Scoprire e capire il mondo
8 Cantando sotto la pioggia
15 I numeri della carta
16 Prisma sonoro
18 La scienza del nuoto
20 Dracula piangeva sangue
22 Prisma spazio
26 Il vero volto di Oetzi
23 10
Il lancio della sonda russa per la Luna
Vaccini? Meglio sullo stesso braccio
28 IL PIACERE DEI SOLDI
Il denaro “accende” il nostro cervello proprio come farebbe gustare un pasticcino o innamorarsi. Ecco perché ci piace tanto.
34 COME CI CAMBIA IL DENARO
I ricchi sono egoisti, spacconi e antipatici? Non tutti, ovviamente, ma le ricerche provano che in media...
44 natura PERCHÉ CADONO GLI ALBERI
I forti venti di quest’estate ne hanno abbattuti tanti. Ma come funziona il gioco di equilibri naturali che regge le piante ad alto fusto?
50 salute AL CUORE DEL PROBLEMA
Con la terapia genica si punta a guarire cardiopatie congenite o ereditarie, causa di morti improvvise anche giovanili. E la ricerca guarda perfino agli infarti.
54 animali ORCA CHE BESTIA!
Potenti e intelligenti, questi cetacei sono i predatori al top della catena alimentare negli oceani. Con una vita sociale complessa e famiglie guidate da mamme.
40 CHE RAPPORTO HAI CON I QUATTRINI
Sei sprecone oppure oculato? Insomma, quanto ti piace possedere denaro? Scoprilo con questo test.
42 COME RISPARMIANO GLI ITALIANI (E COME SPENDONO)
Il nostro rapporto con il denaro visto attraverso i numeri.
MULTIMEDIA
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Pagine animate
Animazioni, video, audio... Potete fruire di tanti contenuti aggiuntivi grazie ai QR Code, nelle pagine dove troverete l’icona Focus+. Basta inquadrare il QR Code con la fotocamera attiva (se si usa un iPhone o un iPad), oppure usando Google Lens o una qualsiasi app per la scansione di QR Code (se si ha uno smartphone o un tablet Android). Se invece siete al computer, andate alla pagina del nostro sito, all’indirizzo web segnalato.
60 corpo umano SE NON AVESSIMO IL TATTO...
... Avremmo difficoltà a crescere, muoverci, e persino a mostrare affetto e comunicare.
70 intervista SCIENZA E POLITICA PARLANO LINGUAGGI DIVERSI
Le grandi sfide dell’umanità richiedono che questi due mondi si parlino e si capiscano, spiega la sociologa austriaca Helga Nowotny.
76 natura IN CASO DI INCENDIO LEGGERE QUI
I danni delle fiamme nei boschi sono sempre più devastanti. Ecco come i vigili del fuoco affinano le loro tecniche per arginarli.
80 scienza COME STUDIARE SENZA DISTRARSI
Per concentrarsi occorre innanzitutto capire che tipo di memoria abbiamo (visiva, uditiva...), evitare di disperdere l’attenzione e... seguire qualche “trucco”.
86 animali BRANCO DI SCUOLA
Anche gli animali devono imparare a cacciare, a cantare, a migrare, a difendersi. Ecco come fanno a ottenere il diploma di... sopravvivenza.
92 storia LE GRANE DEL GRANO
Senza l’agricoltura che ha permesso la costruzione e il sostentamento di società complesse non saremmo arrivati fin qui. Ma un’insolita raccolta di studi ne analizza i danni collaterali.
100 scienza NEUTRINI: CACCIA NEL GHIACCIO
Sono le particelle più sfuggenti che vengono dallo spazio, ma si possono intrappolare sotto la calotta polare per capire meglio la nostra galassia.
106 tradizioni RITI DEL MARE
Su una piccola isola delle Maldive va in scena la caccia al “grande pesce”. Tra danze in maschera e festeggiamenti.
112 tecnologia MOTOGP: UNA GARA SEMPRE PIÙ DIGITALE
Siamo entrati nel box della Ducati.
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Ci trovi anche su: 106 Riti, feste e balli: reportage dalle Maldive
incendio In caso di leggere qui
AL FUOCO
In alto a destra, un incendio in Aspromonte. Le regioni con il maggior numero di incendi nel 2022 e 2023 sono state Sicilia e Calabria.
Secondo il Sistema europeo d’informazione sugli incendi boschivi (Effis), il 2022 è stato l’annus horribilis per gli incendi nell’Unione Europea: sono bruciati 758mila ettari di boschi (una superficie quasi pari a quella del Friuli-Venezia Giulia), più del doppio rispetto alla media dei precedenti quindici anni. E anche quest’anno la situazione non promette bene: in Italia, dove in media bruciano 54mila ettari di foresta l’anno, a inizio agosto erano già stati distrutti 59mila ettari a causa soprattutto dei violenti incendi di luglio in Sicilia, dove è bruciato il 75% di tutte le aree che sono andate in fumo quest’anno in Italia (il 18% è in Calabria).
La situazione è critica anche in Grecia, che ha già raggiunto i 52mila ettari arsi contro i 43mila di media, e dove un violentissimo incendio nell’isola di Rodi a metà luglio ha causato 5 morti, 76 feriti e 21mila sfollati. Non va meglio poi negli Usa, dove nell’isola di Maui, nelle Hawaii, si è verificato l’incendio più grave degli ultimi 100 anni, causa (al momento in cui scriviamo) di 93 morti e 5,5 miliardi di dollari di danni.
IL CICLO DEL FUOCO
«Gli incendi boschivi hanno una ciclicità che raggiunge il picco circa ogni 5 anni, durante i quali il materiale combustibile, cioè le piante, si accumula, rendendo più difficile gestire un eventuale incendio», spiega l’ingegnere Lorenzo Elia, che dirige il Centro Operativo Nazionale dei Vigili del fuoco. «Anche se l’innesco è sempre umano e dipende da volontarietà, cattive abitudini o disattenzione, è innegabile che il cambiamento climatico contribuisce a rendere più frequenti e meno controllabili gli incendi, a causa dell’assenza di piogge, del forte vento secco e delle temperature alte prolungate nel tempo, che contribuiscono ad asciugare la vegetazione».
Gli elementi di un incendio da considerare sono tre: il combustibile, cioè in questo caso il legno e il fogliame che brucia, il calore e l’ossigeno, senza il quale la fiamma si spegne. Per arginare e spegnere un incendio dunque bisogna agire su uno o più di questi elementi.
Ma cosa accade quando le fiamme iniziano a svilupparsi in un’area boschiva? «Anzitutto si attivano le Regioni, da cui dipendono i circa 38mila Vigili del fuoco in servizio (per un totale di circa 5.000 attivi al giorno, ndr)», spiega Elia. «In casi straordinari quando è richiesto l’intervento nazionale, in mezz’ora possiamo allertare fino a 120 squadre composte da 9 uomini ciascuna. La prima cosa comunque è nominare il Direttore delle operazioni di spegnimento, che deve valutare la gravità
dell’incendio e il suo possibile sviluppo, capendo anzitutto se vi sono strutture da proteggere come case, hotel, elettrodotti o strade, perché in quei casi bisogna attuare tattiche rapide per proteggere quei beni. Se invece si tratta di un puro incendio che non mette in pericolo elementi antropici, si agisce per contenerlo e ridurre al massimo la superficie boschiva intaccata».
AFFRONTARE LE FIAMME
Per contenere un incendio bisogna considerare gli elementi che ne determinano le caratteristiche e la pericolosità. «Le variabili sono tante, ma fondamentalmente bisogna valutare anzitutto la qualità dell’essenza combustibile, perché ad esempio un incendio di chioma, che colpisce alberi a fusto molto alto, è più difficile da contrastare e procede più velocemente di uno radente, che attacca la macchia mediterranea. Inoltre le essenze resinose fanno propagare le fiamme più velocemente di quelle non resinose», dice Elia. «L’altra cosa di cui si deve tenere conto è la morfologia del terreno, perché un incendio in pianura ha una velocità di propagazione condizionata solo dal tipo di materiale combustibile, mentre su un terreno con forti pendenze, l’incendio si propaga in maniera più veloce perché il calore che si sviluppa sopra le fiamme non fa altro che preparare il materiale a monte asciugandolo e scaldandolo, permettendo all’incendio di salire in fretta. Infine un elemento davvero decisivo è il vento, che può cambiare la velocità di propagazione da poche decine
I danni delle fiamme nei boschi (ma non solo), sono resi più devastanti dal surriscaldamento del Pianeta. Ecco come i vigili del fuoco affinano le loro tecniche per arginarli.
di Marco Consoli
SOTTO E SOPRA
Gli incendi boschivi vengono affrontati dal basso, con acqua gettata sulla base delle fiamme o attorno all’incendio, o dall’alto, grazie ai Canadair (foto sotto).
a centinaia di metri l’ora, a meno che non sia talmente forte, cioè sopra i 50 km l’ora, da arrivare addirittura a spegnere il fuoco».
ARRIVANO I POMPIERI...
A questo punto bisogna dispiegare uomini e mezzi per intervenire sulle fiamme. «Si deve immaginare l’incendio come qualcosa che dal punto di partenza si amplia come un ovale allargato nella parte alta», spiega Elia. «I Vigili del fuoco si piazzano sui fianchi per contenerlo, perché lì è meno intenso e quindi meno caldo che sul fronte di fiamma. Una volta individuata una linea ideale sulla carta geografica che non dovrebbe essere superata, ci si può anche piazzare a dovuta distanza dal fronte dove mettere in atto varie tattiche utili a fermarlo: la rimozione del materiale combustibile, compiuta abbattendo alberi e portandoli via e la scarificazione della vegetazione superficiale, oppure lo scavo di trincee, molto efficaci nel caso l’incendio si muova sotterraneo e quasi invisibile perché si propaga bruciando le radici. Tutto questo per togliere alle fiamme che avanzano materiale da ardere. Un’altra possibilità, riservata solo ai pompieri più esperti, è quella di accendere un cosiddetto controfuoco, che bruci in maniera controllata una parte di bosco che si presume sarà interessata dall’incendio, per costruire una barriera già combusta alla propagazione».
In questo lavoro i pompieri hanno con sé strumenti come accette, motoseghe, rastrelli ma anche battifuoco, che vanno sbattuti sulle fiamme ormai quasi domate per soffocarle. Na-
turalmente uno degli elementi principali per spegnere è l’acqua, che va gettata sulla base delle fiamme o attorno all’incendio, per costituire una barriera umida al suo avanzamento. «Il nostro mezzo più potente è l’ATS, l’autopompa che contiene 4.000 litri, ma siccome è poco manovrabile spesso usiamo dei fuoristrada con 1.000 litri a bordo, con i quali ci si può avvicinare di più alle fiamme. L’acqua nebulizzata è più efficace, ma non si può sparare a più di 7 metri, quindi va bene per fuochi piccoli o nella seconda fase, perché nella prima l’incendio va domato con getti pieni». Solo quando la situazione è davvero incontrollabile con i mezzi terrestri, ecco che allora si impiegano i Canadair, aerei che volando a pelo d’acqua sul mare o sui laghi ne raccolgono in 12 secondi fino a 6mila litri, per sca-
INFERNO ALLE HAWAII
Lahaina, una città delle Hawaii ridotta in macerie dalle fiamme degli incendi di metà agosto: il governatore dello Stato, Josh Green, l’ha paragonata a un luogo in cui “sia esplosa una bomba”.
L’Italia dispone di 18 Canadair in 16 basi. Sono operativi in 30 minuti
ricarla soprattutto nelle zone limitrofe all’incendio: «Solitamente viene mescolata con prodotti argillosi che fungono da ritardanti di fiamma e poi sono colorati di rosso per favorirne la visibilità dal mezzo aereo, individuando a terra dove sono caduti».
... E I ROBOT
Negli ultimi anni si sono aggiunti mezzi a guida autonoma o comandati a distanza. «Usiamo droni, soprattutto di notte, quando l’attività antincendio è sospesa perché troppo pericolosa, per monitorare l’avanzamento delle fiamme nel bosco e pianificare l’attività del giorno successivo; di giorno spesso usiamo robot telecomandati che tagliano la vegetazione e consentono di sfoltirla più vicino al fronte di fiamma», racconta Elia. I robot montati su ruote e in versione vigile del fuoco, con attaccata la manichetta per spruzzare l’acqua, «sono impiegati per spegnere gli incendi nei capannoni a rischio di crollo, o in situazioni troppo pericolose», continua Elia. Al di là degli incendi boschivi, i Vigili del fuoco devono infatti affrontare l’“ordinaria amministrazione” di quelli che scoppiano in abitazioni e industrie. «Le tecniche utilizzate e i mezzi sono abbastanza simili», spiega Elia, «ma naturalmente, se si eccettua il caso di edifici in fiamme in cui in pericolo siano le persone, la maggiore attenzione va posta soprattutto agli incendi in ambito industriale, perché quando le fiamme avvolgono un’azienda è possibile che si liberino in atmosfera sostanze pericolose per la salute, derivanti ad esempio dalla combustione di plastica, sostanze chimiche, pneumatici e così via. Anche qui i principi sono simili: bisogna valutare se si può abbattere il calore, lavorare sul combustibile o soffocare il fuoco. Di solito una tattica efficace riguarda l’utilizzo delle schiume, che hanno lo stesso vantaggio dell’acqua che raffredda, ma coprono anche quanto sta bruciando, creando una patina che tende a soffocare l’incendio».
LA VELOCITÀ DEGLI INCENDI
METEO
La presenza del vento ha un enorme effetto su intensità e velocità del fuoco. Anche temperatura, umidità e precipitazioni hanno una forte influenza.
COMBUSTIBILE
Il tipo di vegetazione e le sue proprietà fisiche e chimiche influiscono sul comportamento del fuoco e sulla sua velocità di propagazione.
SCINTILLE E TIZZONI
Il vento e le correnti termiche trasportano scintille e tizzoni sottovento, aumentando notevolmente la velocità di diffusione dell’incendio.
MORFOLOGIA TERRENI
La pendenza di boschi e foreste influenza il comportamento del fuoco in modo simile al vento, modificando l’angolo della fiamma (vedi sotto).
COME CAMBIA LA PROPAGAZIONE DEL CALORE E LA VELOCITÀ DELLE FIAMME
INCENDIO SENZA VENTO
Radiazione
Corrente
INCENDIO SPINTO DAL VENTO
Vento
Corrente Irraggiamento e convezione
Trasporto di massa solida
Radiazione
Convezione
INCENDIO LUNGO UN
PENDIO
Contatto di fiamma
Irraggiamento e convezione
Radiazione
Corrente
Convezione
Radiazione
RITI DI MARE
Una parata colorata mi ha travolto sull’isola di Bileddhoo, alle Maldive. Chiamata Maali Neshun, è una danza tradizionale eseguita da adulti e bambini con volti dipinti e costumi associati agli spiriti. Alcune delle maschere sono tessute magistralmente con foglie di palma da cocco. La mia permanenza su questa piccola isola ha coinciso con la celebrazione musulmana (l’islam è la religione di Stato alle Maldive, ndr) dell’Eid al-Adha: la Festa del Sacrificio, che ricorda il sacrificio del montone da parte di Abramo, al posto del figlio. Ho assistito a un periodo speciale di gioia e di ritrovo tra famiglie e amici. Durante la festa, balli, preghiere, banchetti, giochi, sfilate e riti coinvolgono tutta la comunità. Un momento particolare era dedicato al Bodu Mas, in cui alcuni abitanti dell’isola hanno simulato la cattura di un grande pesce: in dhivehi, la lingua parlata alle Maldive, bodu significa grande e mas pesce.
AMBIENTE DA PROTEGGERE
Ogni isola delle Maldive ha le sue tradizioni, e i racconti assumono mille sfumature, come il blu dell’oceano Indiano che abbraccia l’arcipelago. Negli ultimi dieci anni ho potuto tornare periodicamente in queste meravigliose isole grazie alla mia collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, che gestisce un Centro di ricerche marine, il MaRHE Center, fondato e diretto da Paolo Galli, ecologo marino dell’ateneo milanese. Il centro è sull’isola di Magoodhoo, vicina a Bileddhoo; svolge attività di ricerca e didattica in scienze ambientali, biologia marina, scienze del turismo. Mira anche a insegnare a proteggere questo ambiente e la sua biodiversità.
*Fotografo
IL DUELLO
1 Sull’isola di Bileddhoo, la pesca del grande pesce, Bodu Mas: un pupazzo, mosso in acqua da persone al suo interno, è tirato a riva. Nella leggenda, un pesce emerse dalle acque con diversi spiriti; gli abitanti ebbero la meglio dopo una lunga battaglia, con l’aiuto di un sant’uomo.
2 Il “sacrificio” del pesce dopo la lotta: si taglia la testa, spargendo finto sangue.
E IL SACRIFICIOSu una piccola isola delle Maldive va in scena la caccia al “grande pesce”. Tra danze in maschera e festeggiamenti.
Testoe foto di Andrea Frazzetta*
COLORI E PALME
3 Un bimbo dell’isola di Bileddhoo, nell’atollo di Faafu, si prepara alla danza Maali Neshun. Coinvolge adulti e bambini dipinti e vestiti da spiriti: rappresentano i “Maali”, i fantasmi emersi insieme al grande pesce.
4 Un partecipante alla danza: i costumi evolvono ogni anno e la cultura pop influenza la creatività.
5 I ballerini hanno il corpo dipinto e indossano i costumi fatti tradizionalmente con foglie di palma intrecciate.
6 Oltre alla parata e alla cattura del pesce, la festa comprende la tradizione del Koadi Kendun (taglio del bastone). Il Koadi, un bastone ricavato da una palma e adornato con foglie e fiori come una sorta di ombrello, viene portato in processione.
7 Nella vicina Maghoodoo, ragazzi e ragazze fanno il bagno: nei giorni della festa di Eid al-Adha, famiglie e amici si riuniscono.
8 Un bambino con una maschera di foglie.
9 Bimbo travestito da tigre per la parata di Maali Neshun.
10 Tinture naturali sono usate per dipingere il corpo.
11 Una bambina viene truccata da spirito per partecipare alla parata.
12 Un costume fatto di foglie di palma intrecciate e piante dell’isola di Bileddhoo. Ogni isola ha le sue tradizioni, per il Bodu Mas. L’Università di Milano-Bicocca ha un progetto per documentare questa festa.
L’arcipelago ha oltre 1.190 isole, che sono parte di 26 grandi atolli, scogliere coralline di forma circolare
LE TIGRI DAI DENTI A SCIABOLA SI SONO ESTINTE PER UNA MALATTIA ARTICOLARE?
È POSSIBILE. LO IPOTIZZA UNO STUDIO EFFETTUATO SUI RESTI DI QUESTI ANIMALI CONSERVATI PER MILLENNI IN ALCUNI POZZI DI CATRAME NEGLI USA.
Forse sì. Lo hanno ipotizzato in un lavoro da poco pubblicato su PLOS ONE un veterinario svedese, Hugo Schmökel, e i suoi collaboratori Aisling Farrell e Mairin F. Balisi. Questi ultimi due autori lavorano al museo di La Brea Tar Pits, un gruppo di pozzi di catrame attorno ai quali si è formato Hancock Park, nella città di Los Angeles, che risalgono a decine di migliaia di anni fa e che hanno la caratteristica di preservare gli animali che vi sono affogati, per esempio i predatori che incautamente hanno inseguito le prede fin dentro i pozzi dove queste hanno cercato riparo. CARTILAGINE. Schmökel si è rivolto a loro dopo aver notato che molte articolazioni degli scheletri esposti nel museo, sia di smilodonte (Smilodon, comunemente noto come tigre dai denti a sciabola) sia di una specie di lupo ormai estinta, l’eno-
cione (Aenocyon dirus), mostrano segni di una malattia alle articolazioni presente nella specie umana e negli animali domestici odierni, l’osteocondrite disseccante (OCD), che provoca la scomparsa della cartilagine nelle articolazioni finché le ossa non riportano danni. Rianalizzando le ossa disponibili i ricercatori hanno quindi scoperto che una percentuale non trascurabile degli esemplari appartenenti alle due specie avevano segni di OCD, probabilmente amplificata dalla pratica di incrociarsi tra consanguinei. Se l’ipotesi fosse vera l’OCD avrebbe potuto portare entrambe le specie sull’orlo dell’estinzione a causa delle difficoltà di movimento che avrebbero impedito a questi predatori di nutrirsi, ma per trovare conferma a questa ipotesi sarebbe utile analizzare il Dna degli animali, che però è stato degradato dal bitume. D.V.
SECONDO
QUANTI TIPI DI COPPIE ESISTONO?
Lo psicologo John Gottman, professore emerito all’Università di Washington, ne ha individuati 5, in base a come vivono i conflitti. Nel suo centro di ricerca, il Gottman Love Lab, ha esaminato migliaia di coppie, seguendone alcune per vent’anni. In uno degli studi più ampi, le coppie sono entrate in laboratorio con l’invito di provare a risolvere un disaccordo in 15 minuti. Lo scambio veniva filmato e analizzato.
INTERAZIONI POSITIVE. In base alle osservazioni, lo studioso ha proposto un’equazione quasi matematica che permetterebbe di prevedere le sorti di un’unione: per Gottman, durante i conflitti, il rapporto tra interazioni positive e negative dovrebbe essere almeno di cinque a uno. Toccare la mano del partner o dire: “Ti capisco” sono esempi di interazioni positive, mentre accusare, mostrare distacco o urlare (anche se con buone intenzioni) sono, naturalmente, comportamenti sfavorevoli. Solo le coppie delle prime tre categorie mantengono tale rapporto cinque a uno. Quelle della quarta tendono a restare infelicemente insieme, mentre le unioni della quinta, secondo Gottman hanno forti probabilità di separarsi. Nella vita di tutti i giorni, per restare insieme e contenti servirebbero almeno 20 interazioni positive per ogni negativa. Qui a destra le 5 categorie.
1EVITANTI
I partner rinunciano a discutere e a esprimere ciò di cui avrebbero bisogno, enfatizzando gli aspetti positivi dell’unione. Non investono nel tentativo di convincersi o cambiarsi reciprocamente. Autonomi e con interessi separati, possono essere connessi e premurosi nelle aree “comuni”, dove sentono di essere interdipendenti.
2ESPLOSIVE
Sono intensamente emotive. Amano il confronto e discutono parecchio, senza essere irrispettose e offensive. I loro scontri possono essere accompagnati da diverse emozioni negative, compresa la rabbia, ma anche da battute umoristiche e risate complici. Puntano sull’onestà della comunicazione e condividono molto, senza confini chiari.
3VALIDANTI
Sono empatiche, mettono enfasi sulla comprensione e sul sostegno reciproco. I partner possono diventare altamente competitivi su alcune questioni ma riescono a calmarsi e a scendere a compromessi. Durante i conflitti non comunicano le emozioni con forte intensità.
4OSTILIEntrambi i partner tendono a stare sulla difensiva. Durante i conflitti esprimono critiche e lamentele (“Tu sei sempre”, “Tu non sei mai”), ribadiscono la propria prospettiva senza supporto e comprensione nei confronti dell’altro. Tuttavia, in qualche modo, riescono a regolare la propria negatività e spesso restano insieme, seppur insoddisfatti.
5OSTILI-DISTACCATE
Vivono una situazione di stallo in cui entrambi i partner si sentono soli e frustrati. Si beccano l’un l’altro durante il conflitto ma in un clima di distacco emotivo e rassegnazione. Spesso vi è una conflittualità crescente da cui uno dei due cerca di ritirarsi, senza riuscirvi perché l’altro re-innescherà uno sterile scontro.
Gli uomini pensano al sesso più delle donne?
No: secondo uno studio dell’Università di Melbourne, in Australia, è solo un luogo comune. In realtà non ci sarebbe praticamente alcuna differenza fra i sessi quando si tratta di desiderio sessuale. I ricercatori hanno condotto tre studi separati, coinvolgendo quasi 16.000 uomini e donne, per misurare le eventuali variazioni della loro libido. Hanno quindi posto ai partecipanti una serie di domande mirate a valutare la frequenza dei pensieri di carattere sessuale e l’intensità del desiderio di un approccio sessuale con un partner.
Sorpresa. I risultati dei sondaggi, ripetuti nel corso di una settimana per monitorare i possibili cambiamenti, hanno mostrato che gli uomini non sono ossessionati dal sesso 24 ore su 24 e, proprio come le donne, la loro libido fluttua insieme ai livelli di stress e umore. Inoltre, la passione femminile non oscillerebbe tanto fra picchi massimi e minimi come si pensava. La ricerca, infatti, contraddice le conclusioni di studi precedenti, secondo cui il desiderio sessuale delle donne sarebbe più imprevedibile di quello degli uomini, e che questi avrebbero una libido maggiore per un bisogno biologico evolutivo di riprodursi e trasmettere i loro geni. R .M.
Quanto dura, in media, un rapporto sessuale?
Vari studi sul tema, il più noto dei quali svolto dal dottor Brendan Zietsch, dell’Università del Queensland (Australia), attestano come la tempistica media di un amplesso sia, rispetto alle attese comuni, abbastanza breve, attorno ai 5 minuti e mezzo (altre analisi, più “lusinghiere”, parlano invece di 7 minuti). Pubblicata nel 2016, la ricerca in questione ha peraltro analizzato soltanto i rapporti tra coppie eterosessuali, monitorandone 500 di diverse nazionalità e focalizzandosi sui loro tempi medi tra l’inizio della penetrazione e l’eiaculazione, senza considerare i preliminari. E lementi variabili. Nel complesso, le tempistiche più brevi sono state di poche decine di secondi, mentre quelle massime sono giunte a 45 minuti ma, statistiche a parte, i medici sottolineano come non esista una “giusta” durata del sesso (anche se sotto ai due minuti si tende a parlare di eiaculazione precoce). Inoltre, il minutaggio di ogni rapporto è variabile in base al contesto, allo stato di salute, ai livelli di stress e all’eventuale uso di alcol e droghe. M.L.
SALUTE QUALI ASSURDE PRATICHE CURATIVE E CREDENZE SULLA SALUTE SI AVEVANO NEL PASSATO?
DALLE CARCASSE DI BALENA ALLE MASCHERE COL BECCO, PASSANDO PER IMPROBABILI INGESTIONI E TRAPANAZIONI CRANICHE. LA MEDICINA NE HA FATTA DI STRADA PER ARRIVARE A OGGI.
UN’OCCHIATA A DIECI STRAMBE PRATICHE CURATIVE DEL PASSATO. A cura di Simone Valtieri
PASTA DI TOPO MORTO
Tra i tanti bizzarri rimedi utilizzati nei secoli per curare il mal di denti (miele, peperoncino, cera, succo di ragno e cervello di coniglio), spicca quello degli Egizi, che per creare una pasta da applicare sulla zona dolorante usavano nientemeno che una mousse di topi morti mescolata con altri ingredienti naturali.
QUESTIONE DI EQUILIBRIO
Nell’antica Grecia esisteva la “teoria degli umori”, secondo la quale il corpo era governato da quattro umori in equilibrio tra loro (sangue, flemma, bile gialla e bile nera): le malattie erano causate da un loro squilibrio. I rimedi andavano dall’ingestione di piante amare per i disturbi digestivi a quella del sesamo per la febbre.
SANGUE DI GLADIATORE
Nella Roma imperiale si credeva che bere il sangue dei gladiatori morti in combattimento potesse aumentare la forza fisica nonché guarire da diverse malattie. Questa bizzarra credenza derivava dall’idea che il sangue di una persona forte e valorosa potesse trasmettere le sue virtù a chi lo beveva.
BUCO IN TESTA
In alcune civiltà, tra cui quelle precolombiane, era diffusa la
pratica di perforare il cranio, servendosi di attrezzi più simili a quelli dei fabbri che dei medici. Il fine? Curare mal di testa, lesioni e disturbi mentali. Nel Medioevo si credeva anche che, così facendo, gli spiriti maligni avrebbero lasciato l’ospite.
POLVERE DI MUMMIA
In epoca medievale, ma anche per buona parte del Rinascimento (se ne trova documentazione fino al XVIII secolo), la polvere ottenuta dalla macinazione delle mummie egizie veniva utilizzata come rimedio per una vasta gamma di disturbi, tra cui il mal di stomaco, le emorragie e persino l’epilessia.
PREVENZIONE INUTILE
Durante l’epidemia di peste bubbonica che investì l’Italia dal 1629 al 1633, tra i medici vi era l’usanza di indossare maschere dotate di un lungo becco ripieno di erbe e profumi. Si credeva, infatti, che il morbo si diffondesse solo per via aerea e che filtrando l’aria in tal modo la si potesse purificare, evitando il contagio.
SANGUISUGHE
Nel XIX secolo le sanguisughe venivano utilizzate per trattare una vasta gamma di disturbi, dai reumatismi alle emicranie. È attestata invece l’efficacia di questi anellidi (ma solo in casi ben definiti) per pulire ferite
infette: essi si nutrono infatti di pelle morta e rilasciano con la saliva enzimi anticoagulanti e vasodilatatori.
ELETTRICITÀ DANNOSA
Per tutto il XIX secolo e fino all’inizio del XX, l’elettroshock è stato un trattamento diffuso per curare alcuni disturbi mentali tra cui l’isteria e la depressione, soprattutto all’interno di manicomi e case di cura. Peccato che tale procedura, estremamente pericolosa per il paziente, non abbia mai avuto basi scientifiche solide.
CARCASSE DI BALENA
A cavallo tra ’800 e ’900, in alcune località dell’Australia Meridionale si era diffusa la strana credenza che entrare nelle carcasse delle balene spiaggiate e strisciare tra le loro viscere in decomposizione per 20-30 ore (a intervalli regolari) potesse fungere da miracolosa cura per i reumatismi.
BAGNETTO CURATIVO
I medici norvegesi di inizio ’900 credevano che fare brevi bagni in mare potesse curare isteria, nevrastenia, reumatismi, spossamento, lievi anemie e persino il “sovraffaticamento spirituale”. Il tutto grazie alle proprietà stimolanti del sale e agli effetti benefici dell’acqua fredda sul metabolismo.
CHIRURGIA
Nel dipinto (del 1494 circa) Hieronymus Bosch illustra “l’estrazione della pietra della follia”.
Un cerotto può prevenire un infarto?
I ricercatori dell’Università del Texas ne hanno creato uno hi-tech, capace di segnalare tempestivamente eventuali sintomi rivelatori di patologie come infarti e ictus, dando così la possibilità di prevenire tali malattie prima che sia troppo tardi. Il prototipo in questione si chiama e-tattoo, e assomiglia agli adesivi di solito utilizzati per i tatuaggi temporanei. Al suo interno, però, cela dei sensori in grado di controllare le funzioni cardiache, segnalando attraverso Bluetooth i dati (ed eventuali anomalie) a un’apposita app. Non bastasse, il dispositivo può effettuare persino elettrocardiogrammi e sismocardiogrammi. Prototipo. Pratico, sottile ed estremamente facile da indossare, e-tattoo possiede una mini batteria della durata di 40 ore in grado di fornirgli ampia autonomia. Il prodotto è ancora in fase di sperimentazione, ma i primi risultati sono stati promettenti e gli studiosi credono che in futuro si rivelerà prezioso nella lotta alle malattie cardiache. M . M.
Perché alcune malattie rendono la pelle gialla?
Èuna condizione conosciuta come ittero, che porta la pelle, la parte bianca degli occhi e le mucose ad assumere una colorazione giallastra. La causa di questo fenomeno è l’accumulo nel sangue di alti livelli di bilirubina, una sostanza di colore giallo-arancione prodotta principalmente dalla degradazione dell’emoglobina, la proteina nei globuli rossi che trasporta l’ossigeno. L’emoglobina viene infatti scomposta in seguito alla distruzione dei globuli rossi invecchiati da parte della milza. La bilirubina raggiunge il fegato legandosi all’albumina, una proteina del plasma prodotta dalle cellule epatiche. Neonati. Nel fegato si lega alla bile e, una volta resa idrosolubile, si sposta verso il tratto digestivo per essere poi espulsa dall’organismo attraverso le feci e le urine. Se la bilirubina non viene eliminata completamente può accumularsi nel sangue, e quando supera i valori di 2-2,5 mg per 100 ml si deposita nella pelle, nella sclera dei bulbi oculari e in altri tessuti, provocando così l’ittero. Questa condizione è relativamente comune per i neonati, nel cui organismo l’attività degli enzimi epatici non è ancora a pieno regime, ma si può verificare anche negli adulti a causa di malattie del fegato. R .M.