorganizzazione delle collezioni d’arte dell’Ente. In occasione del centenario della nascita dell’Artista nel 2015, la Giunta regionale ha promosso, avvalendosi del proprio Istituto per i beni culturali, un intervento di manutenzione per la pulitura e il fissaggio di parti a rischio di distacco, (curato dalla ditta R.T. Tessile di Albinea).
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I TRAGUARDI DEL 2016 Nel segno di Burri
29 MILA PRESENZE NEL 2016 Quasi 29 mila presenze nel 2016 per i Musei Burri, nonostante la sede agli Ex Seccatoi sia stata chiusa per lavori da gennaio a settembre. Sono i musei privati più visitati in Umbria. L‘onda lunga del Centenario segna questi numeri: nel 2014 le presenze erano 14 mila, poi nel 2015 il salto a 32 mila, con un incremento di visitatori del 125,88%. Il 2016 è stato chiuso precisamente con 28 mila 904 presenze nelle due sedi museali (palazzo Albizzini e Ex Seccatoi).
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LO SPAZIO DI MATERIA TRA EUROPA E USA, UN SUCCESSO «Burri. Lo spazio di materia tra Europa ed Usa», fino a gennaio agli Ex-Seccatoi dei Tabacchi in 4 mesi di mostra ha visto passare 21 mila 300 persone delle quali circa il 30% di provenienza estera. La mostra esponeva oltre 120 opere di artisti storici del XX secolo, di varie nazionalità, raccolte attorno ai capolavori di Burri.
RECORD A febbraio 2016 il «Sacco e Rosso» di Burri venne battuto da Sotheby’s - nella sua prima evening sale del 2016 - per oltre 10 milioni di euro stabilendo il nuovo primato dell’artista. L’opera era stata super quotata anche perché era una di quelle esposte nella retrospettiva al Guggenheim di New York. Questa top vendita ha inoltre sancito un primato nel primato: ha fatto chiudere a Burri l’anno 2016 col più alto fatturato mai realizzato fino ad oggi e cioè 32 milioni di euro. Contestualmente il prezzo medio di aggiudicazione delle sue opere, sempre nel corso delle aste, è passato dai 760 mila nel 2014 ad oltre 1 milione del 2016.
BURRI ALL’ASTA, QUOTAZIONI IN SALITA Le quotazioni delle opere di Burri sono cresciute sulla scorta del Centenario così’ come la possibilità di acquistarle nelle famose evening sale. Di fatto proprio dal 2014 ad oggi il fatturato in asta delle opere di Burri è passato dai 17 milioni di euro del 2014 ai 21 milioni di euro del 2015 fino ai 32 milioni di euro del 2016. Il balzo in avanti è stato registrato già dal 2015, anno del centenario quando nei cataloghi delle principali aste sono stati inseriti i suoi eccezionali lavori.
LO STAFF TANTI SONO STATI I RAGAZZI e le ragazze che hanno collaborato con serietà, preparazione e professionalità
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PUBBLICO PIU’ VASTO Il presidente Bruno Corà: «Burri era considerato un grande artista, dagli esperti e dal pubblico dell’arte anche prima del Centenario. La novità è che ora il maestro è percepito come grandissimo artista da un pubblico molto più vasto».
MUSEO CHIUSO PER ALLESTIMENTO Fino all’11 marzo la sede degli Ex Seccatoi del Tabacco rimarrà chiusa per consentire lo smontaggio della mostra «Burri Lo Spazio di Materia / tra Europa e USA» con le delicate operazioni di restituzione e per avviare, subito dopo, i lavori di allestimento del Museo permanente dell’Opera Grafica di Alberto Burri.
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IN GIRO PER l'italia e IL MONDO Numerose le attività messe in campo nel corso del 2015 e del 2016: dalla legge istitutiva del Centenario all’emissione del francobollo, dalla mostra di New York al Guggenheim Museum alla mostra del Kunstsammlung Nordrhein Westfalen di Düsseldorf; dal completamento del Grande Cretto di Gibellina alla ricostruzione del Teatro Continuo di
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Milano; dalla mostra di Bruxelles al Parlamento Europeo fino ai tanti episodi espositivi di Sansepolcro, Bologna, Pistoia, Cosenza ed altri, dal convegno dell'università di Perugia a quello nella chiesa di San Crescentino a Morra.
EDITORIA E CONVEGNI Attività editoriale intensa con la pubblicazione di decine di cataloghi e libri su Burri, una miriade di articoli su quotidiani, periodici di cultura e di informazione, fino al lavoro del Catalogo Generale in 6 volumi. A Città di Castello un flusso internazionale di artisti, collezionisti, storici dell’arte, direttori di musei e altri esponenti della cultura e del mondo dello studio. La mostra-convegno Au Rendez Vous des Amis con i suoi 66 artisti e 9 direttori di grandi musei agli Ex seccatoi a discutere sui maggiori temi della contemporaneità.
IL centenario Nel segno di Burri
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AD APRILE ARRIVA ONLY WINE L'EDIZIONE 2017
Only Wine Festival è la prima e unica manifestazione fieristica in Italia dedicata ai giovani Produttori e alle piccole Cantine. È il primo salone-diffuso, organizzato da Fiera Show, in collaborazione con A.I.S. Italia e patrocinato dal Ministero delle Politiche Agricole, che si terrà nel Centro Storico di Città di Castello, in provincia di Perugia, il 22 e 23 Aprile 2017. Ad essere
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protagoniste di questa quarta edizione di Only Wine Festival saranno le migliori 100 piccole cantine "under 40" italiane selezionati da A.I.S., che esporranno e faranno degustare il meglio della propria produzione, vini che raccontano storie di coraggio e intuito, impegno, dialogo, scienza e coscienza. Tante degustazioni libere e guidate dai migliori sommelier AIS.
UNA SPLENDIDA LOCATION...
Only Wine Festival è itinerante nel Centro Storico di Città di Castello, in provincia di Perugia. In tutte le location di Only Wine Festival saranno protagoniste le migliori 100 cantine italiane "under 40" selezionate da A.I.S., che esporranno e consentiranno la degustazione di tutti i loro vini. Sarà possibile acquistare singole bottiglie di vino direttamente dai produttori.
I FUORICLASSE DEL VINO PER DEGUSTAZIONI D'ECCEZIONE
Le degustazioni guidate saranno condotte daI Big del mondo del vino: Luca Martini, migliore Sommelier del Mondo e Andrea Galanti, migliore Sommelier d'Italia 2015. I due "Geni e Maestri" vi condurranno in un percorso emozionante e indimenticabile verso una profonda conoscenza del mondo del vino. Le degustazioni guidate sono un ottimo modo per scoprire i vini delle regioni selezionate ad ogni edizione, e i due campioni sapranno farvi apprezzare al meglio l'essenza di ogni varietà proposta.
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Ad Aprile arriva ONLYWINE
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DAL PRODUTTORE ALL'APPASSIONATO, LA MOSTRA MERCATO
Only Wine Festival è la Mostra Mercato dove è possibile acquistare singole bottiglie dagli espositori. Il format dell'evento sarà appunto quello della mostra mercato, con la possibilità dunque non solo di assaggiare i vini, ma di acquistare le bottiglie direttamente dai produttori. Musica dal vivo nella splendida piazza Matteotti a Città di Castello, e quest'anno, anche un vero tour enogastronomico, pensato per chi vuole coccolare il proprio palato con sapori nuovi. Degustazioni libere e guidate a cura di AIS Italia sono solo alcuni dei servizi previsti per fare godere appieno a tutti gli ospiti i vini delle migliori giovani aziende agricole.
SPAZIO ALLE MIGLIORI 20 BIRRE ARTIGIANALI D'ITALIA
Quando si parla di birra artigianale, si fa riferimento ad un processo di produzione diverso, che vede l'utilizzo di ingredienti naturali, un prodotto finale non pastorizzato, e in molti casi non filtrato. Il malto d'orzo o di frumento sono gli ingredienti base per produrre la birra; a questi sono poi aggiunti il lievito, l'acqua e il luppolo. Quando si parla di birrerie artigianali, spesso si tratta di piccole produzioni che fanno uso dei cereali derivanti dal loro stesso terreno. Solo ad Only Wine troverete gli Speed Beer, corsi di degustazione di Birra Artigianale di Qualità…
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E MOLTO ALTRO ANCORA: AREA ONLY CIGAR & ONLY WHISKY Durante Only Wine Festival verrà creata un'area a disposizione del Cigar Club Valtiberino dove sarà possibile partecipare a degustazioni guidate da catadores (Maestri conoscitori del Sigaro). Una spettacolare area riservata vi attende per una ricerca dell'abbinamento Vino - Sigaro veramente eccezionale. Nel corso della manifestazione potrete assistere alla preziosa manifattura del sigaro. L'Area Only Cigar anticiperà idealmente il Cigar and Tobacco festival, in programma a San Giustino Umbro dal 2 al 4 giugno 2017. Inoltre, tra le numerose manifestazioni e iniziative parallele spicca per originalità l'idea di un contenitore intitolato Only Whisky, nel quale il Whisky club Italiano lancerà ufficialmente le proprie attività, l'inizio di un nuovo ciclo di eventi, di degustazioni, di intriganti selezioni, tutto finalizzato alla riscoperta del malto vero, autentico. Faranno da contorno alcuni Master per la guida alle degustazioni dei migliori Whisky del Mondo.
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di Andrea Tafini
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l 22 e 23 aprile Città di Castello ospiterà, per il terzo anno di fila, Only Wine, manifestazione fieristica sul mondo del vino. Luca Martini, aretino di nascita e tra i più apprezzati sommelier a livello internazionale, sarà uno dei protagonisti della prossima edizione. «Guiderò il pubblico alla scoperta dei migliori giovani produttori italiani e di alcuni internazionali - spiega Luca -, con degustazioni e showcooking cercheremo di raccontare nel modo più completo possibile i prodotti che verranno a Città di Castello». Luca Martini vanta un'esperienza di alto livello, nel 2013 è stato nominato miglior sommelier del mondo dalla World Sommelier Association. Come ha scritto anche in un suo recente libro, e ci ha ripetuto anche in questa intervista, non esiste un vino migliore di un altro a prescindere; il vino è sempre un viaggio soggettivo. Che tipo di percorso hai intrapreso per diventare sommelier e come è nata la tua passione? «Il percorso nasce nel 1993 quando ho iniziato la scuola alberghiera. Il mondo dei sommelier era uno degli sbocchi più importanti da affrontare nel mio cammino, in me c’è sempre stata l’idea che da grande avrei voluto essere a disposizione del cliente nei ristoranti. In seguito mi sono specializzato come sommelier, il primo corso è stato nel 1996 con L’Associazione italiana sommelier, poi sono partito nel 1999 per Londra dove sono arrivate ulteriori esperienze e specializzazioni».
deve avere certe caratteristiche, sempre legate alla personalità di chi lo consuma». Un consiglio per giudicare la qualità di un vino a chi non è sommelier e magari non ha fatto corsi specifici? «La cosa principale a cui si deve rispondere è “ti piace o non ti piace quello che stai bevendo?” molto semplice. Se rispondi che ti piace, allora è il vino adatto per te e per la tua personalità». La cultura del buon cibo e del buon bere è cresciuta molto negli ultimi anni. Questo ha cambiato l’industria del vino e in generale quella della ristorazione? «Secondo me la cultura gastronomica c’era anche anni fa, solo che veniva valorizzata in modo diverso. Ora c’è più sensibilità data da un certo impatto mediatico in televisione o nei media, fa anche un po’ moda ecco. C’è una ricerca, da parte di persona che una volta non avevano certe attenzioni, nel dare precedenza a prodotti più di nicchia che di massa».
I vini italiani sono sempre i migliori del mondo? «È un ottimo momento per la nostra industria, l’Italia gode di un momento fantastico, soprattutto per i piccoli vignaioli che si stanno distinguendo per la qualità delle proposte».
Se dovessi consigliare i migliori vini del momento ai Qual è il legame tra chef e sommelier? nostri lettori… «È difficile rispondere senza avere davanti chi deve bere «Esiste una sinergia molto stretta, il sommelier a partire un determinato vino, senza conoscere chi dover consi- del menù costruisce la carta dei vini e gli abbinamenti». gliare; in questo momento comunque ci sono tanti piccoli produttori che fanno grandissimi vini». Che qualità deve avere un vino per essere un grande vino? «La relazione con il territorio da dove viene prodotto, primo fattore fondamentale. Poi ogni tipologia di vino
Per seguire Luca:
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SolidarietĂ senza frontiere
NELLA TERRA DI MEZZO di Marco Montedori
foto Marco Bonatti
Amatrice, 24 agosto. Ăˆ l’inizio di un incubo che sembra non avere fine. In quel lembo di terra fra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, la terra trema ancora: a Norcia, il 31 ottobre. Sono centinaia e centinaia le scosse registrate nei mesi successivi e non accennano a fermarsi.
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Solidarietà senza frontiere
Scosse che hanno messo a dura prova non solo gli edifici, ma hanno causato centinaia di morti e provocato una sensazione altissima di precarietà che ha ben pochi precedenti nella storia degli ultimi anni. Ci sono le case e i monumenti da ricostruire, ma c’è - soprattutto – da ricostruire l’animo di chi ha perso tutto. È con questo spirito che a più riprese, nei mesi scorsi, con l’associazione Altotevere senza frontiere Onlus ci siamo recati nelle zone terremotate, portando una serie di aiuti e facendo sentire la nostra vicinanza alle persone. Un’immensa distesa di macerie. Così si presentano Amatrice e le sue tante frazioni, quasi tutte cancellate dalla furia del sisma. Tanti i crolli anche nella zona di Norcia, a cominciare dalla basilica di San Benedetto, di cui resta solo la facciata imbrigliata in una fitta puntellatura metallica. Qui però le abitazioni, già ricostruite dopo i terremoti del ‘79 e del ‘97, hanno retto meglio e non ci sono stati morti. Gravissime le ripercussioni sull’economia di questi territori, basata sul turismo e sulle attività agricole. Sono stati sei i carichi di viveri, prodotti di prima necessità e materiali vari, come scaffalature per i magazzini, che abbiamo trasportato a Norcia e Amatrice in collaborazione con la Caritas Italiana, che ha allestito un campo fisso. Le temperature sono freddissime (la notte toccano spesso i -10 gradi) e l’arri-
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vo della neve ha reso tutto più difficile. Nell’ultimo viaggio a Norcia, grazie alla generosità di tantissime persone che hanno risposto al nostro appello, abbiamo consegnato alla popolazione oltre 250 paia di stivali e doposci. Il territorio colpito dal sisma è molto vasto e impervio. Sono decine le frazioni di montagna isolate con pochi abitanti che hanno preferito, nonostante le difficoltà, non abbandonare i loro luoghi e allestire sistemazioni di fortuna. Lo sforzo delle organizzazioni che operano nell’emergenza è quello di sostenere le famiglie più bisognose e di rispondere alle tante esigenze diverse, specialmente quelle dei più anziani: viveri e vestiti, riscaldamento, trasporti, assistenza medica. La difficoltà più grande a Norcia è quella di ritrovare un senso di comunità. Ecco allora che anche le iniziative più semplici, come una tombolata con i bambini del paese o una cena insieme, possono risultare importanti. Intanto sono arrivati i primi container e le casette di legno per gli sfollati, alcune attività hanno riaperto i battenti ma il ritorno alla normalità è molto lontano. La situazione si evolve rapidamente e il lavoro da fare è ancora tanto, è per questi motivi che nei prossimi mesi la presenza di Altotevere senza frontiere sarà assicurata costantemente.
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Ivan Zaytsev
«…quando ero bambino al palazzetto dello sport» C’è stato un tempo a Città di Castello in cui se andavi al palasport vedevi la serie A ed erano tanti quelli che si infiammavano per i colori biancorossi. Molti di loro si ricorderanno ancora di un bambino scatenato che prendeva a calci il pallone mentre il padre giocava a volley. Era il piccolo Ivan Zaytsev, ora grandissimo campione della Sir Safety Conad Perugia e atleta simbolo della nazionale azzurra che manda in delirio tutti i palazzetti italiani. 94
Ph: Valerio Giunti
presenti (la serata è stata moderata da Simone Santi tra l’altro arbitro internazionale di volley, ndr) hanno rivolto al grande campione che ha ricordato il suo periodo di vita trascorsa a Città di Castello, così come l’esperienza in Nazionale con l'argento olimpico di Rio de Janeiro ed ha persino palleggiato col sindaco Giuliana Falaschi sul palco del cinema. Ma tu hai iniziato col mini volley? «Sì proprio così, devo dire che ho avuto una famiglia molto importante nella pallavolo… mio padre è stato un campione olimpico ed io non potevo che fare pallavolo», ha risposto Ivan ad un bambino che gli chiedeva dei suoi esordi. E tutta quella grinta alle Olimpiadi dell’estate scorsa? Com’è stata quell’esperienza? «Devo ammettere che ho dormito poco prima della finale, siamo un po’ tutti umani e il pensiero in quei momenti va al fatto che potresti diventare un campione olimpico. Quando entro in campo mi trasformo un po’ perché sono me stesso ed esce fuori l’istinto del guerriero, il desiderio di non voler perdere. Mi arrabbio anche quando perdo a briscola… quindi non so, è come se volessi trasmettere all’avversario il timore. Comunque non c’è niente di costruito: tutte le mie reazioni così plateali vengono sul momento».
Ivan tu sei cresciuto nei palazzetti dello sport: avresti mai immaginato questo futuro da campione? «Da bambino non ti rendi conto… ci vogliono anni e anni di duro lavoro. Adesso credo di essere nel posto giusto al momento giusto: sto facendo la cosa che più mi piace al mondo e non posso far altro che essere felice». Ivan ha parlato di sé e del volley di fronte a tantissimi appassionati di questo sport al Nuovo Cinema Smeraldo di Pistrino, dove è stata organizzato un pubblico incontro dal Comune insieme alla Volley Sansepolcro. Tante e curiose le domande che i ragazzini, i giornalisti
Adesso la gente ti riconosce per strada e i ragazzini che fanno volley ti adorano… «È molto bello incontrare tante facce sorridenti. Mi fa piacere farmi conoscere da più persone possibili, cerco di sfruttare al meglio l’onda lunga delle Olimpiadi che è una grande occasione per far parlare di volley». una questione di famiglia VJAČESLAV ZAYTSEV
Gli amanti della pallavolo in Altotevere sono tanti. I motivi risalgono alle bellissime e storiche gesta di giovani pallavoliste che alla fine degli anni '60 riportarono in Valtiberina il titolo nazionale dei Giochi della Gioventù. Da quella bellissima storia tante altre ne sono nate, con il volley che è sempre stato il ‘leitmotive’ in numerose famiglie. "Slava" Zaytsev, ad esempio, per gli amanti della pallavolo, significa il top mondiale dei palleggiatori, grande atleta russo, che ha vinto tutto quello che era possibile vincere con la maglia della storica U.R.S.S. Zajtsev agli inizi degli anni ‘90 giocò a Città di Castello, in uno dei tanti periodi in cui il volley si confermava come primo sport in assoluto.
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Ivan Zaytsev
«…WHEN I WAS A CHILD AT THE SPORTS PALACE» There was a time in Città di Castello in which, if you went to the sports arena you would see Series A and there were many who got fired up for the red and white team. Many of them can still remember a wild kid who was kicking the ball while his father Vjačeslav was playing volleyball. It was the little Ivan Zaytsev, now a great champion of the Sir Safety Conad Perugia team and athletic symbol of the national Italian team who sends all the Italian sports arenas into a delirium. Ivan, you grew up in the sports arenas: would you have ever imagined this future as a champion? «As a child you don’t realize... it takes years and years of hard work. Now I believe that I am in the right place at the right time: I am doing the thing I like most in the world and I can’t be anything but happy». Ivan spoke about himself and about volleyball in front of many fans of this sport at the Nuovo Cinema Smeraldo in Pistrino, where a public meeting was organized by the Township together with Sansepolcro Volleyball. Many and curious were the questions by the kids and reporters present (the evening was moderated by Simone Santi among other things international referee for Volleyball, editor’s note) addressing the great champion who remembered the time in his life that he spent in Città di Castello, as well as the experience on the National team with the Olympic silver in Rio de Janeiro and he has even set the ball with Mayor Giuliana Falaschi on the stage of the cinema. But did you begin with mini-volley? «Yes, exactly, I have to say that I have had a very
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important family in volleyball… my father was an Olympic champion and I could not but play volleyball», Ivan replied to a child who was asking about his beginnings. And all that determination at the Olympics last summer? How was that experience? «I have to admit that I slept very little before the final game, we are all a little human and your thoughts in those moments goes to the fact that you could become an Olympic champion. When I go on the court I transform a little bit because I am myself and that warrior instinct comes out, the desire to not lose. I get angry even when I lose at briscola… so I don’t know, it is as if I want to transmit fear to the adversary. Anyway, there is nothing fake: all of my dramatic reactions come in the moment». Now people recognize you on the street and kids who play volleyball adore you… «It’s so beautiful to run into lots of smiling faces. It makes me glad to make myself known to as many people as possible, I try to take the best advantage of the long wave of the Olympics which is a great opportunity to get people talking about volleyball».
Ph: Valerio Giunti
A FAMILY MATTER VJAČESLAV ZAYTSEV Volleyball lovers are many in the Tiber Valley. The reasons go back to the beautiful and historical accomplishments of young volleyball players who, at the end of the 60s brought the National title back to the Tiber Valley at the Giochi della Gioventu (Youth Olympics). From this beautiful story, many others were born, with volleyball which has always been the motto in numerous families. “Slava” Zaytsev, for example, for volleyball lovers, means the world’s best setter, great Russian athlete, who won all that was possible to win with the jersey of the historic U.S.S.R. Zajtsev, at the beginning of the 90s played in Città di Castello in one of the many periods in which volleyball was confirmed as the absolute number one sport.
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il bello delle donne
Giuliana De Sio by Massimo Zangarelli
«SE IL PROBLEMA È L’EMANCIPAZIONE DEI MASCHI...» «IF THE PROBLEM IS THE EMANCIPATION OF MALES...»
Al Teatro degli Illuminati di Città di Castello, in esclusiva per l’Umbria, storica interpretazione di Giuliana De Sio in «Notturno di donna con ospiti», il testo cult di Annibale Ruccello. In scena con la De Sio, Gino Curcione, Rosaria De Cicco, Andrea De Venuti, Francesco di Leva, Luigi Iacuzio, per la regia di Enrico Maria Lamanna.
At the Illuminati Theatre in Città di Castello, in exclusive for Umbria, a historic interpretation by Giuliana De Sio in «Notturno di donna con ospiti», a cult text by Annibale Ruccello. On stage with De Sio, Gino Curcione, Rosaria De Cicco, Andrea De Venuti, Francesco di Leva, Luigi Iacuzio, for the direction of Enrico Maria Lamanna.
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Signora De Sio, questo lavoro sta diventando un classico, in particolare il «suo» classico visto che l’ha portato sulle scene già vent’anni fa e poi ripreso da qualche anno con lo stesso successo… «In effetti: siamo alla 850°replica…».
Mrs. De Sio, this job is becoming a classic, in particular «your» classic seeing that you brought it on stage twenty years ago and then again a few years ago with the same success… «Indeed: we are on the 850th performance…».
Ciò però aumenta il rammarico per la prematura perdita di un autore quale Annibale Ruccelllo. «Certo, anche perché non ha potuto vivere la rivalutazione della sua opera; resta il fatto che con questo successo si dà pieno riconoscimento alla sua levatura autoriale».
Yet that increases the sadness for the premature loss of an author which is Annibale Ruccelllo. «Certainly, also because he could not experience the revaluation of his work; the fact remains that with this success he gets full acknowledgement of his caliber as author».
Nella sua invidiabile galleria di personaggi femminili (da «Una donna» su Sibilla Aleramo in Tv a «Speriamo che sia femmina» al cinema) entra di diritto anche questa donna che in definitiva diviene carnefice perché prima vittima, no? «È una sorta di thriller dove non esiste un movente reale per l’omicidio, ma motivazioni interiori nell’inconscio della protagonista e alla fine della vicenda - che si rivela essere soltanto un sogno - lei si ritrova coperta di sangue perché ha ucciso davvero… Lei vittima di vessazioni fisiche e psicologiche, sottomessa da una serie di violenze domestiche. Pur essendo una tragedia la pièce diverte il pubblico con dialoghi deliziosi e grazie ad attori fantastici… a un primo atto comico segue un secondo atto drammatico».
In your enviable gallery of female characters (from «Una donna» on Sibilla Aleramo on TV to «Speriamo che sia femmina» at the cinema), this woman, who becomes a killer, is entitled to enter as well, because she is first a victim, right? «It is a kind of thriller where there was not a real motive for the homicide, but interior motivations in the unconscious of the protagonist and at the end of the event – where it is revealed to be just a dream – she finds herself covered in blood because she had truly killed him… She, victim of physical and psychological oppression, subjugated by a series of domestic violence. Even if it was a tragedy, this piece entertains the public with delicious dialogs and thanks to fantastic actors …to a first comic act followed by a second dramatic act».
Si è da poco celebrata la giornata contro la violenza sulla donna eppure nonostante manifestazioni e iniziative i femminicidi continuano a susseguirsi con cadenza impressionante… «Personalmente, per quello che posso fare e ho sempre fatto, continuo la mia battaglia che dev’essere contro ogni tipo di violenza: sulle donne, sui bambini, sui anziani, sugli animali… ma è la cultura maschile che va profondamente rivista e sin dalle elementari, i bimbi vanno educati alla parità di genere. Il problema non è quello dell’emancipazione della donna, come si diceva al tempo del femminismo militante, bensì dell’emancipazione dell’uomo». Lei ha lavorato tra gli altri con due grandi quali Marcello Mastroianni e Massimo Troisi. Che ricordo ha di loro? «Della generazione dei grandi italiani dello schermo ho vissuto la “coda”, frequentavo casa Mastroianni e lui era particolarmente felice che fossi diventata molto amica di sua figlia Barbara e con la quale ancora ci frequentiamo, poi con la moglie Flora andavo in vacanza, ero praticamente una di famiglia. Con Troisi, persona mai banale, avevo un rapporto di grande stima, lui era un mio fan dichiarato al punto che dopo la ‘Medea di Porta Medina’ mi volle a tutti costi nel suo film anche se io, che stavo perdendo il mio compagno, lo avevo preavvertito che avrei avuto problemi a girare in quello stato di prostrazione psicologica… lui è stato generoso, non ha voluto chiamare nessuno al mio posto, mi ha atteso nei miei giorni più bui e mi è stato vicino con delicatezza in un momento così particolare della mia vita». I suoi prossimi progetti? «Due fiction TV, ‘Il bello delle donne 10 anni dopo’ e ‘Amore mio pensaci tu’, un format australiano dove faccio un personaggio molto divertente in una famiglia assolutamente anomala».
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We have just celebrated women’s anti-violence day, however despite manifestations and initiatives, homicides of women continue to happen one after another at an astounding rate… «Personally, for what I can do and have always done, I continue my battle which must be against every kind of violence: on women, on children, on elderly, on animals… but it is the masculine culture that needs to be reviewed and already in primary school children should be educated about the gender equality. The problem is not that of the emancipation of women, as people were saying at the time of feminine activists, but the emancipation of man». You have worked among other with two greats, Marcello Mastroianni and Massimo Troisi. What memory do you have of them? «Of the generation of great Italians of the big screen I lived the “tail”, I would go to the Mastroianni house and he was particularly happy that I became a good friend of his daughter Barbara and with whom I still get together, then with his wife Flora I would go on holiday, I was practically one of the family. With Troisi, never an ordinary person, I had a relationship of great esteem, he was a declared fan of mine to the point in which, after ‘Medea di Porta Medina’ he wanted me at all costs on his film even if I, who was losing my partner, had told him that I would have had problems filming in that state of psychological prostration… he was generous, he didn’t want to call anyone else in my place, he waited for me in my darkest days and he was close to me with sensitivity in such a particular moment of my life». Your next projects? «Two TV stories,‘Il bello delle donne 10 anni dopo’ (The beauty of women 10 years later) and ‘Amore mio pensaci tu’, (My love, you deal with it) in an Australian format where I play a very funny character in an absolutely abnormal family».
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«È la cultura maschile che va rivista e sin dalle elementari i bimbi vanno educati alla parità di genere» 103
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Una donna un blog
Valentina Piccini di Cristina Crisci
«LA MODA È UN GIOCO BELLISSIMO e
PORTA BUONUMORE» Valentina Piccini è l’anima e l’ideatrice del blog «Mamme a Spillo», 84 mila 560 fan su Facebook, 22 mila 700 follower su Instagram e 3 mila 149 su Twitter. Valentina vive a Sansepolcro, fa la pendolare con Milano, ha 3 figlie femmine, un figlio maschio ancora molto piccolo, un marito e nel suo blog racconta le tendenze moda per le mamme che, nonostante il tran tran quotidiano, non rinunciano allo stile e al tacco 12 (cosa che per quanto mi riguarda già ne fa una sorta di donna mito).
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Ma per davvero Valentina ti muovi sui tacchi alti anche quando sei coi bambini? «Sto sui tacchi sempre, a parte in casa, dove sto rigorosamente a piedi nudi. Però il tutto nasce da un problema alla schiena: con le scarpe rasoterra sto malissimo!». Tu nasci un po’ modella un po’ storica dell’arte però adesso fai la blogger: come ti è venuta l’idea? E te lo aspettavi un seguito così numeroso? «L'idea mi è venuta in realtà tanti anni fa, quando di blog ancora ne esistevano pochissimi e non erano che diari personali. Iniziai a tenere un diario online sotto pseudonimo, ci scaricavo tutte le mie tensioni mentre studiavo e lavoravo nello spettacolo. Ho smesso di essere una storica dell'arte di professione nel 2009, con due bimbe piccole non potevo più permettermi di viaggiare di continuo. Mamme a Spillo è nato invece nel 2012, dopo la nascita della terza: sentivo il bisogno di dire a me stessa e alle altre mamme che bisogna continuare a sentirsi donne, prima di tutto, anche quando siamo sepolte tra pappe e pannolini». La tua giornata quando inizia e quando finisce? «Non si sa, ogni giornata è diversa. Può iniziare alle cinque con Gregorio (la notte se si sveglia ci pensa il suo papà) e finire ad un orario normale... oppure può iniziare alle otto e finire alle due di notte, nei giorni in cui vado e torno da Milano. Cerco sempre di rientrare dai miei figli la sera, se non li porto con me». Domanda classica: quanto è complicato per te conciliare 4 figli e il lavoro? «Non molto, in realtà. Non ho sensi di colpa, le grandi ormai capiscono bene che questo è il mio lavoro e soprattutto grazie al blog vivono esperienze che molti bambini non vivranno mai. Coinvolgo i miei figli il più possibile, ci divertiamo insieme, sanno che i miei orari sono molto variabili e si adattano comunque ai loro. Se invece mi chiedi quanto sia complicato a livello di fatica, lo è... Ma è un lavoro e come tale va portato avanti. Posso contare molto sull'aiu-
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«Sto sui tacchi sempre, a parte in casa, dove sto rigorosamente a piedi nudi. Però il tutto nasce da un problema alla schiena: con le scarpe rasoterra sto malissimo!» to dei miei suoceri e di un'altra persona speciale, per il resto mi faccio letteralmente in quattro». Domanda neo classica: il ruolo delle fashion blogger nella moda è stato anche al centro di vivaci scambi di vedute tra gli addetti del settore (polemica Vogue docet). Tu che ne pensi? «Non sono propriamente una fashion blogger, mi occupo più della parte bambino, ma ti posso dire che alle aziende e alla vecchia scuola (quindi anche i giornali) il nostro lavoro fa paura: siamo più veloci, più sul pezzo, ormai siamo indispensabili». Vivi a Sansepolcro, ma la capitale della moda è Milano: quanto ti pesa fare la pendolare? «Non abbastanza da pensare di trasferirmi. Se
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fossi sola volentieri, ma i bambini crescono più tranquillamente in un piccolo centro. Soprattutto, sono separata dal mio primo marito e non allontanerei mai così tanto le nostre figlie da lui». Una donna icona di stile è? «Iris Apfel, la conosci? Voglio crescere ed invecchiare come lei, noncurante degli sguardi degli altri e sentendomi sempre una regina nei miei abiti... la moda è un gioco bellissimo che porta buonumore!» Nell’armadio di una fashion mamma non devono mancare: «Jeans aderenti a vita alta, un tacco molto alto, ma largo (ci si sta bene anche correndo dietro ai figli), maglie oversize e soprattutto tanto tulle! Nuvole di tulle!».
Tv, web, giornali, sfilate, consigli di moda: quali progetti ci sono nel tuo futuro? «Prima di tutto c'è il mio blog, che ormai è un punto di riferimento del settore. C'è il libro che sto scrivendo, ma non riguarderà nulla di tutto ciò. La scrittura è la mia linfa vitale. Poi, una collezione moda per bambini, ma non posso dire di più… E poi c'è il progetto dell'agriturismo di lusso che sto costruendo con mio marito. Anche qui per un annetto bocca serrata». Nel tuo lavoro spesso coinvolgi anche le tue figlie, non temi che un giorno loro possano criticare questa scelta? «Sinceramente no, è già una loro scelta e quando dico loro "ok, mamma ora si prende un periodo per starsene tranquilla senza il lavoro" mi rispondono ‘ma no, noi vogliamo fare le cose del tuo lavoro!’. Se invece un domani dovessero criticare pazienza, tutti i genitori sono criticabili, magari anche loro lo saranno un giorno. Cerco di renderli felici, di essere felice io, ma non sono perfetta». Valentina a casa dietro ai fornelli: la ricetta che ti viene meglio? «Sto facendo dei corsi di cucina con un famoso chef stellato... va bene come risposta?!». Tra 10 anni come e dove ti vedi? «Pendolare come sempre, alle prese con 4 figli adolescenti, probabilmente con parecchie rughe in più, ma sempre curata». Sansepolcro e l’Altotevere più in generale, terra in cui vivi con la famiglia: un pregio da valorizzare e un difetto da colmare. «A livello storico artistico è una parte meravigliosa del centro Italia. Ma a livello di comunicazione, anche turistica, c'è molto, troppo da fare. Siamo incapaci di creare una strategia come si deve, presi da tanto campanilismo e anche un pizzico di presunzione. Ma per quanto riguarda Sansepolcro ho molta fiducia nel nuovo sindaco».
Valentina con i figli
«...se un domani dovessero criticare pazienza, tutti i genitori sono criticabili, magari anche loro lo saranno un giorno. Cerco di renderli felici, di essere felice io, ma non sono perfetta»
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Raffaella Covino di Marco Polchi
«VI RACCONTO IL MIO FILM A CHILOMETRO ZERO»
ph: Paolo Ippoliti
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Prendete una regista determinata e creativa, una storia leggera ma allo stesso tempo profonda, un cast di qualità a forti tinte rosa e interamente umbro, una scenografia naturale tra Perugia e Assisi e infine un budget ridotto all’osso. Ecco che nasce il primo film totalmente girato e prodotto nel cuore verde d’Italia, «a chilometro zero» come è stato definito; ecco che prende vita “Dammi una mano”, pellicola uscita a fine novembre 2016 (ad ottobre selezionata per il festival del cinema italiano di Miami, in concorso come miglior film), scritta e diretta da Raffaella Covino. Che raggiungiamo telefonicamente dopo la presentazione del film al Cinema Metropolis di Umbertide, a pochi giorni da Natale... Raffaella buongiorno, quest’anno ha ricevuto davvero un bel regalo… «Oh sì, vedere proiettato nelle sale Dammi una mano è uno dei migliori doni che potessi ricevere. Senza troppa retorica, è una soddisfazione enorme essere premiati per il proprio lavoro. Per un lavoro legato al cinema». E infatti le sale dove avete presentato il film (tra cui Perugia, Umbertide, Bastia e Rimini) sembra che stiano rispondendo con entusiasmo. «Non mi aspettavo un tale successo, anche se in cuor mio ci speravo. Al Postmodernissimo di Perugia ad esempio abbiamo dovuto continuare con le proiezioni, tanto era l’afflusso di pubblico. E questo è molto molto bello, soprattutto per chi ha messo il proprio impegno e la propria professionalità in questo progetto, che va avanti da quasi tre anni».
Ah, tre anni? «Esatto, è così. La realizzazione del film parte da lontano, anche se poi per girarlo ci abbiamo messo circa quaranta giorni -; comincia, a dir la verità, dall’impossibilità di mettere in piedi un altro film che avevo in mente negli anni passati. Questo ha fatto dirottare me e i miei collaboratori verso il soggetto che è poi diventato “Dammi una mano”». Ecco, parliamo della pellicola. Di cosa si tratta? «Il film è una commedia in tempo di crisi, come mi piace definirlo, nel senso che ha la leggerezza di questo genere ma affronta anche tematiche complicate e nascoste, paradossali e “di provincia”. A tratti diventa un “giallo”. Racconta la storia di una donna, Caterina – interpretata da Ilaria Falini – che ha tutto dalla vita ma che altrettanto velocemente perde le sue sicurezze: umane, economiche e sentimentali. Ma soprattutto racconta di come Caterina riprenderà il suo cammino, grazie all’aiuto di persone che aveva sempre pensato lei di dover sostenere».
Credo che le difficoltà nel realizzare il film non siano state poche… «Sono state molte le difficoltà in effetti, ma ci siamo riusciti comunque, abbiamo fatto un piccolo miracolo. L’Umbria è una regione stupenda, offre scenografie naturali mozzafiato così come persone e professionisti di alto livello. Ma è impreparata a livello strutturale e comunicativo, soffre nella parte della promozione. L’intento di questo film è anche quello di mostrare questo splendido territorio e la sua gente. Per questo abbiamo puntato su attrici, attori e comparse nostrane, che abbiamo ingaggiato qua e là in tutta la regione, anche a Umbertide vista
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la collaborazione con Achille Rosselletti e il Teatro dei Riuniti». Ha appena definito Dammi una mano un piccolo miracolo. Addirittura? «Oh sì, le risorse erano veramente limitate… chi riuscirebbe a girare una pellicola con soli cinquemila euro?! Pensandoci poi il vero miracolo è stato anche quello di creare una vera sintonia tra le trecento persone impiegate nel progetto, che si sentivano con entusiasmo parte di un tutto, di una comunità, di uno stare insieme. In tutti c’era il desidero di creare qualcosa di bello, un film “vero”. La partecipazione al Festival di Miami ha coronato tutto questo».
abbiamo lanciato una campagna di crowdfounding alla quale hanno partecipato moltissimi sostenitori che in pratica hanno acquistato il biglietto prima dell’uscita del film. Poi ci sono stati tutti i volontari e le attività in cui abbiamo girato la pellicola che hanno finanziato indirettamente il lavoro. Ecco, Dammi una mano sarà anche senza budget ma è pieno di passione e partecipazione. Ci siamo veramente dati una mano! (ride, ndr)». Quindi c’è anche un po’ di Città di Castello nel film… «In un certo senso è così! Con Marco e Alberto del Sound Studio Service ci siamo veramente trovati a nostro agio, ma ne ero sicura perché avevamo già collaborato in passato per l’audio di un cortometraggio. Loro si sono occupati di tutta la sonorizzazione del film e hanno fatto la colonna sonora originale, un lavoro pazzesco; devo dire che il risultato è davvero di alto livello tecnico ed espressivo. Chissà che non lavoreremo ancora insieme, magari per organizzare una proiezione a Città di Castello, perché no in estate...». Nel film c’è anche lo zampino di David Riondino, attore, regista e scrittore qui in veste di cantautore. «David è autore e interprete della omonima canzone colonna sonora del film. Ha dato un tocco di classe in più. Ha trasmesso una sicurezza, una motivazione e una generosità fondamentali, soprattutto nei momenti più laboriosi e complessi della realizzazione del film. Lo vorrei ringraziare particolarmente per questo».
Ho capito bene: cinquemila euro? «Proprio così. Il capitolo dei finanziamenti è anche uno degli aspetti più particolari di Dammi una mano. Per prima cosa abbiamo cercato dei partner di produzione che appoggiassero il progetto: li abbiamo trovati in Promovideo e nel Sound Studio Service di Città di Castello che si sono uniti alla nostra associazione Ogni fotogramma. In seguito
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Quale sarà il suo prossimo passo? «Innanzitutto stiamo lavorando alla distribuzione vera e propria del film; in cantiere però abbiamo già una seconda pellicola che è poi quella che volevamo realizzare prima di Dammi una mano, sarà ambientato nella notte del blackout avvenuto in Italia a fine settembre del 2003… Speriamo che tutto il lavoro di questi ultimi anni possa esser stato un trampolino di lancio, un richiamo per intercettare finanziamenti e finanziatori che finora sono rimasti a guardare. Insieme si può!».
In alto: Raffaella Covino con la scenografa Tamara Milenkovic, il coproduttore Fabrizio Salvanti e Francesco Bruni, autore delle musiche insieme ad Alberto Brizzi e Marco Capaccioni. A sinistra e in basso alcuni momenti della lavorazione del film.
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Quanto sono buoni i dolci di Pietro! di Cristina Crisci
È uscito a un passo dalla finale ed è stato indiscutibilmente uno dei concorrenti più amati. Reduce da Junior Bake Off Italia (ogni venerdì su Real Time dalle ore 21.10 - canale 31), ha tenuto incollati alla tv centinaia e centinaia di umbri a fare il tifo per lui, per Pietro da Città di Castello. Inizialmente erano sedici i bambini provenienti da tutta Italia che si contendevano il titolo di miglior pasticcere nel programma condotta da Benedetta Parodi con Ernst Knam, Clelia d’Onofrio e Antonio Martino. Pietro era uno dei più piccoli concorrenti in gara, sette anni, è stato descritto come «un bambino giocoso, espressivo e senza filtri. Un vero pasticcione, ma quando si cimenta la sua concentrazione lo aiuta a realizzare dolci semplici e genuini!». A raccontare chi è davvero Pietro è la sua mamma, Francesca, che lo ha seguito insieme al papà in questa inedita avventura tra i fornelli lontano da casa. Come è nata l’idea di far partecipare Pietro a Junior Bake Off? «Abbiamo seguito insieme la prima edizione di Junior Bake Off e Pietro si è appassionato tanto al programma. Nonostante i suoi 7 anni con molta determinazione si è voluto iscrivere ai casting per l'edizione successiva». Che esperienza è stata per Pietro? «È stato un fantastico gioco che gli ha permesso finalmente di imparare a cucinare, visto che in famiglia non siamo bravissimi in cucina!». La cosa che secondo lei gli è piaciuta di più e quella di meno. «A Pietro è piaciuto tutto di questa esperienza. In particolare, penso che la cosa più bella sia stata l'amicizia con gli altri bambini e con le loro famiglie. La cosa più brutta: il pela-patate. Per preparare la torta di mele di Clelia si è fatto un piccolo taglietto, quasi invisibile, ma ha portato il cerotto per un mese!». Qual è il dolce preferito di Pietro? E quello che gli viene meglio? «Il suo dolce preferito è anche quello che gli viene meglio. È diventato il suo cavallo di battaglia: la sua ormai famosa torta di mele. È il primo dolce che abbiamo imparato a fare insieme». Con chi cucina di solito a casa? «Di solito Pietro cucina con me che gli ho trasmesso la passione per il cibo! Noi siamo pasticceri della domenica e passiamo tutto il pomeriggio tra i fornelli a provare le ricette e poi ad assaggiarle!». Secondo Pietro chi era il piccolo miglior pasticcere? «Ognuno dei bambini che ha partecipato al programma ha davvero qualcosa di speciale e una passione innata per la cucina. Secondo noi tutti meritavano il titolo di miglior pasticcere!». Tra i giudici invece chi è il più dolce? «Pietro ha adorato tutti e tre i giudici di questa edizione di Junior Bake Off. A loro volta devo dire che i giudici hanno voluto davvero bene a Pietro. Il giudice più dolce, però, secondo noi è Knam che, nonostante una prima impressione un po' burbera, ha davvero un cuore tenero. Per fare un esempio: ogni giorno prima di iniziare la trasmissione e alla fine di ogni registrazione puliva sempre gli occhiali a Pietro!».
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CAPELLI ARRUFFATI E GRINTA ROCK, IL GIOVANE MOTTA E L'INIZIO DEI TRENT'ANNI di Andrea Luccioli - foto Lorenzo Cirimbilli
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IL LIVE AL SUPERSONIC DI FOLIGNO DEL VINCITORE DELLA TARGA TENCO COME MIGLIORE ESORDIENTE. IN SCALETTA TUTTO IL DISCO «LA FINE DEI VENT'ANNI». Motta, i suoi mille capelli arrabbiati e il primo concerto da ricordare di questo 2017 appena iniziato. Siamo di nuovo al Supersonic di Foligno, fuori fa un gran freddo, ma nel locale la temperatura è quella giusta. Gran pienone e soprattutto grandi aspettative per il vincitore della Targa Tenco dello scorso anno come migliore esordiente: un giovane scapigliato che, con il suo primo album solista, “La fine dei vent'anni”, ha riacceso luci e interesse sulla buona musica italiana. Il livornese Francesco Motta, ormai da qualche anno romano d'adozione, ha un buon curriculum alle spalle, sia per le collaborazioni illustri sia come guida della band Criminal Jokers. Ma soprattutto ha un mentore e amico con cui ha firmato buona parte del suo disco: quel genio di Riccardo Sinigallia, ovvero la parte migliore dei Tiromancino fino a “La descrizione di un attimo” e talento tanto osannato per quanto poco conosciuto al grande pubblico di casa nostra. Premesse importanti per un live set che ha confermato quanto di buono si va dicendo in giro ultimamente sul riccioluto Motta, nonostante un'apparizione sottotono qualche mese fa al nostrano Riverock. Un'ora e un quarto di musica per un concerto bello, tirato e spontaneo. Lui guida le danze, ha una voce potente, i capelli che gli scendono sul viso sono parte integrante dello show, così come il tamburo che lui stesso suona per “rinforzare” una sezione ritmica già notevole grazie al buon Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosion.
“La fine dei vent'anni”, il singolo che lo ha fatto conoscere, si perde in mezzo ai tanti brani di qualità che il buon Motta dal vivo rende ancora più grintosi e luccicanti. Come “Prima o poi ci passerà” che tutti cantano senza perdere una battuta del testo. Lo ha detto in diverse interviste e lo conferma al Supersonic, ogni suo brano è un brano “politico” perché, come spiega, «ogni presa di posizione è un atto politico». E allora ecco che a metà concerto arrivano parole al vetriolo contro «...quegli stronzi che rompono il (…) ai locali per la loro programmazione musicale. Veramente un'idiozia». Il riferimento è all'esibizione che il rapper/provocatore Bello Figo, quello dei concerti annullati e delle centinaia di minacce ricevute, aveva in programma proprio al Supersonic prima della cancellazione causa rischi per l'ordine pubblico. Motta non fa sconti e ricorda: «Anche io quando sono andato a Roma non pagavo l'affitto perché me lo pagava mia madre», citando di fatto proprio un pezzo dello YouTuber della discordia. Applausi e mani alzate, Motta è uno che va dritto al punto e il pubblico, giovane e meno giovane, apprezza. Si sposta i capelli spesso e a più riprese cita i suoi compagni di palco e li chiama “famiglia”, con loro regala al pubblico pure una manciata di bis che assomigliano ad una ciliegina su una torta già gustosa di per sé. Gustosa ma anche arrabbiata. Sì, perché Francesco dal vivo scalpita come i ritmi serrati dei suoi brani. Pezzi dove spuntano fuori lampi di elettronica e un po' di sana attitudine punk che non guasta mai. E così arriva anche “Abbiamo vinto un'altra guerra”, forse il pezzo che più di tutti tira fuori i vent'anni ribelli che ormai si dirigono verso i trenta, anche se Motta è pronto alla battaglia e canta: «Noi strisceremo di notte/per non farci vedere». Fine. Le luci bianche si alzano, lui scende al palco e dietro le spalle si lascia applausi e il primo live da incorniciare di questo nuovo anno.
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Art sweet art
L’arte diventa a portata… di casa grazie ad Art Sweet Art, la nuova piattaforma dedicata a residenze d’artista in abitazioni private, ideata da Laura Caruso e Saverio Verini. Ve la spieghiamo in cinque punti. CHE COS’È E COME FUNZIONA Attraverso il sito artsweetart.net, il proprietario di casa individua l’artista che preferisce tra coloro che hanno aderito all’iniziativa. Dopo i primi contatti
L’artista Ilaria Margutti insieme alla committente Tiziana Rinaldi nel corso della quarta residenza, ad Arezzo.
Un Museo? A casa mia!
di Maria Vittoria Malatesta Pierleoni
conoscitivi, si stabilisce la tipologia e la tematica dell’opera tenendo conto delle necessità del committente e dell’ambiente. Dalla fase di progettazione fino alla realizzazione, l’artista è ospite nella casa che poi l’accoglierà l’opera, facendo confluire il valore di quest’esperienza nel risultato finale. I curatori di Art Sweet Art garantiranno la diffusione del progetto attraverso l’organizzazione di laboratori e workshop sul territorio. In particolare, il momento dell’inaugurazione del lavoro potrà diventare occasione di incontro con il vicinato, amici, conoscenti, curiosi e chiunque sia interessato al mondo dell’arte. IL CUORE DEL PROGETTO Prendendo le mosse dal modello di museo diffuso e attingendo a una nuova concezione di collezionismo che diventa accessibile, partecipato e inclusivo, il progetto si rivela un esperimento ben riuscito che avvicina l’arte al vissuto umano e sociale e amplia il concetto di mecenatismo. Ri-
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L’artista Leonardo Petrucci al lavoro nell’abitazione dei committenti Stephanie Fazio e Francesco Basileo.
Carlo Trucchi allestisce l’opera realizzata per la seconda residenza, presso l’abitazione di Manuela Margutti, a Perugia.
Art sweet art
spetto al passato infatti, l’atto dell’acquisto è solo l’ultimo tassello di un quadro più ampio che vede coinvolti allo stesso modo artista e committente nel processo creativo alla base di ogni realizzazione artistica.
Francesco Capponi mentre realizza Città in scala, frutto della terza residenza, a Monte Santa Maria Tiberina.
Foto di gruppo al termine della quinta residenza di Art Sweet Art. Da sinistra a destra: Saverio Verini, Laura Caruso, Stephanie Fazio, il beagle Poldo, Leonardo Petrucci, Francesco Basileo.
Foto di gruppo della prima residenza, che visto coinvolti l’artista Francesco Ciavaglioli e la famiglia Francini-Caruso.
GLI ARTISTI E LE OPERE Installazione, pittura, performance, fotografia, scultura e video sono quanto i dodici artisti che formano attualmente la rosa dei partecipanti possono offrire per soddisfare le esigenze e incontrare i gusti di ogni collezionista e appassionato. Sono già cinque le opere realizzate nell’ambito di Art Sweet Art: Vita Quieta di Francesco Ciavaglioli, Carte de Tendre di Ilaria Margutti, Città in Scala di Francesco Capponi, Undici Preghiere di Carlo Trucchi e Poldo di Leonardo Petrucci, visitabili contattando i committenti (nonché custodi) delle creazioni. ARTSWEETART.NET Il sito offre un’ampia documentazione relativa alle opere e alla loro collocazione nelle case private di diverse città, tracciando anche le tappe di questo museo diffuso, motore di un turismo innovativo e sostenibile. Dopo le prime quattro iniziative in Toscana e Umbria, con i comuni valtiberini capofila del progetto, lo scorso dicembre Art Sweet Art è arrivata anche a Roma con un'inaugurazione domestica dell'opera di Leonardo Petrucci, seguita poi da una presentazione ufficiale dell'iniziativa da smART - polo per l'arte, in piazza Crati. IN AGENDA Art Sweet Art, che fa parte della rete CasermArcheologica – con sede a Sansepolcro -, è inserita come progetto speciale all’interno della settima edizione di Affordable Art Fair (con la quale condivide la prospettiva di un’arte a prezzi accessibili) a Milano dal 9 al 12 febbraio.
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informazione pubblicitaria
BIENNALE D'ARTE CIAO UMBRIA Finalmente, dopo anni di lavoro, il sogno della Biennale d'Arte Ciao Umbria si è avverato. Questo evento affianca come importanza e a livello nazionale il Premio Roberto Quacquarini e insieme rappresentano la punta di diamante dell'Associazione Culturale Gruppo Amici Arte e Ciao Umbria. La Biennale nasce dall'invito e dalla selezione di artisti di spessore ed è intitolata ai maestri Pierluigi Paracucco (personaggio di grande spessore umano e artistico, ideatore e realizzatre con il Gruppo Amici dell'Arte de della Pro Loco Bastia del premio Roberto Quacquarini), Daniela Casula (artista affermata, laureata all'Accademia delle Belle Arti) e Giuliano Monacchia (Critico d'arte, pittore, professore e personaggio importan-
te dell'arte e della cultura). "È una soddisfazione per tutti noi organizzatori e curatori vedere nel gruppo l'armonia fra artisti e mondo dell'arte, presentata al grande pubblico in una sinergia vincente. È bello anche ricordare che tutti gli artisti coinvolti in questa filosofia regalano e ricevono dal mondo stimoli importanti, arricchiscono il loro bagaglio tecnico, impreziosiscono il loro curriculum e vivono emozioni gratificanti". L'evento si terrà a Città di Castello, nella sala espositiva di Palazzo Bufalini, fra le più belle e suggestive dell'Umbria. Si ringraziano il comune tifernate per la disponibilità, la Pro Loco di Bastia e in particolare il maestro Donatella Masciarri per aver svolto un lavoro delicato e proficuo.
Per informazioni e candidature: Marco Giacchetti e Silvana Iafolla - 075 800 01 69 - Presidenza Donatella Masciarri - 377 95 78 319 - Vicepresidente Giovanni Mapelli - 333 56 04 058 - Vicepresidente
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Giardinaggio
Ilo Mariottini
STORIA, CURIOSITÀ, COLTIVAZIONE: gardenmariottini@virgilio.it L’ARTE DEL BONSAI
Sono piccoli, in miniatura, affascinanti e quasi magici. Sono i Bonsai. Piante di culto più che semplici protagonisti del vostro angolo verde. Perché coltivare un Bonsai non è solo una pratica legata al giardinaggio, ma un'arte contraddistinta da cura, tecnica e tradizione. Prima di tutto, ecco qualche cenno storico. Secondo un'antica leggenda cinese, la storia del Bonsai ha origine nel IV secolo d.C., quando un funzionario e poeta di nome Gue-Ming abbandonò i suoi affari per dedicarsi alla coltivazione di crisantemi in vaso. Duecento anni dopo circa, questa passione tramandata da padre in figlio, diede origine all’arte del Bonsai. Una prova certa proviene dai numerosi dipinti della dinastia Tang, nei quali è facile osservare alcune miniature di pini, cipressi, bambù e pruni coltivati in piccole ciotole. In Giappone il Bonsai viene esibito durante le cerimonie e negli eventi speciali solo ai monaci e all’aristocrazia. La prima documentazione sulla coltivazione del Bonsai in Giappone risale al periodo Kamakura (1185-1333). Passiamo ora a qualche curiosità. Il nome Bonsai deriva da un termine giapponese che letteralmente vuol dire “piantato in vaso”; per essere più precisi, tale nome è costituito da due ideogrammi 盆栽, che rispettiva-
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mente significano: “bon” vassoio o contenitore e “sai” educare, coltivare. Questa interpretazione rispecchia la tecnica utilizzata dalle mani dei coltivatori che crescevano queste piantine in vaso - seguendo i principi dello Zen di semplicità, asimmetria e naturalezza - per educarle a ricreare la natura degli alberi, limitandone le dimensioni. Ma quali sono le principali tecniche di coltivazione e cura del Bonsai? Di norma è meglio che non superi i 70 centimetri di altezza; il tronco deve risultare visibile e così come le radici. Le annaffiature vanno effettuate ogni qualvolta il terriccio appaia secco e asciutto; viste le dimensioni è possibile anche immergerlo in acqua per qualche minuto, in modo da mantenerlo umido per giorni. Parlando delle foglie, devono essere nebulizzate quotidianamente. Il vero fiore all'occhiello dell'arte del Bonsai è però la potatura: asportare alcuni rami e accorciare quelli più cresciuti serve ad impostare lo stile tipico di queste piante così particolari. Inoltre, per indirizzare il Bonsai verso una forma quanto più simile agli alberi a grandezza naturale è sufficiente avvolgere i rami e il tronco con un filo di metallo. Per concludere, con molta pazienza e passione potrete diventare maestri nella nobile arte del Bonsai.
SI, VIAGGIARE! idee per scoprire l'Italia e il resto del mondo Che sia in Italia, in Europa o nel resto del mondo... l'importante è viaggiare! Allora ecco tre mete da scoprire, consigliate e descritte da Roberto Barbafina. SIVIGLIA Nel cuore dell'Andalusia, nel sud ovest della Spagna, sorge questa città incredibile, con un glorioso passato che oggi ha lasciato spazio a un futuro orientato verso le nuove tecnologie e il settore biomedico. Siviglia ha rappresentato uno dei centri principali della cultura araba in Europa per circa cinque secoli, lasciando ancora oggi degli esempi unici di architettura moresca come l'Alcazar, antico palazzo reale delle dinastie arabe che per secoli governarono il sud della Spagna. Proseguendo in una ideale passeggiata nella storia si passa all'epoca della "reconquista" cristiana e all'età d'oro della città, unico porto di passaggio per le merce che dalle colonie affluivano verso l'Europa. Di questa fase resta oggi un patrimonio unico come l'Archivio General dad Indias, dove sono custoditi gli archivi di quello che fu la dominazione spagnola dalle Americhe alle Filippine. Alla fine del novecento con l'Expo del 1992 inizia una forte fase di rilancio con in nuovi parchi tecnologici e architetture ultra moderne lasciate in eredità dall'evento, come Cartuja '93 e l'Isla Magica. Di grandissimo impatto sono le celebrazioni per la settimana santa, con un susseguirsi di processioni in costume delle 59 congregazioni cittadine e una partecipazione popolare tra le più suggestive della penisola iberica. Un'ottima idea per un week end tra fine inverno e inizio primavera! VENEZIA Quando pensi a Venezia, pensi al Carnevale, evento unico al mondo in un contesto inimitabile. Durante questo periodo la città si riempie di persone da ogni angolo del mondo che confluiscono nelle piazze e lungo i canali con le loro maschere in stile veneziano spesso create ad hoc. Però questa città da il meglio di se fuori dai luoghi più famosi; girovagando per le calli nei quartieri meno noti si respira l'atmosfera che ha caratterizzato questa festa durante i secoli in cui Venezia era la padrona del mediterraneo e in questa città confluiva-
no uomini e merci da oriente e da occidente. Proprio pensando a questo incontro di culture, merita una visita l'Isola di San Lazzaro degli Armeni, piccolo isolotto poco conosciuto al grande pubblico dove nel settecento si insediò una comunità monastica in fuga dalle persecuzioni religiose nel vicino oriente. Il monastero è diventato uno dei centri di preservazione e sviluppo della cultura armena nel mondo, nella sua biblioteca sono custoditi oltre 170.000 volumi e 4.500 manoscritti insieme a reliquie arabe ed egiziane. Un'assoluta particolarità è la possibilità di vedere una delle poche Khatchkar, le splendide croci in pietra finemente lavorate emblema della spiritualità armena, presenti al di fuori dell'Armenia. L'AVANA Nella sua relativamente breve storia, appena cinque secoli, La Habana ha rappresentato un luogo quasi mitologico, dove si sono intrecciate storie di mercanti, bucanieri e rivoluzionari per arrivare a quello che è oggi: la città più popolosa dell'area caraibica e polo culurale di riferimento. Il centro storico, tra i meglio conservati dell'America Latina, rappresenta uno spaccato di quello che è stata Cuba nella storia del continente americano: un intreccio di cultura europea, con i bei palazzi in stile barocco e neoclassico, mescolata alla cultura africana portata dagli schiavi durante l'epoca d'oro della canna da zucchero e ai pochi resti delle civiltà native dell'era precolombiana. A questo si è aggiunto poi nel XX° secolo l'immagine della città post-rivoluzionaria del 1959, con i suoi miti e le sue contraddizioni che hanno portato la città alla ribalta internazionale. L'emblema di questa fase storica è la grande spianata di Piazza della Rivoluzione ed il Museo della Rivoluzione, luoghi a cavallo tra la storia del secolo breve ed il mito dei "barbudos" di Fidel Castro. Oggi L'Avana rappresenta ancora la meta per eccellenza per i viaggiatori che vanno oltre un semplice soggiorno di mare ai tropici, ma vogliono entrare dentro i meandri di questa meravigliosa città per conoscerne a fondo l'umanità e la storia che l'ha contraddistinta.
info: roberto.barbafina@libero.it
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FUTURE MUSIC di Michele Mandrelli
«PARADISE»
LAPTOP COMPOSING REALITY
Parte bene il 2017 con l'annuncio che, dopo l'acclamatissimo 'Hopelessness' dello scorso anno, Anohni pubblicherà a marzo un nuovo EP dal titolo 'Paradise'. Cantante, compositrice e artista britannica naturalizzata statunitense per chi ancora non lo sapesse Anonhi è il nome con il quale dal febbraio 2015 Antony Hegarty si è aperto «completamente al femminile» sulla scia della sua più vera natura, verso una nuova vita musicale, dopo il successo di culto del progetto Antony and The Johnsons. Anche in questo nuovo EP solista, la cantante transgender, si avvale della collaborazione di due mostri sacri dell'elettronica contemporanea, Oneohtrix Point Never e Hudson Mohawke. Garantite per cui le basi elettroniche, opera dei due producer, la ricetta si conferma con testi impregnati di messaggi politici e sociali interpretati dall'inconfondibile e sublime voce di Anohni.
La musica sperimentale è nata in contesti accademici e all’interno di essi si è evoluta, poi, grazie alla diffusione di mezzi come sintetizzatori e pc; si è diffusa trasformandosi e ibridandosi, diventando un insieme di generi che tutti, più o meno, conosciamo e ascoltiamo. Ciò però non significa che questa tipologia di musica abbia abbandonato i suoi luoghi nativi: i conservatori e le scuole. Holly Herndon dovrebbe rappresentare il fiore all’occhiello dei contesti musicali colti in quanto diffusione, messaggio e apertura a un pubblico mainstream.
In 'Paradise' prosegue lo smantellamento del personaggio Antony e continua l'abbandono delle atmosfere orchestrali. Ai suoi ammiratori del passato sembra voler dire: «O vi piace come sono ora o non vi sono mai piaciuto». Anohni ormai si muove con sempre più disinvoltura e leggerezza nell'infinito spazio dell'elettronica, accompagnando il tutto con testi dal contenuto piuttosto impegnato, senza risparmiare, davvero, nessuno. Questo approccio è ben testimoniato dal duro post social con il quale l'artista annuncia il suo nuovo lavoro ed attacca senza nascondersi l'attuale presidente degli Stati Uniti Donald Trump, incoraggiando l'intervento delle donne di tutto il mondo per modificare «la disperata deriva della nostra specie». Un artista complicato, coraggioso e con un passato tormentato che nella sua mutevolezza è pur sempre una certezza di eccellenza musicale a 360 gradi. Per tutti questi motivi bisogna continuare a seguirlo con sempre viva ammirazione.
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Dottoranda in composizione alla Standford University, Holly basa la sua musica principalmente su processamenti vocali svolti tramite l’ausilio del suo laptop e di alcuni linguaggi di programmazione, visuali e non. Detto in questo modo ci si aspetta una musica difficile, priva di mordente, creata solo per una stretta cerchia di ascoltatori; fortunatamente non è così. Il secondo LP della compositrice, di base a San Francisco, intitolato Platform e pubblicato nel 2015 dall’etichetta britannica 4AD, è diventato in poco tempo una luce guida della musica di avanguardia compressa ed in qualche modo inserita all’interno di dinamiche pop e dance. L’ascoltatore viene inglobato in questo contesto sfaccettato e accogliente, un dialogo di voci che invita a muoversi, a ballare, ma anche a una riflessione culturale ben più profonda, quella del multiculturalismo, dove lingue e voci diverse convivono; dove il frammento udibile è spesso troppo breve per capire se sia una lingua esistente o il vagito di un neonato. Il disco stesso è una piattaforma, un contesto, un invito al dialogo artistico e culturale, ma anche un importante punto di arrivo a livello musicale, quello dove il Laptop Composer prende coscienza di se stesso e si legittima agli occhi della società musicale.
Cinema Metropolis > Umbertide - di Luca Benni e Matteo Cesarini
Addio, Principessa!
Il 27 dicembre 2016 se n'è andata, a soli 60 anni, Carrie Fisher, in seguito alle complicazioni causate da un infarto avuto durante un volo da Londra a Los Angeles, dove stava tornando dopo la presentazione del suo ultimo libro. Una volta a terra, è stata ricoverata al Ronald Reagan UCLA Medical Center di Los Angeles, dove i medici sono riusciti a stabilizzare le sue condizioni. Benché avesse mostrato segni di miglioramento, il 27 dicembre si è spenta definitivamente. Carrie Fisher era l'attrice famosa soprattutto per il ruolo della principessa Leia (nei primi doppiaggi italiani "Leila") nei film di Star Wars, ma era stata anche molto altro. Oltre alla saga di Star Wars, Carrie Fisher partecipò a numerosi film di successo. Tra questi: Sister Act, Hook Capitano Uncino, Arma Letale, Harry ti presento Sally. Di gran culto anche la sua piccola parte conclusiva nei Blues Brothers, dove interpreta la donna abbandonata sull’altare da John Belushi. Carrie Fisher era per tutti la principessa Leia, personaggio che lei adorava; non rinnegava il successo che le aveva regalato quel ruolo come magari fanno altri attori, la cui vita artistica viene monopolizzata negativamente da
una singola interpretazione. Per anni il suo personaggio ha rappresentato l’unica presenza femminile forte in un mondo abitato da maschi, una principessa che non voleva essere salvata, che non tremava neppure di fronte a Darth Vader... Era a suo agio sia nel ruolo di modello femminile che in quello di sex symbol (chi non si ricorda il suo costume a dir poco affascinante?), ma sarebbe riduttivo cristallizzare un personaggio come quello in un abito succinto. Invece con il suo sorriso, la sua normalità e il suo carattere forte Leia è stata molto di più. E per questo lei, e soprattutto Carrie Fisher, ci mancheranno profondamente.
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DENARO E BELLEZZA a cura di Roberto Ganganelli giornalista e presidente dell’Accademia Italiana di Studi Numismatici
RINASCIMENTO PRIVATO
Colei che potremmo definire “la top model del Rinascimento”, Simonetta Cattaneo, era nata - coincidenza o fato? - a Portovenere nel 1423, da una nobile famiglia ligure. Appena sedicenne sposò Marco Vespucci, lontano cugino del noto Amerigo, e si trasferì a Firenze dove Giuliano, fratello del Magnifico, ne rimase folgorato, c’è chi dice per averne visto un ritratto nella bottega del Botticelli. Di figura esile e armoniosa, i lunghi capelli biondi (una rarità a quell’epoca in Italia) e i profondi occhi grigi, Simonetta divenne “la bella di Firenze” e a questa fama contribuirono sia le sue voci di una sua relazione col Medici - forse solo un amore platonico, certo è che fu la coppia più ammirata dell’epoca - sia i tanti dipinti nei quali il Filipepi ne ritrasse i lineamenti eleganti e sensuali, come nella Primavera, nella Nascita di Venere e nel Sogno di Giuliano. In un altro dipinto, opera di Piero di Cosimo, la donna che a Firenze era detta “la senza pari” è ritratta come Cleopatra, a seno scoperto e con un aspide che le avvolge il collo appena
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prima del morso che le sarebbe stato fatale. Quasi un segno del destino, perché Simonetta Vespucci il 26 aprile del 1476 - ad appena ventitre anni - morì, non sappiamo se di peste o di tisi, lasciando sgomenti non solo il marito, ma anche gli artisti di cui era stata la musa e tutta Firenze, ad iniziare da Lorenzo e Giuliano de’ Medici. Narrano le cronache che il giorno del suo funerale, su una lettiga coperta di fiori, fu portata per le vie della città a mostrare come neppure la malattia e la morte erano riuscite a vincere la sua bellezza. Lo stesso Botticelli pianse Simonetta; ci piace immaginare - e non è improbabile - che anche il pittore l’amasse, tanto che continuò a ritrarne le fattezze negli anni seguenti, ispirando nei secoli tanti altri artisti. L’archetipo della femminilità ideale e reale del Quattrocento italiano riecheggia anche nel capolavoro di un grande medaglista, Pietro Giampaoli (1898-1998) che, chiamato dalla Zecca di Roma a modellare una faccia della prima moneta in argento repubblicana - le 500 lire Caravelle - delineò nel 1957 un profilo di donna rinascimentale, etereo ed elegante, nel quale si fondono il modello botticelliano e i lineamenti dell’amata moglie Letizia Savonitto. E se quelle 500 lire sono scomparse ormai da decenni, nel presente della moneta unica la bellezza di Simonetta ci incanta ancora sorridendo - lei, Venere eterna - sui 10 centesimi italiani che ogni cittadino d’Europa, prima o poi, ha avuto in tasca.
TUTTA L'ARTE È CONTEMPORANEA È TUTTA L'ARTE
VISIONI DI DONNA di Lorenzo Martinelli In questa prima puntata della rubrica dedicata all'arte contemporanea andremo a scoprire tre donne artiste che vivono e lavorano in Paesi differenti con problematiche diverse, spaziando dall'Afganistan alla Russia per finire in Cina.
Lida Abdul, afghana classse '73, rende protagonisti dei suoi video le rovine di palazzi, la polvere e la desolazione creata dal conflitto iniziato il 7 ottobre 2001 concentrandosi sul disastro della guerra in Medio Oriente. In particolare nella performance-video White House del 2005 l’artista stessa si trova immersa nell’azione di dipingere di bianco le rovine di un palazzo pubblico. Il bianco riveste di un nuovo significato quel posto ormai simbolo della distruzione; Lidia non si limita a ricoprire la sola materia, ma nell’operazione vengono incluse anche le persone, dipinte assieme alle macerie. Un’azione importante che ci porta a riflettere su come un paesaggio sia testimonianza delle scelte scellerate dell’uomo. La moscovita Elena Kovylina, invece, con il suo video-performance Egalité ci mostra a chiare lettere il fallimento della democrazia in Russia: sgabelli di varie altezze usati a mo’ di piedistallo, reggono persone di statura diversa. L’alternanza di sgabelli alti con persona basse e di supporti bassi con individui alti, fa in modo che le teste dei protagonisti siano tutte alla stessa altezza. Questa è la parvenza dell’egualianza: tutte le persone sono in un certo senso allo stesso livello, ma sostenute da supporti di dimensione differente. La sua critica è aspra e difficilmente non comprensibile: lo Stato non ha radicalmente cambiato la sua struttura ma ha preso il relitto del comunismo e ci ha costruito sopra le disuguaglianze della democrazia exSovietica. Cao Fei, infine, nata a Guangzhou nel 1978, nell’opera Whose Utopia? entra nelle dinamiche del grande stabilimento cinese di produzione di lampadine OSRAM a Foshan, dopo aver studiato da vicino per sei mesi la vita degli operai. Molti dei lavoratori si sono lasciati alle spalle le proprie aspirazioni per entrare nella catena produttiva che annulla le specificità individuali. Il video diviene il tentativo di ristabilire un legame fra le emozioni personali e il luogo di lavoro, invitando gli operai a pensare interventi di natura creativa per gli spazi stessi della fabbrica. Nel contrasto fra realtà e fantasia, vita quotidiana e tono da fiaba, Cao Fei suggerisce un percorso di produzione parallelo a quello dell’industria, stimolando una libertà d’azione contro i ritmi preordinati e alienanti della fabbrica.
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LA PRIMAVERA PORTA CALIBRO Da giovedì 30 marzo a domenica 2 aprile 2017 torna CaLibro - Festival della lettura a Città di Castello. Sarà la quinta edizione per il Festival dedicato ai libri e alla lettura, organizzato dall’associazione culturale “Il Fondino”, con il sostegno e il patrocinio del Comune di Città di Castello; si svolgerà, come detto, tra fine marzo e inizio aprile e sarà caratterizzato anche quest’anno dalla presenza di ospiti e iniziative che interesseranno un vasto pubblico: dai più piccoli ai più grandi, toccando ambiti tra i più vari quali musica e arti visive. Paolo Cognetti, Claudia Durastanti, Giorgio Fontana, Stefano Liberti e Davide Toffolo sono solo alcuni dei nomi già confermati; torneranno inoltre i progetti Piccoli CaLibri e CaLibro Newsroom in collaborazione con il Liceo Classico, mentre una novità di quest’edizione sarà il laboratorio di grafica con l’ITIS di Città di Castello. Tutti gli appuntamenti in programma si svolgeranno a Città di Castello, coinvolgendo i luoghi più suggestivi del centro
storico e spazi meno convenzionali. Punto di riferimento della manifestazione, come sempre, i libri e la letteratura, attraverso un approccio dinamico e vivace, finalizzato a dimostrare la vitalità e l’attualità della lettura. CaLibro sarà preceduto da diverse iniziative disseminate in tutta l’Alta Valle del Tevere, con l’obiettivo di promuovere il Festival sul territorio e svelare mano a mano programma e ospiti. facebook/calibrofestival ALBERTO BRIZZI E MARCO CAPACCIONI, UNA MUSICA DA OSCAR C’è un po’ di Città di Castello anche tra le statuette degli Oscar di Los Angeles 2017. Il film «Peer Cider and Cigarettes», prodotto da una società di animazione di Toronto, è stato nominato tra i 5 best animation movies agli Oscar di Los Angeles. Nella colonna sonora di questo lavoro c’è un brano che porta la firma di Alberto Brizzi e Marco Capaccioni (Studio Sound Service): si tratta di una traccia coprodotta nel 1989 con Jeff Hypp noto producer dance belga. Il brano venne realizzato negli studi di Cittá di Castello. ...e poi bolle qualcosa in pentola... Chissà che non ci stupiscano a breve!
GABRIELE CAPANNI FIRMA CON IL MILAN Dopo la chiamata in prima squadra di Mister Montella e la convocazione in Nazionale Under 17 , ecco la firma... Gabriele Capanni, nato e cresciuto a Trestina e nella Scuola Calcio Federico Giunti, è da inizio gennaio ufficialmente un calciatore professionista del Milan. Nell’immagine, Gabriele con la nonna Vittoria e l'Amministratore delegato della società rossonera Adriano Galliani nei momenti della firma del contratto che lo legherà al club milanese fino al giugno 2018. «Ho ricevuto la telefonata del dottor Galliani – ha raccontato papà Lorenzo al quotidiano La Nazione – che mi diceva di voler parlare con me e con mia moglie. Così siamo partiti per Milano ma, sinceramente, non pensavamo che sarebbe stato il giorno della firma. E invece… Ci sembra di vivere un sogno». Un sogno che per la giovanissima promessa del calcio altotiberino si sta avverando giorno dopo giorno. Foto Scuola Calcio Federico Giunti MILAN Academy
VITTORIO SGARBI, BLITZ AD ANGHIARI E CITERNA Visita a sorpresa in Valtiberina per Vittorio Sgarbi che nella tarda serata dell’ultimo fine settimana di gennaio è arrivato prima ad Anghiari per un sopralluogo tra alcune delle bellezze dell’affascinante centro toscano, poi si è spinto fino a Citerna. Nel borgo umbro ha visitato la Chiesa di San Francesco dove ha ammirato la Madonna col Bambino di Donatello - restaurata dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze - e altre opere del Pomarancio, del Signorelli e di Raffaellino del Colle. Sgarbi si è poi recato nella Chiesa di San Michele Arcangelo, all'interno della quale si trovano “La Crocifissione” del Pomarancio e “ La Madonna con Bambino” di Luca della Robbia il Giovane oltre ad altri lavori di
scuola robbiana. Ad accoglierlo e guidarlo tra i tesori artistici della Valtiberina tra gli altri il sindaco di Citerna Giuliana Falaschi, quello di Anghiari Alessandro Polcri e Catia Cecchetti del Museo del Duomo di Città di Castello.
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