Focus Storia 209 (marzo 2024)

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

209

20 FEBBRAIO 2024 MARZO 2024

700 anni fa si concludeva l’epopea del veneziano più famoso di sempre, che dedicò un terzo della sua vita all’esplorazione e alla conoscenza di mondi lontani

MARCO POLO E IL SUO LUNGO VIAGGIO

GIALLI & MISTERI

DISUGUAGLIANZE

Tutte le leggi e le regole che per secoli hanno discriminato le donne

RUDOLF HOSS

Il comandante di Auschwitz viveva felice di fianco al lager, insieme a moglie e figli

ITALO BALBO Il numero due del fascismo morì sotto il fuoco amico. Fu solo un incidente?


209 Marzo 2024

focusstoria.it

Storia

C

Emanuela Cruciano caporedattrice

RUBRICHE 4 LA PAGINA DEI LETTORI 6 NOVITÀ & SCOPERTE 8 TRAPASSATI ALLA STORIA 10 UNA GIORNATA DA...

14 NEL PIATTO CREDITI:MONDADORI PORTFOLIO/ ALAMY

ELABORAZIONE COPERTINA: MARIANGELA CORRIAS

12 CHI L’HA INVENTATA?

16 MICROSTORIA

61 COMPITO IN CLASSE 64 CURIOSO PER CASO

66 PITTORACCONTI 98 AGENDA

In copertina: il ritratto di un giovane Marco Polo; sullo sfondo, Venezia.

IN PIÙ... NAZISMO 18 Rudolf Höss

Il capo di Auschwitz al centro di un film pluripremiato.

I cinocefali (“testa di cane”) delle isole Andamane, nell’Oceano indiano, dal Milione.

AKG_IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

on la sua curiosità, la sua incredibile esperienza e il gusto di raccontarla, Marco Polo (12541324) è diventato il viaggiatore più famoso di ogni tempo. Partì ragazzo, diciassettenne, per raggiungere l’altra parte del mondo e ritornò uomo, con un bagaglio di conoscenze che non volle tenere per sé. Anche attraverso il suo libro, Il Milione, contribuì a diffondere in Europa usi, prodotti e saperi che avrebbero cambiato la vita di tutti. La cartamoneta, il carbone (motore, secoli dopo, della Rivoluzione industriale), il vetro, il riso, il tè, e non per ultime le conoscenze geografiche che furono da stimolo a una migliore e più precisa cartografia. In quei vent’anni trascorsi in Oriente, alla corte cinese e lungo le impervie vie percorse nei viaggi di andata e di ritorno, Marco Polo gettò le basi per un mondo nuovo e per la sua leggenda. Un gigante della Storia che si è guadagnato fama e gloria non sui campi di battaglia, ma sulle strade che ha pacificamente percorso per raggiungere la meta.

CI TROVI ANCHE SU:

24 LeSOCIETÀ leggi

dell’oppressione Le norme che per secoli hanno vessato le donne.

GIALLO STORICO 30 L’ultimo volo

Italo Balbo morì sotto il fuoco amico per errore o per calcolo?

NEL FANTASTICO MONDO DI MARCO POLO 36 Messer Polo il veneziano

La vita di Marco Polo a Venezia, prima e dopo il lungo viaggio che lo rese immortale.

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L’avventura di Marco Polo

Da Venezia alla Cina lungo la Via della seta, nel viaggio che aprì il mondo al racconto dei misteri d’Oriente.

48 Alla corte di Kublai Khan

Quando Polo conobbe il re mongolo che dominava la Cina aveva 21 anni. Ne fu così colpito da restare al suo servizio per altri 17.

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Il Milione delle meraviglie

Il Milione fu dettato da Marco Polo al suo compagno di cella Rustichello da Pisa. Ma in che lingua fu scritto? Divenne presto un best seller, ma quanto di ciò che vi si legge è vero?

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L’eredità

Marco Polo visse tra due mondi e anche grazie ai suoi racconti molte conoscenze dell’Oriente si diffusero in Europa.

PERSONAGGI 68 Elisabetta Farnese

La seconda moglie di Filippo V venne scelta per la sua apparente innocuità. E invece...

LUOGHI 74 Salvate il

Castello Sforzesco Nell’800 l’antica fortezza di Milano rischiò la demolizione.

80 LaBATTAGLIE tempesta

imperfetta I bombardamenti americani che piegarono i nazisti.

IL LIBRO 88 L’esodo

Il romanzo Boemia racconta di una deportazione “sfuggita” ai libri di storia.

ANNIVERSARI 93 Franco Basaglia

100 anni fa nasceva lo psichiatra che “liberò” i malati rinchiusi nei manicomi. 3


SPECIALE

I

n occasione dei cento anni dalla morte di Lenin (21 gennaio 1924) abbiamo realizzato un podcast sul leader bolscevico. Lenin è stato il fondatore del Partito comunista russo, ha ispirato la Rivoluzione d’ottobre del 1917 ed è stato il primo capo (1917-24) dello

Stato sovietico. Fondatore dell’organizzazione nota come Comintern (l’Internazionale comunista), la sua dottrina politica, il “leninismo”, si basava sulle teorie di Karl Marx ma fu sviluppata dai suoi successori nel marxismo-leninismo. La vicenda è ricostruita su

accentuarlo, cosa che forse non serviva, vista la somiglianza con il vero Maestro. Quello che mi chiedo è se per ogni film che affronta un personaggio realmente esistito, come nel caso di Bernstein, sia necessario imbastire una polemica su dettagli ai quali si vuole dare per forza un significato discriminatorio, politico o sociale.

LA ZONA D’INTERESSE (2)

Clara Santi

Rudolf Höss (a sinistra) in servizio ad Auschwitz. Sopra e sotto, scene dal film La zona d’interesse.

approfondimenti sui grandi eventi storici), basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast.focus.it. Gli episodi, che sono disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast, sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

le persone ad andare al cinema con ogni aiuto possibile. In alcuni casi non c’è bisogno di forzare alcunchè o di inventare trucchi. Come nel caso del film sul nazista Rudolph Ross La zona di interesse (tratto dal libro di Martin Amis), di cui parliamo a pag. 18. Il film, di Jonathan Glazer, sarà presente anche a questa edizione dei premi Oscar.

Risponde Lidia Di Simone. Le polemiche aiutano a vendere un film, come insegna il grande Enrico Lucherini, maestro dei press agent italiani, che ha aiutato la promozione di pellicole d’autore, e non solo, dando a ogni storia il suo momento di gloria. E di questi tempi, con la forte crisi che si sta registrando nelle sale cinematografiche, bisogna invitare

IANDAGNALL COMPUTING

Storia in podcast da Andrea Romano, docente di Storia contemporanea e Storia della Russia all’Università di Roma Tor Vergata. Buon ascolto! Per ascoltare i nostri podcast (le puntate online sono ormai più di 500 e vanno dalle biografie di personaggi agli

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PRIMO PIANO

L’avventura di Da Venezia alla Cina sulla Via della seta, nel

Verso il Catai

Dettaglio dall’Atlante catalano (1375 circa) che rappresentava l’Asia del Trecento. Qui si vede una carovana in viaggio verso il Catai: Marco Polo chiamò così la Cina.

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iù di 10mila chilometri attraverso deserti, nevi perenni, mari ignoti e terre tanto misteriose quanto affascinanti. Il tutto, sfidando pericoli d’ogni tipo: dal clima alle malattie, passando per gli immancabili briganti, ladri e predoni. Il viaggio di Marco Polo da Venezia alla città cinese di Xanadu, residenza estiva del sovrano mongolo e imperatore della Cina Kublai Khan, fu un’avventura talmente singolare da rimanere ineguagliata per secoli. Ma quale fu l’itinerario alla scoperta di quei luoghi e popoli sconosciuti alla stragrande maggioranza degli europei? Per rispondere dobbiamo

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tornare al 1271, quando il giovane Marco s’imbarcò verso Oriente insieme al padre Niccolò e allo zio Matteo.

IN TERRASANTA. Al momento della partenza, il futuro autore del Milione aveva 17 anni e, a differenza del padre e dello zio, da poco tornati dalla Cina, quella era la prima volta che usciva dai confini della Repubblica di Venezia. Sarebbe stato assente dalla Serenissima per ben 24 anni. Prima di partire, Niccolò e Matteo avrebbero dovuto recapitare al papa una lettera che il gran khan aveva affidato loro, ma in quel momento

la sede pontificia era vacante. Così, dopo mesi di attesa, salparono comunque. La prima tappa fu la Terrasanta, più precisamente Acri (oggi Akko, in Israele) dove sbarcarono nell’aprile 1272, puntando poi verso Gerusalemme. Obiettivo: il recupero di una boccetta di olio santo conservato nel sepolcro di Cristo (altra richiesta dell’imperatore della Cina). Frattanto era salito al trono papale Tebaldo Visconti (papa Gregorio X) che, trovandosi proprio in Terrasanta, intercettò i tre veneziani, consegnando loro una missiva per il sovrano mongolo. Il pontefice ordinò a due frati


MARCO POLO

viaggio che aprì il mondo al racconto dei misteri d’Oriente.

CORBIS VIA GETTY IMAGES

di Massimo Manzo

domenicani di accompagnarli, ma nel corso del viaggio costoro sarebbero tornati indietro, spaventati dai pericoli. In precedenza, altri due monaci avevano viaggiato con successo lungo la Via della seta come emissari (inviati dal papa e dal re di Francia) alla corte dei Mongoli: Giovanni da Pian del Carpine (1245-47) e Guglielmo di Rubruck (1253).

SALVACONDOTTO. Oltre a provviste e mercanzie, i tre Polo custodivano gelosamente la paiza, una “tavola d’oro” donata da Kublai Khan a Matteo e Niccolò, prezioso salvacondotto

negli sterminati territori imperiali. «L’itinerario li portò attraverso la Turchia Orientale fino all’attuale Armenia, attraverso l’Iraq, la Persia, e verso sud fino al porto di Ormuz, oggi Bandar Abbas, in Iran», spiega lo storico John Man nel libro Sulla via della seta: Marco Polo e l’incontro tra due mondi (Giunti). «Più autore di una guida di viaggio che di un diario, Marco ama dare l’impressione di aver visitato tutti i luoghi di cui scrive, quindi non è facile ricostruire l’itinerario esatto, e non sono molte

nemmeno le informazioni sui mezzi di trasporto, anche se si possono fare delle ipotesi: all’inizio i cavalli, per poi proseguire a dorso di cammello».

VERSO SUD. Quasi sicuramente, durante il tragitto i viaggiatori veneziani si accodarono a qualche carovana. Lo scopo era proteggersi da eventuali malintenzionati, e per lunghi tratti seguirono la leggendaria Via della seta, nota da secoli ai mercanti che vi commerciavano, oltre alla seta, spezie,  perle, manufatti e animali. 43

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Il viaggio di andata durò oltre tre anni e mezzo: una lunga malattia di Marco e le deviazioni li rallentarono Per arrivare a Ormuz, città portuale da cui avrebbero voluto imbarcarsi per la Cina, i Polo penetrarono in Anatolia, sede di un coacervo di etnie e religioni. Nel descriverne gli abitanti, Marco racconta che “ci sono tre razze diverse di uomini: i Turcomanni che adorano Maometto e sono fedeli alla sua legge: gente primitiva che parla una lingua rozza, che abita nelle montagne o in praterie dove sono buoni pascoli poiché vivono di bestiame [...] Poi ci sono gli Armeni e i Greci mescolati insieme in città e borghi e vivono di mercanzia e di arti. Qui si lavorano i tappeti più belli del mondo”. Percorrendo i territori dell’Armenia, il gruppo arrivò quindi ai piedi dell’imponente monte Ararat (oggi in Turchia), dove le scritture raccontavano che si fosse adagiata l’arca di Noè dopo il Diluvio universale. La “grande Armenia”, costellata di ricche città dove si produceva “il migliore bucherame [un tipo di stoffa, ndr] del mondo”, cedette il passo alla Georgia, nel Caucaso. E fu proprio nella zona compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio (forse l’Azerbaijan) che Marco osservò la presenza di uno strano fenomeno: dal terreno, fuoriusciva una curiosa “fontana” sgorgante “tanto olio e in tanta abbondanza [...] non buono a mangiare, ma da ardere”. Era la prima descrizione di un pozzo naturale di petrolio fatta da un viaggiatore europeo, anche se ai tempi nessuno immaginava le potenzialità di quel bitume nerastro. Più a sud, seguendo il corso del fiume Tigri, il giovane arrivò nella zona di Mosul (odierno Iraq), dove accanto alla maggioranza musulmana notò la presenza di folte comunità di cristiani nestoriani.

IN PERSIA. La tappa successiva fu la Persia, dove osservò emozionato le tombe attribuite ai Re magi nella città di Saba. I Polo attraversarono centri fiorenti come Tabriz, Iadis (Yazd, nell’Iran Centrale) e Kerman, celebri per la produzione di panni d’oro e seta, 44

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dovendo anche affrontare un pericolo che per poco non compromise l’intero viaggio. Durante la marcia, la carovana fu attaccata da un’orda di briganti che massacrò gran parte del convoglio. Marco, Niccolò e Matteo si salvarono per miracolo, riuscendo a rifugiarsi con pochi altri in un vicino villaggio. «Nel descrivere una razza crudele e feroce di ladri chiamata “Caraunas”, Marco parla di “certi loro incantesimi diabolici con i quali evocano l’oscurità e le tenebre in pieno giorno, così da intrappolare ogni essere vivente”», racconta Man. «Si potrebbe pensare che l’accenno ai poteri magici metta in dubbio la veridicità dell’intero episodio, ma quei predoni esistevano, erano i discendenti di prima o seconda generazione di guerrieri inviati dalla Mongolia per presidiare l’Afghanistan, negli Anni ’30 del secolo precedente».

TETTO DEL MONDO. Scampati ai banditi, nell’estate 1272 i Polo percorsero la strada che portava a Ormuz, nel Golfo Persico. Da lì avrebbero dovuto effettuare l’ultima parte del viaggio via mare, costeggiando il subcontinente indiano, prima di avviarsi verso la Cina. Ma cambiarono idea. Ai loro occhi, le imbarcazioni disponibili erano inadatte alla traversata. Il nuovo programma prevedeva di tornare a Kerman e continuare sulla Via della seta. Il viaggio proseguì attraverso la valle del Badakhshan, in Afghanistan, area ricca di bellezze naturali dove Marco si trattenne per quasi un anno, per curare una forma di malaria grazie al clima salubre del luogo. Il giovane descrisse quella regione intrecciando racconti mitici e realtà, e citando paesaggi paradisiaci, cavalli veloci e cave di pietre preziose. Gli rimasero impresse le strambe usanze della popolazione locale, come quella delle donne di indossare diversi strati di pantaloni per far apparire più generosi i fianchi, dal momento che “i loro uomini si  dilettano assai di donne grasse”.

La spedizione

I fratelli Polo partono da Venezia nel 1271 per il loro secondo viaggio in Oriente, con Marco.

Venezia

Istanbul

Acri

Sulle loro tracce

Le località toccate dai Polo durante i viaggi di andata e ritorno, secondo i racconti di Marco Polo nel Milione. Si spostarono per lo più via terra all’andata, lungo la Via della seta fino alla Cina e per mare al ritorno.


Le donne del Gran Khan ll’interno dell’Impero mongolo e della dinastia Yuan, le donne avevano un ruolo sociale importante, malgrado gli uomini detenessero ufficialmente i poteri politici e militari. Tale influenza era visibile soprattutto nelle famiglie regnanti, dove le principesse mongole erano note come khatoun. A differenza delle concubine, in molti casi le mogli o madri dei khan assumevano la reggenza per conto dei mariti o dei figli, prendendo autonomamente decisioni cruciali. Consigliere speciali. Anche Kublai Khan subì l’influenza delle donne della sua famiglia, in particolare della madre, Sorgaqtani Beki, cristiana nestoriana che lo aiutò a guidare le relazioni tra i diversi culti presenti nell’impero, e dell’amatissima seconda moglie Chabi, preziosa consigliera. La morte di quest’ultima, nel 1281, fu un durissimo colpo per Kublai, già provato da diverse delusioni politiche e dai lunghi anni di governo.

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abitudini della vita di corte, simili a quelle dei regnanti europei, ma più sfarzose. «Il khan, per esempio, amava la caccia, proprio come i grandi sovrani della cristianità latina», precisa Grillo. «Il corteo di 11 falconieri e 20 fra cacciatori e valletti con un centinaio di cani sul libro paga

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Le mogli di Kublai con i figli (ne ebbe in tutto 40, da quattro consorti e da un numero imprecisato di concubine) in una miniatura del 1420, tratta da Le Livre des Merveilles du Monde (Parigi, Biblioteca nazionale).

del re di Francia Luigi IX alla metà del Duecento, però, sfigura di fronte ai 10mila conduttori di cani, ognuno con il suo animale, e ai 10mila falconieri, ai leoni e ai leopardi ammaestrati nonché alle aquile che, almeno a detta di Marco, affiancavano Kublai nei tre mesi all’anno da lui dedicati all’attività venatoria». Nelle pagine del Milione, il mercante veneziano non si lascia sfuggire dettagli sui vezzi amorosi di Kublai. In un’ala recondita e blindata del palazzo alla quale solo lui aveva accesso, in mezzo a “oro, argento, pietre preziose e perle”, risiedeva infatti una schiera di cortigiane con cui amava intrattenersi. Il sovrano aveva ben quattro mogli ufficiali e un numero imprecisato di concubine, con le quali aveva generato più di 40 figli. Verso ognuno di essi si era peraltro dimostrato magnanimo, garantendo favori, rendite e possedimenti.

REALTÀ COMPLESSA. Durante la sua permanenza in Estremo Oriente, Marco Polo non si limitò a risiedere nei palazzi del Gran Khan, ma fu inviato in veste di ambasciatore. Poté così visitare di persona svariati territori dentro e fuori l’impero di Kublai. Nel 1277 si

Ritratto

Kublai salì al trono nel 1260, spostò la capitale nella futura Pechino e fondò la dinastia Yuan.

recò per esempio nella provincia dello Yunnan, nell’estremo sud della Cina, rendendosi in seguito protagonista di missioni che lo spinsero dal Tibet e l’India all’Annam e alla Cocincina, dei quali poté osservare usi e costumi. Secondo molti storici, gli scenari dipinti nel Milione non sarebbero tuttavia sempre fedeli alla realtà di quelle terre e di quel tempo. «La testimonianza letteraria di Marco non presenta un quadro realistico della vita nei domini di Kublai, dei quali vengono riferiti soltanto gli aspetti più positivi», afferma Grillo. «Il tono prevalente è la meraviglia, per cui la gran parte di ciò che viene riferito doveva destare stupore e curiosità nel lettore. A tal fine sfilano descrizioni di palazzi e di città, di animali e di merci, ma anche frequenti ammiccamenti alla sfera sessuale, descrizioni di culti e usanze particolari o aneddoti e vere e proprie novelle». Malgrado le riforme agricole, la povertà attanagliava un gran numero di braccianti, costretti ad abbandonare i propri figli per mancanza di mezzi. Nei suoi ultimi anni di regno, infine, Kublai Khan condusse campagne militari disastrose in Giappone e Indocina. L’immagine del “Re dei Re di tutti i Tartari” era ormai ben diversa da quella di un tempo: stanco, tormentato dalla gotta e logorato dai vizi e da lutti familiari, si spegnerà nel 1294, alla soglia degli 80 anni. Il suo fedele ambasciatore veneziano gli aveva detto addio due anni prima, ripartendo per l’Europa, dove avrebbe contribuito a ritrarlo nel pieno della gloria, facendone il più ammirato dei sovrani d’Oriente. • 51

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PERSONAGGI

ELISABETTA la regina Farnese

PIACENZA, MUSEI CIVICI DI PALAZZO FARNESE

di Irene Merli

Prolifica

Filippo V e la regina Elisabetta Farnese osservano l’Infante Carlo in braccio alla Fede, Ilario Spolverini (ciclo dei Fasti, 1716 ca.). I coniugi reali si guardano l’un l’altro, emozionati. 68

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REGGIA DI CASERTA, COLLEZIONE FARNESE

Cresciuta nel Ducato di Parma, sottovalutata e per questo scelta come seconda moglie “inoffensiva” di Filippo V, fu un’abile politica e cambiò per sempre la monarchia spagnola.

M Piena di virtù

Qui sopra, Ritratto di Elisabetta Farnese, del Mulinaretto (1714-15). La regina è senza gioielli, la corona sul tavolo, quasi a simboleggiare che portava in dote soltanto le sue virtù.

adrid, 1714. Sul trono di Spagna siede il primo Borbone, Filippo V, nipote del Re Sole. È vedovo da poco di Maria Luigia di Savoia, morta a soli 26 anni. Ma la sua forte libido, il moralismo che gli inibiva ogni sfogo fuori dal matrimonio e la sua tendenza alla depressione lo spingono in fretta a cercare un’altra moglie. I francesi erano abituati ad avere spose straniere (contrariamente agli Asburgo, che si imparentavano tra loro) e il suo sguardo cadde su una candidata insolita: Elisabetta Farnese, figlia di Odoardo, duca di Parma e Piacenza, e di Dorotea Sofia di Neuburg. Certo, cotanto sovrano poteva impalmare donne più blasonate, ma ci si mise di mezzo uno scaltro cardinale, Giulio Alberoni, che era stato al servizio dello zio di Elisabetta e poi era diventato uno dei più fidati consiglieri di Filippo V.

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Con Filippo, Elisabetta fondò la dinastia dei Borbone-Farnese, che regna ancora adesso in Spagna. E portò arte e musica a corte

Le relazioni

I ritratti (del Mulinaretto e di Nicola Vaccaro) di tre personaggi chiave nella vita di Elisabetta: la madre, il marito e il consigliere. A destra, Baciamano della regina Elisabetta da parte delle dame e dei gentiluomini di Corte, dai Fasti di Spolverini (1717-18).

UNA VERA REGINA. Già il viaggio verso Madrid, che nelle intenzioni della principessa Ursini avrebbe dovuto svolgersi per mare, quasi in incognito, andò tutto per un altro verso. Elisabetta, dopo aver fastosamente sposato Filippo V per procura nel Duomo di Parma, prese a pretesto una tempesta, sbarcò a Genova e proseguì via terra con un seguito di bagagli che comprendeva, oltre ad abiti, gioielli, preziosi oggetti d’arredamento, anche casse di libri. Dappertutto, quando passava e si fermava, a volte alloggiata in un vasto padiglione che viaggiava con lei – composto da una camera da letto e una sala da pranzo ricoperte di arazzi – veniva onorata come regina di Spagna. Già questo viaggio (e la sua esasperante durata, tre mesi) mise in allarme chi contava sulla debolezza della nuova regina: alla corte spagnola non stava arrivando una sempliciotta e c’era di che preoccuparsi.

Elisabetta, 22 anni ancora da compiere, in realtà era “consumata alle più fini arti regnare”, “scaltra come una zingara” (sono parole dello stesso Alberoni in una lettera del 1714). Soprattutto era colta, raffinata, dotata di un’intelligenza acuta, con una fortissima curiosità e una grande passione per il potere. Aveva ricevuto un’ottima educazione: parlava e scriveva il latino, il tedesco, il francese; amava la musica, la danza, la pittura, che le accrescevano grazia e gentilezza e la rendevano un’affascinante conversatrice. Era cresciuta studiando i classici, la retorica, la grammatica, la filosofia, come testimonia il suo educatore, il cappellano Maggiali. Ma non era affatto austera: in lei spiccavano brio, eleganza, PARMA, COLLEZIONI D’ARTE PARIPARMA

Fu proprio il porporato a convincere il re, e soprattutto la potentissima principessa Ursini, prima dama della compianta Savoia e longa manus di Luigi XIV di Francia sul nipote, che la Farnese era una fanciulla ignorante, priva di spirito e del tutto manovrabile rispetto alle altre “papabili”. «In più», spiega Giulio Sodano, docente di Storia moderna all’Università della Campania Luigi Vanvitelli e autore di Elisabetta Farnese (Salerno editrice), «con questa unione la Spagna rimetteva un piede in Italia, senza muovere un soldato, poco dopo la Guerra di successione che l’aveva vista estromessa dalla Penisola». Come ultima erede della sua famiglia, Elisabetta poteva contare anche sulla successione al Granducato di Toscana, in quanto discendente di Margherita de’ Medici, moglie di Odoardo Farnese. Così, appena sette mesi dopo la morte di Maria Luigia, il 25 agosto 1714 fu firmato il contratto nuziale. Il Re Sole aveva persino mandato un suo fiduciario alla corte dei Farnese per capire se la pretendente era davvero innocua, ed Elisabetta, istruita da Alberoni, seppe recitare molto bene la parte della sempliciotta di campagna, pronta a farsi guidare dall’anziana Ursini. Ma i francesi si accorsero ben presto di averla sottovalutata.

Dorotea Sofia di Neuburg


REGGIA DI CASERTA, COLLEZIONE FARNESE

Filippo V di Spagna Il cardinale Giulio Alberoni RPIACENZA, COLLEZIONE ALBERONI

PIACENZA, COLLEGIO ALBERONI


“maestoso e gentilissimo portamento” (fonte Maggiali). Risultato? Quando giunse a Pamplona e incontrò la Ursini, fece subito arrestare ed esiliare la principessa. Poi nominò primo ministro il fidato Alberoni e, sotto la sua guida accorta, divenne artefice politica del regno. «Con Filippo V invece fu amore e corrispondenza di comuni interessi», spiega il professor Sodano. «Tanto che in nessuna fonte è mai stata ritrovata la notizia di un favorito: Elisabetta fu sempre fedelissima e diede al marito ben 6 figli. In un’Europa scossa da crisi dinastiche che davano luogo a sanguinosi conflitti su scala continentale, la politica della prolificità era uno rinnovato strumento di stabilità della monarchia». Non solo. La madre e la sua ramificata famiglia avevano insegnato alla nuova regina lo splendore dell’arte e della cultura. E a Parma la corte ducale dava molta importanza al teatro e alla musica.

LA CORTE IDEALE. Così, la monarchia di Madrid, sotto la guida di Elisabetta, considerata ancora oggi una delle sovrane spagnole più colte, si apprestava a mescolare la magnificenza alla politica. Dovendo far fronte a un marito introverso e incline alla depressione, la Farnese animò con leggiadria, giocosità e grande senso estetico la corte, che diventò un esempio per le altre in Europa. La coppia Borbone-Farnese non organizzava feste sfarzose e dispendiose come quelle di Versailles. Ma, per esempio, Elisabetta si accorse che nei palazzi e nei giardini reali spagnoli non c’erano statue antiche, tra le quali invece era cresciuta. E così acquistò (a costi esorbitanti) la collezione di Cristina di Svezia, una delle più importanti del tempo. Intanto il pittore preferito di Filippo, il grande Diego Velázquez, aveva portato da Roma pezzi preziosi della collezione Borghese. Queste e altre splendide acquisizioni furono legate alla costruzione della Granja de San Idelfonso, una residenza a 80 km da Madrid e 10 da Segovia, progettata dai famosi architetti Juvarra, Procaccini ed Ardemans, con 146 ettari tra boschi e giardini, 26 fontane monumentali, un labirinto e un bacino d’acqua in stile Versailles. All’inizio doveva essere un buen retiro della famiglia reale, ma divenne il cuore del potere. Nonché il luogo di sepoltura dei due sovrani, che avevano scelto di non farsi tumulare, come da tradizione, nel Pantheon di San Lorenzo dell’Escorial. Del resto, Elisabetta non aveva nulla della regina devota e austera come fino allora lo erano state le consorti dei sovrani spagnoli. Il cardinale Alberoni stesso, in una lettera del 1716, scrisse: “Io non credo che un’avversione simile che la Regina nostra Signora ai chiostri non l’habbi nessuna persona al mondo. So dirvi che non ha ancora messo piede in uno di Madrid”. Dopo di 72

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lei, infatti, le regine iberiche iniziarono a tenere in grande conto il gusto estetico e meno la spoglia devozione: era iniziato un cambiamento radicale, senza precedenti.

COLLEZIONISMO SFRENATO. Elisabetta da questo punto di vista fu straordinaria. Collezionava di tutto: ventagli, tabacchiere, dipinti (fu lei a scoprire e valorizzare il pittore Murillo), tessuti, spartiti. Con il marito acquistò una tale quantità di libri che la loro biblioteca privata costituì il primo nucleo della Biblioteca nazionale spagnola, fondata proprio da Filippo V. La regina fece venire compagnie di canto e teatro dall’Italia e negli ultimi anni di regno la coppia ingaggiò a peso d’oro il grande castrato Farinelli, perché

Celebrazioni

Sopra, Il cardinale Gozzadini rende visita a Elisabetta Farnese. Sotto, Il vescovo e il clero di Parma rendono omaggio a Elisabetta alla Porta del Duomo (Spolverini, 1715-17). Il ciclo dei Fasti doveva illustrare anche gli eventi correlati alle sfarzosissime nozze.


LA MOSTRA

Fu madre di re e di regine consorti, lei che veniva da un piccolo ducato senza più eredi cantasse in esclusiva per il re, la notte. Elisabetta era anche una madre sempre dedita alla famiglia e capace di tenerla unita, il che significava salvare la monarchia e fondare la dinastia BorboneFarnese. Mantenne una fitta corrispondenza con i figli a cui mandava e da cui riceveva doni.

REGGIA DI CASERTA, COLLEZIONE FARNESE

TUTTO PER I FIGLI. La sovrana riuscì poi a imporre il suo volere, quello di sistemare gli eredi come un problema europeo, tanto che i diritti alla successione nel Ducato di Parma e Piacenza e nel Granducato di Toscana del suo primogenito Carlo furono riconosciuti dal Trattato del novembre 1729, siglato a Siviglia da Francia, Spagna e Inghilterra. All’inizio del 1724 Filippo V abdicò in favore del primogenito Luigi (avuto dalla prima

moglie), che però morì 7 mesi dopo di vaiolo. Ferdinando (anche lui figlio di Maria Luigia di Savoia) era troppo giovane per governare e Filippo, a malincuore, dovette tornare sul trono. Quanto ai figli di Elisabetta, nel 1732, morto l’ultimo Farnese, il primogenito Carlo divenne per due anni duca di Parma e Piacenza, proprio come voleva la madre. Ma le cose erano destinate a cambiare ancora: Carlo dovette partire alla conquista di Napoli, di cui poi divenne re, e su consiglio di Elisabetta portò con sé tutti i tesori d’arte collezionati dai Farnese (le sculture sono oggi al Museo archeologico nazionale del capoluogo campano e a Capodimonte), che non dovevano cadere in mano agli Asburgo. Più tardi, il secondogenito Filippo riebbe il ducato appartenuto ai Farnese, cui fu aggiunta Guastalla, mentre Luigi, il terzogenito, divenne cardinale anche se presto abbandonò la carriera religiosa. Pure le figlie furono ben collocate: Marianna divenne regina di Portogallo, Maria Teresa delfina di Francia ma morì a 20 anni di parto, mentre Maria Antonia sposò un Savoia. Nel 1746 Filippo V spirò, gli successe Ferdinando IV ed Elisabetta fu costretta a ritirarsi nella Granja de San Ildefonso. Anche Ferdinando, vedovo e senza figli, morì 10 anni dopo. A quel punto era l’amato primogenito di Elisabetta a dover salire al trono come Carlo III. Ma il nuovo re governò consultando solo di tanto in tanto la madre, che continuò a seguire i suoi interessi di collezionista. La fondatrice della nuova dinastia che ancora regna in Spagna fu alla fine presa dalla grande mietritrice l’11 luglio 1766, a Madrid, ormai quasi cieca, circondata dalla sua • amata famiglia.

REGGIA DI CASERTA, COLLEZIONE FARNESE

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iacenza rende omaggio all’illustre concittadina con l’esposizione I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una regina (fino al 7/4, www. palazzofarnese. piacenza.it). Per la prima volta, dopo quasi 300 anni, un nucleo dei dipinti realizzati per documentare e teatralizzare il matrimonio di Elisabetta con Filippo V di Spagna si riuniscono: sei tele che fanno parte di questo ciclo arrivano dalla Reggia di Caserta e dal Municipio di Parma, esposte in aggiunta ad altre 20 opere tra dipinti e sculture che provengono da collezioni pubbliche e private. I Fasti sono simili alle Res Gestae degli antichi Romani. I Farnese ne avevano già fatti realizzare due, uno sul papa Paolo III e l’altro su Alessandro Farnese. Quello di Elisabetta non rappresenta però un passato glorioso, bensì vicende contemporanee dipinte con grande realismo e vivacità di particolari, tinte e costumi. L’autore, Ilario Spolverini, disponeva infatti di un’enorme mole di appunti e schizzi presi dal vivo. In mostra, nella splendida cornice della Cappella Ducale di Palazzo Farnese, è esposto anche il Ragguaglio delle nozze della Maestà di Filippo V e di Elisabetta Farnese (1717), un resoconto dettagliatissimo delle fasi del matrimonio per procura, dei festeggiamenti e del viaggio della sposa dall’Italia alla Spagna. Videoproiezioni e installazioni immersive aiutano a calarsi nel contesto dell’affascinante vicenda settecentesca. 73

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