Bloodywood
un racconto di Halloween per Sognando Le g gendo scritto da Monica Ser ra
Bloodywood: soltanto il nome basterebbe per restare ad ascoltarlo.
Non v’è compenso adeguato per le storie narrate dal suo becco aguzzo. Lo si può catturare con facilità, perché egli permette che ciò accada. Ma difficilmente poi si lascerà liberare.
Bloody é fonte inesauribile di diletto. Abile narratore, fa delle parole un utilizzo improprio e ridondante. E quante ne conosce, di nuove e mai ascoltate…
Ci si accorge tardi del fatto che egli costituisce un problema, che mantenerlo in vita prevede un prezzo troppo alto da pagare. A quel punto, la mano è già tesa in cambio di una fiaba.
E mentre egli con un becco narra, con l’altro si disseta.
La Bambina abita ai confini del bosco. Ha la pelle di luna, capelli come ali di corvo e occhi grandi e profondi. La sua bocca piccola e rossa pare una ciliegia. Indossa una camicina bianca, sia nel cuore dell’inverno, quando i fiocchi di neve cadono dal cielo leggeri come piume, sia in piena estate, quando il sole caldo bacia il mondo e l’unica musica del bosco è un concerto di cicale. Non ha un nome. Tutti la chiamano semplicemente così, “la Bambina”. Ama le favole, la Bambina, perché in esse può vivere mille vite; però non c’è nessuno che gliele racconti. Resta per ore fuori dalla sua casetta, seduta a fissare il bosco e a narrarsi da sola le storie che
gli altri non le dicono, anche quando le tenebre avvolgono la foresta. Non ha paura del buio: è la solitudine che la rende triste. Finché una notte accade qualcosa di straordinario. È la notte di Halloween, quella in cui gli spiriti del bosco danzano tra le antiche querce per accogliere l’inverno che è alle porte. La Bambina ha appena terminato di raccontarsi una favola. La luna è alta e tonda, appesa al centro di un cielo senza stelle, e un corposo silenzio pesa sulle cime degli alberi. Si ode un frullar d’ali e una voce melodiosa riempie l’aria frizzante. «Ho mille storie da narrare, se il compenso puoi pagare». La Bambina scruta attraverso il buio, ma non c’è nient’altro che un disco lattescente sopra la sua testa a popolare quella notte misteriosa. «Chi sei?» chiede, rapita dal suono magnetico della voce. «Bloodywood». Un nome spettacolare, ridondante e al tempo stesso ipnotico. Ancora un frullo d’ali invisibili. «Mostrati!» Ecco allora che, al chiaro di luna, plana con grazia e si posa davanti a lei un picchio dalle piume che riflettono sfumature di ogni colore. Strano fenomeno, dato che a ben guardare l’uccello è nero come la notte stessa. Altra stranezza: ha due becchi, affilati come lame. «Voglio una storia» dice la Bambina, senza provare alcuna paura, e tende verso di lui la manina, offrendogli delle briciole. «Sei certa di poter pagare il prezzo?» chiede Bloody con un becco, mentre con l’altro afferra il cibo. La Bambina nota una corona sulla testolina lucida e scura. Un re! Di certo le sue storie saranno degne di essere ascoltate, qualunque sia il prezzo che lui esige. Senza attendere risposta, il picchio si alza in volo in direzione del bosco. La Bambina gli corre dietro e lascia il sentiero per addentrarsi nella foresta. Qui ogni suono tace. Sui rami non si muove foglia: il silenzio è tale che può udire il suono del proprio respiro. Va oltre, seguendo la danza del picchio attraverso gli alberi. Le ali nere mandano ancora riflessi multicolore e la coroncina brilla ai raggi pallidi della luna. Di tanto in tanto, Bloody si posa su un ramo. Lo becca e con l’altro rostro narra una storia. È una fonte inesauribile: conosce mille favole e parla con parole nuove, mai udite o pronunciate.
La Bambina non può fare a meno di ascoltarlo e desidera averlo tutto per sé, per sempre. Lo insegue e quando crede che ormai sia arrivato, lui frulla le ali e vola via di nuovo, verso un altro ramo. Man mano che avanzano nel cuore del bosco, Bloody sembra aver perso i suoi riflessi. È come se i colori si fossero disciolti in quel volo attraverso la notte: ora il picchio è più nero delle nere ombre della foresta. Sotto l’antica quercia, il picchio si fa catturare. La Bambina lo tiene stretto, come un tesoro prezioso. Attraversa la notte fatta di spiriti e sospiri e torna al sicuro tra le mura della sua casa. Qui, con la massima delicatezza, rinchiude Bloody in un’elegante gabbietta di ferro. «Dammi una storia» gli ordina. Lui la guarda con occhi come punte di spillo. «C’è un prezzo da pagare» dice, con la sua voce bizzarra e ammaliante, mentre le piume lucide si tingono di un’inquietante sfumatura rossastra. È tardi quando la Bambina si accorge che il prezzo richiesto è troppo alto. La sua manina è già tesa in cambio di una fiaba. Bloody lancia uno strillo acuto e affonda il rostro affilato nella carne morbida. E mentre con un becco narra, con l’altro si disseta.
Monica Ser ra . Scrittrice e lettrice appassionata di ogni tipo di letteratura, con una predilezione per il genere fantasy, nata sotto il segno dell'Acquario, "umana" di un gatto prepotente, fiera di appartenere a questo mitico staff di "sognatrici-lettrici", narratrice di terre lontane e fantastiche, cacciatrice di sogni, il mio motto è una frase del grandissimo GRRM: "A reader lives a thousand lives before he dies (...). The man who never reads lives only one." Good read!
Racconto ispirato ai dipinti Bloody Woodpecker e La gabbietta di notte di Giuseppe Fontana. Tutti i diritti sono dell’autore; il racconto è stato scritto per questo sito (SognandoLeggendo.net), non a scopo di lucro, ed è concesso per la pubblicazione gratuita on line.