Garry Hop: L’eredità dello sciamano

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Testo: © 2021 Moony Witcher Pubblicato in accordo con Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency Illustrazione di copertina: Luigi Aimè Progetto grafico: Adria Villa Editing: Veronica Pellegrini Redazione e impaginazione: Studio Di Vita www.giunti.it © 2021 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 – 50139 Firenze – Italia Via G. B. Pirelli 30 – 20124 Milano – Italia Prima edizione: settembre 2021

Stampato presso ELCOGRAF – Stabilimento di Cles

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«L’amore è la vera e unica prova che esistiamo. L’amore è ciò che resta» Bandeo Gropiùs


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a polvere ha una vita nascosta. Ogni minuscolo e impalpabile granello è parte dell’infinito universo. La polvere è l’ultima trasformazione di ogni cosa esistente. Anche del corpo di un uomo saggio e buono. Ma io non lo capii subito. E ora che quella polvere l’ho tenuta tra le mani, so di aver toccato l’eternità». Le parole escono lente e il fiato si perde nella luce dell’aurora, tra i cristalli volanti del Bosco delle Scintille. Gli occhi pieni di lacrime annebbiano la vista ma il ricordo è nitido più del cielo di Hunnia. Garry Hop, seduto ai piedi di un grande albero, parla al vento che disperde una manciata di polvere grigia. Polvere che se ne va tra i profumi dell’isola magica. La mente non si frena, Garry torna con il pensiero al 16 settembre. Data che ha segnato la fine di un periodo davvero incredibile e l’inizio di un futuro ancora tutto da vivere. Sono trascorsi molti giorni dall’accaduto. Ma sembrano essere passati anni, e nulla potrà mai cancellare ogni secondo vissuto con quel dolore che gli trafigge il cuore.

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«Polvere. Solo povere eterna» ripete stringendo al petto un sacchetto di tela rossa, oramai vuoto. E le immagini di quel giorno infausto riappaiono chiare, facendogli rivivere tutto quello che ha dovuto scoprire e affrontare con coraggio. Non fu affatto facile dover dire addio a colui che gli aveva insegnato l’importanza della natura alchemica di Hunnia. La morte arrivò dopo una grande festa. In una notte stellata dove il rullo dei tamburi dei giganti di Smegalia si fermò di colpo, così come terminarono i canti e le danze dei Governanti e dei Ministeriati, giunti sull’isola per quello che doveva essere un gioioso evento. Una cerimonia spezzata dal dramma imprevisto. Sì, accadde proprio nella notte delle nozze, quando tutti erano felici per l’unione di due creature innamorate. Il giovane Hop ricorda perfettamente che nel trambusto dei festeggiamenti vide lo sciamano accasciarsi a terra. E adesso, mentre la polvere grigia fluttua tra i cristalli del Bosco delle Scintille, gli sembra di udire ancora la sua voce che lo chiama. È solo un ricordo ma tutto ciò che accadde ritorna a scorrere nella sua mente.

«Garry! Garry! Vieni qui accanto a me». Lo sciamano tese la mano tremante. Il suo cuore era stanco e il respiro sottile faceva vibrare appena le labbra screpolate. Gli occhi di Bandeo Gropiùs mostravano una sofferenza che non poteva fermare. Il luccicare delle pupille apparve nella penombra di un angolo della grande cucina, illuminata solo da una decina di candele profumate. Il giovane fermò di colpo il passo veloce, trattenne con fermezza la cesta colma di petali verdi di Camedrio, appoggiandola al petto, si girò verso l’angolo semibuio e guardò la nera figura rannicchiata su una vecchia poltrona. Infastidito, fece una smorfia di disappunto. Non era proprio il momento di fermarsi, quello! Aveva potuto sentire la voce del vecchio grazie all’interruzione momentanea del frastuono proveniente dall’esterno. Era insolitamente debole e capì che qualcosa non andava. «Che fai nascosto là in fondo? Perché non sei ancora pronto? È il 16 settembre! C’è molto da fare e tra poco…» disse accomodandosi sullo sgabello sbilenco, proprio di fronte al vecchio. Bandeo tirò un sospiro: «So che ci sono i preparativi per le nozze e che tutti sono indaffarati. Sicuramente i Ministeriati di Karan attendono con gioia di vedere gli sposi. Ma devo parlarti subito. È importante!». «Subito? Non puoi rimandare?» gli chiese. «Lo hai appena detto: Verroti e Fiderbi son qui ufficialmente rappresentati. I Ministeriati, Marida Von Krullen

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e Froder Busk, con i Governanti di Bessia, Ciclinia Derois e Willon Jovinkov, stanno aspettando anche te. Desiderano salutarti» aggiunse. E lo invitò a sbrigarsi. «Ho detto che devo parlarti!» ribatté Gropiùs con durezza. «Si tratta forse dell’Uncinata? Sai bene anche tu che ha acconsentito alle nozze. Nessuno l’ha forzata. Vivrà a Smegalia, nella caverna d’oro con Vespertilio. È quello che vuole! Non credi sia così?» domandò il giovane, attendendo un semplice sì. Gropiùs impugnò il bastone magico e premette la punta sul pavimento come a volerlo trafiggere: «Sì… sì… sarà felice. Unirò in matrimonio la più bella delle mie aquile con il grande pipistrello sputafuoco. Ma non è di loro che mi preoccupo». Spalancò gli occhi stanchi, sperando che Garry lo ascoltasse con attenzione. «Allora che c’è? Hunnia è tornata bellissima, del Venenum Rubrum non c’è più traccia. Cosa mai ti preoccupa?» Il giovane proprio non capiva lo stato malinconico dello sciamano. Inoltre la scarsa illuminazione non gli permise di vedere per bene il suo volto sofferente. «Certo, il Venenum Rubrum sparso da Kornelius Gunterof ha portato disperazione. Un veleno che poteva distruggere tutta Hunnia. Dobbiamo essere per sempre grati ai giganti che ci hanno dato l’Essentia Lucis. L’isola è salva solo grazie a quell’acqua magica. Però non è di questo che voglio discutere.

È del passato che ti devo parlare. Del mio lontano passato» farfugliò Bandeo, facendo dondolare la lunga barba bianca. «Del tuo passato? Che dici? Proprio adesso ne vuoi parlare? Ma non li senti i canti dei giganti che fanno vibrare persino i Melori? Sono arrivati da Smegalia prima del tramonto» spiegò il ragazzo alzando il tono. «Hanno navigato sulle loro enormi zattere, vero?» La domanda fu accolta da Garry con un certo fastidio. «Ovvio! Lo sai meglio di me che usano i grossi tronchi dei Bababi per costruire le zattere! Altrimenti come farebbero ad affrontare il mare a bordo di una normalissima barca, grandi come sono! E stanno già festeggiando. Mangiano, bevono e ballano con i gorilla. Agàlipo, sua moglie Safia e il figlio Diodemo hanno chiesto più volte di te!» precisò con insofferenza. «Agàlipo, Safia e il loro piccolo gigante Diodemo... Sono contento che siano venuti. Saranno euforici per il loro sacro pipistrello e lo comprendo» lo sciamano però non smise di insistere. Voleva assolutamente che Garry rimanesse accanto a lui, che lo ascoltasse e capisse l’importanza di ciò che doveva confessargli. «E i Tympana? Li senti i rulli dei tamburi? Tra poco scoccherà la mezzanotte e Vespertilio arriverà. È la notte delle nozze! Non si poteva organizzare la cerimonia in pieno giorno. Il pipistrello non sopporta il sole! È questo che non ti va giù?» Garry si dilungò

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con la speranza che Bandeo si decidesse ad alzarsi da quella poltrona. «Quando il sole sorgerà, io…» ma non ce la fece a terminare la frase. «Tu cosa?» Garry si allertò per quelle parole sibilline. Gropiùs tossì un paio di volte e poi parlò con una voce sempre più debole: «Non sarai pronto. Nessuno lo sarà». «Insomma, cos’è che ti angoscia? Devi essere pronto per celebrare le nozze! Che c’entra ora il sorgere del sole? E poi c’è mia madre che sta impazzendo per finire l’orlo del velo dell’Uncinata!» disse secco. Poi si alzò dallo sgabello, pronto ad andarsene. La reazione del vecchio fu quasi rabbiosa. «Siediti!» esclamò picchiando il bastone sul pavimento. «Devo parlarti, adesso! Sì, proprio adesso!». A Garry cadde la cesta che teneva stretta al petto e i petali verdi si sparsero sul pavimento proprio mentre stava passando un gruppo di Occhioline Lente. Le talpe di Hunnia si stavano dirigendo verso l’uscio della capanna trascinando enormi brocche colme di bevande frizzanti. «Dove hai messo lo zaino?» chiese il vecchio. La domanda improvvisa prese alla sprovvista il giovane Hop: «L’ho lasciato nella camera di sopra. Perché lo chiedi? Di certo non devo usare la Tabula Eloquens durante la cerimonia!». Bandeo si alterò immediatamente: «Non devi mai, mai, liberarti dello zaino! Sei uno scellerato ragazzino che non conosce il valore di ciò che possiede».

La durezza di Gropiùs lo colpì più di un pugno allo stomaco. E non sopportò di essere redarguito in quel modo. «Sì... sì… questo matrimonio non ti fa bene. Sei acido e te la prendi con me. Non me lo merito!» sbottò indietreggiando. In quel momento, l’ingresso impetuoso di Odelia interruppe la discussione tra i due. La madre di Garry attraversò la cucina gridando il nome dello sciamano. In mano teneva un tronchetto di legno bianco sul quale era attorcigliato quel che rimaneva del prezioso filo dorato che aveva usato per l’orlo del velo della sposa. «Bandeo! Dove sei? L’Uncinata chiede di te. È urgente!» disse ad alta voce mentre i tamburi dei giganti scuotevano l’aria fresca della notte. «No, Garry, non farla venire qui» sussurrò lo sciamano, tentando di acciuffare il lembo di una manica del ragazzo. Troppo tardi! Garry si divincolò velocemente raggiungendo sua madre: «È seduto là nell’angolo. Non so davvero cosa abbia. Forse il matrimonio lo rende confuso. Straparla, è insopportabile!». E così dicendo raccolse i petali da terra rimettendoli nella cesta, diede un’occhiata d’intesa a sua madre e uscì in fretta dalla capanna. Odelia afferrò un candelabro per fare luce e si chinò verso lo sciamano che rimase seduto e a testa bassa: «Non stai bene?».

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Le fiammelle delle candele illuminarono il volto del vecchio. La pelle rugosa aveva un colorito grigiastro e gli occhi apparvero arrossati. «Sì, sì, sto bene. Adesso mi alzo e raggiungo l’aquila inquieta» rispose impugnando il suo bastone. «Sei malato! Cosa ti senti?» lo incalzò lei allarmata. «Nulla… nulla. Solo un po’ di stanchezza». La risposta di Gropiùs fu palesemente falsa. «Sono la Guaritrice che tu stesso hai formato. Non puoi ingannarmi! Ti preparo subito una pozione energetica» concluse decisa la mamma di Garry. «Non potrà guarirmi. Sono solo vecchio». Bandeo si alzò dalla poltrona aiutandosi con il bastone. Traballò ma riuscì a rimettersi in piedi. E nel farlo gli cadde la piccola e antica conchiglia viola che aveva in tasca. Odelia, tenendo alto il candelabro con una mano, si abbassò per raccoglierla: «Ancora! Stamattina ci hai soffiato dentro per ore e ore stando sul bordo della scogliera. E nessun suono è uscito dalla conchiglia. Pensavi che nessuno ti vedesse? Io ero lì, poco distante, ma non ho voluto disturbarti mentre facevi quel gioco assai strano. Hai sprecato molto fiato e per questo ora non hai più forze!». «Ridammela subito!» ordinò secco. La donna sbuffò e gliela porse: «Non capisco perché mai sei così geloso di una conchiglia sbeccata». Lui fece una smorfia di disappunto: «Hai appreso tanti segreti alchemici. Ma non bastano per capire tutto».

Odelia gli allungò una carezza sulla testa e non badò alle sue osservazioni: «Se non ti senti bene come fai a celebrare le nozze? Il discorso lo hai preparato? E il dono?». Sommerso dalle troppe domande della sua allieva, scosse la testa: «Cara Odelia Wilson, dopo tanti anni non conosci ancora il mio carattere. Non preparo discorsi, io. So benissimo cosa dire. E il dono ce l’ho in tasca». La donna osservò la tunica nera che lo sciamano indossava, vide un rigonfiamento in una delle due tasche e sbottò: «La conchiglia?». «Smettila! Vuoi sapere troppo» le rispose sempre più insofferente. «Se non è la conchiglia deve essere un regalo molto piccolo per poterlo tenere lì». «La tua curiosità sarà presto appagata» replicò il vecchio lamentandosi per i dolori che pervadevano il suo corpo oramai decrepito. Lei rimise il candelabro sul grande tavolo della cucina, con delicatezza prese una caraffa colma di Acqua Anicata e ne versò un bel po’ in un calice d’argento: «Bevi. Ti farà bene. Ne hai proprio bisogno». «Sì, rigenera. Nel Fiume Sinuoso di Hunnia l’acqua è la più buona e salutare che esista. Ma non è di questo che ho bisogno, anche se gradisco» spiegò Bandeo, e in un paio di sorsi bevve l’intero calice. Poi chiuse gli occhi tenendoli premuti per qualche secondo. “Non adesso. Non posso cedere proprio oggi” pensò, sperando che la bevanda facesse subito

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effetto. Con difficoltà raddrizzò la schiena e assieme a Odelia varcò l’uscio della capanna. Migliaia di bolle di rame prodotte dai Fluanti galleggiavano nell’aria. I pochi pesci di Hunnia, rimasti miracolosamente vivi dopo l’avvelenamento con il Venenum Rubrum, non avevano smesso di creare le bolle luminose, e volevano dare il loro contributo alla grande festa. E non fu facile per gli orsi trasportarle dal Lago della Stella tenendole sospese. Però l’effetto raggiunto fu stupendo: illuminavano gli alberi e tutti gli ospiti erano avvolti da aloni di luce brillante. A completare lo scenario della cerimonia c’era lo spettacolo della natura: le stelle e la luna scintillavano d’argento. Tutto sembrava perfetto. Appena Gropiùs avanzò con il suo bastone, e sostenuto da Odelia, partì un fragoroso applauso. Mani Grandi e Denti Bianchi erano euforici, così come i giganti e tutti gli animali di Hunnia. I Ministeriati, Marida Von Krullen e Froder Busk, assieme ai Governanti, Ciclinia Derois e Willon Jovinkof, chinarono la testa in segno di rispetto mentre una decina di Materne Canterine continuarono a giocare con i cuccioli di orsi e di gorilla. Più in là, accanto a un grande braciere, Diodemo aveva imparato a suonare le Spinosette Sonore. L’azzurro gigante bambino, figlio di Agàlipo e Safia, era divertito e sfregava continuamente le foglie mutanti che al solo tocco emettevano brevi note musicali. Accanto ai banchetti imbanditi di leccornie, i giovani giganti

dalla pelle blu scherzavano con un paio di talpe in attesa dell’arrivo di Vespertilio Ignis. Tra fiori e boccioli, Alina e Rosalet stavano sistemando le ultime ghirlande e chiacchieravano con Sespiro Dilun. L’amico della famiglia Hop era ansioso di vedere la sposa e si agitava sulla sua sedia a rotelle: «Mai avrei immaginato di assistere a un matrimonio del genere!». Alina Obradet era davvero felice, dopo tante sofferenze e paure poteva godere di un evento veramente straordinario. La ragazzina di Bessia non perdeva d’occhio Garry, il sentimento che li univa era forte e vero. Si era messa accanto ad Albin: l’ippolante dal manto bianco, alto tre metri, aveva uno sguardo fiero. Non era stato per nulla facile farlo salire sul veliero dei Ministeriati di Karan e portarlo fin sopra la cima di roccia. Hunnia era un’isola davvero inconsueta per la sua forma che la faceva somigliare a un grande fungo, e raggiungere boschi e foreste alchemiche era per tutti un’impresa. L’Ascensus, la grande cassa di legno nero attaccata con quattro corde che scorrevano tra le rocce, aveva ben sostenuto il peso del cavallo fino a giungere in vetta, proprio sul bordo della scogliera che toccava il cielo. I gorilla avevano usato tutta la loro potenza per tirare le corde affinché l’ippolante di Garry arrivasse lassù sano e salvo. Alina si era divertita nel vederlo piuttosto irrequieto per il trambusto ma ora, in mezzo alla folla festeggiante, ruminava l’erba magica della quale era particolarmente goloso.

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Quando il giovane Hop gli passò davanti, Albin abbassò la testa ed emise un nitrito d’affetto. Garry fu felice di avere il suo cavallo alla cerimonia e continuò a spargere i petali lungo il sentiero che portava verso il Summisalis, una originale struttura in legno bianco costruita in pochi giorni dai gorilla, proprio per le nozze. Era altissima con il tetto a punta e ai suoi lati scendevano tendaggi dorati. Decine di candelabri illuminavano il centro del Summisalis e due enormi cuscini erano pronti per accogliere gli sposi. Tutto intorno spiccavano i doni: molti oggetti in oro purissimo, forgiati dai giganti, erano affiancati da splendide composizioni floreali, realizzate dagli animali di Hunnia. Non mancavano ceste colme di dolci More Calanti che i due innamorati avrebbero gustato una volta raggiunta Smegalia, nella caverna dell’Essentia Lucis. Garry posò gli ultimi petali sulla soglia del Summisalis, controllò che tutto fosse a posto e, guardando il gruppo di Mani Grandi, fece un segno di approvazione. In effetti, il lavoro dei gorilla era perfetto, con impegno si erano prestati a costruire in tutta fretta quella costruzione così imponente. Appena il giovane vide arrivare Bandeo con sua madre, si tranquillizzò. Finalmente lo sciamano si era deciso a muoversi. «Il pipistrello tra poco sarà qui» disse Odelia aiutando il vecchio saggio a non inciampare. «Ma la sposa?» Gropiùs si guardò intorno.

«È dietro a quella grande roccia e ti sta aspettando: vuole parlarti, è molto emozionata. Uscirà solo quando vedrà arrivare Vespertilio» gli sussurrò all’orecchio. I due si avviarono per raggiungere l’aquila, lo sciamano si sforzò di non cedere alla spossatezza che, nonostante l’Acqua Anicata, non lo aveva abbandonato. All’improvviso la luna e le stelle si oscurarono, refoli di vento mossero le chiome degli alberi e una scia di fuoco attraversò il cielo come un lampo. «Eccolo! Eccolo!» gridò Garry Hop alzando la testa. Tutti i giganti s’inginocchiarono. Il loro sacro pipistrello planò lento sollevando i petali che gentilmente ricaddero come pioggia colorata. Grande, maestoso, con lo sguardo acuto e la pelle lucida. Cinque metri di altezza e muscoli possenti. Vespertilio Ignis incuteva timore ma in quel momento la sua mostruosità sembrò pura bellezza. Odelia abbracciò lo sciamano: «Vai da lui. Alla sposa ci penso io. La calmerò, non ti preoccupare». Bandeo Gropiùs si girò verso il pipistrello di Smegalia e, sostenuto dal bastone, cercò di tenere la schiena ben dritta. «Benvenuto a Hunnia» disse sforzando la voce. Il pipistrello abbassò la testa portando il muso all’altezza del vecchio saggio: «Onorato di essere nell’isola più preziosa del Mar Blaseno». Poi diresse lo sguardo verso gli ospiti, allargò lentamente le ali e gonfiò il petto: «Sono felice che siate

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tutti presenti. E ai miei fedeli giganti voglio dire di essere fieri e sereni. Questo è un matrimonio d’amore. Già, amore! Una parola che prima non conoscevo. Un sentimento che ora mi rende pieno di vita e di speranza». I Ministeriati e i Governanti rimasero colpiti dal breve discorso del pipistrello, mai prima di allora avevano visto una creatura così mostruosa e che incuteva terrore. E mai si sarebbero immaginati di assistere a una cerimonia così speciale. Ciclinia Derois rimase a bocca aperta ed estasiata riuscì solo a emettere un leggero sospiro, mentre Marida Von Krullen congiunse le mani esprimendo il suo religioso stupore. Mai avevano visto un animale del genere. Enorme e parlante! Dalle Montagne Primarie arrivò il canto delle Uncinate. Splendenti e gioiose spiccarono il volo formando un cerchio, e infine si misero a giocare con le sfere di rame che zigzagavano tra le fronde degli alberi. La danza delle aquile dorate di Hunnia annunciava l’arrivo della sposa. Gropiùs entrò nel Summisalis e, facendosi forza per rimanere in piedi, lasciò il bastone. Il pipistrello appoggiò le possenti zampe sul grande cuscino a sinistra, piegò le ali e incrociò le zampe anteriori a mo’ di preghiera. Il suo sguardo s’illuminò quando vide arrivare l’amata. L’aquila aveva un ampio velo che dalla testa scendeva morbido fino a toccare il terreno. Sembrava una grande e leggera nuvola d’oro.

Odelia rimase al suo fianco fino a quando non furono al centro del Summisalis, poi si congedò commossa raggiungendo Garry e gli altri ospiti. La bellezza dell’Uncinata splendeva più delle stelle, le sue piume dorate brillavano e la trasparenza del velo la rendeva ancor più affascinante. Si accomodò sul cuscino a destra e guardando con emozione lo sposo sbatté gli occhi. Vespertilio si sciolse in un sorriso. «Sei meravigliosa» riuscì a dire con voce tremula. Bandeo Gropiùs guardò prima l’una poi l’altro, allargò le braccia e con poche ma dolcissime parole sancì la loro unione. Poi estrasse dalla tasca della tunica un sacchettino di tela bianca dal quale tirò fuori una cosa piccolissima. Quando aprì la mano un bagliore catturò e incuriosì i due innamorati. «Questo è il mio dono di nozze» disse. Il pipistrello abbassò la testa e avvicinò il muso alla mano del vecchio, anche l’aquila protese il becco e spalancò gli occhi. «Un seme d’oro?» domandò stupito Vespertilio. «È un seme di Florauro» rispose Gropiùs. «Florauro?» ripeté stranito il pipistrello afferrandolo con le unghie di una zampa. Lo sconcerto non fu solo dello sposo ma di tutti gli ospiti lì presenti. Garry Hop storse la bocca: «Mai visto quel seme. Non è di Hunnia. Non so da dove provenga!». Lo sciamano cercò di resistere alla spossatezza che lo attanagliava. Non poteva cedere proprio in

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un momento così importante e continuò a parlare cercando di nascondere la sua sofferenza: «Da questo seme nascerà un fiore dai petali d’oro e d’argento. Un giglio che brillerà se saprete curarlo ogni giorno della vostra vita». Gli sposi si scambiarono uno sguardo incredulo. «Il Florauro è un giglio alchemico. A inebriarvi non sarà solo il suo profumo ma anche il suono cristallino emesso dai suoi petali» spiegò Bandeo. L’Uncinata ne rimase incantata e Vespertilio chinò la testa in segno di ringraziamento. «Cari sposi, fate attenzione. Questo non è un dono come gli altri. Solo se il giglio continuerà a splendere anche il vostro amore rimarrà sempre vivo. Proteggete il sentimento che vi unisce e non dimenticate mai la gioia che ora state provando». Un monito. Un ordine. Un modo per dire che ogni cosa ha bisogno di essere curata e amata per poter esistere. Dagli occhi dell’aquila sgorgarono lacrime brillanti come il velo che indossava. Portò il becco accanto al vecchio saggio, che con tenerezza lo accarezzò mostrandole tutto il suo affetto. Vespertilio allargò le possenti ali e tenne stretto il seme nella zampa: «Sciamano di Hunnia, promettiamo che il giglio vivrà, così come l’amore che ci unisce». La commozione si sparse come il vento, gli ospiti e gli animali di Hunnia sentirono battere i loro cuori pieni di speranza. La saggezza di Gropiùs, linfa vitale di Hunnia, fu il vero, grande dono per tutti i presenti.

Emozionato e tremante, Vespertilio Ignis sollevò il velo della sua sposa e la baciò sul becco. Un fragoroso applauso e grida di gioia si levarono in cielo. I Tympana dei giganti rimbombarono, mentre le Uncinate ripresero il loro canto armonioso. La festa iniziò con la danza degli sposi. Leggiadri si levarono in volo. Vorticarono tenendosi stretti l’uno all’altra. In tutta Hunnia si sparse la musica dell’amore. Anche Garry e Alina si gettarono nella mischia godendo della festa straordinaria che finalmente li vedeva felici. Mentre tutti li stavano festeggiando, Vespertilio e l’Uncinata si persero nel bagliore delle stelle, le loro figure stagliate nel cielo si allontanarono lasciandosi dietro una scia argentea, con la luna che faceva da sfondo. Seguiti da tutte le aquile di Hunnia, volarono felici verso Smegalia. Il canto delle Uncinate rese il loro viaggio armonioso, per nessuna ragione le compagne della sposa l’avrebbero lasciata da sola in quel percorso che segnava il suo definitivo abbandono dell’isola e, una volta arrivate, avrebbero festeggiato con gli sposi per ben tre giorni. Vespertilio Ignis aveva organizzato tutto per creare nella sua caverna dorata un’atmosfera davvero magica. Gli altri animali rimasero con gli occhi rivolti al cielo e la tristezza dell’addio si sommò alla gioia. Era la prima volta che uno di loro se ne andava a vivere in un altro luogo ma le rassicurazioni dei giganti lenirono le loro preoccupazioni.

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La festa nell’isola di Hunnia continuò e il canto delle cicogne si unì al rombo dei tamburi. Ministeriati e Governanti si complimentarono con Odelia e Rosalet per gli addobbi floreali, mentre Sespiro Dilun alzò il calice brindando agli sposi oramai lontani. Un grido acutissimo e improvviso fermò la festa. Alina aveva le mani tra i capelli e urlava. Si scostò da Garry che la teneva stretta in una danza sfrenata. Esterrefatto, non si rese subito conto perché la sua ragazza stesse urlando. Anche Mani Grandi smisero di saltellare assieme a Diodemo e agli altri giganti, gli orsi zittirono il coro delle Materne Canterine e a quel punto tutte le Occhioline Lente si girarono verso il Summisalis. Albin alzò la zampa destra e iniziò a picchiare il terreno. Il cavallo di Garry si stava imbizzarrendo! Nessuno riuscì a fermarlo, neppure i gorilla! L’ippolante iniziò a galoppare perdendosi tra i folti alberi del Sentiero Lunatico. La confusione tra gli invitati fu totale. Videro Alina dirigersi a gambe levate verso il Summisalis. «Aiuto… aiuto! Gropiùs sta male» continuò a gridare. Il vecchio saggio, accasciato tra i cuscini, respirava a malapena. Garry Hop, quando arrivò vicino allo sciamano, cadde in ginocchio. Bandeo fece segno alla ragazza di allontanarsi: «Alina Obradet, cara ragazza, non stare qui. Ti voglio bene ma solo Garry dovrà starmi accanto». E lei, sconcertata, abbassò la testa e indietreggiò senza dire una parola.

Odelia, di poco lontana, era pronta a intervenire ma questa volta fu suo figlio a bloccarla con un gesto deciso. Con le mani all’altezza del cuore la donna ebbe un sussulto. Sentì un dolore pungente, come se una lama l’avesse trafitta. L’affetto che provava per il vecchio sciamano era grande. Il fatto che non volesse nessun altro accanto, al di fuori di Garry, era una chiara scelta che non lasciava alternative. Con apprensione tenne stretta la piccola Elly che tremava. Gropiùs, disteso tra i cuscini e con gli occhi a fessura, continuò a guardare lo spiraglio del mondo che stava lasciando. Si abbandonò come una foglia secca che cade dall’albero. Le mani rugose quanto il volto, le labbra sottili, appena mosse dal soffio delle parole, mostravano l’inesorabile decadimento fisico. Vecchio e fragile aveva ancora qualcosa da dire. «Non agitarti, non parlare. Mia madre ti preparerà un’ottima tisana. Ti farà bene» il ragazzo tentò di nascondere l’ansia che lo pervadeva. «Nessuna bevanda alchemica servirà. Ora ascoltami» riuscì a dire mentre il volto diventava bianco come la sua barba. «Cosa succede? Cosa ti senti?» Garry entrò in confusione. «Il mio tempo è terminato» fu la dura sentenza. Un gelo improvviso rattrappì il giovane: «No! Non è possibile! Non puoi morire». «Pulvis Sumus» esclamò lo sciamano. Garry si ritrasse, come per voler allontanare la realtà che gli stava davanti.

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«Caro giovine vagante, anche la Tabula Eloquens ti direbbe che questo è il luogo della mia fine. La morte segna la conclusione della vita ma anche l’inizio di ciò che vuole la natura. Pulvis Sumus: siamo polvere che nutre la terra. E da essa nuova vita nascerà». Ogni sillaba era una lama che feriva il ragazzo. Lo sciamano doveva preparare il suo giovane allievo e si lasciò stringere le mani quasi fredde. Un silenzio glaciale contagiò tutti i presenti che stavano assistendo da lontano alla tragica scena, senza però riuscire a sentire cosa stava dicendo il vecchio di Hunnia. Garry trattenne il pianto, chino sul suo maestro non staccò gli occhi da quel volto sofferente. «Prometti che spargerai ciò che resta di me su quest’isola. Lascia che il vento lo depositi sui prati e sui fiori. Sarà la prova che una parte di me vive ancora su Hunnia. Ma ascolta bene, prima di spargere le mie ceneri qui, sull’isola, devi portarne la metà a Mervilia, così potrò tornare in quel luogo che ho abbandonato tanto tempo fa» lo esortò socchiudendo gli occhi. Era riuscito a pronunciare il nome di quella terra dopo anni e anni che lo aveva tenuto chiuso nel suo cuore. «Mervilia? E dove si trova?» chiese Garry impietrito. «Usa la Tabula Eloquens e l’Acus. Ti aiuteranno a trovare Mervilia. È una terra lontana. Molto lontana da qui. Ed è là che sono nato» spiegò con un filo di voce.

Garry Hop non ce la fece a dire altro, tanto era lo sgomento. Lo sciamano si sforzò ancora, doveva raccontare quello che non aveva mai detto a nessuno. Nemmeno a Odelia, la sua fidata allieva per tanti anni. «C’era il Lago Azzurro contornato da verdi colline. C’erano boschi e foreste con alberi ricchi di frutti rosa e gialli e tanti fiori con i petali dai colori dell’arcobaleno. C’erano animali docili che brucavano l’erba bianca dei prati ondulati e nel cielo volavano Spiggìni Blu e Passotti Rigati. Migliaia di Farfalute danzavano agitando le ali a mantello. Mervilia era la mia terra. Le case costruite dentro le rocce proteggevano dalla pioggia e dal vento. Neve e ghiaccio non erano un problema. E neppure il grande caldo ci faceva sudare. Mervilia era la mia terra» ripeté lasciando attonito il giovane. «Avevo la tua età quando Tenebris Montis si risvegliò» continuò, e solo pronunciare quel nome lo riportò indietro negli anni. «Tenebris Montis? La Montagna Oscura?» ripeté il ragazzo. «Sì, è il vulcano di Mervilia. Era per noi una montagna sacra, le sue pietre nere e la terra scura emanavano un dolce tepore e la vegetazione cresceva rigogliosa tra mille fiori e alberi. Ma ci tradì. Sì, ci tradì all’improvviso. Forse un male profondo era nato nelle sue viscere». «Male profondo… dentro il vulcano?» Garry volle saperne di più.

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«Non posso rispondere a questa domanda. Nessuno sa cosa sia davvero successo. Ma è certo che qualcosa doveva esser nato dentro Tenebris Montis. Una minaccia terribile. Accadde tutto molto in fretta. La marea di lava incandescente coprì Mervilia come un mantello di morte. Donne e uomini fuggirono verso il Mar Blaseno ma nessuno riuscì a salvarsi dall’inferno. Neppure la mia famiglia…» la commozione lo bloccò. «Hai perso tutti i tuoi cari. Li hai visti morire?» Garry era stordito dal racconto. «Sono rimasto solo e correvo, correvo verso il mare. Ricordo due bambini, molto più piccoli di me, erano fratello e sorella. Li conoscevo di vista e non sapevo i loro nomi. Si tenevano per mano e gridavano aiuto. Il fuoco divampava, si gettarono in mare… e poi non li vidi più. Il mio cuore si spezzò! Non potei salvarli. Le fiamme, la lava, il fumo. Tentai di chiamarli ma non sentii più le loro voci». Gropiùs si fermò ancora e un’espressione di sconforto si stampò sul suo volto già sofferente. Garry trasalì: «Morirono? Tutti e due annegati?». «Purtroppo è così. Disperato, mi buttai nell’acqua salata che tremava per il gran boato del vulcano. Assieme a me si tuffarono pochi altri animali sfuggiti al fiume di lava che travolgeva ogni cosa. Tronchi infiammati galleggiavano creando una barriera infernale. Salii sull’unica barca rimasta intatta con la speranza di poter fuggire. E così fecero anche un paio di Denti Bianchi, quattro Mani Grandi e altri piccoli animali di Mervilia» spiegò lo sciamano.

«Allora, tutti gli animali che adesso sono qui a Hunnia, prima vivevano a Mervilia?» «Sì, quasi tutti. Anche le Meduse Bipedi sono riuscite a resistere per tutto il viaggio rimanendo attaccate al fondo del Donario. Altri animali invece sono nati qui, grazie alla generosa natura di Hunnia» precisò Gropiùs. «Il Donario? Allora la barca non è stata costruita a Hunnia per trasportare fiori ed erbe alchemiche fino al Ponte Akor! Insomma, non l’hanno realizzata i Mani Grandi!» esclamò il ragazzo sempre più sbalordito. «Il vecchio Donario non esiste più, era un’imbarcazione che il popolo di Mervilia usava per pescare. Quando arrivai sull’isola era ormai un relitto e i gorilla ne hanno costruita un’altra. Più grande e robusta». La spiegazione di Bandeo colpì non poco Hop. Rapito dalle rivelazioni, ascoltò il resto del racconto. «Mi addormentai, mentre il Donario rollava sulle onde del mare e fui svegliato da un rumore fortissimo. Il mare era spezzato in due!» disse tremando. «Come spezzato in due?» domandò interrompendolo il ragazzo. «Già, una voragine spaventosa divide il Mar Blaseno. L’acqua scivola giù, fino a raggiungere profondità inaudite, e poi risale dopo circa un chilometro e si espande riempiendo il resto del mare che noi vediamo davanti a Hunnia. La nostra isola, Smegalia e la grande terra delle scogliere unite dal Ponte Akor sono tutte bagnate da quest’acqua che risorge dagli

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abissi». Bandeo si agitò nel ricordare ciò che aveva passato. Un’esperienza terrificante che lo aveva segnato non poco. «Incredibile! Il Mar Blaseno nasconde questo spaventoso segreto! Nessuno è mai arrivato così lontano per poterlo scoprire! Non ce l’hanno fatta i giganti, nemmeno noi Verroti, ma neppure i Fiderbi! Ma come hai fatto a superare la voragine a bordo del Donario?» chiese. Il ragazzo immaginò la paura che lo sciamano doveva aver provato. «C’era solo una stretta lingua di terra che collegava una sponda all’altra. Roccia e fango segnavano l’unico percorso per attraversare la voragine. Era come un ponte pericolante fatto di pietre consumate dalla salsedine. Grazie ai gorilla e agli altri animali sono riuscito a trascinare l’imbarcazione percorrendo la striscia di terra melmosa. È così che ho superato l’abisso, una fatica enorme. Pensavo sarebbe stata la fine». Lo sciamano respirò ansimando, il suo stato di salute peggiorava di minuto in minuto. «E poi? Cosa è successo?» Garry gli accarezzò la fronte madida di sudore. «Dopo aver trascinato la barca dall’altra parte, la facemmo scivolare nuovamente in mare, i vortici d’acqua erano fortissimi ma riuscimmo a salirci sopra. Esausti ci lasciammo trasportare dalla corrente. Improvvisamente uno spruzzo d’acqua si levò davanti ai nostri occhi. Fu allora che emerse una creatura nera». «Creatura nera?» Il ragazzo rimase appeso al racconto incredibile dello sciamano.

«Wiorosa! La ricordo bene. La sua gigantesca cupola di coralli rossi è spettacolare. A Mervilia ne avevo già sentito parlare, ma pensavo fosse solo una leggenda. E invece Wiorosa esiste davvero. Ci aiutò a navigare e poi… poi con il Donario approdammo sugli spigoli rocciosi di un’isola a me sconosciuta: Hunnia! E fu la salvezza. Ero solo un ragazzo come te e provai sgomento per ciò che mi stava accadendo». Gli occhi di Bandeo si spalancarono e un’ombra nera li velò come una carezza d’addio. Garry Hop appoggiò le mani sulle spalle del vecchio e fissò il suo sguardo, il fatto che esistesse una creatura mostruosa lo incuriosì sempre più: «Di che parli? Chi è Wiorosa?». Il vecchio non ebbe il tempo di spiegare altro, sentì ogni energia abbandonare il suo corpo e dedicò all’allievo di Karan le sue ultime parole. «La morte si avvicina. Io non la temo. Ho vissuto a lungo. Non ho più avuto il coraggio di tornare a Mervilia. Sarebbe stato troppo doloroso vedere la distruzione provocata dal vulcano. Ma ora desidero tornarci. E sarai tu, Garry Hop, a portare metà delle mie ceneri e spargerle là dove sono nato. Devi partire entro oggi» disse supplicandolo. «Oggi? Ma… non è possibile…» un doloroso groviglio di pensieri affollò la sua mente. «Sì, oggi, quando il sole sarà alto nel cielo. E soltanto dopo averlo fatto tornerai, e allora potrai spargerle anche qui, su Hunnia, nel Bosco delle Scintille. Frammenti di me scenderanno nel terreno alchemico

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non conosceva e del quale Bandeo non aveva svelato il potere alchemico. Vide poi una conchiglia viola. Tremante la prese, la rigirò tra le mani e la strinse al cuore senza neppure sapere cosa rappresentasse. Infine vide due sacchetti rossi e si accorse che sul bordo c’erano delle scritte. “Qui le mie ceneri per Mervilia” in uno e “Qui le mie ceneri per Hunnia” nell’altro. Gli occhi colmi di lacrime rimasero fissi su un mucchietto di polvere grigia: era tutto ciò che rimaneva dell’uomo che gli aveva cambiato la vita. Giunti Editore S.p.A. riproduzione vietata

e nutriranno ogni fiore e ogni foglia. Prometti che rimarrai su quest’isola e la difenderai. La curerai. Perché dopo di me, sarai tu lo sciamano di Hunnia!» Garry Hop, coraggioso ragazzo di Karan, che aveva affrontato la guerra, portato la pace e conosciuto i giganti di Smegalia, si sentì perso. «Io? Sciamano di Hunnia?» ripeté inebetito. No, alla morte di Gropiùs proprio non era preparato. E poi, sapere che era nato in una terra sconosciuta e lontana lo disorientò ancor di più. La verità sulla sua vita era dunque tutta da scoprire. Le mani fredde del suo maestro scivolarono sul cuscino. Garry tentò di riprenderle: «Non lasciarmi… ti voglio bene» lo supplicò. Poi scoppiò in lacrime mentre lo sciamano sussurrava l’ultima frase della sua vita. «L’amore è la vera e unica prova che esistiamo. L’amore è ciò che resta. La morte ci accoglie, diventiamo polvere e lasciamo che il nostro amore vaghi come polline e abbracci nuove vite. Ama Hunnia. Ama più che puoi la vita. So che lo farai». Bandeo Gropiùs se ne andò così, lasciando al suo giovane e coraggioso erede la responsabilità di seguire le sue orme. In un solo secondo il corpo del vecchio svanì. La tunica che indossava si afflosciò sui cuscini svelando la presenza di un piccolo sacchetto blu che conteneva un altro seme. Ma non era un seme di Florauro, nel sacchetto c’era scritto un altro nome: Rosa Regeneratur, la Rosa Rigeneratrice! Un fiore che Garry

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