CATALOGO "VERIO"

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Quindici dipinti di

Francesco Verio

Francesco Verio

VIA CRUCIS

VIA CRUCIS

Tempio di Pomona SALERNO



VIA CRUCIS Quindici dipinti di

Francesco Verio


CROCIFISSIONE L’opera raffigura il Calvario con le tre croci da lontano, interpretando, nell’isolamento di una scena di spessore desolatamente metafisica, il dramma ed il dolore vissuto in un triste silenzio. Una rappresentazione toccante che non solo domina il tempo nel quale si è manifestata, ma che è eretta a simbolo di ogni tempo nel quale non si perde il senso del sacrificio e della fede.



Testi Isabella Valente Dario Marco Lepore Commenti scritti alle quindici tele Carla Pelella (scelta dei brani della Via Crucis) Dario Marco Lepore (commenti critici delle opere riprodotte) Organizzazione e coordinamento generale Annalisa Norante Fabrizio Torre Nell’ambito della rassegna: Giovanna Peduto e Carla Pelella leggeranno, a commento di ogni dipinto, dei passi tratti dalla Bibbia e da un testo di G. K. Gibran. ITINERARIO TRA PITTURA, MUSICA E PAROLA Concerto del Coro del Laboratorio di Didattica del Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli Direzione artistica e coordinamento M° Giovanna Peduto Referenze fotografiche Isabella Valente Progetto grafico Studio Moratti Impaginazione Sara Pollini Stefano Tornincasa Finito di stampare nel mese di aprile 2006 presso la Cangiano grafica Con il sostegno di:

Via F. Solimena, 81 - 80129 Napoli Tel. (39) 081 3723315 Telefax (39) 081 2291237 Website: www.vincentgalleria.it e-mail: info@vincentgalleria.it Si ringraziano per la collaborazione e i suggerimenti Agire Eventi, Paola Capriolo, Stefano Chiancone, Gabriella Continisio (Coriga), Raffaele Fiorentino, Luigi Iaccarino, Renato Langella, Joanna Wrobel, Estemio Serri e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della mostra.


Sommario 7

Prefazione di Isabella Valente

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Francesco Verio di Dario Marco Lepore

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Via Crucis

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Note biografiche e bibliografia

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Mostre personali


OMAGGIO A GIOVANNI PAOLO Nell'espressione del Papa sofferente a pochi giorni dalla sua scomparsa, Verio ne esprime l'ultima Via Crucis, non come rappresentazione sacra, ma con la vita, con dei colori che ci riportano ad un realismo vicino alla Pop Art, che rendono attuale oggi come allora il tema della sofferenza di un uomo che non si perde nel dolore per la sua fede. Verio rende omaggio alla figura del Papa con quest'opera proprio il giorno della sua morte, rendendolo vivo nel ricordo.


“L’artista è un grande comunicatore, dà delle emozioni, insegna, riflette l’epoca storica in cui vive e produce”. Così rispondeva Francesco Verio a una domanda di una mia intervista pubblicata nel 2000 (Francesco Verio, Scafati 2000). Il ciclo dedicato alla Via Crucis, che qui si presenta, ascrivibile all’ultima produzione di Francesco Verio, vuole appunto comunicarci, attraverso il suo artefice, la passione di Gesù, che ogni anno in occasione della Pasqua tutto il mondo cristiano rivive. Attraverso quindici immagini è ripercorso il Calvario di Cristo, quindici fotogrammi in cui si consuma il dramma più noto della storia. Tragiche scene svolte con l’ausilio di una tavolozza viva, di colori squillanti, dagli aranci, ai rossi, ai blu, ai violetti. La pennellata ora è fluida, quasi onda, come nella Caduta di Gesù, ora è più densa; ora spezzata e angolosa, ora compatta, serrata; ora è più larga, più lunga; ora è breve e più liquida. In alcune di queste composizioni piene di suggestioni e di simbolismi alla semplificazione formale delle immagini si combina una struttura cromatica più complessa. Il Gesù caricato della croce che assume su di sé i mali del mondo o il bacio demoniaco del traditore Giuda, così come il sostegno della donna a un Cristo insanguinato, attestano la cultura dell’artista e la sua documentazione, insieme a un cosciente senso del dramma. Eppure i colori arbitrari di intrinseca bellezza in certo senso attutiscono la drammaticità delle scene più forti, mentre in altre forse è proprio la cromia accesa che ne esalta il valore tragico, come nella testa del Gesù crocifisso o in quella mano lasciata nell’assoluto silenzio che si irrigidisce allo sfumare della vita. Sicuramente si tratta di una tragedia silenziosa che invita al dolore muto anche nelle scene corali. L’amore per la materia, per il colore, per l’equilibrio formale delle composizioni, componenti imprescindibili nella pittura di Verio, gli sono state trasmesse dal padre, il pittore Alberto Chiancone, uno dei protagonisti del Novecento napoletano. L’essere figlio di Chiancone sicuramente è stata la spinta primaria verso il destino d’artista di Verio che, erede consapevole della sua pittura, è oggi pittore colto e sensibile, sperimentatore in continuo divenire sempre nell’ottica della pittura figurativa, e sempre più tendente a spostarsi sul piano metafisico. Isabella Valente

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FRANCESCO VERIO Dario Marco Lepore

Le stagioni dell’arte si susseguono in un ritmo vorticoso ed i tempi sono scanditi da linguaggi artistici personali, fatti di ispirazione, tecnica ed espressione che divengono intima rappresentazione di un mondo interiore in artisti come Francesco Verio. In Verio c’è una matrice storica nella cultura artistica italiana con evocazioni che trovano in Giotto, Masaccio, Piero della Francesca e nella rilettura della nostra tradizione rinascimentale nuova linfa, storici inconsapevoli precursori di un idioma artistico di identità nazionale, i ritmi espressivi del richiamo all’ordine e di “Novecento” e c’è la grande stagione dell’espressionismo, così violento e passionale, drammatico nelle accensioni di toni e colori (da un precursore come Jeroen van Aken detto Hieronymus Bosch a Edvard Munch, da Francis Bacon al napoletano Raffaele Lippi) o di una metafisica ricca di solitudine dove ogni uomo trova il suo spazio esistenziale, intimo, in attese ricche di mistero, nella intensa visione di una persistente solitudine. E nell’inconscio lo sguardo profondo di Francesco Verio trova la sua strada di giorno in giorno dando

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espressione ad una cultura artistica ricca di interpretazioni personali, dove allo spazio fisico si associa sempre una lettura di uno spazio mentale; un’arte fatta di pensiero e azione, passionale e vibrante. Si susseguono metafore, costruzioni apparentemente illogiche, spazi vuoti che si alternano a elementi frementi di vita, di pensiero e di azione. Un esistenzialismo esaltato da una latente solitudine, espressione dell'indagare da parte dell’artista lo stato d’animo umano, idealizzandolo in quel senso di angosciante, profondo isolamento, dove stimolante diviene la sua appassionante ricerca. Simboli e costruzioni metafisiche di dechirichiana memoria reggono il gioco silente della rappresentazione e trasposizione in una memoria partenopea, reinterpretata e attualizzata in quelle patologiche scarne narrazioni. Silenzio ed inquietudine persistenti come nel napoletano Lippi o evocazioni della forza cromatica di un Bacon, rappresentazioni formali di angoscia lacerante e dolore tipici dello stato umano ed una sottile ironia che vela il tutto in un’intima visione.


Gianni Pisani Gesù schiacciato dalle sofferenze. Prima caduta, 2002

Eppure sento un legame con artisti come Alberto Chiancone, non solo per genealogia, o in alcuni casi di Emilio Notte in quei tagli geometrici e nelle soluzioni post-cubiste fino alle intuizioni artistiche tipiche dell’istintività di Gianni Pisani, il tutto reinterpretato e vissuto in una nuova ottica, dove la percezione del passato diviene stimolo nella sua complessa interpretazione del reale. L’essere figlio di Alberto Chiancone è saperne cogliere quella fiera tragica ironia, la malinconia latente fissata nei colori sulla tela, la continuità di una visione di un mondo interiore che non si ferma

alle stagioni dell’arte, ma che penetra l’animo umano, lo scruta, indaga una società dove sembra vivere solo l’apparenza. L’essere orgoglioso di esprimere con la figurazione il pensiero razionale ed irrazionale, intransigente bohemien di un linguaggio artistico in opposizione ad un persistente ingombrante e quanto mai attuale manierismo. Eppure la figurazione maltrattata e umiliata non può non prendersi un suo spazio nell’ambiguità di un presente senza senso dove tutto in arte si limita a decadenti provocazioni ed ad uno stucchevole e mercantilistico convenzionalismo strisciante. Nasce così la voglia di cambiamento in Verio senza rinnegare i fasti di un passato artistico che servono da impulso emotivo per nuove concezioni creative. Un linguaggio maturato nei secoli e fonte di costante progresso quando si ha voglia di comunicare il proprio pensiero e dare espressione incondizionata alla propria arte. Un’arte vissuta con passione e con conoscenza, con dedizione e con devozione, erede di un’unica consapevolezza: vivere la propria vita nello stimolo che l’arte sa donare. In questo avvicendarsi di sensazioni su tela dove un uomo idealizzato è alla perenne ricerca di se stesso e dove l’osservatore può amaramente immedesi-

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marsi, Verio ricerca, in un ciclo dedicato al Cristo, l’uomo nella sua essenza, nella storia e nella spiritualità come nella rappresentazione del percorso della Via Crucis, ovvero nel tragitto di Gesù dal pretorio di Ponzio Pilato alla cima del Calvario. Teilhard De Chardin diceva: “Anche all’occhio del semplice biologo, nulla più dell’epopea umana somiglia a una Via Crucis”. In tale concezione il percorso verso la morte terrena del Cristo uomo si perpetua nella consapevolezza della ripetitività che diviene dramma umano, divenendo metafora della tragedia della vita di ogni uomo. La Via Crucis, con le sue stazioni, è stata sempre rappresentata storicamente nel corso dei secoli, dando nell’arte forma all’immaginario

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Alberto Chiancone Deposizione, 1979/86

collettivo ed espressione visiva alle parole degli apostoli. Penso alle rappresentazioni di artisti come Duccio da Boninsegna che nella Deposizione del Museo dell’ Opera del Duomo di Siena mostra come la figuratività antiplastica di matrice bizantina possa essere suscettibile di interpretazioni del tutto personali. Giotto, vero innovatore, nella Andata al Calvario della Cappella degli Scrovegni si muove alla ricerca della proporzionalità formale e coloristica, del pathos della composizione, di valori intellettuali e morali, tra natura e storia in opposizione al pensiero di Simone Martini più teatrale e iconoclastico dove la tradizione bizantina si trasfonde nella visione del Gotico moderno come nella


Crocifissione facente parte del Polittico della Passione del Museo Reale di Belle Arti di Anversa e nell’andata al Calvario del Louvre. Penso anche ad artisti come Agnolo Gaddi meno passionale e più riflessivo, come nella Crocifissione degli Uffizi, o a Taddeo Gaddi, uno dei migliori allievi di Giotto, che nella Deposizione del Museo Diocesano di Empoli rende raffinate ed eleganti accademiche realizzazioni. Un elenco variegato e prolungato nel tempo di maestri si è confrontato con questo storico dramma come Pietro Lorenzetti che nella Deposizione della Chiesa Inferiore della Basilica di San Francesco di Assisi mira a fondere la cultura toscana e senese. In Masaccio, nella Crocifissione dello smembrato Polittico di Pisa, ora custodita a Napoli nella Galleria Nazionale di Capodimonte, con una disposizione romboidale delle figure tra le braccia divaricate della Maddalena si accentua il dramma ed il senso di spiritualità dell’opera. La tragedia si perpetua con spunti grotteschi ed espressionistici in Hieronymus Bosch nella Salita al Calvario del Musée des Beaux-Arts di Gand fino a Pieter Bruegel il Vecchio nella Salita al Calvario del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Passando per le deformazioni formali ed espressionistiche di El Greco nel Cristo Portacroce del

Museo Nacional de Arte de Catalunya, fino al dramma vissuto nei volti delle figure popolari ed emarginate di Caravaggio nella toccante Deposizione nel sepolcro della Pinacoteca Vaticana, le rappresentazioni, senza soluzione di continuità, si succedono nei secoli, nell’arte come nel pensiero, dalla ricerca di Dio fino alla ricerca di noi stessi; medito sulle parole di Vincent Van Gogh quando disse: “Il miglior modo per amare Dio è amare molte cose” e per induzione sostengo che il miglior modo per amare molte cose è amare l’arte. Un artista come Verio sa di non poter prescindere da questo ingombrante passato e tende a fare in modo che tali storici echi, fino ai nostri tempi, siano matrice del suo linguaggio artistico dal quale definire un concetto evoluto nelle sue opere, soluzioni personali ramificate nei secoli. Eppure in questa breve panoramica da Duccio a Caravaggio in Verio giocano un loro ruolo evocativo prioritario figure come Giotto e Masaccio per spiritualità e drammaticità della composizione, come Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel per quel fondamento espressionistico tendente al surreale fino, inoltrandoci nella nostra epoca, a suggestioni da Sironi a Casorati. Pinto finemente dichiara: “la pittura di Verio si presenta con grande facilità di lettura e con pro-

1 Cit.

da: Libertà nel fluttuare del sogno, Rosario Pinto, IL DENARO, sabato 19 aprile 2003. Dato l’approfondimento e l’impegno maturato nelle ricerche storiografiche sulla pittura napoletana e campana del novecento, compiuto con sensibilità e competenza dal Prof. Rosario Pinto, per una maggior comprensione della pittura napoletana, consiglio la lettura del volume: “La pittura napoletana del novecento” edito dall’Istituto Grafico Editoriale Italiano nel 2002.

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fondità di contenuto, come attestazione di una volontà di intervento creativo che, movendo da radici di solido spessore, produca una incrementazione ulteriore di quelle potenzialità di “scuola” che meritavano d’essere coltivate e sviluppate”. 1 In ambito napoletano, considerando artisti come Notte, scopriamo come anch’egli muove dai trecentisti a Picasso, fino al fondamento lineare geometrico dove la sintesi geometrica è espressione della sensibilità moderna come nella Crocifissione del 1971, o vediamo come anche Gianni Pisani, con la Crocifissione dipinta nel 1955, rievoca un linguaggio primitivo ed arcaico. Verio, nel ciclo della Via Crucis, pone in essere una ricerca artistica basata in definitiva su di una colta visione della storia dell’arte nella quale sa esprimere un proprio segno personale espressivo e drammatico, in composizioni statiche o ricche di dinamismo, elabora le sue tensioni emozionali con materia e colore, con una pennellata dura e violenta ed interpreta la vita, il dolore e la sofferenza. Nella realizzazione di ogni stazione si evince la sua spiccata sensibilità, dalla scelta dei toni ai colori, dalle costruzioni stilistiche fino al raggiungimento di un equilibrio formale dovuto alla sintesi di una profonda cultura artistica.

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Vedendo le opere di Verio possiamo immergerci nelle suggestioni dell’artista e coglierne l’animo, la spinta emotiva di ogni toccante rappresentazione.

Francesco Verio Crocifissione, 1993


VIA CRUCIS 13


1 GESU’ TRADITO DA Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici. Si accostò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: <<Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?>>. Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: <<Signore, dobbiamo colpire con la spada?>>. E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: <<Lasciate, basta così!>>. E toccandogli l’orecchio, lo guarì. Lc 22,3. 47b - 51

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In quelle figure espressionisticamente allungate, deformate, diviene più incisiva la scena del bacio, del tradimento, della corruzione esaltata da quella figura demoniaca sovrapposta a Giuda che mi riporta alla mente la drammaticità delle composizioni che evocano artisti come Hieronymus Bosch. L’opera di Verio prende una sua coralità in quello sfondo nero come il tradimento ed in quelle figure armate di pugnali e bastoni mandate dai sacerdoti che amplificano la tragicità del momento in cui Cristo diviene prigioniero.



2 CRISTO DAVANTI A PILAE mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla. Allora Pilato gli disse: <<Non senti quante cose attestano contro di te?>>. Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore. Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: <<Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?>>. Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mt 27, 12-18

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Sul volto di Cristo, nella rigidità formale, si avverte la consapevolezza del suo destino. Quel volto statico, ricorda la rigidezza antiplastica d’ispirazione bizantina. Riporta alla memoria l’immobilità iconoclastica del volto di Cristo impresso sulla Sindone. Eppure nell’attesa del giudizio, come uomo, scaturisce lo smarrimento dell’attesa degli eventi in un dramma accentuato dalla forza della composizione.



3 FLAGELLAZIONE Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte. Is 53, 2b-3.7-8

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In quest’opera, palpabile è lo stato di silenzio e di abbandono, metafora della mancanza di attaccamento alle cose terrene. Verio accentua nella sua opera l’isolamento della figura di Cristo, cogliendo nell’emarginazione della flagellazione il dolore, la matrice psicologica esaltata da evocazioni che ci riportano a Picasso o alle geometrie di Emilio Notte come nelle opere raffiguranti i poveri e i mendicanti. Così nella rappresentazione di Cristo operata da Verio, risalta il taglio prospettico dovuto alla rigidità del telo di sfondo.



4 GESU’ E’ CARICATO DELLA

Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgòta. Gv 19, 17

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Is 53, 5-6

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In quest’opera la Croce è il vero elemento cardine della rappresentazione. Il peso, più che dalle travi, è dato dai peccati dell’uomo: simboli di guerra e di morte, di lotta e di sottomissione, di ingiustizia e di barbarie, divengono metafora e narrazione primaria del pensiero e delle parole di Cristo, in una tensione carica di realismo che mi riporta ad alcune opere di Guttuso, interpretando, nella tensione emozionale ricercata da Verio, il dramma dell'intera umanità.



5 GESU’ CADE PER LA PRIMA Sono curvo e accasciato, triste mi aggiro tutto il giorno. Sono torturati i miei fianchi, in me non c’è nulla di sano. Palpita il mio cuore, la forza mi abbandona, si spegne la luce dei miei occhi. Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza. I miei nemici sono vivi e forti, troppi mi odiano senza motivo, mi pagano il bene con il male, mi accusano perché cerco il bene. Sal 38, 7-8. 11-12. 20-21

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Il senso della tragedia nella caduta viene amplificato nella lettura dell’impressione del movimento insito nel Futurismo come in artisti quali Boccioni e Balla, ma Verio non muove dalla esaltazione della macchina, piuttosto ci riporta alla fragilità umana, alla resa, all’estremo dolore, al sacrificio dell’andata al Calvario, dal peso della Croce sostenuta dal Cristo uomo alla volontà divina di rialzarsi e di proseguire il percorso.



6 GESU’ INCONTRA SUA MADRE Simeone parlò a Maria, sua madre: <<Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima>>. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. Lc 2, 34-35. 51

Quando fummo sulla Torre di David vedemmo Gesù, ed aveva la Sua croce sulle spalle. E c’era una gran folla intorno a Lui. (…) Il capo di Maria rimase eretto. (…) Il suo viso non era quello di una donna cui si stesse strappando il caro figlio: il suo, era il viso della terra feconda, che eternamente genera e seppellisce i propri figli. Poi le invase gli occhi il ricordo dell’infanzia di Lui, e a quel ricordo, echeggiò forte il suo grido: <<Figlio mio, che non sei mio figlio; uomo che una volta visitasti il mio grembo, mi inorgoglisco della tua potenza. (…) Ora tu mi sorridi, e quel tuo sorriso mi dice che hai vinto>>. (…) E Maria sollevò la destra verso di Lui ed il suo corpo sembrava un albero, un albero con un ramo soltanto.

Susannah di Nazareth, una vicina di Maria da “Gesù figlio dell’uomo” di G. K. Gibran 24

Il martirio, il senso di impotenza della Madre, partecipe nel dolore e meditativa verso un destino che è consapevole di non poter mutare. Il tutto esaltato artisticamente dalla carica espressionistica nell’accensione di toni rossi dello sfondo che aumenta, nel senso di isolamento delle figure, il pathos del momento.



7 GESU’ E’ AIUTATO DAL CIRENEO A PORTARE LA CROCE Incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender la croce su di lui. Mt 27, 32

Mi recavo nei campi, e lo vidi: portava la Sua croce ed era accompagnato da una grande folla. (…) Vedendomi, un soldato romano mi si accostò e mi disse: <<Tu che sei forte e robusto, vieni a farti carico della croce di quest’uomo>>. E così mi caricai la Sua croce sulle spalle. Era pesante quella croce: pioppo ancora impregnato delle piogge del recente inverno. E Gesù mi guardò, ed il sudore della Sua fronte gli correva in rivoli lungo le guance e gli imperlava la barba. (…) E camminammo insieme verso la Collina del Cranio. Ed io non sentii il peso della croce.

Simone di Cirene da “Gesù figliodell’uomo” di G. K. Gibran

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L’attimo in cui Simone di Cirene allevia Gesù dal peso della croce viene descritto da Verio con intimo e compassionevole valore descrittivo che va al di là degli esiti della narrazione ed ogni figura diviene parte della vibrante rappresentazione, dove al sacrificio terreno si alterna la speranza della luce e della vita eterna.



8 GESU’ INCONTRA LE DONNE Lo seguiva un gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: <<Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?>>. Lc 23, 27-29. 31

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Per tre anni gli siamo stati accanto, e in quei tre anni lo abbiamo visto bene: con gli occhi spalancati, lo abbiamo veduto, e alla luce fulgida del giorno. (…) Egli era una montagna che brucia nella notte, ed un tenue bagliore oltre le colline. Era il tuono del cielo, e insieme era sussurro nella dolce foschia dello spuntar del giorno. Ed una cascata, Egli era, una cascata che si riversa con fragore dalla vetta al piano travolgendo tutto ciò che incontra lungo il suo cammino. Ed era come un riso di bimbo. (…) Quando Gesù giunse nelle mie stagioni, fu davvero primavera. E nella Sua primavera la promessa di gioia fu esaudita, per quello e per tutti gli anni a venire. Egli colmò di letizia il mio cuore, e come le viole io crebbi, timida cosa, nella luce della Sua venuta. (…) Allora non capivo, ma comprendo ora.

Rachele, una discepola da “Gesù figlio dell’uomo” di G. K. Gibran

La disperazione e la tragedia annunciata si leggono in quei volti mentre, straziati e rassegnati o lievemente definiti nello sfondo per dare profondità alla composizione, evocano le soluzioni formali di un Sironi, non nel Cristo ridotto ad ombra, ma in quelle mani tese delle donne nelle quali si legge la tragedia del momento.



9 GESU’ E’ SPOGLIATO DELLE VESTI Presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte. E i soldati fecero proprio così.

Gv 19, 23-24

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In quest’opera Verio riesce a definire la crudezza della rappresentazione con moderna sensibilità. Due soldati strappano la tunica isolati da un devastante fondo rosso che gioca nelle accensioni cromatiche e nelle variazioni di toni e di luci un ruolo di accentuazione del dolore dovuto alla spartizione del telo lacerato ed i dadi in secondo piano indicano la sorte della ripartizione del drappo. La separazione della tunica da un Cristo silente è simbolo di separazione dai beni terreni, da ciò che si possiede alla ricerca di una via prettamente spirituale.



10 GESU’ E’ INCHIODATO SULLA CROCE

<<Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza>>. Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. E’ arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, sulla polvere di morte mi hai deposto. Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Sal 22, 2. 15-18

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Il dramma in uno dei simboli della passione di Cristo letto nella visione di un particolare, nel movimento disarticolato e contratto della mano lacerata, nella costrizione e nella sofferenza che si libera nel sangue.



11 GESU’ E’ CROCEFISSO Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: <<Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!>>. Ma l’altro lo rimproverava: <<Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male>>. E aggiunse: <<Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno>>. Gli rispose: <<In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso>>. Mc 15,25.27; Lc 23,39-43

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Pochi istanti prima della morte di Gesù, in quest’opera, Verio coglie nella raffigurazione in quel volto tumefatto, bagnato di sangue, Cristo all’apice della sofferenza, tanto da riportarci alla memoria le ultime parole di Gesù quando gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Il tutto si accentua sullo sfondo con l’altro personaggio Crocifisso, urlante, definendo nella durezza dei toni di matrice espressionistica, in quel taglio insolito, la visione della composizione nella sua tragicità cruenta.



12 GESU’ MUORE SULLA CROCE Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: <<Elì, Elì, lemà sabactàni?>>, che significa: <<Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?>>. E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono. Mt 27, 45-46. 50-52

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Piangete con me, figlie di Astarte, e voi tutte che Tammuz amate. Chiedete al vostro cuore che si sciolga e salga al viso, e ne fluisca in rosse lacrime di sangue. Perché Colui che d’oro era e d’avorio or non è più. Nella foresta tenebrosa l’ha sorpreso il verro (…) e mai più i Suoi passi potranno ridestare i semi sopiti in grembo alla ridente primavera. La Sua voce più non verrà alla mia finestra con l’aurora: sono sola per sempre, eternamente sola. Piangete con me, figlie di Astarte. (…) Lui che parlava come parlano i fiumi. Lui la cui voce del tempo era gemella. Lui sulla cui bocca era delizia la vermiglia pena. Lui sulle cui labbra nettare si faceva fiele. (…) Vi imploro, figlie di Astarte, e voi tutte che Tammuz amate: scopritevi il petto e piangete con me e offritemi conforto, perché Gesù, Gesù di Nazareth è morto. La donna di Biblos: lamento funebre da “Gesù figlio dell’uomo” di G. K. Gibran

Rappresentazione toccante della fine dell’agonia esaltata artisticamente nel corso dei secoli da molti artisti, con Verio conserva gran parte della tradizione artistica nazionale legata alle composizioni duecentesche, ma riesce a trarre modernità in quello sfondo dalle soluzioni cromatiche con le quali il paesaggio diviene energia pura, morte sulla croce dalla quale si genera la vita eterna.



13 GESU’ E’ DEPOSTO DALLA CROCE C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisone e all’operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce. Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato. Lc 23, 50-54

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Chiaro in questi termini è il riferimento alla figura di Alberto Chiancone nell’opera Deposizione, anche se Chiancone è più poetico, più plastico, mentre Verio accentua il senso del dramma nella rigidità del Cristo bilanciato dal volto smarrito di Giuseppe d’Arimatea che si integra alla tragedia vissuta dal compianto della Madonna.



14 GESU’ E’ DEPOSTO NEL SEPOLCRO

Giuseppe d’Arimatea prese il corpo di Gesù, vi andò anche Nicodemo e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Gv 20, 38-41

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Giuseppe depone Cristo nel sepolcro, ed in questo svolgimento Verio esprime la tragedia del distacco terreno in quei volti attoniti, con evocazioni da Chiancone a Pisani, interpretando la celebrazione del momento del dramma nel distacco dalla vita terrena, in quello sfondo indeterminato di figure di picassiana memoria. Distacco terreno e corporale, ma, nei volti rassegnati, comunque ricco di fede e di speranza.



15 RESURREZIONE

Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, le donne si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essi dissero loro: <<Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato.>>. Lc 24, 1-6

Voglio affermarlo ancora una volta: morendo, Gesù di Nazareth ha sconfitto la morte ed ha resuscitato dal Sepolcro la forza dello Spirito. Egli ha illuminato la nostra solitudine, ed ha colmato di sé i giardini del nostro mistico ardore. Non è vero che Egli giace là in quella fenditura della roccia, dietro il grande masso. Noi che lo amammo lo vedemmo con questi nostri occhi che Lui stesso ci diede per vedere, e lo toccammo con queste nostre mani, cui fu Lui ad insegnare a protendersi.(…) Enorme è l’abisso che corre tra coloro che lo amano e coloro che lo odiano, tra quanti credono in Lui e quanti non hanno fede. Ma quando gli anni avranno gettato un ponte su quell’abisso, capirete che quell’uomo che abitava i nostri cuori era immortale, ed era Figlio di Dio, come lo siamo noi.

Maria Maddalena, trent’anni più tardi da“Gesù figlio dell’uomo” di G. K. Gibran 42

La caratteristica ascensione del Cristo, nell’opera, dona un senso di movimento inteso come energia pura, ultraterrena che si sprigiona in un singolare movimento di proiezione verso l’alto ricco di dinamismo plastico e di matericità ricercata nell’alternanza dei colori.



Francesco Verio Napoli, 1° giugno 1959 - Pittore Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte (allievo di E. Cajati e A. De Siena) e l’Accademia di Belle Arti (allievo di A. De Stefano) di Napoli terminando gli studi nel 1982. Dal 1978 inizia ad esporre in mostre collettive e nel 1985 tiene la sua prima esposizione personale. La sua attività si accosta e sviluppa, in un percorso in continua evoluzione, le suggestioni pittoriche dei protagonisti, figurativi, del novecento napoletano (Brancaccio, Chiancone, Striccoli, Viti, Vittorio, Lippi…) con maggiori accenti espressionisti e simbolisti. Dagli anni ottanta insegna Discipline Pittoriche negli Istituti d’Arte e nei Licei artistici di Napoli e provincia (attualmente è docente presso il Liceo Artistico di Cardito). Nel 2000/01 ha tenuto un corso di Disegno dal vero presso l’ISD Istituto Superiore di Design di Napoli. Ha collaborato all’organizzazione di talune mostre e al coordinamento di alcuni cataloghi. Ha esposto con personali e/o collettive in diverse gallerie d’arte tra cui: Studio d’Arte 43, Mediterranea, Serio, Arte Contemporanea Studio, Diapason, Neoarte, Immagine Nea, MA, Spazio Arte, Le Muse, Accademia G. Gigante, Il ramo d’oro e L’Atelier di Napoli, La Boheme di Aversa, Helicon Art di Roma, La Bottega delle Arti di Mola di Bari, Galleria Cinquantasei di Bologna. Presente a varie edizioni di Arte Padova, Expo Arte di Bari, Contemporanea di Forlì, Arte Expo Udine. Tra le esposizioni più recenti si segnala la partecipazione nelle seguenti rassegne: “Percorsi d’Arte Contemporanea - Gli anni 80/’90”- Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina (1998); “Attraversamenti - dal figurativo all’informale” - Casina Pompeiana, Napoli (2000); “Convergenti divergenze” - S. Maria La Nova, Napoli (2001); “Mitografia di una Maschera” Museo di Pulcinella, Castello Baronale di Acerra (2002); “Chiaja in Europa”, Napoli (2002); Inquadrato, Galleria Movimento Aperto, Napoli (2003); XV Porticato Gaetano, Gaeta (2003); “L’arte va a scuola…e la scuola va all’arte”, nell’ambito del Maggio dei monumenti, Sala Corradino di Svevia, Napoli (2004); “La riggiola”, Museo della Scuola Elementare Enrico Toti, Ponticelli (2004); Spiraglio, casa Campanelli, Porto d’Ascoli (2004); “Padri e figli d’arte”, Accademia G. Gigante, Napoli (2005); “Spazium 05”, L’Atelier, Napoli (2005); “Novecento pittura e scultura”, Galleria d’Arte Cinquntasei, Bologna (2005/06); “La riggiola”, Terminal Circumvesuviana, Napoli (2006); “Al caro Giorgio Gaber”, mostra itinerante: Napoli, Circolo Artistico-Roma, Libreria Tombolini-Milano, Libreria Bocca (illustrato in catalogo, Ed. Bocca, Mi, 2006)-(2006). Sue opere si trovano presso: la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina; il Museo di Pulcinella, Castello Baronale di Acerra (Na); il Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ‘900 “G.Bargellini”, Pieve di Cento (Bo); il Comune di San Giorgio a Cremano (Na); la sacrestia della Chiesa di S.Alfonso dei Liguori, Cancello Scalo (Ce); collezione del Comune di San Nicola la Strada (Ce); la Pinacoteca d’Arte Contemporanea “Massimo Stanzione” di Sant’Arpino (Ce); nel pannello di mattonelle policrome, eseguite da più artisti, nella Stazione Circumvesuviana del Centro Direzionale di Napoli e in diverse collezioni private italiane.

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Bibliografia essenziale: AA.VV., Francesco Verio, Artigrafiche VIMA, Scafati, marzo 2000 (con ulteriore bibliografia). Arte Moderna, n. 36, Mondadori, Milano, 2000. Francesco Tetro (a cura di), Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Comune di Latina, Editrice Pair 2000, Latina, 2000. (pag. 278). Rosario Pinto, La pittura napoletana del novecento, Istituto Grafico Editoriale Italiano, Napoli 2002. (pag. 259, 260, 370). C.Negro, F. Alessio, M. Baiano, U. Piscopo, l’arte va a scuola…e la scuola va all’arte - Incontri tra l’Arte Contemporanea e la Didattica, Sala Corradino di Svevia, “32° Circolo Didattico SM Caduti di Via Fani”, Napoli, 2004. Rossana Bossaglia (a cura di), Novecento pittura e scultura, Edizioni Cinquantasei, Bologna, 2005. (pag. 246, 247). Luigi Verolino (a cura di), La riggiola, In-Contro, Napoli, 2005. Si sono interessati dell’attività di Francesco Verio le seguenti personalità: G. Amodio, A. Avitabile, F. Alessio, M. Balzano, A. Buonincontro, R. Bossaglia, A. Calabrese, A. Capozzi, C. Cennamo, S. Chiancone, V. Corbi, V. Como, P. de Ciuceis, p. della Volpe, A. De Rose, G. Di Genova, M. Di Mauro, A. d’Orsi, T. Esposito, G. Falossi, F. Guerriero, L. Irace, P. Mancini, P. Mamone Capria, M. Maiorino, l. Maurelli, V. Milani, A. Montano, V. Montella, A. Naddeo, R. Notte, A. Sibilio Murolo, D. Murolo Landi, C. Negro, G. Nocentini, A. Pellegrino, C. Pelella, R. Pinto, U. Piscopo, D. Raio, D. Ricci, S. Romano, L. Scateni, V. Scozzarella, I. Sgherzi, C. Tarsia, F. Tetro, T. Tricarico, I. Valente, R. Valentini, N. Valentini, I. Verone, L. Verolino, B.M. Varriale, M. Vitiello, A. Zolfino. Vive e lavora a Napoli. Studio: via Cimarosa, 37, 80127 Napoli - Cell.: 3395936987 Sito internet: www.francescoverio.it Email: info@francescoverio.it

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Mostre personali 1985 1986 1990 1991 1992 1994 1997 1998 2000

2001 2002 2003 2004 2005

Studio d’Arte 43 - Napoli (presentato in catalogo da Carla Pelella) Arte Contemporanea Studio - Napoli Autosalone Marino Telese - Arienzo (Ce) Opere 1980-1991, Mediterranea Galleria d’Arte - Napoli Opere 1990-1992, Mediterranea Galleria d’Arte - Napoli (presentato in catalogo da Isabella Valente) Serio Galleria d’Arte - Napoli (alla manifestazione è conferita l’alto patrocinio morale della Regione Campania) Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Amalfi - Amalfi (Sa) “L’Atelier in mostra, dipinti e grafiche”, Napoli (presentato in catalogo da Paolo Mamone Capria) “Methaphora” Pulcinella nella pittura di Francesco Verio, Museo di Pulcinella, Castello Baronale - Acerra (Na) (presentato in catalogo da Aniello Montano) Dipinti dal 1992 al 1999, Spazio Arte - Napoli (presentato in catalogo da Roberto Valentini) Expo Arte di Bari (stand Spazio Arte, Napoli) - Bari (distribuita la prima monografia dell' artista con testi di AA.VV., ed. VIMA, Scafati, 2000) Inediti, Spazio Arte - Napoli Francesco Verio, Spazio Arte - Napoli Opere 2001-2003, Spazio Arte - Napoli “Percorsi” Oli Mosaici Grafiche, “Le Muse” - Napoli Impronte figurative, Istituto Comprensivo Statale “32 CD - SM Caduti di Via Fani” Sala Corradino di Svevia - Napoli Francesco Verio, La Bottega delle Arti - Mola di Bari (Ba) Scrutando le donne, l’Atelier - Napoli

Francesco Verio Crocifissione, 1973/74

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I dipinti della Via Crucis di Francesco Verio sono stati eseguiti tra il 2005 e il 2006 e realizzati con tecnica ad olio su tela nel formato di cm 100x120. Solo il dipinto Resurrezione ha un formato verticale di cm 150x100. L’olio Omaggio a Giovanni Paolo II misura, invece, cm 100x70 ed è stato eseguito nell’aprile 2005.


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