Milano Flaneur

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TOMO 1





PASSEGGIATA MILANESE

Con questo quaderno potrai vedere l’amata città di Maurizio Cucchi attraverso i suoi occhi. Le strade, i monumenti, e gli edifici diventano vivi attraverso storie quotidiane che il grande poeta milanese esalta con dettagli e segreti mai visti. Scarica l’app Milano Flaneur e scansiona le icone per interagire con contenuti della città, i suoi personaggi e anche dell’autore. Diventa un vero Flaneur allo stile Cucchi portando con te questo quaderno quando fai le passeggiate per la città oppure con le audioguide dell’app. Negli spazi in bianco dedicati alla produzione letteraria puoi scrivere le tue annotazioni, per poi condividerli con altri scrittori sul sito www.milanoflaneur.com.



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Monte Napoleone


MONTE NAPOLEONE Il Grande Milanese Le Cinque Giornate Le Corsie NobilitĂ e Cultura Milano dopo Stendhal



IL GRANDE MILANESE

Stendhal non aveva proprio dubbi, e non li ha avuti fino alla fine, tanto che sulla sua tomba, come lui voleva, figura un aggettivo: milanais. Eccone la conferma più semplice, quella della sua scrittura, che traccia in italiano quello che sarebbe dovuto essere il suo epitaffio: Nell’autobiografica Vita di Henry Brulard, ricordando un suo arrivo a Milano nella primavera del 1836, Stendhal afferma: «Questa città divenne per me il più bel luogo della terra». E poi rincara la dose, spiegando: «Milano è stata per me il luogo dove dal 1800 al 1821 ho costantemente desiderato abitare». Il desiderio si era realizzato per qualche mese già nel 1800, appunto, quando era ancora un ragazzo, ma già un soldato che detestava la sua piccola città di origine, Grenoble, e il suo carattere fatalmente provinciale. E proprio quei mesi, dice, furono «il più bel tempo della mia vita». Abitò poi a Milano – «per scelta», precisa – tra il 1815 e il 1821, e solo nel 1836, dovendo far ricorso alla fredda ragione, avrebbe ammesso che Parigi era anche meglio. Ma al solo pensiero di Milano, confessa, si commuove fino a soffrire. Tale è la sua appassionata visione di Milano, che, dovendo parlare di una casa dove era atteso, disegna una piantina per collocarla. Siamo


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Monte Napoleone

vicini a via Montenapoleone e a via Bigli, strade diversamente nobili della città. Ecco qui i suoi disegni, in quel centro della Milano di allora, a due passi dalla Scala, da lui amatissima. Stendhal ci parla di una Milano che non c’è più, naturalmente, o che solo in parte esiste ancora. Ci parla della Corsia del Giardino e della Corsia di Porta Nuova, che a un milanese d’oggi, e neanche dei più sprovveduti, suonano come toponimi strani e probabilmente ignoti. Il termine “corsia”, intanto, si conserva oggi solo per largo Corsia dei Servi, un angolo della città tra corso Vittorio Emanuele e corso Europa, dove si trova la chiesa di San Vito al Pasquirolo, rimessa in sesto quarant’anni fa dai padri Serviti. Corsia dei Servi, peraltro, era stato il nome dell’attuale corso Vittorio Emanuele II fino al 1865. Corsia, ovviamente, vale per via, corso, che possiamo bene immaginarci movimentato dal traffico delle carrozze. Quanto alla Corsia dei Servi, e cioè all’odierno corso Vittorio Emanuele, come non ricordare il Manzoni, quando ci dice che proprio lì «c’era, e c’è tuttavia, un forno che conserva lo stesso nome»? Tornando invece a Stendhal, viene subito spontaneo confrontare la sua piantina con quella della Milano attuale, visto che via Bigli, via Montenapoleone e via Spiga sono tra le nostre strade più conosciute al


mondo. Più illustre anche se ben più in ombra la prima, dove abitava una delle maggiori glorie acquisite di Milano, e cioè Eugenio Montale. E dove c’era, non lontano dalla casa del poeta, la sede della Biblioteca Americana, l’USIS, grazie alla quale tanti ragazzi come me si sono iniziati alle meraviglie di una grande letteratura, scoprendo proprio lì i capolavori di T.S. Eliot e Pound, come quelli di Melville e Hawthorne, di Faulkner e Fitzgerald. Le altre due strade sono ora incipriate e infasullite dalla moda, ingombre quasi soltanto di vestiti di lusso, e il passeggio da quelle parti è dei più banali.

STENDHAL




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Monte Napoleone

NOBILITA’ E CULTURA

Via Manzoni nobiltĂ

privilegio stile milanese. passeggiare decoro. memoria‌

sogno tempo

mente poesia parla guerra cinema galleria mitico

intellettuale nobile sapore diverso teatro,

ricordo

affascinato

Sessanta sconcertato e dipinti

galleria lontano

passeggiatore


Museo Poldi Pezzoli, via Alessandro Manzoni 12

sempre civilissime vetrine di Enrico e della Quadreria dell’Ottocento. Ho un debole per questi quadri, per i loro quieti paesaggi con figure umane porosamente elementari e silenziose, per questa pittura ancora appassionata di una realtà umana che assorbiva e voleva riprodurre sensibilmente. Uscendo, comunque, l’impressione di decoro e stile confortevoli permane, con le sorprese che ancora possono offrire le viuzze laterali cieche, tutto l’opposto di quelle del quadrilatero, come via Croce Rossa. E per fortuna è ancora ben visibile, all’angolo con via Verdi, la targa che ci ricorda la nascita in questa strada di Carlo Emilio Gadda, mentre per gli amanti delle cose bellissime e dei grandi musei c’è pur sempre il Poldi Pezzoli, che si merita un bel viaggetto.




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Monte Napoleone


PIAZZA DEI MERCANTI Storia e mestieri Segreti di un’epoca La poesia della piazza La Pietra dei Falliti


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Monte Napoleone


STORIA E MESTIERI

A un passo dal Duomo, se il Duomo si espone, anche per il turista superficiale o frettoloso, come il più classico e comunque splendido emblema della città, la zona di quelli che furono i mercanti è sostanzialmente in ombra e il rettangolo d’arte e storia della piazza si concede quasi solo a chi ha l’occhio acuto, a chi sappia capire e ammirare cercando per proprio conto le mete. E a proposito di storia e di mestieri, i nomi che un tempo segnavano questo esiguo spazio sono ormai un pittoresco ricordo remoto, che possiamo trovare solo nelle guide e nei manuali. Con la basilica di Santa Tecla alle spalle, più o meno nella posizione dov’è adesso il Duomo, da destra, c’erano la Contrada della Pescheria Vecchia, poi la Contrada dei Profumieri, davanti alla quale si apriva la Porta del Podestà, con un pontile che conduceva al Palazzo della Ragione. Ai lati erano la Contrada delle Farine e, su quello opposto, la Contrada degli Orefici, mentre verso l’attuale piazza Cordusio – dominata dal Parini, come sappiamo, ma forse molto di più dagli edifici maestosi delle banche – si arrivava alla Contrada del Gallo per la Porta dei Fustagnari. Ma quant’erano piccoli, una volta, gli spazi… Che idea diversa dello spazio si aveva, sempre percorso com’era con mezzi che camminavano a velocità ben diverse dalle nostre… Quella che possiamo considerare l’intera piazza dei Mercanti è una figura il cui lato è solo di qualche decina di metri.


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Piazza dei Mercanti

SEGRETI DI UN’EPOCA

Entrando da piazza Duomo costeggio il Palazzo dei Giureconsulti, e penso a certe splendide stampe settecentesche in cui appare entro un ampio spazio pieno di decoro, ora ridotto a quel breve tratto della strada pedonale che porta in Cordusio. Confesso che è tale e pressoché quotidiana la mia abitudine a sfiorarlo, che quasi non lo guardo più, anche se ogni tanto mi attrae ancora, oltre la statua di sant’Ambrogio, quella scritta FABRICIO BOSSIO URBIS PRAEFECTO, in memoria del podestà Fabrizio Bossi, personaggio di fine Settecento. Mercanti, appunto… Ricordo che una volta l’amico poeta Antonio Riccardi, che pure è nato a Parma e ne è orgoglioso, mi ha rivelato un piccolo, ma a suo modo straordinario segreto della piazza. Un segreto che si svela al Palazzo della Ragione, che era stato il Palazzo del Broletto Nuovo, e che ora si presenta come un grande blocco materico cieco, un rosso e massiccio residuo di quella che fu la sua vita di un tempo. Dunque, sul sopralzo del Palazzo della Ragione, aperto eppure cupo, vagamente fantasmatico, se una persona si pone con il volto contro un pilastro e dice o mormora una parola, un’altra, collocata esattamente nella stessa posizione, ma davanti al pilastro sulla diagonale opposta, sente quello che il suo socio dice! Un piccolo prodigio, un gioco da provare. Ma chissà, mi sono chiesto, se anche


secoli fa era soltanto un gioco… Chissà che i furbi mercanti non se ne approfittassero per comunicare, per spifferare qualcosa in segreto – un prezzo, una cifra, la fase di una trattativa – a qualcuno già avvertito?





UNIVERSITA’ CATTOLICA La vita di Maurizio Cucchi



...Ci sono passato tante volte, tante volte mi sono fermato qui in sosta, come per ristorarmi, per rimanere un po’ in pace, ai tempi dell’Università, che ho fatto proprio lì dietro, alla Cattolica.... (Parlando di Sant’Ambrogio).

Preso dal libro: Maurizio Cucchi. Il viaggiatore di città Sono andato all’Università Cattolica dove ho fatto Magistero. C’erano le donne? Devo dire che c’erano quasi solo donne, perchè Magistero era una facoltà frequentata prevalentemente da donne. Mi ricordo quando ho cominciato c’era l’aula magna, saremo stati tre o quatro maschi e tutti gli altri erano ragazze. Sí, questo non era male... e lí tra l’altro ho conosciuto Valeria. Mi ricordo alla prima lezione del professor Severino, che poi è stato cacciato...


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Università Cattolica

Emanuele Severino? Sí. Ci stava dando i titoli di una trentina di libri da portare, una cosa pazzesca. Semplicemente la dettatura e la spiegazione di che cos’erano questi ha comportato tutta la prima ora di lezione del corso e dietro di c’era Valeria, ci siamo visti e conosciuti lì.

Lei ha scritto tutto? Sí, ma anch’io penso, perchè ci tenevo molto, ai primi tempi ero molto diligente. La mia frequantazione all’università era anche il tempo della contestazione, però io lavoravo perché ero in un’agenzia stampa, facevo il giornalista sportivo e avevo poco tempo; e poi dopo che mi sono anche innamorato andavo praticamente all’università per vedere lei, il pomeriggio andavo in redazione e studiavo sul tram.

Studiavi e lavoravi? Sí, sí. Lavoravo a tempo pieno.


UniversitĂ Cattolica, largo A. Gemelli 1



CARLO MAGGI



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