Dal n. 22 di Donna Moderna due articoli: la salute dei bambini e il documentario su Michelle Obama

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14 MAGGIO 2020 - ANNO XXXIII N° 22 DONNAMODERNA.COM

MICHELLE OBAMA TORNA A ISPIRARCI

STORIE - I 18ENNI E LA MATURITÀ SPEZZATA - LO STRANO CASO DELL’ISOLA DEL GIGLIO - PAURE E SPERANZE DELLE ITALIANE ALL’ESTERO A CASA COME DAL PARRUCCHIERE: COLORE 10 E LODE VI RIPORTEREMO IN PALESTRA LE IDEE DEGLI IMPRENDITORI DELLO SPORT

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È IL MOMENTO DI OCCUPARCI DELLA SALUTE DEI BAMBINI di Flora Casalinuovo

Sono i meno colpiti dalla malattia e fortunatamente non corrono gli stessi rischi degli adulti. Ma più ci si avvicina a una nuova normalità, più diventa importante capire fino in fondo che cosa succede ai bimbi se entrano in contatto con il Covid. E come possono trasmetterlo ad altri

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nche i bambini stanno provando a riprendersi la loro A vita dopo i mesi di lockdown. Ma mentre il governo pensa a un piano che permetta ai genitori di iscrivere i figli ai centri estivi, nelle famiglie non sono ancora sciolti tutti i dubbi sul rapporto tra il coronavirus e i minori. L’ultima preoccupazione ha un nome strano, che arriva dal Giappone. È la malattia di Kawasaki, fino a ieri quasi sconosciuta e ora al centro di tanti servizi tv e telefonate ai pediatri da parte dei genitori. L’allarme è scattato perché parecchi medici, soprattutto in Inghilterra, hanno registrato un aumento anomalo di bimbi colpiti da questa sindrome e l’hanno collegata al Covid. La patologia preoccupa anche perché se non viene riconosciuta e curata può determinare problemi cardiaci gravi. Gli esperti di casa nostra, però, invitano ad andare con i piedi di piombo. «Si tratta di un’infiammazione dei vasi sanguigni rara, che colpisce soprattutto sotto i 4 anni» nota Rocco Russo della Società italiana di pediatria. «La diagnosi si fa osservando i sintomi e non attraverso un esame preciso: i segnali sospetti sono febbre alta, occhi arrossati, rush cutanei e linfonodi del collo gonfi. Ma questi casi che hanno fatto clamore potrebbero essere dovuti a una patologia soltanto simile alla Kawasaki. In Italia stiamo raccogliendo dei dati per saperne di più. Anche perché più di un bambino è risultato negativo al Covid-19 quindi non possiamo dire con certezza che ci sia un collegamento con il virus. In questo periodo si teme tutto, ma pediatri e ospedali sono assolutamente preparati e in grado di dare risposte ai genitori se qualcosa nella salute dei figli non li convince».

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Allarme parzialmente rientrato, quindi. Ma questo non è stato il primo e probabilmente non sarà l’ultimo patema per le famiglie. Dall’inizio della pandemia, sui bambini è stato detto di tutto. Si è passati dal “Non si ammalano” alla certezza che il Covid può infettarli, anche se in forma leggera. E sulla contagiosità gli esperti ci hanno lasciato a lungo senza certezze: “Non trasmettono il virus” si è detto in un primo momento. Tranne poi fare marcia indietro, dichiarando che anche i bambini possono infettare. A quasi quattro mesi dalla prima diagnosi di coronavirus a Codogno e dallo scoppio dell’epidemia nel nostro Paese, a fare chiarezza sui più piccoli adesso arrivano i numeri: in Italia, nel momento in cui scriviamo, su quasi 216.000 casi di Covid si contano circa 3.000 minori e di questi meno del 7% ha avuto bisogno del ricovero in ospedale. Le vittime sono state 2, ma purtroppo entrambe soffrivano già di disturbi molto gravi. «Questi dati ci dicono con certezza che il virus predilige gli adulti» conferma il pediatra. «Nei bambini, poi, non porta danni seri. E il motivo è che non hanno altre patologie in corso e possono contare su un sistema immunitario più reattivo e protetto dalle vaccinazioni. Ma non abbiamo molte altre certezze perché si tratta di una patologia nuova». Le domande senza risposta sono ancora tante e riguardano anche sintomi strani come i geloni e l’orticaria, che accompagnano a volte la classica febbre e la tosse soprattutto nei pazienti più giovani. E che gli specialisti stanno tenendo sotto osservazione.

E LA MASCHERINA?

Per legge devono indossarla tutti, da Aosta a Palermo, all’aperto e nei luoghi pubblici chiusi come i negozi. «Il decreto del governo stabilisce l’obbligo dai 6 anni in su» spiega la pediatra Stefania Manetti. «Ma le più importanti società pediatriche internazionali la raccomandano dai 2 anni. Sono esclusi solo i bebè e i disabili perché per loro potrebbe diventare difficoltosa la respirazione se non riescono a metterla e a toglierla correttamente». Farla indossare ai bambini però non è sempre semplice. «Spieghiamo ai più piccoli che va messa per far scomparire il virus» consiglia l’esperta. «Cominciamo a usarla per gioco in casa: guardiamoci insieme allo specchio, facciamoci una foto o un disegno mascherati. Noi adulti dobbiamo dare l’esempio e mostrare che, prima e dopo l’uso, si lavano sempre le mani con cura e a lungo; poi si indossa coprendo bocca e naso e cercando di non toccarla troppo».

Sul fronte della contagiosità sono appena state pubblicate 2 ricerche. Una è dell’Istituto di virologia dell’università di Berlino, l’altra dell’ateneo di Ginevra: entrambe dimostrano che il Covid ha la stessa carica virale nei minori e negli adulti. In pratica, gli under 18 possono trasmettere il virus come gli altri anche se hanno meno probabilità di sviluppare i sintomi o di aggravarsi. «Non si tratta di studi fatti su grandi numeri, quindi non danno certezze granitiche» osserva l’esperto. «Ma ci dicono che vanno evitati comunque contatti troppi stretti con nonni o persone più deboli». Già, non è ancora arrivato il momento per lasciarsi andare a quegli abbracci dei parenti che tanto sono mancati, insieme ai giochi con gli amici. «Riannodare i fili degli affetti e stare all’aria aperta è fondamentale» spiega Stefania Manetti, membro del direttivo dell’Associazione culturale pediatri. «Ma il distanziamento sociale vale anche per anziani e nipoti: in questa fase possiamo permetterci solo visite o incontri temporanei in cui si ha la certezza di rispettare le regole anticontagio». Sarà una quotidianità diversa e non durerà poco. Gli scienziati non amano le previsioni a lungo termine ma di sicuro dovremo cambiare mentalità e abitudini. E i servizi per l’infanzia che si progetta di aprire questa estate dovranno mantenere massima attenzione all’igiene e direttive ferree. Ma secondo i pediatri restano comunque un bell’aiuto dopo i mesi di lockdown. «Il tempo trascorso con i coetanei è fondamentale per crescere e stare bene» prosegue l’esperta «Nei prossimi mesi i bambini potranno giocare e stare insieme sotto lo sguardo degli educatori e in gruppi molto ristretti perché questa è la condizione migliore per abbassare il rischio di contagio. Sarà anche una sperimentazione per la scuola del futuro». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Becoming: la mia storia, il doc su Michelle Obama, è nella top ten di Netflix.

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MICHELLE OBAMA TORNA. E CI ISPIRA L’ex fist lady è di nuovo sotto i riflettori grazie a Becoming: la mia storia, il docufilm che ripercorre il tour in 34 città Usa per presentare la sua autobiografia. Per alcuni, un viaggio che prepara un impegno in politica. Per lei, un modo per essere mentore delle generazioni future

inge di addormentarsi dalla noia, Michelle, mentre davanti alla telecamera racconta le serate a guardare le stelle con Barack. Avevano 20 anni e si erano appena fidanzati. «Le disuguaglianze salariali. Il destino della comunità afroamericana. A questo pensava. Che romantico…». È uno dei tanti ricordi che la prima first lady di colore degli Stati Uniti, 56 anni, regala in Becoming: la mia storia, il documentario firmato dalla Higher Ground Production (la casa di produzione dell’ex coppia presidenziale) e finito nel giro di poche ore nella top ten dei più richiesti su Netflix. Il film ripercorre il tour attraverso 34 città

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americane intrapreso a fine 2018 dalla signora Obama per presentare il suo omonimo libro di memorie: dall’infanzia nel popolare quartiere South Side di Chicago alla Princeton University, «dove una ragazza cambiò stanza per il colore della mia pelle», fino all’incontro con il futuro marito e alla scalata alla Casa Bianca. Oltre 10 milioni di copie vendute e stadi stracolmi di fan disposti a pagare fino a 2.700 dollari per un autografo e una foto ricordo. Un’overdose di celebrità che anima anche il doc, complice la presenza di personaggi come Oprah Winfrey e Reese Witherspoon in qualità di intervistatrici. Dopo la nascita delle figlie «ho dovuto rinunciare a sogni e aspirazioni. Non potevo fare tutto». E l’ex presidente? Per lui giusto un cameo, e solo al minuto 36. «Mi sento come Jay-Z che salta fuori durante un concerto di Beyoncé» scherza Barack Obama mentre la raggiunge sul palco con in mano un mazzo di rose. Poi la incalza: «Ci sono un paio di cose che vorrei correggere…». «Non devi. È il mio libro, la mia ver-

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di Cristina Sarto


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sa ho dovuto rinunciare: le mie aspirazioni, i miei sogni. Ho fatto questa concessione non perché lui mi avesse detto “devi lasciare il lavoro” ma perché ho sentito di non farcela a gestire tutto». A salvarli è stata la terapia di coppia: «Ho capito che la mia felicità non dipende dal fatto che lui mi renda felice». Affondi psicologici che si alternano con aneddoti divertenti, da sbirciata attraverso il buco della serratura della dimora più importante al mondo. Lei che, appena insediata al 1600 di Pennsylvania Avenue, a Washington, chiede alla governante di lasciare che siano le ragazze a rifarsi la camera. E le first daughters che invitano le amiche a dormire durante l’ultima notte del mandato di papà. La mattina dopo Michelle dà la sveglia a tutte: «Veloci, che arrivano i Trump!».

In alto, l’ex first lady americana insieme all’attrice e produttrice Reese Witherspoon, tra i “big” che hanno intervistato Michelle Obama durante il tour di conferenze (sempre sold out) nelle città Usa. Sotto, con il marito Barack ai tempi dell’università e oggi con la famiglia.

sione della realtà» lo smonta lei, sorniona. Charme e senso dell’umorismo. Secondo i media Usa, i 2 aspetti di Michelle che colpiscono di più. Ma come l’autobiografia, anche l’opera cinematografica contiene riflessioni intime, come in uno sfogo con le amiche sul divano. Il ricorso alla fecondazione assistita, dopo un aborto «che mi ha lasciato a disagio fisicamente e ha scavato un cratere nel nostro ottimismo». Ma è stata soprattutto la nascita delle figlie, Malia (oggi 21 anni) e Sasha (18), a mettere alla prova il matrimonio: «A qualco-

Da quando Barack non è più presidente «la mia vita è di nuovo mia. C’è un altro capitolo che mi aspetta». Molti hanno notato il tempismo con cui Becoming ha riportato nei salotti americani la donna più ammirata del Paese (secondo un sondaggio Gallup del 2019). A novembre gli elettori dovranno scegliere: riconfermare Donald Trump o puntare sul democratico Joe Biden, amico degli Obama e vicepresidente nei 2 mandati di Barack? Proprio in questi giorni una petizione ha chiesto al candidato democratico di arruolare l’ex first lady al suo fianco. Ipotesi che, però, pare lontana… «Il documentario mostra una Michelle adorata da tutti, ma non sembra gettare le basi per una campagna elettorale. Sembra invece rinforzare la tesi secondo cui la famiglia ha già fatto, e già dato, abbastanza» ha scritto il magazine Vulture. L’ipotesi più accreditata? Quella secondo cui Michelle continuerà a vestire i panni «per niente minimal», come dice la sua stylist, che più le piacciono: quelli dell’influencer politica e della mentore per le nuove generazioni. «Lo farò fino a 90 anni. Sarò la vecchietta a cui si perdona tutto…» scherza lei. Ma anche per il New York Times è un dato di fatto: «Le sue risposte più interessanti vengono fuori quando incontra piccoli gruppi di persone, spesso giovani studenti». È in quelle occasioni che nascono i discorsi motivazionali che mezza America rimpiange ancora. Nel doc ce ne sono in abbondanza. Uno su tutti: «Non puoi aspettarti che il mondo sia giusto per sentirti visibile. Non succederà con un presidente o con un voto. Devi trovare dentro di te gli strumenti per farti sentire» risponde a un’adolescente che le chiede come ha fatto a diventare quella che è. Non bastasse a far crollare il sogno di vederla correre per la Casa Bianca, ci sono momenti in cui la signora Obama lo dice forte e chiaro: da quando Barack non è più presidente, «la mia vita è di nuovo mia. C’è un altro capitolo che mi aspetta». Segno che Michelle sta ancora lavorando su se stessa. E se lo fa lei, possiamo farlo anche noi. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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