SAN VINCENZO AL VOLTURNO - Il complesso monumentale - Italiano

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PIANTA AREA ARCHEOLOGICA LEGENDA

1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20)

Ponte della Zingara Chiesa S. Maria in Insula Cripta di Epifanio Chiesa S. Vincenzo Minore Cortile Sala dei Profeti Refettorio Fornaci Cucine Lavatorium Loggiato Corridoio Tombe degli Abati Atrio San Vincenzo Maior Fondazione Campanile Basilica Maior Cripta Basilica Maior Santa Restituta Ingresso Officine monastiche Ingresso Basilica Maior

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Indice

SAN VINCENZO

ALLE FONTI DEL VOLTURNO

• Cenni storici

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6 ITINERARIO NELL’AREA ARCHEOLOGICA • Ponte della Zingara • Chiesa Santa Maria in Insula • La Cripta di Epifanio • Chiesa San Vincenzo Minore • Cortile • Sala dei Profeti

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AREA NUOVE CAMPAGNE DI SCAVO

• Il Refettorio • Cucine e Fornace • Lavatorium, Loggiato e Corridoio • Tombe degli Abati, Fondazione Campanile e Atrio Basilica Maior • Basilica Maior e Cripta • Cappella di Santa Restituta • Officine monastiche • San Vincenzo Nuovo: il monastero del XII secolo

24 IL MONASTERO NEL TERZO MILLENNIO 25 IL CHRONICON VULTURNENSE 27 INFO E NUMERI UTILI


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SAN VINCENZO AL VOLTURNO

Il complesso monumentale


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San Vincenzo Nuovo (XII sec.)

Area archeologica (VIII-XI sec.)


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SAN VINCENZO ALLE FONTI DEL VOLTURNO

Cenni storici

L’Abbazia di San Vincenzo al Volturno nasce nel 703 d.C. ad opera di tre giovani monaci beneventani (Paldo, Taso, Tato), che fondano il nucleo monastico originario di San Vincenzo Minore: per i primi 80 anni si sviluppa sotto la protezione del ducato longobardo di Benevento, poi la sua ascesa prosegue sotto la tutela dell'Impero franco-carolingio. Con Autperto (abate nel 778) diviene uno tra i primi monasteri benedettini europei; con Carlo Magno, posto com’è sul confine meridionale dell'impero carolingio, riceve protezione e privilegi, tra cui quello della immunità, e il diritto alla libera elezione dell'abate (787). In età carolingia, gli abati Giosuè (792817), Talarico (817-823) ed Epifanio (824-842) completano l’opera di sviluppo e di abbellimento del complesso, trasformandolo in una città monastica sulla sponda sinistra del Volturno, ove ancora oggi è possibile ammirare i resti

Sotto: Miniatura del Chronicon (BAV, Barb. lat. 2724, c35v): l’abate Tommaso di Moriemma indica la strada ai tre principi beneventani. A fianco: Tremisse, moneta di epoca longobarda - 750 d.C. Nella pagina a fianco: La piana di Rocchetta: in evidenza, le due aree archeologiche e, in basso, la planimetria delle stesse.

imponenti della Basilica di San Vincenzo Maggiore e gli straordinari affreschi della Cripta di Epifanio. Divenuta potente e famosa, nell’881 l’Abbazia è attaccata, saccheggiata e distrutta dai Saraceni. Ricostruita dopo il 913, vede nascere dal 980 una serie di piccoli insediamenti umani, che daranno origine e vita ai comuni dell’lta Valle del Volturno. Di fronte alle crescenti insidie dei feudatari locali, l'Abbazia viene trasferita e ricostruita nella sede attuale, più sicura, e riconsacrata nel 1115 dal papa Pasquale II. Dopo il 1139, l'attacco più insidioso viene da Ruggero II, re dei Normanni che, vistosi rifiutare dai monaci la nomina di un abate di propria fiducia, priva l'Abbazia dei suoi tesori e della sua autorità, facendole pagare la sua autonomia e fedeltà alla Chiesa di Roma.


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ITINERARIO NELL’AREA ARCHEOLOGICA Ponte della Zingara

è un ponte ad unica arcata di m. 5,30 di luce, poggiante su spallette edificate in grossi conci di travertino, probabilmente collegate ad un sistema di banchine in pietra che delimitavano il corso del fiume. Del manufatto resta in opera la sola arcata di attraversamento a sesto ribassato, mentre sono scomparse tutte le opere accessorie che lo completavano, celate dagli interri successivi e dalla strada che costeggia la sponda destra del Volturno. La struttura appare oggi alterata da interventi recenti di asfaltatura dell’estradosso. La sua datazione è sicuramente posteriore all’età altomedievale, poiché le sue fondazioni sono state edificate sopra i crolli degli edifici monastici che si affacciavano sul fiume, distrutti nell’881. Superato il ponte, si accede all’area archeologica e, in particolare, al gruppo di edifici gravitanti intorno alla “Chiesa Sud” e alla “Chiesa Nord”.

In questa pagina, sotto: Il Ponte della Zingara in una foto attuale e in una dei primi anni del XX secolo (foto Trombetta). A fianco: Veduta esterna della Chiesa Nord o di Epifanio.

Chiesa Santa Maria in Insula

La Chiesa di Epifanio o “Chiesa Nord” è un piccolo edificio di culto (m 11.00 di lunghezza per 6.50 circa di larghezza) che si presenta come un’aula a navata unica, coperta in origine con tetto a capriata, terminante ad ovest in un’abside fortemente sopraelevata (circa m 1,50 al di sopra della quota della navata) e a pianta trilobata. La facciata dell’edificio era preceduta da un nartece, nel quale sono state ricavate alcune sepolture. In questa forma l’edificio risale agli interventi operati durante l’abbaziato di Epifanio (824-842), poiché essi sono collegati alla costruzione della Cripta, sicuramente databile a tale momento.


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7 La Cripta di Epifanio Il monumento che si associa all'abate Epifanio, è la Cripta affrescata realizzata nella “Chiesa Nord”. Essa è tuttavia solo una delle numerose novità ritrovate in questo periodo nella parte settentrionale del monastero. La Cripta e il santuario della chiesa furono realizzati contemporaneamente. La prima sembra essere stata concepita come cappella funeraria per l'abate: la sua sepoltura doveva essere stata sistemata al di sotto di una piccola fenestella confessionis. Al di sopra, nel santuario, un elegante triconco fu inserito nella preesistente abside. La navata, con il suo schema decorativo risalente all'VIII secolo, sembrerebbe essere rimasta inalterata, ma di fronte alla chiesa fu edificato un atrio nel quale venne ricavato un piccolo cimitero. La lettura degli affreschi eseguiti nella In questa pagina, sotto: Planimetria recante la posizione delle scene figurative presenti nella Cripta di Epifanio. In alto: Veduta della Cripta in una foto anni ‘60 del XX secolo.

Cripta, è cosa quanto mai complessa. Stando al senso complessivo della raffigurazione, tutto il ciclo di affreschi è permeato della profonda influenza che sulla cultura del monastero ebbero la figura dell'abate Ambrogio Autperto e i suoi studi sull’Apocalisse di San Giovanni. La fenestella situata sul lato opposto all'entrata, è l'unica fonte di luce naturale dell'ambiente. Al di sopra di tale apertura, una mano distesa, simboleg-


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In questa pagina, dall’alto in basso: Finestrella opposta all’entrata; la mano del Padre Eterno; il Cristo Pantocratore; la Gravidanza di Maria. A lato: Crocifissione con Epifanio.

giando l'Eterno, allude all'origine soprannaturale di tale luce e ne accentua il significato di potenza. Squarciando le tenebre della Cripta, che rappresentano quelle dello Spirito, simboleggia infatti il rivelarsi della Verità. Sul fascio della luce è Cristo seduto in trono sul globo del mondo, in veste di Pantokrator, signore del tutto. Egli è posto a crocevia tra la parete verso la navata, ove si narra della Incarnazione del Verbo in Cristo che apre la porta alla sal-

vazione dell'uomo, e la parete verso l'abside, ove tutto si conclude nella sintetica, ma esplicita allusione al giorno del Giudizio Finale. Della vita del Cristo sono date poche, simboliche scene, che enfatizzano il ruolo della Vergine come tramite per l'Incarnazione del Figlio, venuto ad annunciare la salvezza. La Crocifissione, con cui si conclude l'esperienza terrena del Cristo, è anche il momento in cui, chi ha creduto in Lui, ne raccoglie la rivelazione e ne dà testimonianza. Questo aspetto è approfondito nella sequenza sulla parete opposta, ove si trova rappresentato il sacrificio dei Protomartiri romani Lorenzo e Ste-


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fano. Essi, nella loro testimonianza, giungono sino all'estremo sacrificio di sé, che si trasforma subito nella rinascita alla nuova vita di eterna gloria e beatitudine presso Dio. Nella rappresentazione del martirio di Lorenzo, la morte del Santo trova riscontro nell'intervento dell'Angelo che ne conduce l'anima a Dio. Sull’altro lato, il corteo delle Martiri che recano tra le mani la corona, simbolo dell'estremo sacrificio, rappresenta l'eterna partecipazione alla gloria del Signore da parte di chi ne ha dato testimonianza. Nell'abside è rappresentato, con brevi ma intense allusioni, il momento della fine dei giorni. I quattro Arcangeli, dopo aver fermato i venti e spento le stelle, la cui luce è simbolicamente racchiusa entro globi, assistono all'avvento, da Occidente, del Quinto Angelo. Egli

altri non è che il Cristo stesso venuto a compiere il Giudizio Finale sugli uomini, scegliendo i giusti e i dannati. La Vergine è in posizione intermedia - strumento di mediazione per l'umanità - tra il Cristo Pantokrator e il Cristo Giudice. Chiunque fosse stato sepolto nella Cripta, nel giorno del risveglio finale, avrebbe dunque simbolicamente trovato di fronte a sé l'immagine di Colui che, giungendo da Occidente, sarebbe venuto a giudicarlo. è particolarmente difficile offrire una valutazione stilistica di questi affreschi, visto che costituscono una

In questa pagina, in alto: Scene raffiguranti il Martirio dei santi Lorenzo e Stefano. Qui sotto: Teoria delle sante Martiri. A lato, in alto: Il cosiddetto “Quinto Angelo” e la Madonna in Trono.


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12 delle poche testimonianze superstiti di una certa ampiezza nella pittura italiana prima del Mille. Tuttavia, il procedere degli studi ha rivelato un'affinità di queste eleganti pitture con l'arte delle corti longobarde dell'VIII secolo avanzato. Paragoni sono stati portati con San Salvatore di Brescia, con Santa Sofia e con la Cattedrale di Benevento, con il tempietto del Clitunno di Spoleto e con il tempietto di Seppannibale presso Fasano (BR). La Cripta è stata per oltre un secolo l’unica testimonianza dello splendore raggiunto dal cenobio vulturnense. Il ciclo di affreschi in essa contenuti, è pertanto una delle poche testimonianze superstiti della pittura italiana antecedente l’anno Mille: «La maestà delle raffigurazioni […] non ha nulla della fissità Sotto: L’arcangelo Raffaele presente nella Cripta di Epifanio. Nella pagina successiva: Il Cristo della Resurrezione recante il libro aperto: EGO SUM DEUS ABRAHAM.

ionica, sempre troppo astratta e capziosa, dell’arte di Bisanzio. […] La bellezza della Vergine Regina, per non allontanarci da questa stupenda immagineguida, ha sempre tratti così circostanziati che si potrebbe dirla asiatica, iranica addirittura; un esemplare impareggiabile scaturito, finanche sotto il rispetto antropologico, dallo stesso ceppo umano da cui uscirono Sem, le grandi giudee della Bibbia.» • F. Bologna - La pittura dalle origini, Roma, Editori Riuniti, 1978, pp. 25-26.

«La crocifissione ha delle caratteristiche singolari: il Cristo è sbarbato, le mani ripiegano il pollice sui chiodi, il perizoma alla vita è assai lungo e passa sul ginocchio: ci sono anticipazioni sugli sviluppi iconografici successivi del Cristo in croce, mentre nel volto sbarbato c’è una fusione insolita del tipo Cristo Emanuel e del Cristo Maturo.» • C. Brandi - Disegno della pittura italiana, Torino, Einaudi, 1980, pp. 51-53.


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14 Chiesa San Vincenzo Minore In fondo al corridoio, svoltando verso destra, si percorre un passaggio che taglia, nel senso della lunghezza, un edificio conosciuto come “Chiesa Sud”. Nel corso degli scavi degli anni ’80, fu denominata “San Vincenzo Minore”, identificandola come la prima chiesa abbaziale del monastero, ma tale ipotesi oggi non può essere più avvalorata, mentre sembra più probabile che corrisponda alla Chiesa di Santa Maria iuxta flumen Volturnum, fatta edificare dall’abate Paolo I negli anni ‘80 dell’VIII secolo. Sotto: L’abside di San Vincenzo Minore. In basso: Ricostruzione del cortile a giardino; al centro: un grande vaso marmoreo di fine II-inizi III secolo d.C.

Cortile La corte a giardino è un ambiente a pianta trapezoidale di m 12,65 per m 9,00. I lati settentrionale, quello da cui si entra, e orientale, verso il fiume, sono coperti da un porticato, mentre il resto dell’ambiente era scoperto e abbellito da un grande vaso marmoreo di fine II–inizi III secolo d.C., decorato con scene dionisiache e disposto al centro. Il porticato era sostenuto da colonne, capitelli e basi antiche di spoglio, come era tipico negli edifici di periodo medievale.

Sala dei Profeti è un piccolo ambiente di forma irregolare che fungeva da disimpegno verso due diversi percorsi: uno che conduceva, tramite una scala, verso il piano superiore della struttura della “Chiesa Sud”;


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l’altro che, attraverso la porta opposta a quella d’ingresso, immetteva nella Sala dei Profeti e, di qui, nel Refettorio o negli edifici claustrali. Questo ambiente detto “Vestibolo”, era pavimentato con un’accurata selezione di laterizi e le sue pareti erano riccamente affrescate. Sopra: Veduta della cosiddetta “Sala dei Profeti” con i sedili e i pavimenti originali. Sotto: Disegno ricostruttivo dell’ambiente con le pareti affrescate da effigi di Santi ad altezza naturale. (C. Sassetti)

Il Refettorio Dalla Sala dei Profeti, superando una porta aperta nella parete est, si entra nel grande Refettorio monastico. Si tratta di un ampio vano rettangolare, di m 31,00 di lunghezza e m 11,00 di larghezza. Oggi è per grandezza il secondo edificio dell’antico complesso monastico riportato alla luce, dopo la Basilica Maggiore. L’ampio ingresso (largo m 1,90) è costituito da una soglia monolitica in marmo bianco, di età romana, ed è architettonicamente enfatizzato da due grandi lastre, in calcare locale, recuperate da un mo-


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numento funerario romano del II sec. a.C. Quella di sinistra è decorata da una lesena culminante in un capitello corinzio, disposta a testa in giù e ulteriormente abbellita da un tronco di colonnina squamata – sempre in calcare – anch’esso disposto nella stessa posizione e databile al I sec. a.C.

Lavatorium, Loggiato e Corridoio è una struttura poligonale di 16 lati del diametro pari a circa 14.80 metri. Questo edificio è stato interpretato come il lavabo collettivo dei monaci o lavatorium. Esso infatti è provvisto di un condotto di fuoriuscita dell’acqua collegato ai resti di un canale interno che correva lungo il

Cucine e Fornace Le cucine del Monastero sono una serie di ambienti che fiancheggiano il lato in direzione del fiume, entrate in funzione durante il IX secolo L’area ha subito numerosi rifacimenti e quello oggi riportato alla luce è l’aspetto che aveva acquisito alla fine del IX secolo. Il complesso era diviso in due ambienti: la cucina vera e propria con enormi fornaci a legna per la cottura e un vano annesso che doveva fungere da anticucina.

perimetro della struttura. In esso fluiva l’acqua immessa da un altro canale discendente dalla collina, purtroppo in gran parte distrutto dalle attività di demolizione che hanno interessato l’area a monte dello stesso lavatorium. Proseguendo nel percorso, di fronte, in alto, è possibile osservare i resti del loggiato che collegava al corpo antico e nuovo del monastero.

In questa pagina, dall’alto in basso: Pavimento e cucina del refettorio. Nella pagina successiva: Veduta del Lavatorium e sua ipotetica ricostruzione. (Disegno S. Carracillo)


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18 Tombe degli Abati, Fondazione Campanile e Atrio Basilica Maior Addossato alla Basilica, l’atrio costituiva un monumentale corpo di fabbrica a pianta quadrata di 28 metri di lato, eretto al di sopra di un podio alto circa m 4,00. L’atrio consta di uno spazio aperto al centro, di m 19,50 circa per 14,25 di lato, circondato da tre ali di portici sui lati ovest, sud e nord, alle quali doveva probabilmente aggiungersi una quarta sul lato est, impostata al di sopra del corridoio voltato che precedeva le

strutture dell’avancorpo. Sotto l’abate Ilario (1011-1045), sono effettuate modifiche che interessano la sua parte occidentale, a ridosso della facciata. Di fronte all’entrata della chiesa si costruisce un’alta torre, probabilmente con funzione di campanile, le cui impressionanti fondamenta, di oltre un metro e mezzo di spessore, sono ancora ben visibili. Esse inglobano, danneggiandole, alcune sepolture, e al loro interno risultano riutilizzati pezzi scultorei romani.

In questa pagina: Avancorpo e atrio della Basilica Maior. In basso: Tomba di Abate posta all’ingresso della chiesa. Nella pagina successiva, in alto: Interno della Basilica con la moderna copertura in legno delle absidi. In basso: Disegno ricostruttivo della chiesa e del pavimento cosmatesco. (Disegno S. Carracillo).


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19 Basilica Maior e Cripta La Basilica ha un impianto a tre navate, ciascuna conclusa da un’abside, ed è priva di transetto. Contrariamente alla maggioranza delle chiese medievali, presenta facciata rivolta ad oriente e absidi ad occidente, riproducendo così l’orientamento delle antiche basiliche paleocristiane di Roma. L’edificio ha una lunghezza complessiva di m 64,40, compresa la corda dell’abside maggiore che scende a m. 57,44, esclusa quest’ultima. Dalla zona absidale delle due na-

vate laterali si accede alla cripta anulare. Si tratta di un ambiente parzialmente ipogeo, posto sotto il presbiterio della chiesa, costituito da un corridoio ad andamento ricurvo che segue il profilo dell’abside centrale, ricoperto da una volta a lastre piane di pietra. Lungo le pareti del corridoio che immette nella camera centrale, restano ben visibili le decorazioni a finte transenne, costituite da losanghe intrecciate in bianco e rosso-blu, all’interno delle quali il motivo è ulteriormente ripetuto in dimensioni via via più ridotte.


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Chiesetta di Santa Restituta Si tratta di un edificio a tre navate e tre absidi, di pianta quasi quadrata. La pianta, la decorazione interna e soprattutto la sua relazione con le strutture della Basilica ne suggeriscono la fondazione nell’ambito dell’ultimo quarto dell’XI secolo, con restauri e aggiunte che prolungano il suo utilizzo anche oltre il momento dell’abbandono definitivo del complesso monastico altomedievale, avvenuto nel corso del XII secolo.

In questa pagina, in alto: Disegno ricostruttivo del monastero nell’XI secolo (Dis. S. Carracillo); al centro e in basso: Particolare del pavimento in “opus sectile” e visione interna della chiesetta di Santa Restituta (XI secolo). Nella pagina precedente: Cripta anulare della Basilica Maior, pitture presenti sulle pareti della stessa e particolare di affresco raffigurante un abate orante.


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22 Officine Monastiche Tornati sul sentiero di visita, si vedono i resti di una serie di ambienti disposti in sequenza lungo un asse est-ovest. Sono anche questi ambienti appartenenti alle officine monastiche del IX secolo, distrutte dall’incendio dell’881 e poi rasate al momento della costruzione dell’atrio e dell’avancorpo della Basilica, a partire dalla fine del X secolo. A lato: Resti degli edifici adibiti a officine per la lavorazione dei vetri e dei metalli. Sotto: La fornace per il vetro e per il bronzo. In basso: “Cristo affacciato alla finestra”, pannello vitreo dell’XI secolo.


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23 San Vincenzo Nuovo: il monastero del XII secolo

Sulla sponda sinistra del fiume la sicurezza si fa sempre più debole, fino a indurre i monaci a cambiare sede spostandosi sulla sponda opposta. Il sito è una sorta di isolotto con tre lati protetti da fiume e canali e uno da asperità naturali. Inoltre un alto muro interno con 4 torri agli angoli chiude il monastero come una cittadella fortificata. I materiali utilizzati provengono dalla demolizione del monastero abbandonato. Molto raffinata è la elaborazione dei pavimenti, di cui rimane quello di un'aula di fianco alla navata sinistra. A consacrare la Basilica è papa Pasquale II nel 1115; lo stesso papa con propria bolla lega in seguito il Monastero alla Sede Apostolica sottraendolo alla giurisdizione dell'episcopato locale. Il re normanno Ruggero II d'Altavilla pretese invece che il nuovo abate fosse persona di sua indicazione e al rifiuto dei monaci, fedeli da sempre solo al papa, emissari normanni assaltarono il monastero predandolo di beni (casse d'argento partirono per il Palazzo dei Normanni). Lo stesso re escluse San Vincenzo dall'elenco dei monasteri di sua fiducia, mentre i feudatari che avevano iniziato nel secolo precedente gli assalti, contribuirono a determinarne la rovina. A questi episodi fa seguito la lunga e lenta agonia del monastero con il suo abbandono in età moderna.

In questa pagina: Navata centrale della Basilica di San Vincenzo Nuovo (XII secolo); al centro: Particolare dei resti del raffinato pavimento presente nella Basilica; in basso: Veduta esterna della chiesa abbaziale; in primo piano: Le caratteristiche arcate del “Portico dei Pellegrini”.


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IL MONASTERO NEL TERZO MILLENNIO Per la sua rinascita bisognerà attendere il 1990, quando coraggiose monache benedettine venute da lontano ridaranno vita alla Regola con la Basilica ricostruita e il Palazzo restaurato in un angolo della cinta originaria. Artefici di tale rinascita sono state Madre Miriam Benedict, Madre Agnes e Madre Filippa Kline Shaw, provenienti dal Monastero Regina Laudis nel Connecticut (USA). Il 22 gennaio 2017 una nuova comunità benedettina si è insediata a San Vincenzo al Volturno proveniente dal monastero Benedettino di “Santa Maria delle Rose” di Sant’Angelo in Pontano (MC).

abbaziasanvincenzo.org

abbaziasanvincenzo.org

In questa pagina, dall’alto in basso: Madre Miriam Benedict e Madre Agnese Shaw, artefici della rinascita del cenobio vulturnense. Di fianco: Madre Salome Gomez, attuale priora. In basso: L’odierna comunità monastica di San Vincenzo al Volturno.


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IL CHRONICON VULTURNENSE

Risale alla prima metà del XII secolo e a scriverlo fu il monaco Giovanni con altri confratelli. Si tratta di un documento che ricostruisce la vita della città monastica di San Vincenzo al Volturno dopo la distruzione saracena e la ricostruzione nei secoli X-XII, quando cioè la comunità si era trasferita nel nuovo monastero sulla destra del fiume. Conservato presso la Biblioteca Vaticana con la segnatura Barb. lat. 2724 e danneggiato dal tempo e dai passaggi nei secoli da un luogo all'altro, il prezioso codice è stato restaurato a cura dell'Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise. Il Chronicon rimase a San Vincenzo fino alla seconda metà del XVI secolo. Cesare Costa, commendatario, lo salvò quando la biblioteca monastica andò in rovina. In seguito Camillo Caetani, abate commendatario, portò il manoscritto a Napoli, ove è rimasto per oltre due secoli sotto la segnatura XXXIV; 41. Nel 1902 passò infine alla Biblioteca Vaticana con gli altri codici della Biblioteca barberiniana. Dimensioni: cm 32,6 x 19,5; fogli di pergamena n. 341; scrittura beneventana di tipo cassinese; finemente decorato e riccamente illustrato con 37 miniature, 2 grafici e 29 figure di Abati. In questa pagina, dall’alto: Copertina del Chronicon in lingua italiana edito dalla Volturnia Edizioni nel 2010. Al centro e in basso: Miniature tratte dal Chronicon raffiguranti l’abate Josue che offre la Basilica Maior a San Vincenzo, e Paldo, Tato e Taso che lasciano Benevento per recarsi a Farfa.


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IL CHRONICON VULTURNENSE

Copia di una pagina originale del Chronicon Vulturnense, codice miniato del XII secolo conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma.


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INFO E NUMERI UTILI

Complesso Monumentale di San Vincenzo al Volturno Strada statale 158, s.n.c. Frazione Cartiera di Castel San Vincenzo (Isernia)

L’Orario di apertura e chiusura dell’area archeologica è soggetto a cambiamenti nell’arco dell’anno. Per essere aggiornati sugli orari di visita è necessario consultare il sito: • www.musei.molise.beniculturali.it in alternativa inviare una e-mail a: • pm-mol@beniculturali.it oppure telefonare al numero: • +39 0874 1865234 Biglietto d’ingresso Intero: € 5,00 Ridotto: € 2,00

Guide area archeologica Me.MO Cantieri Culturali - Venafro memovenafro@gmail.com Tel. 389 2191032

Visita Cripta Abate Epifanio Secondo l’accordo di fruizione e di valorizzazione stipulato tra Abbazia di Montecassino – proprietaria dell’ipogeo – e Direzione del Polo Museale del Molise, la Cripta è aperta secondo il seguente calendario: dal Martedì al Sabato ore 9.30 – 11.00 – 12.30 Domenica ore 9.30 – 11.00 – 12.30 – 15.30 – 17.30 Le visite guidate all’interno della Cripta sono soggette a prenotazione obbligatoria e consentite esclusivamente con personale accreditato da Abbazia di Montecassino e Comunità Monastica. Non è consentito fotografare gli affreschi, se non previa autorizzazione scritta. Numero massimo di visitatori per ogni accesso: 5 + accompagnatore. Tempo massimo di permanenza: 6 minuti. Il tempo massimo di apertura continuata della cripta è di 45 minuti. Per informazioni e prenotazioni Tel. 333 6972803

Realizzazione editoriale Volturnia Edizioni Piazza Santa Maria, 5 86072 Cerro al Volturno (IS) - Tel. 0865 953593 - 339 7909487 www.volturniaedizioni.com - info@volturniaedizioni.com Testi e immagini tratti da “San Vincenzo al Volturno. Guida alla città monastica benedettina” ©Volturnia Edizioni, 2014 Impaginazione e grafica Tobia Paolone - Fotografie Tobia Paolone, Archivio Volturnia Edizion, Mibact - Missione Archeologica San Vincenzo al Volturno (tranne ove diversamente indicato) Copyright © 2019 Camera di Commercio del Molise & Volturnia Edizioni. Progetto: Scoprire il Molise. Edizione promossa dalla Camera di Commercio del Molise. Presidente Paolo Spina - Referente Gemma Laurelli.


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