Focus Storia 190 - agosto 2022

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

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21 LUGLIO 2022 AGOSTO 2022

GIALLI & MISTERI

LE ULTIME ORE DI MARILYN

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Sessant’anni fa moriva Marilyn Monroe. Incidente, suicidio o omicidio?

LA DONNA

CHE VISSE 250 VOLTE SPECIALE MUSE

La vita straordinaria di Suzy Solidor, la figura femminile più ritratta della storia (dopo la Madonna) � 4,90 IN ITALIA

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SCANDALI A CORTE

Ambizioni, capricci, rivalità: i prìncipi ribelli contro le leggi della successione al trono

AL GABINETTO

NEL NOME DI DIO

Dalle latrine romane alle Nel Seicento la Chiesa comode fino ai primi wc, come ortodossa russa si spaccò in è cambiato il luogo più segreto due. Finì in un bagno di sangue


190 Agosto 2022

focusstoria.it

Storia

I

Emanuela Cruciano caporedattrice

QUOTIDIANA 16 IVITAracconti del wc Dai “troni-gabinetto” agli orinatoi portatili, passando per le latrine romane.

STORICO 22 IGIALLO soliti sospetti 60 anni fa moriva Marilyn, la donna più desiderata. Fu suicidio, errore o peggio?

Beata Beatrix, del pittore Dante Gabriel Rossetti (1872), ha il volto di Lizzie Siddal.

66 InBATTAGLIE guerra per la

LE DONNE CHE HANNO ISPIRATO GLI ARTISTI 28 La donna dai 250 volti

Suzy Solidor, stella dei cabaret degli Anni ’20, fu la più ritratta di sempre.

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Il maestro e Maddalena

Caravaggio dipinse, in sette capolavori, la stessa donna: una cortigiana.

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Le belle di Londra

Le donne della Confraternita dei Preraffaelliti, icone di metà Ottocento.

RUBRICHE 4 LA PAGINA DEI LETTORI 6 NOVITÀ & SCOPERTE 10 UNA GIORNATA DA... 12 CHI L’HA INVENTATO? 14 NEL PIATTO

64 CURIOSO PER CASO 98 AGENDA

In copertina: la cantante Suzy Solidor in un ritratto di Tamara de Lempicka del 1933.

IN PIÙ...

HERITAGE ART/ HERITAGE IMAGES/ MONDADORI PORTFOLIO

loro volti sono famosi perché ritratti, fotografati, scolpiti, esposti, riprodotti migliaia di volte. Eppure pochi conoscono i loro nomi, e ancora meno le loro storie. In questo numero siamo entrati nel mondo dell’arte attraverso gli occhi delle donne che hanno ispirato i giganti della pittura. E abbiamo scoperto che molte di loro avevano doti, attitudini e intelligenza fuori dal comune. Se l’anticonformismo di Suzy Solidor o la sensibilità di Dora Maar, l’eccentricità della marchesa Casati o la pallida avvenenza di Lizzie Siddal hanno sedotto gli uomini più talentuosi del loro tempo, è perché erano molto più di semplici bellezze. Senza i loro tratti iconici Picasso, Dalí, Man Ray, Klimt, avrebbero realizzato gli stessi capolavori? Scopriamole dunque, queste donne, ripercorriamone le vite. Ma senza sperare troppo in un lieto fine. Perché se le Muse figlie di Zeus potevano contare su appoggi celesti di tutto rispetto, le muse figlie di questa terra se la sono dovuta cavare da sole. In un mondo in cui le donne non dettavano certo le regole.

CI TROVI ANCHE SU:

44

Vittime del genio

Le artiste Camille Claudel e Dora Maar, annientate dai loro più celebri partner.

50 Un’opera d’arte vivente

Ricca, colta, eccentrica, Luisa Casati Stampa fu la musa preferita di D’Annunzio.

54

Narrami, o musa

Donne eccezionali e raffinate, rese immortali dagli artisti che incontrarono.

60 Dietro la Gioconda

Chi era la misteriosa donna che ispirò il più famoso quadro di Leonardo?

CREDITO COPERTINA: TAMARA DE LEMPICKA ESTATE, LLC / ADAGP, PARIS, 2022 RIPRODUZIONE FOTOGRAFICA: MONDADORI PORTFOLIO

Nuova Roma Come combattevano i Bizantini? Lo svelano le battaglie contro i Persiani e un trattato.

WEST 72 LaFARstrana coppia Lo sceriffo Pat Garrett uccise a tradimento il (presunto) amico Billy the Kid.

FAMIGLIE REALI 76 Prìncipi ribelli Pronti a opporsi alle regole della Corona e a dare scandalo con i loro comportamenti.

I GRANDI TEMI 84 Nessuno ha pagato Nel secondo conflitto mondiale anche l’Italia ha commesso crimini di guerra, rimasti impuniti.

RELIGIONE 92 Eresia russa Il dissenso verso la riforma della Chiesa ortodossa in Russia nel ’600 scatenò l’inferno. 3


SPECIALE

arco Polo, il viaggiatore italiano più famoso nel mondo, nel XIII secolo raggiunse la Cina lungo la Via della Seta, trasformando poi la sua avventura in un best-seller, Il Milione. A raccontare su Storia in Podcast la vicenda del leggendario veneziano

che per primo raccontò le meraviglie dell’Oriente è Marina Montesano, docente di Storia medievale all’Università di Messina. La studiosa spiega anche come Marco Polo avesse un interesse che oggi chiameremmo “antropologico”: era un

L’oro inglese

In relazione all’articolo “Boccone amaro”, pubblicato su Focus Storia n° 189, volevo segnalare che non ci sono solo gli animali terrestri, ma anche quelli marini. Uno di questi è il merluzzo, che un primo ministro britannico nel Settecento definì addirittura l’”oro inglese”, per quanto era prezioso all’epoca. Nell’Atlantico, al largo del Canada, infatti, dopo i viaggi alla scoperta dell’America furono trovate delle riserve di merluzzo che sembravano inesauribili. I merluzzi erano così numerosi che bastava che i marinai buttassero ceste fuoribordo per tirarli su. Per secoli britannici, francesi, portoghesi e spagnoli si contesero quella riserva e il merluzzo fu anche causa di alcuni conflitti tra grandi potenze e usato come merce di scambio. Negli anni Cinquanta come tanti altri animali fu oggetto di sfruttamento, con la pesca intensiva, da parte dell’uomo, tanto da minacciare la sua presenza nell’Atlantico. Diego, Sarzana

Ancora sui referendum

Ho letto con grande interesse e curiosità l’articolo “La Parola al Popolo”, pubblicato su Focus Storia n° 187, il quale, in questi intensi mesi di tornate elettorali in Francia, ben richiama al ruolo assunto dall’istituto referendario nel costruire la Quinta Repubblica che conosciamo oggi. Già con un larghissimo consenso di più dell’82% degli elettori alla promulgazione dell’attuale Costituzione francese nel 1958, il referendum assurse a vero motore del nuovo gollismo politico dopo la difficile

grande osservatore dei costumi e delle genti che incontrava sul suo cammino. Il fatto di essere partito molto giovane e di non essere un ecclesiastico, gli consentiva infatti di avere uno sguardo sul mondo aperto e senza pregiudizi. Online. Per ascoltare

transizione del dopoguerra, legata al destino di un sistema parlamentare mai realmente stabilizzato, aspramente criticato dallo stesso De Gaulle sin dagli albori e infine accantonato con il suo ritorno sulla scena per imprimere una svolta dinanzi a un teatro algerino sempre più critico. Il processo costituzionale voluto da De Gaulle potrebbe essere definito la contropartita dell’accordo, con una figura presidenziale rafforzata su più aspetti. E la leva referendaria fu ciò di cui De Gaulle si servì nuovamente quattro anni più tardi per proporre quell’emendamento che avrebbe introdotto le elezioni presidenziali dirette, ma con un espediente chiave: la consultazione non fu indetta sulla base dell’ordinaria procedura data dall’art. 89, che tuttora richiede l’approvazione di entrambe le camere per le riforme di revisione costituzionale, bensì mediante una controversa interpretazione della più vaga clausola contenuta nell’art. 11, facente riferimento a modifiche de “l’organizzazione dei poteri pubblici”. Il Sì alla nuova procedura prevalse con il 62% dei voti e il Consiglio Costituzionale francese si astenne dal ricercare possibili illegittimità nella riforma, dando il beneplacito al suffragio diretto che osserviamo tutt’oggi. Andrea Mulas

I NOSTRI ERRORI Focus Storia 189, pagina 22, abbiamo menzionato erroneamente Leonida come “re troiano”, invece che spartano.

tutte le puntate della nostra audioteca (oltre 400) basta collegarsi al sito storiainpodcast.focus.it. Gli episodi di Storia in Podcast – disponibili anche sulle principali piattaforme online di podcast – sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

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Caio Gracco arringa la folla, nel 133 a.C.

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PRIMO PIANO La donna che ispirò la Gioconda non ha ancora un nome. Tutte le ipotesi sulla sua misteriosa identità. di Matteo Liberti

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ual è il ritratto più famoso di tutti i tempi? Ovunque nel mondo, la risposta sarà probabilmente la stessa: la Monna Lisa di Leonardo, o Gioconda che dir si voglia. Il dipinto, divenuto una vera icona pop, nasconderebbe però ancora un mistero su chi sia la sua vera “musa”. L’esatta identità della donna ritratta, nota per l’enigmatico sorriso e scrutata ogni anno da milioni di persone nella sua teca di vetro al Louvre, è infatti ancora dibattuta. Per saperne di più partiamo da quella che è l’attribuzione canonica, secondo cui la dama sarebbe la nobildonna fiorentina Lisa Gherardini, alias Monna Lisa (il primo termine è un diminutivo di “madonna”, da intendersi come “signora”).

INCONGRUENZE. A suggerire che dietro al dipinto di Leonardo si celi la Gherardini fu per primo il pittore e biografo aretino Giorgio Vasari, nella celebre opera Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori (1550). Secondo la sua versione della vicenda, a commissionare l’opera fu il mercante fiorentino Francesco di Bartolomeo del Giocondo (14651538), il quale volle farvi ritrarre la moglie Lisa (1479-1542), detta anche Gioconda con riferimento al nome del consorte. Tra il 1503 e il 1506, Leonardo elaborò quindi un olio su tavola – di 77×53 centimetri – dall’enorme impatto visivo. Ebbene, nel descriverlo il Vasari si sofferma su alcuni particolari come il disegno delle sopracciglia della donna, e qui cominciano le incongruenze, dal momento che la donna del quadro 60

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Enigmatica

La Gioconda, il ritratto più famoso al mondo, non ha firma né data, ma il più grande mistero legato a questa tela resta l’identità della modella.


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MUSA

involontaria è priva di ciglia e sopracciglia. Se ne dovrebbe dedurre che la dama non sia Lisa? Non è detto: dopo la prima realizzazione del dipinto, Leonardo praticò diversi ritocchi (le analisi ai raggi X hanno rivelato tre revisioni), portando con sé l’opera in Francia quando, nel 1517, si trasferì ad Amboise su invito del sovrano francese Francesco I, che acquistò il quadro (finito al Louvre dopo la Rivoluzione francese). È dunque possibile che il Vasari abbia descritto il ritratto sulla base di un resoconto di altri, facendo riferimento all’aspetto originario del dipinto. Certezze però non ne abbiamo, così come non si sa perché Leonardo abbia portato in Francia il dipinto anziché lasciarlo al committente. A partire da queste domande sono emerse varie ricostruzioni alternative.

IPOTESI SU IPOTESI. Tra le donne chiamate in ballo quali possibili muse alternative alla Gherardini, spicca il nome di Isabella d’Este, marchesa di Mantova già ritratta da Leonardo attorno al 1500, in uno schizzo a carboncino, dopo che questi era stato ospite della nobildonna, nota mecenate. È quindi possibile che la Gioconda sia lei, ma anche in tal caso non mancano le incongruenze, riguardanti sia il colore dei capelli (quelli di Isabella sarebbero stati chiari) sia i lineamenti del volto, che in vari ritratti della marchesa appaiono diversi. Ecco allora spuntare un’altra ipotesi, secondo cui il dipinto sarebbe stato commissionato da Giuliano de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. Questi avrebbe chiesto a Leonardo

d’immortalare il volto della sua amante Pacifica Brandani, morta nel 1511 dopo avergli dato un figlio (Ippolito). L’artista toscano avrebbe quindi messo mano al quadro tra il 1514 e il 1516, mentre soggiornava a Roma. Questa teoria, pur suffragata da illustri esperti, lascia però molti dubbi inerenti proprio alla datazione, che la maggior parte delle fonti ritengono precedente. Allo stesso modo, non reggerebbe la teoria in base alla quale la fanciulla sarebbe un’altra amante di Giuliano de’ Medici, Isabella Gualanda (o Gualandi), e ancor meno credito hanno ricevuto le ipotesi riguardanti, rispettivamente: Bianca Giovanna Sforza, figlia del duca di Milano Ludovico il Moro, Caterina Sforza, signora di Imola e Forlì, Isabella d’Aragona, duchessa di Milano, e Costanza d’Avalos, principessa di Francavilla. Senza dimenticare due teorie direttamente connesse a Leonardo: una secondo cui la Gioconda sarebbe un suo autoritratto al femminile; l’altra, di natura psicanalitica, che vede nella protagonista del dipinto la madre dell’artista, Caterina. Infine, c’è chi ha ipotizzato che il ritratto, nella versione ultima, non raffiguri alcuna donna in particolare, costituendo una sorta d’immagine idealizzata di volto femminile, forse con intenti allegorici.

GLI ALTRI MISTERI. Ad accrescere il fascino della Gioconda – il cui successo internazionale è esploso dal 1911, quando il quadro fu rubato dall’italiano Vincenzo Peruggia, e poi recuperato nel 1913 – ha contribuito anche il fatto che ne esistano più copie di eccellente fattura, ognuna diversa in qualche

particolare. Su tutte, si segnalano: la Gioconda esposta al Prado (Madrid), attribuita a Francesco Melzi, allievo di Leonardo, quella dell’Ermitage (San Pietroburgo), realizzata nel Seicento da mano ignota, e la cosiddetta Monna Lisa di Isleworth, parte di una collezione privata svizzera e attribuita da alcuni allo stesso Leonardo. Insomma, quando si parla di Gioconda nulla appare certo. A togliere il sonno agli studiosi è stato anche il paesaggio sullo sfondo. Considerando la cura dell’artista per i dettagli, molti sostengono che si tratti di un luogo preciso, ma anche in tal caso le teorie sono varie. La più nota rimanda a un punto dell’Arno oltre le campagne di Arezzo, vicino al ponte Buriano (che sarebbe visibile nella parte destra del quadro), mentre lo studio recente di alcune carte geografiche disegnate da Leonardo suggerirebbe che il luogo sia nella campagna pisana, tra i comuni di Calci e Vicopisano. C’è poi chi ritiene che lo sfondo non sia toscano, ma ispirato ad altri luoghi d’Italia. Infine, è sempre viva l’ipotesi che il paesaggio sia frutto della fantasia dell’artista, come potrebbe esserlo lo stesso volto in primo piano. Il doppio alone di mistero ha ulteriormente contribuito al successo del dipinto, ma tra tanti dubbi una certezza forse c’è: qualunque fosse il volto che ha ispirato l’opera, essendo essa stata modificata da Leonardo in quasi ogni parte, è probabile che la vera identità della Gioconda – non volendo credere alla teoria riguardante Lisa Gherardini – possa non essere mai svelata. •


LA STRANA

FAR WEST

Lo sceriffo Pat Garrett si macchiò della colpa di aver ucciso a tradimento il (presunto) amico Billy the Kid. Ma chi era il buono e chi il cattivo? di Osvaldo Baldacci

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uién es?”. “Chi c’è?”. Non arrivò risposta, solo due colpi di pistola che lo fulminarono. Billy the Kid parlava spesso in spagnolo, soprattutto a Fort Sumner, dove la maggior parte degli abitanti era di origine messicana. Anche le sue ultime parole furono in spagnolo: Billy stava entrando di notte nella casa dell’amico Pete Maxwell, padre di una delle sue señoritas. Ma nel buio lo aspettava una sua vecchia conoscenza, lo sceriffo Pat Garrett, che gli aveva dato la caccia in lungo e in largo e ora lo trovava lì, inerme. Garrett non lanciò sfide, non propose duelli sotto il sole, e nemmeno dichiarò in arresto il giovane ricercato. Senza esitare fece fuoco con la sua Frontier Colt, mettendo così fine all’avventurosa vita di Billy the Kid. Per quei colpi al buio e per aver tradito il presunto amico Billy, Garrett si guadagnò il soprannome di “Giuda della frontiera”. Quella del duo Garrett-Kid è una delle “leggende” più note del Far West: nei due il confine fra eroe e fuorilegge è molto labile. «Pat Garrett», spiega Luca Barbieri, autore di La Legge del più forte. Storia dei pistoleri del Far West (Odoya), «lo sceriffo, paladino della giustizia, additato come traditore, non vantava certo una vita irreprensibile, ma rappresentava lo sforzo di “sistemarsi” in un mondo senza leggi che ha bisogno di essere “ripulito” dal caos. Il personaggio di Billy the Kid invece esprimeva  proprio quell’anarchia, quell’anelito di libertà

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Guardie e ladri

La ricostruzione della storia di Billy the Kid sul Fort Worth Star-Telegram, il giornale più diffuso nella zona di Dallas, è esposta al Billy the Kid Museum di Hico (Texas). Nell’altra pagina, la foto più nota di Billy the Kid.


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COPPIA

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P

atrick Floyd Garrett nacque il 5 giugno 1850 in Alabama. Nel 1869 cominciò a partecipare alle grandi cacce al bisonte in Texas, fino al 1877. Uccise il suo primo uomo a 28 anni, per legittima difesa pare. Nel New Mexico gestì un saloon ma cadde nella trappola dell’alcol, vizio da cui si salvò grazie a una giovane donna, che sposò. La ragazza morì dopo un anno e Garrett ne sposò la sorella, da cui avrebbe poi avuto nove figli. Da gestore di saloon frequentava clienti di dubbia fama e fu così che entrò in contatto con Billy the Kid. Ma le loro vite presero strade diverse. La svolta. Pat diventò sceriffo della Contea di Lincoln con l’obiettivo di “ripulirla”. Voleva affermarsi come uomo rispettabile e cominciare una carriera politica. Affrontò più volte la banda di Billy the Kid, fino a ucciderlo. Questo successo lo rese celebre, anche grazie al libro che lui stesso scrisse, e tornò nel New Mexico da ricco ranchero. Riprese però a bere e si diede al gioco, finché il 29 febbraio 1908 venne assassinato (v. riquadro a destra).

che era anche una ribellione allo status quo imposto da ricchi e potenti». Anche per questo era amato dai messicani.

NEMICI O AMICI? La storia della coppia più controversa del Far West è tornata alla ribalta grazie ad alcune fotografie riemerse dal passato. Finora, infatti, una sola immagine di Billy the Kid era stata riconosciuta come autentica. Ora, una delle fotografie ritrovate, il cui valore è stimato intorno ai 10 milioni di dollari, ritrae Billy the Kid insieme a un gruppo di uomini, tra cui Pat Garrett. Si tratta della prova definitiva dell’amicizia tra i due pistoleri, di cui si è sempre parlato? «Non sappiamo se la foto rappresenti davvero i due», afferma Omar Vicari, esperto del sito Farwest.it. «All’epoca chi viveva ai limiti della legalità non amava farsi immortalare: una foto, infatti, poteva rivelarsi fatale per chi voleva far perdere le proprie tracce». Di sicuro però le storie dei due cowboy si incrociarono nella Contea di Lincoln, New Mexico, che divenne famosa per la Guerra del bestiame, una serie di scontri tra rancheros e cowboy rivali, il cui bilancio fu di 300 vittime. Billy the Kid divenne protagonista di quel conflitto nel 1878, quando fu assassinato John Tunstall, l’allevatore per cui lavorava, un uomo che per lui era stato come un padre. Dopo l’omicidio, insieme ad altri dipendenti del ranch, Billy formò una banda, i Regolatori, allo scopo di vendicarlo, dando così il via alla più sanguinaria faida del West. Intanto, proprio a Lincoln, Pat Garrett, ex cacciatore di bisonti, gestiva un saloon, intrattenendo rapporti con una clientela poco raccomandabile. E fu probabilmente nel suo saloon, dove beveva e giocava pesante, che – seduti a un fumoso tavolo di poker con

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La carriera di Pat Garrett...

un bicchiere di whisky in mano – Pat Garrett incontrò Billy the Kid. Ma questo non vuol dire che fossero amici.

TIRO MANCINO. Quando lo sceriffo di Lincoln, William Brady, rifiutò di arrestare gli assassini di Tunstall, Kid e i suoi uccisero in una sparatoria tre uomini della banda rivale, lo sceriffo stesso e il suo vice George Hindman. L’uccisione di uno sceriffo – per quanto corrotto – fu la goccia che fece traboccare il vaso e Billy a quel punto diventò un latitante. Il destino di Garrett, arrivato a trent’anni, andava nella direzione opposta: il 2 novembre 1880, dopo una vita ai limiti della legalità, fu scelto come sceriffo della Contea di Lincoln, con il compito di ripulire la zona dai banditi che razziavano

Valore inestimabile

A sinistra, lo scatto ritrae Pat Garrett (a destra) e Billy the Kid (il secondo a sinistra, dietro). La foto comprata in un mercatino per 10 dollari nel 2011, oggi vale 10 milioni. 74

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...e l’uscita di scena

Il rapporto tra il bandito più famoso del West e lo sceriffo di Lincoln era un misto di stima reciproca e continue sfide le mandrie dei proprietari terrieri. Tra i banditi, gliene segnalarono uno più pericoloso degli altri: si diceva avesse già ucciso 21 uomini, uno per ogni anno di vita. Era Billy the Kid, l’uomo che le autorità volevano vivo o morto. «Il fatto che quei tipi fossero stati compagni di bevute», ­sostiene Vicari, «non rappresentava un problema. Anzi, fu un elemento a favore di Garrett, perché li conosceva e poteva individuarli». Mentre Garrett otteneva il suo incarico, la banda dei Regolatori fu sorpresa in una fattoria presso White Oaks. Ci fu uno scontro a fuoco, le forze dell’ordine ebbero la peggio mentre Garrett perse solo uno dei suoi uomini. Garrett braccò i fuorilegge fino a Fort Sumner, dove il 19 dicembre la situazione si rovesciò: gli uomini di Billy the Kid furono quasi sopraffatti, Tom O’Foliard, un membro della banda, fu ucciso e gli altri si rifugiarono nella fattoria di Stinking Springs. Lì arrivò anche Garrett. Si narra che lo sceriffo iniziò a cucinare davanti alla porta di casa, “invitando” Billy a colazione. Kid, in trappola, si consegnò. A Mesida, nell’aprile 1881, fu processato e condannato all’impiccagione per l’omicidio dello sceriffo Brady. Fu l’unico condannato per la Guerra del bestiame, ma Billy non vide mai la forca.

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AGGUATO NOTTURNO. Il 28 aprile il bandito riuscì a procurarsi un fucile (evidentemente godeva ancora delle amicizie “giuste”) e dalla finestra del tribunale uccise i due vicesceriffi che montavano la guardia. Poi (ma che sia andata così è tutto da dimostrare) saltò a cavallo e si allontanò cantando a squarciagola. Tutti pensavano che fosse scappato in Messico, ma Garrett si rimise sulle sue tracce. E lo ritrovò a Fort Sumner, nei luoghi che aveva sempre frequentato. La fine è nota. Kid, che allora aveva solo 21 anni, passò la serata festeggiando. Secondo alcuni fu il figlio maschio dei Maxwell a tradirlo, perché non gradiva la relazione del bandito con la sorella Paulita. Non è certo se Garrett tese a Billy una vera e propria imboscata o se invece fosse andato nella casa dei Maxwell per altre ragioni. Fatto sta che quando riconobbe la voce di Billy, Pat non esitò a sparargli al buio, uccidendolo sul colpo. In quel momento nacque la leggenda del tradimento. Fu lo stesso Garrett il primo a ripercorrere la storia di Billy the Kid, esaltando il rivale, di cui scrisse che “era bene accolto in particolare dai derelitti, dei quali era il campione, il difensore, il • benefattore, il braccio destro”.

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u un personaggio come Billy the Kid era scontato fiorisse la leggenda. E dopo la sua scomparsa si diffuse anche la voce che in realtà non fosse morto, ma che si fosse trattato di una montatura, con Garrett a prendersi meriti e taglie che non aveva conquistato. Una versione poco verosimile, ma alimentata dalla strana sorte toccata alla tomba di Billy. Ipotesi. Nell’ottobre 1904, il fiume Pecos esondò sommergendo Fort Sumner e il cimitero in cui era stato seppellito il bandito. Da allora alcuni ipotizzarono che la sua tomba fosse stata travolta dalla piena delle acque e fosse andata perduta. In realtà, la tomba si salvò e fu identificata da Pat Garrett in persona nel 1905, e poi negli anni successivi da altri uomini che avevano partecipato alla sepoltura del pistolero. Billy the Kid è ancora là, vicino a dove fu ucciso.

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Morte certa, tomba incerta

econdo la versione ufficialmente accettata allora, Pat Garrett fu ucciso da Wayne Brazel durante una lite per questioni di affari. Ma la dinamica di quella morte resta controversa: Garrett fu raggiunto da un colpo alla nuca e da uno alla schiena, fu ritrovato con i pantaloni sbottonati e senza aver tolto il guanto dalla mano destra, quella con cui impugnava le armi. Quindi apparentemente fu ucciso a tradimento, durante una sosta per urinare nel corso del viaggio che stava facendo, a bordo di un carro, con Wayne Brazel e Carl Adamson. Brazel si autoaccusò di aver sparato a Garrett, per legittima difesa (anche se “preventiva”, per sua stessa ammissione). Il processo. La giuria – per nulla imparziale – riconobbe la responsabilità di Brazel, ma lo assolse. I familiari di Garrett, invece, hanno sempre sostenuto che a premere il grilletto fosse stato Carl Adamson. Ma circola anche un’altra voce, che alimenta il giallo. Proprio in quei giorni c’era nella zona Jim Miller, il killer a pagamento più famoso a quei tempi. Fu lui a freddare Pat Garrett? Il giustiziere che aveva ucciso Billy the Kid fu, forse, a sua volta vittima di un agguato a tradimento.

Vivo o morto?

Ecco come si presenta oggi la tomba di William Henry Roberts, ritenuto da alcuni il vero nome di Billy the Kid. Nell’altra pagina, in alto, la taglia su Billy the Kid, stampata il 1° luglio 1877. 75

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