L'antica lavorazione del ferro

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L’ANTICA LAVORAZIONE DEL FERRO


ARROTINO (AMMOLAFUĂ’RFECE) Attraversando paesi e contrade, rifaceva il filo della lama a forbici per uso domestico, a cesoie per uso agricolo, a coltelli, a roncole, accette, asce e scalpelli di ogni tipo e grandezza. Si portava dietro, spesso montato su un carretto e su una bicicletta, il banco con la mola e qualche molletta di smeriglio per sgrossare attrezzi piĂš duri e dalla lama deformata o ammaccata.


La sua attività è andata lentamente scomparendo: la si pratica solo presso alcuni negozi di ferramenta o qualche ormai rara officina di fabbro.

Nicòla, òie Nícòla, quand me raie tand t’ammòlo! Nicola, o Nicola, per quanti soldi mi dai tante lame ti affilo!


FABBRO (FURGIÀRO) Re fièrr se vatt quann’èglia càuro! Il ferro sii modella quando è incandescente (non bisogna perdere tempo)!


Nel chiuso della sua fucina, annerita dalla fuliggine e di tanto in tanto illuminata dai bagliori dei carboni della forgia, modellava il ferro arroventato e ne ricavava inferriate, serramenti, utensili per uso domestico, chiodi per calzolai, attrezzi agricoli e da lavoro in genere. Spesso riparava quelli rotti, integrava ed affilava quelli usurati, ribatteva quelli deformati e rifaceva i denti delle falci messorie.


Il suo mestiere è stato spazzato via dai prodotti della moderna industria e dalla meccanizzazione dell’agricoltura.

Lu furgiàro sènza careùne! II fabbro senza carboni (è il colmo)!


MANISCALCO (FÈRRACIUCCE) Forgiava ed applicava ferri protettivi agli zoccoli di equini e bovini perché, sottoposti com’erano a pesanti carichi o a faticosi tiri di carri e slitte, non subissero danni ai piedi nel loro procedere lungo strade sassose o fangose, spesso dissestate da buche, salti ed avvallamenti. Sostituiva ed aiutava il veterinario nel somministrare purghe, praticare salassi, cauterizzare ferite, castrare, curare piaghe e malanni vari. Mestiere quasi del tutto scomparso per l’avvento di moderni mezzi di trasporto o per la meccanizzazione delle attività rurali.


STAGNINO (CAURARÀLO O STAGNARIÉDD O RAMÀRO) Artigiano semiambulante, riparava padelle, tegami, caldaie, conche, tinozze, bracieri e pompe per l’irrorazione dei vigneti; sostituiva manici rotti, rifaceva il fondo alle pentole, rattoppava i paioli bucati e rivestiva con una patina di stagno i contenitori destinati a conservare a lungo i cibi cotti. Costruiva oggetti in rame, o latta: scaldini, casseruole, mestoli, forchettoni, schiumarole, brocche , coperchi, misure per liquidi, imbuti, setacci per pomodori, lampade, gronde e teglie. i nuovi materiali e le moderne tecniche produttive hanno soppiantato un lavoro secolare.


Sarràie pùre cauraràlo ma nun me tinge! Sarai anche calderaro ma non mi tingi di nero (sono più furbio di te)!



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