Msoi thePost N102

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Il Settimanale di M.S.O.I. Torino


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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Cecilia Nota, Segretario M.S.O.I. Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di M.S.O.I. Torino, si propone come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulta riconoscibile nel mezzo di informazione che ne è l’espressione: MSOI thePost non è, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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REDAZIONE Direttore Editoriale Jacopo Folco Direttore Responsabile Davide Tedesco Vice Direttori Giusto Amedeo Boccheni, Pilar d’Alò Caporedattori Giusto Amedeo Boccheni , Luca Bolzanin, Pilar d’Alò, Luca Imperatore, Pauline Rosa Capi Servizio Rebecca Barresi, Giusto Amedeo Boccheni, Luca Bolzanin, Lucky Dalena, Pierre Clement Mingozzi, Sarah Sabina Montaldo, Daniele Pennavaria, Leonardo Scanavino, Chiara Zaghi Media e Management Daniele Baldo, Guglielmo Fasana, Anna Filippucci, Vladimiro Labate, Jessica Prietto Editing Lorenzo Aprà, Adna Camdzic, Amandine Delclos Copertine Virginia Borla, Amandine Delclos Redattori Gaia Airulo, Erica Ambroggio, Elena Amici, Amedeo Amoretti, Andrea Bertazzoni, Micol Bertolino, Luca Bolzanin, Davide Bonapersona, Maria Francesca Bottura, Fabrizia Candido, Daniele Carli, Debora Cavallo, Emanuele Chieppa, Giuliana Cristauro, Andrea Daidone, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Federica De Lollis, Francesca Maria De Matteis, Ilaria di Donato,Tommaso Ellena, Guglielmo Fasana, Anna Filippucci, Alessandro Fornaroli, Corrado Fulgenzi, Francesca Galletto, Lorenzo Gilardetti, Lara Amelie Isai-Kopp, Luca Imperatore, Michelangelo Inverso, Vladimiro Labate, Giulia Marzinotto, Simone Massarenti, Rosalia Mazza, Davide Nina, Pierre Clement Mingozzi, Alberto Mirimin, Chiara Montano, Sveva Morgigni, Virginia Orsili, Daniele Pennavaria, Barbara Polin, Jessica Prieto, Luca Rebolino, Jean-Marie Reure, Valentina Rizzo, Giacomo Robasto, Clarissa Rossetti, Federica Sanna, Martina Santi, Martina Scarnato, Edoardo Schiesari, Jennifer Sguazzin, Stella Spatafora, Elisa Todesco, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Leonardo Veneziani, Alessio Vernetti, Elisa Zamuner. Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


EUROPA 7 Giorni in 300 Parole BELGIO 23 aprile. Salah Abdeslam e Sofien Ayari sono stati condannati, a Bruxelles, a 20 anni di reclusione. Diversi i capi di accusa, tra i quali spiccano terrorismo e omicidio. Sebbene la condanna sia collegata alla sparatoria avvenuta, nel 2016, contro la polizia di Bruxelles, Salah Abdeslam è stato indicato come uno dei “responsabili degli attentati di Parigi” avvenuti nel 2015. GERMANIA 22 aprile. Eletta al congresso straordinario di Wiesbaden, Andrea Nahles, prima leader donna del Partito Socialdemocratico di Germania (SPD), con il 66,35% dei voti. A lei il compito di stabilizzare nuovamente il Partito e di decidere del futuro della terza Große Koalition. GRECIA 22 aprile. I migranti del campo di Moria, per la maggior parte siriani e afghani, accampati nella piazza della città di Mitilene in attesa di risposte più incisive sul diritto d’asilo, sono stati aggrediti da un gruppo di militanti di estrema destra presenti sul territorio di Lesbo. È stato necessario l’intervento della polizia per sgomberare la piazza.

ITALIA 24 aprile. In seguito al mandato esplorativo ricevuto dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, il presidente della Camera,

ACCORDO UE-MESSICO PER LA RIMOZIONE DI TARIFFE E BARRIERE

Si rafforza la partnership commerciale con l’eliminazionedel 99% dei dazi su numerosi prodotti agricoli

Di Matteo Candelari Lo scorso 21 aprile è stato raggiunto un accordo politico tra Unione Europea e Messico per la rimozione del 99% dei dazi negli scambi commerciali. Prodotti come pasta, cioccolato, formaggi e carne di maiale non saranno più soggetti ad alcun tipo di tariffa doganale. È inoltre previsto il riconoscimento di 340 prodotti IGP (indicazione geografica protetta), arrivando a un totale di 450, in modo da impedirne le imitazioni e le contraffazioni. Sono state anche introdotte alcune clausole che rimandano al rispetto degli impegni presi sul clima a seguito della Conferenza di Parigi. Tale accordo dovrebbe essere formalizzato entro fine anno per poi essere sottoposto all’approvazione di Consiglio e Parlamento UE. La nuova intesa tra Unione Europea e Messico aggiorna quella precedentemente in vigore dal 2000. Da quell’anno, l’interscambio di beni e servizi tra UE e Messico è costantemente aumentato fino a raggiungere circa 77 miliardi di euro, mentre le esportazioni dell’Unione Europea verso il partner centramericano hanno superato i 48 miliardi di euro. Secondo i dati della Commissione Europea lo scambio di beni e servizi tra Messico e Unione Europea è cresciuto,

dal 2000 a oggi, del 148%. Il Messico, grazie al progressivo intensificarsi delle relazioni, è diventato il secondo partner commerciale dell’UE in America Latina dopo il Brasile. Sono state molto positive le reazioni a tale intesa da parte della Commissione Europea. Il presidente Juncker ha parlato di un passo importante nelle relazioni bilaterali tra Messico e UE: “Con questa intesa il Messico si aggiunge a Canada, Giappone e Singapore nella lista dei Paesi che vogliono lavorare con l’Ue per difendere un commercio equo e aperto”. Per quanto riguarda il fronte interno, il ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, ha affermato l’importanza“del principio di equa ripartizione dei benefici del commercio e rispetto di alti standard sociali ed ambientali”. Di tutt’altro parere invece la Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti), secondo la quale l’accordo rappresenta una scelta “autolesionista”, in quanto permetterà al Messico di “produrre e vendere oltre il 90% degli 817 prodotti a denominazione di origine nazionali riconosciuti in Italia e nell’Unione Europea, come il Parmesano, i salamini italiani e il vino Dolcetto Made in Messico”. MSOI the Post • 3


EUROPA Roberto Fico, ha dato avvio alla prima sessione di consultazioni, incontrando le delegazioni del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle. L’obiettivo sarebbe quello di vagliare la possibilità di formare un governo guidato dai due partiti in questione. Il mandato del Presidente della Camera si conclude il 26 aprile. REGNO UNITO 25 aprile. Il Parlamento è stato chiamato a votare sulla divisione di poteri post Brexit. I Lord hanno bocciato nuovamente le proposte della premier, Theresa May. Il potere decisionale del Regno Unito, che verrà incrementato con l’uscita dall’Unione Europea, dovrà essere distribuito tra ministri e parlamentari e non dovrà, invece, contribuire ad ampliare i poteri della Premier.

UNGHERIA 21 aprile. Seconda protesta di massa in seguito alla vittoria delle elezioni da parte di Viktor Orban, divenuto, il 9 aprile, premier d’Ungheria per la terza volta. In decine di migliaia hanno protestato contro il controllo dei media operato dal governo. Le manifestazioni rivolte ad ottenere una maggior libertà di stampa non risultano nuove in Ungheria, ma, in questo caso, secondo i manifestanti, sarebbe stato proprio il controllo dei mezzi di comunicazione a far ottenere al Premier la sua terza vittoria. A cura di Rosalia Mazza 4 • MSOI the Post

ANDREA NAHLES ELETTA PRESIDENTE DELL’SPD

È la prima donna nei 155 anni di storia del partito tedesco

Di Alessio Vernetti Domenica 22 aprile Andrea Nahles è stata eletta Presidente dell’SPD. Il congresso, verso cui l’attuale vice cancelliere Olaf Scholz ha traghettato il partito, si è reso necessario in seguito alle dimissioni presentate da Martin Schulz lo scorso febbraio, dopo il tracollo al 20% subito alle elezioni federali del 2017. Nahles ha ottenuto la maggioranza della convention del partito più antico della Germania con il 66,35%: si tratta di una percentuale inferiore a quella prevista, dal momento che gli analisti si attendevano che almeno tre quarti degli oltre seicento delegati tedeschi avrebbero votato per l’ex Ministra del lavoro e attuale capogruppo al Bundestag. La 47enne, nata in Renania-Palatinato, sconta probabilmente il contrastato dibattito che ha lacerato l’SPD prima del “sì” a una GroßeKoalition con la CDU/CSU della cancelliera Angela Merkel. Il risultato è infatti in linea con l’esito del referendum di inizio marzo tra gli iscritti al partito: anche in quell’occasione, due terzi dei votanti si era espresso in modo favorevole alla grande coalizione. Molti militanti socialdemocratici erano del resto convinti che, per innovarsi, il partito avrebbe

avuto bisogno di restare all’opposizione, rifiutando una nuova coabitazione con Angela Merkel. La sindaca di Flensburg Simone Lange, rivale della Nahles nella corsa alla Presidenza del partito, ha messo il dito nella piaga sostenendo che non si possa “rinnovare il partito essendo Presidente e allo stesso tempo capogruppo” dell’SPD, cioè “alla ricerca quotidiana di compromessi” con i rivali della CDU/CSU. Ma la neopresidente ha tenuto un discorso di insediamento appassionato, promettendo che il rinnovamento del Sozialdemokratische Partei Deutschlands è compatibile con la partecipazione all’Esecutivo. Nahles ha promesso di voler “creare una cornice per una società più digitalizzata” e di voler definitivamente risolvere il problema della fuga dei capitali all’estero. L’ex Ministra del lavoro si è anche espressa in modo contrario alla cancellazione dell’assegno sociale introdotto con Hartz IV, l’ultima riforma del welfare varata nel 2005. Guardando alle prossime elezioni federali del 2021, sembra così profilarsi un duello in rosa tra Andrea Nahles e Annegret Kramp-Karrenbauer, nominata da Angela Merkel segretaria generale dell’Unione Cristiano-Democratica lo scorso febbraio.


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole

STATI UNITI 23 aprile. Il vicesegretario di Stato John J. Sullivan ha incontrato, a margine del G7 di Toronto, il ministro degli Esteri giapponese Taro Kono. Durante il meeting, i due esponenti, si sono confrontati sulle loro reciproche relazioni, confermando l’intenzione di proseguire le congiunte azioni diplomatiche rivolte ad una totale denuclearizzazione nordcoreana. 24 aprile. Ricoverato presso l’ospedale Methodist di Houston, Texas, l’ex presidente degli Stati Uniti George H.W. Bush. Il malore, avvenuto il giorno seguente ai funerali della moglie, Barbara Bush, sarebbe stato causato da un’infezione. 24 aprile. Il presidente francese, Emmanuel Macron, e Donald Trump, si sono incontrati a Washington. Durante i 3 giorni di visita del leader europeo, i due esponenti si sono riuniti in un atteso incontro bilaterale. Centrale, nella discussione, l’attuale condizione dell’accordo sul nucleare iraniano. “Siamo aperti ad una nuova negoziazione per una nuova intesa”, hanno annunciato i due leader durante la successiva conferenza stampa. 26 aprile. L’FBI ha reso noto di aver catturato il presunto Golden State Killer. Il criminale, ricercato per oltre 40 anni, sarebbe stato l’autore di “12 omicidi, 45 stupri e 120 rapine”, avvenuti nello Stato della

NUOVI ALLEATI. E VECCHI NEMICI?

La politica estera di Trump in vista della dead line del JCPOA

Si è conclusa la visita della controparte francese, Emmanuel Macron, negli Stati Uniti e la politica estera del presidente Trump entra in una fase, se possibile, ancora più cruciale. Nonostante l’inquilino dell’Eliseo si sia espresso anche con toni assertivi e fermi su alcuni punti, spesso rivisitando alcuni degli slogan più noti del tycoon newyorkese (“Let’s make our planet great again”), le posizioni di Washington rimangono immutate. Fuori dall’accordo di Parigi, scetticismo nei confronti dei grandi patti commerciali globali, contrari all’accordo sul nucleare iraniano. Parlando con i reporter fuori dal congresso, Macron, ha dichiarato che tutte queste decisioni “sono state prese per ragioni di politica interna”. Partendo dal presupposto che l’affermazione in questione sia corretta (Trump non ha mai fatto mistero di avere come obiettivo principale quello di rendere il Paese grande creando il maggior numero possibile di posti di lavoro), non si può non notare che ognuna di queste decisioni ha ripercussioni globali. In particolare, la questione iraniana, solo uno dei dossier della politica estera a stelle e strisce, ma estremamente delicata ed importante per gli equilibri mediorientali. È un

tema talmente sensibile che 500 parlamentari francesi, tedeschi e inglesi hanno scritto una lettera comune ai membri del Congresso per convincerli a mobilitarsi affinché Trump non abbandoni l’accordo (il JCPOA, Joint Comprehensive Plan of Action) il 12 maggio, dead line fissata dalla stessa presidenza. In un’inchiesta del New York Times è stato evidenziato come l’impatto sul breve-medio periodo di una mossa in questa direzione, porterebbe alla fine di qualunque tipo di controllo sul programma nucleare ed una conseguente aumentata instabilità nella regione. Il rischio più grosso, secondo il NYT, sarebbe però sul lungo periodo e su un aspetto meno tangibile: la perdita di qualunque credibilità nei confronti delle controparti mediorientali e, di conseguenza, la diplomazia verrebbe vista come un inutile mezzo di composizione delle controversie. I risultati porterebbero dunque solamente ad una instabilità crescente e progressiva che vedrebbe il suo unico sbocco in una guerra con le potenze del Golfo ed Israele da una parte e l’Iran dall’altra. La direzione sembra oramai decisa, soprattutto dopo la nomina a National Security Advisor di Bolton, che solamente lo scorso agosto scriveva che “il Presidente [Trump] dovrebbe liberare l’America da questo patto illegale il prima possibile”.

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NORD AMERICA California. 27 aprile. Arrivata negli Stati Uniti la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Clima e immigrazione sono le tematiche sulle quali si attendono maggiori scontri. Come riportato da un portavoce del governo tedesco, “centrali, nei colloqui, saranno le sfide diplomatiche e sulla sicurezza”.

CANADA 22 aprile. I ministri degli Esteri del G7 si sono riuniti, nella città di Toronto, per “analizzare le ultime attività intraprese dalla Russia”. I lavori sono terminati nella giornata di lunedì 23 aprile. 23 aprile. Tensioni nella città di Toronto. 10 persone sono rimaste vittime della folle corsa messa in atto da un ragazzo a bordo di un furgone bianco. Alek Minassian, 25 anni e autore del gesto, è stato successivamente fermato e arrestato dalla polizia locale. Da quanto riportato dalle autorità, il gesto apparirebbe come un “atto deliberato”. 24 aprile. Il primo ministro, Justin Trudeau, ha annunciato l’imminente arrivo del premier portoghese António Costa. Il leader europeo si tratterà in Canada dal 2 al 5 maggio. 26 aprile. Julie Payette, governatore generale del Canada, si è recata negli Stati Uniti per prendere parte ad una serie di eventi incentrati sulle tematiche di scienza e tecnologia. Gli appuntamenti si sono svolti nelle città di Detroit e Chicago. A cura di Erica Ambroggio 6 • MSOI the Post

IN ALASKA AUMENTA I RISCHI CAUSATI DALLE TRIVELLE Il Canada reagisce per proteggere la fauna selvaggia

Di Martina Santi Sulla scia delle passate amministrazioni Repubblicane, anche l’attuale governo statunitense sembrerebbe interessato alla trivellazione dell’Arctic National Wildlife Refuge. La riserva naturale è storicamente nel mirino del GOP, che considera il territorio un terreno ricco per l’estrazione di gas e petrolio. La USGS, un’agenzia di scienze geologiche americana, ha infatti stimato che l’area potrebbe contenere fino a 11,8 miliardi di barili di greggio. Una ricchezza che, secondo l’ala Repubblicana al Congresso, potrebbe generare l’entrata di 1 miliardo di dollari, nel corso di 10 anni. Tuttavia, le stime concluse finora si fondano su rilevazioni divenute ormai datate e ottenute con strumenti obsoleti. Recenti indagini, invece, riportano stime più modeste, sostenendo anche la possibilità che l’area sia povera di estesi giacimenti di petrolio. Le intenzioni della Casa Bianca in merito all’ANWR hanno suscitato la reazione degli ambientalisti. Il Presidente dell’organizzazione no-profit The Wilderness Society ha descritto la decisione del governo“a backdoor gimmickdone […] to achieve a political goal”, come riporta un articolo del National Geographic. Gli ambientalisti considerano

la trivellazione della riserva una minaccia alla fauna che abita il territorio, il quale si attesta tra i meno contaminati al mondo. L’Arctic National Wildlife Refuge è, infatti, una ricca terra selvaggia che si estende per circa 19 milioni di acri. La riserva, oltre a ospitare orsi polari ed essere la casa di milioni di uccelli migratori, è anche l’habitat del caribù di Grant, una sottospecie della renna. La salvaguardia di questo animale è divenuta oggetto d’interesse del governo di Ottawa, che nel 1987 l’ha messa al centro di un accordo con gli Stati Uniti al fine di garantire la sua preservazione. In Canada, l’importanza del caribù di Grant è culturale: la sua carne rientra nella tradizionale dieta della popolazione indigena che abita i territori del Nord-Ovest del Paese. Inoltre, sebbene questi animali si spostino in Alaska per partorire, essi spendono la maggior parte della loro vita nei territori canadesi. Ora, l’intenzione del governo statunitense di avviare attività industriali in alcune zone della riserva rischia di compromettere l’habitat delle renne. Ottawa si è, dunque, dichiarata apertamente contraria al progetto e ha ricordato al partner statunitense il trattato che vincola le due nazioni alla protezione del caribù.


MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole

EGITTO 23 aprile. Mahmoud Abu Zeid, fotogiornalista conosciuto come Shawkan e in carcere da agosto del 2013 per aver immortalato le proteste di piazza Rabaa alAdawiya, ha ricevuto il premio UNESCO Guillermo Cano per la libertà di stampa. Il 3 marzo 2018, Shawkan è stato condannato alla pena capitale. 24 aprile. In seguito all’aggravarsi della situazione nel nord del Sinai, dove la popolazione è rimasta isolata in virtù delle misure di controterrorismo messe in atto da parte del governo, Humans Rights Watch ha rilasciato un commento sull’imminente crisi umanitaria causata della mancanza di sostentamento per le popolazioni residenti. 25 aprile. In occasione della giornata della liberazione del Sinai da Israele, un portavoce dell’esercito egiziano ha risposto alle accuse mosse da Humans Rights Watch, assicurando che i beni di sostentamento continuano ad essere garantiti alla popolazione e che “le entità statali e il governo si stanno coordinando per assicurarsi che tutti i bisogni della popolazione del nord Sinai siano soddisfatte”. PALESTINA/ISRAELE 24 aprile. Numerosi attivisti palestinesi hanno protestato a causa delle politiche “doppio standard” applicate nei confronti di un soldato israeliano condannato a soli 9 mesi di

LE CONSEGUENZE DELLA “FORZA BRUTA” Nel Sinai la dura lotta dell’esercito egiziano contro Daesh: ora la crisi umanitaria è alle porte

Di Lorenzo Gilardetti Dal 2013, anno di insediamento dell’attuale presidente ed ex generale al-Sisi, l’esercito egiziano sta cercando di eliminare le cellule integraliste dalla regione del Sinai. Lo scorso febbraio è però iniziata l’operazione più importante, Sinai 2018, che secondo le alte cariche dello Stato dovrebbe portare in 3 mesi alla messa in sicurezza della regione, e in 4 anni all’estirpazione totale delle milizie Daesh dalla regione. Sono passati poco più di due mesi e nel frattempo al-Sisi è stato rieletto a marzo con percentuali esorbitanti e più che sospette, e non è possibile sapere con certezza a che punto sia l’operazione, poiché la regione è isolata e l’accesso è negato a qualunque organo di stampa. Stando alle uniche fonti disponibili, quelle dell’esercito egiziano, sarebbero circa 200 i terroristi finora eliminati a fronte dei 22 soldati, 8 dei quali hanno perso la vita il 14 aprile scorso dopo un attacco kamikaze di quattro miliziani a un checkpoint. Le stesse fonti riportano la notizia dell’uccisione, datata 18 aprile, di Nazzer Abu Zaqul, guida dei ribelli del Sinai legati a Daesh e protagonisti, tra gli altri, dell’attacco alla moschea sufi

in cui persero la vita più di 300 fedeli nel novembre 2017. È però possibile sapere dal 25 aprile scorso, grazie a Human Rights Watch, che sulla regione crisi incombe una grave umanitaria: 420.000 civili necessitano di imminenti aiuti umanitari in quattro diverse città a nord della regione, che per via dell’isolamento e di forti restrizioni si trovano in carenza oltre che di cibo, anche di medicine, gas e acqua corrente. Se infatti il governo egiziano si è preoccupato zelantemente di sequestrare apparecchi elettronici come computer e telefoni in tutta la regione, il piano di sostegno alimentare non è altrettanto efficiente e non sta coprendo l’intera area. Quando il 9 febbraio scorso al-Sisi lanciava Sinai 2018 riponendo speranze e responsabilità sull’esercito, conferiva pubblicamente il permesso, in caso di necessità, di “usare la forza bruta”. Ad oggi è difficile dire a quali risultati effettivi si arriverà al termine dei tre mesi, ma se l’Egitto non si farà presto carico di quei residenti che sono attualmente prigionieri nelle loro stesse città, potrebbe trovarsi anzitempo a prendere atto del fallimento di un’operazione che avrebbe dovuto invece “stabilizzare il Sinai”.

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MEDIO ORIENTE reclusione per l’uccisione di un adolescente palestinese. 25 aprile. Dopo giorni di sofferenze per le ferite inferte da parte dell’esercito israeliano il 13 aprile, durante le proteste per la Marcia del Ritorno, il giornalista Ahmed Mohammed Ashraf Hasan Abu Hussein, reporter per al-Sha’ab Radio, è morto. Si tratta del secondo giornalista a perdere la vita in seguito a ferite procurate dall’esercito durante le proteste. SIRIA 25 aprile. In seguito alle accuse relative all’attacco chimico operato nella regione di Douma, gli ispettori dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW) si sono nuovamente recati sul territorio per raccogliere campioni. La visita ha avuto notevoli e sospetti ritardi nei permessi di accesso all’area. 24 aprile. Il governo russo ha dichiarato di voler sostenere il governo siriano con la fornitura di un sofisticato sistema di difesa militare aerea. Non è stata specificata la natura di tale sistema. TURCHIA 23 aprile. 14 membri dello staff del quotidiano di opposizione, Cumhuriyet, sono stati arrestati con accuse relative a crimini “legati al terrorismo”. Il quotidiano aveva numerose volte dato spazio a organizzazioni come il partito curdo PKK, considerato, dal governo turco, un movimento terrorista. A cura di Lucky Dalena

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LA SFIDA GIORDANA

L’impatto dell’accoglienza ai siriani nel Regno Hashemita

Di Clarissa Rossetti Fa discutere la nuova decisione del governo giordano di modificare le politiche esistenti per l’assistenza umanitaria ai rifugiati siriani in ambito sanitario: le nuove politiche aumenterebbero considerevolmente le spese mediche per i non giordani revocando i benefici precedentemente concessi alla comunità rifugiata nel Regno Hashemita. Al principio della crisi umanitaria siriana, nel 2012, il governo aveva garantito accesso gratuito alle strutture e ai servizi medici per i rifugiati residenti in aree urbane registrati presso l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (più vulnerabili dei siriani collocati nei campi, i quali dispongono di maggiori servizi grazie all’alta densità di organizzazioni umanitarie che operano all’interno). La politica era stata poi modificata nel 2014, determinando una spesa per i rifugiati pari a quella dei cittadini giordani senza assicurazione. Nel concreto, la comunità siriana si trova ora a fronteggiare spese mediche pari al doppio delle precedenti per assistenza sanitaria primaria, mentre nel caso di assistenza secondaria e terziaria l’aumento ha portato a costi addirittura fino a cinque volte più alti. Il Regno di Giordania è uno dei

principali Paesi coinvolti nella crisi umanitaria siriana, con una popolazione di rifugiati che raggiunge quasi il 10% di quella totale. Numerosi studi hanno analizzato l’impatto socio-economico dell’alta concentrazione di rifugiati nel Paese, che sebbene minore rispetto ad altri stati, come il vicino Libano (circa il 25% della popolazione è composta da rifugiati siriani), comporta considerevoli sfide in termini di assistenza sanitaria, accesso all’educazione e inserimento nel mercato del lavoro. Tra le problematiche più significative dell’accoglienza figura, ad esempio, l’istruzione; nelle scuole pubbliche sono stati introdotti doppi turni per permettere l’accesso all’istruzione al grande numero di minori rifugiati residenti fuori dai campi, soluzione che però comporta effetti negativi sulla qualità dell’insegnamento e sul mantenimento delle strutture. Inoltre, il mercato del lavoro ha subito un forte impatto: un recente studio, promosso dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro, ha evidenziato un aumento della disoccupazione di oltre 7%, nonché un abbassamento generale della qualità dell’impiego per la popolazione locale, dovuto alla preferenza di lavoratori siriani disposti ad accettare condizioni di lavoro poco dignitose e salari più bassi.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole AZERBAIJAN 25 aprile. Confermata la condanna a 6 anni per il giornalista Afgan Mukhtarli. Le autorità lo hanno accusato di traffico di denaro e attraversamento illecito del confine con la Georgia. Gli osservatori, in linea con l’avvocato di Mukhtarli, sostengono la falsità delle accuse, affermando che la giustizia azera perseguiti il giornalista per le azioni di protesta, da lui intraprese, nei confronti del governo del proprio Paese.

KAZAKISTAN 20 aprile. Il presidente Nazarbayev ha affermato che “tutte le dispute territoriali con gli Stati circostanti sono state risolte”. L’annuncio è arrivato durante una conferenza stampa, nella quale il Presidente kazako ha riportato diversi aggiornamenti riguardanti le tematiche trattate durante il vertice dei 5 Paesi ex-sovietici dell’Asia Centrale. MOLDAVIA 24 aprile. I servizi segreti moldavi hanno riportato al BIRN (Balkan Investigative Reporting Network) di “aver identificato almeno 62 persone tra quelle che si sarebbero recate nel Donbass per combattere tra le file dei separatisti”. La maggior parte di loro proverrebbe dalla regione separatista della Transnistria, nella quale, da anni, persiste una missione di peacekeeping sotto l’egida della Federazione Russa. RUSSIA 20 aprile. Il portavoce del Crem-

IL PRIMO MINISTRO ARMENO SI DIMETTE IN SEGUITO ALLE PROTESTE Le decine di migliaia di armeni scesi in piazza hanno ottenuto il risultato sperato

Di Andrea Bertazzoni Ci sono voluti 11 giorni di proteste di massa perché Serzh Sarksyan decidesse, lo scorso 23 aprile, di rassegnare le proprie dimissioni dalla carica di Primo Ministro dell’Armenia. Il leader del Partito Repubblicano si era recentemente fatto nominare capo dell’esecutivo, dopo essere stato Presidente dell’Armenia per 10 anni e aver raggiunto il limite previsto di due mandati. La sua intenzione era quella di trasformare la Repubblica presidenziale in parlamentare attraverso un referendum, vinto nel 2015, anche se la riforma è entrata in vigore solo poche settimane fa. Il 22 aprile, il governo aveva comunque tentato di placare la protesta arrestando tre esponenti dell’opposizione, Nikol Pashinyan e i suoi due compagni di partito Sasun Mikaelyan e Ararat Mirzoyan. Nel corso del weekend di proteste erano state arrestate più di 200 persone. La decisione di usare la forza è stata presa dopo che, inizialmente, era avvenuto un tentativo di mediazione, ossia un dialogo tra il presidente armeno in carica Armen Sargsyan e i leader della protesta. Questi ultimi hanno pubblicamente dichiarato di aver organizzato la manifestazione per discutere

nel dettaglio il passo indietro del Primo Ministro armeno e il successivo periodo pacifico di transizione politica. Gli osservatori internazionali erano già pronti a descrivere uno scenario analogo alle proteste del 2008 dopo i brogli elettorali, che erano state represse nel sangue. Lunedì mattina, invece, moltissimi studenti di diverse città si sono uniti ai 100.000 che erano in piazza a Yerevan. Alla protesta hanno poi aderito numerosi militari e le autorità hanno rilasciato Pashinyan. Le persone in strada hanno in seguito cominciato a festeggiare ancor prima che Sarksyan annunciasse le sue dimissioni. Ora, nonostante il posto vacante di Capo dell’esecutivo sia stato già occupato da Karen Karapetyan, vice del Primo ministro uscente, lo scenario riguardante l’immediato futuro della politica armena rimane non proprio chiaro. Indubbiamente, a seguire ciò che succederà a Yerevan non saranno solo i Paesi limitrofi, ma anche e soprattutto la Russia: le posizioni del Partito Repubblicano al potere sono sempre state dichiaratamente filo-russe, soprattutto dal 2013, anno in cui Sargsyan rifiutò l’accordo di integrazione economica con l’UE, recentemente ratificato dall’Ucraina. MSOI the Post • 9


RUSSIA E BALCANI lino, Dmitry Peskov, ha affermato che i collegamenti aerei diretti tra Russia e Stati Uniti sarebbero messi a rischio a causa degli ostacoli riscontrati, dai componenti degli equipaggi, nell‘ottenimento dei visti necessari. Peskov ha, inoltre, affermato che “le difficoltà messe in luce dalle compagnie aeree russe, sarebbero state create deliberatamente dal governo statunitense”. 20 aprile. Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, durante un‘intervista rilasciata a RIA Novosti si è soffermato sulle ultime tensioni intercorrenti tra Russia e Stati Uniti. Riguardo ad un possibile scontro diretto, il Ministro, ha affermato di essere sicuro che i due eserciti “non lo permetteranno e, naturalmente, nemmeno il presidente Vladimir Putin o il presidente Donald Trump”. Ha, inoltre, aggiunto: “dopo tutto sono leader, eletti dal popolo e responsabili per la pace”.

UCRAINA 21 aprile. In occasione dell’undicesimo “Kyiv Security Forum” il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha reso ufficiale l’intenzione di terminare ogni tipo di collaborazione con il “Commonwealth of Independent States” (CIS). Tale comunicazione si è aggiunta a quella relativa alla sospensione definitiva del trattato di amicizia con la Federazione Russa. Le ragioni della rottura risalgono al “pericolo che l’atteggiamento russo comporterebbe per l’integrità territoriale dello Stato ucraino”, come riferito dallo stesso Presidente. A cura di Leonardo Scanavino 10 • MSOI the Post

UNA NUOVA FUCINA DI TERRORISTI Uzbekistan: un terreno fertile per la radicalizzazione

Di Davide Bonapersona Con oltre 27 milioni di abitanti (di cui il 79% di fede musulmana), l’Uzbekistan è la più popolosa tra le ex Repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale. Dalla sua indipendenza, nel 1991, sino al 2016, il Paese è stato guidato da Islom Kasimov. Leader autoritario, nel tentativo di evitare la proliferazione dell’estremismo jihadista proveniente dall’Afghanistan, ha trasformato il Paese in uno Stato di polizia. Non solo un Paese che non rispetta i diritti umani fondamentali, ma violento e repressivo nei confronti di tutte le organizzazioni musulmane. L’episodio più rappresentativo di questa politica è la strage di Andijan (2006), quando l’esercito sparò sulla folla che manifestava per chiedere riforme in campo sociale e lavorativo, causando almeno 200 vittime. Alla morte di Kasimov, nel 2016, salì al potere Shavkat Mirziyoyev, promettendo di abbandonare la politica repressiva del suo predecessore e iniziare un percorso di riforme, al fine di garantire a tutti i diritti politici e civili fondamentali. Tuttavia, questa promessa non è stata, in larga parte, mantenuta. Infatti, l’Uzbekistan versa ancora oggi in uno stato di instabilità sociale molto grave, causato da un’economia fragile, una

corruzione dilagante, un livello di educazione molto basso e da una continua oppressione dei musulmani. A pagare le conseguenze di questa situazione sono i giovani uzbeki, che sono diventati facili prede dell’estremismo jihadista. Non è infatti un caso che, dal 2016, tra i maggiori attacchi terroristici nel mondo, cinque siano stati commessi da terroristi di origine uzbeka: gli attentati all’aeroporto Ataturk e al nightclub Raina a Istanbul, l’attentato nella metro di San Pietroburgo e i camion lanciati sulla folla a Stoccolma e New York. Inoltre, secondo alcuni esperti, in Siria e Iraq ci sarebbero all’incirca 600 bambini uzbeki arruolati tra le file dei cosiddetti “cuccioli del Califfato”. Negli ultimi tempi, per combattere il rischio radicalizzazione, l’Uzbekistan ha messo in atto una serie di politiche di sensibilizzazione tra i soggetti a più alto rischio (donne, bambini e giovani in generale). Inoltre, nella speranza di ottenere risultati più concreti nella lotta al terrorismo, sono stati stipulati accordi di cooperazione con gli altri Paesi dell’Asia centrale (Tajikistan, Kirzyghistan e ecc.), i quali vivono realtà simili, ma anche più di recente con Russia, Cina e India.


ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole

UN CONFINE A FIOR D’ACQUA NEL MAR DELLA CINA Pechino accarezza l’idea di una revisione delle proprie rivendicazioni territoriali

Di Gaia Airulo CINA 19 aprile. Gao Feng, portavoce del Ministro del Commercio, ha annunciato che “a partire dal 20 aprile scatteranno nuovi divieti di importazione”. I dazi temporanei riguardano la gomma importata da Stati Uniti, Europa e Singapore. L’obiettivo della Repubblica Popolare sarebbe quello di mostrarsi reattiva all’interno della “guerra commerciale”. Il Ministero dell’ambiente ha, inoltre, dichiarato che entro il 2019 sarà bandita l’importazione di 16 categorie di rifiuti e prodotti chimici. 20 aprile. La Cina ha aperto il mercato dell’auto ai produttori stranieri. Le aziende estere non dovranno più creare joint ventures per produrre all’interno della Repubblica Popolare. La National Development and Reform Commission (NDRC) ha dichiarato che “le società al 50% non saranno più richieste a partire da quest’anno per quanto riguarda vetture elettriche e ibride plug-in”. Alla fine del 2022 non dovrebbero, inoltre, più esserci restrizioni di sorta. COREA DEL NORD 21 aprile. Kim Jong-un, rivolgendosi direttamente al Paese, ha dichiarato la “fine dei test balistico/nucleari”. L’Agenzia nord-coreana Kcna ha battezzato l’evento come una “nuova fase”, decisione che il presidente ame-

Secondo quanto riportato dal South China Morning Post il 22 aprile 2018, alcuni scienziati cinesi coinvolti in progetti finanziati dal governo avrebbero dichiarato di voler tracciare nuovi confini che definiscano con più chiarezza le zone pretese da Pechino nel Mar Cinese Meridionale. La linea di delimitazione recentemente proposta si estenderebbe al Golfo del Tonkin, spartito tra Cina e Vietnam, e proseguirebbe a sud nelle acque rivendicate dalla Malesia, per risalire poi fino a Taiwan. L’area risulta ancora più vasta di quella compresa nella NineDash Line, la famigerata e approssimativa delimitazione dei confini che fa riferimento ad una mappa pubblicata nel 1947 dal Governo Nazionalista Cinese. Fino ad ora, la mappa era stata utilizzata da Pechino per rivendicare quasi il 90% dei territori reclamati anche de Vietnam, Brunei, Indonesia, Malesia, Filippine e Taiwan. Secondo l’opinione di Ian J.Storey, ricercatore presso lo Yusof Ishak Institute di Singapore, la scelta di rivedere i confini sottolineerebbe il rifiuto da parte della Cina di una soluzione internazionale. Nel 2016, infatti, il tribunale annesso alla Convenzione delle Nazioni Unite sul

Diritto del Mare (UNCLOS) aveva deliberato in favore delle Filippine, considerando infondate le rivendicazioni cinesi. Pechino, pur essendo uno dei firmatari del trattato dell’UNCLOS, aveva reagito rifiutando di riconoscerne la giurisdizione. L’assertività cinese si riflette, inoltre, nell’intensificazione della presenza militare nelle acque contese. Alcune immagini satellitari rilasciate dall’agenzia di stampa Reuters confermano che almeno 40 imbarcazioni cinesi avrebbero portato avanti esercitazioni militari dal 24 marzo all’11 aprile. In seguito alle operazioni, Xi Jinping avrebbe peraltro condotto in prima persona quella che è stata considerata come l’esaminazione più approfondita delle esercitazioni navali dal 1949. Lo sviluppo della flotta cinese preoccupa potenze come Giappone, Stati Uniti, India e Australia, che intanto rafforzano il dialogo strategico all’interno del Quadrilateral Security Strategy, finalizzato a contenere l’ascesa cinese. Una risoluzione pacifica della disputa nel Mare Cinese Meridionale è in cima anche all’agenda dell’ASEAN. L’incontro del 27-28 aprile tra i Capi di Stato dei Paesi membri potrebbe rivelarsi un’importante occasione per aggiornare il Codice di Condotta nel Mare Cinese Meridionale: documento finora basato sull’impegno politico degli Stati, piuttosto che su un reale vincolo giuridico. MSOI the Post • 11


ORIENTE ricano, Trump, ha definito sui social un “grande progresso”. La prossima settimana, inoltre, è atteso uno storico incontro tra i Presidenti delle due Coree. A immortalare l’evento, ci saranno più di 2.000 giornalisti. GIAPPONE 26 aprile. Il primo ministro, Shinzo Abe, sta affrontando una crisi della Camera Alta in seguito agli scandali familiari che lo hanno riguardato nell’ultimo periodo. In tale contesto, molti membri della Dieta hanno deciso di boicottare i lavori del governo. Tetsuro Fukuyama, all’opposizione, membro del Partito democratico per il Giappone, ha dichiarato come in questo clima “sia difficile portare avanti in maniera concreta le varie proposte”. INDIA 22 aprile. Urjit Patel, governatore della Reserve Bank of India, in una riunione del Comitato monetario e finanziario del Fondo monetario internazionale (IMFC) a Washington, ha dichiarato come la Banca Centrale del proprio Paese si stia adoperando per attuare un’accelerazione dell’economia. Il presidente Modi ha, inoltre, annunciato che incontrerà il corrispettivo cinese il 27 e il 28 del mese corrente a Wuhan, nella provincia cinese dello Hubei. 23 aprile. Il direttore generale della Forza armata di frontiera, Rajnikant Mishra, ha dichiarato di aver istituito 734 posti di controllo e disposto lo spiegamento di 73 battaglioni lungo il confine. Secondo il The Times of India, sono stati dispiegati circa 54.000 agenti con l’obiettivo di placare le attività criminali di cellule attive in Bhutan e in Nepal. A cura di Alessandro Fornaroli 12 • MSOI the Post

INDIA: PENA DI MORTE PER VIOLENZE SU MINORI Riunione d’emergenza dell’esecutivo per arginare l’ondata di stupri

Di Virginia Orsili Sabato 21 aprile il governo indiano ha deciso di introdurre la pena capitale per chi commette violenze sessuali su minori di 12 anni. Al termine dell’incontro d’urgenza presieduto dal primo ministro Narendra Modi, l’esecutivo ha varato un emendamento alla Legge sulla Protezione dei Bambini dai Reati Sessuali del Codice penale. Fino a questo momento la pena massima prevista per tale crimine era l’ergastolo. Il provvedimento, che prende la forma di un’ordinanza, dovrà essere ratificato dal Parlamento indiano entro 6 mesi e firmata dal presidente Ram Nath Kovind. Attraverso questa disposizione, il governo tenta di rispondere ai movimenti di protesta sorti di fronte al numero crescente di stupri. Nel 2016 sono stati registrati 40.000 casi, per il 40% a danno di minori. Le contestazioni hanno avuto inizio in seguito al caso di Asifa Bano, una bambina di 8 anni rapita, stuprata e strangolata da un gruppo di uomini nel Kashmir. Alcuni membri del partito in carica, il Bharatiya Janata Party, hanno mostrato supporto verso gli accusati e hanno tentato di ostacolare le indagini. Inoltre, Kuldeep Singh Sengar, membro dell’assemblea legislativa dell’Uttar Pradesh per lo stesso partito, è stato

accusato di aver violentato una ragazza di 16 anni lo scorso giugno, la quale ha tentato di darsi pubblicamente fuoco per chiedere giustizia. Questi casi recenti hanno gettato un’ombra sul governo, in particolar modo sul Primo Ministro, già accusato di non aver intrapreso alcuna azione efficace per arginare il problema. Benché l’introduzione della pena capitale sia stata favorevolmente accolta dalla gran parte del popolo, in molti si sono mostrati scettici rispetto alle conseguenze di tale scelta. Saumya Saxena, specialista nel diritto familiare indiano, ha spiegato che la pena di morte piuttosto che fungere da deterrente, potrebbe portare a un incremento dei casi di stupro-omicidio – la stessa pena è ormai prevista per i due crimini – al fine di prevenire il rischio di una denuncia da parte della vittima. Una seconda riflessione sui punti ciechi dell’intervento legislativo riguarda l’omertà. Nella maggior parte dei casi, infatti, lo stupratore è una persona vicina alla vittima, e questo fattore spesso fa sì che la vittima non denunci la violenza subita. L’autrice ribadisce come l’azione del governo sia necessaria, ma “in una fase iniziale, come nel facilitare la denuncia, piuttosto che in quella finale – la sentenza”.


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole MALI 22 aprile. Un gruppo di terroristi ha lanciato 4 granate contro i campi militari dell’esercito nazionale e delle forze dell’ONU facenti parte della missione internazionale Minusma. Secondo le prime ipotesi, gli attacchi sarebbero imputabili ad alcune fazioni terroristiche legate ad al-Qaeda e sarebbero avvenuti dopo l’annuncio, da parte dell’esercito maliano, della neutralizzazione di una quindicina di terroristi avvenuta nel centro del Paese. MAURITANIA 23 aprile. 3 uomini sono stati condannati con l’accusa di “traité autrui d’esclave”, ovvero di aver sfruttato il lavoro schiavile di altre persone. Una condanna importante in un Paese come la Mauritania, nel quale, sebbene la schiavitù sia stata proibita ufficialmente nel 1981, continua a registrarsi la persistente presenza di pratiche schiaviste, più volte denunciate da ONG internazionali come Amnesty International.

MADAGASCAR 23 aprile. Marc Ravalomanana e Andry Rajoelina, capi dell’opposizione, nonché excapi di Stato, hanno preso parte alle manifestazioni antigovernative organizzate contro l’attuale presidente, Hery Rajaonarimampianina, nella giornata di lunedì. I due esponenti hanno, inoltre, reso omaggio alla vittima

ESWATINI: COSA C’È DIETRO IL NUOVO NOME DELLO SWAZILAND Una riforma stilistica dal contenuto incerto

Di Federica De Lollis “Vorrei annunciare che da oggi lo Swaziland ritornerà al suo nome originale”. Queste sono le parole pronunciate il 19 aprile da Mswati III, sovrano dell’ultima monarchia assoluta in Africa, in occasione del cinquantesimo anniversario dalla conquista dell’indipendenza dello Swaziland, ora è Swatini, che significa “Terra degli Swazi”. Il cambiamento si ispira alla scelta di altri Stati africani che, dopo aver raggiunto l’indipendenza, hanno riadottato le loro denominazioni pre-coloniali. Il nuovo nome è stato accolto con favore da alcuni membri del Parlamento che promuovevano il ritorno alla denominazione originaria dal 2015. In non poche occasioni, quali l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 2017, la riunione dell’Unione Africana e altre conferenze internazionali, il Re ha sovente utilizzato l’espressione “Regno dello eSwatini” con riferimento alla propria Nazione. Il Parlamento è un’istituzione quasi priva di potere all’interno del Paese. Benché i partiti siano ancora autorizzati ad esistere, dal 1973 sono state abolite le elezioni politiche; al momento delle consultazioni, i candidati devono presentarsi come indipendenti, ossia non possono

far trapelare l’appartenenza ad una particolare fazione politica o promuoverne i valori durante le campagne elettorali; se eletti, devono ricevere un’accettazione formale dal Re prima di poter accedere al Parlamento. BBC riporta le dichiarazioni di un corpo politico scisso tra favorevoli al completo distacco dal passato coloniale e soggetti più scettici, che vedono nella mossa uno stratagemma per distogliere l’attenzione dai problemi che affliggono il Paese, come la povertà dilagante e il flagello dell’HIV, che, con il tasso di incidenza più alto al mondo, colpisce il 27% della popolazione adulta su un totale di 1,3 milioni di abitanti. Tra questi ultimi, Alvit Dlamini, a capo del Ngwane National Liberatory Congress, ritiene che, per un cambiamento in tal senso, il Re avrebbe dovuto consultare i cittadini ed avviare una procedura di riforma costituzionale. Le forze politiche e la popolazione auspicano che la modifica del nome crei un precedente nelle riforme: in particolare, un riassetto delle forze dell’ordine Royal Swaziland Police Force e Swaziland Defence Force e il rinnovamento della University of Swaziland potrebbe segnare una marcata evoluzione democratica. MSOI the Post • 13


AFRICA delle contestazioni avvenute sabato pomeriggio. I militanti dell’opposizione accusano l’attuale Presidente di “usare le nuove leggi elettorali per favorire il suo schieramento, impedendo ai candidati d’opposizione di presentarsi, inasprendo le norme sulle procedure elettorali e ostacolando l’accesso ai media”. SUDAFRICA 24 aprile. Durante la notte di lunedì, la città di Taung si è ritrovata ad essere palcoscenico di violente manifestazioni contro il primo ministro della provincia, Supra Mahumapelo, vecchio alleato dell’ex presidente Zuma. Il giorno successivo agli scontri, la polizia ha ammesso di aver ucciso per errore un ragazzo di 16 anni. La popolazione ha contestato il malgoverno e la corruzione nel Paese; un manifestate intervistato da Le Monde ha affermato che “la società sudafricana resta estremamente inegualitaria”. 25 aprile. Mercoledì mattina migliaia di persone sono scese in piazza nella città di Johannesburg per protestare contro l’introduzione di un salario minimo orario equivalente a circa 1,30 €. Secondo i manifestanti, questa manovra economica rispecchierebbe la trasformazione del presidente Cyril Ramaphosa “da sindacalista al servizio dei lavoratori a uomo d’affari venduto al capitalismo”. Insieme al salario minimo sono state contestate nuove leggi, le quali avrebbero lo scopo di limitare il diritto di sciopero dei lavoratori. Si tratterebbe, dunque, di un insieme di provvedimenti che farebbero regredire il Sudafrica di vent’anni, riportandolo all’epoca dell’apartheid. A cura di Jessica Prieto 14 • MSOI the Post

NIGERIA ANCORA NELLA MORSA DI BOKO HARAM L’ombra dell’organizzazione jihadista si cresce insieme al numero di attentati

Di Valentina Rizzo Sono 4 le persone morte il 22 aprile in seguito ad un doppio attentato suicida all’interno di una moschea nello Stato di Borno, nel nord-est della Nigeria. La scorsa domenica, infatti, due ragazze di circa 14 anni, intorno alle ore 5.00 del mattino, si sono introdotte nell’edificio, dove i fedeli erano riuniti per la preghiera, e si sono fatte esplodere causando la morte di due civili e una decina di feriti. L’attacco è avvenuto a Bama, cittadina che nel 2015 fu invasa e completamente distrutta dall’organizzazione terroristica Boko Haram, causando migliaia di sfollati. In seguito all’intervento governativo, però, la città venne liberata e, ancora oggi, continuano i lavori di ricostruzione. Ad inizio aprile sono iniziati i ricollocamenti degli sfollati all’interno della città e nei prossimi mesi è previsto il ritorno di circa 100.000 persone. Sebbene non vi sia ancora nessuna conferma ufficiale, l’attentato sembra riconducibile all’organizzazioneterroristicaBoko Haram, attiva in Nigeria e nei Paesi limitrofi (Camerun, Niger, e Ciad) dal 2009, nota per aver già utilizzato donne e bambini per condurre attentati. L’attacco di domenica è solo l’ultimo di un lungo elenco. Da 9 anni i

terroristi continuano a mietere vittime tra la popolazione civile, contribuendo ad alimentare un clima di instabilità e ad erodere la coesione nazionale. L’organizzazione estremista jihadista nigeriana ha causato negli ultimi anni più di 20.000 vittime e ha costretto circa 2,6 milioni di persone ad abbandonare la propria dimora. Le tensioni religiose tra cristiani a sud e musulmani a nord, i contrastanti interessi tribali e regionali, legati allo sfruttamento delle risorse naturali, la corruzione dilagante della classe politica e l’estrema povertà in cui vive la popolazione sono tutti elementi che contribuiscono a creare un fertile terreno per il consolidamento dell’organizzazione terroristica nel Paese. A pochi giorni dall’imminente incontro tra il presidente nigeriano Buhari ed il presidente Trump, la situazione dunque non sembra affatto migliorata, nonostante le promesse di Buhari durante la campagna elettorale. La lotta al terrorismo sarà uno dei principali temi che i due leader tratteranno. Appare assolutamente necessario infatti arrestare l’ascesa di Boko Haram ed evitare che la sua azione si estenda ulteriormente nell’Africa nord-occidentale.


AMERICA LATINA 7 Giorni in 300 Parole BRASILE 25 aprile. La Corte suprema brasiliana ha revocato le misure di sorveglianza imposte all’ex terrorista italiano Cesare Battista, arrestato, nell’ottobre 2017, per contrabbando di valuta e riciclaggio. Condannato per 4 omicidi in Italia, era scappato all’estero, riuscendo a sfuggire all’estradizione. 26 aprile. Più di 3.000 indigeni si sono recati nella capitale Brasilia, per denunciare la violazione dei propri diritti. Il diritto degli indigeni al “possesso delle proprie terre”, sancito dalla Costituzione, riulta essere spesso oggetto di violazione. Secondo gli esperti, la situazione sarebbe, rispetto allo scorso anno, peggiorata, in relazione all’aumento delle invasioni delle terre indigene, delle misure anti-indigeni e dei tagli alle organizzazioni che si occupano della loro protezione.

MESSICO 24 aprile. Le autorità della città di Guadalajara hanno affermato che “i tre studenti rapiti il 19 marzo sono stati torturati, uccisi e sciolti nell’acido per vendetta da una delle più potenti organizzazioni di narcotraffico della zona, la Jalisco New Generation”. Secondo le indagini, un parente dei tre studenti sarebbe stato

LE ELEZIONI IN PARAGUAY CONFERMANO LA SUPREMAZIA DELLA DESTRA

Il partito Colorado resta al potere l’imprenditore ed ex senatore Mario Abdo Benítez, il quale potrà governare il Paese per non più di 5 anni, dato che in Paraguay tale incarico non è rinnovabile. Proprio la non rinnovabilità del ruolo di capo dello Stato è un tema che ha dominato il dibattito pubblico in Paraguay negli scorsi anni, soprattutto a causa del tentativo dell’expresidente Cartes di modificare la Costituzione per partecipare alle elezioni di quest’anno e per Di Tommaso Ellena poter essere nominato a capo del nuovo esecutivo; le numerose Domenica 22 aprile si sono proteste hanno però costretto tenute le elezioni generali in l’ex presidente a rinunciare a Paraguay: quasi 4 milioni di tale tentativo. cittadini sono stati chiamati a votare per eleggere Presidente, In un’intervista rilasciata Vicepresidente, 45 senatori e 80 a BBC Mundo, il politologo deputati, oltre che i 18 membri dell’Università Nazionale di che rappresenteranno gli Asunción Osmar Gómez ha interessi del Paese all’interno provato a spiegare i motivi della del Mercosur. vittoria di Benítez, dichiarando come sia “un politico amato tra Il partito al potere resta i giovani, aiutato dall’enorme Colorado, che ha vinto anche struttura al servizio del Partito questa tornata elettorale Colorado”. ottenendo il 46,44% dei voti. Gómez tenta poi di prevedere Rispetto alle precedenti come saranno i prossimi 5 elezioni, Colorado può vantare anni di Governo: il partito un aumento del numero dei suoi Colorado dovrà continuare sostenitori: sono infatti 100.000 a modernizzarsi, ma non si in più i voti ottenuti rispetto al profila all’orizzonte nessuno 2013. stravolgimento rivoluzionario La coalizione di centro-sinistra che possa davvero estirpare i Ganar ha ottenuto il 42,74% di problemi del Paese: povertà, preferenze, perdendo con uno corruzione e precarietà dei scarto risicato. Il leader a capo servizi statali. dell’opposizione, Efraín Alegre, Probabilmente il Paraguay registra una nuova sconfitta, continuerà a investire molto anche se quest’anno il suo nel settore primario, che ha partito avrà un ruolo chiave visto registrato un miglioramento l’alto numero di voti ottenuti e i negli ultimi anni soprattutto per molti seggi che potrà disporre quel che riguarda l’esportazione sia alla Camera che al Senato. di soia e carne, due prodotti che, da decenni, caratterizzano Il nuovo presidente è l’economia del Paese. MSOI the Post • 15


AMERICA LATINA coinvolto in un cartello della droga rivale alla Jalisco New Generation. 24 aprile. È stata annunciata la cattura del presunto responsabile dell’assassinio del giornalista Javier Valdez, avvenuto il 14 maggio 2017. NICARAGUA 22 aprile. Il presidente Ortega ha ritirato la riforma delle pensioni. Messa in atto per far fronte alla crisi finanziaria dell’ente pensionistico del Paese, prevedeva una tassa del 5% sulle pensioni e un aumento dei contributi per lavoratori e datori di lavoro. Questa decisione è stata presa in risposta ad una serie di proteste, le quali hanno portato alla morte di almeno 25 persone. Liberati anche i manifestanti in precedenza arrestati. 25 aprile. Continuano le manifestazioni, ora indirizzate direttamente contro il presidente Ortega, per la richiesta delle sue dimissioni. La violenta repressione messa in atto dalla polizia durante le proteste per la riforma delle pensioni, ha rappresentato un ulteriore motivo di dissenso, per cittadini, nei confronti di un Presidente accusato di “voler creare una dittatura”. PARAGUAY 23 aprile. Mario Abdo Benitez, ex senatore conservatore, ha vinto le elezioni presidenziali con più del 46% dei voti. Il Paese, quindi, rimane nelle mani della destra, il Partido Colorado, il quale governa il Paese ormai da lungo tempo. A cura di Francesca Chiara Lionetti

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LA RIVOLUZIONE CAMBIA, PER RIMANERE SE STESSA

Chi è Miguel Díaz-Canel, il nuovo presidente cubano che “chiude” l’era dei Castro di rilievo lo ottenne nel 2003, quando divenne Presidente del PCC a Holguin. Le seguenti cariche arrivò a ricoprirle grazie alla buona impressione che il proprio lavoro aveva suscitato in Raúl, che lo scelse come Vice Presidente nel 2013. Di Daniele Pennavaria Già Ministro dell’Istruzione e Vice Presidente del Consiglio di Stato, Miguel Díaz-Canel è diventato ufficialmente il terzo presidente cubano dopo la Rivoluzione. Il passo indietro di Raúl Castro dalla presidenza, oltre a non essere una sorpresa, non rappresenta un abbandono totale dei vertici. Almeno per ora. Il nome dei Castro pesa ancora all’interno delle istituzioni, che si avviano ad essere amministrate per la prima volta da chi, durante la Rivoluzione, non era ancora nato. Díaz-Canel, classe 1960, non è solo il primo Presidente del Consiglio di Stato senza il cognome della Rivoluzione, ma è anche il primo a ricoprire questa carica senza essere contemporaneamente a capo del Partito Comunista Cubano (PCC), carica che sarà mantenuta da Raúl Castro almeno fino al 2021. Il percorso politico di DíazCanel è iniziato allontanandosi dalle tradizioni del partito. Laureato in ingegneria, negli anni ‘90 insegna all’università e inizia a legarsi ad ambienti culturali aperti alla comunità LGBT, fino ad allora ancora emarginata. Il primo incarico

Il cambiamento di questi giorni non è dunque una nuova rivoluzione per due aspetti fondamentali. Il primo è che, malgrado i dati anagrafici, si può dire che Díaz-Canel sia cresciuto nella rivoluzione. In linea con il suo mentore politico, ha già dichiarato di voler rinnovare il modello cubano, ma non certo stravolgere i suoi principi. Il secondo aspetto è la permanenza al potere di Raúl, ancora alla guida del PCC e dell’esercito, in una posizione che può ancora abbondantemente influenzare le altre cariche dello Stato. I commenti dal mondo, inoltre, non si sono fatti attendere. Venezuela e Bolivia hanno salutato con entusiasmo il cambiamento. Maduro è stato il primo a fare visita al nuovo Presidente, mirando a rinsaldare i “piani di cooperazione in modo che abbiano una ricaduta concreta sulle persone”. D’altra parte, gli Stati Uniti hanno accolto con freddezza l’arrivo al vertice di DíazCanel, aspettando sviluppi delle riforme ereditate da Castro, e mantenendo per ora la stessa rigidità ritrovata dall’amministrazione Trump. Della stessa opinione la maggior parte dei Paesi occidentali, interessati principalmente alla tutela dei diritti umani.


ECONOMIA ORGANISATIONAL OPENNESS

L’analisi dell’EIU sull’apertura e sulla trasformazione digitale in Europa

Di Francesca Maria De Matteis Le industrie che in tempi recenti hanno registrato i migliori risultati, tanto in un contesto strettamente commerciale quanto in uno esclusivamente organizzativo, sono quelle che vantano una maggiore apertura logistica. L’idea alla base del processo di apertura informatica dell’organizzazione interna, è quella di usare la tecnologia per costruire una rete di comunicazione, scambio e condivisione di idee e progetti, come anche di informazioni utili alla quotidiana gestione del lavoro individuale e di gruppo.

could help to drive Europe’s digital transformation and, more importantly, improve employees’ working lives”. Lo afferma un articolo pubblicato sulla rivista The Economist, che a tale argomento ha dedicato un intero portale di ricerca e informazione (The EIU’s exploration of openness and Europe’s digital transformation). La collaborazione e le comunicazioni interne alle aziende sono ormai considerate uno strumento fondamentale per iniziare e incrementare il processo di ‘opening up’ dell’organizzazione amministrativa interna.

L’esclusione di singole persone o gruppi di lavoro da tale processo è impensabile e inattuabile nell’ottica di un’azienda che abbia come primo interesse aumentare la produttività, incrementando interrelazioni e fiducia reciproca tra i propri dipendenti. Anche la decisione di abbandonare un sistema direttivo basato sul comando e il controllo imposti ‘dall’alto’, in favore di un cambiamento orientato a una maggior trasparenza, integrazione e partecipazione, sembra aver portato a risultati positivi.

La ricerca ha coinvolto 450 manager, rappresentanti sia start-up digitali sia tipologie di business più tradizionali e operanti in nove Paesi europei (Germania, Olanda, Svezia, Spagna, Danimarca, Francia, Regno Unito, Polonia, Italia). Sei i parametri di valutazione dell’organizzazione interna adottati: use of digital media for internal communications, internal Q&As with senior executives, use of digital collaboration platform(s), cross-functional project teams, innovation competitions open to all internal employees, hackathons open to internal employees only.

“Organizational

Il 47% dei dirigenti europei

openness

intervistati ha dimostrato di avere aperto completamente le proprie abitudini nel campo dell’innovazione, anche se solo il 17% afferma di essere e autosufficient in questo campo. Un segnale non troppo positivo, però, arriva dai risultati italiani: l’Italia, infatti, tra i nove Paesi considerati, si trova al di sotto della media europea in cinque dei sei parametri esaminati dal sondaggio. Risale al 6 dicembre scorso il terzo e ultimo incontro sull’apertura digitale in Europa. Tenutosi a Berlino, sponsorizzato da Google Android e da The Economist Intelligence Unit, ha affrontato i temi delle economie aperte e del ruolo che svolgono nell’incoraggiare e promuovere l’innovazione. “Is regulatory fragmentation within the EU a handicap for innovation or can the diversity of its cultures spur creativity?” Questa una delle domande principali che il summit si è posto e alla quale è stata data una risposta che include al proprio interno entrambe le alternative: permettere a cittadini europei e consumatori di trarre benefici dal mercato unico, garantendo l’accesso ai servizi digitali e dando loro la possibilità di sfruttare al meglio le proprie abilità e conoscenze nei diversi Stati Membri. MSOI the Post • 17


ECONOMIA ALITALIA: L’UE APRE UN’INDAGINE SUL PRESTITO

Bruxelles avvia l’inchiesta sui 900 milioni concessi dall’Italia alla compagnia

Di Alberto Mirimin Dopo un susseguirsi di indiscrezioni, la Commissione europea ha ufficialmente aperto l’indagine per stabilire se il prestito-ponte da 900 milioni di euro che l’Italia ha concesso alla sua principale compagnia aerea, per salvarla dai debiti, possa costituire un aiuto di Stato. In una nota, la Commissione ha spiegato che: “È compito della Commissione garantire che i prestiti che gli Stati membri concedono alle imprese siano conformi alle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato. Verificheremo se il prestito concesso ad Alitalia è conforme a tali norme. L’Italia ha notificato il prestito da 900 milioni di euro a Bruxelles a gennaio 2018, come aiuto per il salvataggio in base alle norme UE in materia di aiuti di Stato. Tale notifica ha fatto seguito a una serie di denunce che la Commissione ha ricevuto nel 2017, nelle quali si sosteneva che il prestito costituiva un aiuto di Stato incompatibile con le vigenti norme UE”. Per tali motivi, ha precisato poi la commissaria responsabile per la concorrenza, Margareth Vestager: “La Commissione si appresta quindi a svolgere ulteriori accertamenti per verificare se 18 • MSOI the Post

il prestito soddisfi le condizioni previste dagli orientamenti e teme che la durata del prestito, che va da maggio 2017 fino almeno a dicembre 2018, superi la durata massima di sei mesi prevista dagli orientamenti per i prestiti di salvataggio. La Commissione nutre, inoltre, timori sul fatto che l’aiuto non si limiti al minimo necessario”. Questa indagine, oltre al danno d’immagine insito nella stessa, va a rendere ancora più difficoltosoilprocessodivenditadella compagnia. L’ex compagnia di bandiera italiana, infatti, si trova al momento in una situazione generale di stallo e in una condizione economica molto deficitaria, tanto da avere un urgente bisogno di investimenti che le possano garantire la permanenza nel mercato delle compagnie aeree. Essa si trova, perciò, attualmente in vendita, e alla scadenza del 10 aprile, tre sono state le offerte pervenute: da Lufthansa, dalla cordata EasyJet - in cordata con il fondo Cerberus e Delta - e da Wizzair. Tuttavia, nessuna di esse ha soddisfatto il governo italiano, per stessa ammissione del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, il quale ha definito le ultime offerte “migliorative ma non soddisfacenti”.

Nonostante ciò, le trattative non si concluderanno a breve, ma anzi è stato lo stesso Calenda ad annunciare la proroga del bando di vendita, spiegando di aver “dato mandato ai commissari di proseguire e approfondire il negoziato con tutti gli offerenti” e che per consentire tali approfondimenti verrà emanato, appunto, un decreto di rinvio della vendita. Contemporaneamente a questa proroga, quindi, il governo italiano ha deciso di rimandare anche i termini per la restituzione dei 900 milioni di prestito statale, che, inizialmente previsti per il 30 settembre 2018, verranno invece sposati verso la fine dell’anno. Come se non bastassero queste problematiche, l’attuale incertezza politica dell’Italia non permette, inoltre, di individuare l’ipotetico grado di continuità decisionale e politica che potrà essere garantito dalla coalizione che formerà il prossimo governo. Squadra di governo che, appunto, avrà il dovere di esprimersi sul closing e più in generale sulla questione Alitalia, che dal 2008 ad oggi continua ad apparire ogni giorno più spinosa.


DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO IL DIRITTO ALLA VERITÀ NELLA GIUSTIZIA DI TRANSIZIONE Il ruolo delle Commissioni per la verità e la riconciliazione

Di Elena Carente Le vittime di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario (avvenute a seguito di conflitti, guerre civili, dittature), nonché le loro famiglie, hanno diritto a un ricorso effettivo. L’obbligo di rispettare e proteggere l’esercizio di questo diritto ricade sugli Stati e include tre elementi: verità, giustizia e risarcimento. Il diritto alla verità, ormai riconosciuto come un diritto inalienabile e inderogabile, è il diritto delle vittime di conoscere le circostanze nelle quali hanno avuto luogo le violazioni, l’identità degli autori degli abusi e la sorte delle persone scomparse. Mentre la negazione e il silenzio aumentano la sfiducia e la polarizzazione, la verità rappresenta il punto di partenza per superare i traumi e avviare il processo di riabilitazione. Le caratteristiche principali del diritto alla verità sono chiare, ma il suo contenuto continua ad evolversi e può assumere forme diverse da un sistema all’altro. La particolarità di questo diritto sta nel fatto che dovrebbe essere esercitato non soltanto attraverso procedimenti giudiziari ma anche non giudiziari. I tribunali

possono certamente essere utilizzati per stabilire i fatti, ma potrebbero esserci grossi limiti al reale esercizio di questa facoltà. L’apparato giudiziario potrebbe, ad esempio, trovarsi nell’impossibilità di condurre indagini effettive oppure potrebbe aver raccolto prove limitate ai casi di alto profilo o ai responsabili più facilmente identificabili. Inoltre, le tecniche giudiziarie si sono spesso rivelate inadeguate per conoscere e capire le esperienze personali, culturali o psicologiche delle vittime in tutte le loro dimensioni. Per questo motivo, sono necessarie misure non giudiziarie che soddisfino il diritto alla verità. Tra queste, le Commissioni per la verità e la riconciliazione ricoprono un ruolo fondamentale. Il ruolo delle Commissioni per la verità e la riconciliazione non è quello di sostituirsi al sistema giudiziario, ma, al contrario, di completarlo. Questo avviene mediante la raccolta di informazioni sul contesto, le cause, la natura e l’entità delle violazioni. Normalmente, il mandato autorizza la Commissione ad intervistare testimoni e sopravvissuti (fornendo il necessario supporto psicologico), esaminare documenti e visitare i luoghi

dove sono avvenuti gli abusi, come ad esempio centri di detenzione e fosse comuni. In questo senso, le commissioni rispondono in maniera più adeguata al bisogno di stabilire la verità rispetto ai classici processi, basati unicamente su prove incontrovertibili e non sempre facili da reperire. Tuttavia, nonostante l’importanza che le Commissioni per la verità hanno nello stabilire i fatti riguardanti le violazioni e nel promuovere la riconciliazione nazionale, il ruolo che svolgono non libera in alcun modo lo Stato dall’obbligo di garantire alle vittime l’avvio delle indagini davanti ad un tribunale penale. In una serie di casi, la Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo ha affermato che lo Stato ha l’obbligo di rendere giustizia, offrire alle vittime e alle rispettive famiglie la verità relativa sui fatti avvenuti, e divulgare i risultati di tutti i procedimenti affinché gli abusi non si ripetano. Il valore delle Commissioni di verità sta dunque nel fatto che vengono create non con il presupposto di sostituire le indagini, ma, al contrario, per fornire un resoconto completo sulle violazioni e, in ultima analisi, far prevalere la giustizia.

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DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO PROFILI GIURIDICI DEL BIOTESTAMENTO E DEI TRATTAMENTI DI FINE VITA Il caso Alfie Evans

Di Chiara Montano Lo scorso 23 aprile, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha rigettato il ricorso proposto dalla famiglia di Alfie Evans, nel caso Evans c. Regno Unito. La famiglia sosteneva che impedire il trasferimento di Alfie costituisse una violazione dell’articolo 5 della CEDU, sul diritto alla libertà e alla sicurezza. La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile. Già a marzo, la Corte aveva rigettato il primo ricorso della famiglia, che in quell’occasione si appellava agli articoli 14 e 8 della CEDU, che sanciscono rispettivamente il divieto di discriminazione e il diritto al rispetto per la vita privata e familiare. Dopo che la magistratura inglese aveva disposto l’interruzione delle terapie e il distacco delle macchine che lo tengono in vita, i coniugi Evans hanno richiesto il trasferimento del figlio dall’Arder Hey Hospital di Liverpool, dove è attualmente ricoverato. In Italia, l’ospedale Bambin Gesù di Roma e il Gaslini di Genova si erano offerti di accogliere il piccolo paziente. Tuttavia, la richiesta dei genitori di Alfie è stata respinta dall’Alta Corte britannica. Nonostante il Consiglio dei Ministri italiano abbia 20 • MSOI the Post

concesso la cittadinanza al bambino, il suo trasferimento non sarà dunque possibile. I giudici non hanno reso note le ragioni dell’opposizione al trasferimento del paziente, ma è presumibile che siano le stesse che sono state adottate in tutti i gradi di giudizio: tutelare gli interessi del bambino. Poiché Alfie risulta essere affetto da una gravissima malattia degenerativa, sembra che non ci sia alcuna speranza di veder migliorare le sue condizioni di salute, per cui la prosecuzione delle cure, il mantenimento in vita per opera delle macchine e anche il viaggio in Italia comporterebbero un prolungamento delle sofferenze per il bambino. Nelle ultime ore si è verificato quello che il legale della famiglia ha definito un “cambiamento significativo”, dal momento che, nonostante il distacco dei macchinari salvavita, il bambino respira ancora. Il legale della famiglia ora si appella alla possibilità di un’alternativa di assistenza, alla luce delle nuove circostanze. In Italia, la legge 22 dicembre 2017, n. 219 rubricata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” ha introdotto nuove disposizioni in materia di te-

stamento biologico, affrontando la tematica del consenso informato, al fine di disciplinare quei casi in cui viene concesso ad un individuo di dichiarare il proprio orientamento sul fine vita, nel caso in cui sopravvenga una sua incapacità di intendere e di volere. La Legge n. 219/2017 richiama i principi fondamentali di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione italiana, nonché gli articoli 1, 2 e 3 della CEDU. In caso di situazioni di emergenza, il medico è sempre tenuto ad assicurare l’assistenza sanitaria indispensabile per il paziente, nel rispetto delle sue volontà. Nel caso di pazienti minori, il consenso informato deve essere espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale. È stata anche proposta un’interrogazione urgente alla Commissione europea, al fine di sottoporre il provvedimento giudiziario britannico all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Nel documento si legge che “l’Alta Corte britannica ha negato ad Alfie il diritto di ricevere cure e prestazioni sanitarie in un altro Stato membro dell’Unione, come richiesto dai suoi genitori, così violando i diritti fondamentali dell’UE e la libera circolazione dei pazienti nel territorio”.


#ZEROHACKATHON È TORNATO!

L’uso dello sport come mezzo collettivo per raggiungere gli obiettivi di pace e sviluppo sostenibile

Di Maria Gobbi, Responsabile Relazioni Esterne MSOI-UNYA #ZEROHackathon è tornato! La Società Internazionale per l’Organizzazione Internazionale (SIOI) e il Movimento Studentesco per l’Organizzazione Internazionale (MSOI), in partnership con la missione diplomatica degli Stati Uniti d’America in Italia, ripropongono l’innovativa competizione giovanile che vedrà 200 studenti di diverse nazionalità a Roma dal 2 al 4 maggio. Hackathon, combinazione delle parole ‘hack’ e ‘marathon’, è un evento che ha come obiettivo lo sviluppo di soluzioni originali ad un problema partendo da

ZERO, e in un arco temporale ridotto. Ciò che rende unico #ZEROHackathon è proprio questo: non esistono soluzioni giuste o sbagliate, né discipline privilegiate; tutto dipende dalla capacità dei partecipanti di pensare al di fuori degli schemi, lavoro di gruppo e volersi mettere in gioco per presentare idee che abbiano un impatto globale. E chi, meglio dei giovani, può confrontarsi in una maratona di idee innovative? Giunto alla seconda edizione, #ZEROHackathon vedrà quest’anno partecipare ragazzi dai 16 ai 30 anni, studenti universitari o delle scuole superiori provenienti da tutto il mondo.

Il tema principale su cui dovranno riflettere i partecipanti è l’uso dello sport come mezzo collettivo per raggiungere gli obiettivi di pace e sviluppo sostenibile. A livello internazionale, lo sport ricopre già questo ruolo: l’ONU lo menziona come strumento per il raggiungimento di ognuno dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs), e l’Unione Europea come mezzo per conseguire gli obiettivi della strategia “Europa 2020”. È grazie allo sport che si possono infatti raggiungere gli obiettivi di crescita economica, sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale e progresso inclusivo. I modi in cui lo sport è rilevante come strumento per raggiungere obiettivi di pace e di sviluppo sono molteplici,

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e variano dall’insegnamento di valori come eguaglianza e rispetto alla popolarità internazionale di molti eventi sportivi. Per questo motivo, durante #ZEROHackathon i partecipanti saranno divisi in 20 diversi gruppi, che affronteranno la sfida dello sport concentrandosi su una specifica area tematica. Ognuna di queste, 4 in totale, sarà affrontata da 5 squadre che lavoreranno giorno e notte per trovare la soluzione più originale. La prima area tematica, Sport Diplomacy as “Door opener” for Development and Peace, si riferisce alle potenzialità dello sport come strumento di politica estera. Le olimpiadi e la UEFA Champions League sono solo i più noti tra i tanti eventi sportivi internazionali che vedono gli Stati competere gli uni contro gli altri. Gli atleti durante queste sfide agiscono come veri e propri rappresentanti del rispettivo Stato di appartenenza, e dimostrano in questo contesto uno spirito di pacifica cooperazione internazionale. Non a caso, l’istituzione delle Olimpiadi nel 776 a.C. fu una strategia greca affinché gli statibelligerantipotesseromettere da parte le loro controversie e sfidarsi pacificamente in una competizione atletica. Sport Integrity, la seconda area tematica che sarà affrontata durante #ZEROHackathon, riguarda i valori di integrità e trasparenza che costituiscono la base dello sport. Tuttavia, questo genere di valori è messo a rischio da doping, corruzione e partite truccate. Queste due dimensioni convivono nel mondo dello sport, poiché esso non è necessariamente inteso come un ambito in cui svagarsi, ma sa in alcuni casi tirare fuori un genere negativo di competitività. L’integrità nello sport non è solo uno standard etico, ma può anche aumentare la fiducia in sé stessi e negli altri, migliorare i rapporti tra persone 22 • MSOI the Post

e porre le basi per competizioni sempre più pacifiche ed oneste. Lo sport incontra la sfera dei diritti dei cittadini nella terza area tematica, Sport for Human Rights. Grandi eventi sportivi come le Olimpiadi hanno la capacità di unire persone da ogni parte del mondo, e gli atleti ancora una volta possono essere portavoce delle loro comunità per domandare o migliorare la qualità dei diritti umani. Tuttavia, sempre gli atleti sono spesso le vittime di violazioni dei diritti umani, venendo trattati come oggetti e ceduti al miglior offerente. Nell’ambito dello sport l’unione fa la forza, e se l’unione e la cooperazione degli atleti sono visibili ad un pubblico globale, gli eventi sportivi internazionali costituiscono un’occasione perfetta per richiedere un miglioramento costante dei diritti umani. L’ultima area tematica, Sport for Inclusion and Well-being for all, riguarda la capacità dello sport di essere un valore unificante, fondamentale per vincere pregiudizi e barriere ideologiche. Nonostante questo enorme potenziale, molte volte è proprio nell’ambito dello sport che un gruppo di persone viene escluso, per una varietà di motivi che vanno dall’assenza di fondi a una vera e propria discriminazione basata su genere, etnia o orientamento sessuale. In questo contesto, lo sport può essere la soluzione oltre che il problema, facendo leva sulle somiglianze piuttosto che sulle differenze. Le quattro aree tematiche che saranno affrontate durante #ZEROHackathon danno già delle idee su quanto lo sport possa essere utile in diversi campi per obiettivi di miglioramento, ma le specifiche problematiche di ognuna saranno rivelate solamente all’inizio dell’evento, che durerà in tutto tre giorni. Durante la prima giornata,

in seguito alle registrazioni presso la sede della SIOI, i ragazzi si recheranno al Salone d’Onore del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) per la cerimonia di apertura e l’introduzione alle sfide. Il 3 maggio sarà la giornata più impegnativa, durante la quale si svolgerà la vera maratona: dalle 8.30 del mattino all’1 di notte i partecipanti potranno discutere tra loro per trovare le soluzioni più originali alla sede della SIOI, ma avranno la possibilità di continuare a lavorare ai loro progetti anche dopo la chiusura. Per assistere i giovani nel lavorare al meglio, ognuna delle squadre riceverà l’aiuto professionale degli attivatori, 20 ragazzi con esperienze di precedenti Hackathon che metteranno a disposizione il proprio contributo. Per la terza ed ultima giornata di #ZEROHackathon, i ragazzi avranno l’opportunità di presentare i loro lavori davanti ad una giuria di esperti in diverse discipline, il tutto nella splendida cornice della sede del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale. Al termine delle presentazioni dei progetti, la giuria avrà infine il compito di scegliere i lavori più innovativi e premiare i partecipanti delle squadre vincitrici in base a criteri come l’originalità, l’attuabilità e l’impatto sociale. Dopo averne discusso a lungo, i partecipanti potranno anche mettere in pratica la loro sportività e pacifica cooperazione in un ambiente più informale durante la serata conclusiva dell’evento. #ZEROHackathon è alle porte, ma anche se le iscrizioni sono ormai chiuse, per seguire i giovani durante le tre giornate potete trovare tutti gli aggiornamenti in tempo reale su www.romunsioi.org, oppure controllando le pagine Facebook “ROMUN - #ZEROHackathon”, Instagram “romunsioi” e Twitter “ROMUN SIOI”.


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