Focus Storia 208 (Febbraio2024)

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

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La Palestina è crocevia di religioni, interessi, e conflitti secolari. Perché da ogni parte c’è chi non ha voluto (e ancora non vuole) una soluzione pacifica

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GIALLI & MISTERI MENU ASTRONAUTICO

Sandwich in lattina, gelato liofilizzato, carne in tubetto: il cibo delle prime missioni

LA MUMMIA DI LENIN

Santificare l’avversario: così Stalin, cent’anni fa, imbalsamò il rivoluzionario

AMY ROBSART La giovane moglie del favorito di Elisabetta I morì in uno strano incidente....


Febbraio 2024

focusstoria.it

Storia

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ue popoli, una terra, un conflitto lungo 75 anni e l’orrore del presente a ricordarci che non sempre il tempo porta soluzioni. Il terrorismo contro Israele e la feroce risposta nella Striscia di Gaza stanno paralizzando il mondo, perché in quel lembo di terra si gioca una partita pericolosa per tutti. Che cosa deve fare l’Occidente, con quali strumenti e autorevolezza? Chi ha l’interesse a mantenere questi territori in una condizione di perenne conflitto? Perché tutto questo odio prolifera proprio in una terra sacra alle tre grandi religioni monoteiste? Un’analisi chiara della situazione ci ha aiutato a farla il politologo Vittorio Emanuele Parsi, nell’intervista a pag. 30. Poi siamo tornati alle origini, per comprendere chi viveva in Palestina negli anni della narrazione biblica e cosa è successo dopo, sotto le dominazioni romana e ottomana. Un viaggio nel tempo per capire come si è formata l’identità palestinese, riflettere sul perché a oggi sono falliti tutti i tentativi di accordo tra palestinesi e israeliani e quali sono le possibili vie di uscita da questa polveriera. Emanuela Cruciano caporedattrice

CREDITI COPERTINA: ADOBESTOCK, BRIDGEMAN IMAGES

RUBRICHE 4 LA PAGINA DEI LETTORI 6 NOVITÀ & SCOPERTE 10 UNA GIORNATA DA... 12 MICROSTORIA 68 CURIOSO PER CASO 70 CHI L’HA INVENTATO? 98 AGENDA

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GUERRA INFINITA

CI TROVI ANCHE SU:

Mappa della Palestina nel 1842.

IN PIÙ... SCIENZA 14 Chef stellati

Sbirciando nei menu delle prime missioni spaziali, fra pappette disgustose e disastri culinari.

Carri armati giordani al confine con Israele, poco prima dell’inizio della Guerra dei sei giorni.

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Palestina senza pace

Il conflitto arabo-israeliano è cominciato 75 anni fa. Da allora un susseguirsi di guerre e atti terroristici ha determinato una crisi senza fine.

36 Le genti di Canaan

In principio non c’era solo la Bibbia. Prima del libro sacro, prima che la Palestina prendesse questo nome, nella regione si insediarono diversi popoli.

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La più antica del mondo

In Palestina sorgeva Gerico, vicino alla omonima città moderna della Cisgiordania.

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Intreccio di fedi

Da secoli ebrei, musulmani e cristiani si dividono la città di Gerusalemme, luogo sacro per i tre culti.

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Controllo ottomano

Per più di quattro secoli i territori palestinesi furono dominati dai sultani.

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Ritorno a Israele

Il sogno del focolare a cui tornare, dalla nascita del sionismo alla Guerra dei sei giorni.

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Terre rosso sangue

Conflitti armati ed espansione di Israele hanno segnato il rapporto con i palestinesi. Dalla Guerra dei sei giorni all’occupazione dei territori, fino alla restituzione di Gaza nel 2005.

64 La pace fallita

Tra Tel Aviv e Ramallah ogni accordo è fallito. Perché?

ANNIVERSARI 19 Lenin forever

Il 21 gennaio 1924 moriva il leader bolscevico. E Stalin si batté per la sua imbalsamazione.

STORICO 24 LaGIALLOrivale

di Elisabetta

Amy Robsart, moglie del favorito di Elisabetta I d’Inghilterra, morì in un incidente molto sospetto.

72 IlMUSICA canto del cigno La venerazione di Giuseppe Verdi per Alessandro Manzoni, che per il suo idolo compose e diresse la Messa da Requiem.

ARTE 76 Goya ribelle

Il pittore spagnolo Francisco Goya fu pioniere della modernità.

PREISTORIA 81 Inciso su pietra

Le incisioni rupestri della Val Camonica offrono uno straordinario spaccato sulla vita dei Camuni.

86 LaSPORTparabola

Ascesa e declino di Marco Pantani, icona del ciclismo.

BATTAGLIE 92 Ciro il re dei re

Ciro il Grande, l’audace sovrano achemenide che fondò l’Impero persiano, 2.500 anni fa. 3

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SPECIALE

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na nuova serie di podcast sugli uomini del nazismo formula un identikit criminologico dei gerarchi di Hitler. Si tratta di una descrizione della personalità, della psiche, dei disturbi e delle patologie dei vertici del Terzo Reich. Potrete ascoltare le storie di Julius

Streicher, Alfred Rosenberg e Hans Frank. Le loro vicende sono raccontate su Storia in podcast da Antonio Leggiero, autore del saggio Il profilo criminologico dei gerarchi nazisti. Criminologo, avvocato e docente in Criminologia presso la facoltà di Giurisprudenza

Ragazze della scuola Crow Agency (1890).

Bombe sulla Scala

In merito all’articolo “12 cose che (forse) non sai sul Teatro alla Scala”, pubblicato sul sito Focus.it vorrei raccontare ai lettori di Focus Storia che dopo il drammatico bombardamento del 15-16 agosto 1943, il teatro venne ricostruito anche da mio padre. Si trattava dell’ingegnere Luigi Lorenzo Secchi, che essendo a capo della Divisione urbanistica del Comune di Milano nel 1932, aveva avuto l’incarico della costruzione della nuova scala degli specchi, tra l’atrio della platea e il ridotto dei palchi. A questo seguirono altri lavori, culminati nel 1937, con la costruzione di un innovativo palcoscenico a ponti e pannelli mobili, poi imitato in molti teatri d’Europa. Vorrei, quindi condividere con i lettori le esatte parole pronunciate da mio padre dopo quel terribile momento per Milano. “Nella mattina susseguente al quarto bombardamento a tappeto con ancora negli occhi l’amara triste visione

dell’Università Pegaso, Leggiero è ricercatore storico e collabora con quotidiani, riviste scientifiche, giuridiche e storiche. Buon ascolto! Per ascoltare i nostri podcast (le puntate online sono ormai più di 500), dalle biografie di personaggi agli approfondimenti sui

della mia abitazione distrutta, mi incontrai sulla porta della via Filodrammatici con Nicola Benois e Luigi Oldani, i cari amici con i quali ho condiviso tanti anni di lavoro scaligero. Non ci dicemmo una parola. Ci abbracciammo muti d’emozione. Chi non ha vissuto e lavorato per decenni nell’ambiente tutto particolare del Teatro alla Scala non può forse capire quanto profondo sia il grande amore, la passione che suscita in noi questo teatro. La grande sala splendente d’ori e perfetta d’acustica non c’era più: bombe esplose nel fastigio del muro perimetrale che dà forma alla sala, fatta una grande breccia nell’orditura dei palchi di sinistra, avevano sollevato le grandi capriate alla Palladio di circa trenta metri di luce, distruggendo d’un sol colpo il tetto e la volta centinata e questi precipitando nel vano della sala, avevano allargato lo scempio trascinando nel crollo tutta l’orditura della seconda e della prima galleria, l’intero proscenio con il prospettico arcoscenico a cassettoni, nonché lunghi tratti dei quattro ordini di palchi.”

Luisa Secchi Tarugi

grandi eventi storici, basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast. focus.it. Gli episodi, che sono disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast, sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

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I NOSTRI ERRORI Focus Storia n° 205, pag 80, nella didascalia intitolata “Sono un americano” abbiamo scritto che l’attacco a Pearl Harbor avvenne nel 1942, invece che il 7 dicembre 1941. Focus Storia n° 205, pag 90, abbiamo scritto erroneamente che Claudio ven-

ne acclamato imperatore nel 41 a.C, invece che d.C. Focus Storia n° 205, pag. 53, nell’articolo “I magnifici 3” le date di nascita e di morte di Leonardo sono errate: il genio fiorentino è nato nel 1452 ed è morto nel 1519.

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PRIMO PIANO In Palestina sorgeva GERICO, vicino alla omonima città

LA PIÙ ANTICA di Federica Ceccherini

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ovette sembrare un vero paradiso quello che si aprì agli occhi dei primi cacciatori che oltre 10mila anni fa arrivarono nel territorio di Gerico. Tanto che decisero di rimanere lì e costruirvi uno dei primi insediamenti umani conosciuti (insieme ad Aleppo in Siria). La posizione era favorevole poiché vi era una sorgente di acqua potabile, la zona era ricca di frutti spontanei e animali e le condizioni climatiche favorivano la crescita di piante coltivabili come orzo, vite, olivi, grano e agrumi.

URBANIZZATI. L’antica città, che si trovava al centro della regione di Canaan (odierna Palestina) sorgeva non lontano dall’attuale Gerico in Cisgiordania, e grazie alla sua posizione (a circa 10 km dal Mar Morto) controllava il commercio del sale, una merce preziosa all’epoca perché utile per conservare gli alimenti. Inoltre, grazie all’abbondanza di acqua fu possibile sviluppare un modello di agricoltura intensiva ante litteram. Le tracce di quell’insediamento primordiale, che oggi si trovano nel sito archeologico chiamato Tell es-Sultan, risalgono secondo gli esperti a 12mila anni fa. PRIMA CAPANNE POI CASE. Gli oggetti ritrovati nel corso degli anni dagli archeologi appartengono al Neolitico preceramico – ossia a un periodo che precede l’epoca in cui gli uomini scoprirono l’arte della ceramica per modellare oggetti – tra l’8500 e il 7000 a.C. La città si estendeva su circa 4 ettari e 10mila anni fa contava 2mila abitanti, che vivevano inizialmente in capanne dalla forma circolare. Poi con il passare del tempo le abitazioni divennero rettangolari e divise in stanze, sintomo del fatto che le strutture delle case e della città erano diventate più complesse. 42

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PROTETTA. Gerico è conosciuta come “la città delle mura”. E non a caso, dal momento che era circondata da una cinta muraria alta, secondo i calcoli degli studiosi, 4 metri e spessa fino a 3 metri (nel 1700 a.C.). Anche la Bibbia ne parla: è la prima città che gli Ebrei, guidati da Giosuè, incontrano durante la conquista della Terra promessa. La città, secondo il racconto biblico, era circondata da mura inespugnabili e fu necessario l’intervento divino per abbatterle, dopo un particolare rituale. “Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’Arca; [...] Quando si

suonerà il corno dell’ariete [...], allora le mura della città crolleranno” (Giosuè, 6: 4-5). E le mura si sfaldarono. Che cosa c’è di vero in questa storia? Probabilmente nulla, perché se gli Israeliti si fossero davvero trovati a Gerico all’epoca del presunto assedio (XI secolo a.C.), avrebbero trovato solo rovine. Gli scavi confermano che una grande distruzione di Gerico ci fu, ma suggeriscono anche che a compierla, in una serie di attacchi a ripetizione, furono i faraoni egizi, come provano diverse fonti. E l’ultima rovinosa caduta avvenne nel XV secolo a.C., parecchio prima dell’Esodo narrato dalla Bibbia. A DUE PIANI Alcune case avevano due piani: quello superiore ospitava le stanze e quello inferiore i laboratori artigianali.

CINTA MURARIA La doppia linea di fortificazioni era formata da mura spesse circa 3 m e alte 4 (nel 1700 a.C.). Le mura furono distrutte e ricostruite più volte.


moderna della Cisgiordania.

DEL MONDO

PALAZZI Gli archeologi hanno trovato le tracce di un palazzo reale. Esistevano probabilmente anche edifici pubblici, magazzini e templi.

Forse era una torre di avvistamento, o una struttura sacra. Non si sa: il suo utilizzo è ancora al vaglio degli esperti. Nella città antica sono stati inoltre ritrovati – da un’équipe di archeologici italiani, nel 2009 – anche i più antichi mattoni conosciuti, realizzati con fango e paglia (successivamente con argilla), che hanno conservato per tutti questi millenni le impronte delle dita degli uomini che li modellarono.

CULTO DEI MORTI. Questo antichissimo insediamento umano, proprio grazie alla sua lunghissima storia, ha collezionato molti record. Qui

è stata ritrovata, per esempio, una delle prime necropoli della Storia. Teschi risalenti a 9-10mila anni fa riempiti di gesso con inserite delle conchiglie marine al posto degli occhi. Erano evidentemente oggetti di culto legati alla famiglia o al clan. Dagli scavi sono emersi inoltre scheletri sepolti ordinatamente e altri simboli funerari. Gli abitanti di Gerico quindi curavano la spiritualità, anche se la questione della religione non è chiarissima: non è ancora stato possibile accertare infatti se alcuni dei resti ritrovati appartenessero veramente a edifici usati • come luoghi di culto.

UNIFAMIGLIARI Le abitazioni avevano cortili di meno di 10 metri quadri, nei quali si cucinava (per evitare incendi).

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TORRE DI PIETRA. Sulla funzione originaria della fortificazione non si sa molto. Inizialmente forse serviva come “recinto” per non far scappare gli animali domestici. Quello che sappiamo con ragionevole certezza è invece che la cinta muraria fu rinforzata nel III millennio a.C. e ricostruita diverse volte, almeno una quindicina secondo gli archeologi. Le mura tuttavia non furono l’unica realizzazione stupefacente degli “ingegneri” di Gerico. Una massiccia torre in pietra alta 8 metri (e altrettanti di diametro) con una scala interna per accedere alla cima, sorgeva nella città.

Ricostruzione

ORTI E CANALI Gerico 3.500 anni fa, Le canalizzazioni poco prima della sua permettevano coltivazioni, distruzione. le Sopra, come dimostrano resti risalenti il leone simbolo a oltre 9mila anni fa. dell’antica città. 43

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MUSICA

IL CANTO LUTTO CITTADINO. La morte di Manzoni, che fermò Milano fino ai solenni funerali celebrati in Duomo una settimana più tardi, alla presenza delle massime autorità, fra cui il futuro sovrano Umberto I, portò dolore e sgomento anche alle porte di Busseto, a Villanova sull’Arda, nella Bassa Piacentina, dove dal 1851 Giuseppe Verdi aveva costruito, mettendo personalmente mano ai progetti esecutivi, il suo buen retiro lontano dai clamori mondani del capoluogo lombardo, e non solo. Fu lo stesso Verdi a dare testimonianza della propria partecipazione al lutto di una città e della nazione, da poco unita. Il “cigno”, come i contemporanei l’avevano soprannominato per la forza dolce e prorompente al tempo stesso della sua musica, non ebbe cuore di prendere parte alle esequie, ma scrisse, in un’accorata lettera alla contessa Clara Maffei (1814-1886) nel cui salotto il “culto laico” di Manzoni era assiduamente praticato: “Ai funerali io non era presente, ma pochi saranno stati in questa mattina più tristi e commossi di quello che era io, benché lontano. Ora tutto è finito! E con Lui finisce la più pura, la più santa, la più alta delle glorie nostre. Molti giornali ho letto. Nissuno ne parla come si dovrebbe. Molte parole

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ma non profondamente sentite. Non mancano però i morsi. Persino a Lui!... Oh, la brutta razza che siamo!”.

NEL SALOTTO. La conoscenza tra Verdi e Clara Maffei non era superficiale. Il compositore, per quanto refrattario alle serate in società e assai più a suo agio nella campagna emiliana – dove, accanto all’alacre attività di musicista, non disdegnava d’interessarsi di agricoltura, di architettura (la tenuta di Sant’Agata fu da lui personalmente adattata alle esigenze abitative) tanto quanto di filantropia – intratteneva con la contessa un rapporto di stima e vicinanza cordialmente ricambiato. Bergamasca d’origine, e trasferitasi a Milano all’inizio

Doppio spettacolo

Cartolina commemorativa stampata in occasione della prima esecuzione della Messa da Requiem, nella chiesa di San Marco a Milano, il 22 maggio 1874. Tre giorni dopo si replicò alla Scala (a destra, la locandina).

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a notizia piombò a Sant’Agata, in casa Verdi, sul finire di maggio del 1873 e ne sconvolse l’abitudinaria quiete: il 22 precedente, nella sua abitazione di Milano a due passi dal Teatro alla Scala, si era spento, a 88 anni, lo scrittore Alessandro Manzoni, già da vivente considerato un “monumento” della cultura e un faro del Risorgimento italiano. Fatali erano stati i postumi di una caduta, avvenuta il 6 gennaio di quello stesso anno, sulle scale della chiesa di San Fedele, dove si era recato per la messa; insuperabile il dolore per la scomparsa, il 28 aprile, del figlio primogenito Pier Luigi, che aveva rapidamente aggravato la debolezza del corpo e la progressiva fragilità della mente.

degli anni Trenta dell’Ottocento, Clara Maffei era dotata di grande acume ed era sensibile alle spinte verso l’Unità d’Italia che, crescenti, attraversavano il suo tempo. La nobildonna ebbe un ruolo fondamentale nella fase decisiva del Risorgimento. Nella sua casa – che ospitò anche lo scrittore francese Honoré de Balzac il quale, di quegli incontri, ricordava: “Avrei dato dieci anni della


DEL CIGNO mia vita per essere amato da lei per tre mesi” – entrarono gli intellettuali e i patrioti più vivaci, da Massimo d’Azeglio a Tommaso Grossi, da Francesco Hayez a Cesare Correnti, da Carlo Cattaneo ai fratelli Emilio ed Enrico Dandolo, protagonisti, questi ultimi, delle Cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848). Ospite atteso e acclamato fu sempre Alessandro Manzoni. Il salotto della

Maffei, uno spazio dove i fatti del giorno (cronaca, politica, cultura, pittura, letteratura e musica) venivano analizzati e dibattuti, aprì invece le porte a Giuseppe Verdi nel 1842, sull’onda del successo ottenuto alla Scala dall’opera Nabucco. Insieme al compositore vi ebbe accesso anche il soprano Giuseppina Strepponi (18151897), unitasi a lui, da poco rimasto 

La venerazione di Giuseppe VERDI per Alessandro MANZONI, che per il suo idolo scrisse e diresse, 150 anni fa, la Messa da Requiem. di Alessandro Borelli

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AMMIRAZIONE SCONFINATA. Verdi non fu mai parco nel mostrare la sua profonda ammirazione per Alessandro Manzoni. I promessi sposi, che aveva letto nel 1835, gli suscitarono una forte impressione, tanto da fargli appuntare: “Secondo me, ha scritto non solo il più gran bel libro della nostra epoca, ma uno dei più grandi libri che siano mai usciti da cervello umano. E non è solo un libro, ma una consolazione per l’umanità”. Verso lo scrittore, la venerazione del compositore rasentava l’idolatria: lo definì “l’unico Santo del mio calendario”. Più di un riconoscimento, se si considera che il “cigno” era assai distante dalla fede, con rigori interiori prossimi alla miscredenza. Giuseppina Strepponi, invece, profondamente religiosa, arrivò a vagheggiare che un incontro con Alessandro Manzoni avrebbe potuto schiudere a Verdi una diversa prospettiva sulla fede. Ma si dovette arrendere: persino il medico Cesare Vigna, tra gli amici più cari del musicista, avrebbe constatato l’impossibilità di “scemare quel vuoto doloroso, quel crudele scetticismo”. Resta il fatto che, forse per il carattere chiuso e schivo di Verdi che gli valse pure il soprannome di “l’orso di Busseto” o forse per la sua abitudine a ritirarsi sempre più spesso a Sant’Agata, nonostante la comune familiarità con

Nel 1868 Verdi era il PRIMO CONTRIBUENTE del Regno d’Italia, cioè la persona che guadagnava di più e pagava più tasse Clara Maffei il vero e proprio colloquio tra i due, e da entrambi intensamente atteso, tardò a lungo.

DIVERGENZE. In effetti, tra Verdi e Manzoni le differenze c’erano e non erano marginali, non solo circa le questioni di fede. Come ha rilevato lo storico Adalberto Scarlino in uno studio dedicato: «Guardiamo alla loro opinione in merito ai contadini: Manzoni li teme, addirittura si preoccupa che il contadino che diventi capace di leggere, scrivere, commentare, non abbia più la voglia necessaria per lavorare la terra! Verdi, invece, vuol combattere l’ignoranza (dei contadini e anche dei proprietari), che – è convinto – crea difficoltà e limiti all’impegno del lavoro e quindi al rendimento delle terre: “Contadini testoni; e lo saranno ancora... finché non si troverà modo di dar loro un po’ di istruzione e migliorare la loro condizione”, così scriverà, sempre a Clara Maffei, nell’ottobre del 1876». Tuttavia, i sentimenti condivisi di amore patrio, di anelito alla libertà e di disprezzo verso gli abusi dei potenti, uniti al livello altissimo dell’ispirazione artistica, divennero il tessuto comune che poté unirli più delle divergenze.

Famiglia e amici

Giuseppe Verdi con parenti e amici a Sant’Agata nel 1900: alla sua destra, Barberina Strepponi (sorella di Giuseppina) e la figlia adottiva Maria Carrara. A destra, Clara Maffei (1814-1886) nel 1859.

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Lo ha spiegato bene il critico musicale Rubens Tedeschi: «Per vie diverse, il melodramma verdiano, il romanzo e le tragedie manzoniane tendono a un medesimo fine: la creazione di un linguaggio nazionale e popolare, capace di parlare a tutti gli italiani, colti e incolti, abbattendo le barriere di censo e di classe». Il primo approccio concreto, sebbene ancora a distanza, avvenne nel 1867: Clara Maffei presentò allo scrittore Giuseppina Strepponi, suscitando l’invidia e persino la commozione del consorte. Manzoni, però, nell’occasione gli inviò un suo ritratto accompagnato da una dedica affettuosa: “A Giuseppe Verdi, gloria d’Italia, un decrepito scrittore lombardo”. L’immagine trovò un posto d’onore nella residenza di Villanova sull’Arda e fu il preludio al successivo incontro. Le parole indirizzategli turbarono nel profondo la “gloria d’Italia”. La cronaca è, ancora una volta, nella lettera che la Strepponi scrisse alla contessa il 21 maggio 1867: “Egli diventò rosso, smorto e sudato; si cavò il cappello, lo stropicciò in modo che per poco non lo ridusse in focaccia. Più (e ciò resti fra noi) il severissimo e fierissimo orso di MONDADORI PORTFOLIO

vedovo della prima moglie, Margherita Barezzi, e destinata ad esserne, oltre che consorte (chiacchierata dalle malelingue), confidente, consigliera e persino amministratrice.


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Sul palco milanese

La Messa da Requiem diretta da Verdi alla Scala il 25 maggio 1874, in occasione del primo anniversario della morte di Manzoni, al quale è dedicata.

Busseto n’ebbe pieni gli occhi di lacrime”.

della pubblica ammirazione pel si dissero. Pochi giorni dopo, fu tuttavia lo stesso grande maestro e fortunato conoscitore Verdi a ripercorrere per personale delle nobili ed amabili qualità lettera, ancora con Clara dell’uomo”. L’INCONTRO. Maffei, l’intensità di quei Il biglietto giunse nelle mani di Verdi I buoni uffici a Genova, durante un pranzo ufficiale. momenti: “Cosa potrei Giuseppina della Maffei furono Circolò fra i commensali e, come dirvi di Manzoni? Come Strepponi decisivi per rimuovere raccontano i biografi, passando di mano spiegarvi la sensazione gli ultimi impedimenti dolcissima, indefinibile, nuova, in mano parve, a un certo punto, che all’atteso appuntamento. prodotta in me, alla presenza di si fosse smarrito, o fosse stato sottratto Manzoni, già ottuagenario, quel Santo, come voi lo chiamate? Io mi da qualcuno. Verdi non trattenne ricevette il musicista nella sua gli sarei posto in ginocchio dinanzi, se si l’ira finché Giuseppina Strepponi non abitazione di Milano il 30 giugno 1868. potessero adorare gli uomini... Quando lo trovò lasciato su una specchiera. Verdi era poco più che cinquantenne, Riconsegnandoglielo, gli disse: “Siete lo vedete, baciategli le mani per me e ormai una vera “superstar” della ditegli tutta la mia venerazione”. Non si pregato di credere che tra i vostri ospiti musica, famoso ovunque e primo non vi sono ladri”. Ma Verdi, in cui sarebbero rivisti mai più. contribuente del Regno d’Italia, cioè Però il 19 marzo 1869, onomastico del non s’era calmata l’agitazione, rispose l’uomo che guadagnava di più e pagava compositore, lo scrittore non mancò di prontamente: “Ma io vi confesso che più tasse in tutto il Paese. Nessun fargli arrivare un’altra dedica: “A Verdi, per un autografo del Manzoni mi farei • resoconto è rimasto riguardo a ciò che Alessandro Manzoni, eco insignificante anche... ladro!”.

150 anni fa, la prima della Messa da Requiem

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iuseppe Verdi non volle che il suo omaggio accorato alla memoria di Alessandro Manzoni rimanesse limitato ai formalismi di rito. Il 3 giugno 1873, pertanto, si offrì, con una missiva indirizzata all’editore musicale Ricordi, di “mettere in musica una Messa da morto” per “dimostrare quant’affetto e venerazione ho portato e porto a quel Grande che non è più”. L’iniziativa, in verità, non era inedita: nel 1868, scomparso Gioacchino Rossini, lo stesso Verdi aveva avuto l’idea di un Requiem scritto a più mani con altri compositori. Il progetto era poi naufragato e nell’aprile 1873 Ricordi aveva restituito al maestro lo spartito del Libera me, Domine, la parte che, dell’ipotizzata Messa per Rossini, gli era stata assegnata. Fu lo spunto utile per la scrittura, da parte di Verdi, della grandiosa Messa da Requiem, che resta uno dei suoi capolavori assoluti e che si trasformò subito in un successo capace di varcare i confini nazionali. Con queste parole, del resto, il musicista l’aveva annunciata a Ricordi: “La Messa avrebbe proporzioni piuttosto vaste, ed oltre ad una grande orchestra ed un grande coro, ci

vorrebbero anche (ora non potrei precisarli) quattro o cinque cantanti principali”. E così fu. Sul podio. Verdi medesimo volle dirigerla, nel primo anniversario della morte di Manzoni, il 22 maggio 1874, nella chiesa di San Marco a Milano. L’esecuzione fu poi replicata, il 25 successivo, alla Scala. La sera della première, nella città lombarda furono affissi manifesti pubblici per regolare il traffico delle carrozze, nel timore di ingorghi e assembramenti. Di quelle serate, il compositore conservò sempre, in una teca a Sant’Agata, i guanti bianchi che indossava e che non volle più usare. In seguito, a testimonianza dell’indissolubile legame con la memoria dello scrittore, tra i molti brani vocali composti e da lui destinati al rogo, decise di conservare soltanto i Cori delle tragedie manzoniane a tre voci e Il Cinque Maggio a una voce sola. “È strano”, scriveva, “io, timidissimo un giorno, ora non lo sono più: ma avanti a Manzoni mi sento così piccolo (e notate bene che sono orgoglioso quanto Lucifero) che non trovo mai o quasi la parola”. 75

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