La Pantera delle nevi
un film di Marie Amiguet e Vincent Munier Scheda didattica
Aspettare, osservare, farsi invisibile: la delicata arte dell’afût, praticata dal fotografo naturalista Vincent Munier e teorizzata dallo scrittore Sylvain Tesson, va controcorrente rispetto alla nostra società frenetica e narcisistica. Questo è ciò che rende così prezioso e ciò che probabilmente ha reso un successo ha reso un successo La Pantera dellenevi(Prix Renaudot en 2019),(Prix Renaudot nel 2019), dove lo scrittore di viaggi racconta l’avventura dei due uomini, partiti per gli altipiani tibetani alla ricerca di un felino così feroce da diventare mitico. In viaggio con loro c’era una terza protagonista: la regista Marie Amiguet. Ha filmato l’avventura e gli scambi, a loro volta profondi e gustosi, tra questi due individui tanto dissimili quanto accomunati dalla stessa ricerca. La Pantera delle nevi è quindi una storia di incontri: quello di Sylvain Tesson e Vincent Munier, quello di questi due occidentali e nomadi tibetani, quello dell’Uomo e degli animali, ma anche quello di Sylvain Tesson (che racconta come questa esperienza lo abbia trasformato) con se stesso. Questa è un’occasioneperrifletteresull’alterità,maanchesulnostrorapportocon la natura: questo documentario, tanto poetico quanto ecologico, mette in luce l’ardente bisogno dell’uomo di rispettare il mondo vivente che lo circonda. Come parte della grande tradizione dei diari di viaggio, il film sembra ideale essere proposto anche a scuola, idealmente tra EducazioneCivicaeGeografia/Scienze.
La Pantera delle nevi
Un film di Marie Amiguet e Vincent Munier
Genere : documentario
Durata : 92 minutes
Nel cuore degli altopiani tibetani, il fotografo Vincent Munier guida lo scrittore Sylvain Tesson nella sua ricerca della pantera delle nevi. Lo introduce alla delicata arte della vedetta, alla lettura delle tracce e alla pazienza necessaria per intravedere gli animali. Percorrendo le vette abitate da presenze invisibili, i due uomini intrecciano un dialogo su quale sia il nostro posto tra gli esseri viventi e celebrano la bellezza del mondo.
Questo viaggio ha ispirato il libro di Sylvain Tesson La pantera delle nevi (Sellerio 2020), premiato con il Prix Renaudot 2019
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Intervista alla regista Marie Amiguet
Come ti è venuta l’idea di accompagnare Vincent Munier nella ricerca del leopardo in questa spedizione in particolare?
Vincent aveva visto il mio lavoro, in particolare il film La Vallée des Loups che ho realizzato con JeanMichel Bertrand, e nel 2017 mi ha proposto questo progetto in Tibet. Non avrei mai potuto rifiutare un’avventura sulle alture del Tibet con uno scrittore che ammiro enormemente e Vincent, il fotografo che, come tutti sanno, nel frattempo, è diventato il mio compagno. Anche se, già all’epoca, ero preoccupata dell’impatto ambientale del nostro viaggio.
Dove siete andati esattamente?
Siamo andati nella parte orientale del Tibet, sugli altopiani che si trovano in media a 4.500 metri di altitudine, con cime che raggiungono i 6.000 metri. Il paesaggio è molto secco, molto arido. I vasti paesaggi si estendono a perdita d’occhio.
Quanto sono durate le riprese?
Sylvain, Vincent, Léo-Pol Jacquot, l’assistente alla regia, e io abbiamo fatto due soggiorni più lunghi di tre settimane, ma ci sono stati anche viaggi più brevi. Tuttavia, Vincent aveva già raccolto un’enorme quantità di video di fauna selvatica durante i suoi 5 viaggi precedenti, nei quali era solo o con amici naturalisti. Il suo primo viaggio risale al 2011.
Cosa eravate andati a filmare? Il leopardo delle nevi? Il famoso fotografo naturalista sulle tracce del leopardo?
Un incontro “in vetta” tra lo scrittore con il dono della parola e il silenzioso maestro dell’attesa?
L’ho scritto sul mio taccuino prima di partire: volevo effettivamente filmare l’incontro tra due uomini provenienti da mondi molto diversi. Ero curiosa di scoprire che tipo di fuochi d’artificio sarebbero stati provocati da questo incontro, con, da un lato, Vincent, un uomo molto ricettivo nei confronti della natura, ossessionato dalla bellezza e di fatto un uomo di poche parole, e dall’altro questo scrittore estremamente loquace che vive la vita appieno. Mi piace filmare le persone appassionate e cercare di capire cosa spinge questi esseri umani eccezionali. Detto questo, non avevo idee prefissate. Non avevo fatto alcuno scouting di location e mi sono rifiutata di mettere in scena qualcosa. Quindi, dovevo semplicemente essere pronta a tutto ciò che si sarebbe presentato.
Come ha scelto i momenti in cui potevi filmare come desideravi senza intralciare il lavoro di Vincent? La tua macchina fotografica passava sempre in secondo piano quando il fotografo aveva già fatto tutte le foto di cui aveva bisogno?
È vero che Vincent, quando parte da solo, pensa solamente a fotografare. A malapena si prende il tempo di dormire un po’. Ma questa volta aveva in mente altre cose. Il suo obiettivo era condividere questa ricerca. E dal momento in cui ha deciso di portare con sé Sylvain, si è trovato in una modalità di lavoro diversa. Ha messo un po’ in secondo piano la fotografia. Il suo obiettivo era l’incontro da sogno tra Sylvain e il leopardo, così ci ha dato tutto lo spazio di cui avevamo bisogno.
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Estratti dal pressbook del film
Ciò significava che bisognava essere doppiamente discreti. In primo luogo, per non disturbare i soggetti umani ed soprattutto per non disturbare la fauna selvatica che erano venuti a osservare...
Ma io so cosa significa stare in attesa e so come essere discreta. Come loro mi sdraiavo a pancia in giù a terra, strisciavo quando dovevo muovermi, mi sono tenuta fuori dai piedi rimanendo dietro di loro o accanto a loro, trasformandomi in una specie pietra, immobile. In questo modo, ho filmato tutto ciò che accadeva e nulla è stato scritto. Questo significava anche, ovviamente, che non potevo andare avanti e indietro tra scatti e controscatti.
Durante il nostro secondo soggiorno, nel 2019, sono riuscita ad anticipare un po’ i tempi, il che significa che ho potuto riprenderli da di fronte mentre si muovevano verso di me, mettendo un po’ di distanza tra di noi.
Ci sono stati momenti in cui la telecamera non era benaccetta?
Solitamente sono abbastanza veloce nel cogliere quando potrei essere d’intralcio, ma la presenza della telecamera non sembrava infastidirli. Si sono comportati in modo molto naturale, completamente presi dalla loro osservazione. In realtà non so come siano riusciti a farlo.
Anche se spettava a Vincent fotografare e filmare la fauna selvatica, hai anche registrato sequenze di animali selvatici?
A questo proposito, avevamo molto materiale che Vincent aveva portato dai suoi precedenti viaggi in Tibet, ma abbiamo aggiunto alcuni momenti girati durante il secondo viaggio, in particolare per la scena con gli orsi. Il mio obiettivo era davvero filmare i ragazzi, anche quando il leopardo è arrivato la prima volta. Sapevo che le telecamere di Léo-Pol e di Vincent stavano riprendendo le scene della fauna selvatica. Vivere l’incontro con il leopardo attraverso l’emozione negli occhi di Sylvain è stato ancora meglio che vedere l’animale dal vivo.
Può parlarci delle condizioni climatiche che avete affrontato durante le riprese?
Non posso negare che siano state difficili. A febbraio, la temperatura media al mattino è di -18°C, anzi -25°
C.Un giorno, quando abbiamo dormito in tenda a 4.800 metri di altitudine, il termometro segnava -35° C, ma perché era la temperatura più bassa che poteva segnare! Naturalmente eravamo ben equipaggiati, ma ho dovuto trovare delle soluzioni per poter filmare. Soprattutto perché avere le dita molto fredde è un vero handicap per me. Per questo motivo, ho limitato il numero di impostazioni della telecamera in modo da non dover togliere i guanti, oppure ho usato dei cuscinetti riscaldanti. Ho dovuto tenere conto anche del vento, che era molto frequente e forte e sollevava molte polveri sottili! Questo è stato un problema per l’attrezzatura e, in più, la polvere tra le mani e i denti rendeva il lavoro più difficile, oltre il fatto che era un viaggio in cui non avevamo acqua per lavarci quindi era un disagio molto più sgradevole del freddo.
Patienter ainsi pendant des heures, dans l’attente que surgisse un animal, vous a-t-il paru parfois interminable ?
No, al contrario, quel tempo sembrava fin troppo breve. Soprattutto perché dovevo considerare il mal di montagna. Solo dopo circa 3 o 4 settimane ci si inizia a sentir bene, ed è allora che bisogna tornare giù! In ogni caso, durante i miei viaggi, ho capito che è fondamentale prendersi il proprio tempo. Soprattutto, non voglio viaggiare per “spuntare le caselle” ma per vivere pienamente il momento, scambiare, imparare e condividere. Ho voluto approfittare di ogni minuto di quell’esperienza, l’incontro con i nomadi, ad esempio, che ci hanno permesso di vivere con loro per 8-10 giorni, è stato tutto ciò di cui avevo bisogno per rendere il mio viaggio un successo!
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Quali riferimenti avevi in mente quando eri in montagna?
A dire la verità ho semplicemente seguito la corrente. Quando siamo partiti, non avevo in mente nessun riferimento particolare, ho letto a malapena Tintin in Tibet prima di partire (risate)! Avevo letto i libri di Sylvain, conoscevo il lavoro di Vincent e so di amare ciò che è imprevedibile. Ma finché il lavoro non è finito, si possono solo avere dei dubbi.
Cosa vi ha incantato di più?
Cosa vi ha aperto gli occhi?
Quali paure hai affrontato?
Per quanto riguarda l’incanto, ho percepito ancora una volta la sensazione dell’immensità del paesaggio nel quale sei immerso e quanto come essere umano non sei davvero niente, o davvero molto insignificante. È un’esperienza che avevo già sperimentato nel sud dell’Algeria e anche in mare quando ho attraversato l’Atlantico, ma da allora non mi era più capitato.
Un tema sul quale ho aperto gli occhi, è stato soprattuttol’impatto della politica cinese sulla cultura nomade tibetana, il governo la sta sradicando. Per esempio, abbiamo appreso che i tibetani non hanno il diritto di usare i portapacchi sulle loro auto perché vogliono assicurarsi che non intraprendano lunghi viaggi e alla popolazione locale non è permesso ricevere gli stranieri.
Infine, più che una paura, mi ripetevo sempre una domanda: che significato avrà quello che stiamo facendo? Perché andare in Tibet oggi? Se è per parlare di avventura, sensazioni, tutto questo non ha alcun interesse. Sarà utile solo se il nostro film contribuirà a stimolare il dibattito e a sensibilizzare su quanto poco spazio oggi lasciamo alla fauna selvatica, credo che un cambiamento di paradigma sia urgente e necessario.
Il leopardo sembra davvero voler partecipare alla tensione della storia. Ha deciso di apparire proprio quando vi stavate preparando a lasciare il campo e il Tibet, come un vero e proprio sceneggiatore di un thriller. È stato un caso fortuito?
Si, soprattutto perché non immaginavo nemmeno che l’avremmo visto! Lo vedevo totalmente inaccessibile, era solo foto in un libro e per me era sufficiente. E poi è arrivata e che momento è stato… Ma la cosa forse più impressionante è che è stato questo vecchio leopardo, probabilmente il più malconcio di tutto il Tibet, che ha scelto di incontrare Sylvain... C’era qualcosa di mistico in questo incontro.
Oggi, dopo tutto quello che ha vissuto lì e dopo i lunghi mesi trascorsi a montare il film, cosa rappresenta per te quel leopardo delle nevi?
È l’animale totem per eccellenza. Il che, paradossalmente, rappresenta anche un pericolo: è una di quelle specie che è così emblematica da poter eclissare tutte le altre. Ecco perché abbiamo scelto l’ultimo scatto, che è semplicemente una piccola coda rossa, per ricordare che tutta la fauna selvatica deve essere preservata e che dobbiamo prestare attenzione, vale per il leopardo come per un semplice lombrico.
Resta il fatto che questo felino imperturbabile, che ci osserva discretamente dall’alto, è come una sentinella silenziosa sulla cima di un mondo che si sta danneggiando in modo irreversibile. È l’emblema di tutta quella diversità (animale, ma anche culturale) che sta scomparendo, coinvolta negli sconvolgimenti del nostro tempo. Incarna il concetto stesso di rarità; quel tipo di rarità a cui ci si può avvicinare, certo, ma molto cautela, per non disturbarla.
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Un tema sul quale ho aperto gli occhi, è stato soprattutto l’impatto della politica cinese sulla cultura nomade tibetana, il governo la sta sradicando.
Punti di riferimento
UN FELINO LEGGENDARIO
La pantera delle nevi (Panthera uncia) vive in zone remote e impervie delle montagne dell’Asia centrale. Tanto difficile da osservare (la sua pelliccia maculata lo rende quasi invisibile nel suo ambiente) quanto da rintracciare, il felino è uno di quegli animali così rari e discreti che ogni osservazione è un evento reale. A volte è stato chiamato il “fantasma delle montagne”.
Il suo territorio si estende su oltre 1.800.000 km2 e 12 paesi (Cina per oltre il 60%, ma anche Mongolia, Bhutan, Nepal, Pakistan, Russia, Afghanistan...). Si trova fino ad altitudini molto elevate (oltre i 5000 metri a volte). Oggi la specie è a rischio, minacciata in tutto il suo ambiente. Si stima che la popolazione della pantera sia diminuita di oltre il 20% negli ultimi 20 anni (oggi ci sono tra 4.000 e 6.500 individui). La pantera delle nevi è vittima del bracconaggio (per la sua magnifica pelliccia ma anche delle sue ossa, usate nella medicina cinese) e del continuo restringimento del suo habitat a beneficio delle attività umane.
Fonte
IL TIBET
Da un punto di vista geografico, il Tibet designa una regione di altipiani molto alti a nord della catena himalayana. Dal punto di vista politico, la situazione è più complessa: la “regione autonoma del Tibet” è una provincia della Repubblica popolare cinese. Il “governo tibetano in esilio” guidato dal Dalai Lama, rivendica dal 1959 (data della rivolta contro la Cina) l’indipendenza di un grande Tibet, che si estende su parte delle province limitrofe (Qinghai, Gansu, Sichuan, Yunnan). La società tibetana è ormai strettamente controllata dalle autorità cinesi, che perseguono una politica di cinesizzazione del Paese.
“Ho scoperto questa pantera attraverso le storie di avventura del biologo americano George B. Schaller. A Chitral, in Pakistan, lo aveva girato negli anni 70. Ma andando per la prima volta in Tibet nel 2011, credevo poco possibile la possibilità di vederlo.»
Vincent Munier
La regione autonoma del Tibet sulle cartine cinesi
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: https://www.wwf.fr/especes-prioritaires/panthere-des-neiges
Per andare alla ricerca di se stessi, degli altri e il mondo con La Pantera delle nevi
Un film di Marie Amiguet e Vincent Munier, 2021
Questa magnifica opera può essere proposta perfettamente dalla seconda classe della scuola secondaria di secondo grado all’interno dell’oggetto di studio “Il romanzo e la storia dal 18° al 21° secolo”, nell’ambito del lavoro sul diario di viaggio, che permette di riflettere su questioni di identità. Infatti, La pantera delle nevi è la storia dell’incontro con l’alterità radicale (l’abitante della città e la bestia selvaggia) che invita a (ri)scoprire se stessi.
Il lavoro proposto si svolgerà in più fasi:
-In primo luogo, una preparazione a monte guiderà gli studenti prima di guardare il film facendoli interrogare sul poster e sul trailer. Si tratterà di definire con loro un orizzonte di attesa, e di stabilire insieme pietre miliari interpretative che guidino il loro sguardo.
-Quindi, una volta completata la visione del lungometraggio, possiamo seguire un questionario che copre l’intero film e abbraccia le sue principali problematiche. Concluderemo con una proposta per un argomento di scrittura attorno al diario di viaggio.
-Infine, effettueremo un’analisi di sequenza più precisa, quella del tanto atteso incontro con la pantera delle nevi, che consentirà di avvicinarsi a nozioni più precise di analisi cinematografica.
Nei programmi
Livello Argomento Compétences
Secondaria Il romanzo e la storia dal XVIII al XXI secolo
Percepire le costanti di un genere (racconto di viaggio) e l’originalità di un’opera Saper leggere e analizzare le immagini in relazione ai testi studiati Leggere l’immagine e l’audiovisivo (capacità di entrare in un processo di analisi e interpretazione di un documentario Capacità di mettere in rete diverse opere provenienti da diversi ambiti artistici (fotografia, cinema, letteratura)
Scuola
Secondaria di secondo grado
La Pantera delle nevi
Un film di Marie Amiguet e Vincent Munier
Nel cuore degli altopiani tibetani, il fotografo Vincent Munier guida lo scrittore Sylvain Tesson nella sua ricerca della mitica pantera delle nevi.
Lo introduce alla delicata arte della vedetta, alla lettura delle tracce e alla pazienza necessaria per intravedere gli animali. Percorrendo le vette abitate da presenze invisibili, i due uomini intrecciano un dialogo sul nostro posto nel mondo tra gli esseri viventi e celebrano la bellezza della natura.
PRIMA DI VEDERE IL FILM
1/ Sylvain Tesson
Sylvain Tesson è un autore ed esploratore francese nato a Parigi nel 1972. Geografo di formazione, ha effettuato nel 1991 la sua prima spedizione in Islanda, e in seguito, nel 1993, un giro del mondo in bicicletta con Alexandre Pussin. Questo è l’inizio della sua vita da avventuriero.
Ha anche attraversato le steppe dell’Asia Centrale a cavallo con l’esploratrice Priscilla Telmon, di cui fu il compagno per diversi anni, su più di 3000 km dal Kazakistan all’Ouzbékistan.
Tra il 2003 e il 2004, ha ripreso l’itinerario degli evasi dai goulag seguendo la storia di Slavomir Rawicz (The Long Walk, 1955). Questo viaggio lo ha portato dalla Siberia all’India a piedi.
Nel 2010 si allontana dalla società e dal suo caos per vivere per sei mesi (da febbraio a luglio) come eremita in una capanna nella Siberia meridionale, sulle rive del lago Baikal.
Racconta questa esperienza solitaria nel suo diario pubblicato l’anno successivo sotto forma di un saggio
autobiografico dal titolo Nelle foreste siberiane, saggio che sarà adattato al cinema da Safy Nebbou nel 2016, ma anche al teatro nel 2021. Appassionato scalatore, cadde accidentalmente in casa a Chamonix nell’agosto 2014, subito dopo aver inviato al suo editore il manoscritto Beresina e viene posto in coma indotto. Da allora ha riacquistato la salute. Beresina. In sidecar con Napoleone, uscito nel gennaio 2015 (Prix des Hussars), racconta il suo viaggio in sidecar sulle orme della Grande Armata durante la ritirata dalla Russia.
Nel 2016 ha pubblicato un racconto autobiografico, Sentieri neri. Nel 2019 ha pubblicato La pantera delle nevi, racconto delle ore trascorse di vedetta con il fotografo naturalista Vincent Munier, negli altopiani del Tibet. Nel 2020 ha pubblicato L’énergie vagabonde.
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Il poster
a/ Osservare, descrivere e analizzare il poster sottostante. Penserai in particolare al ruolo dei colori utilizzati.
b/ Che tipo di film ti aspetti?
c/ Che sensazioni o sentimenti ti suscita guardare questo poster?
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3/ Un assaggio della sessione
Guarda il trailer del film e rispondi alle domande
a/ Qual è la professione di Vincent Munier, che segue Sylvain Tesson? Come procede?
b/ In quali paesaggi si evolvono?
c/ Quali animali vediamo in questo trailer? Come vengono filmati?
d/ Che atmosfera porta la musica?
e/ Nella voce fuori campo, Sylvain Tesson commenta: “In effetti, siamo molto indifferenti al mondo che ci circonda, a malapena consapevoli”. Quale messaggio sembra trasmettere il film?
Ecco un estratto dalla prefazione al libro di Sylvain Tesson: “C’è una bestia in Tibet che inseguo da sei anni”, dice Vincent Munier. Vive sugli altipiani. Ci vogliono lunghi appostamenti per vederlo. Tornerò quest’inverno, vieni con me.
Chi è ?
-“La pantera delle nevi”, disse. -“Pensavo che fosse scomparsa”, dissi.
quello che vuole che crediamo.”
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-“È
https://www.youtube.com/watch?v=OccgnXAP7YE&ab_channel=WantedCinema
L'INIZIO DEL FILM
I/ I due artisti itineranti
1/ L’apertura del film: Vincent Munier attraverso gli occhi dei tibetani
“Sonoandatidietrolamontagna.Vediquelvalico? Sonopassatidaquellaparte.Sistafacendotardi.Si stafacendobuioenontornano.
-Sièvero.
-L’annoscorsoeralostesso.C’eraalpianodisopra daquestamontagna,unbrancodilupichehavoluto fotografarli.Alcalardellanotte,l’hovisto,ilupilo stavanoseguendo!Pensavocheloavrebbero mangiato,mahadormitolassù.
-Veramente?
-Nonsocosastasuccedendo.Sperochetornino presto. -Sonopreoccupatoanch’io.
Quale rappresentazione del fotografo Vincent Munier fai attraverso questo dialogo che apre il film?
Quali momenti del film confermano i tratti caratteriali qui abbozzati?
2/ L’incontro di Sylvain Tesson e Vincent Munier
Nella cartella stampa, la regista rievoca così l’incontro tra i due uomini: “Volevofilmarel’incontrotraduecompagnidimondidiversi.Erocuriosadiscoprirequalifuochi d’artificioavrebbeprovocatoquestotete-à-tetetra,daunlato,Vincent,unuomomoltosensibilealla natura,ossessionatodallabellezzaesilenzioso,edall’altro,questoscrittoremoltoloquacechedivora lavitaadentrambeleestremità.”
Cosa distingue i due uomini? Cosa li unisce?
In che modo ognuno porta qualcosa all’altro? Fai qualche esempio basandoti su qualcosa che ti ha colpito del film.
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II/ La costruzione del documentario: dall’esperienza alla riflessione
Lo spettatore segue il percorso dei due artisti itineranti sugli altipiani del Tibet, e ogni esperienza, ogni dialogo tra i due uomini, ogni incontro (con i nomadi, con gli animali, con la natura) sono fonti di riflessione: personali, estetiche, filosofiche ed ecologiche. Vi proponiamo di seguirli passo dopo passo, poiché seguire le orme della pantera delle nevi.
1/ L’arte della vedetta e le sue lezioni
a/ Qual è la qualità essenziale di una vedetta?
b/ Vincent Munier presenta a Sylvain Tesson la tecnica della vedetta. Secondo quest’ultimo, il fotografo ne ha fatto un’ “estetica e una filosofia”. Come interpretare questa definizione alla luce della visione del film?
c/ Facendo amicizia con Vincent Munier, lo scrittore inizia a pensare molto al suo modo di viaggiare e di capire il mondo. Ecco una delle sue analisi della voce fuori campo (intorno al 29° minuto): “Questeoredivedettaeranoagliantipodidelmiocarnevalediviaggiatore.Finoadalloraraccoglievolemie passionidisordinateeguidavoiltrenodiunavitafrettolosa.Moltiplicavoiviaggi,saltandodall’aereoper prendereiltrenoeurlandodiconferenzainconferenzachel’uomoavrebbefattobeneasmetterediagitarsi.”
Quali lezioni trae lo scrittore di viaggi da questa esperienza?
2/ Pensare al mondo moderno
Durante le tante ore trascorse insieme di vedetta, i due uomini parlano molto. Quando Sylvain Tesson interroga Vincent Munier sul suo ritorno nel mondo occidentale e i “teatrini degli uomini”, ecco cosa risponde il fotografo (intorno al 19° minuto del film):
“posticomequestodiventanoboccated’aria.Allafine,ècomeunafuga.Ticaliinunanaturache…cheènonstata stravolta.Sucuigliumaninonhannoancoramessolegrinfie.Intornoacasamiaèallucinantecome,inappena vent’anni,nonsisiaminimamenterispettatalavita.Diunalbero,diunabellaquerciachetroneggia,dellesiepi… hovistodeterioraretutto.Edèunsudiciume.Èpiuttostoviscerale.(…).Quandovediquelmondocheseneva…è unacosainteriore,famalissimo”.
Cosa esprime Vincent Munier? Qual è il messaggio consegnato qui?
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3/ R Riflessione estetica e approccio artistico
Durante una conversazione con Sylvain Tesson, Vincent Munier rievoca le critiche rivoltegli per il suo approccio artistico. In effetti, i critici lo criticano per mostrare solo il bello. Un estratto del libro sviluppa questa riflessione:
“Le menti monotone rimproveravano al nostro amico di salutare la pura bellezza, e solo quella. Era considerato un crimine in un’epoca di angoscia e moralità. “E il messaggio? » gli chiesero, « e lo scioglimento del ghiaccio? “. Nei libri di Vincent Munier, i lupi fluttuavano nel vuoto artico, le gru dalla corona rossa si aggrovigliavano nelle loro danze e gli orsi scompaio tra i fiocchi di neve. Niente tartarughe soffocate dai sacchetti di plastica, solo bestie nella loro bellezza. Per un po’, ci siamo sentiti come se fossimo nell’Eden. “Mi incolpano per aver estetizzato il mondo animale, si è difeso. Ma ci sono abbastanza testimoni del disastro! Inseguo la bellezza, le do i compiti. Questo è il mio modo di difenderla. »
Cosa ne pensate di queste critiche? Come capisci il suo approccio? Appoggiati al testo e ai fotogrammi.
4/ Poesia e riflessioni derivanti dall’osservazione degli animali
a/ Yacks selvatici
Nella voce fuori campo, Sylvain Tesson commenta le bellissime immagini scattate agli yak selvatici:
“Erano totem inviati attraverso i secoli, erano pesanti, potenti, silenziosi, immobili, così non moderni. Erano i vasi del tempo fermato. La preistoria piangeva e ciascuna delle sue lacrime era uno yak.»
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Il film ha incorporato le fotografie scattate da Vincent Munier nel montaggio (vedi la foto dello yak in basso a sinistra e il fotogramma a destra che mostra Vincent Munier che scatta una foto dello yak).
Fotografie © Vincent Munier
Il film ha incorporato le fotografie scattate da Vincent Munier nel montaggio (vedi la foto dello yak)
b/ Alla ricerca della pantera perduta, la ricerca del “Graal”1
Cosa rende la ricerca della pantera delle nevi così preziosa?
Qual è la storia raccontata da Vincent Munier dietro questa fotografia (vedi immagine a fianco, intorno al 35° minuto)?
Quale insegnamento puoi trarre da questo aneddoto?
A seguito di questo racconto, Sylvain Tesson scrive questo verso riassumendo, racconta, la sua vita: “Ho viaggiato molto, sono stato osservato e non ne sapevo nulla”. Cosa sta cercando di catturare lo scrittore?
Come si sentono i due artisti quando vedono il passaggio della pantera sulla telecamera da caccia che hanno posizionato?
> La pantera si incontra finalmente alla fine del film: voir III/ vedi III/ Analisi della sequenza
c/ Il gatto : p: processo di scrittura e riflessione sull'addomesticamento
“Un gatto Pallade, otocolobus manul, spunta su uno sperone roccioso, con la sua testa irsuta, i canini delle siringhe e gli occhi gialli che correggono la sua dolcezza soffice e demoniaca. Non provare ad accarezzarmi o ti salterò in gola, dice la sua smorfia. (Voce fuori campo)
Spiega il processo di scrittura di Sylvain Tesson attraverso i due fotogrammi sopra e il testo in voce fuori campo.
Nel film come nel libro compare il gatto domestico dei nomadi, il lato “accogliente” del gatto Pallade. Nel libro Sylvain Tesson parla del lontano “patto” che ogni specie ha dovuto accettare o rifiutare tra “libertà” e “sicurezza”. Sylvain Tesson pensa al gatto domestico e allo yak, ma anche all'uomo di città: “Cosa scegliere? Vivere magri sotto la Via Lattea o rimuginare al caldo nell'umidità dei propri simili? »
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DIBATTITO Preferiamo la libertà o la sicurezza?
La volpe tibetana
Quale scena vediamo a questo punto del film (vedi foto a fianco)? Cosa sentivi ? Quali altre scene simili hai osservato nel documentario?
Cosa ne pensi di questa osservazione di Sylvain Tesson? Evocando la morte afferma che qui è "solo un pasto, non una sete di orgoglio o di potere come negli esseri umani".
e/ Sulle tracce degli orsi: un'altra lettura del mondo
In una grotta (intorno al 50° minuto del film), Vincent Munier scova e legge le tracce lasciate dagli orsi (orme di zampe, escrementi, peli...). Sylvain Tesson gli ha poi detto: “È la prima lettura al mondo, è il mestiere più antico del mondo. Va molto indietro nel tempo: non sei molto evoluto nella scala dell'umanità.” Vincent Munier risponde ridendo che ne è orgoglioso.
→ Cosa impara Sylvain Tesson da Vincent Munier?
Cosa succede a questo punto del documentario (vedi fotogramma a fianco)? Cosa rende questo momento allo stesso tempo teso e comico?
Leggi questo commento di Sylvain Tesson con la voce fuori campo che segue questa scena con gli orsi:
“Vedereunabestiaselvaggiaèstatocomefissarel'occhiosuunospioncinomagico.Eralavistadiunmondoche potevamostudiare,fotografare,descrivere,forsecapire,sicuramentedistruggere,maconilqualecieraproibito comunicarepoichéildestinociavevaespulsidaquell'etàdell'oro,dovebestie,uominiedeiconversavanoin comune.”
Qual è l'"età dell'oro"? Cosa sta esprimendo qui Sylvain Tesson?
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5/ L'incontro con i nomadi e la riflessione sull'umanità
a/ Cosa ti ha segnato nell'incontro con i nomadi? Che lezioni i due artisti itineranti apprendono da questo incontro?
b/ La cena accanto al fuoco e la discussione sull'evoluzione dell'umanità: Sylvain Tesson, con la voce fuori campo, riassume la loro conversazione davanti al fuoco nella grotta:
“Parlavamo della vita nelle caverne, della paura conquistata dal fuoco, della conversazione nata dalle fiamme, dei sogni che diventavano arte, del lupo che divenne il cane, e dell'audacia degli uomini di oltrepassare il confine”.
Nel libro, l'installazione nella grotta lo ispira con queste parole: "la conquista della civiltà: ingorghi e obesità".
Come guarda lo scrittore l'evoluzione dell'umanità? Cosa ne pensi?ÉCRIT D’APPROPRIATION
Stai andando in viaggio in terre lontane per diverse settimane. Scrivi un diario. Come Sylvain Tesson, mescolerai le annotazioni di viaggio con i pensieri (personali, filosofici, ecologici, ecc.) che ti sono passati per la mente. Puoi anche includere schizzi o disegni.
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III/ Analisi della sequenza: l'incontro con il leopardo delle nevi (da 1:21:13 a 1:28:27)
1/ Il momento dell'incontro con la pantera delle nevi: la fine della spedizione (e del film)
Ecco un estratto dalla cartella stampa che rievoca il momento in cui la pantera fa finalmente la sua comparsa.
La pantera sembra davvero aver voluto partecipare alla tensione della storia. Decide di mostrarsi proprio mentre stavi per abbandonare il campo e lasciare il Tibet, come una vera sceneggiatrice di thriller. Inaspettato, vero?
Marie Amiguet: Soprattutto perché in realtà non immaginavo nemmeno che potessimo vederla! L'ho percepita come totalmente inaccessibile, una foto in un libro, e questo mi sarebbe bastato. E poi è venuta. E quando!!! Ma forse la cosa più impressionante è che sia proprio questa vecchia pantera, senza dubbio la più ammaccata del Tibet, che sceglie di incontrare Sylvain. C'è qualcosa di mistico lì.
Quali sono le informazioni importanti su questo estratto?
2/ Chi vede per primo la pantera? Specifica dove e come.
3/ Quali emozioni provano Sylvain e Vincent? Quali tecniche (inquadratura, musica) vengono utilizzate per condividere con noi le proprie emozioni?
4/ Che significato emerge dalle inquadrature alternate che mostrano la pantera e i due uomini?
5/ Presta attenzione ai due battiti della colonna sonora di questa sequenza di film. Cosa noti dell'uso dei suoni (aiutati con il vocabolario tecnico di seguito)? Che analisi puoi farne?
PUNTO CONCETTO: SUONO NEL CINEMA
sound in : la sorgente sonora è visibile sullo schermo (es: vediamo un personaggio entrare in una stanza e sentiamo lo scricchiolio della porta) suono fuoricampo : la sorgente sonora non è visibile sullo schermo, ma appartiene alla narrazione (tutti i suoni ambientali, ad esempio) sound off : la sorgente si trova in un altro spazio-tempo (molto spesso è la musica a rafforzare il significato dell'immagine)
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6/ Nel suo libro, Sylvain Tesson descrive la pantera delle nevi come segue:
“Pensavo fosse mimetizzata nel paesaggio, era il paesaggio che si cancellava quando appariva. Attraverso un effetto ottico degno di uno zoom-out cinematografico, ogni volta che il mio sguardo cadeva su di lei, il decoro si allontanava, per poi essere completamente assorbito dai lineamenti del suo muso. Nata da questo substrato, era diventata il monte, ne stava emergendo. Lei era lì e il mondo era cancellato.”
Come commenti questo estratto (soprattutto la nozione di "zoom-out cinematografico")? Come viene reso questo effetto nel documentario (vedi le foto seguenti)?
7/ Di fronte alla radicale alterità rappresentata dalla pantera delle nevi, Sylvain Tesson riflette in voice over sulle rinunce accettate: quali sono? Cosa ne pensi?
8/ Spiega questa metafora inventata, nonché il riferimento mitologico che la sottende: "Avevo visto la pantera, avevo rubato il fuoco e portavo dentro di me la brace".
9/ Le due immagini sottostanti sono collegate da una dissolvenza incrociata (= questo è quando un'immagine sfuma gradualmente in un'altra). Questi sono gli ultimi due scatti in cui lo spettatore vede Sylvain Tesson e Vincent Munier. Come interpreti questa dissolvenza incrociata?
10/ Qual è il messaggio finale consegnato dalla voce fuori campo di Sylvain Tesson?
11/ L'ultima immagine del film (prima dei titoli di coda che rivelano le immagini della pantera scattate dalla telecamera da caccia): secondo te, perché la regista ha deciso di chiudere il suo film su un piccolo codirosso?
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Il disegno naturalista con La Pantera delle nevi
Un film di Marie Amiguet e Vincent Munier, 2021
Nel film Lapanteradellenevi, il fotografo Vincent Munier e lo scrittore Sylvain Tesson osservano, all'erta, la vita animale nel cuore degli altopiani tibetani. Questo film è un'occasione per mettere in luce il disegno osservativo e più in particolare il disegno naturalistico. Dopo aver preso dimestichezza con le nozioni di disegno naturalistico, binomio e nome comune di una specie, dopo averne individuate alcune delle specie viste nel film, gli studenti saranno invitati a realizzare un disegno di osservazione, e a scrivere il testo scientifico a supporto del loro disegno.
Questa attività permette anche di avvicinarsi al ruolo della specie umana nella 6° crisi biologica e di aprire gli alunni alla conservazione della natura celebrandone la bellezza.
Nei programmi:
Livello Argomenti Competenze Secondaria Biodiversità Specie Ecosistemi
Comunicare in un linguaggio scientificamente appropriato
Effettuare una ricerca di informazioni relative a una domanda o a un problema scientifico, scegliendo parole chiave pertinenti e valutando l'affidabilità delle fonti e la validità dei risultati.
p. 19 SVT
ScuolaSecondaria Secondo grado
1/ Disegno naturalista: definizione
a/ Definire il disegno naturalista sulla base dei documenti seguenti.
Un'immagine naturalistica non è semplicemente la copia della natura realizzata da un artista di talento, è il riflesso della conoscenza scientifica: rappresentiamo ciò che sappiamo e ciò che vogliamo mostrare. L'immagine naturalistica si svolge sempre in un discorso e, come tale, ha senso solo se accompagnata da un testo. È quindi fondamentalmente diverso da un'immagine artistica che non ha bisogno di spiegazioni naturalistiche. (...)
Immagine naturalistica non significa immagine sulla natura. Una delle caratteristiche dell'immagine naturalistica è quella di essere accompagnata da un discorso con cui interagisce: permette di comprendere il contenuto dell'immagine e questo facilita la comprensione del testo. Le immagini della natura sono ovunque: nelle opere artistiche come nelle arti decorative, ai margini di romanzi o poesie, sugli imballaggi come nelle pubblicità... Tuttavia, queste immagini non ci dicono nulla della vita degli animali e delle piante raffigurate. (...) In generale, le monografie dedicate all'illustrazione naturalistica si limitano all'editoria ed escludono la fotografia e il cinema (...). La fotografia non compete con il disegno ma svolge un ruolo complementare. Storiadell'illustrazionenaturalista, Valérie CHANSIGAUD, Delachaux e Niestlé, 2009
Una versione naturalistica di una pianta del genere Allamanda
Una versione fotografica floreale di Allamanda schottii
Una versione artistica dei fiori di camelia
Tavola 171 da una collezione di tavole botaniche dell'enciclopedia, Pentandria, monoginia, datata 1823
b/ Il disegno di osservazione realizzato da Sylvain Tesson inLapanteradellaneviè un disegno naturalista?
Litografia pubblicitaria di Alfons Mucha per La dame aux camelias con Sarah Bernardt, 1896 (particolare)
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Autore: Krzysztof Ziarnek, Kenraiz
I NOMI DEGLI ANIMALI
designare scientificamente gli animali utilizziamo un nome latino, composto da due parole e composto in corsivo: questa è la nomenclatura binomiale. La prima parola, nome generico, corrisponde al genere e la seconda, inseparabile dal nome generico, è usata per designare la specie all'interno di questo genere: Pantherauncia.
nome in francese è il nome comune: pantera delle nevi. Raddoppia il binomio.
p. 21 2/ Gli animali nel film Ecco alcune delle specie che Vincent Munier e Sylvain Tesson incontrano durante le loro pelli. 1 Il gatto di Pallas Otocolobus manul 2 L’orso bruno Ursus arctos 3 la marmotta dell’Himalaya Marmota himalayana 4 La pica del Ladakh Ochotona ladacensis 5 Volpe Rossa Vulpes vulpes 6 Cervo a labbra bianche Cervus albirostris 7 L’antilope del Tibet Pantholops hodgsonii 8 Lo yak selvatico Bos grunniens 9 Upupa Upupa epops 10 Codirosso di Güldenstädt Phoenicurus erythrogastrus 11 Il lupo grigio tibetano Procapra picticaudata 12 La pantera delle nevi Pseudois nayaur Identificali (con i numeri) sul mosaico dell'immagine qui sotto.
Per
Il
3/ Fai un disegno naturalistico
a/ Scegli una specie incontrata nel film La pantera delle nevi e crea un disegno naturalistico usando i seguendo i passaggi descritti nel documento 2.
Documento 2: le fasi di realizzazione di un disegno naturalistico, su consiglio di Agathe Haevermans
Materiale necessario:
• Fogli bianchi
• Carta traslucida
• Matita / gomma / temperamatite
• Pennarello nero
a/ Rappresenta i contorni dell'oggetto naturale a matita su un foglio di carta bianca.
b/ Traccia il disegno a matita su un foglio di carta da lucido con un pennarello nero (vedi Fig. 1).
c/ Crea l'ombreggiatura. Suggerimenti (vedi Fig. 2):
• La luce viene sempre dall'alto a sinistra
• Rappresenta le ombre con punti.
• Minore è l'esposizione alla luce, più stretti saranno i punti.
d/ Finisci il disegno per :
• Specificare il nome dell'oggetto naturale.
• Annotando il suo nome e cognome.
•Inserimento della data
Fig. 1
Fig. 2
e/ Scansionare o fotocopiare il disegno naturalista realizzato sul foglio di carta da lucido.
b/ Scrivi un testo scientifico che accompagni il tuo disegno effettuando ricerche sull'animale selezionato e specificando il suo nome scientifico nella nomenclatura binomiale, il suo habitat, la sua distribuzione geografica, la sua dieta, il suo modo di riproduzione, il suo comportamento, ecc.
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4/ Un ambiente in pieno sconvolgimento
a/ Descrivere i cambiamenti nell'ambiente menzionati da Vincent Munier nel dialogo con Sylvain Tesson, trascritto di seguito.
VINCENT MUNIER : Con questi viaggi entro in una natura che non è stata turbata... Dove l'uomo non ha ancora messo il suo grande artiglio. Intorno a casa mia l'evoluzione è incredibile, nell'arco di vent'anni. Non abbiamo rispettato i vivi. Se solo un bellissimo albero, una quercia che sta in mezzo a un campo, le siepi... vedessi come tutto è deteriorato. È una sensazione un po' viscerale, un po' strana, quando vivevi da bambino in questo ambiente, quando come me andavi a nasconderti, provavi forti emozioni osservando gli animali. Tutto questo, mi ha formato, e quando vedo che questo mondo sta andando... come posso metterlo... in un giro... Non è in un giro...
SYLVAIN TESSON : In decadenza.
VINCENT MUNIER : In decandenza sì, è dentro, ti fa davvero male. E quindi ho bisogno di spazi come la Kamchatka, l'estremo nord, dove non c'è quasi nessuna presenza umana o dove i nomadi, come qui, che alla fine vivono in armonia. Un'armonia che abbiamo perso in casa.
b/ Leggi questo articolo: https://ilbolive.unipd.it/it/news/crisi-taciuta-biodiversita
Il ricercatore riporta come gli scienziati parlino di sesta crisi della biodiversità, causata da una specie, quella umana, con delle ricadute sull’ambiente e sulla fauna animale. Il bracconaggio, l’agricoltura e l’allevamento intensivi (causa delle deforestazioni), l’inquinamento e il cambiamento climatico stanno decimando quella che viene definita “la Biblioteca della Vita”.
VINCENT MUNIER : Questo tipo di paesaggio va bene per tutti, non credi?
SYLVAIN TESSON : Sì, non vedo come un artista, un pittore, per esempio, non possa essere sensibile a queste forme e alla bellezza degli animali perfettamente integrata in un paesaggio.
VINCENT MUNIER : In seguito, ciò per cui a volte vengo criticato è fotografare davvero... solo il bello. carino. E nascondi tutto ciò che è brutto. È vero che non ho un approccio da fotoreporter per mostrare cosa c'è che non va nella natura.
SYLVAIN TESSON : È una vera scelta scavare nella disperazione o celebrare la bellezza.
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PRIMA DEL FILM 1/ Faremo riflettere gli studenti su questa espressione "scrittore / viaggiatore / contemplatore". Contemplare = considerare attentamente, immergersi nell'osservazione di... Vedremo come guardare il film ci metta in uno stato contemplativo, quasi meditativo, di fronte alla bellezza degli animali e dei paesaggi.
“quella che chiama "epilessia moderna". Cfr: “Era l'opposto di una promessa pubblicitaria. Al “tutto, subito” dell'epilessia moderna, si oppone il “probabilmente niente, mai” della vedetta. + "L'attesa era una preghiera." Stava arrivando una bestia, era l'apparizione. Era stato utile sperare. E se non è arrivato niente è perché non sapevamo come guardare.”
2/ Messaggio ecologico: il fotografo esprime il dolore inflittogli dalla mancanza di rispetto che le nostre società moderne hanno per la natura nelle nostre società moderne. Ha bisogno di immergersi in territori preservati dall'uomo. "Grande artiglio" dell'uomo = metafora che mostra che la ferocia è davvero dalla parte dell'uomo (e non degli animali) che distruggono la natura senza riguardo per gli esseri viventi.
3/ Vincent Munier non è nella ricerca della fotografia shock e catastrofista ma della sua natura estetica. Cerca di celebrare la bellezza e spera che contemplandola gli uomini vorranno proteggerla. A volte, il semplice spettacolo della catastrofe in corso (crisi climatica, estinzione di massa) può renderti fatalista in relazione all'emergenza ecologica. Sylvain Tesson commenta così la scelta che l'artista deve fare: "scava nella disperazione o celebra la bellezza del mondo". Secondo Sylvain Tesson, la bellezza è una nozione ora totalmente nascosta ed è uno dei grandi mali del nostro tempo. Da notare la struttura del fotogramma a destra: Vincent Munier che scatta una foto a se stesso con i suoi modi. Marie Amiguet rende omaggio all'approccio artistico di Vincent Munier, mentre celebra la bellezza degli animali selvatici (possiamo prenderci il tempo per dettagliare la fotografia dello yak, scattata in controluce in una bella luce dorata che contrasta con l'abito di ebano dell'animale selvatico, pericoloso e affascinante).
4/ a/ “Erano totem inviati attraverso i secoli, erano pesanti, potenti, silenziosi, immobili, così non moderni. Erano i vasi del tempo fermato. La preistoria piangeva e ciascuna delle sue lacrime era uno yak.
→totem = essere mitico (animale, pianta o oggetto naturale) considerato come l'eponimo antenato di un clan nonché il suo spirito protettivo e come tale venerato.
→dimensione mistica: gli yak selvatici sono simbolo di un tempo immemorabile che si oppone alla modernità (vedi riflessioni B/ 2/).
→allegoria (+ metafora estesa) della preistoria: tristezza di fronte a tutto ciò che abbiamo perso essendo moderni (siamo leggeri, fragili, chiassosi, epilettici...).
b/ La ricerca è preziosa perché il suo esito è incerto. È raro vedere la pantera delle nevi che si muove nelle zone più remote e sa nascondersi perfettamente. Bisogna aspettarsi di non vederlo, e quindi imparare a conviverci senza rimanere delusi: una grande lezione di vita.
Vincent Munier dice che era da giorni che cercava la pantera, che l'aveva vista e poi era scomparsa. Vede un falco, sul quale si concentra (vedi foto). Tre mesi dopo, guardando le sue fotografie sullo schermo del suo computer, nota la testa della pantera lungo la parete rocciosa! L’osservatore stesso viene osservato senza saperlo. L'aneddoto chiede umiltà di fronte all'animale che sa rendersi invisibile (poco dopo Vincent Munier dirà che è il suo sogno più grande...), per integrarsi perfettamente nell’ambiente.
Lo scrittore recita un salmo per ricordare a se stesso la necessaria umiltà che l'uomo deve mantenere quando si trova nella natura. L'uomo dovrebbe sentirsi invitato dalla natura, non padrone di essa.
Si ricorderà agli studenti che i titoli di coda cantati da Nick Cave contengono una traduzione del salmo di Sylvain Tesson "Ho viaggiato molto, sono stato osservato e ignorato... Non siamo soli..." (il testo della canzone è di Sylvain Tesson), che mostra l'importanza di questa riflessione tratta dall'esperienza della vedetta alla ricerca della pantera delle nevi. →Gioia molto grande, speranza di vederla, soddisfazione di conoscerla molto da vicino. + commento di Sylvain Tesson: "rende tutto divino, tutto consacrato, tutto diventa molto più bello, ... esalta il valore di tutto" c/ Il montaggio alterna inquadrature di osservazione (Sylvain Tesson dietro un binocolo, un teleobiettivo, ecc.), inquadrature in cui si vede il gatto selvatico, e inquadrature che rappresentano lo scrittore di fronte al suo diario di viaggio. La voce fuori campo collega questo viaggio dall'osservazione alla riflessione. Disegnando il ritratto del Gatto di Pallas (anche dandone il nome scientifico – vediamo lo scrittore con un'enciclopedia all'inizio del film –), l'autore insiste sull'insospettabile pericolosità di questo essere, per quanto così carino. Si nota l'umorismo del testo che immagina le parole minacciose del gatto. Sotto forma di dibattito, rifletteremo con gli alunni su questa questione della scelta da fare tra sicurezza e libertà. L'uomo è libero o addomesticato? Preferisci la comodità alla libertà, ecc. Possiamo anche evocare la favola de La Fontaine Il lupo e il cane che si riferisce a questo argomento. d/ Stiamo assistendo a una scena che potrebbe essere vista come crudele (ci dispiace per questo povero coniglietto), ma è la legge della natura. Nel documentario vediamo il cadavere di uno yak divorato dalla pantera, sentiamo la tensione degli animali all'avvicinarsi di un predatore, e nel libro lo scrittore evoca molte di queste scene sanguinarie. Tuttavia si tratta di morti integrate nel ciclo naturale, gli animali uccidono per sopravvivere, non per soddisfare istinti di base (orgoglio, potere). Ancora una volta, il mondo selvaggio è più degno dell'uomo.
Elementi di supporto per il docente p. 24
e/ In contatto con Vincent Munier, Sylvain Tesson impara a guardare il mondo in modo diverso, a riconnettersi con pratiche antiche che risalgono agli albori dell'umanità.
Vedi la cartella stampa, i commenti di Sylvain Tesson: - “Sono rimasto colpito dal modo in cui il nostro amico guardava il paesaggio. In realtà lo leggeva come si decifra la pagina di una poesia o come il musicista studia la partitura. Osservava le sporgenze rocciose, le pareti, le fessure e ci spiegava cosa sarebbe successo.”
-“C'è un posto dove la pantera potrebbe scivolare; qui, una grotta amata dai granduchi e là, pascoli di montagna dove i bharal vengono a pascolare. Queste sono le spiegazioni che ci ha dato e ho capito che c'erano due modi di osservare un luogo. Possiamo guardarlo come un freddo esteta, che filosofeggia sui tormenti del sollievo e sulle sfumature della luce. Possiamo anche metterci nei panni dell'animale rilevando depositi, flussi, pieghe e sbocchi. Allora la montagna diventa una cittadella vivente. Sui suoi ponti levatoi e sui suoi bastioni passeranno le imperatrici pelose e gli erbivori. Munier è questo insegnante che mi insegnerà a leggere per la seconda volta nella mia vita. (NB: abbiamo sottolineato le frasi utilizzabili con gli studenti) L'approccio più sensibile di Vincent Munier è una grande fonte di insegnamento per lo scrittore che, con lui, non è più in una bulimia di viaggi, ma in osservazione, in attesa e in empatia con gli animali.
-La scena con gli orsi è un misto di tensione (la pericolosità di questo animale è reale) e commedia (creata dal contrasto della preoccupazione di Sylvan Tesson, che vorrebbe scappare, e la temerarietà di Vincent Munier, che vuole restare). Nella mitologia, l'età dell'oro è il "momento mitico dell'umanità descritto come quello dell'abbondanza in una natura generosa, dove tutto cresce senza lavoro, dove animali domestici e selvatici vivono in pace tra loro e con gli uomini, dove il rovo distilla il miele. Gli Zefiri poi soffiano una brezza rinfrescante; la pioggia e il sole si alternano così felicemente che la terra prodiga tre volte l'anno le sue migliori produzioni; gli uomini vivono serenamente, in amicizia, armonia, giustizia, in totale comunità. Questo tema, capace di molteplici varianti, fa da cornice a molti miti e utopie e si ritrova in tutte le civiltà: connota la nostalgia di un paradiso perduto, dove l'uomo sottoposto all'influenza divina non conosceva né la sventura, né la malattia né i morsi della morte. (fonte: Universalis.fr)
La parola esprime la nostalgia di un tempo di armonia tra specie e natura (quando possiamo farlo in classe, può essere interessante ascoltare la colonna sonora – intorno al 55° minuto – che lega tra loro immagini di animali e scatti che mostrano Sylvain Tesson e Vincent Munier (Sentiamo il violino e il battito di un cuore, come se fosse il cuore del mondo che batte all'unisono). Questo passaggio ha una dimensione mistica ed ecologica.
5/ a/ Raccoglieremo i pensieri/ricordi degli studenti sull'incontro con i nomadi. Vediamo soprattutto i bambini (in particolare il ragazzino che è un monaco). Cercano di comunicare (in particolare utilizzando un metodo franco-tibetano) e si instaura subito una bella complicità. Si noterà la serenità di questa sequenza di scambi con i nomadi (legati dalla canzone di Agnes Obel, Just So - canzone che esce dallo smartphone di Vincent Munier, iniziata dal ragazzino - poi proseguita in off per legare gli scatti tra di loro).
Questa sequenza ci mostra l'esempio di un'umanità in armonia con la natura, di un altro modo di vivere. Possiamo parlare dell'esperienza di Sylvain Tesson raccontata in Nelle foreste siberiane e ricordare agli studenti il momento in cui, in una grotta, lo scrittore parla di eremiti (tra cui l'eremita Milarepa, colei che, nutrendosi di ortiche, diventava tutta verde È un grande yogi, poeta e santa del Tibet). C'è un fascino nello scrittore per questo modo di vivere, mentre Vincent Munier dice di essere piuttosto interessato agli animali (che considera di gran lunga superiori a noi, per la loro perfetta integrazione nell'ambiente. Più volte nel film mostra tutta la sua ammirazione per le bestie, ad esempio per le antilopi che, dopo uno sprint a 5000 metri di quota, sono appena senza fiato). Sylvain Tesson poi prende in giro gentilmente il suo compagno dicendo che lo ha visto annusare le rocce e che è più vicino all'animale che all'umano (cosa che Vincent Munier prende come un complimento).
b/ In una frase eclatante sull'evoluzione dell'umanità sono citate la scoperta del fuoco, l'arte rupestre, l'addomesticamento del cane (anticipazioni positive). Ma l'uomo non sapeva come stare al suo posto e si instaura un deleterio antropocentrismo. Nel libro, Sylvain Tesson è più cinico ("ingorghi e obesità"). Devia la formula pascaliana di "Tutta la sventura degli uomini viene da una cosa sola, che è il non saper stare a riposo in una stanza" in "la sventura iniziò quando il primo uomo uscì dalla prima grotta".
III/ ANALISI DELLA SEQUENZA: L'INCONTRO CON LA PANTERA DELLA NEVE (1:21:13 A 1:28:27)
1/ Informazioni importanti da ricordare: la pantera è arrivata proprio alla fine, padrona della suspense, come se fosse la sceneggiatrice del documentario. Il team non si aspettava nemmeno di vedere necessariamente questo animale mitico e generalmente invisibile (vedi Promise of the invisibile, titolo del diario di viaggio di Vincent Munier). Sapere che c'era già un regalo, vederla è un'epifania.
La vecchia pantera “maltrattata” è un'eco delle stigmate di Sylvain Tesson (vedi la sua biografia). C'è una dimensione mistica lì che è molto presente nel libro (con l'idea che dietro la pantera, ci sia la sua defunta madre che si reca in visita).
2/ Vincent Munier la vede, all'alba, sulla linea di cresta. Con un occhio allenato e acuto dietro il binocolo, ha il privilegio di averla vista per la prima volta. Condivide immediatamente la sua scoperta con il suo compagno di viaggio.
3/ Sorpresa, gioia, lacrime (di emozione), sensazione di assistere a qualcosa di eccezionale.
Elementi di supporto per il docente p. 25
I primi piani ci permettono di sentire le loro emozioni e la loro complicità (vedi lo sguardo scambiato tra i due compagni: proviamo una gioia sincera in Vincent Munier per far vivere questo momento per Sylvain Tesson). Abbiamo anche dei primi piani (vedi le lacrime di Vincent Munier, la nebbia sugli occhiali di Sylvain Tesson) che amplificano l'empatia dello spettatore. La musica molto bella di Warren Ellis (con il violino in particolare) enfatizza ancor più la profondità delle emozioni.
4/ Gli scatti alternati della pantera e dei due uomini creano un'idea di armonia tra l'uomo e la natura selvaggia; la pantera si sente abbastanza sicura da mangiare vicino a loro, che sono stupiti di poterla contemplare. L'utopia da raggiungere è questo stato armonioso in cui l'uomo rispetta e ammira la natura senza disturbarla.
5/ Nella prima parte della sequenza non ci sono suoni fuori campo (cioè nessuna aggiunta) ma suoni fuori campo: all'inizio abbiamo i suoni della natura che si sveglia (è l'alba, c'è vento, si sentono uccelli e uno yak). I suoni dentro sono le voci dei due uomini, il suono dei loro movimenti. Dal momento in cui Sylvain Tesson vede la pantera (1:22:28), la musica originale del film inizia ad accompagnare la meraviglia che questo incontro porta.
All'inizio c'è il desiderio di immergersi nello stesso universo sonoro dei due protagonisti, per vivere la loro esperienza il più da vicino possibile. Poi, in una seconda fase, il documentario lascia il posto al lirismo e alla poesia.
6/ L'occhio cerca la pantera che si confonde incredibilmente con lo sfondo: il nostro occhio non la coglie subito, ma appena la vediamo non riusciamo a staccare gli occhi da essa, siamo ipnotizzati (effetto zoom). Cancella quindi il paesaggio che lo circonda (zoom out) poiché diventa il paesaggio (vedi i fotogrammi, in particolare quello del crepuscolo).
7/ L'umanità ha rinunciato alla sua libertà, alla sua autonomia, nonché alla perfetta conoscenza dell'ambiente. Raccoglieremo le opinioni degli alunni su queste nozioni che invitano a una riflessione filosofica molto ricca.
8/ Nella mitologia greca, il Titano Prometeo ruba il fuoco celeste per l'umanità, consentendo il progresso della civiltà. Vedere la pantera è quindi rubare al tempo qualcosa di mistico (il fuoco) che poi si tiene in sé (la brace). Il ladro di fuoco è l'artista che deve portare questo fuoco agli uomini per cambiare le cose (per farne una civiltà che rispetti e non distrugga più l'ambiente).
9/ La dissolvenza incrociata (l'immagine dei due uomini che si allontanano gradualmente confondendosi con quella del paesaggio vuoto) infonde l'idea che dopo il loro passaggio lascino la natura così com'è, preservata. Una scheda nei titoli di coda afferma che il film è stato girato nel massimo rispetto possibile dell'ambiente.
Inoltre, si allontanano, portando un messaggio per chi non ha vissuto questa esperienza. Il messaggio è poetico ed ecologico: dobbiamo contemplare la bellezza del mondo e preservarla. Possiamo citare questa frase dal libro di Sylvain Tesson: “La Terra era stata un museo sublime. Sfortunatamente, l'uomo non era conservatore.” (Vincent Munier e Sylvain Tesson sembrano al contrario in un processo di conservazione della bellezza, in una posizione militante).
10/ Messaggio finale sui principi da ricordare (cambiare comportamento, smettere di essere nella società dei consumi, imparare a vedere diversamente, lottare per salvare il mondo): “venerare ciò che ci sta davanti, non fare nulla per sperare, godere di ciò che viene offerto, avere fiducia nella poesia, accontentarsi del mondo, lottare perché rimanga”.
11/ L'ultima immagine è un uccellino, un codirosso. La regista Marie Amiguet spiega questa scelta: “[la pantera] è l'animale totemico per eccellenza. Il che, paradossalmente, non è privo di pericoli: è una di quelle specie così emblematiche da poter nascondere tutte le altre. Da qui la scelta del nostro ultimo scatto, che si è concentrato su un semplice codirosso, per ricordarci che la fauna va preservata nella sua interezza, che bisogna esserle attenti. È vero per la pantera come per un modesto lombrico. (intervista tratta dalla cartella stampa del film).
1/ a/ Secondo il documento 1, il disegno naturalista è in dialogo con un testo scientifico, un discorso, una spiegazione. Rappresenta la natura ma riflette la conoscenza scientifica. Queste immagini hanno lo scopo di far conoscere. Nel documento 1, una tavola botanica e naturalistica illustra i principi della riproduzione floreale.
b/ Il disegno di osservazione realizzato da Sylvain Tesson in La pantera delle nevi non è un disegno naturalista. Non è accompagnato da un testo scientifico e fa parte di un diario di viaggio dove lo scrittore annota le sue idee, le sue impressioni.
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Nota: per risparmiare tempo nell'esecuzione del disegno naturalistico e per facilitare il lavoro degli alunni, possiamo suggerire di tracciare con un pennarello nero direttamente da una fotografia stampata dell'animale prescelto.
4/ Nel dialogo con Sylvain Tesson, Vincent Munier racconta i cambiamenti avvenuti in vent'anni nel suo ambiente vicino. Evoca il taglio di alberi e siepi. Sembra non riconoscere più la natura in cui si nascondeva da bambino.
5/ Lorenzo Ciccarese, autore dell’articolo, è responsabile dell'Area per la conservazione delle specie e degli habitat e per la gestione sostenibile delle aree agricole e forestali presso l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), di cui è stato componente del Consiglio Scientifico. Autore principale e revisore di diversi rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change, partecipa da vent'anni, come esperto del governo ai processi negoziali ONU sui cambiamenti climatici e sulla conservazione della biodiversità. È componente dei Consigli Direttivi del Parco Nazionale delle Cinque Terre e del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. È presidente del gruppo Forest Plantations dell'International Union of Forest Research Organizations. È autore di oltre 150 pubblicazione scientifiche, libri e video-documentari, collabora da trent'anni con diverse testate giornalistiche, tra cui La Stampa, Il Sole 24 Ore e La Gazzetta del Mezzogiorno.+
Nel brano riportato, parla della sesta crisi biologica e della responsabilità della specie umana. Inquinamento, sfruttamento eccessivo delle risorse, uso eccessivo delle specie spostamento di specie invasive e cambiamento climatico sono le cause principali. Racconta come lo stato e l’Unione Europea, pur con notevole e colpevole ritardo, stiano prendendo in considerazione il problema, ma suggerisce anche come tentare nel proprio piccolo di influire fin da subito, con una maggiore consapevolezza del peso dei nostri consumi.
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3/ Esempio di
disegno naturalista realizzato seguendo i passaggi del documento
Organizzare una proiezione scolastica
Per organizzare una proiezione per la vostra classe nel cinema di vostra scelta contattare: marta@wantedcinema.eu
Crediti del dossier
Dossier curato da Aurélie Bouille e Fanny Renaud (SVT), con la direzione di Vital Philippot per Zérodeconduite.net © 2021. Adattato da Wanted Cinema