Donna Moderna numero 40 / 17 settembre 2020

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NUMERO SPECIALE

CONVERSAZIONI CON FEDERICA PELLEGRINI ELENA CATTANEO ELODIE GUENDALINA SALIMEI DARIA BIGNARDI ESTHER DUFLO MICHELA GIRAUD MARGHERITA CASSANO ANGELA MISSONI FRANCESCA BRIA VALERIA CAGNINA ALESSIA MELEGARO

9 GUIDE PRATICHE SU COME CAMBIA IL NOSTRO MODO DI LAVORARE CURARCI VIAGGIARE VESTIRCI RISPARMIARE MANGIARE SPOSTARCI ARREDARE TRUCCARCI

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SOMMARIO

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DM N.40 - 2020 - 17/09 In cover. Per Federica, body Flavia Cavalcanti Costumes. Per Elodie, top Flavia Cavalcanti Costumes, collier Pasquale Bruni. Servizio di Paolo Lapicca. Foto di Davide Nova

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CONVERSAZIONI 16 L’arte di ripartire Federica Pellegrini 26 Fidarsi della scienza Elena Cattaneo 28 Costruire una buona economia Esther Duflo 33 Far rinascere le città Guendalina Salimei 36 Prenderci cura di noi Daria Bignardi 39 Realizzare la democrazia digitale Francesca Bria 43 Ridisegnare la moda Angela Missoni

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47 Convivere con il virus Alessia Melegaro 51 Andare controcorrente Michela Giraud 55 Credere nella giustizia Margherita Cassano 59 Rivoluzionare la scuola Valeria Cagnina 62 Governare il cambiamento Elodie GUIDE PRATICHE 73 Salute smart Arriva la sanità a domicilio 79 I tuoi soldi C’è una banca in quello smartphone

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SOMMARIO

85 Muoversi in città Questa strada ci porterà lontano 91 Un lavoro diverso Sei pronta per la carriera liquida? 96 Shopping virtuale Bye-bye, camerino! 101 Farsi belle Il beauty che verrà 109 Vivere la casa La felicità è uno spazio su misura 117 Mangiare e bere Le eccellenze conquistano la tavola 8

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125 Viaggiare 2.0 Il turismo riparte da qui LE STORIE DELLE LETTRICI 134 Scopriremo il mondo in barca a vela 136 Aprirò un b&b nella casa di famiglia 138 Insegno l’arte ai ragazzi su YouTube 140 Un faro all’alba è quello che cercavo 142 Siamo diventati due nomadi digitali 144 Il mio giallo è nato durante il lockdown

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146 Vi emozionerò con il cinema in masseria 148 Regalerò sorrisi con la mia cucina 150 Accogliamo gli animali che avete amato 152 Farò la nonna “expat” a Londra 114 Staff 156 Astrocoach L’oroscopo che fa lavorare le stelle per te 158 Ultima pagina

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APPUNTI

IL FUTURO CHE CIASCUNO DI NOI STA DISEGNANDO bbiamo iniziato a progettare questo numero in un giugno senza ultimo giorno di scuola né progetti di vacanze imminenti. Iniziavamo a uscire di casa, gli occhi accecati dal sole, i piedi instabili sui terreni irregolari. Sapevamo di non essere davanti a un nuovo inizio, ma solo a una bizzarra estate che aveva, come unica aspettativa, quella di stare assieme a chi ci era mancato. Sapevamo che il nuovo inizio sarebbe stato a settembre, come sempre in un’Italia che chiude per ferie, anche nell’anno del Covid. Settembre è arrivato ed è diverso da come ce lo aspettavamo. L’Italia che ha riaperto dopo le vacanze è già profondamente cambiata. I bambini vanno a scuola con la mascherina e seguendo la segnaletica in terra. Molti di noi continuano a lavorare da casa, a prenotare il posto in palestra, a fare videoconsulti con i medici, a comprare online e a fare la coda in farmacia dove si entra uno per volta. C’è di che meravigliarsi, perché cambiare per l’essere umano è faticoso. Tendiamo a tenerci ciò che abbiamo pur di non affrontare il rischio del nuovo. Invece stiamo vivendo una enorme trasformazione del nostro modo di vivere, in tempi brevi e senza che ci siano grosse resistenze. Com’è possibile? Una prima spiegazione è che gran parte di questi cambiamenti - il modo di curarci, lavorare, fare shopping, muoverci, mangiare, bere, viaggiare erano in programma da tempo. A rallentarli c’era solo il timore che non fossimo pronti per accoglierli. Ma questa spiegazione non basta. «Il cambiamento è il motore della mia vita, purché sia io a governarlo. Se prendo una strada nuova perché qualcuno me la impone non funziona» ci ha detto Elodie. Credo che sia lo stesso per ciascuno di noi. La verità, forse, è che stiamo governando il cambiamento più di quanto ci accorgiamo. Lo abbiamo maturato nei lunghi mesi trascorsi in compagnia di noi stessi. Probabilmente, in quel giugno in cui uscivamo di casa accecati dalla luce, gran parte della trasformazione era già avvenuta dentro di noi. Parlo di piccoli scatti interiori - come quello che ci ha confessato Daria Bignardi: «Ho iniziato ad avere una scansione del tempo più conforme ai miei desideri» - che però trasformano profondamente il mondo in cui viviamo, le relazioni con gli altri, l’uso dello spazio. Fin dove ci spingeremo? È il compito di questo numero scoprirlo. Abbiamo conversato con 12 donne straordinarie per scandagliare ogni aspetto della vita. Abbiamo indagato le novità settore per settore. Abbiamo fotografato il cambiamento di 10 persone comuni. Buon viaggio, dunque, nel nuovo futuro che ciascuna di noi sta disegnando dentro di sé.

di Annalisa Monfreda

A

Parla con me: Puoi seguirmi su Twitter e Instagram @A_Monfreda Scrivermi una email annalisa.monfreda@mondadori.it Leggere i miei post su donnamoderna.com/news

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONVERSAZIONI

Abito di jersey stretch e velluto Chiara Boni La Petite Robe 16


L’ARTE DI RIPARTIRE

FEDERICA PELLEGRINI «Davanti a nuove difficoltà bisogna trovare nuove soluzioni». Lo ha imparato in vasca, lo sta mettendo in pratica adesso. Dopo che il Covid ha sospeso la sua ultima Olimpiade, il suo libro, la sua vita. La grande campionessa di nuoto ci racconta la sua storia di continuo cambiamento servizio di Paolo Lapicca — foto di Davide Nova — intervista di Gianluca Ferraris ha collaborato Fabio Pravato

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NON SMETTERÒ MAI CON IL NUOTO. E CREDO CHE, FUORI DALLA DIMENSIONE AGONISTICA, LO APPREZZERÒ ANCORA DI PIÙ. IN ACQUA HAI LA PERCEZIONE ESATTA, E SEMPRE DIVERSA, DI OGNI MILLIMETRO DEL TUO CORPO

Tuta di jersey Jijil

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CONVERSAZIONI

hi è abituato a gareggiare sin dall’infanzia ha una metafora agonistica adatta a ogni situazione. Federica Pellegrini, 32 anni, non fa eccezione. «Quando avevo poco più di 18 anni, subii un infortunio alla spalla» ricorda. «Molti mi davano già per finita e in ogni caso mi sarei dovuta operare. Invece, ho trovato l’unico medico che decise di non farlo, un fisioterapista che lavorò nel modo giusto e una famiglia che mi è stata vicino ma senza fare pressioni. Se non fossi passata per quel periodo buio non sarei diventata ciò che sono adesso». Cioè una delle più grandi nuotatrici della storia e la prima e unica donna a essere salita 8 volte su un podio mondiale nella stessa disciplina, i 200 stile libero. Il messaggio è chiaro: «Davanti a nuove difficoltà occorre cercare nuove soluzioni, senza perdere la fiducia nel domani. Vale per le sfide personali così come per quelle collettive. Certo, cercare il bicchiere mezzo pieno in una pandemia come questa, che ci ha costretti tutti a ripensare il nostro posto nel mondo, non è facile. Ma è l’unico modo che abbiamo per uscirne».

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Tu come hai reagito? «All’inizio è stato straniante. Mi stavo preparando per Tokyo (quella che sarebbe dovuta essere la sua quinta e ultima Olimpiade è stata rinviata al 2021 causa Covid, ndr) e le gare di qualificazione erano previste per fine marzo. Ero al top della forma e di colpo mi sono ritrovata a trascorrere sei settimane di fila chiusa in casa. Sei settimane senza nuotare non credo di averle mai vissute nemmeno quando ero bambina». E poi? «Poi ho scoperto che forse un po’ di stacco era quello di cui avevo bisogno. Mi sono goduta la mia casa e i miei cani: Vanessa ha 2 anni e da poco è arrivato Rocky, 6 mesi. Nei miei piani iniziali avrei già dovuto abbandonare l’agonismo, dunque ero pronta a coccolarli in maniera costante: invece ho dovuto rinnovare il patto con i miei

genitori, che per colpa di allenamenti e trasferte dovranno occuparsene ancora per un po’. Ma come ogni mamma distante, appena sono a casa faccio di tutto per viziarli!». Quando hai ricominciato ad andare in piscina? «Appena le regole lo hanno consentito, tra la fine di maggio e i primi di giugno. Ma la preparazione ormai era sballata perché lavoravo per essere al top verso fine marzo, quando si sarebbero dovute tenere le prime qualificazioni per Tokyo. E a questi livelli recuperare la forma non è semplice: per ogni mese di pausa ne servono due di allenamenti». Dopo tanti anni, tuffarsi ti dà ancora le stesse sensazioni? «Il bello del nuoto è che è uno sport di sensibilità: ogni volta che sei in acqua hai la percezione esatta, e sempre diversa, di ogni millimetro del tuo corpo. La gara è importante, ma è qualcosa che arriva dopo». Il nuoto in Italia gode di grande popolarità da anni, anche grazie a te. Eppure, nonostante i tuoi successi e quelli di molti altri atleti, i soldi che circolano sono pochi e il professionismo è di fatto precluso. Come se ne esce? «Purtroppo si tratta di una situazione comune a quasi tutti gli sport in Italia: calcio a parte, le risorse e le sponsorizzazioni non bastano ad assicurare a tutti quelli che lo meriterebbero la possibilità di vivere della disciplina che amano, a meno che non scelgano di arruolarsi nel team di una delle forze armate. Alcuni di noi, ad esempio nel nuoto e nel volley, ce la fanno da soli. E guarda caso si tratta degli sport dove le differenze, anche retributive, tra i due sessi sono quasi inesistenti. Una ricetta non ce l’ho, ma è chiaro che servirebbero volontà e investimenti a più livelli, dalla politica al Coni e alle singole federazioni». Parliamo di cambiamenti. Quello della moda sembra un mondo lontano anni luce dal tuo, eppure scatti sempre più spesso e ti ci trovi a meraviglia. Come lo spieghi? «Federica Pellegrini non è solo la persona che vedete in vasca. Sono una ragazza normale alla quale piace provare

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MODA

Body di jersey Versace, giubbotto cropped di vernice Givenchy, tutto @ Luisaviaroma.com

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CONVERSAZIONI

Camicia con piume, pantaloni, tutto N°21

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e indossare vestiti o fare shopping. Sul trucco sono un po’ più rigida, ho un beauty case davvero minimal: mi bastano un po’ di fondotinta e mascara. Per le scarpe con i tacchi alti invece ho una vera passione, nonostante tutti mi immaginino sempre in sneakers o ciabatte… (ride, ndr). Credo sia anche grazie a questo se negli ultimi anni ho superato un po’ della mia timidezza, cominciando ad apparire più spontanea e meno “precisina” davanti al pubblico. Il resto lo ha fatto la tv». Dove da 2 anni sei tra i giudici di Italia’s Got Talent. «Sono strafelice di aver accettato la proposta di far parte del programma, 2 anni fa. Mi ha permesso di staccare da quello che faccio tutti i giorni e di avere un ruolo televisivo che andava al di là della semplice ospitata. È un percorso che mi piace molto». Manterrai l’impegno di partecipare alla terza edizione, nonostante un calendario agonistico sballato e la necessità di prepararti al meglio per Tokyo? «Un incastro per registrare le puntate dovremmo trovarlo, credo verso inizio anno. Poi tornerò ad allenarmi e basta». Torniamo ai cambiamenti. Dopo le Olimpiadi del 2020 ti saresti dovuta ritirare dall’agonismo. Dog sitting a parte, questo rinvio di un anno ha messo in stand by i tuoi piani? «In molti casi sì. C’erano in programma un libro e un docufilm che dovevano chiudersi con Tokyo. E poi altre proposte dal mondo dello spettacolo, alcune molto interessanti». Quindi dall’anno prossimo dirai basta allo sport, almeno per un po’? «No di certo, quella è una parte di me che non cesserà mai di esistere. Vorrei dedicarmi a quello che finora mi era vietato perché troppo rischioso o compromettente: arrampicata, tennis, sci. Sono stufa di aspettare i miei amici a bordo pista. Da bambina facevo la settimana bianca con i miei genitori, mi piaceva tantissimo, ma ho dovuto smettere». E il nuoto? «Anche quello non lo abbandonerò, sicuramente. Anzi, credo che viverlo fuori dalla dimensione agonistica me lo farà apprezzare ancora di più. Non sono ancora sicura di volerne fare un mestiere, anche se logicamente me l’hanno chiesto. Ma più avanti mi piacerebbe creare una academy per trasmettere ciò che so alle ragazzine che si avvicinano alla vasca».

A una di loro, magari cresciuta osservando le tue vittorie, quale consiglio daresti? «Uno solo: divertiti, pensa a migliorarti come persona più che come atleta, e fatti scivolare addosso le pressioni». Tu le hai sentite a inizio carriera? «I miei mi hanno affiancata all’inizio, senza sottrarsi ai sacrifici: mia madre si alzava ogni mattina alle cinque e mezza per accompagnarmi in piscina. Poi, quando hanno capito che questa poteva essere davvero la mia strada, e che io tutto sommato la vivevo bene, si sono fidati e mi hanno lasciata camminare sulle mie gambe. Non era scontato». Perché? «Perché quello di genitori nello sport rimane un ruolo delicato. Sei privo di bussola e se molli il colpo troppo presto o, al contrario, spingi in maniera esagerata, rischi che tuo figlio non diventi mai un campione anche se ne ha le potenzialità. Mio padre e mia madre hanno tenuto la giusta distanza, ancora oggi faticano a capire se i miei tempi in vasca siano buoni o no. Eppure restano il mio punto di riferimento più importante». Ne hai altri? «Franziska van Almsick, la campionessa tedesca di nuoto, è stata sempre il mio mito sportivo. Fuori dalla vasca, ammiro Mara Maionchi: tutta d’un pezzo, lottatrice, icona di parità e una delle donne più sagge che abbia mai incontrato. E poi Ilaria Cucchi, che ha combattuto per 10 anni da sola contro ogni tipo di difficoltà, vincendo per suo fratello e per i tanti Stefano di cui magari non conosciamo le storie». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONVERSAZIONI

Abito monospalla di velluto con fiocco di gros-grain Saint Laurent @ Luisaviaroma.com

I MIEI PUNTI DI RIFERIMENTO. FRANZISKA VAN ALMSICK, LA MITICA NUOTATRICE TEDESCA. MARA MAIONCHI, SAGGIA E LOTTATRICE. E ILARIA CUCCHI, CHE HA COMBATTUTO DA SOLA PER SUO FRATELLO. E HA VINTO

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Abito in georgette di seta Rossorame. Sandali Aquazzura

Make up di Jo Sanna using Qstudio Makeup-Rp Hairstyle di Maurizio Morreale using Cotril @ Julian Watson Agency

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CONVERSAZIONI

FIDARSI DELLA SCIENZA

ELENA CATTANEO

«Soltanto la ricerca offre i mezzi per capire, prevenire e superare le crisi» spiega la scienziata e senatrice a vita. «Qui in Italia, però, manca l’educazione al ragionamento scientifico» di Isabella Fava - foto di Tania_Cristofari

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urante questa pandemia, ci siamo avvicinati al linguaggio della scienza. A volte osannati, molte volte criticati, i ricercatori sono “usciti” dai laboratori per spiegarci cosa stava - e sta - accadendo. Elena Cattaneo, 57 anni, scienziata di fama mondiale, si batte per diffondere una cultura scientifica, basata sulla ricerca e la diffusione democratica dei risultati, che possa migliorarci la vita e renderci più responsabili.

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Cosa ci ha insegnato il Covid-19? «Anche se non ce ne rendiamo conto, la scienza e la medicina lavorano per proteggerci da virus e batteri che ogni giorno sono intorno a noi. In questi mesi abbiamo sperimentato cosa vuol dire essere vulnerabili, ci siamo scoperti indifesi di fronte a una natura che fa il suo corso al di là del nostro dominio. Questo ci ha insegnato che la conoscenza è una nostra grande alleata: solo facendo ricerca, anche “in tempo di pace”, potremo avere gli strumenti per comprendere, prevenire o superare le emergenze, senza che la paura prenda il sopravvento». Che ruolo deve avere la scienza oggi? «La scienza per sua natura è a disposizione dei cittadini, delle esigenze della società. Con l’irrompere del virus alcuni laboratori hanno reindirizzato i propri studi, altri hanno modificato i piani per non perdere sperimentazioni attive, molti fanno turni di notte per non interrompere le ricerche. Ciò che la scienza offre, in ogni circostanza, è il proprio metodo. Lo studio, la ricerca di prove, la verifica di ogni risultato sono i migliori strumenti a nostra disposizione per strappare sempre nuovi pezzi di conoscenza all’ignoto e muoverci nel mondo con maggior consapevolezza dei nostri limiti, ma anche delle nostre infinite potenzialità». Cosa succederà in futuro? Continueremo a cambiare i nostri comportamenti? «Io credo di sì, abbiamo il dovere di farlo. Dobbiamo reagire alle circostanze, senza abbatterci né banalizzare lo sforzo collettivo a cui siamo chiamati. Abbiamo improvvisamente rinunciato a comportamenti fino a ieri naturali, come parlarsi e lavorare fianco a fianco, stringerci la mano nel presentarci, abbracciarci tra amici. Tutte rinunce che possono contribuire a dare un rinnovato valore e senso sociale alla quotidianità, al confronto e agli affetti». Perché gli scienziati sono a volte ascoltati con scetticismo? «Nel nostro Paese mancano l’abitudine e l’educazione al ragionamento scientifico, che non procede per tesi ma per verifiche e mette in discussione anche le idee a cui siamo più affe-

IL METODO BASATO SULLA VERIFICA DELLE PROVE È SPESSO INCONCILIABILE CON LA POLITICA, CHE CERCA UN CONSENSO “DI PANCIA”. FAR LEVA SU ILLUSIONI E PAURE È FUNZIONALE A QUESTO SCOPO

UNA CARRIERA DEDICATA ALLO STUDIO DELLE STAMINALI Dopo la laurea in Farmacia e il dottorato in Biotecnologie, Elena Cattaneo inizia al Mit di Boston la sua ricerca sulle cellule staminali. Oggi è direttrice del laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative del Dipartimento di Bioscienze dell’università Statale di Milano, il cui scopo è lo studio della malattia di Huntington. Nel 2013 è stata nominata senatrice a vita.

zionati. Non avendo quasi mai l’occasione di capire come nasce una nuova scoperta, il cittadino tende a immaginare lo scienziato come una sorta di oracolo che, a richiesta, dà risposte ai problemi più attuali, e tende a percepire la scienza come un corpus rigido e dogmatico di informazioni, da cui estrarre “le certezze” che servono, quando servono. Invece la scienza è un metodo che sperimenta e verifica per strappare centimetri all’ignoto, serve a rapportarci meglio con l’incertezza della realtà che ci circonda. Per costruire fiducia, il compito dello scienziato è uscire dal laboratorio, includendo i cittadini nelle scoperte, facendo loro comprendere i vantaggi che la scienza può offrire». La scienza è spesso in secondo piano rispetto alla politica. «Il suo metodo, basato sulle prove e non sulle opinioni, sulla discussione, sulla ricerca e verifica di ogni dato, è spesso inconciliabile con i meccanismi e i tempi della politica, dove sempre di più si cerca un consenso immediato, “di pancia”. Fare leva su paure e illusioni, anche disconoscendo le indicazioni della comunità scientifica, è funzionale a questo scopo. In democrazia l’onere e l’onore della scelta spettano alla politica, ma l’auspicio è che le decisioni siano prese a partire dalle evidenze scientifiche e non dalle narrazioni prevalenti, per progettare dove si vuole essere tra cinque o dieci anni». Le donne fanno fatica ad affermarsi. «Se si guarda ai voti e alle capacità documentate delle studentesse e ricercatrici rispetto alle possibilità di carriera, è evidente che permane il soffitto di cristallo, un muro che frustra legittime aspettative di crescita. Molte donne convivono ancora oggi con una zavorra frutto di secoli in cui il ruolo femminile è rimasto relegato all’organizzazione domestica. È sempre più urgente riuscire a dare risposte sotto forma di nuovo welfare familiare, ma anche lavorare su alcune nostre rigidità culturali. Individuare condizioni e strumenti di “sottrazione di zavorra materiale e culturale” che non privilegino le donne, ma consentano loro di competere in parità di condizioni e opportunità, è la strada maestra da seguire». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONVERSAZIONI

COSTRUIRE UNA BUONA ECONOMIA

ESTHER DUFLO

«Non abbiamo bisogno di previsioni oracolari» sostiene il premio Nobel. «Ma di strumenti che affrontino le sfide di oggi: clima, lavoro, giustizia sociale» di Isabella Fava - foto di Jean-Philippe Baltel

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economia è una cosa troppo importante per lasciarla agli economisti». Quando le chiedo il significato dell’ultima frase del libro scritto con il marito e collega Abhijit Banerjee (vedi box a destra), il premio Nobel per l’Economia Esther Duflo risponde: «Vuol dire che, in un certo senso, tutti noi dovremmo essere economisti».

DALLA PARTE DEI PIÙ DEBOLI

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Cosa intende? «Gli economisti devono sforzarsi di spiegare a tutti quello che fanno. Fornendo argomenti, esempi e dati. Una trasparenza che consenta a chi li ascolta di farsi un’opinione e di arrivare anche a un’altra conclusione, eventualmente». Una “buona economia”, come dite voi nel libro. «Sì, un’economia che non “urla”, non fa grandi previsioni, non cerca di imporre la sua visione, ma che è pronta a cambiare idea, aggiustare il tiro e che tiene in considerazione diversi fattori: come la gente prende certe decisioni, cos’è importante nella vita di ognuno... Se sei un’economista devi renderti conto del fatto che alle persone non interessano solo i soldi o i salari, ma anche il proprio posto nella società. Diciamo che è uno strumento per capire il mondo, che riguarda l’essere umano e la sua complessità, piuttosto che una prescrizione oracolare». Difficile farlo in un mondo che cambia velocemente e che ora è stato messo a dura prova dalla pandemia. «Credo che questa crisi serva a ricordarci che a volte la natura è più forte di noi. E che può succedere ancora. L’incertezza è entrata nelle nostre vite, i giovani avvertono la fragilità di quello che possono e potranno costruire. La gente è preoccupata del futuro. La speranza è che nelle persone cresca il desiderio di diventare buoni amministratori del Pianeta. Perché uno dei grandi problemi che stiamo affrontando è il cambiamento climatico». Con il lockdown in molti si sono resi conto che possiamo perdere il lavoro e diventare poveri da un momento all’altro, anche nei Paesi più ricchi. «E abbiamo imparato che dobbiamo essere pronti ad affrontare le crisi. Ma questo richiede un sistema di solidarietà più forte. L’assistenza sociale che abbiamo oggi non è sufficiente: non è sempre facile accedervi e molte persone non vi si avvicinano perché temono di perdere la propria dignità. Abbiamo bisogno di un sistema che protegga tutti senza farli sentire poveri o miserabili». Come fare? «Pensando che la perdita di lavoro è transitoria, non permanente. L’Unione europea è intervenuta per evitare che l’economia crollasse. Quando il quadro sanitario migliorerà, ci saranno aggiustamenti che permetteranno a tutti

LA PANDEMIA HA DIMOSTRATO CHE SERVE UN SISTEMA DI ASSISTENZA PIÙ SOLIDALE, CHE PROTEGGA TUTTI SENZA FARLI SENTIRE POVERI OPPURE MISERABILI

di tornare al lavoro. Nuove attività nasceranno, vecchie professioni saranno perse. Perciò dobbiamo fare molta attenzione che ogni individuo sia accompagnato nel gestire la propria crisi personale. I governi devono diventare proattivi nel creare nuovi posti di lavoro e nel sostenerli per qualche tempo».

Economista francese, 47 anni, Esther Duflo è stata la più giovane a ricevere il premio Nobel nel 2019 insieme a Michael Kremer e a suo marito Abhijit Banerjee, per l’approccio sperimentale nella lotta alla povertà globale. È direttrice del Poverty Action Lab del Mit di Boston. Per Laterza è appena uscito il saggio che ha scritto col marito, Una buona economia per tempi difficili, che mette in discussione le opinioni tradizionali in vari ambiti: dal commercio alla tassazione, dalla mobilità sociale alle migrazioni.

Nel libro scrive che non dobbiamo avere paura delle migrazioni. «I migranti portano benefici alla società: anche loro sono consumatori e così creano posti di lavoro. Se poi sono impiegati come colf o baby sitter, consentono alle donne qualificate di fare carriera e occupare posizioni manageriali e di creare a loro volta nuova occupazione». Oltre a essere la più giovane a vincere il Nobel per l’Economia, lei è anche la seconda donna nella storia del premio. Perché le donne faticano ad avvicinarsi a questa disciplina? «Credo che non siano le donne, ma gli uomini a rendere l’economia poco interessante. A molte donne non importano i tassi della finanza o la matematica oscura, così distante dalla loro esperienza quotidiana. Tante giovani, quando devono scegliere gli studi da intraprendere, decidono per qualcosa che le renda in grado di fare la differenza nel mondo. L’economia oggi non proietta quella immagine. Lo sa che in un sondaggio del 2017 nel Regno Unito gli economisti risultavano quelli di cui la gente ha meno fiducia dopo i politici? La ragione? Di solito chi parla in tv è un uomo bianco che fa previsioni sul futuro, per la maggior parte delle volte sbagliate, o che sta difendendo la finanza perché è a capo di qualcosa. L’economia oggi è un’altra cosa. Io mi occupo di povertà globale, altri lavorano su questioni di genere, razzismo e discriminazione, disuguaglianze, cambiamenti climatici. Con la pandemia molti hanno cominciato a occuparsi di Covid. C’è il desiderio di essere utili. Per me l’economia deve essere umana, mettersi al servizio della collettività». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONVERSAZIONI

FAR RINASCERE LE CITTÀ

GUENDALINA SALIMEI

«Per dare nuova vita allo spazio urbano occorre ripensare le periferie. Insieme agli abitanti». Parola dell’architetta che ha firmato il recupero del Corviale a Roma di Chiara Sessa - foto di Daria Addabbo

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CONVERSAZIONI

a presente le Vele di Napoli o lo Zen di Palermo? È dal ripensamento di quartieri periferici e problematici come questi che può nascere la città del futuro». Guendalina Salimei, 58 anni, romana, è una delle pochissime donne italiane affermate a livello internazionale nella progettazione e nell’urbanistica. A lei è ispirato il film Scusate se esisto del 2014, dove Paola Cortellesi interpreta un’architetta costretta a fingersi uomo per far approvare un progetto avveniristico sul Corviale, il palazzone di edilizia popolare sulla Portuense. Nella realtà, Guendalina non ha avuto bisogno di trucchi: nel 2009 ha vinto il concorso per la riqualificazione del quarto piano del complesso, un’area originariamente destinata ad accogliere i servizi per la residenza (tra cui asilo nido, biblioteca e centro anziani) che qualche anno dopo la costruzione è stata occupata e trasformata in abitazioni abusive. La sua rinascita è un’esperienza che indica una nuova strada da seguire.

I SUOI PROGETTI IN TUTTO IL MONDO

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Molti pensano che edifici come il Corviale andrebbero abbattuti. Perché lei li considera un’opportunità? «I quartieri costruiti nel dopoguerra per dare una casa alle classi meno fortunate (grazie alla legge 167 del 1962 che avviava un programma di edilizia popolare, ndr) hanno qualità ambientali introvabili nei centri storici: aria, luce, spazi verdi. Ma la più grande potenzialità è la possibilità di sfruttare le “cubature residue” per ampliamenti o nuovi alloggi. Demolirli è uno spreco: sono costati molti soldi pubblici, possono e devono essere recuperati». Ma la riqualificazione architettonica non basta a frenare il degrado delle periferie... «Assolutamente no, bisogna lavorare anche sugli abitanti. In due modi. Prima di tutto è necessario educarli al bello e far loro capire l’importanza del “prendersi cura insieme” dei beni comuni. Poi gli architetti, con le amministrazioni, devono studiare una composizione mista dei quartieri. La prima fase di riqualificazione del Corviale, che sarà conclusa in tre anni, prevede la creazione di 110 appartamenti alternati ad ambienti comuni. In futuro si potrebbero recuperare altri spazi e trasformarli in nuove residenze per studenti, artisti e anziani: oggi la necessità di alloggi con affitti calmierati non riguarda più solo la fascia disagiata. Favorire la mixité è fondamentale per la salute della città: persino la Reggia di Versailles subirebbe un degrado se venisse abitata solo da persone senza gli strumenti economici, sociali e culturali per prendersene cura». Anche i centri storici hanno sofferto negli ultimi mesi, svuotati dalla chiusura degli uffici e dalla paura del contagio. «La speculazione edilizia ha espulso i residenti e ha riempito il cuore delle città di affitti brevi e negozi delle ca-

I QUARTIERI POPOLARI COSTRUITI NEL DOPOGUERRA HANNO QUALITÀ AMBIENTALI INTROVABILI NEI CENTRI STORICI: ARIA, LUCE E VERDE 34

tene internazionali ben prima dell’arrivo del virus. Ora i difetti di questa politica urbana sono sotto gli occhi di tutti: è uno dei temi sui quali bisognerà riflettere insieme».

Architetta e docente all’università La Sapienza di Roma, ha fondato il TStudio nel 1992 insieme ad altri colleghi. Ha firmato decine di progetti in tutto il mondo e vinto premi e concorsi, tra cui quello per la realizzazione di Dao Viet Eco City, una città artificiale ecosostenibile in Vietnam. Tra le opere a grande scala in fase di realizzazione ci sono i waterfront: a Napoli la riqualificazione dell’area monumentale del porto e a Taranto la riprogettazione del molo di San Cataldo. Entrambi i progetti hanno l’obiettivo di riconnettere il fronte mare alla città, restituendo nuovi spazi pubblici agli abitanti.

Come potrebbero rinascere? «La soluzione per rivitalizzare le aree centrali è riportarci a vivere gli abitanti e ricostruire il sistema delle “botteghe di vicinato” delle attività artigianali, che hanno sempre costituito il fulcro della vita urbana italiana. Le pandemie, come i terremoti, spazzano via le situazioni positive, ma anche quelle negative».

Che cosa le ha insegnato l’esperienza del Corviale? «L’importanza della collaborazione dal basso. All’inizio del progetto gli inquilini erano ostili perché si sentivano vittime di una manovra politica e avevano paura di essere allontanati per sempre dalle loro case. Abbiamo ascoltato le loro esigenze e spiegato i nostri obiettivi: oggi ci danno del tu e ci invitano a pranzo. Il processo di partecipazione, che inizia da gesti piccoli come l’adozione da parte dei comitati di quartiere di aree verdi, è una delle novità più promettenti delle nostre città». Quindi gli abitanti dovrebbero essere più coinvolti nella progettazione. «Me lo auguro: partecipazione, collaborazione e condivisione delle scelte pubbliche sono le parole chiave per i prossimi anni». Concetti che non sempre appartengono agli architetti. «Qualcosa per fortuna sta cambiando. Le facoltà di Medicina e Architettura della Sapienza, per esempio, hanno formato un team misto tra endocrinologi, pneumologi e noi architetti per studiare come la prevenzione delle malattie metaboliche e dei tumori passi anche per la città. Per noi è stato entusiasmante: finalmente si comincia a capire che il benessere non dipende solo dalle abitudini alimentari e dalla bontà dell’aria, ma anche dalla qualità dell’ambiente e delle abitazioni in cui si vive. La prevenzione passa anche attraverso un nuovo uso del territorio». ©RIPRODUZIONE RISERVATA


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PRENDERCI CURA DI NOI

DARIA BIGNARDI

Mai come adesso abbiamo l’occasione di reinventarci. «Ritroviamo il gusto di non dover fare» è l’invito della scrittrice. «E lasciamoci guidare dai desideri» di Elisa Venco - foto di Cosimo Buccolieri

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i dice sempre che il futuro sia una pagina bianca, un destino da scrivere. Ma forse mai come nei mesi scorsi ci siamo resi conto di quanto illusorie siano le nostre pretese di dominare l’incertezza facendo progetti. La pandemia ci ha costretto a ripensare il nostro modo di vivere e stare con gli altri. «E se provassimo a reinventare anche lo spazio e il tempo che abbiamo davanti?» è l’invito che arriva da Daria Bignardi, 59 anni, scrittrice e conduttrice (vedi box), da sempre attenta al modo in cui le persone, inclusa lei stessa, reagiscono a eventi dirompenti quali malattie, separazioni, amori fatali.

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Come ha vissuto i mesi scorsi? «Da privilegiata. Non avevo persone malate da curare né bambini piccoli da seguire e, insieme a mia figlia 17enne, potevo godere dello spazio di una casa in cui abito da 12 anni senza mai averla conosciuta davvero. Da un lato, sentivo la curiosità e l’eccitazione che nascono quando ti ritrovi dentro un evento epocale. Dall’altro, per la prima volta ho sperimentato la possibilità di inventare le giornate, senza appuntamenti e scadenze. Davanti a un tempo immobile ho iniziato a svegliarmi molto presto per scoprire, ad esempio, da quale finestra sorge il sole a casa mia. E poi, rimettendo in ordine i 4.000 volumi della mia libreria, ho recuperato episodi del passato che avevo dimenticato». Quali? «Ho ritrovato l’autobiografia di Mike Bongiorno, cui ho fatto l’ultima intervista della sua vita. Mi aveva scritto un biglietto molto affettuoso perché gli avevo raccontato che Rischiatutto era un appuntamento fisso a casa nostra. E da un cassetto sono spuntate le foto del primo marito di mia nonna Adele, morta di influenza spagnola. La vera scoperta, però, è stata la lentezza che ho assaporato dal primo all’ultimo giorno». L’antropologa Jane Guyer sostiene che molti vivano con difficoltà il “presente obbligato” del lockdown, perché è impossibile progettare il futuro. «È vero, la quarantena ha messo in scena il presente, rivelato l’incertezza delle nostre vite e strappato l’illusione di poter controllare il futuro. Ma, da persona ansiosa, che teme ciò che non conosce, il fatto di vedere avverate le mie paure in un evento di eccezionale gravità mi ha, in un certo senso, placata: se il peggio è già successo, se non devo più preoccuparmi che arrivi, divento lucida e pragmatica». Il lockdown ha rivelato lo squilibrio domestico tra il carico delle donne e quello degli uomini. «È un discorso complesso perché nelle famiglie di oggi ci sono condizioni

LA “BOLLA” DEL LOCKDOWN MI HA LIBERATA DALLA SCHIAVITÙ AUTOINDOTTA DI CONFORMARMI ALLE ABITUDINI IMPOSTE O AI PRESUNTI OBBLIGHI

I PROSSIMI IMPEGNI FRA LIBRI, RADIO E TV Dal 21 settembre Daria Bignardi condurrà L’intrusa, ogni mattina alle 10 su Radio Capital. Dal 21 ottobre tornerà in tv sul Nove con il talk show L’assedio. Il 10 novembre uscirà per Mondadori il suo nuovo romanzo, scritto durante il lockdown e ultimato durante le vacanze.

molto diverse per età, consapevolezza, possibilità di avere un aiuto. Però è vero che nella maggior parte dei casi il peso ricade tutto sulle donne: la casa, la cura dei figli e degli anziani. Voler prendersi cura degli altri è anche un piacere, ma bisogna stare attenti a non superare un crinale in cui è tutto troppo e troppo faticoso. Perché inconsciamente ci aspettiamo gratitudine, mentre magari i nostri familiari quelle cose neppure le chiedevano». Infatti ha invitato provocatoriamente le donne a «non fare più nulla». «A noi donne serve uno sforzo per reprimere la nostra inclinazione a voler fare tutto. È faticoso e scomodo non farsi intrappolare dal sentimento di essere importanti e necessarie: dovremmo copiare dagli uomini, che evitano di assumere ruoli in cui il piacere sia completamente assente e tutto si riduca a un dovere. Ritroviamo il gusto di non dover fare, di non dover essere, di non avere nulla da dimostrare. All’inizio è una trasgressione; poi, una liberazione». In questi mesi di clausura è cambiato anche il nostro rapporto con l’esterno? «Sì. Penso, per esempio, che un anno fa parlavamo solo di Greta Thunberg. Chiuderci in casa ci ha dato modo di capire a cosa stavamo rinunciando e ha accresciuto il valore di sapere che là fuori c’è un mondo cui tornare, a patto di tutelarlo». Nella “nuova” normalità cosa ci porteremo dietro? «Vorrei mantenere una scansione del tempo più conforme ai miei desideri. Da ragazza ho sempre invidiato chi il sabato sera stava in casa a leggere anziché uscire perché lo facevano tutti. Questo periodo mi ha regalato la possibilità di studiare, se mi va, anche se è Ferragosto, di pulire i fornelli anche se è sera, o di decidere di lavorare durante le vacanze. Resettando da zero tutti gli impegni senza cedere al senso di colpa perché nessuno dei miei piani aveva più una scadenza, mi sono sentita autorizzata a fare non solo quello che per me è importante, ma a farlo quando lo desidero, senza cedere agli orari imposti o ai presunti obblighi sociali. E, adesso che sono guidate dal desiderio autentico, ognuna delle mie giornate è un’avventura. Perché ogni volta mi chiedo se quello che penso di dover fare sia anche quello che voglio fare, in quel preciso momento». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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CONVERSAZIONI

REALIZZARE LA DEMOCRAZIA DIGITALE

FRANCESCA BRIA

Presidente del Fondo Innovazione, ha una visione concreta e “umana” della tecnologia: «Da sola non salva il mondo. Funziona solo se è al servizio delle persone» di Liliana di Donato - foto di Erica Fava/Mondadori_Portfolio

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n trillo su WhatsApp, un numero che non riconosco. «Ciao. Sono Francesca. Ci mettiamo d’accordo per l’intervista?». Francesca Bria è spontanea e diretta, come il “tu” che usa fin dall’inizio. Al di là delle formalità, oltre i ruoli. Che, nel suo caso, sono tanti e prestigiosi: docente all’Institute for Innovation della University College London, advisor della Commissione europea sull’innovazione e dell’Onu sui diritti digitali, dal 2015 al 2019 assessore alle Politiche digitali di Barcellona e, da gennaio, presidente del Fondo Innovazione Nazionale. A chi, se non a lei, chiedere di raccontare le parole che sentiamo pronunciare più spesso quando si parla di futuro: innovazione e digitale.

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«L’innovazione nasce quando l’immaginazione incontra l’azione» dice Alec Ross, ex consulente di Barack Obama. Affascinante, ma rischia di apparire astratto... «Invece non c’è nulla di più concreto: l’innovazione è la capacità di cogliere le opportunità offerte da scienza e tecnologia per migliorare l’esistenza delle persone. Perciò è connessa al digitale, la base della quarta rivoluzione industriale che sta già cambiando società, economia, politica. Lo abbiamo sperimentato nel lockdown: dallo smart working alla didattica a distanza, dalle app di food delivery ai film in streaming, abbiamo vissuto una digitalizzazione repentina delle nostre abitudini. Web, Intelligenza artificiale e Big Data sono le infrastrutture per costruire il futuro». Ma evocano scenari alla Grande Fratello di Orwell. Penso anche al dibattito sulla privacy e le app di tracciamento dei contagi. «La Rete è uno straordinario mezzo di condivisione delle conoscenze, ma può generare nuovi monopoli di potere. Questa è la sfida: conciliare tecnologia e democrazia. Oggi abbiamo due modelli. Uno è quello della Cina, il Big State che controlla dall’alto la popolazione: può essere efficace in termini di sicurezza, ma limita la libertà. L’altro è quello della Silicon Valley, il Big Tech incarnato dai giganti come Facebook e Amazon che usano le informazioni personali a fini commerciali: ci semplificano la vita, ma invadono la privacy. Io propongo una terza via: la Big Democracy. Fatta di una partecipazione consapevole dei cittadini e di una tecnologia al servizio della società. Mi ha ispirato Stefano Rodotà, tra i primi a parlare di nuovi diritti digitali». L’hai messa in pratica, questa terza via, da assessore a Barcellona. «Sulla piattaforma online Decidim Barcelona 400.000 abitanti hanno inviato proposte per lo sviluppo della città. E dalle loro idee è nato il 70% delle politiche della sindaca Ada Colau. Il tema più sentito era l’ambiente e il più grande progetto realizzato si chiama Superillas: interi distretti chiusi al traffico; piste ciclabili triplicate; edifici pubblici alimentati a energia solare. È stato un esperimento riuscito di democrazia digitale». E un esempio di smart city. A questo proposito: oggi tutto deve essere intelligente, dall’auto al lavoro alle città... Non rischiamo il “soluzionismo tecnologico”? «Sì. Con mio marito,

IL MIO OBIETTIVO? RENDERE L’ITALIA UN PAESE DIGITALE, VERDE E FEMMINISTA 40

LA “ROBIN HOOD” DEI DATI Fra i progetti di cui Francesca Bria, 40 anni, va più fiera c’è Decode: una piattaforma tecnologica che permette ai cittadini di decidere quali dati personali condividere e con chi, togliendone di fatto il controllo alle aziende. Perciò il Financial Times l’ha definita “la Robin Hood dei dati”. «Sono un bene pubblico al pari di aria e acqua, vanno trattati come tali» dice Bria, che di dati, digitale e democrazia parla al Festival della Filosofia il 19 settembre.

il sociologo Evgeny Morozov, ho scritto nel 2018 il libro Ripensare la smart city proprio per smitizzare questa parola. Discutiamo insieme le questioni più teoriche, poi io passo alla sperimentazione tecnopolitica. Il mio lavoro sui dati come bene comune (vedi box, ndr) nasce anche da sue intuizioni. Condividiamo una visione: la tecnologia da sola non salverà il mondo, può aiutarci a risolvere problemi concreti solo se è messa al servizio delle persone e indirizzata verso le grandi sfide di oggi, in primis il cambiamento climatico e la giustizia sociale».

Il digitale è tra i pilastri delle Linee guida del governo per usare i finanziamenti del Recovery Fund. Cosa farà il Fondo Innovazione? «Abbiamo oltre 1 miliardo da investire per creare 1.000 imprese innovative, acceleratori e poli di trasferimento tecnologico in settori strategici: dall’energia all’agricoltura, alla space economy. L’obiettivo per il futuro dell’Italia è accelerare la digitalizzazione, ma in una direzione precisa: il “green deal”, ovvero diventare un Paese a emissioni zero entro 2050. Il primo passo è portare la fibra ottica in tutto il territorio per iniziare a colmare le fratture tra Nord e Sud, metropoli e borghi spopolati. Rem Koolhaas, uno dei miei architetti preferiti, parla di smart countryside come base per un futuro ambientale e sociale sostenibile». Il magazine The Atlantic ha scritto che, tra lavoro perso e carico familiare aumentato, la pandemia ha riportato le donne indietro agli anni ’50. Come recuperare? «Il Covid ha evidenziato le storture sociali, e il gender gap è una di queste. La rivoluzione digitale deve essere anche una rivoluzione femminista: se vogliamo costruire il futuro, non possiamo lasciare indietro la metà della popolazione. Occorre partire dall’educazione, fin dalla scuola primaria. Non parlo di corsi di coding, sarebbe riduttivo. La tecnologia è un nuovo alfabeto che va integrato con le materie umanistiche, passando dalle Stem alle Steam: scienza, tecnologia, ingegneria, matematica e, in più, arte. Per comprendere la complessità della trasformazione epocale che stiamo vivendo con un filtro creativo». Accosti spesso “tecnologia” a “persone”. «Perché credo in un umanesimo digitale in cui la tecnologia non è un privilegio per pochi, ma un diritto di tutti. Un bene al servizio, e nell’interesse, dei cittadini. Per costruire il futuro dopo la pandemia». ©RIPRODUZIONE RISERVATA



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RIDISEGNARE LA MODA

ANGELA MISSONI

Dai genitori, pionieri del Made in Italy, ha ereditato creatività, gusto per la qualità, attenzione al consumo consapevole. «Tre punti a partire dai quali» dice la stilista «il fashion può ritrovare slancio» di Elisa Venco

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al 1953 dà vita a maglieria raffinata dagli inimitabili grafismi, fondendo creatività e sapere artigianale. Parliamo di Missoni, brand che arriva da lontano nel tempo e oggi è affidato a un direttore creativo che sa guardare al futuro: Angela Missoni, 62 anni, figlia di Rosita e Ottavio, i fondatori. A lei chiediamo come sarà la moda di domani.

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Missoni ha una lunga storia alle spalle: come siete rimasti in sintonia con un mondo in evoluzione? «Quando ho iniziato in azienda, mi sono buttata in modo spontaneo, forse inconsapevole. Erano gli anni ’90, Missoni era il brand delle maglie invernali coloratissime, dei cappotti di lana cotta. Io ho alleggerito i pesi, ho puntato anche sulle collezioni estive e, paradossalmente, siamo diventati quelli del caftano da spiaggia! Il segreto di questo mutamento, che ha corrisposto alla parallela evoluzione del gusto, credo stia nella memoria del nostro percorso. Ricordo ogni dettaglio di ogni collezione, dal tipo di zip ai bottoni. Ricordo quando, a 6 anni, mi sono innamorata delle prime lavorazioni in lurex. Così ho potuto ricombinare i pezzi del Dna Missoni per andare oltre, in modo anche sorprendente. Del resto, l’imprinting ribelle c’era: nel 1968 il settimanale francese Elle uscì in copertina con un completo Missoni, “quello delle righe”, tutto color crema!». Cosa intende quando dice che il fashion system era in crisi già prima del Covid? «Che con l’apparizione dei social un intero sistema è saltato. Prima si sfilava a settembre per presentare ai compratori la collezione dell’estate seguente. Ora le proposte vanno subito online, mentre in negozio hai i prodotti della stagione in corso: l’immagine è scissa, devi promuovere contemporaneamente 2 collezioni diverse, che magari alludono a stili di vita, suggestioni e tipi di donna differenti. Aggiungiamo che i capi hanno vita sempre più breve: tra precollezioni e cruise, nate per i ricchi americani che a Natale vanno in vacanza al caldo, la scansione delle novità è incalzante. E per far posto nei negozi devi mettere in saldo i capi della stagione in corso, frutto di ricerca sofisticata e costosa. Un meccanismo privo di senso. Poi c’è il tema della sostenibilità». Che punta su un consumo di qualità rispetto all’usa e getta. Come favorirla? «La prima volta che ho intuito dove stavamo andando è stata, una ventina d’anni fa, davanti alle quantità di scarpe delle mie figlie 16enni. Mi sono chiesta: se tutti comprano così tanto, dove metteranno tutta questa roba, che spazi occuperanno? Dove smaltiranno quello che non vogliono più? La principale lezione sulla sostenibilità, comunque, mi arriva dai miei rivoluzionari genitori che negli anni ’60 hanno costruito una fabbrica non a Milano, dove pareva d’obbligo, ma a Sumirago, fuori Varese, dove intendevano vivere. E dove siamo sempre rimasti tutti, perché ci hanno insegnato che la qualità della vita conta più del guadagno. Per questo la società Missoni non si è mai ingrandita quanto avrebbe potuto negli anni ’70. Mio padre rifiutava gli ordini, perché non voleva fare l’industriale e produrre in massa. Si vedeva come un artigiano che realizza di meno ma con gran44

Ottavio e Rosita Missoni con figli e nipoti nella foto di Oliviero Toscani (1992)

LA VIA D’USCITA DALLA CRISI PASSA ANCHE DAL RECUPERARE IL PIACERE DELLE COSE FATTE COME SI DEVE, PER DURARE NEL TEMPO de cura. Per spegnere l’entusiasmo di mia madre, che avrebbe voluto lanciarsi, le diceva: «Potremmo guadagnare di più, ma non avremmo mai il tempo di spendere». Questo dovremmo dire ai consumatori: ritrovate il piacere delle cose fatte come si deve, e che durano nel tempo». Che ne sarà delle sfilate: resteranno virtuali? «L’emozione dal vivo è insostituibile. Non ci sono solo le modelle, lo spazio, gli abiti, ma il pubblico: è come un concerto live! Confido che, appena possibile, torneremo a sfilare in passerella e a comprare nei negozi. Per questo sono scettica sulle potenzialità dell’ecommerce. Va benissimo se già sei cliente di un marchio e sai cosa aspettarti. Ma se non vedi e non tocchi non puoi innamorarti di un capo. E poi, fra imballaggi e spedizioni, l’e-commerce mi sembra tutto tranne che ecologico». La moda è anche politica: può contribuire alle trasformazioni in arrivo? «La moda ha una sua voce, è doveroso usarla per sostenere temi come l’inclusione e l’ecologia. Noi, nel 2017, abbiamo appoggiato le marce femministe facendo sfilare le nostre modelle con i pussyhats, i cappellini simbolo delle manifestazioni. Nel settembre 2019 ci siamo schierati con la prima grande protesta per il global warming. Molte di queste battaglie sono portate avanti da colleghe, ma più del genere conta l’educazione. Se in famiglia cresci libera e autonoma, sarai sicura di te e capace di farti sentire a prescindere dal sesso». Che cosa augura alla moda? «Che i creatori italiani restino uniti per ripartire tutti insieme. Occorre continuare sulla strada della qualità e dare sostegno all’intera filiera, dai grandi nomi ai piccoli artigiani. Che sono il nerbo del nostro sistema». ©RIPRODUZIONE RISERVATA


Marco Barachini, titolare dell’azienda calzaturiera Luciano Barachini

INNOVAZIONE È ACQUISIRE NUOVE FORZE Ha detto no ai gruppi internazionali per esplorare nuove sinergie in Italia: il coraggio e la vision di Marco Barachini

erché esistono scarpe così belle che danno un tuffo al cuore? La realtà è che non si tratta di semplici oggetti, sono davvero prodotti con l’anima. Una differenza che è fatta di attenzione ai valori di famiglia e di scelte coraggiose, come quella dell’azienda calzaturiera Luciano Barachini, un piccolo gioiello del made in Italy che ha creato un gruppo con un obiettivo specifico: raccogliere piano piano sempre più brand di valore, puntando a diventare leader nella distribuzione dei marchi storici del panorama calzaturiero italiano.

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“DOBBIAMO FARE SCELTE CORAGGIOSE” Marco Barachini, in questo periodo ci vuole coraggio… Siamo tante piccole medie aziende create dai nostri genitori e rischiamo di essere “mangiati” dai colossi internazionali. Ma noi abbiamo la passione che loro non hanno, amiamo i nostri prodotti. Come coniugare aziende di famiglia e innovazione? Nel nostro settore, il modello di business è lo stesso da moltissimi anni. La prima generazione sta scomparendo e la seconda si trova di fronte a sfide sempre più complesse. C’è bisogno di unire le forze. Molti importanti brand della moda sono stati acquisiti da pochi grandi gruppi. Anche nel settore auto si sono realizzate fusioni impensabili fino a 10 anni fa. È il momento che anche le PMI uniscano le forze per competere sul mercato internazionale creando sinergie e non sprecando risorse. Come gestisce i marchi storici appena acquisiti negli ultimi mesi? Sax e Jeannot sono due marchi con più di 50 anni di attività, in cui lo stile e l’immagine devono rimanere quelli di sempre. Vede, spesso lo stile è il riflesso della famiglia che è alle spalle del marchio. Se perdessimo quello, finiremmo per fare prodotti senza anima. Le nostre non vogliono e non devono essere acquisizioni, ma sinergie positive.


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«È fondamentale bloccare subito le catene di contagio» dice la demografa. Che guida il primo laboratorio multidisciplinare sugli effetti sociali ed economici del Covid di Myriam Defilippi - foto di Marta Carenzi/Mondadori_Portfolio

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DA MILANO A LONDRA E RITORNO

rmai gli indici R0 e Rt, tra i parametri base utilizzati nel mio lavoro, sono diventati patrimonio comune: i cittadini comprendono il ruolo dell’epidemiologia e della modellistica matematica come strumento di previsione». Alessia Melegaro è professore associato di Demografia all’università Bocconi, dove coordina oltre 30 ricercatori di varie discipline che lavorano nel CovidCrisisLab, laboratorio dell’ateneo milanese nato per valutare gli effetti economici, sociali, legali, finanziari e sanitari del virus (www.covidcrisilab.bocconi.eu).

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Numeri e malattie: come li fa dialogare? «Dalla tesi in Bocconi sulla diffusione della tubercolosi è partito il mio percorso che ha intersecato demografia, salute pubblica, epidemiologia ed economia, sia nei Paesi industrializzati sia nei Paesi poveri dove le malattie infettive sono una delle principali cause di morte, specialmente nei bambini». Dopo la laurea ha trascorso oltre 10 anni in Inghilterra. «Cruciali sia nella mia vita privata, perché è nato il primo dei miei due figli (hanno 14 e 12 anni, ndr), sia nella professione. A Londra ho imparato a lavorare in team interdisciplinari. Studiavamo l’impatto dei vaccini sulla popolazione e suggerivamo le politiche più efficaci all’ente corrispondente al nostro Istituto superiore di sanità». Il vaccino contro il Covid è stato annunciato da tanti, ma dopo la sospensione dei test su quello che sembrava nella fase più avanzata cosa dobbiamo aspettarci? «Capisco le preoccupazioni dei cittadini, che vorrebbero certezze su quello che succederà e desiderano uscire da questa zona d’ombra. Ma gli studi clinici su trattamenti farmacologici e vaccini servono proprio a testare sicurezza ed efficacia prima del rilascio. Dobbiamo avere pazienza e riporre la nostra fiducia sui numerosi gruppi che stanno lavorando alla produzione di un vaccino che sia prima di tutto sicuro, e poi il più efficace possibile». In Inghilterra facevate anche simulazioni per affrontare eventuali pandemie. Quell’esperienza serve oggi? «Tutte le infezioni sono diverse. Ci si può però preparare prima che le crisi scoppino, creando network che stabiliscano connessioni tra le varie discipline per affrontarle. Se non puoi avere una risposta pronta, almeno così sai a chi chiederla». Finora tanti esperti hanno dato spiegazioni spesso in contraddizione l’una con l’altra, e questo ci disorienta. «Resta un tabù, ma dobbiamo cominciare ad accettare l’idea che a una domanda si possa rispondere: “Non lo so, devo verificare”. Spesso durante questa pandemia le cose le abbiamo imparate

È UN TABÙ, MA DOBBIAMO INIZIARE AD ACCETTARE L’IDEA CHE UNO STUDIOSO, A UNA DOMANDA, POSSA ANCHE RISPONDERE: «NON LO SO» 48

solo cammin facendo. Fondamentale è che ogni studioso, dialogando con colleghi di discipline diverse, contribuisca a comporre i vari pezzi del puzzle».

Veronese, classe 1971, dopo la laurea in Bocconi Alessia Melegaro nel 1998 va in Inghilterra, dove completa il dottorato all’università di Warwick e lavora al Public Health England. Rientrata nel 2008 in Bocconi, al Centro Dondena per la Ricerca sulle dinamiche sociali e politiche pubbliche, vince un European Research Council Grant per guidare un progetto (con ricerche sul campo in Zimbabwe e Kenya) sull’impatto dei trend demografici nella diffusione delle malattie infettive. Dal 2018 è professore associato di Demografia in Bocconi.

Il vostro Lab, il primo in Italia di questo tipo, sta producendo molti studi sui fronti più disparati. Cosa avete scoperto su noi donne e il virus? «Cito solo qualche esempio di studi, in parte ancora in corso. Paola Profeta, docente di Scienza delle finanze, ha coordinato un gruppo di ricerca sul carico di cura in famiglia durante il lockdown: è cresciuto per le donne a prescindere dal fatto che il partner mantenesse o meno il lavoro fuori casa. Invece l’impegno a seguire i bambini nei compiti è stato diviso in modo più bilanciato nel caso in cui entrambi i genitori erano a casa. Vincenzo Galasso, professore di Economia politica, insieme ad altri studiosi ha raccolto dati su 8 Paesi, tra cui l’Italia, per analizzare le differenze di genere nelle percezioni e nei comportamenti verso la malattia. Le donne, rispetto agli uomini, considerano il Covid-19 un’emergenza sanitaria più seria e tendono ad accettare di più le restrizioni, come la chiusura delle scuole, e ad aderire maggiormente alle misure sanitarie previste dal governo, come l’uso della mascherina». A parte questa preziosa analisi su ciò che è avvenuto, si può fare una previsione su quanto avverrà? «I modelli epidemiologici danno indicazioni sul livello di trasmissione del virus: sono tanto più accurati quanto più i dati su cui si basano sono completi. Nella prima settimana di settembre ogni infezione ne generava in media un’altra. Purtroppo ora i casi hanno ripreso ad aumentare e ci si aspetta che la riapertura delle scuole abbia un impatto forte. La sfera di cristallo non c’è, bisogna restare in osservazione. Rispetto a marzo il sistema medico è più preparato, i pazienti sono assistiti con trattamenti più efficaci, i contagiati vengono individuati prima e isolati. Interrompere sul nascere le catene di contagio e contenere i focolai: questo è l’elemento chiave». ©RIPRODUZIONE RISERVATA


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CONVERSAZIONI

ANDARE CONTROCORRENTE

MICHELA GIRAUD

Con la sua comicità caustica e scorretta racconta dubbi e sfighe delle giovani di oggi. Alla faccia di chi le diceva: «Sei una ragazza, questa battuta non la puoi fare» di Isabella Fava - foto di Overclock Crew

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CONVERSAZIONI

mmaginate una giovane donna sola su un palco che inizia un monologo in cui fa a pezzi luoghi comuni e convenzioni. Ogni battuta scatena una risata e nel contempo fa vacillare l’idea che ci siamo fatti di noi stessi. Questa donna si chiama Michela Giraud, ha 33 anni ed è la regina della stand up comedy italiana. Davanti a un microfono Michela è diventata rappresentante dei drammi, dubbi e sfighe di tutti i Millenials, e non solo. Una po’ Mrs Maisel (la serie tv sulla casalinga che negli anni ’50 scopre la potenza della comicità) senza marito né figli. Un po’ Fleabag (altra serie cult, stavolta su una 30enne incasinata) che parla di sé, di quello che le succede intorno e di quello che pensa. Caustica, irriverente, a volte scurrile.

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La tua è una figura femminile che ancora molti faticano ad accettare. «Si dà per scontato che oggi la donna abbia certi diritti. Invece no. Mi è capitato di fare spettacoli davanti a persone che si stupivano io fossi sul palco. E mi guardavano come se davanti avessero una giraffa parlante». Il tuo cavallo di battaglia è un monologo intitolato La psicofregna che, a distanza di 5 anni, ancora esplode sui social. «È una critica rispetto ai modelli con cui sono cresciuta negli anni ’90 e oltre, quello del Bagaglino, del “culo a mandolino”. Da ragazza non avevo quella fisicità e ci stavo male, però ho avuto la possibilità di esplorare meglio la mia personalità. È inutile nasconderlo: ci sono modelli ferali e la gente si aspetta che ti ci adegui. L’importante è comportarsi come se queste cose non ti tocchino». Così stai dando voce a un nuovo modello di donna? «No, in realtà è una donna che c’è sempre stata, solo che gli altri hanno cercato di frenarla. Sono felice che qualcuno pensi che sia una “missione”, ma io sono così e mi viene naturale. Ho avuto la fortuna, per come sono cresciuta e per il percorso che ho intrapreso, di fare quello che volevo. Le difficoltà le ho superate gettando il cuore oltre l’ostacolo. Mi potevo preoccupare di uno che mi diceva: “Sei una donna, questa battuta non la puoi fare”?» Rapporti di coppia oggi. Ti sarai fatta un’idea. «Sì, una tragedia: c’è molta confusione rispetto ai ruoli. Alle donne è stato imposto il “superomismo”, devono saper fare tutto: il pane in casa, lo yoga, la corsa, le dirette, l’intrattenimento... E così i 30enni maschi sono disperati: non sanno come

PRIMA CORREVO COME UNA TROTTOLA DA UN TEATRO ALL’ALTRO. LA QUARANTENA MI HA COSTRETTA A FERMARMI, A GUARDARE LE COSE IN UN MODO DIVERSO. E HO TROVATO L’AMORE 52

UN’IRRESISTIBILE STAND UP COMEDIAN Michela Giraud, 33 anni, è attrice e comica. È laureata in Studi storico-artistici e in Storia dell’arte moderna. Ha frequentato l’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Dopo Colorado e La tv delle ragazze, da giugno conduce CCN Comedy Central News su Comedy Central. Con Daniela Delle Foglie, Laura Grimaldi e Serena Tateo è autrice di Tea (Harper Collins, dal 24 settembre), che con ironia parla della donna nel 21˚ secolo.

comportarsi. Per anni ho pensato che una ragazza evoluta e indipendente non dovesse farsi accompagnare né pagare la cena. Oggi invece credo che bisogni lasciare a un ragazzo lo spazio per poterti corteggiare. Ma non per una questione di ruoli, semplicemente perché è una persona che vuole avere cura di te». Qual è la cosa che ti dà più fastidio? «La corsa a identificarci sempre all’interno di categorie. Come quando mi vogliono inserire nel modello “curvy”. Se sei una taglia 46, automaticamente sei simpatica e magari la tua figura non viene scelta all’interno di una fiction come protagonista. Oppure siccome faccio “educazione cinica” sono la stronza. Non sono solo quello. Uno deve poter essere quello che vuole. Sempre». Tre mesi di lockdown ci avranno insegnato qualcosa... «Per alcuni è stata l’occasione per attuare un cambiamento, altri sono rimasti immobili, senza cogliere l’occasione di smussare alcuni aspetti della loro personalità. È una cosa che ha sconvolto le nostre vite, pensare che non sia successo nulla è un errore madornale. Siamo stati chiusi in casa, insieme alle nostre inettitudini e solitudini». Le relazioni sono cambiate? «La convivenza forzata, la distanza, quanto se ne è parlato... Se le coppie si sono sfasciate vuol dire che qualcosa già non funzionava. Però, forse, la gente ha imparato a capire cosa vuole: prima nei rapporti c’era molta fretta, molta bulimia, ora ci si fanno domande. Io, per esempio, mi sono fidanzata durante il lockdown. Passando le giornate a parlarci, io e la persona con cui sto, abbiamo scoperto di piacerci. È una cosa bella, ma ti invita a pensare ai ritmi folli che avevo prima: salivo e scendevo dal treno, facevo le esibizioni, era tutto fantastico ma a volte non mangiavo, non avevo un momento per fermarmi a riflettere, un momento per me». ©RIPRODUZIONE RISERVATA



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CREDERE NELLA GIUSTIZIA

MARGHERITA CASSANO

A 55 anni dall’ingresso delle donne in magistratura, è la prima a diventare presidente aggiunto della Cassazione: «La pluralità fa bene alle istituzioni» di Myriam Defilippi - foto di Daria Addabbo

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a da poco festeggiato i 65 anni nel suo nuovo ufficio, in un ruolo che nessuna finora era mai arrivata a occupare: il giudice Margherita Cassano, nata a Firenze ma lucana d’origine, è la prima donna presidente aggiunto della Corte di Cassazione, cioè al vertice della magistratura.

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La sua designazione arriva dopo quella di Marta Cartabia a presidente della Corte Costituzionale e di Gabriella Palmieri a capo dell’Avvocatura dello Stato: la conferma di un trend o un’eccezione? «Oggi le vincitrici del concorso si aggirano tra il 58 e il 61%, ma ricordiamo che solo nel 1963 venne dichiarata incostituzionale la norma che escludeva le donne dall’accesso alla magistratura (le prime entrarono in servizio nel 1965, ndr). Ora sono tante nelle fasce giovani, la loro presenza è invece più rarefatta, ma in crescita, ai livelli più alti. Certo è che solo grazie alla pluralità dei punti di vista, delle esperienze e delle sensibilità culturali le istituzioni possono funzionare al meglio».

sovranazionali che devono trovare applicazione. Inoltre, il giudice è destinatario con sempre maggiore frequenza di domande di giustizia non ancora regolamentate dalla legge ordinaria. Rispetto a queste, deve ricostruire con rigore i principi sanciti dalla Costituzione o dalle fonti sovranazionali che soli consentono la sua decisione. Penso, fra tutti, ai casi Welby, Englaro e alle complesse e delicate problematiche in tema di fine vita. Infine, al giudice è richiesto un impegno sempre maggiore in tema di motivazione dei provvedimenti, il cui contenuto deve essere intellegibile e chiaro non solo da parte dei tecnici, ma anche da parte dei cittadini in nome dei quale amministriamo la giustizia».

Le donne, però, spesso faticano ancora a vedere riconosciuti i loro diritti. «Il tema è culturale, coinvolge l’intera società e parte dall’educazione, in famiglia e in classe: deve essere diffusa la consapevolezza che ogni persona rappresenta un valore in sé e che la diversità fra le persone è un fattore di arricchimento. Durante le lezioni di educazione alla legalità che ho svolto nelle scuole, ho cercato di trasmettere ai ragazzi il senso più profondo del rispetto reciproco e il rifiuto di modelli di violenza e di aggressività».

Oltre ai rallentamenti dovuti alla pandemia, i cittadini sono esasperati dalla lentezza della giustizia. «Ogni magistrato deve adottare le migliori prassi organizzative per elaborare una risposta che sia celere e allo stesso tempo meditata. Sono però convinta che la questione relativa alla durata dei processi sia recepita in modo più drammatico dai cittadini rispetto al dato reale. Il grande sforzo culturale per tutti i giuristi è quello di offrire risposta alle domande di giustizia in forma alternativa al processo tradizionalmente concluso dalla sentenza. Penso in particolare alle potenzialità insite nella mediazione, che è oggi una delle frontiere del diritto. Quando sono stata presidente della Corte d’Appello di Firenze (dal gennaio 2016 a luglio di quest’anno, ndr) abbiamo conseguito risultati molto interessanti grazie a questo istituto, che consente di riannodare i fili di un dialogo spesso drammaticamente interrotto e di trovare, in tempi più rapidi, un ragionevole punto di equilibrio tra le diverse istanze, con positive ricadute economiche e sociali».

Lei ha ricoperto incarichi prestigiosi in varie sedi, ma mantiene relazioni strette con la Lucania. E un dipinto che raffigura San Mauro Forte, il paese di suo padre, la segue nei vari uffici. L’ha portato in Cassazione? «Sì, il quadro è qui a sottolineare il mio legame con la Basilicata, una delle regioni più povere d’Italia, dove è forte l’orgoglio nella popolazione per il progresso compiuto in un tempo breve. Resto legata alla mia terra anche perché là c’è ancora un senso solido dell’amicizia e dell’accoglienza dell’ospite che deriva dall’antica tradizione greca». Con la sua esperienza di 40 anni in magistratura, quali ritiene siano le sfide oggi per un giudice? «Sono molteplici. L’interpretazione delle norme è diventata più complessa a causa del moltiplicarsi delle fonti sia nazionali sia

IL GIUDICE È SEMPRE PIÙ SPESSO DESTINATARIO DI DOMANDE DI GIUSTIZIA NON ANCORA REGOLAMENTATE DALLA LEGGE ORDINARIA. PENSO ALLE DELICATE QUESTIONI SUL FINE VITA

Il suo lavoro l’ha portata a occuparsi di tossicodipendenze, violenze gravi, omicidi, e anche alla Direzione distrettuale antimafia… «Penso sia uno dei lavori più belli che possa capitare di svolgere, anche per le prospettive umane che apre: mette a contatto con un’umanità dolente e richiede un atteggiamento di empatia verso l’altro. Le nuove generazioni devono sapere che, se si sceglie di sostenere il concorso in magistratura e lo si supera, occorre dedicarsi a questa professione con curiosità intellettuale, entusiasmo, totale dedizione, umiltà, rispetto dell’altro, consapevolezza della grande responsabilità insita in questo lavoro. Ho cercato di impegnarmi al massimo e sono contenta di averlo fatto. Mi ritengo una persona privilegiata, perché continuo quotidianamente a imparare». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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RIVOLUZIONARE LA SCUOLA

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A soli 19 anni è nella lista dei 100 under 30 che, per Forbes, cambieranno l’Italia. Come? «Sfruttando i robot. Anche in classe» di Marta Bonini - foto di Roberto Caccuri

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a la voce dolce e gentile di una ragazzina. Ma la grinta e la velocità di un’adulta. Per Valeria Cagnina, 19 anni, iscritta al primo anno di Ingegneria informatica al Politecnico di Milano, da quando ne aveva 11 e ha iniziato a costruire robot è andata sempre così: «A mille» come dice lei. E per capirlo basta poco: al telefono parla rapida come chi non vuole sprecare nemmeno un attimo della sua vita. A starle dietro si fa fatica, soprattutto quando disegna il futuro, una delle parole che ripete più spesso durante l’intervista (ne ho contate 32 in tutto). Scusa, Valeria, cosa hai detto di aver fatto a 15 anni? «Ero al Mit di Boston» racconta senza rallentare il ritmo, come fosse normale a quell’età progettare robot in una delle università più prestigiose. Ma Boston è solo l’inizio del percorso. La sua fretta di imparare e di costruire il mondo che sogna la porta a soli 16 anni ad aprire ad Alessandria una scuola speciale: OFpassiON (ofpassion.tech), un’azienda di robotica educativa. E a essere nominata, appena 17enne, tra le 50 Inspiring Fifty italiane, le donne più influenti nel tech, e da Forbes tra i 100 under 30 che cambieranno l’Italia. Ma quando le chiedi che effetto le fa essere premiata, Valeria torna a essere la ragazzina, a parlare lentamente e con un velo di imbarazzo: «Sono onorata e felicissima». Poi schiaccia di nuovo sull’acceleratore: «Del resto, nulla è impossibile. Solo sul vocabolario la parola successo viene prima di sudore. Il talento è una minima parte, fondamentale è sognare e impegnarsi».

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Partiamo dai sogni. Quali sono i tuoi? «Ne ho tanti, ma due a cui tengo particolarmente. Il primo riguarda i robot. Che tra qualche anno dovrebbero arrivare a svolgere tutti quei lavori noiosi e ripetitivi che ora tocca fare a noi». Un esempio? «Ci saranno robot che guidano i camion e velocizzano le catene di montaggio. Ma non pensare solo alle grandi industrie. Questi automi potranno aiutarci anche nei lavori di tutti i giorni. Io ne vorrei uno che prepari al mio posto i kit per i partecipanti ai corsi, più di 10.000 all’anno. Hai presente quanto tempo risparmierei?». Sembra fantascienza. «È vero, ma per fortuna non lo è. E il bello è che i nuovi robot possono essere impiegati anche in medicina. Aiutando i bambini autistici a socializzare, assistendo gli anziani, “entrando” nel nostro corpo per somministrare le cure necessarie, stando sulla nostra pelle tipo tatuaggi per controllare in tempo reale tutti i parametri».

In che modo? «A Boston ho capito che era possibile anche un’altra scuola rispetto a quella a cui siamo abituati noi. Una scuola che faccia divertire, che incuriosisca e stimoli i giovani, una scuola che insegni competenze e soft skills, non materie astratte e nozioni. Ed è per questo che in quella che ho fondato ad Alessandria, insieme a Francesco Baldassarre, non esistono lezioni frontali, ma incontri. Chi partecipa non è uno studente ma un “dreamer”; chi facilita l’apprendimento è un “mentor” e non un insegnante. Magari avessi avuto io una scuola così!». Perché? «Pur avendo ottimi voti, l’ultimo anno ho dovuto abbondonare il liceo solo perché avevo interessi extrascolastici. E ho dato la maturità da privatista, in un altro istituto». E come ti immagini le aule del futuro? «Come quelle che stiamo progettando per aprire, il prima possibile, una scuola privata paritaria, dall’asilo fino al liceo. Niente banchi, niente sedie, niente cattedre: grandi spazi dove muoversi liberamente e laboratori dove imparare giocando ai larp games». Cosa sono? «Giochi di ruolo in cui ci si immerge in un’altra realtà. È come essere in un videogioco. Sono eccezionali per insegnare tutte le materie. Storia, per esempio, si può imparare facendo un larp game sulla rivoluzione francese. Geometria si studia costruendo i ponti romani. Scienze immergendosi in una missione spaziale. E dove li usano già, in alcune scuole del Nord Europa, quando suona la campanella i bambini piangono, ma perché non vogliono andare a casa».

Ma i robot c’entrano anche con il tuo secondo sogno. «In qualche modo sì. Perché attraverso la robotica e la tecnologia sto cercando di rivoluzionare l’insegnamento».

Non esattamente quello che succede da noi. «Qui l’insegnamento è arretrato, noioso, ripetitivo e quasi mai al passo con il mondo che procede alla velocità della luce. Alla maturità ho usato un dizionario cartaceo: sono almeno 15 anni che il mondo là fuori non lo utilizza più».

LE AULE DI DOMANI? NIENTE BANCHI NÉ CATTEDRE, MA LABORATORI DOVE IMPARARE GIOCANDO AI LARP GAMES

E se a parlare di velocità è lei, dobbiamo crederle. Anche perché, prima di salutarci, ci svela il suo terzo sogno: lavorare all’hyperloop, un treno spaziale che in 2 ore attraverserà l’Europa. «Figo!» si lascia scappare, tornando a essere la ragazza di 19 anni. Oltre che il genio della robotica. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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«Non mi sono mai sentita così bene» dice. Perché, sì, il 2020 è stato impegnativo. Ma le trasformazioni, per la cantante romana, sono il motore della vita. E lei, ora, sta andando al massimo di Paolo Lapicca foto di Davide Nova intervista di Gianluca Ferraris ha collaborato Cristina Nava

Abito a coste intrecciato, cintura e stivali di pelle con inserti dorati, tutto Alexander McQueen 62


GOVERNARE IL CAMBIAMENTO

ELODIE

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Abito di pizzo con fiocchi di gros-grain Aquazzura

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Abito di jersey con microcristalli Alexandre Vauthier @ Luisaviaroma.com. Décolletées Jimmy Choo

LA MUSICA MI HA AIUTATA A IMPARARE IL VALORE DELLE REGOLE. E A SCONFIGGERE LA PAURA DI NON ESSERE ALL’ALTEZZA

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uello che forse ora ci stiamo lasciando alle spalle è stato orribile, ma non so se riuscirei a scriverci sopra una canzone per far cullare chi ascolta nel ricordo del disagio che ha vissuto sei mesi prima. Probabilmente preferirei regalare speranza o un pensiero che sia stimolante, che solleciti le persone a muoversi senza che questo diventi per forza un atto politico. È una cosa più in linea non solo con la mia musica, ma anche con il mio modo di vedere la vita, e di agire per cambiarla». Per Elodie Di Patrizi, molto più conosciuta con il solo nome di battesimo, la pandemia è stata l’occasione di interrogarsi su che cosa significhi creare canzoni e suonarle dal vivo. Ecco perché da diversi mesi è tra le cantanti in prima linea per difendere i diritti di una categoria che sembra ignorata dalle istituzioni. Il 6 settembre, con altri 40 colleghi, si è esibita all’Arena di Verona durante Heroes, il live organizzato a sostegno dei lavoratori del settore, «quelli senza i quali noi non esisteremmo». È stato il culmine di una stagione estiva vissuta da protagonista assoluta nonostante il lockdown: disco d’oro per l’album This is Elodie, 3 milioni di ascoltatori mensili su Spotify, 4 brani fra i più trasmessi dalle radio e l’ultimo singolo, Guaranà, diventato un tormentone da 22 milioni di stream e 23 milioni di visualizzazioni su YouTube.

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Molti, in questo strano 2020, hanno tirato il fiato, per obbligo o necessità. Tu, invece, sembri non averci nemmeno pensato. «In realtà stare un po’ con me stessa mi ha aiutata, come credo sia successo a tante persone, a focalizzarmi sui rapporti e sulle cose che contano davvero. E tra queste c’è il mio lavoro, fortunatamente». Cosa ti piace di più della musica? «Tutto. Tutto quanto. È stata un pezzo fondamentale della mia emancipazione, sin da quando ero adolescente e mi esibivo nei locali. All’epoca di Amici (Elodie ha partecipato al popolare talent nel 2015, ndr) mi ha aiutata a imparare meglio il valore delle regole e a sconfiggere la paura di non

essere all’altezza. E oggi è il mezzo attraverso il quale mi esprimo riuscendo comunque a rimanere me stessa». Chi è Elodie oggi? «Una ragazza libera, serena, che vuole divertirsi con quello che fa e sentirsi leggera. Ma senza cazzeggiare (ride, ndr)». Sembra la sintesi degli ultimi due video che hai realizzato. In Guaranà, girato mentre era ancora in vigore il distanziamento sociale, il parco del Circeo diventa lo sfondo di un filmino vacanziero un po’ vintage. Mentre Ciclone, l’ultimo singolo con Mariah e Takagi&Ketra, è un omaggio all’omonima pellicola cult, con tanto di ballo sul tavolo. «Nel primo caso non avevamo molta scelta, ma l’idea di raccontare una vacanza quando ancora non sapevamo se ci saremmo potuti andare ci sembrava comunque un messaggio positivo da veicolare. In Ciclone, invece, c’è una sorta di discrasia fra clip e testo, che credo dica anche qualcosa di me. Mi piace la leggerezza dei tormentoni, ma ho anche la necessità di raccontare cose più profonde e intime. Questo non significa che domani mi sentirete cantare un brano triste sulle conseguenze del lockdown, perché non è nella mia natura. Ma nell’ultimo periodo l’esigenza di fare qualcosa di diverso l’ho sentita». Quando non ascolti musica per lavoro cosa ti piace avere in cuffia? «Di tutto. Rock, rap, jazz, hip hop… Serenità e ispirazione possono arrivare da qualsiasi brano e da qualsiasi genere. Ultimamente, proprio per via di quelle spinte intimistiche di cui ti dicevo, sto ascoltando parecchi cantautori italiani del passato. Una stagione irripetibile». Digitale o tradizionalista? «A casa ho un sacco di vinili, comprerò un giradischi per ascoltarli perché me lo immagino quanto di più vicino all’idea di coccole. Ma sono e resto una ragazza digitale: tutte le mie playlist sono sul cellulare e mi seguono ovunque».

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Giacca con balze in tulle di seta Act n°1. Boots Amen

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Con la moda invece che rapporto hai? «Abbastanza libero. Mi piace scegliere ciò che indosso, sperimentare, a volte anche osare come ho fatto in questo servizio. Ma non mi sento schiava né della moda né tantomeno dello shopping: sono perfettamente a mio agio anche in pantaloni militari e canottiera».

Inizierai a scrivere dei brani da sola? «Non so se sono ancora all’altezza di scrivere una canzone dall’inizio alla fine, quella è un’arte. Ho la fortuna di poter interpretare brani che parlano di me scritti da amici bravissimi, come Mahmood, Takagi&Ketra e Dardust. Vorrei continuare a lavorare con loro, magari aggiungendo a poco a poco dei pezzi di me. Ma non è qualcosa che voglio impormi, arriverà nei tempi che ci vorranno». Hai pensato anche a cinema e tv? «Adesso ho bisogno di fare musica, ma in futuro perché no... Vorrei provare tante cose prima di invecchiare e mi sono sempre buttata». Sembra davvero che tu abbia un buon rapporto con il cambiamento. «È il motore della mia vita e dal punto di vista artistico è stato la mia forza in questi anni. L’importante è che sia io a governarlo, a scegliere quando e come cambiare. C’è sempre il rischio di commettere degli sbagli, ovviamente: ma anche quelli, analizzati nel modo giusto, aiutano a crescere. Se prendi una strada nuova perché qualcuno te la impone, o peggio ancora lo fai perché pensi di dover dimostrare qualcosa agli altri, non funziona». A te è successo? «All’epoca del mio primo Sanremo (con Tutta colpa mia nel 2017, ndr) ero troppo presa dall’ansia di non sembrare un semplice prodotto da talent, e credo si sia visto. Ci tenevo a far vedere a tutti che ero una cantante che spacca, ma quello è il risultato di un percorso, non qualcosa che puoi costruire con una o due esibizioni soltanto, peraltro su uno dei palchi più difficili. Ecco perché quest’anno, sentendomi più sicura, ho portato all’Ariston un brano volutamente più complesso, Andromeda, che fotografava meglio ciò che ero in quel momento. Leggera senza essere feliciona».

Anche la tua bellezza in passato è stata oggetto di commenti e speculazioni: troppo magra, troppo zarra, troppo qualcos’altro… Come riuscire a non curarsi di presunti modelli di perfezione? «È difficilissimo, e anche io in qualche modo subisco i trend. Sono stata educata a essere libera e a piacere prima di tutto a me stessa, ma come ogni donna di questo Pianeta tutti i giorni mi trovo a combattere contro qualche pregiudizio». A proposito di pregiudizi, negli ultimi mesi ti sei esposta più volte su temi come il razzismo. Oggi, negli Usa e non solo, sono molti i volti noti della musica e dello spettacolo che stanno facendo sentire la loro voce su questo tema. Non senti il peso della responsabilità? «No, perché non intendo rappresentare né aizzare nessuno al di fuori di me stessa. Ma prima che una cantante sono una cittadina, e non rinuncerò mai a esprimere le mie idee. Nessuno dovrebbe farlo: l’importante è rimanere persone perbene e non aggredire mai chi la pensa diversamente». Capitolo vita privata. A fine 2019 sei uscita allo scoperto rivelando la storia con il rapper Marracash, conosciuto pochi mesi prima collaborando al brano Margarita. Quanto del merito di questa serenità va attribuito all’equilibrio raggiunto nella tua vita sentimentale? «Non è una questione di percentuali, ma posso dirti che non sono mai stata così bene anche sul fronte personale. Sto bene, anzi stiamo bene: il lockdown l’abbiamo trascorso insieme a Milano. È un bel momento, ma credo dipenda anche dal fatto che ora ho 30 anni. Sono più consapevole, con più voglia di costruire e meno, come ti dicevo prima, di cazzeggiare». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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ARRIVA LA SANITÀ A DOMICILIO 73


G U I D E P R ATI C H E

l grande ospedale, lo studio del medico curante, l’ambulatorio per le analisi. La sanità ce la immaginiamo ancora così, una struttura verticale a comparti separati. Ma durante l’emergenza sanitaria il “vecchio” modello ha mostrato i suoi limiti ed è diventato chiaro a tutti che è arrivato il momento di cambiare, di spostarsi verso una sanità “glocal”, dove per farsi curare non ci si appoggia più solo ai pronto soccorso e alle corsie ospedaliere. E la tecnologia d’avanguardia sa arrivare in aiuto della medicina, anche al domicilio dei malati. In alcune isole felici, esperienze del genere sono già realtà, in altre è stato il Covid a mettere il piede sull’acceleratore del cambiamento. «Il quando dipende dalla volontà dei Governi e dalle risorse che vorranno impiegare ma è sicuro che quella di domani è una sanità più vicina e tecnologica, fatta di ambulatori territoriali dove medici e pediatri lavorano in team con altri specialisti per offrire le cure di primo livello e per assistere da vicino le persone fragili. Dove ci sono gli strumenti per la diagnosi precoce, si usa la telemedicina per i monitoraggi e agli ospedali è riservata l’alta specialità» spiega Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale dei medici e odontoiatri. È su questo che lavora ora il Governo. Nel piano studiato dal ministero della Salute per illustrare all’Ue come usare le risorse del Recovery Fund, si parla tra le altre cose di 5 miliardi di euro per le Case della comunità, dove i medici lavoreranno in équipe con gli altri professionisti, 1 miliardo per potenziare i consultori, 2,5 miliardi per le case digitali, dove, grazie alle nuove tecnologie, si potranno monitorare da remoto gli anziani e i milioni di italiani che hanno bisogno di cure costanti. Sono i tasselli che compongono il complesso qua-

LA VISITA DIGITALE NON SOSTITUISCE QUELLA “IN PRESENZA” MA DIVENTA UNA ALTERNATIVA PER CONTROLLI, LETTURA DI REFERTI E ANALISI

dro della nuova assistenza sanitaria di prossimità. Se parliamo di telemedicina, la rivoluzione è già iniziata. E non solo perché durante il lockdown molti medici di famiglia hanno “televisitato” viaWhatsApp chi aveva bisogno di semplici consulti. Grandi centri come il Regina Elena e il San Gallicano di Roma hanno messo a punto un servizio di consulenza a distanza per i pazienti già in carico. L’ospedale

San Raffaele e l’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano hanno inaugurato i teleconsulti con gli specialisti, dove si prenota e paga online, si vede l’esperto in video e i documenti sono condivisi su piattaforme dedicate. «Nel pubblico la situazione è a macchia di leopardo, ma Regioni come Lazio, Veneto, Lombardia e Piemonte hanno già varato delibere per disciplinare le televisite e fornito alle Asl linee guida» spiega Massimo Caruso, segretario generale dell’Associazione italiana di sanità digitale e telemedicina. «La visita digitale non sostituirà quella fisica, ma diventa preziosa alternativa per follow up, controlli, interpretazione di referti e di analisi e tutte quelle situazioni che non richiedono la presenza fisica». Un po’ come succede in Toscana, che ha una piattaforma dove malati cronici già in carico possono effettuare in video i controlli, se il medico lo ritiene

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SOLO IL 10% DEGLI SPECIALISTI E IL 18% DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE USA GIÀ PIATTAFORME DIGITALI CERTIFICATE. MA DURANTE L’EMERGENZA SANITARIA PIÙ DELLA METÀ DEI MEDICI DI FAMIGLIA (IL 51%) HA LAVORATO DA REMOTO

Fonte: Osservatorio per l’Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano.

possibile. A giugno sono stati superati i 5.000 appuntamenti, a dimostrare che in un futuro abbastanza vicino le cosiddette visite di recall si faranno in video e i referti si manderanno online. Ma siamo pronti ad andare anche più in là. Come succede in provincia di Brindisi, dove tramite un macchinario per il controllo di valori come glicemia, pressione e saturazione del sangue, i medici monitorano a distanza i pazienti con diabete, cardiopatie e broncopatie in fase acuta, evitando il ricovero. «Se l’agenzia sanitaria pugliese validerà il sistema, che al netto dei dispositivi “pesa” circa 30 euro al giorno contro i 300 del ricovero, questo potrà essere esteso alle altre province» spiega Franco Galasso, responsabile sanitario del distretto di Ceglie Messapica (Br). Chi soffre di una malattia cronica si prepari a sperimentare per

primo i miracoli della telemedicina, come ci racconta Graziano Di Cianni, vice presidente dell’Associazione medici diabetologi: «Oggi con le piattaforme informatiche possiamo video controllare le persone con diabete e condividere tra medici i dati clinici. Ma quello che ci permetterà di dare una svolta al processo di cura sono soprattutto gli apparecchi intelligenti per la misurazione della glicemia che, grazie a un sensore cutaneo, dialogano con i microinfusori di insulina e trasmettono a un server l’andamento dei valori, dati che lo specialista può poi scaricare da remoto. La soluzione già praticata in vari centri è un bel cambiamento soprattutto per le forme di diabete giovanile, per gli insulinodipendenti o le donne con il diabete in gravidanza, che hanno bisogno di un monitoraggio continuo e possono autogestire la malattia con maggiore sicurezza». Anche per chi soffre di scompensi cardiaci ci potrebbero essere novità. All’ospedale di Circolo a Varese per esempio circa 500 portatori di pacemaker e defibrillatori vengono seguiti a distanza, grazie a un sistema che invia in tempo reale le informazioni del paziente a un unico cervellone. «In caso di aritmie o malfunzionamenti siamo in grado di intervenire tempestivamente» spiega Roberto De Ponti, responsabile della cardiologia dell’ospedale. «Ora per estendere il sistema le Regioni devono codificare queste prestazioni e rimborsarle alle Asl».

QUEL FASCICOLO CHE SA TUTTO DI NOI Informazioni e dati sullo stato di salute, ricette, piani terapeutici, referti e verbali di Pronto soccorso. Il fascicolo sanitario elettronico è molto più di una cartella clinica virtuale: ti permette di avere a portata di mano la tua storia sanitaria e condividerla con ospedali e specialisti, prenotare visite ed esami, scaricare i buoni spesa per la celiachia, cambiare il medico curante e persino caricare il testamento biologico. Oggi il sistema è attivo in 19 Regioni, (fanno eccezione Calabria e Abruzzo che ha attivato poche funzioni) e il numero di servizi cambia da territorio a territorio. Ma nel prossimo futuro ci aspettano grandi novità. L’obiettivo infatti è rendere i sistemi regionali compatibili tra loro e questo significa che un paziente della Basilicata potrà consultare il suo fascicolo anche in un ospedale del Piemonte, senza dover portare con sé carte e documenti. Intanto, grazie alle modifiche del decreto Rilancio, nel sistema entreranno anche le strutture private e l’attivazione del fascicolo da parte del cittadino, una volta ottenuto l’ok del Garante della privacy, diventerà più agile e veloce: basterà un semplice consenso all’accesso dei dati. Per il momento la procedura per attivare il database personale è diversa da Regione a Regione (fascicolosanitario. gov.it/fascicoli-regionali) e anche dove la pratica si fa tutta via web bisogna munirsi di Spid, o di altre credenziali elettroniche.


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C’È UN INFERMIERE IN FAMIGLIA ensate a una famiglia con una persona gravemente malata o con un anziano non autosufficiente. Poi immaginate una persona che istruisce i caregiver su come gestire la malattia, si rende disponibile in caso di dubbi o problemi e si occupa di contattare l’assistente sociale o lo psicologo se c’è bisogno. È quello che farà l’infermiere di famiglia e di comunità, che arriverà nelle Asl per occuparsi di salute e prevenzione sul territorio. Il decreto Rilancio, ora convertito in legge, ha stanziato 332 milioni perché le aziende sanitarie affidino entro l’anno incarichi a 9.600 professionisti in tutta Italia. A conti fatti significa 8 infermieri ogni 50 mila abitanti: figure che potranno essere rese stabili nel 2020, con l’obiettivo di migliorare l’assistenza in casa e in famiglia soprattutto alle persone fragili e agli anziani. «L’infermiere sarà il punto di contatto tra le persone e la sanità. Non lavorerà da solo, ma in equipe con medici curanti, fisioterapisti, psicologi e assistenti sociali, in ogni distretto della Asl, come avviene già oggi nelle Case della salute in alcune Regioni» spiega Lia Pulimeno, vicepresidente della Federazione nazionale ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). Sarà insomma una figura diversa dall’infermiere dell’assistenza domiciliare, che viene a casa per medicazioni, prelievi e terapie. E il cambiamento richiederà molto lavoro, perché servirà una riorganizzazione del lavoro nei distretti sanitari e la selezione di personale esperto e formato.

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gli accessi in Pronto soccorso del 20% e i ricoveri del 10%. E, più di recente, è arrivata in Piemonte, Toscana, Emilia Romagna e in alcune Asl romane. E il suo lavoro in tandem con il medico curante o gli specialisti può cambiare le cose per i malati. «La differenza è che è l’infermiere di famiglia ad andare dai pazienti, non il contrario. A volte viene attivato dall’ospedale o dal medico per

seguire le persone e supportare le famiglie dopo le dimissioni. E fa programmi di prevenzione nelle comunità» spiega Nicola Drauli, presidente dell’ordine di Grosseto e professionista sul campo. «In Toscana, per esempio, dai database delle Asl identifichiamo i gruppi di persone con determinate patologie, li contattiamo e diamo loro appuntamento, a volte anche con il medico curante, per fare sedute di educazione: insegniamo ai diabetici a prevenire il piede diabetico, agli anziani la malnutrizione». Chi abita in queste Regioni può informarsi dal proprio medico, alla Asl del distretto di appartenenza o in ospedale. Oppure può contattare l’Associazione infermieri di famiglia e comunità (aifec.it) o l’Ordine degli infermieri della propria provincia (fnopi.it).

IMAGOECONOMICA

In alcune realtà questa figura esiste già, con buoni risultati. In Friuli c’è dal 2004, dove nel primo triennio ha ridotto

NELLE REALTÀ IN CUI L’INFERMIERE DI COMUNITÀ È GIÀ PRESENTE SI SONO RIDOTTI GLI ACCESSI IN PRONTO SOCCORSO DEL 20% E I RICOVERI DEL 10%


SINO A FINE EMERGENZA COVID LA DURATA DELLE RICETTE DEI FARMACI DI FASCIA A PER I MALATI CRONICI (MA NON SOGGETTI A UN PIANO TERAPEUTICO) SI ESTENDE A 30 GIORNI OLTRE LA SCADENZA NATURALE

OSPEDALI APERTI 7 GIORNI SU 7 are un esame alle 7 sera, o una visita specialistica il sabato mattina, anche in ospedale. È una delle novità che ci attendono, una delle soluzioni sul piatto per sciogliere l’ingorgo degli appuntamenti formatosi nei mesi di stop. Con il decreto Agosto sono stati stanziati 500 milioni per smaltire l’arretrato, fondi che a partire dall’autunno dovranno essere impiegati per assumere personale a tempo determina-

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to e retribuire i dirigenti medici per prestazioni aggiuntive, cioè fuori dall’orario di lavoro. Ma anche per poter ricorrere a strutture e centri analisi privati accreditati per esami e altre prestazioni. «Il piano operativo dovrà essere presentato dalle Regioni al ministero della Salute entro fine settembre» spiega Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato. «E diventa un’occasione per modificare l’organizzazione, come qualche Asl ha già fatto, allargando i tempi di visite ed esami dalle 8 alle 20, sette giorni su sette». Gli esami negli studi medici. Ma l’operazione che taglierà davvero le attese sarà dotare gli ambulatori dei medici degli strumenti per gli esami cosiddetti “di primo livello”. Quando il medico curante ha bisogno di un’ecografia, quanto tempo possiamo risparmiare se a farcela è direttamente lui e non ci rimanda, come succede ora, a un ambulatorio esterno? Il piano di riforma, nato nel 2019, e per cui sono già stati stanziati 235 milioni di euro con la Finanziaria dello scorso dicembre, prevede che in prospettiva accertamenti come alcune ecografie o l’ecodoppler vengano eseguiti già negli ambulatori dei medici di medicina generale, che avranno seguito corsi di formazione ad hoc e dirotteranno solo gli esami più invasivi. Intanto a essere cambiate già da ora sono le modalità per prenotare visite ed esami. Che ora sono digitali. Abolite per ragioni di sicurezza le prenotazioni di persona, l’appuntamento va fissato via Cup o tramite la App dell’azienda. «Non tutte le Asl hanno ancora il numero unico per le prenotazioni, meglio quindi telefonare o consultare il Cup online sul sito della Asl o della Regione, per capire come sono organizzati appuntamenti e pagamenti» consiglia Isabella Mori, responsabile del servizio tutela e informazione di Cittadinanzattiva. «L’Asl è tenuta a rispettare i tempi massimi di legge, da 72 ore per gli appuntamenti urgenti a 4 mesi per i programmabili. Se “sfora” deve garantirci la visita in intramoenia a spese sue». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

I NUOVI SERVIZI IN FARMACIA La ricetta dematerializzata è stata una delle poche eredità positive del 2020: oggi, finalmente, per prendere il medicinale con cui siamo in cura basta una telefonata al dottore di famiglia e un codice da comunicare al farmacista. «L’emergenza ha mostrato che molti passaggi burocratici possono essere saltati e che la farmacia può diventare il primo punto di riferimento per le cure primarie» dice Anna Rosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia. Anche se le modalità non sono ancora state decise, la novità su cui si sta lavorando è che al bancone sotto casa si possano acquistare anche i test sierologici per il Covid. Intanto ministero della Salute e Regioni stanno discutendo se e come somministrare direttamente in negozio i vaccini contro l’influenza stagionale. La farmacia che conosciamo è infatti destinata a cambiare faccia e un assaggio di quello che sarà c’è già, perché in molti esercizi si possono eseguire elettrocardiogrammi e test rapidi del sangue o portare i campioni di feci e urine per le analisi. «Il progetto della cosiddetta farmacia dei servizi prevede convenzioni con i servizi sanitari regionali per permettere ai cittadini di fare gli esami da noi in regime pubblico, al costo di un ticket» spiega Anna Rosa Racca. «In Lombardia, per esempio, è già possibile sottoporsi allo screening del colon-retto: basta consegnare al farmacista la provetta. Così tutto diventa più semplice e rapido».



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I TUOI SOLDI

ILLUSTRAZIONE DI CECILIA CASTELLI

Il modo di spendere e di prendersi cura delle proprie finanze è sempre più smart. Prepariamoci a pagare i nostri acquisti con un WhatsApp e a risparmiare sulle bollette con un hotspot

C’È UNA BANCA IN QUELLO SMARTPHONE 79


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DIMENTICA I CONTANTI di Giorgia Nardelli

Noi italiani siamo sempre stati affezionati alle banconote. Ma negli ultimi mesi abbiamo scoperto quanto siano comodi e sicuri i borsellini virtuali. E quanto ci piacciono le app che pensano a tutto, anche alla paghetta dei figli

l 2020? Sarà ricordato anche per il boom dei pagamenti senza contanti. E non solo perché, come riferisce Federdistribuzione, durante i mesi di lockdown l’uso della moneta elettronica è salito dal 57% al 68%. A luglio la quota si è mantenuta al 66%, e il domani, stando alle proiezioni, si avvia a essere sempre più digitale. Secondo il portale di informazione finanziaria britannico BuyShares, in Europa è prevista un’impennata che già nel 2022 porterà il valore delle transazioni elettroniche a superare i mille miliardi di dollari. «Oggi a registrare l’incremento più rapido in Italia sono i pagamenti via smartphone, i consumatori li provano e se ne innamorano» conferma Valeria Portale, direttrice con Ivano Asaro dell’Osservatorio innovative payments del Politecnico di Milano. «Il futuro ci vedrà pagare con tutti gli oggetti “intelligenti”, dal frigo all’automobile (ci sono già sperimentazioni in questo senso, ndr) ma nell’immediato l’innovazione che darà la svolta è la possibilità di saldare attraverso le app di messaggistica istantanea che già abbiamo. Dopo avere collegato il conto o la carta alla app, non dovremo far altro che sfiorare il pulsantino “invia denaro” e potremo mandare soldi ai contatti della nostra rubrica». «All’estero WhatsAppPay è già una realtà. Dopo un primo beta test in India il sistema di pagamento è stato lanciato in Brasile: è

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solo questione di tempo prima che possa approdare anche in Europa e in Italia» aggiunge Maurizio Pimpinella, presidente dell’Associazione prestatori di servizi di pagamento. «Facebook, che ha la proprietà di WhatsApp, possiede già una licenza bancaria in Irlanda e potrebbe sfruttarla in tutta l’Ue». In attesa che arrivi WhatsAppPay, tra gli strumenti più popolari ci sono i mobile wallet. Sono app gratuite come Apple Pay, Google Pay e Samsung

Pay che permettono di “trasferire” la propria carta di credito sul cellulare e pagare avvicinandolo al Pos. «Funzionano ovunque ci sia un Pos con tecnologia Nfc, ormai diffusissima» dice Anna Vizzari di Altroconsumo. «Hanno però un limite, quando sono legati alla casa produttrice dello smartphone o del sistema operativo: puoi averli solo se la banca che ha emesso la tua carta ha una convenzione con il marchio. In alternativa però ci sono i borsellini virtuali come App Revolut, Hype

IL 62% DEGLI ITALIANI DICHIARA DI AVERE INSTALLATO SULLO SMARTPHONE O SULLO SMARTWATCH UN’APPLICAZIONE DI “MOBILE WALLET” PER PAGARE SENZA USARE I CONTANTI Fonte: Capterra, società di software per indagini digitali


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LA SPESA NEL NEGOZIO SOTTO CASA? ADESSO SI PAGA CON UN LINK Anche le piccole botteghe di quartiere si stanno attrezzando per permettere di pagare in maniera veloce le consegne. Da marzo a oggi, secondo i dati di Sumup, il distributore di Pos senza canone, il 51,3% dei commercianti ha introdotto o incrementato vendite online e a domicilio e i pagamenti cashless. In primavera proprio Sumup, diffusissimo nei negozi di vicinato, ha lanciato il pagamento via link. Non c’è bisogno che il cliente abbia un conto o una app: il commerciante gli invia un link via sms dalla sua App SumUp e lui dovrà solo inserire i dati della propria carta e autorizzare la transazione.

di contanti né Pos: è questo il futuro del delivery perché al venditore basterà incollare sul pacco un adesivo con il simbolo. E presto lo vedremo usare anche dalle agenzie di servizi come quelle di babysitting» dice Pimpinella.

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o N26, gratuiti, che hanno un loro conto e carte legate a circuiti come Visa o Mastercard. La terza via, più economica per i negozi e più diffusa tra i piccoli esercizi, sono invece app che si appoggiano a circuiti propri. Un nome già diffuso è Satispay che permette ai suoi utenti di pagare avvicinando il telefono a un Qr code». L’uso del Qr code si imporrà come un nuovo modo di fare acquisti. Anche la popolarissima PayPal oggi utilizza lo stesso sistema: se hai già un conto con la compagnia che usi per gli acquisti online, ora ti torna comodo anche in tutti i negozi fisici che espongono il logo, perché anche lì potrai pagare via app. E lo stesso ha fatto Postepay. Ma non solo. «Il codice Qr code si sta affermando anche per pagare alla consegna, senza bisogno

Ma a cambiare le nostre abitudini c’è anche la possibilità di scambiarci denaro con amici e parenti, all’istante e gratis. Da Satispay a PayPal passando per i borsellini virtuali, quasi tutti stanno inserendo questa funzione. «Particolarmente utile è Bancomat Pay perché per versare denaro a un amico o a un parente non è necessario che questi abbia scaricato la app: riceverà un sms con un link, dovrà seguire la procedura e inserire il proprio Iban. La transazione è gratuita sotto i 50 euro» spiega Vizzari. Sulla scia di questi sistemi anche la paghetta diventerà sempre più digitale. Ci sono app ad hoc come Revolut junior o Yap di Nexi, entrambe gratuite, che i genitori possono ricaricare in tempo reale e i figli minorenni usare per pagare come se avessero una carta. «Permettono di controllare a distanza i movimenti e limitare alcuni tipi di pagamento, come quelli online». Una bella comodità per mamma e papà!

LE DATE DA SEGNARE IN AGENDA Imparare a gestire al meglio i propri soldi? È una necessità oggi così sentita che, come rivela un sondaggio Doxa, con l’emergenza Covid quasi il 60% delle famiglie italiane dichiara di arrivare con difficoltà alla fine del mese. Conviene quindi approfittare dei tanti eventi gratuiti e di qualità previsti a ottobre, in occasione del Mese dell’educazione finanziaria. Molti sono online, altri anche in giro per l’Italia, da Milano a Pescara fino a Lecce, per ragazzi e per adulti. Per trovare quello più adatto alle proprie esigenze basta andare sul sito www. quellocheconta.gov.it. Qualche proposta? Pianificazione e tutela patrimoniale per single, coppie di fatto e coppie unite in matrimonio, spettacoli su matematica e assicurazioni, elementi base di finanza comportamentale e, dal 26 al 31 ottobre, un’intera settimana dedicata all’educazione previdenziale con focus su pensioni obbligatorie e integrative. M.D.

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LA RIVOLUZIONE DEI CONSUMI di Giorgia Nardelli

Smart working, video call, lezioni online... Cambiano le abitudini di vita e nel budget di molte famiglie le bollette diventano una voce di spesa sempre più importante. Così prossimamente sentiremo molto parlare di loro: i gruppi d’acquisto di energia

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iù consapevoli e preoccupati, con un occhio ai bisogni e uno al portafoglio. I mesi che ci aspettano ci vedono così, alle prese con una nuova routine e uno scenario economico incerto. Secondo il Censis, il 68% degli italiani ha paura per la situazione economica familiare e il 38% ha messo da parte dei risparmi. «I mesi scorsi sono stati per molti l’occasione per fare un check up delle spese domestiche, da una parte perché i timori per il futuro hanno spinto a farsi i conti in tasca, dall’altra perché la necessità di rimanere più tempo tra le mura domestiche ci ha spinto a “fare ordine”» spiega Yuri Griggio di Facile.it, portale di comparazione online, secondo cui tra marzo e giugno 2020 il 48,2% delle famiglie ha risparmiato su alcune delle principali voci di spesa casalinga, come utenze, assicurazioni e prodotti finanziari.

Nel check up delle spese fisse i consumi, come la bolletta energetica, acquisiscono in prospettiva un peso sempre maggiore. «In passato molti di noi avevano scelto la tariffa elettrica bioraria, dove il costo dei kWh consumati sale di giorno e scende alla sera e nel weekend» spiega Griggio. «Ma quella soluzione, per chi oggi vive la casa h24 per via dello smart working, si traduce in bollette più salate. Se l’homeworking è diventato la norma, va cambiata l’offerta con una monoraria. È il periodo giusto per guardarsi attorno e magari cambiare operatore, perché il prezzo della materia prima di elettricità e gas è ai minimi storici. L’ideale, ora, è scegliere una promozione a prezzo bloccato per 12 o 24 mesi, prima che le tariffe risalgano». Ma ci sono anche nuove formule, come i gruppi d’acquisto di energia, che in futuro faranno il boom. «I consumatori si mettono insieme, anche tramite associazioni, e bandiscono un’asta per affidare il servizio alla so-

cietà che offre il prezzo migliore. Una volta trovata la società, chi ha aderito può sottoscrivere il contratto. Ora l’Authority per l’energia ha pubblicato linee guida di condotta. Sul sito arera.it/it/ consumato ri/gruppiacquisto_elenco. htm, c’è l’elenco dei gruppi accreditati» dice Alessandro Petruzzi di Federconsumatori. Il risparmio rispetto alle tariffe del mercato tutelato supera il 10% e c’è chi promette di raggiungere il 25%.

ORA C’È L’RC FAMILIARE Se hai figli, da febbraio 2020 c’è l’Rc familiare: puoi estendere la classe di merito più vantaggiosa anche all’assicurazione dello scooter di tuo figlio. Attenzione però: se lui causa un incidente il declassamento vale per tutti. Per alleggerire i costi conviene inoltre scegliere offerte su misura per te. Fai un’analisi dei tuoi bisogni: per esempio calcola quanto usi l’auto e chi la 82

adopera. A seconda dei casi puoi scegliere la tariffa a chilometraggio limitato o l’uso solo per “guidatori esperti” (in genere over 25). C’è poi la scatola nera, che registra la dinamica in fase di incidente. In attesa che diventi obbligatoria (la legge c’è, ma mancano i decreti attuativi) molte compagnie la propongono, chi accetta ha un taglio del premio che può superare il 10%.


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IL LIBRO DA LEGGERE

Anche la telefonia è una voce non trascurabile. Tra linea fissa, mobile e Adsl, una famiglia di tre persone spende almeno 500 euro all’anno e ora che smart tv, videocall e homeworking sono la quotidianità molti hanno il problema di non avere banda sufficiente perché la fibra ottica non raggiunge tutte le città. Ma nuove promesse arrivano dalla tecnologia 5G, oggi presente soprattutto nelle grandi città. Già ora, per chi ha uno smartphone abilitato, i principali operatori iniziano a lanciare offerte con giga illimitati a partire da 30 euro al mese, ottime per chi è solo o in coppia, e potrebbe così rimpiazzare la connessione casalinga usando il cellulare come hotspot per il pc. Mentre i produttori lavorano a nuovi modem portatili 5G, che potrebbero essere usati a casa e fuori per navigare ad altissima velocità, meglio controllare quanto corre la linea

di casa. «Se l’operatore non rispetta la velocità promessa si può cambiare gratuitamente. Va effettuata una misurazione ufficiale dal sito misurainternet.it dell’Agcom e scaricato il certificato. Con quello la disdetta è gratuita» consigliano dall’Unione nazionale consumatori. Un altro controllo da fare è sicuramente sul mutuo, voce importante delle spese domestiche. E che ora che i tassi sono ai minimi, si può alleggerire con la surroga, la sostituzione del vecchio contratto con uno nuovo. «Analizzando le offerte su Facile.it emerge che a parità di condizioni – prestito di 126 mila euro per 25 anni a tasso fisso - la differenza tra la rata media di un mutuo sottoscritto ad agosto 2019 e quella di uno datato agosto 2020 è di 33 euro, con un risparmio globale di 9.900 euro» dice Griggio.

Oltre a quanto spendiamo è importante sapere come spendiamo, occorre conoscere cioè i diversi sistemi di pagamento. Ci aiuta Dai buoi di Omero ai Bitcoin, un nuovo saggio chiaro e piacevole edito da Il Mulino e firmato da due esperti e divulgatori di Banca d’Italia: Riccardo De Bonis e Maria Iride Vangelisti. Ci fa ripercorrere la storia della moneta attraverso i secoli: da quella cash ai bonifici via smartphone fino ai Bitcoin e alle altre criptovalute. Di ogni strumento racconta nascita ed evoluzione, opportunità, rischi e anche i costi che gli intermediari finanziari (come le banche, la Posta, gli operatori fintech) ci fanno pagare per le varie transazioni. Sono pagine che partono da un passato lontano per arrivare a rivelare il futuro, che in parte è già qui. M.D.

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Non saranno vacanze come tutte le altre. Saranno vacanze Falkensteiner. Sappiamo bene che le prossime vacanze saranno diverse. Saranno ricche di avventure, sport, relax e gastronomia per chi viaggia da solo, in famiglia o con gli amici, in piena sicurezza. Al mare o in montagna. Quest’anno saranno vacanze Falkensteiner.

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HOTEL

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Le metropoli stanno studiando una viabilità innovativa, a prova di traffico e a misura di ciclisti. E tutti noi iniziamo a immaginare un mondo diverso, dove nuovi sharing, a due o quattro ruote, non ci lasceranno mai a piedi

MUOVERSI IN CIT TÀ

QUESTA STRADA CI PORTERÀ LONTANO

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Qui a destra, il casco da bici smart con frecce e stop integrati (Lumos, 180 euro circa). Accanto, la Smart Jacket, il gilet con l’airbag che puoi indossare sotto o sopra la tua giacca da moto (Dainese, 599,95 euro).

PIÙ SICUREZZA E MENO TRAFFICO di Valeria Colavecchio - styling di Rossella Mazzali

Dopo il boom delle cosidette “zone 30”, si pensa agli autovelox di quartiere e alle strade urbane ciclabili. Per andare in ufficio, molti di noi si affideranno al mobility manager. Ecco alcune delle novità che ci libereranno dagli ingorghi e ci faranno perfino risparmiare tempo n primo segnale è arrivato a inizio anno con l’equiparazione dei monopattini elettrici alle bici. Poi il Decreto Rilancio ha aperto la strada alle corsie ciclabili di emergenza. Oggi, le novità attese lo confermano: spinta dallo tzunami della pandemia, la rivoluzione della mobilità cittadina sta per arrivare.

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Finalmente, via libera alle bici, alla micromobilità e alla sostenibilità. A confermarlo è il nuovo Codice della strada, al vaglio del Parlamento e che dovrebbe entrare in vigore nei prossimi mesi: «Molte delle proposte sono partite dai Comuni italiani, impegnati ad affrontare la nuova mobilità al tempo della pandemia, con provvedimenti storici a tutela dei ciclisti e dei pedoni» spiega Matteo Dondé, architetto urbanista esperto in pianificazione della mobilità ciclistica e moderazione del traffico. Qualche esempio? «L’introduzio86

ne delle strade urbane ciclabili, una nuova tipologia di strada dove le automobili possono viaggiare massimo a 30 chilometri orari, ma con priorità e precedenza alle biciclette e questo significa, per esempio, potersi muovere su due ruote e in sicurezza sui controviali di grandi strade di scorrimento cittadine» spiega l’esperto. «Ma è attesa anche l’introduzione di autovelox nelle strade di quartiere per ridurre la velocità sui tratti urbani». Tra i provvedimenti il “doppio senso ciclabile” nelle zone 30 (le bici circoleranno anche nel senso opposto a quello di marcia degli altri veicoli) e le zone scolastiche a protezione dei pedoni e dell’ambiente, con vie d’accesso segnalate e la possibilità di divieto o limitazione di circolazione. L’obiettivo è quello di garantire a tutti il diritto alla mobilità, tentando di ridurre traffico, numero di incidenti stradali e ripercussioni sull’ambiente. Lo stesso che ispira le linee guida dei

Pums, i nuovi Piani urbani della mobilità sostenibile, promossi dall’Unione Europea e ora al vaglio in tutta Italia. «Al momento sono 172 le città che stanno discutendo il proprio Pums: 39 sono stati approvati, 35 adottati e molti, 98, in fase di redazione» dice il presidente dell’associazione Euromobility, Lorenzo Bertuccio. A contare non sono solo gli interventi di carattere strutturale. Qualche esempio? «L’istituzione della figura del mobility manager» risponde Bertuccio. «È il responsabile della gestione efficiente degli spostamenti casaufficio, appena resa obbligatoria dal Governo per tutte le aziende con più di 100 dipendenti; e poi iniziative come il “bike to work” ovvero i rimborsi chilometrici da parte del Comune per chi va al lavoro in bici, già operativi a Bari e Cesena e presto in sperimentazione anche a Torino e a Modena». Per arrivare a togliere il traffico dalle città e dare la strada alle persone. ©RIPRODUZIONE RISERVATA


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FORMULE SMART PER AUTO A ZERO STRESS

Qui accanto, Genus, portabici da parete con ganci portaoggetti (vadolibero.com, 640 euro). Sotto, portaoggetti di tessuto per i sedili posteriori dell’auto (su amazon.it, da 6 euro circa). In basso, ACM City, una mini-car elettrica finanziata dal Governo tedesco con batterie modulari e sedili intercambiabili.

di Valeria Colavecchio

Il mezzo di domani si noleggerà, si userà con leggerezza e si restituirà quando si avrà voglia di cambiare. Bye bye, dunque, al tempo e ai soldi spesi per la manutenzione della macchina di proprietà

imentica l’auto di proprietà. Le nuove parole d’ordine tra gli automobilisti sono libertà, versatilità e sostenibilità (anche economica). Lo conferma anche l’ultimo rapporto Aniasa, l’associazione del settore mobilità di Confindustria: se l’auto resta il mezzo preferito dagli italiani, con il tasso di motorizzazione più alto di Europa (656 auto ogni mille abitanti) il 70 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver posticipato l’acquisto dell’auto in attesa di nuovi incentivi e nuove formule flessibili: «Permettono di minimizzare le uscite nell’immediato e di avere una maggior liquidità per altre spese» afferma Alessandro Ascione, giornalista di automotive per Al Volante e autore del blog alessandroascione.com. Ecco le formule più gettonate e i nuovi trend in arrivo.

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Car sharing L’auto condivisa a noleggio conta ormai più di 2 milioni di utenti in tutta Italia ma il suo successo non accenna a fermarsi: le previsioni annunciano un aumento del 30 per cento ogni anno fino al 2022. La grande novità in arrivo? «Il car sharing a lungo termine» sostiene l’esperto. «In pratica, non solo puoi usare l’auto per brevi spostamenti in città, ma anche per

più giorni, fino a un massimo di un mese, scegliendo il modello più adatto alle tue esigenze». Prenoti via app, ritiri all’indirizzo richiesto, paghi solo una tariffa forfettaria (ad esempio, una city car ti costa una cinquantina di euro al giorno) e poi 0,19 centesimi al chilometro. Per ora è attivo a Roma, Milano e Torino (sharetogo.com). Noleggio a lungo termine Secondo le previsioni di Dataforce è l’unico settore che segnerà una costante crescita nei prossimi tre anni. «È l’ideale per chi vuole un’auto “senza pensieri”» dice Ascione. «Si tratta di un vero e proprio contratto di affitto che permette di noleggiare un veicolo dai due ai quattro anni, dietro il pagamento di un canone». Il punto forte? «La rata fissa è “all inclusive”: comprende assicurazione, manutenzione ordinaria e straordinaria, assistenza stradale». L’ultima novità? «L’abbonamento che ti permette di prenotare e ritirare

l’auto che preferisci ovunque ti trovi» spiega l’esperto. In pratica, scegli un pacchetto annuale (Car Cloud di Leasys, da 199 euro al mese) e non solo puoi cambiare tutti i modelli che vuoi all’interno della tua categoria ma puoi prenotarla e ritirarla in molte città italiane». Buy Back È una via di mezzo tra il leasing e il noleggio a lungo termine. «In pratica versi un acconto o permuti la vecchia auto, paghi le rate per tre anni e poi puoi decidere se versare una maxi-rata per tenere l’auto oppure se dare la vettura in permuta per un’altra dello stesso marchio con la medesima formula o infine se restituire il veicolo alla concessionaria» spiega il giornalista. Il vantaggio? «Permette a chi non sa se rinunciare all’auto di proprietà di tenersi tutte le porte aperte e di optare per modelli di fascia medio alta, contenendo la spesa». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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G U I D E P R ATI C H E

COME SONO ELETTRIZZANTI QUESTE DUE RUOTE!

di Paola Nardi

Gli italiani si sono innamorati di bici, monopattini e scooter a emissioni zero. Merito sicuramente dei bonus ma anche del design, accattivante e avveniristico, e delle batterie che presto saranno così leggere e così potenti da potersene quasi dimenticare

l modo di muoversi sta cambiando a gran velocità. Soprattutto nelle metropoli, come Milano e Roma, dove si moltiplicano i mezzi a due ruote, anche elettrici. Lo confermano i dati dell’Ancma: nel solo mese di giugno le bici (a pedalata assistita e non) hanno segnato un +60%. Ma anche le vendite di ciclomotori elettrici sono cresciute del 38%, mentre per gli e-scooter è stato un vero e proprio boom (+138%). Sicuramente i 190 milioni di euro messi a disposizione con il bonus bici e lo sconto fino al 40% dell’ecobonus hanno trainato le vendite. Ma c’è dell’altro, come sostiene Simone Franzò del Politecnico di Milano, direttore dello Smart mobility report (energystrategy.it). «Motorini, biciclette e monopattini elettrici piacciono a chi ha a cuore il tema della sostenibiltà ambientale anche perché fanno andare più in fretta e si posteggiano ovunque». E nelle nostre città super trafficate, con velocità dichiarate da Confcommercio tra i 7 e i 15 km orari, non è cosa da poco. «Senza contare che ora questi mezzi vanno per la maggiore per

un motivo più che mai attuale. Possono sostituire, in parte o totalmente, il trasporto pubblico dove il distanziamento sociale è difficile da garantire» aggiunge l’esperto. «Utilizzarli richiede un cambiamento di abitudini e di mentalità che non è così immediato. Ma le città stanno cambiando. Solo a Milano, in pochi mesi, sono state create ciclabili per 23 km e ci sono piani ambiziosi anche in tante altre realtà urbane». Se anche tu ti stai orientando verso un mezzo green, qui scopri quale fa per te.

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In alto, sembra uscita da un film di fantascienza Superstrata Ion, la prima e-bike in carbonio stampata in 3D e personalizzabile (www. superstrata.bike). Qui sopra, l’airbag per la testa si nasconde in un collare e si gonfia quando serve. Ideale per i ciclisti urbani (Hovding 3, 299 euro).

Monopattini per l’ultimo miglio I monopattini elettrici che vanno per la maggiore sono quelli dello sharing, però in giro si iniziano a vedere anche tanti mezzi privati. «Sono divertenti e ti fanno scattare nel traffico, ma possono diventare pericolosi perché hanno le ruote piccole e il baricentro alto che li rende instabili soprattutto sulle strade disconnesse delle nostre città» avverte Michele Moretti, responsabile settore moto e relazioni istituzionali di Ancma. «Sono veicoli leggeri e ma-


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Un po’ bici, un po’ scooter: si chiama Ninebot C30 l’originale due ruote elettrico qui accanto. Ha una velocità massima di 25 km/h, un’autonomia di 30-35 chilometri e al momento è disponibile solo in Cina, al costo di 250 euro. Ma presto dovrebbe arrivare anche da noi (Xiaomi). A destra, il casco El’Fresh che, grazie a un sistema di ventilazione particolare, azzera calore e umidità (Tucano, 89,90 euro).

neggevoli, che puoi ricaricare come si fa con il telefonino e diventano ideali per percorrere il cosiddetto ultimo miglio». E, in effetti, piacciono soprattutto per raggiungere il luogo di lavoro, magari dalla stazione del treno o da un parcheggio periferico, evitando così le code. «È un errore, però, equipararli alle biciclette, perché hanno caratteristiche diverse. Anche solo segnalare la svolta a destra e sinistra, allargando il braccio, non è facile da un monopattino» sostiene Piero Nigrelli, direttore settore ciclo Ancma. In commercio ci sono diversi modelli, ma generalmente hanno un’autonomia che varia tra i 20 e i 35 km e un prezzo che varia dai 200 agli 800 euro. E-bike per muoversi in città «Per distanze più elevate, tra i 7 e gli 8 km e anche di più se sei già abituata a muoverti in bici, il mezzo migliore è la bicicletta a pedalata assistita» dice Nigrelli. «I modelli più nuovi hanno tutti la batteria estraibile, che non pesa più di 3 kg e ricarichi in un’oretta, spen-

dendo pochi centesimi. E l’impianto di illuminazione è efficace come quello dei motorini, dato che le luci sono collegate alla batteria per dare tutta la sicurezza che serve anche di notte». Il motore assiste il ciclista fino a 25 km orari, ma se spingi con i pedali vai molto più forte. Le e-bike sono sicure, stabili e si districano agevolmente nel traffico. In media garantiscono un’autonomia di 50 km, che può arrivare fino a 80 con un uso sapiente e non c’è che l’imbarazzo della scelta: dalle pieghevoli alle cargo. Quello che spaventa ancora è il prezzo. «Per una buona e-bike occorre spendere da 1.300 a 2.500 euro. Ma può valerne la pena visto che restituisce tutti i piaceri della bici tranne la fatica» conclude l’esperto. E-scooter per chi va più lontano «In città sono perfetti gli scooter elettrici con il targhino, i cinquantini di una volta, che vanno al massimo a 50 km all’ora. Fanno circa 50 chilometri con un “pieno” di batteria e hanno costi di manutenzione bassi, oltre a

spese irrisorie di elettricità. Per chi vuole viaggiare a velocità superiori (circa 70 km orari) ci sono e-scooter che garantiscono autonomie di un centinaio di chilometri» dice Michele Moretti. Entrambi montano un motore elettrico, ma danno performance identiche a quelli a benzina. Il loro neo è la batteria, perché è vero che si può sfilarla per ricaricarla, però è ancora molto pesante (da 7 a 10 kg). A loro favore c’è il prezzo, tra 2.500 e 5.000 euro, che è ancora più appetibile fino al 31 dicembre, grazie all’ecobonus che fa risparmiare dal 30% al 40% del costo di listino. E il futuro cosa riserva? «Il mondo dell’auto sta marciando in modo deciso verso l’elettrificazione, anche perché la Commissione europea ha posto degli obiettivi molto stringenti rispetto al tema della mobilità green» dice Moretti. «C’è da aspettarsi quindi che, tra non molto, le batterie di questi mezzi saranno di gran lunga migliori in termini di capacità e leggerezza». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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UN LAVORO DIVERSO

Se c’è un settore che cambia alla velocità della luce è proprio questo. E non ci fermeremo certo allo smart working: tutti, dai Millennials agli over 50, saremo chiamati a reinventarci, a mixare vita privata e professionale e a tornare sui banchi delle (video) lezioni. Per essere più competitivi e soddisfatti di Alessia Cogliati e Gianluca Ferraris - styling di Rossella Mazzali 91


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È eco e indistruttibile perché realizzata con i teloni riciclati dei camion la borsa porta computer di Freitag. In più, ha la tracolla regolabile e tante tasche esterne dove infilare cavi, agende e caricabatterie. (freitag.ch, 190 euro)

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ACCESSORI

IL THERMOS DÀ LA CARICA Tè ed espresso rimangono caldi e a portata di mano ovunque ti trovi se li versi nella Tazza termica di design firmata Troppotogo. Puoi controllare la temperatura grazie al display e riscaldare la cup con il cavo per accendisigari che trovi nella confezione. (troppotogo.it, 34 euro)

top and go: è questa la formula che caratterizzerà il lavoro del futuro. Formazione, sviluppo delle soft skills, approfondimento delle passioni personali si alterneranno ai periodi dedicati al lavoro come lo intendiamo ora. Un equilibrio sempre più virtuoso tra tempo pubblico e tempo privato che sarà un booster per la creatività e la motivazione dei liberi professionisti ma anche dei dipendenti. Lo conferma la ricerca 2020 Global Human Capital Trends pubblicata da Deloitte, società inglese di servizi di consulenza e revisione. Secondo i dati pensare al benessere delle risorse umane sarà una strategia efficace che migliorerà la perfomance delle aziende. L’80% dei manager intervistati riconosce la soddisfazione degli impiegati come prioritaria per il successo del business. Negli Stati Uniti se ne sono già accorti: lì le grandi aziende nel 2019 hanno speso una media di 3,6 milioni di dollari ciascuna in program-

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mi di formazione e benessere, con un costo medio di 762 dollari per dipendente. «Stiamo passando dal concetto monolitico di posto fisso e carriera a una definizione più fluida e discontinua» commenta Silvia Zanella, manager esperta di marketing e comunicazione per le risorse umane, autrice di Il futuro del lavoro è femmina (Bompiani). «La contaminazione e permeabilità tra ambito professionale e vita privata saranno valori aggiunti che andranno a beneficio di entrambi». Niente più compartimenti stagni, dunque, e fluidità di comportamenti e pensieri. Gli economisti dicono che passeremo dall’era della produzione a quella dell’immaginazione. Il successo non dipenderà solo dalle competenze, ma da capacità meno quantificabili come il pensiero critico, l’intelligenza emotiva e la collaborazione in team. «Il vero cambiamento è quello che dobbiamo fare nella testa» prosegue l’esperta. «Ognuno di noi dovrebbe prendere il coraggio di portare come

valore aggiunto la propria diversità. L’unicità non è replicabile da nessuno (nemmeno dalle macchine) e rappresenta una risorsa anche per le aziende». I dati dicono che in futuro, sul posto di lavoro, non saremo più identificati come Baby boomers, Generazione X o Millennials, ma dovremo trasformarci in Perennials, persone che a qualsiasi età sono aggiornate su tutto, curiose ed empatiche. «I team del futuro saranno fatti da leader professionisti della comunicazione, capaci di ascoltare le persone con cui lavorano, di delegare e responsabilizzare. I dipendenti, d’altra parte, dovranno lavorare su loro stessi per far emergere le proprie competenze e allenare flessibilità, capacità di ripresa dopo un errore e di revisione delle proprie idee» continua Zanella. Le parole d’ordine nel futuro del lavoro diventano adattabilità, contaminazione, empatia e sperimentazione. Vediamo come farle nostre per ottenere un posto al sole in azienda. In quattro mosse.


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SECONDO LE STIME DELLA AGENZIA AMERICANA DI RICERCA GARTNER, IL 47% DELLE SOCIETÀ PERMETTERÀ IL LAVORO DA CASA FULL TIME. IL 43% CONCEDERÀ GIORNI DI SMART WORKING AI DIPENDENTI

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DESIGN

IL LAPTOP GIRA PER CASA Sul divano o in terrazza, ecco una postazione porta computer che puoi spostare in un attimo. Il vassoio Warm Walnut Pamper Bed Tray è leggero e ha pratici scomparti dove riporre quaderni e riviste. Si richiude in poche mosse. (iwoodesign.com, 714 euro)

1. METTI A FUOCO I TUOI TALENTI Vuoi cambiare lavoro o imprimere una svolta alla carriera? Sembra più facile a dirsi che a farsi, soprattutto in un momento come questo. «In realtà ogni crisi può nascondere un’opportunità» osserva Francesca Parviero, membro del board di ValoreD ed esperta di lavoro, relazioni e formazione. «Il punto di partenza, però, non deve essere dove vuoi arrivare, ma quali traguardi hai già raggiunto e come puoi trasformarli in punti di forza per i tuoi obiettivi». È il metodo Design your life, messo a punto da Bill Burnett e Dave Evans, docenti dell’università di Stanford: una sorta di “cassetta degli attrezzi” per analizzare il nostro percorso ed evidenziarlo al meglio. Una volta compiuta questa operazione, diventa più facile compilare un cv adeguato. Attenzione: qui non si parla di forma (esempi di stile in Rete ne trovi a decine), ma di sostanza. Ecco perché, su quel foglio e durante un colloquio, non dovranno

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HI-TECH

LE CUFFIE TI ISOLANO

FOOD

Con gli auricolari T5 Neckband fai le call con i colleghi o ascolti la tua musica “da lavoro”, quella che usi per concentrarti. Ma senza disturbare chi ti sta accanto. Hanno 15 ore di autonomia, sono leggeri e glam perché combinano cuoio e alluminio. (klipsch.com, 129 euro)

mancare le hard skills. Secondo QuoJobis, società di selezione delle risorse umane, saranno richieste le professioni digitali (data analyst, sviluppatore di app, esperto di digital marketing o e-commerce, Seo expert) e quelle legate a medicina, infermeria e settore farmaceutico. Ma molte competenze possono essere preziose, a patto di saperle ripensare e presentare nel modo giusto. Se ti sei sempre occupata di conti e sogni un lavoro più creativo, soffermati su come i numeri potranno aiutarti in quel compito. Se il tedesco non è fondamentale per la mansione futura, spiega che dopo averlo impa-

LA SCHISCETTA È TAKE AWAY Tra mense aziendali da prenotare con le app e ristoranti congestionati, meglio portare con sé un pasto veloce e fatto in casa. Per non rovesciare nessun ingrediente in borsa c’è la ciotola W&P di silicone con coperchio. (amara.com, 31 euro)

rato nessuna altra lingua, o software, o regolamento, sarà difficile da assimilare per te. Allo stesso modo cerca di mettere in mostra più che puoi, e con esempi pratici, le soft skills: «Flessibilità, capacità relazionale, affidabilità, rispetto delle regole e dei ruoli, sono sempre più valutate dalle risorse umane» continua Parviero. «E sono queste caratteristiche a fare la differenza tra cv equivalenti». Ultimo suggerimento: mai specificare le ragioni per cui vuoi abbandonare un lavoro. Meglio raccontare, con sincerità e un pizzico di audacia, perché ne stai cercando un altro. 2. CRESCI CON L’E-LEARNING Da anni si parla dell’e-learning come il futuro dell’aggiornamento professionale, ma in Italia questo è un fenomeno recente, anzi recentissimo. Da quando l’ufficio, causa smartworking, non è più il centro di gravità lavorativo per molti, aggiornare le competenze di dipendenti e collaboratori sparsi ovunque 93


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IL MINI UFFICIO CHE CI ASPETTA

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IDEE SMART

BUSINESS IN CABINA

La classica cabina del telefono si trasforma e diventa ufficio, intimo e riservato. La Basic S Cupboard Booths offre un comodo tavolino, due ripiani e, su richiesta, un appendiabiti. Per avere tutto a portata di mano. Le pareti sono ovviamente fonoassorbenti. (werner-works.de, prezzo su richiesta)

è diventato fondamentale per le aziende. Dall’altra parte di questa scrivania virtuale, i dati dicono che anche chi finora non si era mai interessato alla formazione sta approfittando della flessibilità di orari per usufruirne. Le piattaforme che offrono questi servizi sono centinaia e orientarsi non è semplice. Qui abbiamo selezionato le più interessanti, con l’aiuto di esperti di startup ed e-learning. Se vuoi migliorare le competenze aziendali, ci sono Antea, piattaforma appena lanciata da Talent Garden (antea.talentgarden.com) e Alta Formazione (altaformazione.it) che in partnership con le aziende offre corsi online per crescere nel digitale, nelle tecniche di vendita, nelle soft skills. 360DigitalSkill (360digitalskill.it) mette a disposizione di privati e aziende oltre 300 corsi e tutorial multimediali per lo sviluppo delle competenze digi94

tali. Skilla (skilla.com) propone corsi dalla riorganizzazione aziendale al fare business in Asia. Per le lingue straniere c’è Babbel (it.babbel.com), adatto ai principianti e a chi vuole migliorare il vocabolario business. Senza dimenticare le piattaforme gratuite come Moodle, un sistema open source che spazia dalla formazione aziendale all’informatica (moodle.org) o le videolezioni di TedX (ted.com). Ci sono poi portali per una formazione a distanza di livello universitario o master. Spesso l’accesso non richiede pagamento e, in ogni caso, ognuno offre contenuti gratuiti in diverse lingue. I migliori? Edx, nato dalla partnership tra Harvard e Mit (edx.org), Coursera (coursera.org) e Udemy (udemy.com). 3. STUDIA LA NORMATIVA Uno dei pochi effetti positivi del lockdown è che con lo smart working potresti aver imparato a gestire meglio il tempo. Probabilmente hai ricominciato a coltivare alcuni interessi o ne hai scoperti di nuovi. Magari ti è venu-

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ARREDI

MEETING CONFORTEVOLI

Gli schienali alti e insonorizzati del set di divani componibile Airbus lo rendono perfetto per lavorare con altre persone anche in un open space. Gli optional? Presa elettrica, porte Usb e ampie tasche laterali. (toparredi.com, 3.182 euro)

ta voglia di avviare un’attività tutta tua. «Le soluzioni che offre la legge, da questo punto di vista, sono due» spiegano dalla Fondazione nazionale consulenti per il lavoro. «La prima è il part time, che bilancia alcuni pregi (più flessibilità e maggior tempo a disposizione senza rinunciare a parte delle entrate) con altri limiti: primo fra tutti il divieto, valido in quasi tutti i contratti nazionali, di cumulare posizioni lavorative e contributive diverse». È un’opzione se vuoi più tempo per te, ma non se stai pensando di cambiare azienda o settore. In questo caso, la soluzione è l’aspettativa. «È una sospensione del lavoro dipendente che non implica la perdita del posto. E una legge del 2000 impone che al rientro i livelli di retribuzione e mansione siano gli stessi». Fermo restando che esistono motivi gravi per i quali il congedo non retribuito fino a 1 anno deve essere obbligatoriamente concesso (questioni di salute, sopraggiunta invalidità, assistenza esclusiva a un familiare), in tutti gli altri casi la risposta dell’azienda


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IN RIUNIONE

IDEE ALLA LAVAGNA

Minimalista e davvero pratica: la lavagna Flipchart Charter On Tour ha gambe di rovere che appoggiano su quattro ruote (per portarla ovunque) e schermo magnetico di metallo verniciato (per scrivere o appendere grafici e immagini). Chiusa, occupa pochissimo spazio. (roomours.de, 489 euro)

può essere negativa. Può succedere se si richiede un’aspettativa per esigenze di studio, formazione, volontariato, viaggi all’estero, avvio di un’attività in proprio. «Negli ultimi tempi però anche l’orientamento di molte aziende è cambiato: concedendo un’aspettativa riducono i costi e, venendo incontro alle richieste di un dipendente, lo ritrovano più motivato e formato al suo rientro» continuano gli esperti della Fondazione. Il periodo di aspettativa in genere non prevede retribuzione, anche gli scatti di anzianità sono azzerati, mentre per i contributi pensionistici esistono situazioni diverse a seconda della categoria. È bene studiare a fondo il

DUE GIORNI IN UFFICIO, TRE A CASA: È LA SPERIMENTAZIONE PER IL 2021 SIGLATA DA TIM PER LO SMART WORKING. POST VACCINO UN DIPENDENTE DI ENI SU 3 POTREBBE LAVORARE DA REMOTO

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COWORKING

SEDUTE COCOON

proprio contratto nazionale che può prevedere regole specifiche. E gli integrativi aziendali che, in alcuni casi, riconoscono perfino una retribuzione parziale (di solito da 1 a 3 mesi di stipendio sull’anno intero). 4. IMPARA A SFRUTTARE LINKEDIN Gli iscritti al social dedicato al lavoro salgono in tutto il mondo, ma nel nostro Paese l’utilizzo è cresciuto di ben l’85%. Secondo un sondaggio di Wts con Adecco e l’università Cattolica di Milano solo il 57,5% degli utenti ritiene lo strumento utile (meno di 1 su 5 afferma di aver ricevuto un’offerta valida tramite il social). Il consiglio per tutti gli altri è cambiare idea (e in fretta) perché per 4 recruiter su 5, questo social resta il veicolo ottimale. Lo conferma Francesca Parviero, autrice di Linkedin per aziende e professionisti (Apogeo) che dà questi consigli per usarlo al meglio: «Su Linkedin l’abito fa il monaco: conviene scegliere una foto adeguata e riconoscibile, professionale ma non seriosa» dice l’esperta. «Occhio anche a Facebook

Ecco una poltrona comodissima che ha anche il pregio di isolarti dal resto del mondo. Con Igloo puoi concentrarti al meglio sul lavoro. Sul tavolino girevole appoggi il tablet, da collegare alla presa di corrente a disposizione. (didier-versavel.com, 2.411 euro)

e Instagram: se un datore di lavoro ti ha puntato, potrebbe guardarli ed essere scoraggiato da eventuali incongruenze. È importante individuare ciò che credi ti distingua dagli altri e metterlo in evidenza a partire dalla headline, la descrizione sotto al tuo nome». Quando elenchi le esperienze lavorative, concentrati su situazioni e skills che ti hanno dato più soddisfazione e che vorresti riprodurre nell’incarico futuro: chi legge molti cv al giorno lo noterà. Meglio evitare titoli come “esperto”, “specialista” e simili: un feedback di colleghi e capi vale di più. «Nei post non condividere solo contenuti della tua azienda o delle cose che fai tu, ma ciò che ti colpisce al di là del tuo steccato» conclude Francesca Parviero. «Infine, un ultimo suggerimento: non essere bulimica né nella presentazione né nella ricerca affannosa di contatti. Pensa alla sinteticità con cui ti descriveresti nei biglietti da visita e a come selezioni le persone ai quali darli. E comportati allo stesso modo». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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SHOPPING VIRTUALE

Vetrine, manichini e salottini di prova cedono il passo a tour negli e-store, capi da provare in realtà aumentata, chat con assistenti personali. No, fare compere non è più come una volta. Ma resterà un’esperienza divertente. Seguici e scoprirai perché di Camilla Ghirardato - ha collaborato Elena Banfi

BYE-BYE, CAMERINO! ai presente i camerini? Bene. È possibile che diventino un reperto storico della moda, come le stecche di balena o i mutandoni alle ginocchia. Sì, perché se c’è una cosa che il virus ci ha insegnato è che l’ecommerce è una gran bella invenzione. Spinte dalla necessità del lockdown si sono convertite persino le meno smanettone, che hanno imparato a tracciare il pacco e ad accordarsi su orari e punti di consegna come veri corrieri. «La pandemia» spiega Eugenio Gallavotti, docente di Moda e comunicazione all’Università Iulm «ha semplicemente dato un’accelerata a un processo già in atto in tempi pre-virus: quell’irresistibile rivoluzione copernicana nella relazione tra cliente e punto vendita, che sta trasformando il pc di casa (o il cellulare che teniamo in tasca) nel camerino del negozio virtuale più rifornito e smart».

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PAROLE NUOVE PER ORIENTARSI

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LIVE STREAM IN DIRETTA CON IL NEGOZIO, LE CLIENTI CONNESSE ALLA PIATTAFORMA CHATTANO CON LE VENDITRICI PER AVERE, IN TEMPO REALE, CONSIGLI E DETTAGLI SUGLI ACQUISTI

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IL SISTEMA CON IL QUALE, QUANDO ACQUISTI UN CAPO, TI VENGONO PROPOSTI PEZZI E ACCESSORI COMPLEMENTARI, SUGGERENDO UN LOOK TOTALE, DALLA TESTA AI PIEDI

MARKETPLACE

I “CLIC” HANNO FATTO BOOM

PIATTAFORME DI VENDITA CHE OSPITANO DIVERSI PRODUTTORI. TRA I PIÙ CLICCATI PER L’ABBIGLIAMENTO, IN ITALIA, CI SONO ZALANDO, ASOS, AMAZON, YOOX, EBAY E ALIBABA

OMNICHANNEL STRATEGIA DI VENDITA CHE UTILIZZA CANALI DIVERSI (ONLINE E IN NEGOZIO) PER RENDERE GLI ACQUISTI PIÙ SEMPLICI E PIACEVOLI

REALTÀ AUMENTATA PERMETTE, CON LO SMARTPHONE, DI MISURARTI, SCANSIONARE UNA TUA FOTO E PROVARE VIRTUALMENTE ABITI E SCARPE

ILLUSTRAZIONE DI CECILIA CASTELLI

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CROSS-SELLING

Ma vediamo qualche numero. Secondo l’ultimo Netcomm Forum Live (fiera del digital retail), i consumatori italiani online sono triplicati, passando da 700mila (dati gennaio-maggio 2019) a 2 milioni (stessa forbice temporale nel 2020). L’e-commerce ha registrato un boom durante la pandemia che, secondo gli esperti, a fine anno segnerà una crescita mondiale del +55%. Il settore della moda, all’inizio, si è trovato spiazzato: sfilate sospese (o in versione online), trasporti bloccati e negozi chiusi hanno fatto gelare il sangue agli addetti ai lavori (e alle fashioniste). Ma il tasto “shop” che compare nei menu a tendina di ogni sito si è rivelato la salvezza. «Per fare qualche esempio» continua Gallavotti «il colosso francese Kering (di cui fanno parte nomi come Gucci, Saint Laurent e Alexander McQueen) ha registrato sì una flessione di vendita nei negozi che ha raggiunto il -30%, ma ha avuto un aumento delle vendite online del 47%». Non solo: il marchio Moncler ha interrotto la collaborazione con il marketplace Yoox e ha deciso che, dall’anno prossimo, farà da sé. Segno che le potenzialità dell’e-commerce sono tutte da sfruttare senza bisogno di ricorrere a siti intermediari. 97


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COMPRO, RICEVO, RESTITUISCO Gli accorgimenti indispensabili prima di acquistare online. LA TAGLIA DEGLI ABITI Di solito ogni prodotto ha una tabella delle taglie che indica, in centimetri, giroseno, girovita e girofianchi (se sono in inches, pollici, trovi i convertitori sul web). Prendi le misure con un metro a nastro e conservale per futuri acquisti. IL NUMERO DI SCARPE Se non ti fidi delle tabelle, scarica app come youSize (vale anche per gli abiti): con pochi dati e 2 foto ottieni il tuo numero, brand per brand. LA QUALITÀ DEI TESSUTI La “prova tatto” online non si esiste: controlla la composizione dei tessuti. Sarai sicura anche in caso di allergie. I COSTI E I TEMPI DI CONSEGNA Oltre una certa spesa, la spedizione di solito è gratuita. Nel caso degli iscritti è sempre gratuita (Amazon Prime costa 36 euro l’anno). Ma controlla sempre le spese di spedizione (a volte sono esorbitanti) e i tempi (c’è chi consegna in due giorni, chi in... tre mesi). LA REGISTRAZIONE A volte serve la registrazione, altre bastano i dati strettamente necessari (indirizzo, estremi del pagamento). Registrarsi permette di avere un’area personale, di vedere lo storico e tracciare i colli. I RECESSI E I RESI Il diritto di recesso e restituzione dei prodotti dovrebbe essere sempre garantito e gratuito se il reso viene fatto entro 14 giorni dall’arrivo del pacco, ma certi siti danno periodi più lunghi. I tempi devono sempre essere segnalati nella sezione con le condizioni di vendita: se non è specificato, la legge stabilisce di allungare i tempi a 12 mesi e 14 giorni. 98

GLI SPAZI SI TRASFORMANO Ma come sarà lo shopping che ci aspetta? «Mi sembra che i brand più attrezzati si stiano movendo nella medesima direzione, cioè non penalizzare i loro negozi ma trasformarli in altro rispetto al passato» dice l’esperto Gallavotti. «Il punto vendita diventa un hub, magazzino e centro di smistamento dove il cliente può andare a ritirare il capo acquistato via web». Sembra questa la strada intrapresa da colossi come Zara (nonostante la chiusura di ben 1.200 dei suoi punti vendita) o Yamamay. Il gruppo Miroglio, invece, punta su una strategia omnichannel (vedi il box-dizionario) per i suoi marchi Motivi ed Elena Mirò: con il servizio Go Instore, le clienti possono collegarsi al sito e farsi consigliare dal personale addetto come se fossero in negozio. La modalità Shopping Smart Box prevede anche l’invio a casa di una selezione di capi per prova e, eventualmente, acquisto. Molto interessante anche il servizio StyleSnap offerto da Amazon. Come spiega Tommaso Debenedetti, category lead di Amazon Italia: «Suggeriamo a chi cerca un capo di fotografarlo, inserirlo nel motore di ricerca che mettiamo a disposizione e selezionare tra un’ampia gamma di prodotti simili». Acquistare virtualmente aiuta a scegliere meglio anche in termini di sostenibilità. Spiegano a Zalando: «Online è più semplice localizzare i brand attenti all’ambiente. La prova del nove? Durante il lockdown oltre il 30% dei clienti si è indirizzato sui capi d’abbigliamento più eco-virtuosi della nostra offerta». Altra possibilità affinata dal distanziamento è fare un tour virtuale del negozio, magari in realtà aumentata. È questa la soluzione coinvolgente scelta da grandi maison come Ferragamo, Prada e Valentino. Cliccare per credere.

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SITI AGGREGATORI RACCOLGONO BRAND DIVERSI IN BASE A CRITERI COME SALDI O OFFERTE SPECIALI. IN ITALIA IL SITO AGGREGATORE PIÙ NOTO È STILEO


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SHOWROOMING LA PRATICA DI CHI VA IN NEGOZIO, MISURA LA TAGLIA DEL CAPO E POI LO COMPRA ONLINE (TECNICA DETESTATA DAI NEGOZIANTI IN CARNE E OSSA!)

LA RAPIDITÀ FA LA DIFFERENZA

WEBROOMING LE TRADIZIONI SI AGGIORNANO

CONTRARIO DELLO SHOWROOMING: PRIMA SI VISITA UN NEGOZIO VIRTUALE PER STUDIARE I PRODOTTI, POI LI SI ACQUISTA IN UN NEGOZIO FISICO

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WISHLIST SE UN PRODOTTO TI PIACE MA NON SEI ANCORA CONVINTA, PUOI AGGIUNGERLO ALLA TUA WISHLIST, LA LISTA DEI DESIDERI. NON LO PERDERAI DI VISTA E POTRAI DECIDERE SE E QUANDO COMPRARLO

ILLUSTRAZIONE DI CECILIA CASTELLI

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I problemi nodali dello shopping online? La consegna e i resi. Per quanto riguarda la prima, molte case si stanno organizzando affinché sia non solo veloce ma anche gratuita. La novità più attesa è senz’altro la consegna con droni: rapidissima, è la nuova promessa di Amazon, che tra poco inizierà la sperimentazione in Usa per pacchi sotto i 2,3 kg. Per quanto riguarda i resi, il nostro Paese è al quarto posto in Europa: il 43% di clienti online restituisce almeno un prodotto, con abbigliamento e accessori al primo posto (con l’11%). I motivi? Nell’80% dei casi si tratta di taglie errate. In questo caso non è solo fondamentale leggere bene e verificare, metro alla mano, le misure (vedi box a pagina 96) ma anche scorrere le recensioni di chi ha acquistato prima di te e che spesso danno utili info su vestibilità e materiali.

È la domanda che tutti oggi si pongono: se, cioè, l’impennata dello shopping online si confermerà anche in futuro o se, nei prossimi mesi, torneremo gradualmente a modalità d’acquisto più tradizionali. Secondo una recentissima indagine svolta da Ipsos Strategy3 non ci sono dubbi: il 37% degli italiani ha intenzione di acquistare online addirittura di più nei prossimi 6/12 mesi e l’aumento degli acquisti di vestiti e accessori è previsto intorno al 44%. Ma se preferisci ancora l’esperienza fisica, con camerino & Co., puoi provare la nuova app ShoppinTime: la scarichi, cerchi il tuo negozio e fissi un appuntamento per essere accolta a braccia aperte. Ma a distanza di sicurezza e senza assembramenti. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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FARSI BELLE

TRUNK ARCHIVE

IL BEAUTY CHE VERRĂ€ La ricerca prepara creme-barriera. Gli istituti diventano oasi di benessere (e di igiene!). Lo shopping percorre vie inesplorate. Ma non sarĂ solo un drastico taglio con il passato. La cosmesi ha saputo fare della crisi un volano positivo. E promette gradite sorprese di Claudia Bortolato e Alberta Pianon


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AVREMO FORMULE ALL’AVANGUARDIA IN GRADO DI CAPTARE LA TEMPERATURA DELLA PELLE PER DIFENDERLA AL MEGLIO DALLE AGGRESSIONI ESTERNE

iente è più come prima. E non solo perché non ci infiliamo più in un negozio per il solo piacere di provare una crema o annusare un profumo. Con la pandemia, le abitudini cosmetiche e i rassicuranti riti di benessere sono radicalmente cambiati e la cura di sé si è evoluta. Quattro esperti ci raccontano cosa aspettarci dall’universo beauty.

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IL COSMETOLOGO

«In un Pianeta reso sempre più fragile dalla prova del fuoco del Coronavirus e dal riscaldamento globale, l’amore per i prodotti ecosostenibili prenderà quota» sostiene Umberto Borellini, cosmetologo docente alla Scuola Superiore di Medicina Estetica Agorà di Milano. «In particolare si affermeranno le formule senz’acqua, perfette per ridurre gli sprechi ambientali e le possibili contaminazioni, dovute a cattiva conservazione, da parte di microrganismi nocivi. A sua volta, la ricerca esplorerà nuovi territori per lanciare cosmetici sempre più sicuri. Come le creme “intelligenti”, già in fase di studio, che riconoscono la temperatura della pelle per difenderla meglio dagli shock termici e dalle aggressioni degli agenti esterni, batteri inclusi. Il tema della protezione sarà centrale nel formulare creme e sieri che utilizzeranno sempre più spesso ingredienti prebiotici e probiotici, uno dei trend in crescita. Questi principi attivi derivati da superfood e batteri amici della pelle, infatti, aiutano a proteggere il microbioma cutaneo, fondamentale per la salute dell’epidermide. È lui a fare da barriera naturale con l’ambiente esterno, oggi percepito più minaccioso rispetto al passato. L’obiettivo, quindi, è rinforzarlo». 102

TRUNK ARCHIVE

CREME & CO. SOSTENIBILI E SICURE


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IL PACKAGING SARÀ AIRLESS Prodotti clean (privi di sostanze ritenute tossiche o inutili per la pelle), certamente. Ma anche sicuri. Secondo una ricerca di Mintel, società internazionale di analisi dei consumi ripresa da Cosmetica Italia, il 50% delle donne, quando sceglie una crema, ora dà molta importanza all’aspetto sicurezza. Così, anche i conservanti (fino a poco tempo fa poco amati) ora sono ben accetti. Per le stesse ragioni, sale il gradimento per i packaging a prova di contaminazioni, come i monodose e quelli airless. In particolare, questa nuova tecnologia fa sì che il prodotto non entri mai in contatto con l’aria e che mantenga gli ingredienti attivi e sicurissimi fino all’ultima goccia.

Pack airless, a prova di contaminazioni, per Toleriane Ultra Fluide di La Roche Posay (23 euro, in farmacia).

LO SGUARDO SARÀ PROTAGONISTA Fino a ieri il prodotto vincente in tempo di crisi era sempre stato il lipstick: più le difficoltà mordevano, più rossetto si usava. Oggi, con le labbra nascoste sotto la mascherina, gli acquisti di rouge sono crollati del 60%, dicono i dati Nielsen. Insomma, invece del lipstick index, il nuovo indicatore sarà il make up degli occhi, l’unica parte del viso che resta ben visibile. E il trend continuerà nei prossimi mesi. Guarda caso, nei saloni estetici sono aumentate le richieste per i trattamenti che danno risalto allo sguardo: al primo posto l’extension delle ciglia che allunga e infoltisce quelle naturali, seguito dalla laminazione che le scurisce e incurva. Così gli occhi sono pronti a farsi notare.

Con olio di argan, mandorle e jojoba, Smalto agli Oli Argento Puro di Collistar (7,50 euro) colora e idrata le unghie.

LA MANICURE SARÀ SU PRENOTAZIONE Niente ceretta all’ultimo minuto, niente piega al volo. Da oggi i trattamenti di bellezza andranno pianificati con cura: se non hai l’appuntamento, vieni rispedita a casa. Dunque, pianifica per tempo. Un aiuto arriva dalle app più aggiornate. Treatwell, per esempio, ti permette di trovare e prenotare un taglio o un massaggio nella tua città. Puoi scegliere la zona, la fascia di prezzo e selezionare quelli più raccomandati e consigliati. 103


G U I D E P R ATI C H E

L’IGIENIZZANTE SARÀ PIACEVOLE Mini da tenere in borsa o in tasca, maxi da offrire agli ospiti all’ingresso di casa. In gel, classico e rassicurante, in spray, pratico e leggero. L’igienizzante mani è il prodotto super star del 2020, tanto che le aziende stanno mettendo a punto formule molto più gradevoli e performanti: profumate, colorate, ad azione idratante. Un modo per trasformare un gesto utile per la salute in un’abitudine di bellezza, piacevole e rilassante.

A ogni colore corrisponde una fragranza: Make-Sure Gel Igienizzante (4,90 euro l’uno, su make-sure.it) è profumato e gradevole.

L’ESPERTO DI CONSUMI

«Sul fronte acquisti continuano a espandersi quelli digitali, cresciuti vorticosamente durante la quarantena (+40% in media)» dice Gian Andrea Positano, responsabile del Centro Studi di Cosmetica Italia, l’associazione nazionale di settore. Ma si stanno riscoprendo i canali di vendita tradizionali, come le piccole profumerie ed erboristerie. «Il negozio sotto casa si prende la rivincita» commenta l’esperto. «Si è rivelato un ottimo salvagente durante il lockdown e sarà prezioso in caso di ricadute future. Altro settore che tiene è quello dei trattamenti professionali. Il merito va a estetiste e parrucchieri che hanno dimostrato molto dinamismo e un’ottima capacità di adattarsi prontamente alle rigorose norme d’igiene, trasmettendo sicurezza e senso d’accoglienza alle clienti». Quali saranno i cosmetici dei quali non faremo a meno? I prodotti per le mani! Disinfettarle è ormai un gesto acquisito, ma richiede poi di idratare e nutrire la pelle provata dal mix di acqua e detergenti a base alcolica. In crescita anche le specialità per l’epidermide irritata: la mascherina protegge, però la pelle paga un piccolo scotto. 104

TRUNK ARCHIVE

L’E-COMMERCE VOLA, LA PROFUMERIA RIFIORISCE


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“Dopo un mese di utilizzo sono molto soddisfatta dei risultati ottenuti, le mie rughe sembrano meno evidenti e meno profonde! Lo consiglio!” Luciana

“Le mie amiche pensavano che scherzassi, ma appena hanno provato questo prodotto, se ne sono innamorate.” Lucia

“Lo sto usando abbinato alla crema dello stesso tipo. I risultati si vedono. Pelle più tonica e liscia. Rughe e segni d‘espressione meno evidenti. Assolutamente consigliato!” Rosa


GLULIEDZEZ PAR A T I C H E BE

IN LOCKDOWN CI SIAMO IMPROVVISATE HAIRSTYLIST, ABBIAMO SCOPERTO NUOVE ATTITUDINI. TANTO CHE IL BEAUTY FAI-DA-TE È DIVENTATO DI TENDENZA

IL MANAGER

ACQUISTI: IL MEGLIO DEI DUE MONDI

LO PSICOLOGO

UNA RITROVATA FIDUCIA IN SE STESSE Lo shock da Covid-19 ha alimentato la consapevolezza che la salute del corpo è costruita anche sul benessere, esteriore e interiore, sull’autostima e sull’importanza di piacersi. «Durante la quarantena ci siamo viste tutti i giorni senza trucco. Lo specchio ci rimandava l’immagine di quello che siamo al naturale e questo, in molti casi, ha aumentato la fiducia in noi stesse, della nostra immagine» spiega Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta. Di certo sono definitivamente cambiate le abitudini cosmetiche (più cura, meno make up) e sono nate nuove abitudini. «Durante il lockdown ci siamo improvvisate estetiste» continua l’esperta. «La necessità di fare tinta, piega, manicure e depilazione da sole ha creato una sorta di positiva dipendenza: l’autocura beauty, con il suo lato giocoso e creativo, ha un effetto rilassante e appassionante. Ma ha anche una positiva ricaduta economica: dopotutto permette di risparmiare». E infatti, sostengono i sondaggi, molte di noi continueranno con il fai-da-te.

Il futuro del beauty shopping? L’omnicanalità. E cioè impareremo a muoverci in libertà prendendo il meglio da negozi fisici e virtuali. Certo, il periodo del lockdown ha portato in prima linea l’e-commerce. «I brand hanno reagito velocemente al cambio improvviso di situazione» spiega Beyhan Figen, general manager Sephora Italia. «Sono nate nuove piattaforme dedicate ai servizi di vendita personalizzati che, in video, mettevano a disposizione esperte pronte a dare consigli beauty su misura. Un’ottima idea per guidare i clienti nella scelta di una crema o di un ombretto anche a distanza e che sta prendendo sempre più piede. Allo stesso tempo, il gran bisogno di normalità spinge le persone a tornare nei negozi, a ritrovare i gesti abituali, come quello di incrociare lo sguardo familiare dello staff. Ma è una ripresa di consuetudini che va fatta in assoluta sicurezza». Perché è un fatto che il tema della tutela dai contagi ha imposto di ripensare i servizi. Un esempio è quello dei tutorial di trucco offerti da molte profumerie. «Oggi, per mantenere il distanziamento, i nostri negozi propongono il servizio Beauty Mirroring» spiega la manager. «Il make up artist guida i gesti della cliente proponendo gli step del trucco su se stesso. Sotto la sua guida la cliente, li replica. E le distanze di sicurezza sono sempre garantite». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Dalla lezione di yoga alla seduta con il personal trainer, il fitness farà crescente affidamento sull’online per risolvere i problemi della distanza di sicurezza, ma non solo quelli. Così tante palestre si aggiornano, offrendo abbonamenti mensili online. Come Virgin Active che, con la piattaforma Revolution, propone un vasto menu di corsi che prevede, ogni settimana, 60 dirette sui social. Sarà impossibile non trovarne almeno uno adatto alle proprie esigenze! 106

SHUTTERSTOCK

LA PALESTRA SARÀ SEMPRE PIÙ SOCIAL



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I DAEMPORDAETRI N CA H .EC O M D OGNUN

Più luce, grazie alle pareti trasparenti, e tante soluzioni diverse per lavorare, allenarsi o rilassarsi nel verde. Architetti e designer stanno studiando le nostre abitazioni di domani. Mentre la scienza mette a punto materiali d’arredo che eliminano i batteri e proteggono la salute

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di Chiara Sessa - styling di Rossella Mazzali

LA FELICITÀ È UNO SPAZIO SU MISURA 109


G U I D E P R ATI C H E

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Vivremo tra pareti trasparenti «In una casa che diventa multifunzionale per chi deve svolgere attività diverse a seconda della giornata, dal fitness allo smart working, l’open space è destinato a tramontare. E ci sarà bisogno di creare una separazione acustica tra gli ambienti, soprattutto tra cucina e living, senza però rinunciare alla luce naturale» aggiunge Leonora Sartori. In pratica, 110

meno muri, sostituiti da pareti, possibilmente trasparenti, per dividere o unire gli ambienti in base alle esigenze e garantire la privacy. Per esempio, Rimadesio propone Velaria, una porta che scorre su binari, composta da un pannello in vetro rinforzato con rete metallica. Ma anche chi non vuole interventi drastici può ripensare gli spazi con nuovi accorgimenti smart. «Per creare angoli dedicati al benessere o allo smart working si punta su pareti colorate o rivestite con carta da parati, che identificano lo spazio in cui stendere il tappetino o sedersi alla scrivania per lavorare: è una soluzione che non ruba neanche un centimetro». Salvaspazio anche la proposta all’avanguardia, studiata da Artemide, per identificare e illuminare le postazioni di lavoro: si chiama Discovery Space ed è un pannello divisorio altamente scenografico. Il condominio sarà sempre più social Le soluzioni per il singolo appartamento ci sono già, però non sono tutto. «Bisogna ripensare la casa non solo come spazio domestico privato, ma anche come edificio condiviso» sottolinea Marco Casamonti, cofondatore dello studio Archea di Firenze. «Se da un lato è necessario stabilire nuove

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ome sarà l’abitazione del futuro? Il sondaggio lanciato da casa.it tra chi sta cercando un immobile fa emergere nuove esigenze: il 46% degli intervistati mette in cima alla lista dei desideri il terrazzo, il 39% cerca ambienti luminosi, il 19% desidera una cucina abitabile e l’11% vorrebbe un angolo per lo smart working. Recuperare gli spazi inutilizzati per avere ambienti più grandi, multifunzionali e luminosi sono le nuove esigenze anche di chi non ha intenzione di cambiare indirizzo. «Il 62% dei nostri utenti ha dichiarato di essere pronto a rivedere la propria casa dopo averne scoperto difetti e potenzialità durante il lockdown» spiega Leonora Sartori, editor di Houzz, la piattaforma leader mondiale nella ristrutturazione.


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1. Questo pavimento di gres è trattato con Protect®, uno scudo a ioni d’argento che elimina i batteri al 99% (Panaria, da 79,83 euro/mq). 2. L’ultima versione della cucina Miuccia ha ante dipinte con una vernice bio che disintegra le molecole odorose (TMItalia, prezzo su richiesta). 3-4. Idee nuove per lavorare a casa: la scrivania Micke e lo sgabello Nilsen che spariscono nell’armadio (Ikea, 37 e 49 euro); il contenitore smart con un’anta a ribalta (Usm Haller, 2400 euro). 5. Bigfoot® è un sistema di pannelli a scomparsa per riconfigurare gli ambienti (Protek, 3.900 euro il pannello per la bici).

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norme che non consentano più di costruire case al di sotto dei 50 mq (i regolamenti edilizi di Milano e Genova, per esempio, permettono superfici di 28 mq), dall’altro i nuovi condomini dovranno essere progettati con ampi spazi comuni per lo smart working, la palestra, il gioco dei bambini. Che, all’occorrenza, possano anche trasformarsi in luoghi di primo soccorso collegati agli ospedali con la telemedicina». Una visione che indica un futuro in cui molte attività, ora affidate all’esterno, potranno svolgersi nel proprio palazzo, in condivisione con gli altri inquilini. Anche nei condomini esistenti si possono recuperare sale inutilizzate e solai per trasformarli in spazi flessibili adatti al coworking, allo studio e al gioco dei più piccoli. L’intervento, se non comporta modifiche strutturali, può essere approvato dall’assemblea condominiale. Arriva la lampadina che sconfigge i microbi Grazie ai nuovi materiali la casa sarà sempre di più un baluardo per la salute di chi la abita. Lo dimostrano gli ultimi studi scientifici, secondo i quali l’ambiente in cui si vive contribuisce per il 30% al benessere. «Se fino a qualche anno fa l’attenzione era concentrata sulla lotta all’inquinamento indoor provocato dai Voc (composti organici volatili), ora si ragiona anche sulla protezione dagli agenti patogeni» rivela Stefano Capolongo, coordinatore del gruppo di ricerca Design & Health Lab del Politecnico di Milano. «In commercio si trovano già ceramiche per i pavimenti e pitture trattate con ioni d’argento che consentono di eliminare batteri e virus fino al 99%. Ma le sperimentazioni più interessanti riguardano nuovi rivestimenti addizionati con sostanze antibiotiche». Un’altra innovazione promettente è la lampadina a led Biovitae, che riesce a uccidere microbi e virus grazie a una particolare frequenza di luce. È stata testata dal Policlinico militare di Roma e a breve arriverà nelle nostre case. Insomma, la salute oggi dipende anche dalla scelta di lampade e piastrelle, senza trascurare gli interventi architettonici mirati al benessere. «Nella casa del futuro sarà indispensabile una zona filtro per depositare cappotti, scarpe e tutti gli oggetti utilizzati all’esterno, con un piccolo bagno o almeno un lavabo» è la convinzione di Marco Casamonti. «In pratica una nuova versione del vecchio ingresso». Per affrontare il futuro, valgono anche le buone idee del passato. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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1. Iono3 è un generatore di ozono che riduce virus e batteri nell’aria ed elimina muffe e allergeni (Nims, prezzo su richiesta). 2. Le porte scorrevoli in vetro Velaria consentono di dividere gli ambienti lasciando passare la luce e sono realizzate su misura (Rimadesio). 3. Discovery Space è un sistema di pannelli luminosi (Artemide, prezzo su richiesta). 4. Anche la carta da parati è antimicrobica: quella di WallPepper è rivestita con una finitura composta da sali d’argento e disinfettante (109 euro/mq). 5. Bellaria illumina e purifica gli ambienti dalle sostanze nocive (Falmec, 990 euro).

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VORREMO TUTTI UN GIARDINO INDOOR

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I plant lovers lo sanno già: il giardinaggio indoor è il grande trend del futuro. E anche chi non ha mai dedicato troppo tempo alle piante d’ora in poi troverà ottimi motivi per cominciare a occuparsene. Igor Josifovic e Judith de Graaff, fondatori del movimento Urban Jungle Blogger con più di 1 milione di follower su Instagram (@urbanjungleblog), hanno scritto un libro, Plant Tribe, proprio per raccontare il benefico potere del prendersi cura delle piante tra le mura di casa. E le ricerche danno loro ragione. «Il Politecnico di Milano ha monitorato 300 milanesi durante il lockdown» spiega l’architetto Monica Botta. «Chi ha passato del tempo in mezzo al verde è riuscito a superare molto meglio il periodo di stop e non c’è da sorprendersi. Sono ormai tanti studi a dirlo: fiori e piante trasmettono una sensazione di benessere, ci stimolano e ci rigenerano senza affaticarci. È nata perfino una branca della scienza, la biofilia, che si occupa di questi effetti». Portare la natura in casa quindi sarà un’esigenza sempre più diffusa e stanno già nascendo gli arredi su misura per farlo. Come i pannelli di verde verticale, che possono contenere moltissime piante e sono a manutenzione quasi zero: il costo è di circa 500 euro al metro quadro più il sistema d’irrigazione. Se il timore è quello di non avere tempo per la manutenzione, esistono soluzioni salva spazio e salva tempo. Per esempio, scegliere piante con esigenze simili e metterle in una grow box, una grande fioriera che permette di innaffiarne molte in un colpo solo. Ci sono poi sistemi composti da più vasi, tutti collegati a una centralina per l’irrigazione e a un serbatoio. E contenitori a riserva d’acqua che la cedono gradualmente alle nostre piante. A noi non resta che goderci la loro compagnia. Nadia Tadioli ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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direttore responsabile

Annalisa Monfreda annalisa.monfreda@mondadori.it direzione creativa

Tomo Tomo (Luca Pitoni, Davide Di Gennaro) capiredattori ufficio centrale

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Posta Donna Moderna, Mondadori, 20090 Segrate (Milano), specificando sulla busta la rubrica che vi interessa Redazione Telefono: 0275423022; fax: 0275423118. Informazioni sui concorsi e sui prodotti in vendita con Donna Moderna (borse, indossati, libri, Dvd, Cd) telefono: 199111999. Abbonamenti è possibile avere informazioni o sottoscrivere un abbonamento tramite: sito web: www. abbonamenti.it/mondadori; e-mail: abbonamenti@mondadori.it; telefono: dall’Italia 199.111.999 (per telefoni fissi: euro 0,12 + IVA al minuto senza scatto alla risposta. Per cellulari costi in funzione dell’operatore); dall’estero tel.: +39 02.86896172. Il servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 19:00; fax: 030.77.72.387; posta: scrivere all’indirizzo: Press-di Abbonamenti SpA – C/O CMP Brescia – Via Dalmazia 13, 25126 Brescia (BS). L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito: informare il Servizio Abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista. Arretrati Telefono: 045.888.44.00; fax: 045.888.43.78; e-mail: collez@mondadori.it Pubblicità Mediamond SpA, tel: 0221025259; e-mail contatti@mediamond.it

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© 2020 Mondadori Media Spa. Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati. ISSN 1120-5024. Questo periodico è iscritto alla Federazione Italiana Editori Giornali. Numero del certificato: 8672; data del rilascio: 25.05.2020 Periodo sottoposto ad accertamento: Gennaio - Dicembre 2018 Stampa: Rotolito S.p.A. Via Bergamo, 7/9 20063 Cernusco sul Naviglio (MI) Pubblicazione registrata Trib. di Milano, n. 849 del 18.12.1987. Distribuzione a cura di Press - di S.r.l.



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Il made in Italy trova sempre più spazio, anche al super. E scoprire le piccole cantine di qualità diventa facile grazie alle piattaforme web. Ma per il mondo del vino sta partendo una vera rivoluzione: presto si diventerà sommelier con le degustazioni online

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MANG IAR E E B ER E

LE ECCELLENZE CONQUISTANO LA TAVOLA

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CARRELLO ADDIO. ORA BASTA UN CLIC di Manuela Soressi

La spesa online è comoda e sicura. E no, non l’abbiamo abbandonata alla fine del lockdown. Anzi, sta diventando il modo facile e veloce per comprare direttamente dai produttori locali

he spesa faremo nei prossimi mesi? A guardare i dati le tendenze sono chiare: sceglieremo meno piatti pronti e insalate in busta, più farina, uova e latte; preferiremo frutta e verdura confezionata in vaschetta rispetto a quella sfusa, che una volta era più conveniente ma ora costa di più. E saranno premiati i prodotti meno elaborati. Con

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una maggiore attenzione per quelli biologici (22% di preferenze in più, secondo Nomisma-Cia), locali (16%) o comunque di provenienza nazionale (26%). Insomma, la spesa degli italiani è cambiata. «Abbiamo riscoperto il piacere della cucina e si continueranno a preferire cibi semplici, che si possono preparare da sé, oltre che filiere molto corte e made in Italy» spiega Albino Russo, direttore

dell’ufficio studi Coop, che monitora il carrello della spesa degli italiani. La tendenza a tagliare il superfluo e il ritorno ai prodotti basic è dettata anche dall’attenzione ai prezzi. La convenienza è diventata un tema molto caldo (il 31% degli italiani dichiara di comprare già oggi prodotti più economici e il 18% prevede di farlo anche ad emergenza finita, secondo il nuovo Rapporto Coop 2020) ed è stata del tutto ripensata dai supermercati. Rispetto al passato però ci sono meno operazioni promozionali perché gli italiani apprezzano di più i negozi che praticano prezzi bassi ogni giorno (come i discount) o che li hanno bloccati per mesi (come hanno fatto Conad e Coop) e dove, quindi, si spende meno per comprare i prodotti che servono ogni giorno. Ed è proprio per soddisfare il bisogno di risparmio che alcune catene della grande distribuzione (come Tigre ed Eurospin) hanno creato i pacchi a prezzo fisso e conveniente (10 euro per 10 prodotti nel pacchetto Coop ad esempio) dove c’è


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IL DISCOUNT CAMBIA PELLE. E PIACE DI PIÙ

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tutto quel che serve a una famiglia. Una soluzione che fa risparmiare non solo denaro, ma anche tempo. I numeri dell’ecommerce hanno segnato un balzo in tutti i campi, anche nel food dove molti si sono abituati a fare la spesa online. Risultato? Il food registra un +44% rispetto al 2019 (fonte IRI) e il 72% di chi ha usato questo canale dichiara che continuerà a farlo, anche per ragioni di sicurezza, soprattutto in modalità click&collect: si ordina online e si passa a ritirare la spesa in negozio con la propria auto. «È la formula più flessibile in ogni parte d’Italia ed è fattibile non solo dagli ipermercati ma anche dai negozi più piccoli, che così hanno un’arma in più per conquistare e soddisfare i clienti» dice Anna Zinola, docente all’università Cattolica di Milano e autrice del libro La rivoluzione nel carrello (Guerini Next goWare). Internet è una risorsa importante anche per promuovere la filiera corta: il 92% degli italiani (fonte Nomisma-Cia) lo ritiene il canale ideale per acquistare specialità direttamente dai produttori

IL CARRELLO DELLA SPESA È SEMPRE PIÙ GREEN: 1,7 MILIONI DI ITALIANI DICHIARANO CHE NEL 2021 INIZIERANNO A COMPRARE PRODOTTI ALIMENTARI SOSTENIBILI Fonte: Rapporto Coop

locali, che sempre più fanno rete per vendere online, creando siti ad hoc come foodelizia.it e ruralshop.it. Il festival di quest’ultimo è diventato un appuntamento che riscuote sempre più successo perché mette al centro piccole realtà con un’offerta limitata, ma di grande qualità. Basta scorrere l’elenco dei prodotti offerti online dal Pacco agricolo: latte fresco intero di vacca grigia dell’Appennino bio, prosciutto crudo da maiale nero 36 mesi, testarolo artigianale di farro cotto nei testi tradizionali, formaggio di vacche rosse stagionato minimo 24 mesi, passata di pomodoro Riccio di Parma. Chi rinuncerebbe a questi sapori sempre più a portata di clic?

Cresce da anni in Italia, ma in questo 2020 sta correndo: +15% rispetto al 2019, secondo Nielsen. E non si fermerà. «È un negozio che piace perché rende più facile e veloce fare la spesa» spiega Nicola De Carne, esperto di Gdo di Nielsen «C’è tutto quello che serve, ma senza l’eccesso di offerta di un ipermercato che spesso disorienta, rispetto al passato ha molti più prodotti freschi che oggi sfiorano la metà delle vendite e di maggior qualità. In più l’assortimento è tarato sui gusti degli italiani». Il discount, che nasce in Germania negli anni ’70, è diventato sempre più tricolore. E non solo perché ai colossi tedeschi (come Lidl e Aldi) si sono affiancati tanti operatori italiani (Eurospin, MD e Dpiù) ma anche perché il 70-90% dei prodotti sono realizzati nel nostro Paese. Non si tratta più solo di pasta o conserve di pomodoro, ma anche di eccellenze, come i vini Docg e i salumi Dop, e di specialità regionali, dagli amaretti di Sassello al pecorino di Pienza. Il discount le ha fatte arrivare in tutta Italia (e pure all’estero) e le ha rese disponibili a tutte le tasche, visto che la convenienza resta il suo cavallo di battaglia. Al discount si arriva a risparmiare anche il 50 per cento.

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È BOOM DI BRINDISI VIRTUALI di Stefania Carlevaro

Il nuovo piacere degli italiani sono le bottiglie che arrivano a casa, con tanto di schede o video lezioni che vanno dai rossi allo champagne. Si passa una serata piacevole per poi andare in cantina a colpo sicuro

na volta era solo in cantina o in enoteca, ora la degustazione guidata del vino è diventata una coinvolgente esperienza virtuale. I corsi digitalizzati che hanno portato a casa la cultura della sommellerie sono esplosi come trend durante il lockdown e hanno coinvolto così tanto gli italiani che, anche a quarantena terminata, non si rinuncia ai brindisi sui social o su Zoom. E così i video aperitivi sono diventati un’alternativa all’appuntamento al bar e hanno segnato il grande cambiamento nelle abitudini quotidiane con molti innegabili vantaggi. L’ottimizzazione del tempo e la condivisione di un interesse hanno permesso di fare due chiacchiere e bere un bicchiere insieme anche a chi vive a chilometri di distanza.

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Più visibilità ai piccoli produttori La grande novità è che gli italiani si sono rivelati interessati al mondo del vino e intenzionati a saperne di più. E il virtuale consente di farlo con grande facilità: mettersi davanti al video, stappare la bottiglia, ascoltarne la storia, imparare a riconoscere aromi e profumi, tutto nel giro di un’ora circa, è spesso più semplice e gratificante che percorrere chilometri per arrivare in una cantina o visitare un’azienda, ma soprattutto dà la possibilità di scoprire piccole realtà produttive, magari molto lontane dalla propria zona. È quello che propongono all’Aspi (Associazione sommellerie professionale italiana) con i corsi Sommelier At Home dove un esperto certificato, durante tre 120

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incontri in diretta live, guida all’assaggio di altrettante bottiglie di produttori di una Regione italiana, selezionate tra le eccellenze. «Stavamo pianificando i corsi online da un paio di anni» racconta Giuseppe Vaccarini, presidente di Aspi, eletto miglior sommelier del mondo nel 1978. «Quando c’è stato il lockdown eravamo già pronti e ci siamo lanciati. Prima con minivideo di dieci minuti, tutti i giorni, con un sommelier che tratta un argomento. L’adesione è stata così alta che ne abbiamo realizzati 60 (su www.facebook.com/aspisedecentrale). Un altro successo sono i corsi di degustazione regionale: i vini vengono spediti a casa e la lezione dura al massimo un


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Balance si vende in set da 2 (36 euro, tutto Nude). 2. Arreda la parete il portabottiglie in acciaio (Tongue per Hiro, 39 euro il modulo). 3. Coravin permette di aprire e richiudere la bottiglia senza far entrare l’ossigeno (modello Sixcore, 349 euro, KÜNZI, shopit.kunzigroup. com). 4. Il carrello in legno è perfetto per le degustazioni a casa (Sorgues, Maison du Monde, 199 euro).

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paio d’ore. Il prossimo passo saranno quelli per sommelier: a settembre si parte con il primo livello. Andiamo con cautela, perché è la professionalità che premia: dalla realizzazione dei programmi in Power point agli argomenti da trattare». Corsi online anche per la neo piattaforma decantico (https:// www.decantico.com/): «Proponiamo 15 lezioni da 30 minuti con 10 mini bottiglie da degustare e ognuna tratta un tema diverso» spiega Marco Gallo, ceo di decantico, sommelier professionista e membro della commissione International Taste and Quality Institute di Bruxelles.

E una volta scelta la bottiglia perfetta? Bisogna abbinarla alla cena giusta. Un aiuto arriva dai kit delivery con ingredienti già dosati e ricette da seguire passo passo, una new entry, che ha conquistato i foodist. Second chef (secondchef.it) funziona con un abbonamento: il prezzo varia in base al numero di porzioniricetta che si ordinano. Anche su Quomi (quomi. it) si sceglie e si compone la propria box in base alle persone della famiglia: da 1 a 5 pasti, selezionando le ricette dal menu del sito.

Lo storytelling corre sui social Anche Tannico, la celebre piattaforma di vendita di vini, lancia una nuova proposta dedicata ai wine lovers. Dal primo ottobre, sul sito della Tannico flying school (tfs.tannico.it), sarà possibile acquistare, con un abbonamento annuale, uno slot di 100 lezioni diviso in 11 percorsi tematici che spaziano dalla Toscana alla Champagne, più 50 “how-to” per conoscere meglio il vino: come aprire una bottiglia o interpretare un’etichetta, oltre a degustazioni e talk. Il fenomeno è destinato ad allargarsi: la Milano wine week (milanowineweek.com), la grande fiera milanese del vino, dal 3 all’11 ottobre, ha in programma anche tantissimi appuntamenti digitali. «Per gli operatori abbiamo realizzato delle tasting room collegate con le principali città internazionali, New York, Miami, San Francisco, Toronto Mosca, Shanghai, Hong Kong, per consentire alle aziende di presentare le novità con degustazioni in diretta: basta registrarsi sulla piattaforma digitalwinefair.it» spiega Federico Gordini, presidente e fondatore della Milano wine week. «Ma non mancheranno i winetelling per il pubblico, con approfondimenti e degustazioni live sulle pagine social di Facebook e Instagram». Lezioni a parte, il mondo del vino lancia anche nuove iniziative, come i #freisafriday, un progetto ideato dal Consorzio Freisa di Chieri e Collina torinese per promuovere i produttori e i tesori enogastronomici locali e sostenere la ripartenza. Ogni venerdì, su Instagram e Facebook si trovano video che raccontano storie di eccellenza. Da godersi a casa, ma da replicare da ottobre con visite in cantina e appuntamenti al ristorante. Perché diffondere le conoscenze attraverso Internet serve anche a questo: scoprire nuove realtà, anche lontane, per poterle vivere e gustare di persona. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL TURISMO RIPARTE DA QUI

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CECILIA CASTELLI

Le vacanze mordi e fuggi lasciano il posto a modi diversi di visitare città , borghi e Paesi. Qualunque sia il nostro itinerario ci divertiremo a cucinare, fare sport e scoprire opere d’arte insieme alla gente del posto. E, al momento di tornare, in valigia non metteremo i soliti souvenir ma nuove amicizie ed esperienze uniche di Alessia Cogliati

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G U I D E P R ATI C H E

utti parlano dei bilanci in negativo del turismo ma la speranza è che il settore continui a dare lavoro a tanti: l’ultima ricerca del World travel and tourism council, che fornisce i dati sull’impatto occupazionale per 185 Nazioni e 25 regioni geografiche ed economiche, mostra che il turismo ha registrato una crescita del 3,5% nel 2019. In altre parole, negli ultimi cinque anni, prima dell’arrivo del Covid, un posto di lavoro su quattro è nato da qui, dalla nostra voglia di viaggiare e conoscere il mondo. E ora? La pandemia ha rivoluzionato abitudini e desideri e le vacanze mordi e fuggi nelle solite destinazioni hanno perso ogni appeal. Il turismo di profondità è la tendenza interessante dei prossimi anni. Viaggiare significherà sempre di più approfondire la conoscenza di un luogo, anche vicino a casa. Ed entrare in contatto con la gente che lo abita scoprendo le piccole realtà artigianali e regalandosi esperienze fuori dall’ordinario, dalle attività con i local ai city running tour e alle visite notturne. «I nuovi turisti sono onnivori, eclettici, hanno bisogno di stimoli diversi e cercano esperienze inedite» dice Roberta Garibaldi, docente universitaria di Tourism management e speaker per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Turismo. «Alla vacanza chiedono un ritmo lento, magari disconnesso, prenotano strutture wellness ma non intendono rinunciare all’emozione della novità». Un trend accelerato dalla spinta al digitale che stiamo vivendo: il web rende sempre più accessibili migliaia di informazioni e consente a tutti noi di scegliere in modo autonomo e consapevole. «Se prima si viaggiava per vedere delle cose, in futuro si viaggerà per fare delle cose: già oggi i dati dicono che durante un’unica vacanza ogni turista vive in 126

DAL 21 AL 27 SETTEMBRE SI TIENE L’AWAKENING WEEK ITALIANA DEDICATA AL RISVEGLIO DEL TURISMO. IN PROGRAMMA VISITE AI MUSEI E GIRI IN GONDOLA (TIQETS.COM)

media 7 esperienze, soprattutto nel mondo del food, ed è anche in base a quelle che sceglie una destinazione rispetto a un’altra» conferma Mirko Lalli, fondatore e ceo di Data Appeal Company, società nata in H-farm che, usando data science e intelligenza artificiale, fa consulenza a destinazioni turistiche e strut-

ture ricettive. Ma c’è un altro trend di cui forse ancora non vediamo tutte le potenzialità ed è quello della sostenibilità. Nel Nord Europa ci sono già arrivati. In Scandinavia c’è una nuova parola che circola ed è flygskam, la vergogna di prendere l’aereo. I dati del Wwf dicono che il 23% dei cittadini svedesi l’anno scorso ha rinunciato a volare per ridurre il proprio impatto climatico, mentre la startup fintech Doconomy ha lanciato, in collaborazione con Mastercard, una carta di credito che traccia le emissioni di anidride carbonica e blocca le spese del titolare quando, tra beni e servizi acquistati, raggiunge un certo livello di emissioni. Il limite si basa sul calcolo di quanta Co2 ogni cittadino può

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emettere per raggiungere l’obiettivo di dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030. «Questo però non vuol dire che faremo vacanze meno interessanti o a corto raggio» conclude l’esperto. «Pensiamo, per esempio, all’hyperloop, il treno a levitazione magnetica: l’alta tecnologia nel settore dei trasporti consentirà di raggiungere l’angolo più remoto del mondo velocemente e con un minore impatto ambientale». Una buona notizia per il miliardo e 300 milioni di persone che secondo l’Organizzazione mondiale del turismo dell’Onu viaggeranno per il Pianeta nel 2021. Come lo faranno? Seguendo i 4 trend del turismo che ti raccontiamo qui. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

ATTIVITÀ ORIGINALI CON I LOCAL

In un mondo in cui web, tv e Instagram hanno già mostrato tutto, vivere un’esperienza unica in vacanza fa la differenza. La ricerca Multi-national travel trends di Expedia lo conferma: a determinare la scelta di una meta è la possibilità di fare attività originali. «Il turista cerca avventure che coinvolgano i 5 sensi, vuole essere parte attiva nel creare un’emozione» spiega Roberta Garibaldi. «È anche per questo che il turismo enogastronomico, sensoriale per Dna, sarà sempre in forte ascesa». Le destinazioni, dalle città d’arte ai borghi, si attrezzano. E i piccoli artigiani, orgogliosi del loro know how, accolgono i visitatori nei loro laboratori. Succede, per esempio, a Modica, dove Donna Elvira apre il suo opificio di cioccolato per spiegare come si scelgono le fave di cacao e si trasformano in barrette (gratis, donnaelvira.it). A Venezia lo squero Tramontin, fondato nel 1884 e ora guidato dalle giovani Elena ed Elisabetta, mostra ai turisti il cantiere per raccontare come si costruisce una gondola (da 50 euro a gruppo, tramontingondole.it). Ma le offerte si moltiplicano. Wonder Grottole, l’impresa sociale impegnata nel recupero del borgo lucano a 30 km da Matera, offre incontri con i local: si crea un vaso con Nisio, si impara il grottolese con Michela (30 euro, wondergrottole.it). Mentre in Puglia è stata lanciata la app Feel at home che nella Valle d’Itria fa incontrare i turisti con la gente del posto. «Abitanti, negozianti e artigiani mettono a disposizione le loro esperienze con percorsi personalizzati sulle richieste del visitatore, che può impostare i desiderata in pochi clic» spiega Roberto Di Leo, amministratore di Eminds, la società di Bisceglie che ha lavorato alla app.

IL 67% DEI TURISTI HIGH SPENDER PREFERISCE INVESTIRE IN ESPERIENZE PIUTTOSTO CHE IN ALBERGHI DI LUSSO

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IN CHAT C’È IL TRAVEL DESIGNER PERSONALIZZATO

A West Hollywood ci sono agenzie di viaggi di lusso, come la Celestielle (celestielle.com), che programmano vacanze da 180 mila dollari l’anno per clienti di cui sanno tutto, dai gusti a tavola al cuscino preferito. Senza arrivare a questi eccessi la figura del travel designer è sempre più richiesta anche in Europa: è il professionista che aiuta i clienti a scegliere meta, durata e percorso più interessante per ottimizzare l’esperienza di viaggio. «“Dove ti piacerebbe andare?”: comincia così la videochat con i miei clienti» racconta Carla Diamanti, travel coach che ha accompagnato centinaia di gruppi in giro per il mondo e insegna Comunicazione internazionale per il turismo all’università di Torino (carladiamanti.com). «Si rivolgono a me famiglie e professionisti con poco tempo a disposizione. La mia forza è che lavoro per loro, non ho vincoli con agenzie o tour operator, non vendo pacchetti e non percepisco provvigioni. Mi occupo dei contenuti e programmo un viaggio su misura come se lo facessi per me. Le persone investono soldi e tempo nelle vacanze ed è importante offrire loro un servizio di qualità, che tenga conto anche dell’aspetto psicologico: oggi molti hanno bisogno di uscire dalla comfort zone per viaggiare sentendosi al sicuro. Se mi chiedono anche alberghi e ristoranti, preparo una selezione ma lascio che siano loro a scegliere. Disegnare un viaggio costa intorno ai 200 euro». Anche tra i tour operator si moltiplicano quelli che propongono pacchetti su misura: ogni anno l’agenzia francese Traveller Made premia e pubblica la lista dei migliori al mondo (travellermade.com).

Dati Skift Research

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VACANZE TRA PERFETTI SCONOSCIUTI

Basta digitare “community viaggiatori” su Google per ottenere più di 17 milioni di risultati. «Un tempo erano solo i villaggi turistici a offrire quella facilità di incontro spesso tanto richiesta dai vacanzieri, oggi ci pensano le piattaforme web a formare gruppi di sconosciuti sulla base di interessi e passioni comuni» commenta Roberta Garibaldi. Ma chi sceglie questa formula? «Tra i nostri clienti contiamo per lo più Millennials: il 90% parte senza conoscere gli altri partecipanti, il 65% è donna, il 60% è al primo viaggio fuori dall’Europa» spiega Erika De Santi, cofondatrice e managing director di WeRoad, community online che in due anni ha portato in giro per il mondo 15.000 persone (weroad.it). «Secondo i nostri dati, in futuro il viaggiatore sarà sempre più flessibile e abituato a gestire le variabili di una vacanza, anche dovute alla situazione epidemiologica. Si sceglieranno soprattutto le mete del Nord Europa. Altro trend in crescita sarà la vacanza in barca, che consente ritmi rilassati e permette di fare nuove conoscenze in sicurezza con un numero limitato di persone». Lo sanno 128

bene gli 80.000 iscritti alla community della startup italiana Sailsquare che mette in contatto skipper locali con viaggiatori solitari o in gruppo. Tante le proposte: dalle Egadi a Bali, da Cuba ai Caraibi (it.sailsquare.com).

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VIA DALLA PAZZA FOLLA

Stop all’overtourism, via libera all’undertourism. In altre parole, diminuisce il sovraffollamento delle grandi mete turistiche a favore di luoghi lontano dalle rotte battute. «A livello internazionale l’aumento di collegamenti aerei anche low cost ha permesso di raggiungere città meno conosciute» afferma Roberta Garibaldi. «In Italia, invece, rimarrà forte la tendenza a scoprire borghi minori e località di montagna». Alcune destinazioni ipergettonate hanno già pensato a porre dei limiti: Dubrovnik, per esempio, apre il porto a un numero ridotto di navi da crociera, la Thailandia ha chiuso Maya Bay, la spiaggia più famosa delle isole Phi Phi, il borgo di Riomaggiore alle Cinque Terre ha discusso come regolare il

flusso di turisti. I viaggiatori intanto spostano il gps su mete minori. A loro le associazioni specializzate in turismo slow propongono pacchetti alla scoperta di luoghi inediti. La compagnia dei cammini porta i trekker sul sentiero dei Briganti tra la Marsica, in Abruzzo, e il Cicolano, nel Lazio (cammini.eu). Movimento Lento invece accompagna lungo il cammino d’Oropa da Santhià al santuario biellese (movimentolento.net). Mentre il Cammino delle Terre Mutate, da Fabriano a L’Aquila, è pensato perché gli sportivi entrino in contatto con le persone che abitano i comuni toccati dal terremoto (camminoterremutate.org). La riscoperta di piccoli borghi e destinazioni alternative è protagonista anche nell’editoria: Terre di Mezzo pubblica una collana dedicata ai percorsi italiani (tra le ultime uscite ci sono Guida alla via degli Dei e Il cammino balteo, terre.it), il Touring ha registrato il ciclo di webinar Vacanze in Italia sulle mete sicure e sostenibili (touringclub.it). Infine, per chi ancora non può o non vuole muoversi da casa, c’è l’app gratuita Enit Italia Virtual Reality per percorrere virtualmente la Penisola alla scoperta di tutta l’autenticità italiana.

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LE STORIE DELLE LETTRICI

ILLUSTRAZIONE DI CECILIA CASTELLI

C’è chi parte per il giro del mondo e chi torna nella città di origine. Chi realizza il suo sogno nel cassetto e chi scopre una nuova passione. All’inizio dell’estate vi avevamo chiesto di raccontarci come questo 2020 così particolare stia cambiando le vostre vite. La nostra troupe ha girato tutta l’Italia per raggiungervi, intervistarvi e fotografarvi. Ed ecco, nelle prossime pagine, l’emozionante diario collettivo che abbiamo scritto insieme

IL FUTURO SECONDO VOI testi e foto di Camilla Albertini e Paolo Carlini

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SCOPRIREMO IL MONDO IN BARCA A VELA

SARA ROSSINI, 40 ANNI, DI COSTA MASNAGA (LECCO)

«Il 25 settembre insieme a mio marito Stefano e ai nostri figli Iago, Nina e Timo di 11, 8 e 3 anni, partiremo con la barca a vela per scoprire il mondo. Vogliamo provare una vita a impatto zero, diversa da quella di tutti i giorni. Abbiamo venduto la nostra casa in provincia di Lecco per realizzare questa avventura e per permetterci di essere autonomi per un anno. Grazie a congedi parentali e ferie accumulate, nelle scorse estati io e mio marito siamo riusciti a utilizzare a lungo la barca per fare esperienza. Stefano, tecnologo di fisica nucleare, ha preso un anno di aspettativa, io sono una designer del tessuto freelance. Grazie all’appoggio della dirigente scolasti-

namento ambientale e sull’uso intelligente delle risorse: sulla barca vivremo con l’energia fornitaci da acqua, vento e sole e i dati saranno disponibili su una piattaforma fruibile dalle scuole. La nostra rotta, Covid permettendo, prevede Gibilterra, Canarie, Capo Verde e Caraibi, poi si vedrà. Vorremmo che i bambini imparassero a gestire l’emozione di un programma che cambia e a navigare senza paura. Il nome della barca è Shibumi, che in giapponese significa bellezza poco appariscente, un’onomatopea dello sciabordio dell’acqua. Sappiamo che sarà un viaggio pazzesco e il passo più coraggioso l'abbiamo già fatto uscendo dalla nostra comfort zone».

ca, ci avvarremo per i nostri figli dell’istruzione parentale. Mai avremmo immaginato che le classi online sarebbero diventate la normalità. Il periodo di lockdown ha insegnato a Iago e Nina che possono studiare grazie alla tecnologia. I bambini e gli adolescenti esistono in tutto il mondo e i nostri figli avranno la possibilità di fare amicizia e confrontarsi con coetanei di lingue e culture diverse, mantenendo i contatti grazie a Internet. Per dare un valore aggiunto al nostro viaggio abbiamo ideato, con il patrocinio dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il supporto di enti di ricerca, un laboratorio galleggiante che sensibilizzi i ragazzi sul tema dell’inqui-

«I BAMBINI POTRANNO STUDIARE A DISTANZA MENTRE CONOSCONO PERSONE E CULTURE NUOVE» 134

©RIPRODUZIONE RISERVATA - FOTO DI CAMILLA ALBERTINI

LE STORIE DELLE LETTRICI



APRIRÒ UN B&B NELLA CASA DI FAMIGLIA

NOEMI GAMBINI, 54 ANNI, DI OSIMO (ANCONA)

«Durante il lockdown ho avuto tempo per riflettere su cosa volessi veramente dalla mia vita. Dopo aver lavorato per molti anni a Roma come organizzatrice di mostre, mi sono resa conto che la mia aspirazione non era più stare in una grande città e che il mio impiego, nonostante unisse le mie passioni per l’arte e per la cultura, aveva perso fascino. È difficile per una donna di 54 anni lasciare la propria occupazione, perché è un’età in cui si è ancora lontane dalla pensione e allo stesso tempo è difficile reinserirsi. Ma io ho preso coraggio e ho deciso di tornare nella mia terra, le Marche, per ristrutturare la casa di Osimo dei miei nonni e creare un b&b, con lo spirito di

sentivo più realizzata e ho deciso di cambiare. La mia speranza è avere una qualità di vita superiore e riappropriarmi del mio tempo. Auguro questo a me e a chi sarà mio ospite. Quando a giugno sono tornata nelle Marche mi sono accorta che 9 dei pini piantati in giardino da mio padre alla mia nascita si erano ammalati e ho dovuto abbatterli. All’inizio ero sconfortata, ma ora mi rendo conto che si è creata una luce nuova anche in casa. Le novità saranno tante: l’orto, già esistente, sarà ancora più biologico e vorrei che diventasse “un’aula didattica” per i bambini. E, forte della mia esperienza professionale, vorrei aprire questa casa a progetti culturali».

accoglienza che si avvicina alla natura e alle tradizioni della mia gente. Se prima questo cambiamento era un processo interiore, ora che mio padre è mancato è una necessità: citando i contadini, “morto porta vivo”, quasi fosse un passaggio di testimone. Nessuno può darmi certezze, ma io ho fiducia nel futuro perché ho visto le persone vivere molto a lungo in questa casa. Alcuni amici mi dicono che tornerò alla vita di Roma. Chi mi conosce da maggior tempo, invece, si aspettava già questo mio cambiamento, ed è stata una scoperta che mi ha dato forza e ispirazione. Non è semplice far capire agli altri che sei arrivata alla fine di un percorso: non mi

«HO DECISO DI TORNARE ALLA MIA TERRA, LE MARCHE: CAMBIARE È STATA UNA NECESSITÀ» 136

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LE STORIE DELLE LETTRICI



INSEGNO L’ARTE AI RAGAZZI SU YOUTUBE

RAFFAELLA ARPIANI, 49 ANNI, DI MILANO

«Sono docente di storia dell’arte al liceo Tenca di Milano: sin dall’inizio della pandemia ho capito che le scuole sarebbero rimaste chiuse a lungo, così ho pensato di usare YouTube per caricare le mie videolezioni. Ho dovuto improvvisare un nuovo metodo per essere vicina ai miei ragazzi. Erano spaesati, spaventati, catapultati nel mondo degli adulti in una situazione drammatica, senza istruzioni e certezze. Hanno compreso il rispetto delle regole e vissuto una rivoluzione, un corso accelerato di senso civico, maturità e filosofia senza poter uscire di casa. Molti di loro, con la chiusura della scuola per il carnevale ambrosiano, sono rimasti bloccati in località di vacanza sen-

glio aiutare i miei studenti a conoscersi e a realizzarsi anche attraverso l’arte. Il canale YouTube è a mio nome, ma lo chiamo “Arte Essenziale”, sia perché carico contenuti basici, sia perché penso che l’arte sia necessaria. Vorrei far riflettere i ragazzi sull’uso delle immagini e del corpo, soprattutto femminile, nell’epoca in cui la fotografia spopola sui social. Inquadrature o pose veicolano messaggi di cui sono a volte inconsapevoli. Mostrerò loro i nudi di Tiziano, Goya o Manet per confrontarli con le foto sui social, dove i corpi sono esposti in vetrina. Voglio educarli alla libertà e a uscire dai modelli precostituiti. L’arte può insegnare a trovare la propria strada».

za connessioni di qualità. Ho pensato agli studenti parte di famiglie numerose, con fratelli e sorelle impegnati a loro volta nelle lezioni e genitori che devono utilizzare l’unico computer di casa per lavorare. Ho usato YouTube per una migliore fruibilità. E ho ricevuto moltissimi messaggi di incoraggiamento: ogni volta che uno studente mi ringrazia accorgendosi del mio impegno mi commuove. Uno di loro mi ha detto che seguire le mie videolezioni è appassionante come una serie tv. Nonostante non fossero perfette (difficile, seguendo 9 classi), ho comunque deciso di renderle pubbliche. Colleghi di tutta Italia hanno iniziato a scrivermi e a utilizzarle. Quest’anno vo-

«VORREI FAR RIFLETTERE GLI STUDENTI SULL’USO DELLE IMMAGINI E DEL CORPO SUI SOCIAL» 138

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LE STORIE DELLE LETTRICI



UN FARO ALL’ALBA È QUELLO CHE CERCAVO

ELISA MELE, 34 ANNI, DI CURSI (LECCE)

«Sono nata a Cursi, patria della lavorazione della pietra leccese. La mia famiglia è in questo campo da 4 generazioni, il mio futuro era già scritto; ma nel 2012 l’azienda ha chiuso e ho dovuto rivedere i miei piani. Ho creato così “Apulia Stories”, un’associazione di promozione del territorio pugliese: corsi di scalpellino, lavorazione della terracotta e laboratori per fare la pasta, le conserve e i pasticciotti. Spesso mi è capitato di accompagnare le persone in visita al faro di Punta Palascia, per una colazione al sacco o una salita alla lanterna, e ogni volta ho sentito un entusiasmo e un affetto crescente per questo luogo, allora chiuso. Quando lo os-

che abbiamo riaperto al pubblico dopo il lockdown, ho ancora più voglia di vivere al massimo la mia “missione”, perché racchiude tutto ciò che non avrei mai immaginato di fare nella mia vita. Ho capito che la mia dimensione ideale non è per forza quella familiare, bensì la condivisione di spazi che appartengono a tutti. Il cambiamento è l’aver riscoperto il mio valore in un contesto inaspettato... L’ho desiderato a lungo e alla fine questo sogno si è avverato. La pandemia mi ha fatto comprendere ancora di più che non siamo quello che possediamo, ma quello che è dentro di noi e che abbiamo piacere di condividere con gli altri».

servavo, specie nella luce magica dell’alba, sentivo che quel faro meritava di tornare a nuova vita. Così, nel luglio 2019, ho iniziato a organizzarvi incontri culturali con la collaborazione del mio compagno Alessandro. Facciamo “passeggiate tra le stelle” guidati da un astronomo, organizziamo trekking all’alba, sessioni domenicali di yoga. Siamo nel punto più a est d’Italia, dove nasce il primo sole dell’anno. Il mio augurio è che questo posto continui a essere vivo, perché salire su un faro apre nuovi orizzonti e visioni. Sto bene quando riesco a portare agli occhi e al cuore di molti la bellezza autentica e l’anima viva di questo territorio. Ora

«SALIRE QUASSÙ APRE NUOVI ORIZZONTI E SPINGE A CONDIVIDERE SPAZI ED EMOZIONI» 140

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LE STORIE DELLE LETTRICI



SIAMO DIVENTATI DUE NOMADI DIGITALI

VERONICA GENNARO, 29 ANNI, DI MODICA (RG) E CARMINE FUCCI, 32 ANNI, DI SANT’AGATA DE’ GOTI (BN)

«A 28 anni avevo già casa, macchina di proprietà e contratto a tempo indeterminato. Non mi mancava niente, eppure mi mancava tutto» racconta Veronica. «Non avevo la libertà di viaggiare, vincolata com’ero dalle ferie. Svolgevo un lavoro amministrativo e nel tempo libero mi dedicavo alle mie passioni: la scrittura e la fotografia. Ho così deciso di lasciare il posto fisso e oggi sono content writer, scrivo contenuti per il web. Finalmente ho un lavoro da remoto che mi permette di avere il controllo del mio tempo. Ho fatto questo grande cambiamento anche grazie a Carmine, incontrato su un gruppo web di nomadi digitali alla fine del 2019. I nomadi digi-

con saggezza e in profondità [...] e non scoprire in punto di morte che non ero vissuto”. Non ho casa perché mi piace fare del mondo la mia casa. Ho deciso di sfruttare la libertà che il mio lavoro di scrittore per il web può darmi: mi sono alzato una mattina e ho comprato un biglietto per Barcellona, così ho cominciato a vivere da nomade digitale. Veronica è venuta a trovarmi e ci siamo innamorati. Il mio nomadismo è arrivato a Modica da lei nel gennaio 2020, quando abbiamo iniziato a convivere: il cambiamento è stato trovarsi fermi a causa del Covid. Questa pausa ci ha consentito, comunque, di programmare i nostri prossimi passi».

tali svolgono il proprio lavoro in qualsiasi luogo si trovino. Bastano un computer e una connessione Internet. Lui è un “seo copywriter”, il suo mestiere è un misto tra creatività e algoritmi. Abbiamo cominciato a collaborare e oggi siamo una coppia nella professione e nella vita. Quando abbiamo iniziato a frequentarci, lui abitava a Barcellona ma mi ha detto: “Lavoro online, posso raggiungerti”. E così ha fatto». «Sono tornato in Campania dopo la laurea in Archeologia a Roma e mi sentivo spinto da un’enorme necessità di fare esperienze» aggiunge Carmine. «Come scrisse il poeta Henry Thoreau: “Andai nei boschi perché volevo vivere

«LAVORIAMO OVUNQUE: NON ABBIAMO CASA PERCHÉ FACCIAMO DEL MONDO LA NOSTRA CASA» 142

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LE STORIE DELLE LETTRICI


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IL MIO GIALLO È NATO DURANTE IL LOCKDOWN

PAOLA IANNELLI, 55 ANNI, DI POZZUOLI (NAPOLI)

«Insegno lingua e letteratura spagnola in un liceo. Mi sentivo costretta nel ruolo di docente e ho deciso di fare un dottorato in Spagna, all’università di Salamanca, con una tesi sul romanzo giallo partenopeo. La scrittura mi ha in qualche modo sempre accompagnato: ho vinto il mio primo concorso letterario a 13 anni e di recente sono entrata in un circuito accademico al femminile dove, come archeologhe, scaviamo nel passato per dare il giusto riconoscimento alle donne di rilievo ma dimenticate. Il tempo che ho avuto a disposizione durante il lockdown mi ha permesso di dedicarmi alla scrittura di un giallo ambientato nel mio quar-

lorato dove le sfumature, gli atteggiamenti e le parole sono comprese solo da chi vi si immerge. Scrivere ha per me un effetto catartico: quando metto la parola fine è come se avessi partorito, perché la storia è stata fi ad allora un chiodo fisso. Il titolo del mio libro sarà Il paradiso non ha un angolo retto, citazione dantesca perché il testo esplora l’inferno dell’animo umano. Se dovessi descriverne la prima immagine, vedo una donna ridotta quasi a uno scheletro e un uomo affascinante che la domina. Poi sento il profumo di una pianta che ho visto da bambina sulle montagne abruzzesi. Siete curiosi di scoprire il resto?».

tiere di nascita, Chiaia-San Ferdinando, che uscirà nel 2021. Non lascerò l’insegnamento: l’aula per me è vita, passione per la materia che insegno e amore per i miei ragazzi che sono stati il primo pubblico. Ho letto loro l’incipit del romanzo senza dire che lo avevo scritto io. Mi hanno subito riconosciuto: “Prof, ma è lei!”. Questo episodio mi darà la forza di proseguire: adoro il fatto che la scrittura possa farmi viaggiare pur rimanendo legata alla mia terra. Napoli è maledettamente bella e spietata: se ti fermi a osservare i volti delle persone avrai mille personaggi per i tuoi romanzi, non accade in nessun altro luogo. È un palcoscenico co-

«AMO LA SCRITTURA PERCHÉ MI PERMETTE DI VIAGGIARE RESTANDO ANCORATA A NAPOLI» 144

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LE STORIE DELLE LETTRICI



VI EMOZIONERÒ CON IL CINEMA IN MASSERIA

ALESSANDRA RECCHIA, 40 ANNI, DI LOCOROTONDO (BARI)

«Dal 2016 gestisco insieme a mio marito Giuliano la masseria Montenapoleone, nei pressi di Fasano. Qui, nell’aranceto, il profumo dei fiori è inebriante. In questo luogo magico c’è anche un coniglio bianco che sembra volerti suggerire che ti trovi in un’altra dimensione. Produciamo 3 qualità d’olio a seconda dell’età dell’ulivo: il suo gusto differente va abbinato con sapienza al cibo. Frutta, verdura e vino non mancano e portiamo avanti le antiche colture di grano. Ci piace modificare gli oggetti in maniera non convenzionale, per esempio vecchie persiane si trasformano in mensole per la casa. Il rispetto della biodiversità è tra le filosofie della nostra masseria. Sono na-

te desiderio di ricongiungermi con il cinema. In questo momento di stop ho imparato che l’unico errore è non fare niente e che bisogna essere pronti a cambiare strategia. Per me il racconto è qualcosa di spontaneo e in questa terra la luce ti chiama, ti invita. Ho allestito quindi in masseria un cinema all’aperto. L’altra sera ho proiettato La La Land, che considero il film dei sognatori per eccellenza. Sono certa che l’esperienza sia rimasta nel cuore degli spettatori, sdraiati sotto le stelle mentre la luna spunta sul mare, accompagnati da una musica coinvolgente. Ci sono moltissime storie ancora da scrivere e, come me, tanti hanno voglia di cultura».

ta a Locorotondo ma ho vissuto a Roma, dove ho lavorato come sceneggiatrice e aiuto-regista. Sono tornata qui per prendere una pausa dal mondo del cinema e ho scoperto il turismo esperienziale: la chiave sta nel creare viaggi che mettano in luce la storia, la cultura e le tradizioni di un luogo affinché l’ospite se ne ricordi. Qui organizziamo degustazioni in vigna, assaporando il vino in una full immersion di profumi, colori e suoni. Ricreiamo dei mondi, esattamente come facevo quando scrivevo sceneggiature: disegno su misura una dimensione in cui qualcuno si emozionerà. Durante il lockdown ho sentito una voce dentro di me che aveva bisogno di spazio: un for-

«QUI, NELL’ARANCETO, RICREO STORIE E MONDI COME QUANDO SCRIVEVO SCENEGGIATURE» 146

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LE STORIE DELLE LETTRICI


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REGALERÒ SORRISI CON LA MIA CUCINA

FIORINA AGOSTINI, 36 ANNI, DI ROMA

«Il mio cambiamento ha avuto inizio immediatamente prima del lockdown e si è concretizzato nel mentre: lavoravo in diverse cliniche come infermiera e facevo assistenza domiciliare. Ho seguito per anni una paziente in particolare, ero diventata parte della sua famiglia: quando è venuta a mancare ho sofferto molto. Questo mi ha un po’ allontanato da una professione che comunque amo, ma che per mia eccessiva sensibilità non sento più come vera passione. A febbraio ho preso una pausa dal lavoro per problemi di salute e dopo accurati esami sono risultata intollerante al lattosio. La cucina è sempre stata un mio grande interesse ma non

solo far stare bene le persone, ma anche dar loro la possibilità di mangiare quel cibo tanto desiderato eppure proibito, trovando l’incastro di ingredienti corretto. Ci sono molte più persone di quante si pensi che non possono mangiare liberamente. È tutto in divenire perché ho cominciato questo percorso da pochi mesi, ma guardo al futuro con il sorriso: bisogna seguire le proprie aspirazioni per essere felici ogni giorno. Mi sembra di poter continuare a fare quello per cui avevo scelto di essere infermiera, dare sorrisi alla gente, però ora lo faccio grazie alla mia cucina. E, passo dopo passo, riuscirò ad aprire un ristorante tutto mio».

ho mai avuto il tempo di dedicarmici fino alla quarantena. La mia intolleranza alimentare, invece di essere uno svantaggio nel cucinare, si è rivelata un punto di forza: ho scoperto ingredienti alternativi che mi permettono di concedermi degli sfizi senza compromettere la salute. Allora ho deciso: ho messo in pausa il lavoro e ho aperto un account Instagram incentrato sulla cucina salutare. Pubblico almeno una ricetta al giorno, quasi sempre di mia invenzione. Inizierò un’attività di catering per eventi privati preparando il cibo in loco o a casa mia. Creerò un’esperienza per i turisti che vogliono sperimentare la cucina tradizionale. Il mio intento non è

«HO MESSO IN STAND BY LA MIA PROFESSIONE DI INFERMIERA: VORREI AVVIARE UN CATERING» 148

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ACCOGLIAMO GLI ANIMALI CHE AVETE AMATO

FEDERICA E FRANCESCO MUNNO, 26 E 24 ANNI, DI SAN PIETRO IN GUARANO (COSENZA)

«Io e mio fratello amiamo gli animali e abbiamo voluto creare uno spazio dignitoso dove farli riposare: in Calabria siamo gli unici a offrire questo servizio. La parte emotiva nel nostro lavoro gioca un enorme ruolo: vedere una famiglia vegliare il proprio cane o non volersene separare fino all’ultimo ci fa capire l’importanza di quello che facciamo. Quando giunge il delicato momento dell’addio, ci rendiamo conto che l’animale è stato parte integrante della famiglia ed è davvero difficile non commuoverci a nostra volta. Cani e gatti ci accompagnano nella nostra vita con una sensibilità e un amore incondizionati, il minimo che possiamo fare è dar loro un degno riposo. Le

pratica. Abbiamo scelto il nome “La dolce quiete” perché il cimitero si trova su una collina dalla quale si può ammirare tutto l’hinterland cosentino. Al tramonto scende una brezza leggera che è sicuramente di conforto per i nostri ospiti. Durante il Covid non potevamo operare, ma ora siamo finalmente attivi. Ci siamo messi in contatto personalmente con i veterinari e con altri professionisti del settore per farci conoscere. Siamo anche un’azienda agricola e abbiamo in progetto di coinvolgere altri giovani come noi. Siamo fiduciosi per il futuro e lo affrontiamo con la stessa dolcezza con la quale diamo l’ultima carezza agli animali che accogliamo».

persone che si affidano a noi ci scrivono poi bellissime parole di ringraziamento, come se avessimo fatto chissà cosa, ma abbiamo solo compreso e condiviso il loro dolore. Vogliamo essere un riferimento sicuro per loro e siamo reperibili al telefono h24. Sulla tomba si possono mettere nome, data, dedica e fotografia e le persone possono venire a far visita. Una signora ha cucito dei fiori di seta e vorrebbe piantare un roseto, altri portano giocattoli. In tutto questo percorso i nostri genitori ci sono stati di grande supporto e insieme abbiamo affrontato anche la parte burocratica. Io, Federica, gestisco l’amministrazione, mentre mio fratello Francesco si occupa della parte

«CANI E GATTI CI DANNO AFFETTO INCONDIZIONATO, IL MINIMO È OFFRIRE LORO UN DEGNO RIPOSO» 150

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LE STORIE DELLE LETTRICI


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Il Sistema Design Italia riparte con una manifestazione urbana dedicata al progetto. 13 giorni di presentazioni, talk, dibattiti reali e virtuali negli showroom, gallerie, musei e sedi aziendali. INTERNI mette in rete gli eventi, i prodotti e le opinioni dei protagonisti del design italiano e internazionale.

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FARÒ LA NONNA “EXPAT” A LONDRA

LAURA VAZZOLER, 67 ANNI, DI TORINO

«Sono nonna da quasi 5 anni di Cecilia, la mia nipotina nata a Londra. Mio figlio ha trovato lavoro in Inghilterra nel 2008 e io e mio marito abbiamo iniziato a viaggiare tra Torino e Londra. L’ultima volta siamo stati a trovarli a febbraio e siamo riusciti a rientrare in Italia solo il 20 maggio. A quel punto la nostra vita ha iniziato a prendere una piega diversa: la mancanza di sicurezza nel viaggiare in libertà a causa del Covid ci ha fatto prendere una decisione importante. Partiremo di nuovo senza stabilire la data di ritorno. Andremo a Londra in macchina, non solo per la maggior libertà di spostamento, ma per portare con noi un po’ di Italia: mio

possibilità di rimetterci in gioco. Per me i maggiori ostacoli potrebbero essere l’inglese, che studio da anni senza però parlarlo, e la vita sociale, perché a Londra non conosco nessuno, ma mi sento molto fiduciosa. Nei 3 mesi di lockdown passati lì abbiamo passeggiato molto, scoprendo una città splendida, con tanti giardini e musei. Quando ho chiesto a Cecilia, che è bilingue, “Posso venire a scuola con te, così mi insegni l’inglese?”, lei si è messa a ridere, ma per me sarà importante fare i compiti insieme. Mia nipote è cittadina inglese, neozelandese e italiana. Pur essendo così piccola, è già proiettata in un mondo senza frontiere».

figlio e mia nipote vanno pazzi per focaccia, sughi e tortellini. Lo Stato non considera che le famiglie dei giovani che si trasferiscono all’estero, se non hanno più interesse a rimanere qui, li seguono. In Inghilterra i musei e i trasporti sono gratis per i pensionati e la terza età è tenuta molto in considerazione. Ormai i nostri affetti sono là e stare tanti mesi senza vederci sarebbe una pena. Non avremmo mai pensato alla nostra età di essere catapultati in una realtà così diversa e dinamica: apprendere una lingua nuova per noi è più faticoso, così come imparare a guidare dall’altro lato, ma troviamo tutto molto stimolante. Sentiamo di avere la

«LA FAMIGLIA È IN INGHILTERRA: MIO MARITO E IO PARTIAMO CARICHI DI FOCACCIA E TORTELLINI» 152

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LE STORIE DELLE LETTRICI





ASTROCOACH

di Gioia Gottini Coltivatrice di successi, unica italiana tra i 100 community leader di Facebook

L’OROSCOPO DELLA SETTIMANA Dal 17 al 23 settembre

ARIETE

21/3 — 20/4 Sei una donna forte, ma con Marte retrogrado rischi di importi in modo conflittuale, passando dalla parte del torto: serve diplomazia. L’autonomia economica è importante per sentirti libera. Metti la salute al primo posto. Ti copiano? È perché fai le cose bene! Il tuo mantra Finalmente è tutto chiaro.

TORO

21/4 — 21/5 L’amore è al centro dei tuoi pensieri, ma con Venere e Urano in aspetto difficile rischia di complicarti la vita. Datti regole certe e rispettale, senza sgarrare. Un’amica ha un buon consiglio per te, supera la tua proverbiale testardaggine per seguirlo. Il tuo mantra Ho le mie priorità.

GEMELLI

22/5 — 21/6 Ti piace percorrere strade sempre nuove, così non ti annoi. Con Mercurio e Saturno difficili, però, non devi distrarti o rischi di perdere informazioni clou. Torna in un luogo del passato per trovare le risposte che cerchi. Ti serve un mix di grinta e ironia. Il tuo mantra È tempo di andare.

CANCRO

22/6 — 22/7 Continua a prenderti cura delle persone a cui vuoi bene, è il tuo modo per dimostrare affetto. La Luna Nuova aiuta l’amore e mette ordine in una situazione caotica. Interrogati e trova le risposte che cerchi, con coraggio. Buone notizie in arrivo, da un uomo. Il tuo mantra Lascio andare il passato. 156

LEONE

SAGITTARIO

VERGINE

CAPRICORNO

BILANCIA

ACQUARIO

SCORPIONE

PESCI

23/7 — 22/8 Non ami i compromessi, ma ora possono tornare più che mai utili. Prima di partire spedita verso il successo, pianifica tutto per bene e cerca di capire chi vuoi diventare: lo suggeriscono Sole e Saturno. Potresti vivere una crisi di identità, ma sarà temporanea. Il tuo mantra Trasformo i sogni in realtà.

23/8 — 22/9 Non sei quasi mai soddisfatta di te e questo tempo sospeso, tra paura e speranza, ti fa vedere tutto ancora più nero. Non temere, con la Luna Nuova nel segno presto ripartirai da basi solide e sicure. In amore sciogliti un po’. Sii saggia quando fai shopping. Il tuo mantra Sono brava e ce la farò.

23/9 — 22/10 I ricordi possono ingannare, così come le lezioni che portano con sé. Riscrivi il tuo passato in modo da sentirti vincente. Venere e Urano stimolanti portano novità sul fronte dei sentimenti. Qualcuno ti protegge. Il tuo mantra Grazie alla mia determinazione, supererò ogni prova.

23/10 — 21/11 Tutto è in evoluzione, anche tu. Sei nervosa perché non sai ancora cosa stai per diventare, ma presto avrai le risposte che cerchi. La Luna nel segno ti rende magnetica. L’amore è profondo e sincero, mentre gli amici ti danno una mano a raggiungere un obiettivo. Il tuo mantra Metto al bando lo stress.

22/11 — 21/12 Comportati come se avessi già quello che desideri: è un piccolo trucco per creare le condizioni giuste affinché accada. La Luna in Sagittario ti dà risposte, creatività e anche possibili offerte di lavoro. Rendi le tue giornate sempre diverse: vietato annoiarsi. Il tuo mantra C’è sempre da imparare.

22/12 — 20/1 Gli unici confini sono quelli della tua immaginazione. Con Giove e Saturno positivi sei in espansione: viaggi, studi e nuovi orizzonti ti chiamano. Ci vorrebbe un’amica per condividere gioie e dolori: se non senti le tue da un po’ di tempo, rimedia adesso. Il tuo mantra Scelgo di essere generosa.

21/1 — 19/2 Sei molto impegnata, ma forse è anche una scusa per evitare ogni nuova proposta. Rivedi la lista dei tuoi impegni e fai spazio alle persone. Con Urano e Venere difficili l’amore è un ottovolante emotivo. Fidati della sensibilità e dell’intuizione. Il tuo mantra Mi guida la pace interiore.

20/2 — 20/3 Tutto succede in fretta: molla i freni e segui la corrente. La Luna Nuova illumina le relazioni, portando fortuna sul lavoro. Nei sentimenti, invece, per sconfiggere l’ansia occorre parlarsi in modo sincero. Fatti valere. Il tuo mantra È la direzione giusta. ©RIPRODUZIONE RISERVATA



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Silvia Ziche - www.silviaziche.com

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