Focus Storia 186 - Aprile 2022

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

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22 MARZO 2022 APRILE 2022

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TYCHO BRAHE Il famoso astronomo di corte che metteva in ombra Keplero e che fece una brutta fine

Il primo dei

SUPEREROI

Ogni invincibile del cinema è nato per precise ragioni storiche e sociali. A cominciare dal capostipite: l’italiano Maciste

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L’intrattabile letterato ricattatore e pornografo

PERSONAGGI

Bach: una vita di fughe, zuffe e contrasti


186 Aprile 2022

focusstoria.it

Storia

I

Emanuela Cruciano caporedattrice

6 NOVITÀ & SCOPERTE

RINASCIMENTO 26 Pietro dello scandalo

Vita e opere di Pietro Aretino, volgare e arguto.

NOVECENTO 30 L’Olimpo del design

La Bauhaus, tra arte e industria, negli Anni ’20.

MACISTE: PRECURSORE DEI SUPEREROI

38 Maciste: l’eroe della porta accanto

Ha la forza di Ercole, ma non è un semidio. Difende gli oppressi, ma non ha poteri speciali. Ecco chi si nasconde dietro quell’aspetto rozzo.

44 Voglia di supereroi

Nell’era più tecnologica di tutta la storia dell’umanità, abbiamo ancora bisogno di uomini dotati di superpoteri che salvano il mondo? .

50 Anatomia di un eroe

12 CHI L’HA INVENTATO?

NOVITÁ

58 COMPITO IN CLASSE 62 MICROSTORIA

I supereroi esistevano già migliaia di anni fa. Sono gli eroi della mitologia greca: Ercole, Achille, Ettore, Ulisse, Teseo, Enea. La loro storia e le loro vicende. .

64 CURIOSO PER CASO

66 PITTORACCONTI 98 AGENDA

Le speranze della vittoria nelle lettere dei soldati.

L’astronomo danese Tycho Brahe fu avvelenato?

10 UNA GIORNATA DA...

14 NEL PIATTO

GUERRA MONDIALE 16 LaSECONDA grande illusione

GIALLI DELLA STORIA 22 Banchetto letale

RUBRICHE 4 LA PAGINA DEI LETTORI

In copertina: Pagano nel ruolo di Maciste (1914) e i supereroi dei fumetti Anni ’80.

IN PIÙ...

Ercole strangola il feroce e invulnerabile Leone di Nemea (la prima delle 12 fatiche).

AKG_IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

n un’Europa attonita di fronte a una guerra che mai avrebbe pensato di dover rivivere, ci siamo ritrovati a scrivere di eroi, più o meno invincibili, più o meno umani. A dominare la scena è Maciste, invenzione cinematografica del primo ventennio del secolo scorso. Maciste non è magico e non è bello, ma è fortissimo e buonissimo ed è ovviamente sempre dalla parte giusta (nel film che nel 1914 l’ha lanciato, Cabiria, aiuta i “bravi” Romani contro i “cattivi” Cartaginesi, come esigeva la retorica patriottica dell’epoca). Niente sfaccettature psicologiche, chiaroscuri o ambivalenze degli eroi dell’antichità cui pure si ispirava o dei supereroi che ispirerà. Maciste è lì, sospeso fra passato e futuro, simbolo a tutto tondo della vittoria del Bene sopra il Male. Ecco, un po’ ci fanno sognare questi bicipiti possenti che tutto possono. Quando la democrazia è fragile di fronte all’autoritarismo e la pace un’illusione perduta, quando ci sentiamo impotenti, piace pensare che forse gli eroi esistono davvero.

CI TROVI ANCHE SU:

56 Per saperne di più

Dai miti greci a Maciste, il primo forzuto buono del cinema, fino ai supereroi di oggi. Alcune letture utili per chi vuole approfondire.

COPERTINA: COLLEZIONE MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA, TORINO, MONDADORI PORTFOLIO

ARTE 68 Venere in Laguna

La donna nei quadri di Tiziano, a Venezia nel ’500.

74 IlMISTERI naufragio del Titan

Il romanzo che anticipò la tragedia del Titanic.

PROTAGONISTI 76 Bach stoccate e fughe La vita dell’irascibile compositore tedesco.

ANTICHITÀ 82 Finestra su Roma

Viaggio nella Città eterna attraverso tre monumenti.

RELIGIONE 86 Santo marketing

Origine e diffusione dei santini cristiani.

TERRORISMO 92 Sprofondo rosso

Vent’anni fa le Br uccisero il giuslavorista Marco Biagi.

CRIMINOLOGIA 94 Nella testa dell’assassino La storia e l’evoluzione del criminal profiling.

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SPECIALE

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toria in Podcast, la grande audioteca di Focus con oltre 350 puntate a disposizione, si arricchisce di un nuovo canale. Protagonisti sono i Savoia, una delle più antiche dinastie reali europee. Dopo che l’Italia diventò un regno unificato nel

1861, quattro re di Casa Savoia (Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III e Umberto II) si succedettero sul trono: nei podcast, realizzati in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi, ricostruiamo le vicende della casata sabauda negli 85 anni

COLLEZIONE MUSEO NAZIONALE DEL C

La Mole Antonelliana, prima sede del Museo Nazionale del Cinema di Torino.

il cielo rosso sulla città bombardata e mi si stringeva il cuore al pensiero del mio piccolo Museo prigioniero e in pericolo. Nella primavera del 1946 mi fu finalmente possibile esporre gli oggetti più preziosi in una sala del secondo piano sperando nell’interesse di un sia pur ristretto pubblico. Per trovare i quattrini necessari a sempre nuovi acquisti (l’urgenza della ricostruzione rendeva difficile un aiuto finanziario ufficiale), accettai di riprendere l’insegnamento in una scuola industriale.

che trascorsero fino al 1946, quando con un referendum popolare la monarchia fu sostituita dalla Repubblica. Una puntata è dedicata all’intervista esclusiva a Maria Gabriella di Savoia, la terza figlia dell’ultimo re d’Italia Umberto II e della regina Maria José.

Le mie amiche, dopo le privazioni della guerra, si compravano vestiti, graziosi cappellini; io... pensavo al Museo». Giorgio Riccardi, Milano

Sacrifici etruschi

A proposito dell’articolo “Gli ultimi misteri” su Focus Storia n° 185, vorrei segnalare che a Tarquinia (Vt), nel 2006 l’etruscologa Maria Bonghi Jovino, dell’Università Statale di Milano, ha effettuato l’eccezionale ritrovamento – sul pianoro del colle di Pian di Civita (località Ara della Regina) nell’area sacraistituzionale considerata finora la più antica d’Etruria – dei resti di un uomo di circa 40 anni, forse un marinaio greco identificabile per via delle ossificazioni sotto i piedi tipiche di chi vive sui suoli sdrucciolevoli, certamente sacrificato nel terzo quarto dell’VIII secolo a.C. con un colpo alla nuca. Inoltre nella necropoli di Tolle (zona La Foce) a Chianciano Terme (Si) sono state ritrovate nel 2016 una decina di sepolture con posizioni anomale del defunto che lasciano ipotizzare sacrifici rituali.

Online. Per ascoltare tutte le puntate di Storia in Podcast, basta collegarsi al sito storiainpodcast.focus.it. Gli episodi di Storia in Podcast – disponibili anche sulle principali piattaforme online di podcast – sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

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Fabio Lambertucci, Santa Marinella (Roma)

I NOSTRI ERRORI Focus Storia n° 180, pag. 37, il predecessore di Massimino il Trace fu Settimio Severo, non Alessandro Severo. Focus Storia n° 184, pag. 15, Zenobia visse nel III secolo dopo Cristo, non avanti Cristo.

Focus Storia n° 184, pag. 33, il pittore svedese Malmström si chiamava August, non Gustaf. Focus Storia n° 184, pag. 39 (didascalia), l’evacuazione di Dunkerque non fu nel maggio del 1941, bensì del 1940. 5

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SECONDA GUERRA MONDIALE

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el primo inverno che vide l’Italia impegnata nella Seconda guerra mondiale c’è una piccola-grande storia che è rimasta sepolta nell’oblio, quella della corrispondenza tra gli alunni di terza della scuola elementare di Omegna, in Piemonte, e le truppe italiane al fronte, che abbiamo raccontato nel numero scorso di Focus Storia. Decine di lettere spedite che Jolanda Carmagnola, una delle alunne di quella classe (a destra) e oggi 90enne, ha donato al Museo della guerra di Rovereto.

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Il 10 giugno 1940 l’Italia era entrata in guerra a fianco dei tedeschi. Mussolini era convinto che il conflitto sarebbe durato pochi mesi e, confidando nella superiorità della macchina bellica nazista, dichiarò guerra alla Francia – già quasi sconfitta – e al Regno Unito per sedersi al tavolo delle trattative come vincitore. Nel 1941 nessuno credeva più che la guerra si sarebbe conclusa in tempi brevi ma c’era ancora l’illusione di una vittoria dell’Asse Roma-Berlino. Ecco perché nelle lettere e cartoline inviate ai bimbi di Omegna da Albania, Libia, Grecia e

Fra Libia e Egitto

Fronte africano, 1940: soldati italiani aprono il pacchetto con lettere e vettovaglie. A settembre l’esercito italiano in Libia attraversò incontrasto il confine egiziano, ma fu un’avanzata effimera. La 10ª armata si arrese nel febbraio del 1941.


TESTIMONIANZE dal fronte orientale i soldati indugiano in toni trionfalistici, esprimendo (complice la censura) certezze sulla vittoria dell’Italia e del fascismo.

QUANDO TUTTO PRECIPITA. Ma di lì a poco, dopo alcuni effimeri successi, l’Italia divenne un alleato minore della Germania, dipendente militarmente dal sostegno tedesco. Le ambizioni italiane si infransero contro i clamorosi insuccessi in Grecia e in Libia, e con la perdita definitiva dell’Africa Orientale Italiana. La vana rincorsa ai successi di Hitler aveva fatto

sprofondare il Paese in un conflitto al quale non avrebbe mai dovuto prendere parte. Nel luglio del 1943 Mussolini fu deposto e arrestato per ordine del re (ma fu poi liberato dai tedeschi). E dopo l’armistizio di Cassibile, l’Italia si spezzò: nel Nord sorse la Repubblica sociale italiana, Stato-fantoccio occupato dai tedeschi, mentre il Sud, governato da monarchici e liberali, si schierò con gli Alleati. Nelle pagine seguenti metteremo a confronto quello in cui confidavano i soldati italiani con quello che • davvero successe.

Nelle lettere inviate alle scuole dai soldati italiani, e raccolte da Jolanda Carmagnola, le speranze su una vittoria che non ci sarebbe stata. di Riccardo Michelucci

La grande ILLUSIONE

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FRONTE ALBANESE So che ci volete tanto bene ed è per questo, forse ora più che mai, che siamo certi di vincere. (Tirana, 6 gennaio 1941)

I nostri mezzi

Albania, febbraio 1941: fanti del 63° reggimento conducono i muli in quota. Sotto, gli italiani occupano Corfù nel 1941.

Caro Balillino, vedrai che presto altre vittorie ci arrideranno, perché inglesi e greci cominciano ad avere una paura matta dei nostri caccia e appena scorgono la sagoma di un aereo italiano girano velocemente la coda e se la squagliano! (Tirana, 21 febbraio 1941) ella primavera del 1939 l’Italia invase l’Albania per rispondere all’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’alleato Adolf Hitler. Mussolini, seguendo il consiglio del suo ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano, scelse di attaccare un Paese che era già da anni sotto tutela italiana e disponeva di un esercito di dimensioni assai ridotte. L’Italia contava su 100mila soldati, circa 600 aerei e una cinquantina di navi da guerra, mentre Tirana riuscì a opporre soltanto un esercito di 15mila uomini male equipaggiati e privi di armi pesanti. La conquista italiana dell’Albania avvenne in pochi giorni: il Paese fu annesso al Regno d’Italia tramite un’unione doganale, la fusione dei due eserciti e l’estensione della legge italiana su tutto il territorio albanese. Il governo fascista impose anche una rigida politica di italianizzazione e mise a tacere ogni forma di opposizione locale. Ma per Mussolini doveva rivelarsi un successo effimero. Sorte segnata. Nell’ottobre del 1940 l’Italia lanciò un attacco alla Grecia che sul piano militare si rivelò un enorme fallimento. Solo l’intervento della Germania permise di registrare una vittoria e di allargare l’area sotto il controllo dell’Asse. Agli inizi del 1941 la necessità di soccorrere gli italiani in Albania costrinse peraltro Hitler a rimandare l’attacco all’Unione Sovietica. Erano gli stessi mesi in cui i soldati italiani scrivono agli alunni e alle alunne della scuola elementare di Omegna, non sapendo però che la loro sorte è ormai segnata.

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La propaganda che aveva animato lo spirito dei soldati alla fine non bastò più


FRONTE GRECO Voi che siete innocenti siete più ascoltati da Dio e le vostre preghiere saranno esaudite. Pregate tanto per tutti i soldati d’Italia affinché Iddio ci dia la meritata vittoria. (fronte greco, 7 febbraio 1941) Qui il morale è più che alto e con una vera fede alpina arriveremo certamente alla vittoria attesa dal popolo italiano. (fronte greco, 19 marzo 1941)

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ussolini cercò a tutti i costi una vittoria di prestigio da poter contrapporre ai travolgenti successi tedeschi. Il 18 novembre 1940, arringando la folla dal balcone romano di Palazzo Venezia, gridò: “Spezzeremo le reni alla Grecia in due o dodici mesi poco importa, la guerra è appena cominciata!”. Atene era all’epoca l’unico alleato rimasto al Regno Unito sul continente europeo e alle truppe italiane dislocate in Albania fu ordinato di varcare il confine puntando sulla Macedonia e sull’Epiro. L’attacco alla Grecia fu condotto però con improvvisazione, illudendosi di poter ottenere una rapida vittoria e senza considerare il territorio montuoso che ostacolò l’avanzata, anche a causa dello scarso equipaggiamento fornito alle truppe. L’immediata controffensiva greca costrinse le truppe italiane ad arretrare con gravi perdite, ripiegando di nuovo in Albania. Il confronto proseguì per tutto l’inverno e l’esercito greco – che si avvalse del sostegno di circa 70mila soldati britannici – si rivelò più organizzato del previsto. Annunci a vanvera. Il 23 febbraio 1941 Mussolini fece un nuovo annuncio sulle sorti della campagna di Grecia. “Fra poco verrà il bello”, affermò, sapendo che le truppe tedesche provenienti dalla Bulgaria stavano arrivando a dare aiuto ai soldati italiani. Ma nemmeno quello bastò per evitare la gigantesca disfatta che era nell’aria da mesi. Le lettere inviate dal fronte greco ai bimbi di Omegna contengono infatti toni meno trionfalistici rispetto a quelli dei soldati in Albania. La campagna italiana di Grecia si concluse il 23 aprile 1941 per decisione dei vertici militari. Secondo i dati ufficiali del ministero della Difesa, le perdite italiane furono enormi: 13.755 morti, 25mila dispersi (in gran parte caduti sul campo) e quasi 51mila feriti.


FRONTE ORIENTALE Il mio reggimento è stato impegnato in aspri e duri combattimenti, conclusi sempre con risultati brillantissimi, che hanno destato l’ammirazione degli alleati tedeschi i quali ci chiamano “i leoni del Pasubio”. (Gorlovka, 5 dicembre 1941, soldato di fanteria Bruno Govoni) Siamo sicuri che saprete apprezzare la nostra grande e immancabile vittoria. (fronte orientale, 8 febbraio 1942) l 22 giugno 1941 Hitler lanciò l’Operazione Barbarossa: oltre tre milioni di soldati tedeschi invasero l’Unione Sovietica con automezzi, aerei e divisioni corazzate. A questi si affiancarono fin da subito circa 700mila soldati dei Paesi alleati dell’Asse. Dopo i primi clamorosi successi tedeschi, Mussolini volle a tutti i costi offrire aiuto a Hitler anche sul fronte orientale, per partecipare a quella che immaginava sarebbe stata una vittoria rapida e schiacciante. Alla fine di luglio fu dunque inviato il Corpo di spedizione italiano in Russia – composto da circa 62mila uomini agli ordini del generale Giovanni Messe – ma la sua presenza non modificò i rapporti di forza della campagna di Russia. Le divisioni italiane vennero impiegate nella regione dei fiumi Dnepr e Donec per eliminare le sacche di resistenza che le forze corazzate tedesche si lasciavano alle spalle e in seguito furono schierate al fronte con compiti di difesa statica, riuscendo a respingere alcuni attacchi della fanteria russa. Nel 1942 il contingente italiano fu rafforzato, arrivando a circa 230mila uomini, e fu trasformato nell’8a armata, conosciuta come Armir (Armata italiana in Russia), che operò sul fronte orientale in appoggio alle forze della Wehrmacht impegnate nella battaglia di Stalingrado. Ma quando nel dicembre di quello stesso anno i sovietici lanciarono l’offensiva denominata Piccolo Saturno, le linee italiane furono travolte e in gran parte annientate. Nei campi sovietici. Quasi del tutto prive di mezzi di trasporto, le divisioni di fanteria dell’Armir furono infine costrette alla ritirata. Il costo umano della campagna di Russia fu altissimo per l’Italia: circa 75mila soldati italiani furono uccisi in combattimento. La sorte di decine di migliaia di altri uomini rimase a lungo un mistero finché, dopo la caduta dell’Urss, l’apertura degli archivi sovietici rivelò che molti di essi erano morti di stenti nei campi di prigionia russi.

Nella steppa

Sopra, la ritirata dell’Armir nella foto di un reduce: gli alpini della 2ª divisione “Tridentina” trascinano una capra nella steppa.

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FRONTE LIBICO Terra d’Africa

BRIDGEMAN IMAGES

Sotto, nella Libia del 1943 soldati italiani prigionieri delle truppe britanniche subiscono un’ispezione.

Sono contento che la tua maestra vi parli dei combattenti e del loro valore che assicureranno alla Patria diletta la sicura vittoria delle nostre gloriose armi. (Tobruk, 29 aprile 1941)

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Africa del Nord fu il principale scenario dell’intervento italiano nella Seconda guerra mondiale. Ma anche qui emersero fin da subito le lacune logistiche e militari che avrebbero provocato il tramonto delle aspettative di gloria dell’Italia fascista. Fino al 1940 l’area era spartita tra i francesi (presenti in Tunisia e in Algeria), gli italiani nelle regioni della Tripolitania e Cirenaica (l’attuale Libia) e gli inglesi insediati in Egitto. Nel settembre del 1940 le truppe del Regio esercito comandate dal maresciallo Rodolfo Graziani avanzarono attraverso il territorio egiziano, ma vennero sbaragliate in poco tempo dalla controffensiva britannica. Alla fine di gennaio del 1941 i soldati italiani abbandonarono l’intera Cirenaica nelle mani degli inglesi e Mussolini fu costretto a chiedere aiuto a Hitler, che inviò in Nordafrica il famoso Afrikakorps guidato dal

generale Erwin Rommel. L’intervento tedesco fermò temporaneamente l’avanzata alleata e consentì alle forze dell’Asse di riconquistare gran parte dei territori persi in precedenza, alimentando nuove speranze tra i nostri soldati. È anche per questo che il 16 gennaio 1942 l’aviere Luigi Cangelosi scrive enfaticamente “Vinceremo” sul frontespizio di una cartolina postale inviata alla scuola elementare di Omegna. L’inizio della fine. Ma nei mesi successivi, a causa della mancanza di rifornimenti adeguati e della schiacciante superiorità numerica degli Alleati, la situazione per le forze dell’Asse precipiterà. Dopo la conquista di Tripoli da parte dell’8a armata inglese, nel maggio 1943 le residue forze italo-tedesche si arresero mettendo fine alla Guerra d’Africa. In quasi tre anni di combattimenti entrambe le parti subirono pesanti perdite. L’Italia contò oltre 13.700 morti e quasi 9mila dispersi, ma la disfatta non ebbe soltanto conseguenze militari. Il 24 luglio il Gran consiglio del fascismo votò la famosa “mozione Grandi”, un ordine del giorno che sfiduciava Mussolini e che segnava l’inizio della fine per il regime fascista.

Per le nostre truppe male equipaggiate e stanche il risveglio fu duro

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Il naufragio del

OCCHIELLO MISTERI

Proprio come il Titanic, il Titan si inabissò in una notte

PROFEZIA? La cosa più incredibile, però, è che Futility non è una rielaborazione letteraria della tragedia del Titanic. Il libro fu pubblicato infatti nel 1898, ben 14 anni prima del naufragio del famoso transatlantico. E per 74

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È

una fredda notte di primavera senza luna, quando la chiglia di una grande nave passeggeri solca le acque dell’Atlantico. Naviga così velocemente, in sprezzo di ogni cautela, che sta per battere ogni record di traversata. Tecnologicamente è all’avanguardia, tanto che i costruttori la ritengono inaffondabile. All’improvviso la sagoma di un grosso iceberg emerge dall’oscurità. Troppo tardi per correggere la rotta: l’impatto è inevitabile. Dopo l’impatto, i passeggeri tentano di mettersi in salvo, ma quasi tutti annegano nelle fredde acque dell’oceano. La nave non si chiama Titanic, come questa descrizione potrebbe far pensare, ma Titan. E il racconto è il sunto del momento più drammatico di un romanzo, Futility, dello scrittore americano Morgan Robertson, che narra il naufragio di una grande nave passeggeri. Le somiglianze tra realtà e fiction non finiscono qui. Il Titan è nell’immaginazione dello scrittore una delle navi più grandi e veloci dell’epoca e affonda a largo di Terranova, esattamente come accadrà al Titanic nel 1912. Inoltre, l’incidente provoca un altissimo numero di vittime, soprattutto a causa del fatto che, come nel dramma reale, le scialuppe erano insufficienti per il numero di passeggeri a bordo. Persino il mese in cui avviene il naufragio è lo stesso: aprile.

questa ragione la sua vicenda ancora oggi continua a suscitare curiosità e interrogativi tra gli appassionati di misteri. Come spiegare questa serie di precise coincidenze? Robertson era forse un profeta o un veggente? Di sicuro avere anticipato il destino del Titanic non gli cambiò la vita. Lo scrittore non ebbe molta fortuna, i suoi libri non ebbero il successo sperato e di soldi ne vide sempre pochi. Presto si attaccò alla bottiglia di whisky, proprio come il marinaio protagonista del suo romanzo. Il 24 marzo 1915 fu trovato morto su una poltrona rivolta verso il mare, in una misera pensione di Atlantic City, stroncato da un infarto a 53 anni.

ESPERTO DI NAVI. Ma torniamo alle similitudini tra il Titan e il Titanic: come spiegarle dunque? Robertson era figlio di un capitano di marina e lui stesso era stato imbarcato per dieci anni su navi mercantili, motivo per cui conosceva molto bene il trasporto marittimo, che ai suoi tempi era importante quanto oggi quello aereo. Negli anni Novanta dell’Ottocento le grandi navi passeggeri erano infatti l’unico modo per attraversare gli oceani, e dato che il traffico di persone e merci sull’Atlantico cresceva, la sfida delle grandi compagnie navali era armare imbarcazioni sempre più grandi e veloci.

Si salvi chi può

Il naufragio del Titanic (15 aprile 1912). Nel tondo, Morgan Robertson autore di Futility.


TITAN

di Massimiliano Griner

senza luna. Ma in un romanzo pubblicato anni prima. Nel 1892, sei anni prima che Robertson scrivesse Futility, il New York Times aveva pubblicato la notizia che la White Star, la compagnia di navigazione che avrebbe poi varato il Titanic, aveva incaricato gli arsenali di Belfast (Irlanda del Nord) di costruire una nave in grado di battere ogni record: doveva essere lunga 700 piedi (213 metri) e raggiungere i 27 nodi di velocità. Obiettivo raggiunto: il Titanic, varato nel 1911, era leggermente più lungo (quasi 270 metri) e capace di viaggiare a una velocità massima di 24 nodi. E soprattutto, secondo i costruttori, sarebbe stata inaffondabile. Questa notizia potrebbe aver fornito una prima ispirazione a Robertson.

MESSAGGIO. Lo scrittore, grazie alle sue esperienze in mare, era inoltre consapevole (più di molti suoi contemporanei) del fatto che nessuna nave era inaffondabile. I compartimenti stagni, governati da paratie mosse da meccanismi elettrici, davano al Titanic notevoli margini di sicurezza, ma certo non assoluti. Quanto all’ipotesi che un transatlantico potesse naufragare entrando in collisione con un iceberg, non era certo una fantasia letteraria. Sul finire dell’Ottocento la collisione con i blocchi di ghiaccio era l’evento più temuto sulla rotta del Nord Atlantico (quella che seguì il Titanic). Secondo i dati ufficiali della Marina Militare degli Stati Uniti, che almeno in parte dovevano essere accessibili anche a Robertson, tra il 1686 e il 1912 in questa vasta porzione di oceano si erano registrati oltre 500 scontri tra natanti e ghiacci alla deriva (piccoli blocchi o iceberg grandi come palazzi). Nella maggior parte dei casi non c’erano stati né danni né feriti. In altri casi però gli impatti erano stati disastrosi. È possibile che lo scrittore abbia ricavato il soggetto del suo romanzo da questi episodi. E forse la sua storia sul Titan più che una premonizione voleva essere un monito. Oggi sappiamo che se il

Titanic avesse tenuto una velocità di crociera inferiore, sarebbe arrivato in America un paio di giorni dopo, ma avrebbe evitato l’impatto. Il romanzo sembra dunque suggerire che ostentare troppa sicurezza – in mare come nelle tempeste della vita – non è mai saggio. Forse è questo il “messaggio nella bottiglia” che Robertson voleva far giungere ai lettori del suo tempo e ai • posteri.

La “profezia” su Pearl Harbor

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rima di morire, Robertson fece in tempo a fare un’altra previsione degna di nota. In un racconto del 1914 Beyond the Spectrum (Oltre lo spettro), l’autore narra di una guerra tra Stati Uniti e Giappone. Non solo. Robertson “predice”, o meglio immagina, che il conflitto inizi con un attacco a sorpresa. Anche in questo caso la sua fantasia anticipò quello che sarebbe avvenuto molti anni dopo, nel 1941, quando i giapponesi attaccarono la base americana di Pearl Harbor, nelle Hawaii, senza dichiarare guerra (nel racconto però è attaccata una spedizione navale, non una base). Coincidenze? Il racconto appare piuttosto singolare, se si pensa che durante il primo conflitto mondiale gli Stati Uniti e il Giappone erano dalla stessa parte. Come riuscì, Robertson, a immaginare quel futuro bellicoso? Ovviamente non aveva una sfera di cristallo, ma era un attento osservatore del mondo. È vero che i due Paesi sarebbero entrati in guerra soltanto 27 anni dopo il 1914, ma bisogna anche dire che i loro rapporti non erano certo idilliaci. I giapponesi, in costante ascesa nel Pacifico e guidati da una politica di espansione, volevano dominare la Cina. Un’ambizione che per gli americani era un’inaccettabile intromissione nei loro interessi. Dato che nessuno sembrava disposto a recedere, la guerra era un’opzione più probabile di quanto non appaia oggi, a oltre un secolo di distanza.


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