Tesina

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SARA TOFFOLI

LA BISCOTTERIA VE NE TA


CE NNI S TORI CI E GEOGRAFI C I La nascita della cucina veneta moderna risale all’epoca Rinascimentale. Ciò che ha segnato un passo importante nello sviluppo della cucina veneta è stato senza dubbio l’incessante espandersi del commercio veneziano verso altri luoghi e parti del mondo. Il dominio della Serenissima ha consentito di far giungere a Venezia e nei territori veneti in generale una serie di prodotti che precedentemente non erano nemmeno conosciuti dalla popolazione. L’esempio più famoso e probabilmente più importante riguarda l’introduzione delle spezie. Le spezie costituiscono un ruolo molto importante nella cucina veneta che, a differenza di altre culture gastronomiche che utilizzavano le spezie per conservare gli alimenti, ne diede una nuova interpretazione per creare nuove pietanze. I Veneziani furono grandi trasportatori di spezie come pepe, cannella, chiodi di garofano e uvetta di Corinto, usate per preparazioni dolci e salate; si pensi all’uvetta utilizzata sia per il “saòr” che per dolci preparazioni di pasticceria. Tali spezie (dette anche droghe) erano molto care, basti pensare che un sacchetto di pepe poteva essere lasciato in eredità come un bene di notevole valore, ma spesso utilizzate a Venezia sia per stemperare il cattivo sapore di una carne non ottimamente conservata, che anche per far bere più vino nelle osterie. La cucina veneziana ha origini rustiche, ma i traffici con l’entroterra e il mare, dal Nord Europa al medio e estremo Oriente, ai tempi dello splendore repubblicano ne hanno arricchito e variegato a dismisura il ricettario. I galeoni della Serenissima di ritorno da lunghi viaggi portavano nella città lagunare il sale, il pepe, lo zenzero e persino lo zafferano dalla lontana Cina: spezie a quel tempo sconosciute, capaci di stimolare la fantasia dei cuochi locali che dettero vita a un’ arte culinaria unica nel suo genere. Naturalmente le ricette variano anche all’interno del territorio veneto. L’Anonimo veneziano nel suo libro, fonte inesauribile di ricette, conferma come il gusto orientale, che ha dominato la cucina veneziana caratterizzata da grandi elaborazioni e sontuosità, sia una caratteristica che manca alla cucina dell’entroterra, rimasta per di più povera e legata a pochi alimenti.

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Tutta la gastronomia veneta è delineata da quattro elementi principali: polenta, riso, fagioli, baccalà. Il riso arrivò dal mondo arabo in seguito ai commerci veneziani con l’Oriente, a partire dal 1500 venne coltivato anche nelle terreni alcalini del veronese, nel caratteristico tipo vialone nano oggi protetto dal marchio DOP. La farina di mais, impiegata in alcune tipiche preparazioni della cucina in generale e della pasticceria in particolare, arrivò nel 500 imposta dalla Serenissima (detta “granturco” e chiamato in questo modo perchè considerato un cereale straniero, quindi “turco”), seppur nella generale diffidenza dei coltivatori verso ogni cosa nuova. A questo proposito e in vista di una ricetta che verrà proposta successivamente, tratta da “la nuova cucina economica” del romano Vincenzo Agnoletti pubblicata nel 1814, ecco la ricetta dei “Zaletti alla Veneziana”, dolci tipici ancora oggi molto diffusi, mentre discussa è la derivazione del nome che può significare “gialletti” in riferimento alla farina di mais utilizzata per prepararli, oppure “galletti” dovuta alla forma di galletti che spesso si da a questa pasta. Il Veneto è arguto anche nella lingua; Venezia ne ha plasmato lo spirito mercantile per secoli, abituandolo a muoversi tra la tradizione e la modernità, tra la conservazione delle proprie radici e la messa a frutto intelligente dell’esotico. I dolci tipici sono spesso preparazioni a carattere tipicamente locale, ma alcuni come il “bussolà” o le “lingue di gatto” hanno allargato la fama oltre i confini della regione. Andiamo ora a vedere alcune ricette tipiche della biscotteria veneta...

“Zalletti alla veneziana: mescolate insieme tre libbre di farina di formento con una libbra e mezza di farina di granturco settacciata ben fina, indi, fattegli un buco nel mezzo e stemperateci una pagnotta di lievito con acqua tiepida a discrezione. Dopo dieci ore, uniteci altre tre libbre di farina di formento, con un’altra libbra e mezza di quella di granturco, mezz’oncia all’incirca di sale, due libbre di butirro fresco, un pizzico di anisi, un poco di scorretta trita di cedrato o di portogallo (= arancio) e tre libbre di zibibbo ben mondato e lavato; fatene con acqua tiepida una pasta maneggevole e piuttosto tenera, indi formatene tanti grossi bastoncelli schiacciati lunghi un dito sopra le tielle e poneteli in una stufa tiepida; allorchè saranno lievitati a suo punto, indorateli con uova sbattute e fateli cuocere al forno di ben colore, quindi, se volete, glassateli con zucchero a tiraggio, fate asciugare la glassa, e serviteli ben caldi sopra una salvietta. Se invece di due libbre di butirro, metterete due libbre e mezza, saranno migliori”

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ZAETI 100 g uva sultanina 150 g burro 100 g di farina di mais gialla 300 g di farina 00 1 pizzico di sale fino 2 bustine di vanillina la buccia grattuggiata di mezzo limone 1 bustina di lievito 1 uovo 3 tuorli 150 g di zucchero semolato 30 g di pinoli

Luogo di provenienza e diffusione: TREVISO / PADOVA / VENEZIA PROCEDIMENTO: • Mettere a bagno l’uvetta in acqua tiepida e nel frattempo montare il burro, precedentemente ammorbidito, insieme a zucchero, sale, vanillina e buccia di limone grattuggiata. • Unire le uova, il lievito, l’uvetta e i pinoli. Aggiungere all’impasto le due farine setacciate insieme. • Formare con l’impasto dei cilindri e ricavarne delle losanghe dello spessore di 1 cm e lunghe 4 cm. • Cuocere in forno già caldo a 175° C per 15/18 minuti. • Sfornare, lasciar raffreddare e servire con una spolverata di zucchero a velo.

CURIOSITÀ: I “Zaletti” vengono già citati nella commedia di Carlo Goldoni “La buona moglie ” del 1749, come ricorda Giampietro Rorato ne “La cucina di Carlo Goldoni a tavola nella Venezia del Settecento”. Si sono poi diffusi anche nella provincia di Treviso dove, già a inizio secolo, era presente nella tradizione culinaria e nella provincia di Padova dove vengono prodotti aggiungendovi le giuggiole dei Colli Euganei.

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PEVARINI Luogo di Provenienza e diffusione: COMUNE DI CHIOGGIA (VE) PROCEDIMENTO: • Dopo aver fatto sciogliere il burro vi si aggiungono il sale, il pepe e le altre spezie. • Si addizionano dunque la farina e il lievito e si impasta. • Il tutto viene quindi lasciato riposare per circa 30 minuti e poi si pone in una spianatoia e con l’aiuto di un mattarello se ne fa una sfoglia sottile. Con degli stampini si ritagliano i pevarini e si sistemano in una teglia oleata e infornati per 15 minuti a circa 180 °C. dopo la cottura si lasciano raffreddare e si consumano o conservano in sacchetti di plastica ben chiusi.

350 g di farina 100 g zucchero 100 g miele 100 gr burro 1 cucchiaio di lievito pepe nero (opzionale l’aggiunta di altre spezie come cannella, chiodi di garofano, noce moscata, zenzero) 1 pizzico di sale

CURIOSITÀ: I pevarini si trovano in commercio presso alcuni rivenditori sia nel veneziano che nel padovano ma in alcune osterie si possono ancora trovare, come un tempo, in vasi di vetro.I pevarini appartengono all’antica tradizione chioggiotta della produzione di dolci secchi che potessero durare a lungo. Prendono il loro nome dall’aggiunta del pepe nell’impasto, che dona al prodotto un gusto leggermente piccante. Nell’antica ricetta si aggiungeva all’impasto una fialetta d’anice. Testimonianze della sua tradizionalità sono reperibili sul testo: La cucina Chioggiotta. Tradizioni e Curiosità nell’800.

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Biscotti Baicoli 400 g di farina 70 g di burro 50 g di zucchero 1 albume 15 g di lievito di birra 1 dl di latte sale

Luogo di Provenienza e diffusione: VENEZIA PROCEDIMENTO: • Impastare 70 grammi di farina con il lievito e il latte. Formare una palla, coprirla e lasciarla lievitare per trenta minuti circa. Riprendere il panetto e impastarlo di nuovo per dieci minuti con la rimanente farina, lo zucchero, cinquanta grammi di burro, l’albume e un pizzico di sale. Dividere l’impasto ottenuto in 4 parti. • Formare altrettanti cilindretti lunghi 28 cm, sistemarli sulla placca da forno imburrata, un poco distanziati, coprirli con un telo e lasciateli riposare per 1 ora e 30 minuti. Cuocere la pasta nel forno già caldo a 180 °C per 10 minuti; sfornarla, lasciarla raffreddare, coprirla con un telo e farla riposare per 2 giorni. • Trascorso questo tempo, tagliare obliquamente i filoncini a fette spesse circa 2 mm. Scaldare la placca, sistemarvi i baicoli e metterli nel forno già caldo a 170 ‘C, facendoli dorare da entrambe le parti. Sfornare i biscotti, lasciarli raffreddare e, se non vengono serviti subito, conservarli in una scatola ben chiusa fino al momento di consumarli. CURIOSITÀ: da ormai due secoli il biscotto più caratteristico di Venezia è il Baicolo. Fu creato nel settecento dalle panetterie per le botteghe del caffè ed era di moda servirlo con lo zabaione, dove poteva essere intinto (o “tocià” in dialetto veneto). Era anche un biscotto talmente secco tanto che era il dolce dei commercianti veneziani che facevano lunghi viaggi in mare: se conservato in scatole di latta, poteva mantenere la sua fragranza per lunghi periodi senza subire l’attacco dell’umidità e del tempo. Ha la forma di sottilissime fettine di pane e per questo motivo assomiglia ai piccoli branzini di laguna, i baìcoli: da qui il suo nome. La sua preparazione richiede una lunga e complessa lavorazione, prevede due momenti di lievitazione e una doppia cottura in forno.

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Rufioi Provenienza E Diffusione: VERONA PROCEDIMENTO: • Frullare gli amaretti e le mandorle, tagliate a pezzetti piccoli i cedrini. • Preparare il ripieno amalgamando insieme in un recipiente gli amaretti, le mandorle, la grappa, i cedrini, lo zucchero e la marmellata. • Prendere il resto degli ingredienti e preparare un impasto che stenderete con il mattarello. • Una volta che la pasta e pronta e stesa, tagliarla a rettangoli e al centro di ognuno mettete un po’ di ripieno e serrarli alle estremità. • Inumidire ogni bordo del rettangolo con dell’uovo sbattuto per non far fuoriuscire il ripieno durante la cottura. • Mettere l’olio per la frittura in una pentola e quando sarà bollente versateci i rufioi che quando saranno cotti spolverizzerete con dello zucchero a velo.

500 g di farina tipo 00; 4 uova; 4 cucchiai di zucchero; 80 g di burro; ½ bicchiere di grappa secca; ½ bicchiere di latte; una presa di sale; 50 g di zucchero a velo; olio per friggere

Per il ripieno: 200 g di amaretti 200 g di mandorle sbucciate dolci 2 sacchetti di cedrini ½ bicchiere di grappa secca 100 g di zucchero 4 cucchiai di marmellata di susine

CURIOSITÀ: sono dolcetti veronesi di origine rinascimentale, tipici della zona dei Cologna ai Colli, la tradizione li vuole preparati il 17 gennaio per la festa di Sant’Antonio. Vi è dedicata anche una maschera di carnevale, il RE RUFIOLO.

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Fave dei morti 200 gr. di mandorle 250 gr. di zucchero 120 gr. di farina “00” bianca mezza bustina di cannella 1 noce di burro o strutto 2 uova 1 scorza di limone

Vini consigliati: Torbolino vino veneto dolce, poco fermentato.

Provenienzae Diffusione: VENEZIA PROCEDIMENTO: • Tostare le mandorle in forno, quindi pestarle finemente insieme con lo zucchero fino e passandole più volte al setaccio. • Unire questa polvere con la farina e formare sulla spianatoia una fontana entro la quale versare l’uovo sbattuto, il burro o lo strutto fuso, la cannella in polvere e la scorza grattata di mezzo limone. • Impastare a lungo per amalgamare bene tutti gli ingredienti, quindi formare tanti cilindri poco più grandi di un pollice e tagliarli a pezzi lunghi 4-5 cm. • Schiacciare successivamente questi cilindri e formare degli ovali simili a grosse fave alte mezzo centimetro circa, disporli in una teglia unta sul fondo con burro o strutto e metterla al forno non molto caldo (140°) per una mezz’ora circa, fino a quando non saranno imbionditi. Le fave dei morti diventeranno belle croccanti e potranno essere conservate anche a lungo, in un vaso di vetro chiuso.

CURIOSITÀ: Le fave, come legumi, fin dal tempo degli etruschi e dei romani erano un cibo usato nei banchetti in onore dei defunti, perché considerato alimento di espiazione.

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Esse Buranei/Bussolai Provenienza E Diffusione: BURANO (VE) PROCEDIMENTO: • Versare la farina a fontana sulla spianatoia e preparare una frolla lavorando velocemente tutti gli ingredienti versati al centro della farina disposta a fontana sulla spianatoia. Far riposare la pasta in frigo per circa mezz’ora. • Riprendere la pastafrolla e formare dei rotolini grossi come un dito, tagliare delle barrette e dare loro la forma della lettera “esse” (o a ciambellina se si vogliono realizzare i bussolai) • Mettere i biscotti sulla piastra del forno e infornare a 180° per circa 20 minuti. • Far raffreddare prima di servire.

farina di tipo 00 1kg zucchero 200g burro 150g limone la buccia grattugiata di 1 lievito di birra 50g vino bianco secco 1⁄2 bicchiere sale

Vini consigliati: Passito, vin santo.

CURIOSITÀ: Sono biscotti tipici dell’ Isola di Burano famosa per i merletti e per i Buranèi che sono biscottini proposti a forma di ciambelline (Bussolai) oppure a forma di Esse. Di origine veneta e in seguito istriana e triestina, si preparavano in occasione delle feste e in particolare della Cresima. “Chi ga santoli ga buzzolai”, dice infatti il proverbio (i padrini regalavano ai figliocci una ghirlanda abbondante di questi dolcetti), perché si sa che: “bezi, basi e bussolai no i xe boni se no i xe assai”.

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Crostoi o Galani

400 gr. di farina bianca 70 gr. di burro 50 gr di zucchero 100 ml di latte 1 bicchierino di grappa ( rum o cognac) limone 2 uova olio sale

Provenienza e Diffusione: TREVISO / VENEZIA PROCEDIMENTO: • Battete le uova, con lo zucchero, unite il liquore, un pizzico di sale, la buccia di limone e lavorate l’impasto unendo una parte di latte tiepido. • Mettete la farina sul piano di lavoro, aggiungete il burro, l’impasto con le uova e se necessario il latte restante. • Lavorate la pasta e stendetela sottile. Tagliatela a strisce che poi annoderete. • Friggete i nodi o crostoli in olio bollente; sgocciolateli disponeteli sul piatto cosparsi di zucchero.

CURIOSITÀ Galani (a Venezia), Crostoi (a Treviso): Tipico dolce del carnevale, saporito e leggero, fragilissimo e vaporoso, con forme bizzarre, diffuso anche in tutto il territorio regionale. Il nome deriva da “galàn”, cioè nastro, nella versione veneziana e da “crosta” per la friabilità del dolce, nella denominazione trevigiana. Si possono assaggiare nel periodo del carnevale.

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Conclusioni: la biscotteria veneta è accumunata da ingredienti e sapori semplici, di facile reperibilità . Meno facile è stato invece reperire le ricette e le informazioni su tali preparazioni. Il che fa pensare che la diffusione sia prevalentamente, anche se non completamente, estesa a livello strettamente locale, verbale o familiare. Si spera in futuro di andare incontro a una piÚ ampia diffusione in Italia, e non solo, delle ricette venete, prezioso patrimonio gastronomico del passato oltre che piacere gastronomico del presente!

Fonti tratte dal web

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