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MUMBLE: Mensile a gratis
NUMEROSETTE XI|nove
[editoriale] ROBERTA DE TOMI
Molto rumore... No, non completerò la frase in modo da ottenere lo stranoto titolo shakespeariano. In realtà di rumore ce n’è, e se si prende in mano una lente di ingradimento, si possono cogliere sfumature che spesso vengo trascurate, perché nascoste dal surplus di informazioni da cui ogni giorno siamo tartassati, spesso disorientati. Il caso Mezzadri è esploso come una bomba e ha innescato un meccanismo di polemiche che ha investito il mezzo Facebook. Un polemica successiva ha visto coinvolto il consigliere provinciale della Lega, Mauro Manfredini, “reo” di essersi iscritto a un gruppo che inneggia alla soppressione di un esponente di centro - sinistra. Dopo avere riferito alla soppressione, nel senso politico del termine, Manfredini ha espresso le proprie scuse. Senza voler entrare nel merito della questione che ha visto coinvolti il giovane esponente del Pd e il consigliere del Carroccio, si può prendere spunto dalle loro vicende, per spostare l’obiettivo su tutte le forme di violenza che percorrono il social-network più bazzicato. Gruppi che inneggiano alla violenza, al limite del fanatismo. Offese messe in vetrina, che rappresentano un violazione della dignità delle persone. La violenza non è però esclusiva di Facebook. È noto infatti che questa è presente sul web, in ogni forma, sia verbale, che iconica. Anche la tv, i tg propongono violenza. A questo punto ci si chiede, prendendo come punto di partenza i casi sopra citati ed evitando facili strumentalizzazioni: perché non si estende la condanna anche ai gruppi violenti, creati su FB? Perché dopo tanto rumore per “il caso” esploso, tutto sembra essere rientrato nei ranghi della normalità? Come se spegnere i riflettori avessero portato allo spegnimento automatico di questa violenza. Come se si fosse fatto molto rumore per nulla. E invece di rumore ce n’è da fare, perché la questione non è esaurita, anzi, va affrontata senza fastidiosi falsi moralismi.
In copertina:
Federico Ferfoglia | Critica sociale n°11
Enrico Fauché | Girone del sangue, taglio della lingua 100x80 olio su tela 2009
INDICE interno2 ::::::: LINGUACCE | Me ne frego interno2 ::::::: Con violenza mi inchino interno3 ::::::: Il vostro interno
interno8 ::::::: Bisogna entrare in un sistema per sovvertirlo interno8 ::::::: LOVETALKING interno9 ::::::: La profezia del vitello d'oro
interno5 ::::::: La cattiva strada
interno10 ::::::: SILENZIO IN SALA | Un soufflè di scalpi e mazzate con vendetta da grasse risate
interno6 ::::::: IL DARWIN EVOLUTIVO | Caos energetico
interno11 ::::::: Non mi giudicare se poi vesti calze celesti. IN PIU'
interno6 ::::::: DOBERMANN | Cristo non insegna
interno12 ::::::: Ferisce di più una penna o una spada?
interno4 ::::::: L'ERBA DEL POLITOLOGO
interno7 ::::::: Facebook grida: "Bersani come Gargamella!" e incita: "Accarezziamo Berlusconi!"
interno13 ::::::: Cari visdecazzi…gli schiaffi poetici di Giorgio Baffo interno1
Me ne frego Giacomo Vincenzi In questa rubrica siamo abituati a prendere delle parole e a guardarle in controluce per assaggiarne ogni riflesso, e magari esserne accecati. Questo mese partiamo dal grido di battaglia che accompagna molte delle più accese discussioni televisive od ogni contestazione che si rispetti: “Vergogna!”. Ora, io provo una pena e una compassione profonda e sincera tutte le volte che risuona questa parola nell’aria: vergogna. Perché, e lo sappiamo tutti, essa è come l’involucro trasparente lasciato dalla cicala sui tronchi dei pini prima di volare via, un relitto. È uno spreco di fiato chiedere che i responsabili si vergognino delle proprie azioni, non ce n’è. Eppure mi ostino a credere che quando si spazzolano i denti o mentre stanno seduti al cesso a leggere il giornale, bé in fondo in fondo loro, i responsabili, un poco si maledicano. Tuttavia la risposta non arriva, la domanda rimane insoddisfatta, il dialogo interrotto. La violenza nasce quando un interlocutore ignora l’altro. Mi sembra di sentire un predicatore, ma è davvero così. Quando un uomo pubblico ignora le domande che gli vengono rivolte; quando a Pomeriggio Cinque si fa a gara a chi urla di più, e diventa fastidiosissimo il cianciar volgare e gli urlacci di femmine e maschi sotto la faccia profonda di Maria de Filippi, il tutto rigorosamente visibilissimo ai più. Li conosciamo, la ragazzetta o la casalinga o l’annoiato della domenica (cinque) immobili a fissare vacui e divertiti gli energumeni dell’ugola, il sobrio Sgarbi o le varie opinioniste de "noartri" tra i pubblici in sala. Mi interno2 MUMBLE:
sono adeguato e ho smesso di credere che questa persone si debbano vergognare. Solo perché oggettivamente (relitto n°2) danno il cattivo esempio sputtanando le risorse di un mezzo potentissimo come la tv? Ma i cattivi esempi sono dappertutto, tanto. Già, tanto. La violenza nasce dall’indifferenza dell’interlocutore. Vergogna?
CON VIOLENZA MI INCHINO Alessio Mori In data 23 Ottobre 2009 annotiamo un nuovo esempio di “violenza” mediatica. Non sto parlando di giornali, né di aspirazioni omicide da parte di qualche giovinastro di provincia: qui il protagonista è il padrone di casa della terza camera italiana. Proprio quella, Porta a Porta. Il suo ideatore, autore e conduttore (quante cose fa, lo sa solo lui) è al centro di un polverone mediatico. In un periodo particolare, economicamente parlando, è giunta ai piani alti della Rai la rinegoziazione del contratto di Bruno Vespa, il quale allo stato at-
tuale dei fatti percepisce un compenso di un milione e duecentomila euro per cento puntate della trasmissione. Extra esclusi, si intende. Perché arrivare a fine mese è dura per tutti. Considerato il periodo difficile, e la previsione di un innalzamento dell'inflazione fino al 22%, il signor Vespa chiede un aumento della sua parcella fino ad un milione e seicentomila euro. Io uno sforzo l'ho fatto e mi sono messo nei suoi panni: dovrà ideare, pianificare e condurre ventisei puntate in più di quelle già esistenti, ed ha quantificato il lavoro aggiuntivo in quindicimila euro a trasmissione. A fronte di una fatica titanica come quella citata, mi sembra più che onesto. Non vedo perché la gente dovrebbe scandalizzarsi. Già, perché se la cassa integrazione è un provvedimento ormai destinato ad esaurirsi non è di certo colpa sua, come non lo è il fatto che l'aumento di uno stipendio da miseria verrà perlopiù coperto da soldi pubblici. Rimango convinto che una soluzione ad un caso così delicato verrà trovata in fretta: abbiamo tutti bisogno di vedere Bruno almeno quattro volte a settimana. Pena crisi di astinenza. E questa è l'unica sostanza che verrà legalizzata.
Scrivi a mumbleduepunti@gmail.com Perché i giovani non sanno muoversi in maniera efficace? di J.H. Vincente Ogni mese in redazione si discute di attualità. Di fatti di rilevanza nazionale o locale, che potrebbero diventare parte del magmatico (e sto usando un eufemismo) contenuto del numero in lavorazione. Accade, solitamente, con fitti scambi digitalepistolari tre le nostre camerette e uffici. Questo mese si è discusso parecchio riguardo alla violenza mediatica, in particolar modo riguardo ad un episodio di censura di status update su un social network, poichè considerato minatorio nei confronti del governo. La frase era stata pubblicata da un giovane dirigente del PD locale. Da tale discussione – e dalla mente filosofica del direttore in seconda J.H. Vincente - è stata partorita la seguente mail, che ci è sembrato opportuno pubblicare. Perché i giovani non sanno muoversi in maniera efficace? Questo è uno dei noccioli della cultura dello sballo. Uno come M. che si stava facendo una posizione, se l'è bruciata con una frase. Ha sottovalutato i mezzi di comunicazione "giovani" come i social network. Ed ha dimenticato che se rivesti un ruolo pubblico, per quanto piccolo, non puoi dire tutto quello che pensi. E che molti pensano, sono convinto.
Rimane comunque una minaccia rivolta contro un governo sempre pronto a prendere i fucili - non si sa bene contro chi e perché -, un governo presieduto da un signore che ha fatto il gesto della mitraglia ad una giornalista alla sua prima conferenza stampa. E se si evocano le attenuanti del tipo "è solo un gesto simbolico" oppure "è un modo di dire", puntualmente utilizzate per giustificare chi sta più sopra, beh che si evochino per ogni politico, di ogni livello. E la mia non vuole essere la semplice apologia di chi fa cazzate - in questo caso il nostro M. - fatta additando l'ipocrisia del minacciato. Il fatto è che io certe volte mi stufo di essere il migliore. Mi sono stufato di accendere la tv a metà mattina o a metà pomeriggio - le fasce "vecchie" e "casalinghe", credo - e sentir gente comune, dottori, politici, impiegati, chiccazzo litigare a squarciagola urlandosene di tutte. C'è violenza a tutti i livelli di questa società, c'è violenza preconcetta, c'è violenza quando c'è paura di dissentire e c'è violenza quando le persone non riescono a parlarsi per appianare le cose insieme. C'è violenza quando ci si parla senza avere intenzione di convincere l'altro, senza provarci, ma giusto per ribadire con più veemenza il proprio pensiero. E molti politici, e molta tv e mezzi di comunicazione parlano in questo modo, e lo stesso Internet è ormai sempre più un aggregato di pub-
blicità che ha smesso di provare a convincere la gente. Questo era uno sfogo. Comunque sì, di cazzata si parla, ma fino a un certo punto. M. cercava persone insofferenti alla presenza inespugnabile di Berlusconi e l'ha fatto nella maniera sbagliata. Ma si è mosso all'interno di un solco di violenza (intellettuale) non creato da lui. Come cazzo si fa a cambiare la politica, che è essenzialmente dialogo e confronto e convincimento ad agire, quando nessuno è più disposto al lavorìo intellettuale (invero, dovrebbe essere cosa abbastanza naturale) di convincere l'altro e lasciarsi convincere dall'altro? Lo sballo c'è sempre stato, la dispersione dell'energia dei giovani forse no.
“Eravamo lì: tra nonni e marziani.” Alessio Mori
E' fatta. Abbiamo passato anche questo delicato appuntamento. Noi elettori, come sempre, c'eravamo. Gli eletti, che fino ad ora ci sono stati solo quando lo volevano loro, sembra che d'ora in poi ci saranno, ma sentiamo già scricchiolare qualcosa. Intanto però Pierluigi Bersani ha vinto, e ha già detto che il “nuovo” PD sarà il partito di un collettivo di protagonisti e non di un uomo solo, e sarà un partito di alternativa, parola in cui deve essere contenuto anche il concetto di opposizione. O almeno, così si spera, anche perché non credo che gli elettori che lo hanno sostenuto vogliano abbandonare l'opposizione al governo Berlusconi. Bersani, che non è di certo uno sprovveduto, dovrebbe saperlo. La sua vittoria è stata netta, ma non “bulgara” come tutte le altre primarie intraprese prima dall'Ulivo (per la candidatura a premier di Romano Prodi), poi dal PD stesso per la candidatura di Walter Veltroni. Ritengo che questo sia un ottimo segnale, se poi le differenze naturali dovute dalla competizione riusciranno ad essere accantonate per intraprendere un obiettivo ed uno scopo comune a cui lavorare TUTTI insieme. Gli elettori lo hanno capito da tempo, loro non ne sono così sicuro. Il giorno dopo infatti si sente già parlare di dubbi e piccoli dissapori tra i diversi personaggi di spicco del partito: da Parisi che polemizza sul fatto che le primissime dichiarazioni interno4 MUMBLE:
post voto fossero venute da D'Alema e non da Bersani, alla querelle sull'eventuale cambio dei capigruppo alla Camera ed al Senato. Le teste che hanno votato sono state tre milioni, la voce che è uscita è stata una sola: “Basta con i litigi interni, è ora di un ritorno alla politica seria ed autentica”. C'era speranza, ma anche tanta incertezza. La speranza dovuta dal fatto che forse nessuno meglio di Bersani dovrebbe essere in grado di garantire autorevolezza e serietà decisionale; l'incertezza dovuta dal fatto che permangono, anche solamente dietro al nuovo segretario, quelle fastidiose correnti sempre pronte a farsi sentire. C'era forse bisogno di uno stacco maggiore con una realtà “vecchia” e ormai logora, era necessario dimostrare maggiormente al paese che, nonostante tutto, le differenze tra destra e sinistra permangono e sono nette. Dovevamo far vedere che la moralità è un valore che dovrebbe essere la base dell'agire politico, ma che, se dall'altra parte, essa sembra essere stata accantonata in partenza, da questa parte è un valore fondamentale. Le candidature di Bassolino, di quei dirigenti implicati in inchieste in Puglia ed in Calabria non sono un messaggio così chiaro; ma il vero valore della sinistra sta nella rettitudine delle tante persone che la sostengono. Gente che lavora onestamente, che studia, che ha lavorato per una vita ed ha posto le basi per il sostanziale benessere che fino ad ora ha contraddistinto il nostro paese. Il problema è che questi valori non sono ricordati a dovere: il vento di destra (o presunto tale, dal momento che la destra italiana al potere a
mio avviso difetta di valori, che non siano il guadagno personale) ha ripulito la superficie della società italiana; le radici continuano a reggere, ma non si sa ancora per quanto, se la tendenza non verrà invertita. Se i vertici non realizzeranno veramente che è necessario un cambiamento repentino, anche le radici sono a rischio corrosione. Io, nonostante non abbia votato Bersani (e questo mi è costato tanto, ma ritenevo necessario dare un segnale, nel mio piccolo), rimango convinto che, se verrà lasciato lavorare tranquillo e il suo operato non sarà disturbato dai suoi ingombranti sostenitori, potrà essere l'uomo giusto per tornare a cementare l'elettorato di sinistra. Ne abbiamo bisogno tutti, anche quelli che di sinistra non sono ma che vivono nelle terre governate da quelli che loro vedono come gli altri. I marziani, i nonni, ma anche qualche giovane continuano a sperare:
non tornate a deluderci. Non ne abbiamo bisogno.
La cattiva strada Donato Gagliardi
L’esempio di Brachino – il coraggioso giornalista autore del filmato-verità sul giudice Mesiano – ha finalmente squarciato il velo di ipocrisie e di fingimenti che ha ottenebrato per troppo tempo la quotidianità italiana. Quella reale, fatta di gente che lavora e che non ha tempo ed energie da dissipare in bizzarie e comportamenti al limite della compulsione (quali, ad esempio, fumare sigarette nell’attesa che il barbiere apra). La normale e serena daily routine, per intenderci, delle persone per bene, che una volta terminata la giornata in ufficio chiedono solo di poter tornare a casa a rilassarsi, trascorrendo la serata inalando cocaina in compagnia di minorenni e transessuali. Le voci che ci giungono parlano di un popolo in rivolta, finalmente libero dal giogo del perbenismo buonista, propugnato da programmi cattocomunisti quali I Puffi. E’ di stamane la notizia di un intero corso d’Ingegneria in stato d’agitazione a causa di uno sciagurato professore di Meccanica Razionale, sorpreso al bar nel bel mezzo di un flusso di coscienza a tono arditamente definito <<udibile>> da uno dei capi della protesta. Pare abbia bisbigliato tra sè e sè: <<Porca eva, mi sono dimenticato di comprare il pollo per cena!>>. Un comportamento del genere denota, secondo gli studenti,
un’inconfutabile incapacità nel gestire il processo decisionale dell’assegnamento dei voti. <<E’ solo per questo che sono stato segato sette volte>>, ha commentato uno dei leader della rivolta. <<Inoltre>> – ha continuato – <<solo un frocio si cucina il pollo per cena. E si sa che i froci non possono essere ingegneri>>. Quando il professore ha fatto notare come, in effetti, omosessuale lo fosse davvero, la folla, ingiustamente provocata per l’ennesima volta, ha manifestato tutto il proprio disappunto con un appassionato ma civile confronto all’americana, durante il quale tre studenti hanno immobilizzato il docente, permettendo ai restanti sessanta di colpirlo <<negli zebedei>> al grido di <<se la fica non ti piace fai la fine di Versace>>. Analogo episodio, ma nei confronti di un medico del policlinico, si è registrato in serata. Durante una visita ortopedica, il paziente esaminato ha notato un Flick Flack al polso del dottore. La stranezza non è passata inosservata: nessuno si sentirebbe al sicuro tra le mani di un medico che ha bisogno dei pupazzetti per leggere l’ora. Il paziente ha quindi sporto denuncia per negligenza medica, ma solo dopo aver filmato il medico nel suo studio mentre controllava i risultati del fantacalcio e aver venduto il video alla redazione di Chi.
La cattiva strada è infine smarrita. La rinascita civile di questo paese è solo agli inizi. interno5
IL DARWIN EVOLUTIVO
CAOS
ENERGETICO Giorgio Po
Per quanto tempo ancora saremo schiavi del petrolio? Quanto tempo occorrerà prima che una nuova rivoluzione energetica ci porti fuori da questo medioevo industriale, che tanto ha dato all'umanità, ma che ormai risulta insostenibile? La risposta al primo quesito appare oggi abbastanza chiara, ed è: presto. Perchè il picco di produzione del petrolio (cioè l'estrazione della metà delle riserve in natura) sembra oggi molto vicino. Dopo poco tempo dal superamento di questo limite, il costo di questa fonte energetica salirà rapidamente, fino a risultare talmente alto che la sua estrazione sarà insostenibile. Con esso saliranno i prezzi di tutte le produzioni che ad esso sono legate, in primis quella dei generi alimentari. La risposta alla seconda domanda è invece assai più enigmatica. L'epoca dei combustibili fossili è giunta alla sua fase discendente ed ancora poco è stato fatto per potersi svincolare da questo potere obsoleto che lentamente ha iniziato a pretendere i suoi dazi dal genere umano (inquinamento, guerre, disparità sociali). Si stima che nel mondo vengono consumati una cosa come un miliardo di barili di greggio ogni dodici giorni ma sembra che i governi non abbiano ben chiaro come sostituiremo questa enorme mole di energia. Il futuro è sicuramente delle energie rinnovabili, e anche se chi perde tempo a screditarle obietta sul fatto che non sono in grado di sostituire completamente i combustibili fossili, agli occhi dei più realisti esse appaiono come l'unica scelta sensata. Peccato che nel nostro soleggiato interno6 MUMBLE:
paese ci sia ancora qualcuno che pensa al nucleare come una possibile soluzione. Le centrali chiuse dopo il referendum del 1987 sono ancora in fase di smantellamento, eppure noi iniziamo a progettarne altre che non saranno pronte prima del 2030. Invece di finanziare l'installazione di pannelli solari su ogni edificio (cosa che inciderebbe direttamente sul risparmio delle famiglie), si preferisce spendere infinite quantità di denaro in progetti a lunghissimo termine, che oltretutto lasceranno una pesante eredità, quella delle scorie nucleari, alle generazioni future.
CRISTO NON INSEGNA Pierpaolo Salino
4 Novembre. Ci vuole una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo per far rimuovere il crocifisso dalle aule della scuola italiana. All’unanimità i sette giudici chiamati ad esprimersi sulla questione, ritengono che il crocifisso violi la libertà religiosa degli alunni.
Più specificatamente, la Corte dei diritti dell’uomo – che presiede all’applicazione della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo fin dal 1953 – giudica che “La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione". La Corte
"non è in grado di comprendere come l’esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che puo' essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata conce-
pita dalla Convenzione, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana". Già perché l’articolo 7 della costituzione italiana afferma che “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.” E ancora all’articolo 8 “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere. […]” L’esposizione di un simbolo che è effettivamente un simbolo religioso viola l’articolo 2 e l’articolo 9 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. La sentenza suscita indignazione da ogni parte del mondo politico, fatta eccezione per il plauso del Partito Radicale. Da destra a sinistra, gli onorevoli della “Repubblica Cattolica” difendono a spada tratta quello che è un simbolo della tradizione italiana. Mentre il Ministro dell’Istruzione Gelmini difende il crocefisso come “simbolo della nostra tradizione”, invece di occuparsi dei veri problemi del sistema scolastico italiano – si concentri sulle cose serie Ministro, la prego - Bersani, ben conscio della scissione annunciata dai centristi cattolici rutelliani, corre ai ripari per evitare uno strappo che sarebbe troppo prematuro:h “Il crocifisso non può essere offensivo per nessuno”. Nelle am-
ministrazioni locali, riportiamo la bella idea del sindaco di Sassuolo Caselli che acquista 50 crocifissi per attrezzare gli spazi ancora sprovvisti, e la decisione
del primo cittadino di Finale Emilia Soragni che promette un lodo Salva Cristo per imporre il crocifisso
nelle scuole. Ma forse la dichiarazione più avventata è del portavoce della Santa Sede padre Lombardi che parla di “pesante interferenza” della Corte Europea. Delle due, il male minore: meglio l’interferenza di un tribunale composto da giudici eletti dall’ Assemblea Parlamentare del consiglio europeo (di cui l’Italia fa parte) che l’interferenza di alcuni giudici eletti da una voce misteriosa che li chiama a parlare in nome di Dio. Sono però le parole del giurista Piero Bellini a cogliere l’essenza della questione: “Togliere il
crocifisso puo' attirare l’attenzione piu' che lasciarlo al suo posto.”
Ho sentito dire che qualcuno ha rimosso il crocifisso e al suo posto ora c’è il santino dell’ Uomo vitruviano, di Pertini, della Mafia, della pizza e degli spaghetti. I più coraggiosi però ci hanno messo il Tricolore.
Facebook grida: “Bersani come Gargamella!”, e incita: “ACCAREZZIAMO BERLUSCONI!”
Thomas Malaguti
Valore nominale e valore reale. Viene facile applicare questi due concetti economici ad ogni livello politico in democrazia. Ecco pronto un esempio. Sia io, eletto rappresentante di istituto al liceo, che un premier chicchessia godiamo, o abbiamo goduto, dello stesso valore nominale di rappresentanza. Entrambi siamo stati eletti da una maggioranza per un tal fine (tralasciando la campagna elettorale in entrambi i casi). Quello che ci ha differenziato, quello che conta, è il valore reale. Io avevo alle spalle seicento teste, lui sessanta milioni. Questo concetto si può applicare anche ai casi trasmessi dai media negli ultimi mesi. Specialmente quelli riguardanti Facebook. Concentriamo, per dar un colpo al secchio e uno alla botte, l’attenzione su due episodi: quello più recente di Matteo Mezzadri, diventato caso mediatico per l’interpretazione della maggioranza al governo, e quello passato, forse dimenticato, di Renzo Bossi, che l’estate scorsa ha pubblicato il giochino “Rimbalza il clandestino” su di un profilo leghista del noto network. I due ragazzi, rispettivamente di ventidue e di ventuno anni, hanno “valori” differenti. Matteo, in veste di coordinatore del PD, gode sì di un valore nominale ma di un basso valore reale operando nel vignolese, nella provincia di Modena. Renzo, figlio del senatùr, al contrario non gode di valore nominale, ma gode di un valore reale, datogli dai leghisti, soprattutto di Facebook su scala nazionale, che vedono in lui il successore del padre. Questi due ventenni, con le loro responsabilità, hanno utilizzato la rete come farebbe la maggior parte dei ragazzi della nostra età. Sono da criminalizzare?
È più grave arrivare, goliardicamente o meno, a chiedersi se si hanno delle pallottole per un premier o, tramite un giochino, incrementare l’odio razziale, già in aumento di questi tempi? Fatto sta che il valore nominale ha trascinato alle dimissioni con scuse Matteo, mentre il valore reale ha portato Renzo a guadagnare dodicimila euro al mese con l’incarico di osservatore all’Expo di Milano. Questi ragionamenti, condivisibili o no, derivano da una semplice osservazione di Facebook. E la violenza verbale, ma anche no, dei media arriva ad essere atto relativo. Caratterizzando noi giovani che utilizziamo la rete in tre grandi classi: chi usa i social network credendo indiscriminatamente a ciò che legge, chi li usa criticamente e chi non li usa per principio. Guardando l’attualità spero che sia la seconda classe a prevalere perché penso sia ridicolo dare fiducia reale a chi crea gruppi come “BOSSI CREPA” o “sopprimiamo Franceschini!!!!”. Ma è anche divertente leggere, per confronto, di gruppi tipo: “Insegnamo (n.d.r. lingua viva la nostra!) l'italiano ad Antonio di Pietro”, “Lodo Alfano bocciato, Renzo Bossi solidale: "Ci sono passato anch'io"” o “ADOTTIAMO FRANCESCHINI!!!”. Quindi fatemi il favore e çò@°#@+# %ç””£$&:>§ è]&&§ (violenza
verbale autocensurata per onestà intellettuale?)
interno7
talking Donato Gagliardi
Giovanni Càbianca Le manifestazioni hanno il tempo che trovano, le proteste a volte fanno l’effetto contrario a quello sperato: tendono a portare la ragione verso una parte discorde di chi tenta di attuarla. Necessiterebbe prendersi la responsabilità, l’onere, di una fazione estremista, immonda, per farla addolcire lentamente come vogliono le dinamiche evolutive, prendersi carico di una realtà malandata per sovvertirla al meglio, mondarla, non combatterla e cercare di debellarla con invettive ed infamie, l’ideale è duro da eliminare. Le manifestazioni e le singole parole di disgusto non servono che a fomentare l’odio e l’involuzione. Ogni astrazione è la collezione di attributi negativi, in quanto tentativi di riflessione della realtà. La contro tesi di un’astrazione è la negazione per antonomasia, unica pecca dell’umanità verso la ragione.
F. V., donna, 23 anni,
laureanda in Scienze Giuridiche presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Ama l’ Egitto, lo snorkeling e i film senza parolacce. Ciao Giulia! Ah, no, cazzo, scusa... Okay, da capo: ciao F.V! Ci conosciamo da tanti anni e so perfettamente che non hai alcun problema ad affrontare argomenti di questo tipo... Però devo chiedertelo: provi qualche imbarazzo nel rispondere a domande sulle tue abitudini sessuali? Non particolarmente. Bene! Ti è mai capitato di avere discussioni riguardo al sesso con i tuoi genitori, aperte e prive di pudori, quando eri adolescente? No, ho parlato con mia madre quando avevo dubbi su questioni inerenti ai metodi contraccettivi, ma niente di più. Okay, domandone: ritieni che la verginità sia un valore da preservare fino al giorno del matrimonio? No. Io l'ho sempre ritenuta un valore, nel senso che mi sarebbe piaciuto perderla con una persona importante e così è stato. Ma ognuno deve essere libero di darle l'importanza che crede; è una cosa estremamente soggettiva. Quindi il tuo primo rapporto sessuale è stato con qualcuno di cui eri davvero innamorata. Sì. Che bello. Le tre caratteristiche fondamentali per un rapporto sessuale appagante: Complicità, fantasia,desiderio. Secondo te quali sono i posti e le situazioni in cui più frequentemente un ragazzo/a della tua età consuma rapporti sessuali? Non ne ho la più pallida idea. Spero non dopo una serata in discoteca...che amarezza! La redazione non ci vede nulla di
amaro...Ti è mai capitato di avere incontri occasionali con persone incontrate il giorno stesso? No. Ok. Domanda difficile: molte scuole di pensiero della psicanalisi sostengono che quando due persone hanno un rapporto, in realtà a letto si ritrovino in sei: loro, più i rispettivi genitori, con tutta la dose di pudori, imbarazzi, tabù, e fobie che hanno trasmesso ai figli. Pensi che valga anche per te? No, non credo. Non mi sento influenzata in alcun modo dai miei genitori. Sicuramente certi pudori possono derivare anche dall'educazione che viene data, ma ritengo che sia un pò eccessiva questa idea. Almeno per quanto riguarda il mio caso. Fingi (nel caso non lo fossi davvero) di essere seriamente impegnata con un ragazzo, ma di ritrovarti spesso all’università a studiare con un altro ragazzo verso il quale provi forte attrazione, che sai essere ricambiata. Cosa fai per stemperare la tensione sessuale? Soprattutto: ci riusciresti? Sono seriamente impegnata. Ma mi è sicuramente capitato, in passato, di provare attrazione per un'altra persona e non è facile far finta di niente. Diciamo che perlomeno io non ci riesco. Comunque questa domanda non fa per me :nella mia università sarebbe più facile diventare lesbica. No per carità, sarebbe uno spreco. Ci diresti qual è la media dei tuoi rapporti in una settimana, o è una domanda troppo personale? Due o tre. L’ intervista è finita. Ti senti in imbarazzo? Poco.
LA PROFEZIA DEL VITELLO D'ORO Marina Franza
Nel loro ultimo saggio fresco fresco di pubblicazione, Pierre e Arnaud Cornette de Saint Cyr ci fanno balzare agli occhi un fatto quantomeno curioso: il lunedì sera del 15 settembre 2008, presso Sotheby’s a Londra, Damien Hirst mette in vendita tutta la sua produzione dell’anno. In particolare, il lotto n. tredici rappresenta il clou della serata: i colpi di offerte per il suo acquisto si battono fino a raggiungere il prezzo record di 13 milioni di Euro, facendone così l’opera più cara mai venduta da un artista al di sotto dei cinquant’anni d’età. L’opera in questione rappresenta "nientepopodimeno" che un vitello di diciotto mesi immerso nel formaldeide, e avente zoccoli e corna in oro 18 carati. In ogni caso, a parte la cifra esorbitante che da sola giustificherebbe l’articolo, Pierre e Arnaud ci fanno notare una cosa ben più importante, la quale risiede nell’incredibile coincidenza che vede nello stesso giorno il fallimento della (allora) prestigiosa banca d’affari americana Lehman Brothers. Qualche ora solamente separa i due eventi. Al momento stesso in cui Hirst dimostra la padronanza pressoché totale che ha della sua immagine, del suo mercato e della comunicazione su scala planetaria, il sistema finanziario mondiale si sgretola, nello scoprire che uno dei suoi emblemi più scintillanti va al tappeto, senza che né il governo americano né la Federal Reserve facciano qualcosa
per impedirlo. Inutile dire che i due eventi si decriptano l’uno con l’altro, e in modo inquietante. In primo luogo, il vitello d’oro, che riprende esplicitamente un momento centrale della Bibbia, è una denuncia all’idolatria del denaro, a un mondo in cui l’accumulazione della ricchezza sembra diventata il valore assoluto, dominante. In secondo luogo, mettendo questo pezzo singolare in un mercato globalizzato, Hirst ci fa saltare agli occhi un meccanismo che appare come il motore del mondo postmoderno: quel Dio non è un Dio, ma tutt’al più un idolo incapace di donare la vita. Quel giorno, giustamente, uno dei simboli dell’idolo, crolla. In molti si sono scandalizzati per questo colpo di forza di Damien Hirst, accusandolo di cinismo. In verità, il vitello d’oro mette in luce quello che più di sovente resta in ombra, quello che la società non vuole o non è capace di vedere. E’ anche per questo che Hirst è senza dubbio uno degli artisti più importanti di una generazione che conta nomi quali Andres Serrano, Jeff Koons, Maurizio Cattelan…tutti artisti che ci mettono faccia a faccia con le nostre rappresentazioni, mettono in scena i nostri comportamenti, le nostre paure e i nostri fantasmi. Sono tutti testimoni di un mondo che, effettivamente, è in crisi, ma ben più profondamente che dal semplice punto di vista della finanza.
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UN SOUFFLÈ DI SCALPI E MAZZATE CON VENDETTA DA GRASSE RISATE
Diletta Dalzovo
Cosa ci vuole per realizzare il film più sarcasticamente violento e genialmente kitsch su una delle piaghe più vergognose della storia del ‘900 europeo? Si può azzardare una lista degli ingredienti fondamentali per questa ricetta. Una banda sgangherata di soldati yankee infiltrati tra le linee nemiche, con una “leggera” inclinazione al truculento e agli sport liberamente reinterpretati (mazze da baseball e teste che per Donnie Donowitz, l’ Orso ebreo, sono come le palle per un home run)…e ce l’ abbiamo. Un tenente con una profonda cicatrice sulla giugulare in bella mostra, che di nome fa Aldo Raine, soprannominato Aldo l’Apache per ovvi motivi, visto che incita i compagni a portargli cento scalpi nazisti, presi dalla testa di cento nazisti morti e lui sì che li vuole i suoi scalpi (!!!)…e ce l’abbiamo. Un odioso cacciatore di ebrei, l’ufficiale Hans Landa (Christoph Waltz, mostruosamente bravo, che porta in scena un’ interpretazione che gli è valsa la Palma d’Oro a Cannes) che si diverte a far saltare tutti i piani, o quasi, dei Bastardi…e ce l’abbiamo. Una coppia di toste e giovani donne: un’ ebrea, Shoshanna, scampata allo sterminio della famiglia e una interno10 MUMBLE:
bellissima attrice di fama internazionale, Bridget Von Hammersmark, che funge da spia per gli inglesi e sarà la mente dell’ Operazione Kino…e ce le abbiamo. Un Führer nevrotico e schizzato da comicità slapstick, accompagnato da un Goebbels un po’ grezzo e malizioso, ma che sa commuoversi di fronte ad un apprezzamento del suo amato Führer …e ce li abbiamo. Una struttura a capitoli, che parte dal <<c’era una volta>> e termina con il solito apocalittico e beffardo finale, intriso di vendetta sanguinaria e senza pietà…e ce l’abbiamo. Un super cast internazionale, che si porta dietro un’ infinita quantità di idiomi, slang e accenti diversi che
metteranno in crisi anche l’orecchio più sensibile e i doppiatori più abili…e ce l’abbiamo. Una miriade di citazioni e ispirazioni degne solo di un maniacale cinefilo: il film stesso è liberamente ispirato a una pellicola italiana del regista Enzo Castellari (vero nome Enzo Girolami), intitolata Quel maledetto treno blindato (1978) e tradotta già all’epoca come Inglorios Bastards, titolo storpiato poi dal regista che ha inserito errori grammaticali meritevoli dei rimproveri di qualunque insegnante (Inglorious Basterds); un pout pourri di generi che va dallo spaghetti western (ripreso con trovate come il mexican standoff , in italiano <<stallo alla messicana>>), all’ exploitation, dal pulp al bmovie o kosher porn, come lo definisce il regista Eli Roth (che nel film è il terribile Orso ebreo, nonchè regista del film nel film che viene proiettato nella scena del cinema: L’orgoglio della nazione, pure questo ispirato ai veri film di propaganda nazista), con un sapore leggermente anacronistico, che vabbè, ci piace così, anche quando si prende licenze poetiche, o meglio, narrative…e pure di tutto questo disponiamo in abbondanza. Ora, ciò che manca per completare il CineSouffle è l’ultimo ingrediente, quello determinante, quello che lo farà senz’ altro gonfiare: ed è quel regista matto come un cavallo, conosciuto per i suoi rocamboleschi pulp&splatter movies: Mr. Tarantino! Beh, e a questo punto che dire... non ci resta che gustarsi l’ottimo e strampalato souffle al gustoso sapore di Bastardi senza gloria. Bon appétit!
LA VIOLENZA DEL NON-SENSO Francesco Grimaldi
E' importante riflettere sul significato della morte. E' importante imparare ad accettare la morte, ed è inutile far finta di niente. Anche chi afferma di non temerla cela nei propri ragionamenti un innato rifiuto al suo presentarsi come evento. La convinzione dell'utilità di un'accettazione così grave deriva dallo scontro col manifestarsi della morte stessa nelle sue varie forme. Personalmente assistere di recente agli ultimi giorni della vita di una persona stimata, mi ha fatto sperare con tutto me stesso che egli fosse riuscito a giungere alla "disperazione calma" del non-senso della morte. Ho avvertito la sensazione banale che morire sia peggio che vedere morire. Al di là e al di qua della sofferenza fisica (la quale resta una variabile all'interno dell'equazione che definisce il rapporto tra la vita e la morte; sto cercando ora di ragionare invece sui termini fissi fissi dell'equazione, sugli universali riguardo la morte, che ci accomunano tutti in quanto uomini). C'è il bisogno di capire la morte, per dare un senso e una direzione alla vita. Il fatto filosoficamente sconcertante è proprio questo, cioè che il senso della vita si ricava anche e precisamente dal non-senso della morte. E ad ognuno conviene imparare ad affrontare la violenza della morte, per non restare intrappolato nella verità paradossale dell'insensatezza. Ma questi ragionamenti s'intendono bene solo quando si pensa profondamente alla morte. Ma alla morte si pensa profondamente solo quando essa ci avvicina, in un modo o in un altro, e ne avvertiamo la tragicità. Ma l'uomo abbandona la tragicità della morte appena può, spinto da un
movimento naturale che è la vita, e si allontana in questo modo dall'umano divenire, o meglio dal pensiero di esso. Perchè nel divenire dell'uomo, la morte mangia la vita, sempre e con successo; non il perfetto contrario.
DJ Albibello
si tende sempre a sottovalutarsi quando si è giovani, a pensare, con artefatta umiltà, che esistano idoli inarrivabili e percorsi a noi impossibili da percorrere. daniel johnston a 19 anni voleva essere i beatles, ma si accorse subito di non saper cantare. questo è ciò che inspiegabilmente si tiene sempre a dire di lui. ed è strano perché da poco più di un mese daniel johnston, quasi cinquantenne, ha pubblicato il suo ventottesimo disco, is and always was, doppiando letteralmente i favolosi quattro, per i quali qualcuno starà già assemblando l'ennesima compilation natalizia. perché cazzo i beatles.. il gruppo più influente della storia.. si. non di quella di daniel johnston forse. o almeno non direttamente. e grazie a dio. se l'amore per quei beatles ha portato il nostro eroe texano a registrare infinite quantità di cassette, prontamente consegnate a amici (di un giorno) e sconosciuti (di sempre) in cambio di un semplice ma generoso ascolto, la vita artistica del giovane daniel ha mantenuto una via schizofrenicamente naturale e semplice, ben lontana dai fasti e dai bagni di folla. non ha mai dovuto fingere di essere morto, ha spesso rischiato di esserlo. non ci è voluta una pazza orientale a farlo dare di matto, e tra collassi e demoniache intuizioni, non ha mai cercato santoni indù per propagandare le sue scorribande lisergiche. si è mantenuto da solo. in vita. a lungo. o almeno fino a oggi. tra pittura e dischi. libero di parlare di sé, di ripudiare il mercato discografico e gestire personalmente, nel bene e nel male, interno12 MUMBLE:
tutto il suo operato. amato e stimato da gente come sonic youth e un giovane kurt cobain, ha spezzato la sua discografia distratta e melodica con momenti di puro rumore, collaborazioni ludiche al limite della cacofonia, prontamente rappresentate da tratti e colori propri di chi ha mantenuto la sensibilità e la permeabilità dei 6 anni. ironico e capace di liberarsi più volte dalla prigionia del suo cervello bipolare è oggi forse l'unico, l'ultimo vero esponente di un folk autentico, trasandato, polveroso. e questo è meravigliosamente soprannaturale, spiazzante, imprevedibile. spooky, come
dicono in texas.
e quanto a quelle cose dette sui beatles. beh. se non è libertà d'espressione questa!..
TRE DISCHI:
daniel johnston - hi how are you? [1983] daniel johnston & jad fair - it's spooky [1988] daniel johnston - is and always was [2009]
CARI VISDECAZZI… GLI SCHIAFFI POETICI DI GIORGIO BAFFO Sante Cantuti
“[…] de Dio no se parla, né dei Re, / ma sol de cosse allegre, belle, e bone, / cosse deliciosissime, cioè / de bocche, tette, culi, cazzi, e mone”. L’autore di queste parole non è un semplice stornellista popolano, ma Giorgio Baffo, appartenente alla nobile casata veneziana dei Quirini. Nonostante sia stato disprezzato nei secoli (ecco alcuni epiteti: «infame», «lercio», «osceno», «laido», «sconcio», «rivoltato tra le più stomachevoli lascivie») la sua poesia fu riscoperta e apprezzata da grandi scrittori e poeti come Stendhal e Apollinaire senza contare l’ammirazione del suo discepolo più celebre, Giacomo Casanova. Tutto il suo mondo poetico, è ridotto a un solo obiettivo: «la Mona». Non c’è posto per nessun altro valore, nessuna religione («So ch’ubbidisso Dio quando che foto») e soprattutto nessuna tradizione letteraria («Mi averò biasimo, e lu corona […] Lui ha dito Laura, e mi ho dito Mona»). Per Baffo la poesia deve essere schietta e diretta senza l’intermediazione della metafora («Per descriver do Tette e la Natura /Dir do colline, ed una valle oscura»). Tutto il mondo culturale e tutti i valori della società veneziana vengono capovolti e ridicolizzati in un senso carnevalesco di rivoluzione. Per utilizzare questo «stil scoverto» era necessario l’utilizzo del dialetto, l’unica lingua che nel Settecento un non-toscano può usare con sicura padronanza («Come viene un pensier fazzo un Sonetto, / E ‘l fazzo in Venezian, come son nato, / Siben che so che ghe xe più d’un mato, / Che me condanna, perché parlo schietto»). Per darvi un assaggio di questo sublime génie, come lo chiama il Casanova, vi propongo un suo sonetto che potrebbe essere definito stilnovista, se solo adorasse il volto e le virtù della donna-
angelo invece di preferirne il fondoschiena e di ricordarci le sue funzioni fisiologiche: La biaca è un negrofiuno in paragon / Del vostro bianco Cul, Madonna Cate, / Le vostre candidissime culate / Fa che ‘l zesso più fin para carbon. / No occorre miga che se tegna in bon, / Dove che xe sto Cul, l’avorio, e ’l late; / L’alabastro più fin, le nevi intate / Cede tutti a sto Cul la so rason. / Le colombe xe negre, i cigni mori, / Se el Zensamin, e ‘l Ziglio se trovasse / Dov’è sto Cul, no ì parerìa più fiori. / Se i gavesse sto Cul tanti Bardasse / I poderava guadagnar tesori; / Ma più bello el sarìa, se nol cagasse.
FERISCE DI PIU' UNA PENNA O UNA SPADA? Manuele Palazzi
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na singola e umile parola in sé ha il potere di far star male, di far capitolare sia chi la riceve, sia chi la pronuncia. Il contesto però è molto importante, a monte del contesto è altresì importante chi la dice a e chi viene detta, se non anche il modo in cui viene enunciata. a da sé che ogni caso è specifico per la sua situazione e la semantica tocca la sublimità del divino quando si parla astrattamente di una combinazione di lettere che concorre per formare una parola. a violenza nella verbosità di un concetto può sempre essere presente giacché trae fondamento nell’attività del gesto. Come viene recepita una comunicazione è relativa alla costellazione psichica e culturale del reagente che gli provoca una
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reazione concorde o discorde alle affettività morali ed intellettive che si mettono in gioco innestando una nuova proporzionalità matrice di reazione, srotolando ogni volta le variabili delle costanti affettive del sistema uomo, intervenendo mediaticamente sui recettori stimolati, provocando nuovi paradigmi esistenziali. '’esperienza riflessa dell'arte ci aiuta educativamente a conoscere gli effetti di situazioni possibili ed impensabili che con la formula a pathos e lieto fine permette l’immedesimazione perfettibile a riflesso.
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Mensile a gratis NUMEROSEI XI|nove mumbleduepunti.it mumbleduepunti@gmail.com I Mumblàr: Roberta De Tomi |direttore| Alberto Bello Sante Cantuti Diletta Dalzovo Marina Franza Donato Gagliardi Francesco Grimaldi Thomas Malaguti Alessio Mori Manuele Palazzi Giorgio Po Pierpaolo Salino Giacomo Vincenzi Progetto grafico Elena Golinelli Vignette Paolo d'Antonio Erico Fauché Web design Matteo Vallini A fianco: Musick Luca Domeneghetti
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