RIVOLUZIONE FRANCESE
Luigi XVI e Maria
Antonietta vissero tre anni in ostaggio e la loro testa fu servita al popolo dopo un processo già scritto
Luigi XVI e Maria
Antonietta vissero tre anni in ostaggio e la loro testa fu servita al popolo dopo un processo già scritto
GIALLI & MISTERI
ARMANDO DIAZ
Il generale-soldato che
EDUCAZIONE
Un giorno di scuola tra gli studenti del Rinascimento
PABLO NERUDA
Il poeta scomodo e i punti oscuri sulla sua fine
La Rivoluzione francese portò il mondo in un’altra era. Francia ed Europa uscirono davvero dal Medioevo solo in quei fatidici anni di fine ’700, quando il popolo divenne per la prima volta protagonista della Storia, pretese i diritti che mai aveva avuto prima e tutti i sistemi monarchici tremarono dalle fondamenta. Il prezzo da pagare fu altissimo: migliaia di teste innocenti rotolarono sotto la lama della ghigliottina (“democraticamente” però: la nuova macchina garantiva morte rapida e indolore a ogni classe sociale) in un crescendo di terrore che si placò solo quando gli stessi giacobini più radicali finirono nelle grinfie del boia (il famoso Charles-Henri Sanson, che meritava un articolo tutto per lui, e glielo abbiamo dato). Perché questo riassunto? Per entrare nel mondo del nostro Primo piano, farvi immaginare un pizzico dell’angoscia che dovettero provare i “nemici della rivoluzione”, per poi concentrarci sulle pene della famiglia reale: Luigi XVI, Maria Antonietta e il loro figlioletto fecero una fine orribile, seconda solo ai tre anni di prigionia e privazioni che la precedettero. Vi raccontiamo tutto, nel dettaglio. Per ripercorrere un pezzo di Storia attraverso i drammi di chi la subì.
Il trionfo della ghigliottina, dipinto intorno al 1795.
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Un boia per due
Prima di andare al patibolo, Luigi XVI e Maria Antonietta furono rinchiusi con i figli alle Tuileries e poi nella prigione del Tempio per quasi tre anni.
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Matrimonio di sconvenienza
L’unione tra Maria Antonietta e Luigi XVI non fu facile. Ma ancora più complicata fu quella con la Francia.
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Segreti svelati
La corrispondenza segreta fra Hans Axel von Fersen e la regina, scritta in codice e censurata, durò diversi anni. Ora è stata decifrata.
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Processo farsa
Il procedimento giudiziario contro Luigi XVI fu lungo e complesso. Alla condanna della regina invece si arrivò in fretta.
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Chi di ghigliottina ferisce...
Idealisti, ma anche fanatici e crudeli. Ecco i rivoluzionari che scatenarono il Terrore e quelli che ne furono vittime.
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A me la testa
Charles-Henri Sanson, il boia per antonomasia: prima agli ordini del re, poi al servizio del Terrore.
In copertina: Maria Antonietta e Luigi XVI.
16 CULTURA
Impegno e leggerezza
Cent’anni fa nasceva Italo Calvino, uno scrittore “fantastico”.
22 RINASCIMENTO
Rivoluzione in classe
Come si studiava fra ’400 e ’500, quando la scuola in Italia cambiò radicalmente.
28 GIALLO STORICO
Delitto di Stato?
Pablo Neruda era un personaggio scomodo. E infatti sulle cause della sua morte, nel 1973, i dubbi restano.
72 LUOGHI
Castello Racconigi
Nella residenza dei Savoia.
74 ARCHITETTURA
Il colosseo del Führer L’aeroporto di Tempelhof, a Berlino, palcoscenico della propaganda nazista.
82 PERSONAGGI
La spina nel fianco Emily Hobhouse denunciò i campi di concentramento britannici in Sudafrica.
87 GRANDE GUERRA
Il motivatore in capo Dopo Caporetto, Armando Diaz riorganizzò l’esercito italiano, portandolo alla riscossa.
92 CULTURA
El Greco
Il pittore cretese che ispirò Picasso.
Il23 luglio 2003, a Palazzo Belgioioso, nel centro di Milano, viene trovato il corpo senza vita di Raul Gardini. Oggi, a trent’anni dalla morte, ripercorriamo la vicenda dell’imprenditore, per nove anni presidente del gruppo Ferruzzi, poi passato all’acquisizione di
Montedison, azienda con cui avviò la sperimentazione di nuovi prodotti chimici, di origine vegetale senza l’impiego di idrocarburi. Su Storia in podcast il giornalista Cesare Peruzzi – autore del libro A modo mio (1991), tornato in libreria per Baldini+Castoldi
della villa è alto circa un metro e sessanta cm, ma nessun proiettile è stato mai rinvenuto al suo interno. [...] La signora Mazzola, che all’epoca era una ragazzina, non parlò per paura: intimorita da una bomba a mano gettata nel suo cortile.
Giuseppe D’AlfonsoIn seggiovia al mare
Vorrei condividere con i lettori di Focus Storia alcune curiosità sulla seggiovia di Spina vicino a Comacchio (Fe), nata per superare un dislivello di zero metri. Negli Anni ’60, con il boom economico, tutti iniziarono ad andare in villeggiatura. Sul Mare Adriatico, il Lido di Spina (Comacchio) era molto frequentato. Per accogliere i turisti era stato allestito un campeggio che distava un chilometro dal mare. In quel periodo, era il 1968, fra i soci del campeggio c’era il poco più che trentenne imprenditore ravennate Raul Gardini, coinvolto poi nella vicenda Enimont e Mani Pulite, morto suicida. L’imprenditore fece costruire una seggiovia biposto a morse fisse, per collegare il campeggio alla riva del mare, un servizio gratuito per i villeggianti. Le sue caratteristiche erano una lunghezza di 1.006 metri, con 10 piloni di appoggio. Il cavo di 26 mm di diametro aveva 127 seggiolini biposto colorati, distanziati di 15,75 metri tra loro.
La velocità era di 1,5 m/sec e la portata oraria di 685 utenti: impiegava 15 minuti per arrivare al mare.
La seggiovia, però, ebbe vita breve: nel 1974 fu smantellata per i costi di manutenzione e sostituita con le navette.
Mario Zaniboni– ricostruisce in quattro puntate le tappe fondamentali della formazione e della carriera dell’imprenditore.
Buon ascolto! Per ascoltare i nostri podcast (le puntate online sono quasi 500: dalle biografie di personaggi agli approfondimenti sui
Circa la dedica alla regina Margherita della pizza omonima riportata nella rubrica “Microstoria”, pubblicata su Focus Storia n° 201, vorrei sottolineare che la pizza napoletana è nata prima dell’Unità d’Italia (1861) e quella chiamata “Margherita” anche.
Questo nome è dovuto al fatto che in origine aveva una forma che ricordava il fiore e ogni petalo conteneva un diverso condimento. Probabilmente la dedica alla regina è successiva.
grandi eventi storici) basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast. focus.it.
Gli episodi, che sono disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast, sono a cura del giornalista Francesco De Leo.
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Focus Storia n° 202, pag. 8, nella didascalia abbiamo indicato erroneamente che si trattava della piramide di Cheope, invece era la piramide di Chefren.
Aldo Vella, NapoliLa piuma d’uccello corre sul foglio di pregiata carta in filo di cotone, lasciando dietro di sé un esile tratto di inchiostro. La scrittura è fitta, come se la pagina non bastasse a contenere tutti i pensieri, le paure, i desideri della non ancora 36enne
regina di Francia. I capelli ingrigiti all’improvviso, nascosta da sguardi indiscreti, al lume di una fioca candela Maria Antonietta affida a una lettera il suo cuore: “Vivo, mio beneamato, ed è per adorarvi. […] voi il più amato tra tutti gli uomini, […] niente al mondo potrà impedirmi di adorarvi fino alla morte”.
È il primo biglietto che, il 29 giugno 1791, a una settimana dalla tentata e fallita fuga a Varennes, riesce a inviare al suo amore, confidente e consigliere, il coetaneo conte svedese Hans Axel von Fersen. Ormai le comunicazioni con l’esterno sono diventate quasi impossibili: la Guardia Nazionale, la milizia cittadina arruolata dai rivoluzionari, li sorveglia a vista nel palazzo delle Tuileries, che dal 1789 è diventata la prigione dorata della famiglia reale.
Fersen non si arrende: vuole, anzi, deve salvare la regina. Il volto sciupato, una ciocca bianca tra i capelli scuri e i dolori allo stomaco che non gli danno tregua, non si perdona di aver abbandonato il convoglio quando pensava che i reali fossero ormai in salvo. La cosa peggiore è che, da allora, non può più incontrarla: i rivoluzionari l’hanno identificato come responsabile del piano di evasione. Se mettesse piede a Parigi, rischierebbe di essere arrestato. Non rimangono che carta e penna. E mille sotterfugi, tra alfabeti in codice e
inchiostri invisibili, cancellature e autocensure, per comunicare in segreto con la sua “tenerissima e cara amica”
AMORE E POLITICA. Tra il 21 giugno 1791 e il 10 agosto dell’anno successivo, nei 13 mesi che prelusero al crollo definitivo della monarchia francese, i due si scambiarono una fitta corrispondenza: di quel che resta di quelle lettere, oggi quasi nulla è più celato, grazie al team di studiosi francesi del secondo progetto Rex (v. riquadro nelle pagine successive). Ma se vi aspettate solo frasi d’amore e tenere dichiarazioni, resterete sorpresi. «Il loro rapporto epistolare attesta una pari fusione fra sfera pubblica e sfera privata, con continui passaggi tra formule affettuose, lunghi commenti all’attualità e scambi di documenti», nota Isabelle Aristide-Hastir, conservatrice presso gli Archivi nazionali francesi e autrice di Maria Antonietta & Axel Von Fersen. Corrispondenza segreta (L’ippocampo). «Non vi è quindi alcun dubbio che i due formino una coppia politica» Una coppia che, però, non può vantare i benefici della legittimità coniugale. «Maria Antonietta è la sposa del re di Francia e la madre del suo successore. Pertanto, la doppia natura della sua corrispondenza, sentimentale e politica, disturba e interroga i suoi detrattori: ha forse tradito la Francia? Ha ingannato il re? Fiumi d’inchiostro sono stati versati intorno a queste domande, persino quando la regina era ancora in vita», prosegue la studiosa.
PRIMO INCONTRO. Di certo c’è che, ben prima che per mano del boia, Maria Antonietta perse la testa per lui, il bel conte. Si erano conosciuti, diciottenni, a un ballo in maschera all’Opéra, il 30 gennaio 1774. «La Delfina mi parlò a lungo senza che sapessi chi fosse; quando venne infine riconosciuta, tutti le si strinsero attorno ed ella si ritirò in un palco alle tre del mattino: io lasciai il ballo», raccontò, in seguito, il giovane figlio di un ricco e
La corrispondenza segreta tra HANS AXEL VON FERSEN e la sfortunata REGINA, scritta in codice e censurata, durò diversi anni. Ora è stata decifrata.
Si adoravano
Una mano femminile verga una lettera: proprio come fece Maria Antonietta scrivendo a Fersen dal 1783. A sinistra, il conte Hans Axel von Fersen, con cui la regina tenne l’amorosa corrispondenza.
influente feldmaresciallo del re Gustavo III di Svezia, giunto da poco in Francia a perfezionare la sua educazione.
I profondi occhi azzurri incorniciati da sopracciglia scure, il fisico atletico e slanciato, l’aria malinconica da poeta lo rendevano “un eroe da romanzo”, come lo definì il duca di Lévis, o un “Apollo”, come lo etichettò Léonard, parrucchiere dell’infelice arciduchessa d’Austria da quattro anni moglie dell’erede al trono di Francia. Non stupisce che, quasi nove mesi dopo, lei lo riconobbe subito, tra la folla a Versailles: “Quando mi vide esclamò: ‘Ah, è una vecchia conoscenza!’. Gli altri membri della famiglia reale non mi dissero una parola”, scrisse Fersen al padre.
Il conte diventò di casa a corte e le voci cominciarono a circolare: una dama era sicura di aver visto la regina tremare, “quando Fersen le si presentò inaspettatamente” e persino l’ambasciatore svedese confessò al re di Svezia le proprie preoccupazioni: “Non posso crederci […] ma ho visto dei segni troppo inconfondibili per dubitarne”. Eppure, sui numerosi libelli pornografici dedicati alle ipotetiche passioni extraconiugali di Maria Antonietta, l’affascinante conte svedese non comparve mai.
NIENTE NOZZE, PAPÀ. Nel 1783, deciso, contro il volere paterno, a non lasciare più la Francia, grazie a una buona parola della regina Fersen diventò colonnello del reggimento reale svedese al servizio della Corona francese.
E, ormai lontano dall’idea giovanile di sposarsi per interesse, informò la sorella: “Non posso appartenere alla sola persona cui voglio appartenere, quella che mi ama davvero, perciò non voglio appartenere a nessuna”. Cominciò allora a scriversi con la regina, ogni volta che gli affari di Stato li tenevano lontani. Nel suo registro, il conte annotò come mittente di quelle prime missive una certa “Joséphine”: già, proprio il terzo nome di battesimo della regina.
«Analizzando il registro di Fersen è possibile stimare che si sia scambiato 578 lettere con Maria Antonietta, a partire dal 1783. La sessantina di lettere giunte fino a noi risultano allora tanto più preziose», spiega Aristide-Hastir.
«Che il loro contenuto sia di natura politica o sentimentale, posseggono tutte un carattere di segretezza giustificato dal contesto rivoluzionario». I passaggi amorosi rivelati dal progetto Rex II si collocano per lo più tra il settembre 1791 e i primi di gennaio del 1792.
“Non voglio più essere impegnato; vedervi, amarvi e consolarvi, ecco tutto quello che desidero”, scriveva Fersen il 10 ottobre, a colei “che amo e che adorerò per tutta la mia vita” “Non esisto che per amarvi, adorarvi”, rincarava il 25 dello stesso mese, prima di salutarla, il 29, con un languido: “Addio mia tenera amica, vi amo e vi amerò alla follia per tutta la mia vita” “Non posso concludere senza dirvi […] che vi amo alla follia e […] che mai, mai posso stare un momento senza adorarvi”, gli faceva eco lei il 4 gennaio.
Ma queste stesse dichiarazioni furono mai pronunciate anche a voce alta? Dal diario di Fersen scopriamo che il 13
Sino all’ultimo il conte tentò di convincere l’amata a tentare una
NUOVA FUGA. Senza riuscirviBRIDGEMAN IMAGES Vicini alla fine
febbraio si rividero alle Tuileries, per una notte che sarebbe stata l’ultima. “Andai dalla regina; presi la mia solita strada; paura della Guardia Nazionale; i suoi appartamenti meravigliosi. Resté là”. “Rimasi lì”: solo questo. Le convenzioni tipiche del linguaggio affettivo del secolo dei Lumi nascondono una vera relazione fisica? O fu solo un amore platonico, alimentato dalla paura della tragedia incombente? Gli storici continuano a essere divisi. Eppure l’importanza di quest’ultimo carteggio va oltre il voyeurismo romantico. «Paradossalmente, questi scambi spontanei e traboccanti di emozione riflettono la qualità dell’altra parte della corrispondenza, di natura più politica», nota Aristide-Hastir. Per quanto si mostri innamorata, la regina è anche del tutto padrona delle proprie opinioni politiche e in grado di passare, nel giro di poche frasi, dalle ardenti confessioni d’amore alla lucida analisi della situazione.
L’ULTIMO PEGNO. «Le sue lettere testimoniano una forma d’esercizio della politica e aprono ambiti di ricerca inediti per una storia di genere: se le fonti ufficiali tendono a rendere le donne invisibili, questo tipo di corrispondenza mette in luce, invece, la loro agency politica», conclude l’archivista. Ma nulla poterono, i due innamorati, di fronte all’incalzare degli eventi: il 10 agosto 1792, mentre la folla inferocita prendeva d’assalto le Tuileries, Fersen scriveva a Maria Antonietta una lettera che lei non avrebbe mai ricevuto: “La mia preoccupazione per voi è estrema. Non ho un momento di tranquillità […] Mi rammarico che non abbiate lasciato Parigi”, vi affermava profetico.
Tre giorni dopo, la famiglia reale fu rinchiusa nella prigione del Tempio. Maria Antonietta fu ghigliottinata il 16 ottobre 1793: Fersen, che invece sarebbe morto in patria nel 1810, linciato durante i funerali del principe ereditario Carlo Augusto dalla folla che lo accusava di assassinio, lo venne a sapere il 20. “Sentimento, interesse, esistenza, tutto si riuniva in lei e tutto era perduto”, appuntò nel diario. Non avevano avuto più modo di comunicare né di vedersi, ma il 21 gennaio 1794, anniversario della morte di Luigi XVI, il conte ricevette l’ultimo messaggio che la regina gli aveva indirizzato dalla prigione: lo stampo di un sigillo, raffigurante un piccione in volo. E il motto: “Tutto a te mi guida”
“
Tutte le loro lettere venivano aperte, e, per ovviare a questo inconveniente, erano costretti a servirsi di un codice, lunghissimo da scrivere e da decifrare”, notava la governante dei bambini reali, Madame de Tourzel, a proposito della corrispondenza fra Fersen e Maria Antonietta. Ma il codice, evidentemente, non era sufficiente. Di quel carteggio, sono rimaste solo poche lettere, conservate dai discendenti dello svedese e acquistate dagli Archivi Nazionali di Francia nel 1982. La maggior parte risultano censurate in più punti, con numerose anneriture. Quali segreti nascondevano quelle cancellature? Chi fu l’autore di quei freghi? Nuovi studi. A queste domande hanno risposto i membri del team del secondo progetto Rex, finanziato dalla Fondation des sciences du patrimoine e sostenuto dagli Archivi nazionali francesi. Grazie all’uso di uno scanner a fluorescenza a raggi X e all’analisi della composizione chimica, del colore e della densità dell’inchiostro usato, gli scienziati sono riusciti a rendere leggibili le parti censurate (a destra, una lettera della regina) e a capire che fu proprio Fersen, e non i suoi eredi, a nascondere le parti che riteneva troppo compromettenti per la regina.
Dettaglio di una lettera scritta da Maria Antonietta a Fersen il 4 gennaio 1792. La frase cancellata e riquadrata in rosso nasconde una dichiarazione d’amore: “non pas sans vous” (“non senza di voi”).
Dettaglio di una lettera di Fersen del 13 ottobre 1791. La riga cancellata e riquadrata in rosso nasconde la frase “ma tendre amie.” (“mia tenera amica”).
Situato su uno splendido altopiano tra Torino e Cuneo, il Castello di Racconigi ha un’origine medievale: nella seconda metà del XII secolo il marchese di Saluzzo trasformò quella che in origine era una “casaforte”, un tipo di abitazione fortificata risalente all’anno Mille, in una fortezza militare con torri angolari e fossato. La costruzione conservò tale uso anche dopo il 1363, quando i Savoia ne presero possesso. Il destino del castello iniziò a cambiare dal momento in cui la proprietà passò nelle mani del ramo cadetto della dinastia sabauda, quello dei Carignano, che avrebbe poi dato
Delizia estiva
La facciata del Castello di Racconigi, situato su un altopiano tra Cuneo e Torino. Proprietà dei Savoia dal 1363, nel XVII secolo divenne una villa di delizia. Sopra, una delle sale della residenza sabauda.
diventata castello, è una delle residenze in cui più si respira la presenza della ex famiglia reale.
all’Italia unita il suo primo re, Vittorio Emanuele II. E questo accadde quando, nel 1670, Emanuele Filiberto Amedeo incaricò due noti architetti dell’epoca, André Le Nôtre (che iniziava allora a disegnare i giardini di Versailles) e Guarino Guarini, di ristrutturare rispettivamente il parco e l’edificio. I progettisti diedero vita a quella che fu denominata “la villa delle delizie”. Nel frattempo, il paese di Racconigi stava diventando uno dei principali centri per la produzione della seta in Europa. Nel 1755 la ristrutturazione del maniero fu completata in stile neoclassico dall’architetto Giovan Battista Borra.
LA PRIGIONE. Nel periodo napoleonico Racconigi accolse brevemente Paolina Bonaparte. Poi tornò nelle mani dei SavoiaCarignano, nel 1814. Alla volontà del loro rappresentante più illustre, Carlo Alberto, si devono gli importanti rifacimenti dell’800. Il principe amava il luogo e, forse, non gli pesò molto venir rinchiuso nel castello quando casa Savoia pretese che il futuro re di Sardegna venisse “rieducato”. Infatti, perso il padre prematuramente, l’adolescente Carlo Alberto era stato cresciuto con simpatie protestanti e illuministe dalla madre Maria Cristina Albertina di Sassonia,
donna colta e fuori dal coro. La reclusione nella prigione dorata di Racconigi servì per purificare l’erede al trono da queste idee poco congeniali a un ambiente estremamente conservatore, com’era quello piemontese della prima metà dell’800. Carlo Alberto stabilì che Racconigi divenisse una delle “reali villeggiature” nel 1832, quando era sovrano da circa un anno, ma i lavori di ristrutturazione erano cominciati già nel 1820 e proseguirono per diversi anni. Ne scaturì una costruzione rinnovata e decorata, secondo i canoni dello stile eclettico di Pelagio Palagi, poliedrico artista bolognese.
LE NOZZE DI MAFALDA. Non tutti i successori di Carlo Alberto frequentarono il castello di Racconigi con il suo stesso entusiasmo. Dopo un cinquantennio in cui le visite reali si
diradarono, dal 1900 i Savoia tornarono a trascorrervi il periodo estivo con il re Vittorio Emanuele III. Nella residenza, che man mano fu dotata di ogni moderna comodità (luce, acqua potabile, radio e giradischi), nel 1904 nacque l’ultimo re d’Italia Umberto II, mentre nel 1925 vi furono celebrate le nozze della principessa Mafalda, destinata a morire nel campo di sterminio di Buchenwald. •
Amato dal primo re Sopra, ritratto a cavallo di Carlo Alberto di SavoiaCarignano, re di Sardegna, dipinto nel 1834. Carlo Alberto, da giovane, venne rinchiuso nel castello per un periodo di “rieducazione”.