Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE
n°182
DICEMBRE
●● Il Corano è il testo sacro dei musulmani: con i suoi oltre 6mila versetti è una delle fonti di regole etiche e giuridiche per i credenti.
SHARIA
“RETTA VIA”: ORIGINE DI UNA PAROLA ANTICA CHE OGGI L’ESTREMISMO ISLAMICO PIEGA A SUO PIACIMENTO. E ANALISI DEGLI ALTRI FONDAMENTALISMI RELIGIOSI 23 NOVEMBRE 2021 - MENSILE
TRANSGENDER
LA CLINICA DOVE SI CAMBIAVA SESSO, NELLA BERLINO NAZISTA
LIVIA DRUSILLA
LA PRIMA IMPERATRICE ROMANA: INFLUENTE, BELLA E AMBIZIOSA
COMMEDIE
COSÌ, CON LA SATIRA, ARISTOFANE SVELAVA L’ATENE PIÙ NASCOSTA
Dicembre 2021
focusstoria.it
Storia
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uando in redazione si è deciso di affrontare il mondo del fondamentalismo religioso, un po’ di inquietudine serpeggiava: siamo su un campo minato, il rischio di sbagliare e/o offendere qualcuno è in agguato. Ma come sottrarsi? Mai tema è calzato meglio al motto della rivista: scoprire il passato per capire il presente. E noi volevamo capire su che basi gli estremisti islamici, e perfino gruppi terroristici, si rifanno alla sharì’a, a regole e principi desunti dal Corano e dalla Sunna. Come piegano precetti religiosi alle loro strategie violente. Alcuni proclami dei talebani tornati al potere in Afghanistan hanno riportato il tema alla ribalta. Anche in Occidente ci sono stati “fondamentalismi” religiosi (per quanto quelli attuali non si ispirino più a guerre sante e armate) e anche di essi raccontiamo la genesi e i principi ispiratori. Probabilmente il discrimine tra un credo religioso integralista e un altro sta in un concetto, quello sì, per noi sacro: la libertà. Nessuno può essere costretto a rispettare principi in cui non crede, i diritti devono essere uguali per tutti, le decisioni si devono prendere con sistemi democratici.
RUBRICHE
4 LA PAGINA DEI LETTORI
6 NOVITÀ & SCOPERTE
10 GANGSTER STORY 12 UNA GIORNATA DA...
FINE ART IMAGES/HERITAGE IMAGES VIA GETTY IMAGES
182
Il Corano in un quadro di fine Ottocento.
COPERTINA: SHUTTERSTOCK
68 CURIOSO PER CASO 72 COMPITO IN CLASSE 97 AGENDA
In copertina: un antico manoscritto del Corano.
IN PIÙ...
16 LaSCIENZA prima clinica
per cambiare sesso Il medico tedesco che, nella Berlino degli Anni ’20, aiutò i transgender con la scienza.
CULTURA 20 Petrarca a Milano
Com’era Milano, e come la descrisse il poeta negli anni in cui ci abitò.
GIAPPONE-USA 24 Intrigo nel Pacifico Ottant’anni fa, l’attacco aereo giapponese alla base di Pearl Harbor.
LE TRAPPOLE DELLA FEDE 32 Nel nome della sharì’a
Storia della “retta via” indicata dal Corano, delle sue applicazioni e delle forzature estremiste.
38 Il potere alla religione
La radicalizzazione islamista? Un’escalation complessa iniziata un secolo fa, ma esplosa dopo la Guerra fredda.
26 LaANTICHITÀ first lady dei Romani
Le virtù e i lati oscuri di Livia, moglie di Augusto.
I GRANDI TEMI 56 C’era una
volta l’Urss
Dicembre 1991: cala il sipario sull’Unione Sovietica.
COSTUME 62 Smalto story
Ornamento, certo, ma anche status symbol: 3mila anni di smalto.
PORTFOLIO 76 Con gli occhi
delle donne
46 Non prendermi alla lettera!
Il fondamentalismo ha colpito in ogni epoca e in tutte le religioni: ecco che cosa è successo quando i testi sacri non sono stati interpretati alla luce dei mutamenti sociali.
14 CHI L’HA INVENTATO? 54 MICROSTORIA
CI TROVI ANCHE SU:
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Per saperne di più
Le letture consigliate per approfondire i temi del fondamentalismo religioso e addentrarsi nella storia e nelle logiche del mondo islamico.
Le più talentuose fotografe del Novecento in una mostra.
ANTICHITÀ 82 Gli Ateniesi
di Aristofane
Il popolo, i filosofi, i politici: tutti messi alla berlina.
PROTAGONISTI 90 Nella gabbia dorata Nel Vittoriale con D’Annunzio, il poeta scomodo.
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SPECIALE
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a Rivoluzione americana è stata considerata da alcuni storici una rivoluzione minore, o addirittura una non-rivoluzione, se confrontata con quella francese che ebbe molte più conseguenze sul piano internazionale. D’altra parte durante la Guerra
fredda il nazionalismo americano ha capovolto questa visione affermando che quella americana era stata l’unica vera rivoluzione poiché aveva dato vita al primo Stato liberale e costituzionale del mondo occidentale e aveva aperto le strade
(Bethar, acronimo di Berith Joseph Trumpeldor, eroe nazionale ebraico che nel 1920 morì difendendo Tel Hai, una colonia dell’Alta Galilea assalita dagli arabi; fu un movimento sionista revisionista fondato a Riga nel 1923) e dall’ammiraglio italiano Paolo Thaon di Revel (18591948), presidente generale del consorzio delle scuole professionali marittime, per preparare professionalmente giovani ebrei italiani, polacchi, lituani, cecoslovacchi, austriaci e tedeschi, figli di professionisti e commercianti intenzionati ad emigrare in Palestina, all’attività marinara e alla pesca. Scrive lo storico della Marina militare italiana Andrea Giattini nel suo saggio Caesarem Vehis. La Capitaneria di porto nel monumentale porto di Civitavecchia (2020): «Il 27 gennaio 1935 venne inaugurata la sezione ebraica della scuola marittima di Civitavecchia. Durante la visita del capo dipartimento marittimo del Bethar alla scuola venne manifestata l’esigenza di acquistare una nave scuola per mettere in pratica gli studi dei giovani sionisti riguardanti l’attività marittima: la scelta cadde sul motoveliero Quattro Venti, ossia
alla modernità. Su Storia in Podcast a raccontarci il contesto in cui si sviluppò e come venne interpretata è Tiziano Bonazzi, che ha insegnato Storia e Istituzioni dell’America del Nord all’Università di Bologna. Online. Per ascoltare questa puntata all’interno della
una goletta a quattro alberi con scafo in legno. Al rientro dalla prima crociera, nel novembre 1935, vi fu la consegna dei diplomi e il successivo impiego lavorativo. Dal momento che l’esperienza fu positiva, si decise di inaugurare anche il secondo corso e quindi l’anno successivo si formò nuovamente la sezione ebraica della scuola marittima con 52 allievi provenienti da tutta Europa. Nel febbraio 1937 le lezioni del terzo corso iniziarono con una novità: vennero acquistati due motopescherecci. A metà maggio del 1937 il motoveliero partì per la crociera di fine corso ma nei pressi di Bastia urtò su una secca rocciosa. La nave venne abbandonata a Livorno. Comunque la scuola continuò la sua attività sotto la direzione del capitano Nicola Fusco di Bari e proseguì le lezioni per il quarto corso che terminò nell’agosto 1938. L’orizzonte politico faceva presagire un’escalation d’odio razziale e per questo motivo fu consigliato agli ebrei di scappare dalle imminenti persecuzioni e così la scuola chiuse». Racconta inoltre lo storico Leone Carpi nel saggio Come e dove rinacque la Marina d’Israele (1967) che alcuni di quei giovani ebrei sionisti morirono sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale, altri nelle camere a gas nei campi di sterminio
nostra audioteca, basta collegarsi a storiainpodcast. focus.it nella sezione “La storia della Storia”. Gli episodi di Storia in Podcast – disponibili anche sulle principali piattaforme online di podcast – sono a cura del giornalista Francesco De Leo.
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GIAPPONE-USA
7 dicembre 1941
INTRIGO NEL
PACIFICO
di Federica Ceccherini
“T
ora! Tora! Tora!” (in giapponese “Tigre tigre tigre”). Alle 7:53 del 7 dicembre 1941 le parole d’ordine del capitano giapponese Mitsuo Fuchida risuonano alla radio. Dopo 2 minuti, inaspettato, parte l’attacco aereo nipponico contro le unità militari statunitensi di stanza a Pearl Harbor, nelle Hawaii. L’effetto sorpresa dà i suoi frutti. Un paio di ore di bombardamento bastano per affondare quattro corazzate, distruggere quasi 200 aerei e fare 2.433 morti. La dichiarazione di guerra, infatti, per varie ragioni giunse alla Segreteria di Stato americana solo ad attacco iniziato. E per di più era domenica, giornata di libera uscita per i militari della base americana nel Pacifico.
CONTESA. Le manovre giapponesi per l’attacco, nome in codice Operazione Z, erano cominciate già da 10 giorni, mentre le diplomazie dei due Paesi erano ancora all’opera per risolvere la controversia sull’occupazione da parte del Giappone – forte della sua alleanza nell’Asse con Berlino e Roma – dell’Indocina francese (attuali Vietnam, Laos e Cambogia). Gli Usa, vedendo minacciata la propria supremazia nel Pacifico, avevano decretato per il Giappone l’embargo di materie prime e lavorati industriali. Nonostante siano passati 80 anni da quella tragica mattina del 1941, gli storici ne dibattono ancora. Fu davvero un attacco a sorpresa? Qualcuno negli Stati Uniti sapeva? Si sarebbe potuto evitare? L’ipotesi più suggestiva vuole che il presidente Franklin Delano Roosevelt sapesse e che non abbia fatto nulla per evitarlo, perché in cerca di un motivo per entrare in guerra. Secondo un sondaggio condotto nel 1940, il 90 per cento degli americani era contrario a entrare nel conflitto. Ma dopo Pearl Harbor, i sentimenti dell’opinione pubblica statunitense erano del • tutto cambiati. 24
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ore 7:53 1a ondata
ore 8:54 2a ondata
Corazzata Nevada
Corazzata West Virginia
Corazzata Arizona
Stazione radar
Corazzata Tennessee
Incrociatore Detroit, una delle navi incolumi
PEARL HARBOR
Il disastro della difesa americana minuto 7 dicembre 1941 ore 6:00
I primi 183 aerei giapponesi decollano dalle portaerei, 230 miglia (circa 370 km) a nord delle Hawaii.
ore 7:02
Gli operatori radar sulla costa settentrionale dell’isola di Oahu (dove sorge la base) rilevano gli aerei giapponesi. L’ufficiale di turno però ritiene si tratti di bombardieri B-17 americani attesi per quel giorno e non dà l’allarme.
ore 7:15
I 167 aerei della seconda ondata decollano dalle portaerei giapponesi. Alla base non è ancora stato dato l’allarme. Gli aerei da caccia sono a terra e nessuna difesa antisiluro è stata approntata. È domenica, e molti ufficiali sono in libera uscita.
Ottant’anni fa, l’attacco aereo giapponese alla base statunitense di Pearl Harbor. Ma fu davvero una sorpresa? Di certo convinse l’opinione pubblica americana della necessità di entrare nella Seconda guerra mondiale. Aerosilurante Nakajima B5N “Kate”
Corazzata Pennsylvania Corazzata California
Bombardiere Aichi D3A “Val”
Caccia Mitsubishi A6M “Zero”
Pioggia di bombe
Ricostruzione del raid su Pearl Harbor con le tipologie di aerei giapponesi e alcune delle unità Usa colpite.
Incrociatore Raleigh
per minuto ore 7:53
ILLUSTRAZIONE DI MARCO PATERNOSTRO
Corazzate Oklahoma e Maryland
Il bombardamento durò meno di tre ore nelle quali i giapponesi impiegarono 78 caccia, 40 aerosiluranti e più di 200 bombardieri. Le portaerei Usa, in mare aperto, si salvarono.
Il comandante Mitsuo Fuchida lancia l’ordine d’attacco “Tora! Tora! Tora!” (“Tigre! Tigre! Tigre!”) con 50 bombardieri “Val”, 40 aerosiluranti “Kate”, 50 bombardieri d’alta quota e 43 caccia “Zero”. Vengono subito colpiti i campi di volo e le navi all’ancora.
ore 8:10
La corazzata Arizona viene affondata da una bomba che, incuneatasi nella santabarbara (il deposito di munizioni) di prua, la fa esplodere uccidendo oltre mille uomini dell’equipaggio.
ore 8:54 La seconda ondata giapponese
(35 caccia e 132 bombardieri) incontra il primo fuoco di sbarramento. Viene colpita la corazzata Pennsylvania.
ore 9:30
L’attacco è al suo culmine: una bomba disintegra la prua del cacciatorpediniere in ripararzione Shaw. I frammenti arrivano a diversi chilometri di distanza.
ore 9:45
Gli aerei giapponesi si radunano in formazione e lasciano l’obiettivo. Quattro corazzate Usa risultano affondate, altre tre gravemente danneggiate, una decina di unità minori perdute e 188 aerei distrutti. I giapponesi hanno perso 29 aerei. Gli americani contano 2.433 morti e quasi 1.200 feriti, i giapponesi 55 morti.
ANTICHITÀ La carriera (con qualche ombra) di Livia Drusilla, l’affascinante e ambiziosa moglie di Ottaviano Augusto che fu al suo fianco durante la “costruzione” dell’Impero romano.
La first lady dei Romani ALBUM / FINE ART IMAGES / MONDADORI PORTFOLIO
di Anita Rubini
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ALBUM / MONDADORI PORTFOLIO
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Coppia reale
Livia Drusilla (58 a.C.-29 d.C.) in una statua del I secolo d.C., da Paestum. A sinistra, con il marito Ottaviano Augusto e il figlio Tiberio, avuto dal primo matrimonio, in un cammeo.
posa del primo imperatore di Roma, del quale fu fedele consigliera per oltre mezzo secolo; madre del secondo imperatore romano; modello per tutte le donne del suo tempo e oggetto di culto per il popolo intero. Livia Drusilla, consorte di Ottaviano futuro Augusto, è il prototipo di tutte le first lady, nonché la più nota matrona che l’Urbe abbia mai conosciuto. Ma tratteggiare il suo ritratto non è semplice e lo dichiara anche Lorenzo Braccesi, storico che a lei ha dedicato una biografia: «Chi è Livia? Quella dipintaci a forte tinte negative da Tacito o quella, invece, che traluce quasi santificata, dalla tradizione che si ispira alla propaganda augustea? Di fatto, entrambe le prospettive coesistono, e in forma esasperata. Livia infatti è un personaggio bifronte, e per questo tanto più difficile da decriptare nel segreto del suo essere». Da una parte dunque la consorte di Augusto, da lui tenuta in gran conto, e prima interprete del suo mondo di valori. Dall’altra, la donna con pochi scrupoli, disposta a tutto pur di far succedere al marito il figlio di primo letto Tiberio (v. riquadro nell’ultima pagina). A ben guardare due obiettivi che coincidevano: Tiberio poteva ereditare un impero solo se Augusto ne assicurava solide basi. Ma ora, facendo lo slalom tra le fonti, ricostruiamo i fatti.
DALL’ALTRA PARTE. Livia Drusilla Claudia era nata a Roma il 30 gennaio dell’anno 58 a.C. da Marco Livio Druso Claudiano e da Alfidia. Il padre era un esponente di prestigio della classe dirigente dell’Urbe, cioè della vecchia nobilitas senatoria ormai al tramonto: di profonda fede repubblicana, dopo la morte di Cesare si unì alle armate dei cesaricidi Bruto e Cassio che combattevano contro Ottaviano e Marco Antonio, entrambi aspiranti alla leadership nel dopo Cesare. Ricostruire la storia di Livia significa dunque anche ripercorrere le intricate e sanguinose vicende della guerra civile romana scoppiata dopo le Idi di marzo. Proprio da lì iniziò la scalata al potere di Ottaviano, erede designato di Cesare. Passò per la sconfitta di Bruto e Cassio a Filippi nel 42 a.C. (dove lo stesso padre di Livia si suicidò) e le liste di proscrizione che condannarono a morte persino uno come Cicerone (ma anche il primo marito della nostra protagonista). Ultimo atto: il trionfo finale di Ottaviano ad Azio (31 a.C.) sul rivale Marco Antonio e sulla sua alleata Cleopatra, quando Livia già era sposata con il vincitore. Come avrete capito, Livia per la maggior parte del tempo si trovò dal lato opposto della barricata rispetto a Ottaviano. A 14 o 15 anni era andata in sposa al cugino Tiberio Claudio Nerone, fervente cesariano sceltole dal padre, che finì per essere proscritto e condannato a morte per essersi schierato dalla parte di Marco Antonio ed esservi rimasto anche dopo la vittoria di Ottaviano. 27
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Le nozze con Livia? Ad Augusto servirono anche per legare alla sua causa le famiglie più in vista dell’aristocrazia
AL POSTO GIUSTO. Ma Livia cosa pensava di questo nuovo matrimonio? Prova Braccesi, a immaginarlo: «Livia, già madre e non ancora ventenne, dopo il primo marito – un arrogante conservatore di nobile lignaggio scelto dal padre – fu ben lieta che un divorzio di comodo la facesse approdare nella casa e nel talamo di colui che, dopo la vittoria di Azio, si assicurava il predominio assoluto nell’intera società romana. Inoltre proprio dal padre aveva ereditato lo spirito di casta e la dignità di comportamento che le avrebbero assicurato un ruolo di icona a lato del secondo consorte Ottaviano Augusto». Ma chissà cosa avrebbe detto proprio quel padre, propugnatore di ideali libertari, se avesse saputo che la figlia, con le sue seconde nozze, sarebbe diventata la moglie (e lui il suocero!) 28
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MARITO SERIALE. Nei circa cinque anni in cui Livia visse con il primo consorte, ebbe due gravidanze: quella di Tiberio, dicevamo, e quella di Druso (il futuro conquistatore della Germania) che avrebbe visto la luce tre anni e due mesi dopo, ovvero il 14 gennaio del 38 a.C., ma non nella casa di suo padre. Infatti, in un non ben precisato momento durante la fuga della famigliola, forse in uno dei tanti tentativi di trovare un accordo tra le parti in conflitto, Ottaviano incontrò Livia: ne rimase affascinato a tal punto che, tornato a Roma, indusse il legittimo marito a un frettolossissimo divorzio per poterla a sua volta risposare. Non lo fermò nemmeno l’avanzato stato di gravidanza della donna. “Invaghitosi della sua bellezza, la portò via al marito, e non sappiamo se contro la volontà di lei”, racconta Tacito. “Ciò fece con tanta fretta che non le lasciò neppure il tempo di partorire, conducendola gravida in casa sua”. Parentesi: Livia non era il primo tentativo matrimoniale di Ottaviano, che aveva già alle spalle due fallimenti. «Gli improvvisati matrimoni come i repentini divorzi erano per la classe dominante i simboli esteriori di legami partigiani o di scissioni politiche», spiega Braccesi. Anche l’unione con Livia aveva la sua portata. «Si unì in terze nozze con Livia che apparteneva sia per nascita che per precedente matrimonio alla nobilissima gens Claudia, una famiglia che aveva identificato il proprio divenire nella storia stessa della Roma repubblicana». Il vantaggio sulla futura stabilità dello Stato era indiscutibile.
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Nel 42 a.C. Livia aveva dato alla luce il primo figlio Tiberio ed era diventata una fuggitiva al seguito del marito proscritto: scapparono prima a Napoli, poi in Sicilia e in Grecia. Alle calcagna, proprio gli sgherri di Ottaviano. “Accadde così un fatto stranissimo”, scriverà lo storico Cassio Dione (II-III secolo). “Questa Livia, che allora fuggiva da Ottaviano, in seguito lo sposò, e questo Tiberio, che allora andava esule con i genitori, ne raccolse l’eredità imperiale”.
Ascesa
A sinistra, in un quadro del Seicento, la Battaglia di Azio (31 a.C.) sulle coste greche del Mar Ionio. Lo scontro navale consegnò il governo di Roma al vincitore Ottaviano, che sconfisse il rivale Marco Antonio e la sua alleata Cleopatra.
Longevi
dell’uomo che avrebbe coniato lo slogan Res Publica restituita diventandone in realtà il definitivo e assoluto affossatore. Per non parlare del fatto che il suo nipotino Tiberio sarebbe diventato il secondo autocrate di uno Stato ormai trasformato in impero. Quanto a Ottaviano, quale miglior modo per dimostrare la sua clementia – virtù del principe buono e giusto di cui si sentiva l’incarnazione – sposando la figlia del suicida di Filippi, campione dell’intransigenza repubblicana? «Cinici e spregiudicati entrambi, Ottaviano e Livia erano fatti per incontrarsi », commenta l’esperto.
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Livia Drusilla in un busto dell’epoca (sotto) e a tavola con Ottaviano Augusto in un affresco del 1599 (in basso a sinistra). La loro unione durò oltre 50 anni, moltissimi per quel tempo, ma la coppia imperiale non ebbe figli.
MOGLIE IDEALE? Ottaviano dunque ci aveva visto giusto: nei 53 anni al suo fianco, dal 39 a.C. al 14 d.C. (anno della morte dell’imperatore) Livia dimostrò di avere un fiuto politico acutissimo. E lo fece in due stagioni ben distinte: la prima, più dinamica, della transizione rivoluzionaria dal triumvirato al 29
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Giusto erede?
Sospetti
In un quadro dell’800, Virgilio legge l’Eneide a Livia, Augusto e alla sorella di lui, Ottavia. Quest’ultima sviene sentendo il nome del figlio Marcello, che era stato forse assassinato per ordine della stessa Livia.
Livia fu forse la mente dietro alla lunga lista di omicidi che spianarono al figlio Tiberio la strada verso il potere imperiale principato, la seconda, più stabile, in cui Augusto doveva “solo” tenersi stretto il potere esistente. In tutto questo tempo Livia incarnò l’ideale della matrona romana, austera, nemica dello sfarzo e dei vizi, riflesso della politica di risanamento morale voluta proprio dal consorte, fatta di leggi suntuarie contro il lusso, ma anche di leggi moralizzatrici contro l’adulterio e demografiche contro il celibato. «Livia impersonava per tutti un’icona di riferimento, una “madonna” senza pecche. Degna sotto ogni aspetto, nell’immaginario collettivo e forse anche nella pietà popolare, di essere la compagna dell’uomo del destino: lontana dai salotti mondani, assente dai rumori del mondo se non per celebrazioni religiose, distaccata, virtuosa, devota agli dèi e sottomessa al marito», precisa Braccesi.
Livia, Lorenzo Braccesi (Salerno Editrice). Livia. La first lady dell’impero, Anthony Barrett (Edizioni dell’Altana). 30
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OMBRE. Tutto oro, dunque? Non proprio, a detta di alcuni storici antichi. Il pettegolo Svetonio raccontò che Livia da una parte manteneva la sua castità, dall’altra procurava giovani vergini per soddisfare il marito. Si insinuò che non avesse voluto avere discendenti da Augusto per non generare pericolosi concorrenti dei suoi stessi figli, mandando in esilio l’unica erede diretta, la figlia dell’imperatore Giulia. Alcune voci vogliono che Marco Claudio Marcello, il nipote preferito di Augusto, sia stato ucciso per volere di Livia (23 a.C.). E lo stesso sarebbe accaduto ai figli maschi di Giulia e del suo secondo marito Marco Agrippa, adottati da Augusto. Lo storico Cassio Dione insinuò persino che sarebbe stata proprio lei ad accelerare la dipartita del marito, ormai 75enne, offrendogli una manciata di fichi avvelenati. Non proprio un curriculum • immacolato...
i dice che Tiberio di fare l’imperatore non avesse alcuna voglia. Ma che Livia lavorò per tutta la vita per spianargli la strada e assicurargli il trono di Roma, dove Tiberio si sedette alla morte di Augusto (14 d.C.). Livia l’aveva messo lì con l’idea di governare nell'ombra proprio come aveva fatto con il marito, al quale sopravvisse per 15 anni. «Livia a quel punto non aveva più necessità di recitare la parte della “consorte accondiscendente”, mentre invece doveva rafforzare il ruolo di “madre dispotica” nei riguardi di Tiberio, il figlio che con tenacia titanica aveva predestinato alla successione», spiega Braccesi. Poco talento. Tiberio dal canto suo dimostrò fin da subito di non essere portato per governare. Preferì delegare la gestione del potere al Senato e al prefetto del pretorio Seiano, per potersi dedicare a ciò che gli interessava di più: gli agi e il lusso. Nel 26 si ritirò a Capri per il resto della sua lunga vita, tornando a Roma in rare occasioni. Di certo non lo fece per partecipare ai funerali di quella madre che l’aveva voluto imperatore (sotto, Tiberio e Livia in un’incisione ottocentesca). AKG_IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO
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