ITALIANA
KARAHAN TEPE
MENSILEAUT 10,00 €BE 9,60 €D 12,00 €PTE CONT. 8,70 €E 8,70 €USA 13,80 $CH 10,90 ChfCH CT 10,70 Chf Storia � 4,90 IN ITALIA Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona
Anche l’Italia ha avuto i suoi lager. Dove, nel 1943, finirono migliaia di ebrei e dissidenti
SHOAH
In Turchia, nel sito religioso più antico del mondo che riscrive la storia della civiltà SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE
21 GENNAIO 2023 FEBBRAIO 2023 GIALLI & MISTERI VOLTAIRE E.... ...il caso Calas: quando il grande filosofo si improvvisò detective e avvocato difensore JFK Un presidente da eliminare 196
Nel mirino di un esaltato oppure della Cia, della mafia, dei russi...? A 60 anni dall’assassinio di Kennedy, la verità non è ancora stata chiarita
In copertina: un ritratto del presidente Kennedy.
J
ohn Fitzgerald Kennedy, fra le altre cose, era un ottimista. Un ottimismo che sapeva trasmettere benissimo (era un abile oratore, bello, telegenico) ma che si rivelò fatale quando, il 22 novembre 1963, scelse di sfilare a Dallas, una città che gli era ostile, a macchina scoperta. Il sogno americano si infranse in pochi secondi: 6,75 per la precisione. Tanto bastò a Lee Oswald per sparare i colpi fatali. Il vestito rosa di Jacqueline macchiato di sangue, il presidente riverso sul grembo della moglie: immagini indelebili, che conservano la stessa forza anche a 60 anni di distanza. Il più giovane presidente degli Stati Uniti fu straordinario in vita come nella morte, dalle dinamiche mai chiarite definitivamente. Basti pensare che ancora oggi una parte dei documenti legati all’inchiesta sul suo assassinio continua a essere inaccessibile per “ragioni di sicurezza nazionale” (leggi: coprire le negligenze di Cia e Fbi nelle indagini). Il Primo piano di questo numero è dedicato a JFK, al suo assassinio ma anche al suo sogno di un’America migliore.
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Il sogno è finito
Il 22 novembre di sessant’anni fa moriva assassinato il presidente John Fitzgerald Kennedy. I fatti, le inchieste, le ipotesi e i punti oscuri che non sono mai stati chiariti. Nemmeno oggi, dopo che molti documenti top secret sono stati finalmente desecretati.
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Il volto giovane dell’America
Kennedy lasciò un segno indelebile nella storia degli Stati Uniti. Durante la sua presidenza mostrò agli americani che un nuovo modo di governare era possibile. E usò tutto il suo carisma per conquistarli.
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La favola nera
Belli, ricchi, potenti: i Kennedy sono stati il volto aristocratico dell’America. Una fortuna segnata però da troppi lutti. Una serie di morti violente e premature iniziata molto prima della morte di JFK e continuata anche nei decenni successivi. 52
Casa Bianca rosso sangue
Pistole, fucili, bombe, lettere avvelenate... Gli attentati ai presidenti nella storia degli Stati uniti sono stati molti: alcuni sono scampati, altri no.
IN PIÙ...
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GIORNO DELLA MEMORIA Shoah italiana
La “soluzione finale” avviata dal nazismo venne attuata anche nel nostro Paese.
19 GIALLO STORICO Il detective Voltaire
Come il famoso filosofo affrontò l’intricato caso Calas.
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ARTE
E VITA L’ultima spiaggia
1937: con Picasso, Man Ray e i loro amici surrealisti per l’ultima estate di pace.
64 PERSONAGGI Scandalosa Colette
La scrittrice più amata di Francia, che infranse tutte le convenzioni.
69 NOVECENTO Noi ragazzi contro Hitler
Gli studenti della Rosa Bianca, che osarono ribellarsi a Hitler.
74 BATTAGLIE La sorpresa di Cremona
Il colpo di mano di Eugenio di Savoia a Cremona, nel 1702.
82 ARCHEOLOGIA
Il primo tempio
In Turchia, nel sito religioso più antico del mondo.
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NATURA Gli alberi sacri
Gli antichi adoravano alberi e boschi, come fossero divinità. 92 PORTFOLIO
Roma medievale
Le vestigia della Città eterna fra VI e XIV secolo.
Emanuela Cruciano caporedattrice
Febbraio 2023 196 4 LA PAGINA DEI LETTORI 6 NOVITÀ & SCOPERTE 10 UNA GIORNATA DA... 12 MICROSTORIA 58 CURIOSO PER CASO 60 CHI L’HA INVENTATO? 62 PITTORACCONTI 98 AGENDA RUBRICHE
CI TROVI ANCHE SU:
focusstoria.it
John F. Kennedy nel 1961 in un momento di relax con i figli.
MORTE DI UN PRESIDENTE
3 S
MONDADORI PORTFOLIO/BRIDGEMANART
Storia
SPECIALE
Alberto Zanconato, corrispondente dell’Ansa da Teheran e autore del libro Khomeini. Il rivoluzionario di Dio (Castelvecchi) ha curato le puntate su Storia in Podcast dedicate all’ayatollah Ruhollah Khomeini (19021989), il dittatore che trasformò l’Iran in Repubblica
islamica. Ripercorriamo l’ascesa del leader della rivoluzione iraniana, che spazzò via la monarchia filooccidentale.
Era il 1979 e il teologo Khomeini, in esilio dal ’63, predicava la fine della soggezione religiosa al potere temporale: l’islam
sciita doveva prendere il potere. Fece presa su studenti, intellettuali e masse stremate e fu la miccia dell’incendio fondamentalista, degenerato in guerra e terrorismo. A portata di cuffie. Per ascoltare i nostri podcast (che spaziano dalle biografie
di personaggi famosi alla ricostruzione di grandi eventi storici) basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast.focus.it Gli episodi – disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast – sono a cura del giornalista Francesco De Leo.
non con poche calorie. Si prepara con salsa, melanzane, provola, prosciutto cotto e uova sode in quello che è uno dei mix tra i più buoni della cucina regionale. Da assaggiare sicuramente durante un viaggio in Calabria!
Domenico Lirosi,
Le peschiere romane
Catanzaro
A proposito dell’articolo “Una giornata da produttore di garum”, pubblicato su Focus Storia n° 195 (sotto), vorrei segnalare che lungo la costa tirrenica di Santa Marinella (Roma) sorgono quattro peschiere romane tra le più antiche del Mediterraneo.
Le prime due sono quelle di Castrum Novum, colonia romana del III secolo. a.C. che da qualche anno è scavata dal team di archeologi guidati dal direttore del Museo Civico di Santa Marinella Flavio Enei. Si sviluppano per centinaia di metri al km 64,400 della Via Aurelia, con vasche rettangolari. Vicino alla foce del fosso delle Guardiole si trova la peschiera a
pianta rettangolare suddivisa in vasche comunicanti. L’impianto di itticoltura è da ricondurre alle pertinenze di una villa suburbana, importante centro di produzione e lavorazione di pesci e molluschi.
La terza è quella della villa romana delle Grottacce (al km 58,200 della Via Aurelia), ma la più prestigiosa è la peschiera di Punta della Vipera (al km 66 dell’Aurelia). In buone condizioni di conservazione, costruita su banchi di pietraforte, ha un bacino rettangolare lungo 48 metri e largo 30, difeso dal mare da un molo. Si articola in diverse vasche rettangolari distribuite attorno a un grande bacino centrale. Le vasche conservano tracce delle aperture e degli apprestamenti idraulici che distribuivano le acque nell’allevamento e ne regolavano il deflusso. Tre lunghi canali assicuravano l’alimentazione dell’impianto e la costante purificazione dell’acqua. La peschiera era controllata da una villa marittima sita nell’entroterra.
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I NOSTRI ERRORI
Focus Storia n° 192, a pag, 25, abbiamo scritto erroneamente che Childerico (436-481) emanò un editto contro l’uso di piante diaboliche, si trattava invece di Childerico III, nato nel 742.
C.PRATI 5 S
Fabio Lambertucci, Santa Marinella (Roma)
Il detective VOLTAIRE
Un figlio morto, una famiglia protestante e le accuse della comunità. Sono gli elementi del caso
Calas, affrontato dal filosofo.
Il 13 ottobre 1761, in rue des Filatiers, a Tolosa, il silenzio della notte è rotto da disperate grida di dolore. In una bottega, sdraiato a terra, c’è il corpo di un giovane uomo senza vita. Indossa una candida camicia e ha ancora i capelli ben pettinati, ma sul collo ha alcuni segni rossi che fanno pensare a uno strangolamento.
Il suo nome è Marc-Antoine Calas ed è il figlio ventottenne del commerciante di stoffe Jean Calas, di religione protestante. A ritrovarlo, intorno alle 22:00, sono il fratello Pierre e un amico di passaggio, tale Gaubert Lavaysse, che poco prima hanno cenato con lui. Dopodiché, mentre i familiari cercano soccorsi, un gran numero di persone accorre sulla scena. Tra la folla, sempre più nervosa, comincia a circolare con insistenza una voce: Marc-Antoine Calas è stato ucciso, e a farlo fuori in quel modo orribile è stata la sua famiglia, per impedire alla vittima di convertirsi alla religione cattolica. Da pettegolezzo, ben presto quella voce diventa un’accusa, che l’intera città di Tolosa rivolge ai Calas.
CITTÀ “ESTREMISTA”. A quel punto David de Beaudrigue, il funzionario assegnato al caso, noto per la sua durezza, ordinò che il padre, la madre e il fratello della vittima (e persino la domestica e l’amico) venissero immediatamente arrestati. Ma non finì lì. Contro di loro stava per scatenarsi un vortice di calunnie destinato a sconvolgere l’intero Paese. Il perché di tanta rabbia nei confronti
Investigatore d’eccezione
Voltaire (1694-1778), al secolo François-Marie Arouet, uno dei massimi esponenti del movimento dell’Illuminismo, all’epoca dei fatti era già famoso.
di Massimo Manzo
PORTFOLIO 19 S GIALLO STORICO
MONDADORI
di quell’umile famiglia di commercianti va ricercato nel clima di conflitto religioso che attanagliava Tolosa in quegli anni. Nota per essere ferocemente cattolica, la città, situata nel Sud della Francia, era al centro delle lotte di religione che dal XVI secolo insanguinavano la nazione, e nel complesso non vedeva di buon occhio gli “ugonotti”, com’erano chiamati i protestanti francesi. Tanto era diffuso ancora il clima di odio antiprotestante, che ogni 17 maggio le confraternite cittadine organizzavano una processione per commemorare il giorno in cui, due secoli prima, nel 1562, erano stati massacrati più di 4mila ugonotti. Per gli abitanti di Tolosa, dunque, i Calas in quanto protestanti erano colpevoli ancor prima di capire che cosa fosse successo a Marc-Antoine. I familiari della vittima, invece, erano persone miti e tolleranti, vivevano con una domestica cattolica e in passato avevano accettato la conversione al cattolicesimo di un altro figlio, Louis.
Ma torniamo ai giorni del delitto: fin dall’inizio i sospetti si concentrarono sul padre. Interrogato la sera del ritrovamento del cadavere, Jean sostenne che il figlio era stato ucciso, paventando l’ingresso di un assassino nella bottega. Però qualche giorno dopo ritrattò, dichiarando che Marc-Antoine in realtà si era suicidato e che il suo corpo era stato ritrovato appeso a un architrave e non a terra. Il pover’uomo aveva mentito per preservare l’onore familiare: le leggi dell’epoca, infatti, prevedevano un trattamento crudele per i suicidi poiché il loro cadavere veniva straziato di fronte alla popolazione. A condurre gli interrogatori, facendogli prendere una direzione antiprotestante, c’era però de Beaudrigue, deciso a incastrare gli indiziati.
A FUROR DI POPOLO. L’ultima versione dei fatti proposta da Jean Calas risultava plausibile, ma le sue incertezze iniziali gli costarono care, innescando una tremenda spirale di violenza. Tra l’altro, agli occhi del popolo Marc-Antoine aveva ormai assunto i contorni di un martire. Lungi dall’essere trattato come un suicida, gli venne tributato un funerale in pompa magna, la salma fu portata in processione per la città e la sua tomba divenne addirittura meta di pellegrinaggio. Un mese dopo il tragico evento iniziò il processo. Influenzati dalle dicerie cittadine, gli inquirenti misero sotto torchio gli imputati e inizialmente Jean Calas, la consorte e il figlio Pierre furono condannati a morte, l’amico ai lavori forzati, la domestica all’ergastolo.
Il giudizio approdò quindi al Parlamento di Tolosa, dove il 9 marzo 1762 i 13 giudici che componevano il collegio, dopo infinite discussioni (e malgrado mancassero prove inconfutabili per sostenere la tesi dell’omicidio), emisero la sentenza: Jean fu condannato a morte
per strangolamento, non prima di essere stato sottoposto ad atroci torture, che comprendevano la rottura delle ossa delle braccia e delle gambe e l’esposizione su una ruota vicino al patibolo, per farlo confessare. Ma la confessione non arrivò e poco prima di spirare Jean pregò Dio di perdonare i propri carnefici. Colpiti dal suo atteggiamento, pochi giorni dopo i giudici rividero le pene per gli altri condannati al processo: Pierre fu esiliato, mentre la moglie di Calas, l’amico e la domestica furono assolti. Ma il caso era tutt’altro che chiuso.
AVVOCATO OCCASIONALE. Durante l’esilio a Ginevra i fratelli Calas vollero tentare di avere giustizia a modo loro. Ottennero un colloquio con uno degli intellettuali più famosi e
Voltaire, inizialmente scettico, si convinse dell’innocenza della famiglia dopo un colloquio con i fratelli della vittima
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discussi dell’Europa del tempo: François-Marie Arouet, noto come Voltaire. All’epoca quasi settantenne, il filosofo era venuto a conoscenza della loro vicenda e inizialmente si era mostrato ostile nei confronti della famiglia protestante. Ma quell’incontro, unito alla voglia di non essere da meno del letterato Laurent Angliviel de La Beaumelle, che si era già espresso pubblicamente a difesa dei Calas, lo spinsero a ricredersi. Volle indagare personalmente sul controverso delitto e portò alla luce dettagli che cambiarono le carte in tavola.
LA SVOLTA. Marc-Antoine, la vittima, aveva un profilo ben diverso da quello del martire: a detta di Voltaire infatti “passava per essere uno spirito inquieto, cupo, violento”. Voleva diventare un magistrato, ma non aveva l’indispensabile certificato di “cattolicità” e questo potrebbe averlo spinto al suicidio. Aveva inoltre confidato i suoi propositi a chi lo conosceva. Il giovane aveva rivelato la sua intenzione di uccidersi allo stesso Lavaysse: la sera della morte, dopo aver cenato con la famiglia e l’amico, si sarebbe appartato con lui per parlargliene. Infine, una recente perdita di denaro al gioco potrebbe
essere stata la classica goccia tale da far traboccare il vaso.
A metà tra l’avvocato, il detective e l’intellettuale impegnato, Voltaire prese di petto la questione. Per tre mesi raccolse quante più prove e testimonianze possibili, analizzando nel dettaglio il caso e il processo e interrogando familiari e persone informate sui fatti. Lo scenario del suicidio divenne il più verosimile. Alcuni semplici fatti dati per scontati dai giudici si rivelarono inconsistenti: come poteva un uomo anziano e con problemi di salute come Jean aver strangolato da solo il figlio? “Bisognava assolutamente che nel far questo fosse stato aiutato dalla moglie, dal figlio Pierre Calas, da Lavaysse e dalla domestica”, scriveva Voltaire. “Orbene, tutti costoro non si erano separati un istante la sera della fatale avventura. Ma questa ipotesi era altrettanto assurda quanto la prima. Infatti, perché mai una domestica cattolica zelante avrebbe potuto lasciare che degli ugonotti assassinassero un giovane allevato da lei, per punirlo di amare la sua stessa religione?”
Malgrado le incongruenze, per ottenere la revisione del processo Voltaire dovette mobilitare l’opinione pubblica e le alte autorità dello Stato.
Fanatismo ultracattolico
Una processione di ligueurs, membri della Lega cattolica, a Parigi nel 1590. Il movimento ultracattolico, fondato nel 1576 da Enrico di Guisa, aveva lo scopo di liberare la Francia dai protestanti. Due secoli dopo l’accanimento contro gli “ugonotti” era ancora vivo nel Paese.
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Condanna ingiusta
A lato e sotto, il ritrovamento da parte della famgilia e dell’amico Lavaysse del cadavere del giovane Marc-Antoine, il 13 ottobre 1761. Sotto a sinistra, alla famiglia Calas riunita viene comunicata la condanna a morte comminata al padre, Jean (sotto a destra, mentre prega prima della sua esecuzione, avvenuta il 9 marzo 1762).
Così nell’ottobre 1762 cominciò a scrivere una delle sue opere di maggior successo, il Trattato sulla tolleranza, nel quale prendeva spunto dall’ingiustizia subita dai Calas, per poi allargare le sue riflessioni al concetto generale di libertà religiosa. Quando uscì nel novembre 1763, l’opera fece grande scalpore riportando la vicenda Calas al centro del dibattito.
RIABILITATI. Voltaire sfruttò inoltre le sue influenti conoscenze personali per portare il caso direttamente all’attenzione del re, Luigi XV, tramite una petizione al Conseil du roi, tribunale supremo del regno. La strategia ebbe successo:
la petizione fu accolta e nel giugno 1764 il Consiglio annullò tutti i verdetti emessi dalla Corte di Tolosa nei confronti di Jean Calas, la cui memoria venne così riabilitata, mentre David de Beaudrigue fu destituito. I Calas vennero addirittura ricevuti a Versailles dal sovrano in persona, che accordò loro un vitalizio come ricompensa per il danno. A Parigi, la notizia della revisione del processo suscitò un’ondata di commozione: “la gente accorreva per vedere questa famiglia così infelice”, scrive Voltaire. Dopo anni di sofferenze e iniquità dovute al clima di intolleranza religiosa, un intellettuale era riuscito finalmente a fare giustizia.
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Morti e feriti L’arrivo in ospedale di Theodore Roosevelt nel 1912 dopo un tentato omicidio al quale scampò. A sinistra, tre attentati ai presidenti Usa: ai danni di Jackson nel 1835 (il presidente non morì), l’uccisione di Lincoln nel 1865 a teatro e l’assassinio di Garfield nel 1881.
Casa Bianca Rosso Sangue 1881 James A. Garfield 1835 Andrew Jackson 1865 Abraham Lincoln /MONDADORI PORTFOLIO/BRIDGEMANART BRIDGEMAN IMAGES ROGER VIOLLET VIA GETTY IMAGES 52 S PRIMO PIANO
“T
esoro, ho dimenticato di accovacciarmi”: è questo il sarcastico commento che il presidente statunitense Ronald Reagan rivolse alla moglie Nancy dopo essere sopravvissuto a un attentato il 30 marzo 1981. Uscendo da un hotel di Washington verso le due e mezza del pomeriggio, fu colpito da uno dei proiettili sparati a bruciapelo dallo squilibrato John Hinckley Jr.
Reagan se la cavò per miracolo: la pallottola, dopo aver colpito un braccio, gli entrò nel costato e perforò un polmone, fermandosi vicinissima al cuore. Operato d’urgenza, il presidente fu dimesso nel giro di tre settimane, potendo poi scherzare sull’accaduto. Ma se non ce l’avesse fatta non sarebbe stato il primo inquilino della Casa Bianca a morire ammazzato. Prima di allora, ben quattro presidenti erano stati
uccisi, e altri erano riusciti a salvarsi per un soffio. Una scia di sangue che coinvolse anche un illustre candidato alla presidenza della famiglia Kennedy (vedi riquadro pagine successive).
PAURA A TEATRO. Tenere le redini del governo statunitense è dunque un mestiere “a rischio”, come dimostrò nel 1865 la fine di Abraham Lincoln, con il quale iniziò la macabra conta dei
Pistole, fucili, bombe, lettere avvelenate...
Gli attentati ai presidenti nella storia degli Stati Uniti sono stati molti: alcuni sono scampati, altri no.
di Matteo Liberti
53 S
1912 Theodore Roosevelt
presidenti assassinati. Fautore di una politica antischiavista, Lincoln fu eletto nel 1860 e poi rieletto nel 1864, prima di rimanere vittima di un colpo di pistola che lo centrò alla testa mentre si trovava al Teatro Ford di Washington assieme alla moglie. Era la sera del 14 aprile 1865, un Venerdì Santo, e a sparare fu John Wilkes Booth, di professione attore, schiavista convinto. Subito soccorso, Lincoln si spense al mattino del giorno dopo, a 56 anni, mentre il suo assassino, intercettato in Virginia 10 giorni dopo, rimase ucciso in uno scontro a fuoco con l’esercito federale. Altri furono poi condannati come suoi complici.
Trent’anni prima, il 30 gennaio 1835, sempre a Washington, un altro presidente, Andrew Jackson, aveva rischiato di morire allo stesso modo. Ma la pistola puntata contro di lui dall’attentatore di turno (Richard Lawrence, un indigente pittore inglese) si era inceppata. La medesima fortuna non arrise appunto a Lincoln, la cui morte scosse nel profondo i cittadini americani. Non appena lo shock collettivo sembrò passato, un ulteriore fatto di sangue fece ripiombare gli Usa nella paura. Era il 1881, e a esser preso di mira fu questa volta il presidente James A. Garfield.
VENDETTE. Insediatosi da poche settimane alla Casa Bianca, Garfield uscì di scena per mano di Charles J. Guiteau, un avvocato che aveva fatto richiesta alla nuova amministrazione per un incarico da console, che però gli fu rifiutato. Guiteau accumulò rabbia e risentimento fino al punto di decidersi a tendere un agguato a Garfield. Colpito da due proiettili mentre passava in una stazione ferroviaria di Washington, il presidente morì due mesi più tardi, il 19 settembre 1881, a 50 anni non ancora compiuti, per un’infezione provocata dalle ferite. Il suo assassino, nel frattempo, era stato arrestato: processato, fu condannato a morte per impiccagione nel 1882.
Come capitò in occasione dell’ultimo saluto a Lincoln, anche i funerali di Garfield videro la partecipazione di decine di migliaia di persone, addolorate e spaventate. Soltanto due decenni più tardi, nel settembre 1901, la stessa scena di lutto collettivo si sarebbe ripetuta per il presidente William McKinley.
Eletto nel 1896 e poi di nuovo nel 1900, il presidente McKinley fu assassinato da un anarchico di origine
polacca di nome Leon Czolgosz, che vedeva in lui un tiranno, nemico della povera gente. L’attentatore si ispirò al gesto compiuto un anno prima dall’anarchico italiano Gaetano Bresci, che aveva ucciso a colpi di rivoltella il re d’Italia Umberto I. Czolgosz attuò il suo piano il 6 settembre 1901, durante una visita di McKinley all’Esposizione panamericana di Buffalo (Stato di New York). Nascondendo la pistola sotto a un fazzoletto, andò incontro al presidente presso il Tempio della musica, un auditorium in cui McKinley avrebbe dovuto tenere un discorso, e gli sparò da distanza ravvicinata, venendo poi trascinato via dalle guardie del presidente. Trasportato in ospedale, McKinley lottò per diversi giorni prima di spegnersi il 14 settembre.
SCIA DI SANGUE. Il giorno dei funerali di McKinley nel Paese si fermò ogni attività per cinque minuti, dopodiché lo Stato indossò gli abiti dell’assassino-giustiziere, eseguendo il 29 ottobre 1901 la condanna a morte per Czolgosz, sulla sedia elettrica.
Frattanto, era iniziata la presidenza di Theodore Roosevelt, già vicepresidente di McKinley, e poi eletto nel 1904. Terminato il mandato, tornò a candidarsi nel 1912, ma il solo provarci rischiò di costargli la vita. Il 14 ottobre, mentre si trovava in un hotel di Milwaukee (Wisconsin) per un comizio, fu colpito da un proiettile sparatogli da uno squilibrato che mal tollerava l’idea che qualcuno potesse rivestire la carica presidenziale per tre volte. L’improvvisato attentatore era John F. Schrank, un immigrato tedesco. Per puro caso il proiettile, frenato da una mazzetta di documenti e da una custodia per occhiali, penetrò nel corpo di Roosevelt senza fare danni letali, tanto che lui, con la camicia grondante sangue, anziché correre in ospedale tenne il suo discorso.
Superato l’ennesimo shock, gli Stati Uniti affrontarono nuovi attentati, spesso fatali per le persone al fianco dei presidenti. Il 15 febbraio 1933, a Miami, Franklin Delano Roosevelt, da poco eletto, fu mancato da una serie di proiettili sparati da un immigrato
1901 William McKinley
In tempi più recenti hanno subito tentativi di attentato Clinton, Bush e Obama
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italiano, che però furono letali per Anton Cermak, sindaco di Chicago che era con il presidente. E il 1° novembre 1950, a Washington, due portoricani, tentando di uccidere il presidente Harry S. Truman, ferirono mortalmente Leslie Coffelt, ufficiale della White House Police Force (la polizia della Casa Bianca).
ANNO ZERO. Oltre sessant’anni dopo l’omicidio di McKinley, un nuovo presidente morì ammazzato: John Fitzgerald Kennedy, eletto nel 1960 e freddato a colpi di fucile il 22 novembre 1963 a Dallas, in un attentato dai contorni mai pienamente definiti (v. articolo). Oltre a gettare nello sconforto la cittadinanza, l’assassinio di JFK
richiamò alla mente di molti una funesta leggenda nata in seguito alle morti premature di diversi presidenti che lo avevano preceduto: la cosiddetta “maledizione dell’anno zero”.
Si narra che, al principio del XIX secolo, un capo indiano di nome Tecumseh lanciò un maleficio volto a colpire tutti i presidenti eletti in un anno terminante con la cifra 0, il cui destino sarebbe stato quello di morire nel corso del proprio mandato. E in effetti così fu per Lincoln, Garfield, McKinley e Kennedy, ai quali si sommano tre presidenti deceduti per cause naturali, ma tutti eletti in anni con lo zero finale: William Henry Harrison (eletto nel 1840 e morto nel 1841), Warren Harding (1920-1923) e
SOPRAVVISSUTI. Malefici a parte, i tentativi di far fuori i presidenti americani sono proseguiti anche dopo l’omicidio di Kennedy, come dimostra la vicenda di Reagan del 1981. Molte di queste azioni criminose, a cui sono seguiti indagini e arresti, sono state sventate in extremis o sono fallite per la goffaggine degli esecutori, anche in tempi più recenti.
Tra i presidenti presi di mira senza conseguenze fatali si ricordano Richard Nixon, a cui provarono a sparare nel 1972; Gerald Ford, che visse un’esperienza analoga nel 1975; Bill Clinton, che si aggiunse al “club” nel 1994; George W. Bush, contro cui fu lanciata nel 2005 una bomba che non esplose; Barack Obama, al quale nel 2013 è stata inviata una lettera intrisa di ricina, una proteina altamente tossica.
A sessant’anni dalla morte di John Kennedy, nessun presidente eletto è più morto in un attentato. Ma forse nessuno è più riuscito a dormire sonni tranquilli dentro la Casa più famosa del mondo. •
Bob Kennedy: assassinio di un “quasi presidente”
Già segnata da molti drammi (v. articolo nelle pagine precedenti), la famiglia Kennedy – e con loro gran parte dell’America –, pianse nel 1968 la scomparsa di Robert Kennedy, detto “Bob”, fratello del presidente John ucciso cinque anni prima. Bob era candidato alle elezioni presidenziali di quell’anno, con ottime probabilità di vittoria. Ad aggredirlo mortalmente, in una notte di giugno, fu un certo Sirhan Sirhan, giordano di origine palestinese che voleva fargli pagare il sostegno dato a Israele nei conflitti in corso in Medio Oriente. Ma anche intorno a questo assassinio
sono fiorite ipotesi alternative e teorie complottiste. Dopo un comizio. Durante l’agguato, Bob – che aveva appoggiato gli israeliani nella Guerra dei sei giorni, con la quale Israele estese i suoi confini – fu colpito dai proiettili sparati da una pistola calibro 22 all’Ambassador di Los Angeles, dopo un discorso tenuto in una delle sale dell’hotel. Fu centrato mentre veniva fatto uscire dalle cucine poco dopo mezzanotte (a lato) del 5 giugno e spirò in ospedale all’alba del 6 giugno 1968, mentre l’assalitore fu arrestato e condannato all’ergastolo.
Franklin Delano Roosevelt (spentosi nel 1945, dopo essere stato eletto per ben quattro volte, la terza delle quali nel 1940).
1981 Ronald Reagan
Tutti sul presidente
Gli agenti della scorta si lanciano sul presidente Reagan per proteggerlo, durante l’attentato del 1981. Nell’altra pagina, un anarchico uccide McKinley nel 1901. Sopra, due poliziotti della Casa Bianca rimasti feriti in un attentato a Truman nel 1950.
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