Naturalia - Iscritto al n° 962 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 23/03/2007 -Trimestrale Numero 24 - Estate 2011 - ₏ 2,50
Naturalia Ambienti, Flora e Fauna del Salento
LUPO
EDITORE www.lupoeditore.it
24 Estate 2011
Naturalia
Con il patrocinio di
Numero 24 - Estate 2011
Provincia di Lecce
Comune di Calimera
Osservatorio Faunistico Provinciale
Museo Civico di Storia Naturale
Associazione Salentina di Scienze Naturali
Sommario 01
Rivista di Ambienti, Flora e Fauna del Salento e Notiziario del Museo Civico di Storia Naturale del Salento e dell’Osservatorio Faunistico Provinciale Iscritto al n° 962 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 23/03/2007
Editoriale
Una copia € 2,50
La parola al direttore
NOTIZIE
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Direttore Responsabile Fernando Durante Direttore Editoriale Antonio Durante Vicedirettore Editoriale Sandro Panzera
Naturalia News
Notizie dal mondo della natura A cura di S. Panzera e C. Liuzzi
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Salento da Scoprire
07
Tarta News
08
CRAS News
Gli articoli firmati possono contenere pareri diversi non del tutto condivisi dalla redazione.
Vietato liberare gli animali nel Salento Natura, ambiente, fauna: tutti possono fare la differenza Notizie dal mondo delle tartarughe A cura di S. Panzera e C. Caputo
Hanno collaborato a questo numero Chiara Caputo, Piero Carlino, Lorenzo Comoglio, Antonella De Paola, Antonio Durante, Cristiano Liuzzi, Piero Medagli, Enrico Panzera, Sandro Panzera, Simona Potenza, Sandra Rapino, Luciano Remigio, Simone Tarantino, Alessio Turco. Abbonamenti e Arretrati Tel. 0832.875301 info@museocalimera.it
Notizie da tutta Italia... e oltre A cura di S. Panzera
ARTICOLI
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Spedizione in Africa
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Più che sponsor: amici
L’Africa come l’ho vista io - di S. Panzera di A. Durante
Museo di Storia Naturale del Salento Osservatorio Faunistico Provinciale Via Europa, 95 - Calimera (Le) Tel. 0832.875301 www.museocalimera.it info@museocalimera.it Impaginazione e grafica Andrea Baccassino AbacDigitalStudio - Nardò info@abac-studio.com
RUBRICHE
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Il Codirosso spazzacamino
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Dal Meraviglioso Mondo delle Piante
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Veterinaria
di E. Panzera
Speciale Insetti: I Saturnidi italiani di L. Comoglio
Rettili e anfibi, un’esperienza scolastica Di P. Carlino
LUPO EDITORE 73043 Copertino (Le) Tel. 0832.931743 www.lupoeditore.it - info@lupoeditore.it Stampa: PUBLIGRAFIC srl TREPUZZI (Le) - Tel. 0832 760066
Serapias x ruggieroi e Serapias x demericoi: ibridi naturali nuovi del Salento - di P. Medagli e A. Turco Traumi indotti - di C. Caputo Il Coniglio: guida all’acquisto consapevole - di S. Rapino
Questo numero di Naturalia è stato realizzato con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Lecce
In copertina: “Codirosso spazzacamino” (Ph.: S. Panzera)
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Editoriale G
di Antonio Durante
entili lettrici, cari lettori,
a marzo la seconda esperienza gabonese del MSNS Sie,è siconclusa Saspera, non l’ultima! Gran parte dell’Africa a sud del Sa hara costituisce ancora un incredibile serbatoio di ambienti e specie poco o nient’affatto conosciuti. In particolare le foreste dell’Africa centrale, per il loro carattere d’impenetrabilità, per il loro clima soffocante, per la presenza di malattie endemiche spesso molto gravi, sono le aree meglio conservate e meno studiate. Il Gabon, come ormai già saprete (vd. NATURALIA n. 21, autunno 2010), ha una copertura forestale pari a oltre l’80% del proprio territorio e, grazie a un provvedimento governativo illuminato, ha istituito recentemente ben 13 parchi nazionali. Grazie a una convenzione con il CENAREST (il CNR del Gabon) il Museo di storia naturale del Salento può ottenere le autorizzazioni all’esplorazione, studio e prelievo di campioni in quei parchi. I risultati concreti con relative pubblicazioni si faranno attendere ancora un po’ sia per la notevole mole di materiale raccolto, sia per le novità importanti che potranno scaturire. Già si intuisce infatti che tra il materiale raccolto vi sono alcune specie nuove per la scienza e che i dati ecologici rilevati porteranno a conclusioni del tutto nuove. Naturalmente, al di là delle autorizzazioni e dell’importanza dei dati, rimane l’ostacolo economico, sia per partire, sia per dedicarsi poi in laboratorio all’analisi del materiale raccolto. Insomma, non per ripetere una frase ormai logora, la ricerca costa! Se ciò è vero, è altrettanto vero che nessun istituto scientifico e, più in generale, nessun paese ne può e ne deve fare a meno: si rischierebbe, altrimenti, la paralisi cerebrale e, in seguito, la paralisi economica, isolando quella nazione dal circuito speculativo, economico e produttivo, che oramai non può più essere inteso come ristretto all’ambito locale, ma si avvale dei progressi di altri paesi, a patto di contribuirvi al meglio delle proprie possibilità e capacità. I tanto elogiati fasti del primato italico purtroppo non possono più da soli competere con il mercato globale e con gli attuali progressi della scienza e della cultura in senso generale; non ci si può beare delle grandi gesta del passato, ma trarre magari proprio da esse stimolo per fare ancora di più e meglio degli altri. La storia è elemento fondamentale del progresso umano e civile, ma sicuramente non sufficiente e anzi, a volte, fortemente controproducente, qualora essa venga utilizzata non come stimolo, ma come giustificazione per la propria indolenza. Né bastano le menti brillanti che la nostra scuola sforna continuamente e che sono, loro e nostro malgrado, destinate ad arricchire i laboratori esteri, per essere a posto con la propria coscienza: è necessario che esse producano in Italia e che l’Italia dia loro i mezzi per poterlo fare. Il ritorno non è ovviamente immediato come gli introiti del turismo, che, se da una parte costituisce una sorta di pozzo da cui attingere nei periodi di carestia, dall’altra si trasforma esso stesso nella causa della carestia degli altri settori! Insomma, si è indotti a pensare che il nostro patrimonio artistico-culturale porti già tanti soldi che non c’è bisogno di ampliarlo o di affiancarlo con attività ritenute di supporto come la ricerca. Come uomo del 2000, devo dunque invidiare quei paesi che hanno una meno florida tradizione storico-artistica, ma cha attualmente si pongono come leader nella ricerca a tutti i livelli? Se devo guardare le cose con obiettività, non posso che rispondere di sì: è vero, la Roma imperiale era un tripudio di fasti; la Firenze risorgimentale ha prodotto l’inimmaginabile in tutti i settori, ma adesso? Siamo tra le otto più grandi potenze del mondo, si dice, ma sosterremo ancora a lungo il peso di tale posizione? Francamente mi sembra che vi sia già del miracoloso per essere al punto in cui siamo: tolte le mille italianissime furbate, gli atteggiamenti mafiosi, le speculazioni, i “lascia fare, tanto abbiamo il sole e il mare”, ci rimane ben poco e se questo poco lo potevamo fino a ieri spacciare come una grande risorsa pubblica (vendere il nulla è sempre stato una specie di sport nazionale!),
oggi che abbiamo a che fare con un’Europa che chiede e dimostra trasparenza, spirito di’iniziativa, innovazione, dinamismo, l’unica via è adeguarsi a standard di efficienza e produttività. Ma torniamo a noi: la ricerca, dicevamo, non dà l’immediato gettito del turismo, ma nessuna attività può sostenersi a lungo senza l’innovazione fornita dalla ricerca, turismo compreso! O qualcuno pensa che le grandi opere del passato, su cui si basa molto del nostro turismo, siano nate senza ricerca? Tutti i nostri geni del passato erano sotto innumerevoli rispetti dei ricercatori e non mi riferisco ai soliti Leonardo e Galileo, ma anche il meno fortunato garzone di bottega doveva studiare e ricercare nuovi metodi per impastare i colori con cui dipingere o doveva creare modelli per la costruzione di cupole che lasciano sbalordita tutta la scienza ingegneristica contemporanea. Appunto, contemporanea! Perché adesso la scuola potrebbe ancora produrre siffatti geni, ma la cupola non la fanno più in Italia! Alla fin fine, che cosa m’importa se siamo stati quelli che lo hanno fatto per primi, se abbiamo inventato il telefono, la pila, il cannocchiale, la prima ferrovia d’Europa... e adesso? Riempire un bel libro dei primati non mi è di nessuna consolazione se da ora in poi ci saranno solo pagine bianche! E infine, che c’entra il Gabon? C’entra in almeno due modi: 1) esportare formazione e cultura sotto qualunque rispetto è un obbligo di ogni paese, soprattutto se può aiutare un popolo economicamente afflitto; 2) studiare luoghi che sono ormai l’ultimo retaggio di un mondo quasi scomparso è di importanza capitale per contribuire non tanto a una memoria fatua di ciò che eravamo, quanto a cercare le basi per la conservazione e il rispetto di ciò che siamo! Orbene, poiché, come avevamo detto, la ricerca costa, evidentemente non tutta l’Italia è fatta allo stesso modo e il mio editoriale voglio che, da consueta rampogna contro il disfattismo italiano, si trasformi in elogio dell’impegno e del mecenatismo culturale: intanto, inutile dire che se non ci si rimette di tasca propria le cose non si fanno, ma ciò a parte, se non ci sono consistenti aiuti esterni, sicuramente non si ripetono. I nostri aiuti sono stati istituzionali e privati e, per non doverli liquidare qui in due righe, non li cito affatto e invece sarà dedicata loro una pagina più avanti (vd. pag. 15), affinché giunga chiaro al lettore il messaggio che non c’è bisogno di grandi numeri perché le cose si facciano (a meno che non si voglia speculare e arricchirsi, ma non è il nostro caso!) e che chi ci ha aiutati non lo ha fatto certo per un immediato tornaconto personale, ma perché ne gioveranno, si spera, i loro figli semplicemente per essere cittadini di una nazione che crede nelle “magnifiche sorti e progressive”, senza ironia veruna! Antonio Durante
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Naturalia News
a cura di Sandro Panzera e Cristiano Liuzzi
Nuova osservazione di ghiandaia marina nel comune di Salve Anche quest’anno, durante il passo primaverile, hanno fatto la loro comparsa le ghiandaie marine (Coracias garrulus). Un esemplare della specie, infatti, è stato osservato e fotografato in data 7 maggio, posato su un filo elettrico, in località Pescoluse nel comune di Salve. Osservazioni di questo tipo ci rendono sempre felici perché stanno a dimostrare che alcuni animali, ritenuti quasi completamente scomparsi dal nostro territorio, stanno riprendendo a frequentarlo.
Ghiandaia marina (Ph.: S. Panzera)
Sandro Panzera
IL LADRO DI UOVA: Fotoromanzo di un serpente con una marcia in più. Quando cominciano ad arrivare animali in numero esorbitante, per allentare la tensione, scherziamo tra di noi: “Dobbiamo smettere di trattarli così bene, poi gira la voce e si danno tutti appuntamento qui!” Beh, amici, forse la fantasia non è così lontana dalla realtà… Qualche tempo fa una delle nostre germane ha deposto le uova e… cosa ha pensato bene di fare un esemplare di cervone? Ebbene si! Ha pensato di venire a trovarci e vedere cosa si rimediava nel recinto degli uccelli acquatici. Avrà davvero pensato “Gira voce che in quel posto trattano gli animali con i guanti, che sia l’unico luogo in Italia in cui non è necessario avere alcuna raccomandazione, perché tutti sono importanti, quasi quasi ci faccio un salto!”??? Chi può dirlo! Fatto sta, che stamane il cervone è entrato nel recinto quatto quatto, in silenzio, come solo un serpente sa fare e ha mangiato
Naturalia Estate 2011
più della metà delle uova! La povera germana che stava covando s’è data alla fuga, spaventata dallo sconosciuto predatore. Il suo istinto le ha suggerito che non era il caso di beccarsi un morso e datele torto! A quel punto le uova sono state un facile bottino finché... qualcuno del nostro staff, passando dinanzi al recinto delle anatre, si è domandato come mai la germana non stesse covando e, sorpresa sorpresa, ha beccato il malandrino sul fatto! La natura, si sa, segue le sue regole e in fin dei conti è giusto che anche il povero cervone si riempia lo stomaco, anche se questo accade a discapito di tre futuri germani reali. Come diceva Pascal, la natura ha le sue regole che il cuore non comprende. Forse non ha scritto proprio così... però è vero! (Tutte le foto sono di S. Panzera)
Chiara Caputo
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Naturalia News
Recensioni: l’avifauna ligure in un libro illustrato Nella biblioteca di un amante della natura non può certo mancare una copia di questo bel volume, tra poesia, tradizioni popolari e scienza. All’interno, scorrendolo, si ripercorre la storia delle tradizioni naturalistiche liguri. Sembra di essere seduti accanto al fuoco del camino ad ascoltare un vecchio contadino che narra le sue storie sui tanti uccelli che si possono incontrare passeggiando per i viottoli di campagna, non trascurando numerosi insegnamenti sui loro comportamenti e abitudini. Ma, oltre
a questo, colpisce l’accortezza con la quale ogni esemplare viene descritto e soprattutto la bellezza dei disegni che ne raffigurano la specie. È un libro che si lascia leggere molto piacevolmente. Pierangela Fierro Trinchieri & Natale Giovanni Trinchieri: Il rissoso pettirosso e gli altri. Uccelli di Liguria: vita, curiosità, carattere... Editore: Grafiche Amadeo, Imperia Prezzo: non dichiarato Anno: 2010
Oasi WWF Monte Sant’Elia - Massafra (TA): Resoconto di un anno di osservazioni Nell’anno celebrativo della Biodiversità, numerose sono state le sorprese e le osservazioni faunistiche nell’Oasi WWF di Monte Sant’Elia. L’alternanza di boschi di latifoglie e aree agricole, tipici ambienti della Murgia tarantina, consente a numerosissime specie di uccelli, ma anche a rettili e a mammiferi, di trovare habitat idonei e importantissime riserve di cibo, oltre che un riparo sicuro.
la coelebs) e negli ecotoni tra bosco e campi aperti numerosi codirossi spazzacamino (Phoenicursus ochruros). I campi aperti hanno offerto numerose occasioni per osservazioni molto interessanti: ben 2 albanelle reali (Circus cyaneus) hanno svernato in zona, cacciando sia le poche tottaville (Lullula arborea) che le numerose e chiassose cappellacce (Galerida cristata).
Inverno 2010 Le fredde giornate invernali sono segnate dall’assordante silenzio dei boschi, che appaiono a prima vista vuoti e desolanti; ma è sufficiente una breve escursione per scoprire i movimenti di numerosissimi piccoli abitanti. Durante il costante monitoraggio dell’Oasi non sono mancate le sorprese, così come gli avvistamenti di specie più comuni, ma ugualmente estremamente importanti. Nel bosco numerosissimi merli (Turdus merula) e tordi bottaccio (Turdus philomelos) trascorrono l’intero periodo invernale. Specie perseguitate dalla caccia, qui sottolineano con forza l’importanza delle Oasi, vere e proprie fortezze inespugnabili. Meno comuni le cesene (Turdus pilaris), le tordele (Turdus viscivorus) e i tordi sasselli (Turdus iliacus). Osservati durante tutta la stagione più fredda anche i pettirossi (Erithacus rubecola), i fringuelli (Fringil-
Primavera e autunno 2010 Durante le migrazioni sono state riscontrate diverse specie, tra cui sicuramente un buon numero di rapaci, tanto da ipotizzare che l’Oasi possa costituire un sito privilegiato per lo studio della migrazione primaverile del falco pecchiaiolo (Pernis apivorus); infatti la posizione logistica (rilievo collinare a 400 m slm, con vista sul Golfo di Taranto) permette di intercettare gran parte degli esemplari che dai rilievi appenninici si lasciano trasportare grazie alle correnti nelle aree ad altitudine inferiore, per poi attraversare longitudinalmente l’intero territorio regionale pugliese e verosimilmente raggiungere i siti di nidificazione nei Balcani. Sempre tra i rapaci, non sono mancate osservazioni della rara albanella pallida (Circus macrorus), dell’albanella minore (Circus pygargus) e di oltre 100 falchi di palude (Circus aeroginosus) tra aprile e maggio
Averla capirossa (Ph.: S. Panzera)
2010. Interessanti anche le osservazioni di cicogna bianca (Ciconia ciconia) e di numerose gru (Grus grus). Soprattutto nelle notti primaverili echeggiano costantemente i canti delle civette (Athene noctua) e negli spostamenti è stato facile imbattersi in diverse occasioni nel succiacapre (Caprimulgus europaeus). Estate 2010 Nella torrida estate non sono mancati incontri eccezionali, soprattutto con il rarissimo capovaccaio (Neophron percnopterus), nidificante a pochi chilometri dall’Oasi. Anche lo splendido biancone (Circaetus gallicus) è stato osservato, intento a cacciare serpenti nei campi aperti. Ma le vere e proprie chicche non sono finite, poiché per tutto il periodo estivo è stato possibile osservare le evoluzioni di numerosissimi grillai (Falco naumanni), provenienti dalle colonie di Mottola e Massafra, che utilizzano l’area protetta come importante habitat trofico. A colorare le arse campagne tarantine invece è stata una coppia di ghiandaie marine (Coracias garrulus) che ha nidificato all’interno dell’Oasi, portando all’involo ben tre giovani. Di estrema importanza la nidificazione dell’averla cenerina (Lanius minor) e dell’averla capirossa (Lanius senator). C.L.
fringuello (Ph.: S. Panzera)
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Naturalia News
Oasi WWF Monte Sant’Elia - Massafra (TA):19 marzo 2011: La Notte della Civetta Grande successo per la IX Notte della Civetta nell’Oasi WWF di Monte Sant’Elia: 130 i partecipanti, tra cui 10 bambini, il tutto senza considerare le numerose richieste di partecipazione che sono state necessariamente rifiutate per chiari motivi organizzativi! Nonostante la temperatura frizzante e il moderato vento di maestrale, anche questa edizione conferma il crescente interesse dei cittadini per le tematiche ambientali e in particolare per la conservazione della natura, ovvero dimostra la necessità di trascorrere una serata tra amici in un modo simpatico, alternativo e, soprattutto, educativo. L’evento è stato organizzato a livello locale dal WWF Martina Franca e dal WWF Oasi Monte Sant’Elia, che ha ospitato i partecipanti nell’omonima masseria, in collaborazione con l’associazione “Sulle Orme degli Argonauti”, che si occupa della promozione del birdwatching a livello regionale. Alla presentazione dell’evento è seguita una breve introduzione circa l’ecologia e la biologia della civetta e delle altre specie di rapaci notturni che vivono nel territorio tarantino. Inoltre, sono stati illustrati i metodi di censimento dei rapaci notturni, dedicando particolare attenzione alla tecnica del playback. I partecipanti sono stati successivamente suddivisi in 6 squadre, ognuna delle quali, fornita di cd con i canti registrati della civetta e dell’assiolo e con le indicazioni per raggiungere i punti di ascolto, è partita alla volta dell’esplorazione dei dintorni dell’Oasi alla ricerca dei protagonisti della serata. Ogni squadra ha individuato 3 punti di ascolto, per un numero complessivo di 18 punti di ascolto, ognuno distante dall’altro almeno 500 metri. Sono stati contattati, sia al canto spontaneo che con l’utilizzo del playback, 18 civette, nessun assiolo, ma in compenso è stato osservato un gufo comune in volo. Le prime sono state contattate perlopiù nei pressi dei siti di nidificazione, ovvero masserie e rustici abbandonati. Al rientro nella masseria di Monte Sant’Elia sono stati raccolti i dati mentre gli amici della condotta Slow Food di Alberobello e Valle d’Itria si preparavano a deliziare i palati dei partecipanti con i prodotti delle azien-
de agricole del territorio. In coincidenza della festività di San Giuseppe è stata, inoltre, riproposta la tradizionale accensione del falò, rito propiziatorio per le messi e per i raccolti agricoli, nonché per celebrare il ritorno della bella stagione. In breve: - n. partecipanti: 130; - n. bambini: 10; - ora rilevamento: 20.15 – 21.30; - condizioni meteo: sereno, vento moderato NW; - n. punti di ascolto: 18; - specie contattate: civetta, gufo comune; - n. civette: 18; - n. gufo comune: 1; - tipologia ambientale: alternanza di boschi di fragno (Quercus trojana) e roverella (Quercus pubescens), a seminativi e pascoli; presenza di numerose masserie, di trulli e di casolari abbandonati, di cumuli di pietre (specchie) e di muretti a secco. (Fonte: WWF Puglia)
Civetta (Ph.: S. Panzera)
LE CESINE: Osservazioni naturalistiche Un esemplare di cormorano.
In marzo, durante il consueto monitoraggio dell’Oasi WWF Le Cesine (LE), è stato osservato in prossimità del canneto un gran movimento di rondini, oltre 150, e ben 60 rondini rossicce; inoltre, un’albanella minore e un falco pellegrino in volo. Ma l’avvistamento davvero speciale è stato quello relativo a un cormorano inanellato; grazie alla lettura dell’anello, sappiamo che arriva addirittura dalla Polonia, dove è stato inanellato al nido nel 2007! Domenica 20 marzo nelle paludi, tra le poche anatre rimaste, è stata avvistata una decina di moriglioni oltre a 9 spatole e a 3 falchi di palude in caccia. Di ritorno verso Bari, sono state osservate in un campo a pochi km a sud di Torre Guaceto almeno 120 gru in alimentazione. Cristiano Liuzzi
Sesso in Museo!
La riproduzione è parte fondamentale del ciclo biologico di ogni specie. Lo sanno bene questi due esemplari di Scarabeo che, nonostante la cattività, integerrimi e irreprensibili, hanno deciso di attendere puntualmente ai compiti affidati loro da Madre Natura. Nella foto si possono ammirare i due
Naturalia Estate Inverno2011 2010
esemplari mentre “si danno da fare” per portare a termine le loro incombenze biologiche. Noi studiosi, si sa, siamo un po’ voyeur per deformazione professionale e non abbiamo resistito alla tentazione di immortalarli! Se la saranno presa? Chiara Caputo
Dynastes hercules ecuador (Ph.: Archivio Web)
Salento da Rispettare Vietato Liberare gli animali nel Salento (ma non solo).
Sembra strano, ma, a costo di sembrare noiosi e ripetitivi, è necessario ripeterlo. Gli animali che non fanno parte della fauna locale non possono essere “liberati” in habitat naturale. Lo ripetiamo: gli animali che non appartengono alla fauna locale (salentina, nel caso specifico) non possono essere reintrodotti in habitat naturale. Quali sono? Sono tutti gli animali appartenenti a specie che non avete mai visto nel nostro territorio e (di conseguenza) che avete acquistato in un NEGOZIO o da un ALLEVATORE. Le iguane, i pitoni, le tartarughe d’acqua dolce americane, i furetti, i porcellini d’India ecc. ecc. sono fauna alloctona, aliena, straniera, extra comunitaria, chiamatela come volete, ma NON SI POSSONO RILASCIARE LIBERI IN NATURA! Pena l’inquinamento biologico e la competizione con le specie selvatiche che spesso sono molto più delicate. Non siete convinti? Come fare a essere certi che la specie in questione non sia del luogo? Semplice. Le specie selvatiche salentine non sono detenibili, è vietato per legge! Anche le specie selvatiche di altri paesi non sono detenibili, per questo sono nati gli allevamenti. Quindi, se comprate un animale in allevamento: a. Leggete, domandate, guardate documentari. Fate ciò che preferite, ma informatevi! I pitoni diventano lunghi, le tartarughe diventano grandi e i furetti mordono e puzzano. Sappiatelo. b. Non potrete liberarlo in natura, perché non fa parte della popolazione del luogo e se lo libererete farà DANNI (di rimando li farete anche voi). Perché questo articolo un po’ noioso al mese 7° dell’anno dopo
quello della biodiversità? Ve lo spiego subito. Due giorni fa è arrivato al Museo di Storia naturale del Salento un signore con due Trachemys scripta scripta (le famigerate tartarughe palustri americane vendute alle feste patronali, delle dimensioni di una moneta da due euro… in principio) domandando: “Potete tenerle voi? Perché, sa, son diventate così grandi! Avevo pensato di liberarle nel lago degli Alimini, ma mi sembra che non stiano tanto bene”. Immaginate il mio stupore e il mio sconforto nel capire che siamo ancora a questo punto! Sono stati scritti articoli, rilasciate interviste, intere trasmissioni televisive sono state incentrate su questo argomento, decine e decine di visite guidate/conferenze, non c’è telegiornale che non abbia parlato della biodiversità e delle specie aliene e… c’è ancora qualcuno che pensa di liberare una tartaruga americana in un laghetto del Salento! Che disastro! Naturalmente questo vale per ogni territorio, le specie che non sono natìe del posto non possono esservi introdotte. Allora, ripetiamolo ancora una volta, abbiate pazienza, la fauna, gli animali, le numerose specie che popolano il Salento, fanno parte del vostro patrimonio, delle vostre origini e, volessero Dio e gli uomini, sarebbe bello facessero parte anche del vostro futuro. Perché ciò avvenga è necessario EVITARE - ACCURATAMENTE e SENZA ECCEZIONI - di liberare specie che NON SONO salentine sul territorio. Per favore, FATE GIRARE LA VOCE!!! Eternamente grata, Chiara Caputo
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Salento da Rispettare
Natura, ambiente, fauna: tutti possono fare la differenza. Ogni giorno leggo, ascolto e scopro storie terribili. Occu Occu- zi del Servizio civile nazionale: Valentina, Luigi, Massimiliano
pandomi di fauna, ma anche di comunicazione, è inevitabile, divento “raccoglitore” e, per carattere, “bersaglio” di vicende agghiaccianti. Serpenti non più desiderati dagli allevatori “smaltiti” nei gabinetti, pulcini di varie specie rapiti dalle loro madri per essere rinchiusi in gabbia, volpi allevate come cani, tartarughe cucinate in brodo… e potrei continuare all’infinito, magari parlando di realtà più lontane come quelle dei circhi, dei delfinari, delle gare in cui i cavalli zoppi vengono dopati per annullare il dolore e gareggiare, pappagalli contrabbandati rinchiusi per ore in tubi di cartone, stormi di cicogne sterminati da bracconieri… Di fronte a tanta malvagità, a volte, ho l’impressione di svuotare l’oceano con un cucchiano. Non dico che mi venga voglia di lasciar perdere, ma avete presente quella sensazione di impotenza, frustrazione e rabbia che ti prende di fronte a un cane abbandonato in autostrada, magari in agosto (40° all’ombra), con le macchine che fanno lo slalom per evitarlo, disidratato, disorientato, sotto shock, in ipertermia, con il sole che gli sta cuocendo il cervello come fosse un uovo? E i “padroni” al mare a “mostrar le chiappe chiare”… Ecco. Quella sensazione. Che sconforto. Ma poi… Poi c’è il sig. Cosimo che lascia gli amici in mezzo al mare (nel senso letterale del termine) per soccorrere una tartaruga marina, la piccola Aurora che salva un rondone e coinvolge i compagni in una gara di solidarietà per raccogliere cibo per gli “amici pennuti”, Antonio, Claudia, Cristina e tanti altri che “La vostra causa è la mia causa, il mio 5 x mille va al Museo di Calimera”, Antonio e i Rangers d’Italia che non c’è sabato o domenica, mattina o notte, se li chiami per soccorrere un animale la risposta è sempre “SÌ!”, e ancora, Pierluigi e i volontari del canile di Calimera che arrivano in museo con un sorriso e un sacco di pane, tutti i cittadini di Calimera “madri e padri adottivi” dei nostri animali che spesso vengono tirati su con il loro pane, frutta, pesce e, perché no, i loro sponsor su Naturalia. Ma c’è anche Erika che scrive da lontano per chiederci “Come posso aiutarvi?” e viene direttamente in Museo per portarcelo. Francesco che segue ogni reinserimento in habitat naturale con la sua telecamera e poi taglia, monta, distribuisce e sensibilizza… Salvatore, Oronzo, Maddalena, Luca, Arturo, Giuseppe, Luciano e Silvana (mio padre e mia madre) che costituiscono la fondamentale rete di volontari del Recupero fauna e ancora Andrea, Stefania, Glenda, Niceta, i ragaz-
e tutti coloro che, essendo consapevoli che la maggior parte delle volte prendersi cura di un animale implica mansioni non proprio “piacevoli”, non si sono mai tirati indietro. Hanno inchiodato, zappato, pulito, impegnato la domenica pomeriggio per recuperare una tartaruga marina a Ugento e fatto tutto ciò che fosse necessario. Perché amare davvero gli animali (me lo diceva sempre mia madre quando ero piccola e non volevo portare fuori il cane) non significa solo dar loro da mangiare, bensì fare ciò di cui hanno bisogno, sempre. Anche quando sei stanco, anche quando è festa, anche quando è noioso, faticoso, sporco e poco gratificante. Perché nutrire un animale, un paziente, è una mansione da mani e occhi esperti, preposti al monitoraggio del soggetto. Questo momento, che gratifica immensamente noi, ma molto meno lui che non ama di certo essere alimentato da un essere umano, figurarsi se inesperto, è solo una piccolissima parte di ciò che c’è da fare! Tutto il resto è davvero una mole di lavoro immensa e per questo aiuto siamo infinitamente grati! Ma la lista di angeli non è ancora finita! C’è Valeria, futura veterinaria, che non si tira mai indietro se c’è da lavorare e sudare. E che dire del sig. Gabriele che prende un permesso dal lavoro per soccorrere un giovane riccio? E Francesca che organizza cene sociali, manifestazioni, raccolte e tutto ciò che può per sostenerci, sempre e comunque, da sempre. Bac che aspetta pazientemente i nostri articoli - cronicamente in ritardo - e sta dietro ai cambiamenti dell’ultimo momento, alle news dell’ultimo minuto e naturalmente gestisce tutta la grafica e l’impaginazione di questa rivista. E se serve un artista, c’è sempre! E ancora, il “nostro” Sindaco di Calimera (no, non è una captatio benevolentiae, è solo la verità!) e l’amministrazione tutta, che hanno sempre un aiuto pronto e un sorriso complice come a dire “dai, che ce la facciamo anche questa volta!”. Perché il punto, amici, è che il Museo di Calimera è “cosa di tutti”! Noi che siamo in prima linea lo sappiamo, lo leggiamo nei vostri occhi preoccupati quando soccorrete gli animali, vi intenerite di fronte a un piccolo riccio rimasto senza mamma o vi meravigliate dinanzi a un insetto stecco che fa la muta … A voi tutti, che rendete possibile tutto questo, che ci permettete di fare il lavoro che più amiamo e desideriamo svolgere, a voi che fate la differenza, GRAZIE! Chiara Caputo
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Sostienici tramite versamento su Cc postale n. 93073302 Intestato a Cooperativa Naturalia a r.l. Via Europa, 95 73021 Calimera (LE) Naturalia Estate 2011
Tarta News Ricerca, DNA e tartarughe Il dipartimento di Erpetologia del Museo di Storia naturale del Salento, ha iniziato una collaborazione con il dott. Claudio Ciofi, ricercatore presso il Dipartimento di Biologia Evoluzionistica dell’Università di Firenze, per uno studio di filogeografia di Emys orbicularis (Testuggine palustre europea) sul territorio Italiano. La ricerca si basa su analisi di sequenza della regione di controllo del DNA mitocondriale e su DNA fingerprinting usando loci speciespecifici caratterizzati per Emys orbicularis. Fino a ora sono stati raccolti campioni in Liguria, nella riserva del Bosco Mesola nel Ferrarese e nella riserva di Monte Rufeno presso Acquapendente, Viterbo. In programma ci sono altri siti di campionamento sul territorio Italiano, a breve presso la riserva della foce dell’Isonzo, due riserve in Toscana e in Sicilia. Noi siamo stati interessati, riguardo la possibilità di raccogliere campioni di sangue di questa specie nel Salento e in altri siti sul territorio Pugliese. Piero Carlino
a cura di Sandro Panzera e Chiara Caputo
Occhio alla traccia!
Cari amici, l’estate è ufficialmente cominciata. Come ogni anno, vi ricordiamo che con essa ha inizio la stagione riproduttiva delle tartarughe marine. La tartaruga marina è una specie a rischio di estinzione. La costante riduzione degli habitat di nidificazione (leggi edilizia selvaggia), l’aumento esponenziale dei pericoli cui sono esposti gli animali, il devastante inquinamento ambientale e più in generale l’impatto dell’attività antropica, sono le cause principali della sua graduale scomparsa. È di fondamentale importanza, dunque, che ognuno di noi tenga gli occhi aperti ogni qual volta, dal crepuscolo all’alba, si trovi a passeggiare su una spiaggia. È questa la fascia oraria in cui la tartaruga marina è solita deporre le uova. Il rito della deposizione si ripete immutato da millenni. La tartaruga marina lascia le acque del mare solo ed esclusivamente per tornare sulla spiaggia su cui è nata (homing n.d.r.), qui depone le uova e torna immediatamente in mare. Nel fare ciò lascia sulla sabbia delle tracce caratteristiche che potete osservare nella foto. Chiunque dovesse avvistare
una tartaruga marina intenta nella deposizione, che esce o entra in mare, delle tracce come quelle indicate può contattare la Rete TartaSalento (24 ore su 24) al 3206586558 / 3206586551 oppure tramite il numero verde 1530 della Capitaneria di Porto (h 24 gratuito). Se tutto andrà per il meglio, dopo circa 60 giorni, nasceranno le giovani tartarughe. Le piccole registreranno tutte le informazioni legate al luogo di nascita, come la madre aveva fatto anni prima, questo permetterà loro di fare ritorno sulla spiaggia natìa a distanza di 30 anni e dare seguito alla specie. La nascita è solo uno dei passi di un percorso lungo e ricco di pericoli che ha inizio proprio con l’ovodeposizione. Predatori, uomini ignari, mezzi per la pulizia delle spiagge sono solo alcuni dei fattori che potrebbero portare alla distruzione del nido. Per questo motivo esso va tempestivamente protetto! Ancora una volta, ognuno di noi può fare la differenza. Occhi aperti allora e memorizzate i nostri numeri! Chiara Caputo
Tartarughe in pericolo anche in primavera
Continuano inesorabili gli spiaggiamenti di tartarughe marine. La Rete TartaSalento viene contattata quotidianamente per segnalazioni di animali in difficoltà o addirittura già morti. La regolarità di questi avvistamenti e dei relativi ricoveri, dato il periodo, mi ha sorpresa. Mi aspettavo un inverno difficile, ma di certo non mi aspettavo che la primavera fosse peggiore. Gli animali ricoverati sono di tutte le età, prevalentemente femmine oppure soggetti giovani di cui non si può determinare il sesso. Due volte su tre presentano lesioni legate all’attività antropica: ami in esofago, lesioni da costrizione dovute a grosse lenze che si impigliano agli arti o al collo, lesioni da impatto con eliche di natanti o ancora occlusioni intestinali dovute a ingestione di spazzatura. Come convincere una tartaruga marina a stare lontana da un’esca profumata e appetitosa? Spiegarle che quella è una busta e non una medusa, che il mare è costantemente solcato da mezzi di ogni genere e che non può restarsene incurante in superficie a prendere il sole? Come dirle che quella rete piena di pesce è una TRAPPOLA? Non c’è modo, è chiaro. E l’uomo invece? È così difficile capire che una busta buttata in mare, spiaggia, pineta, strada, può finire nello stomaco di una tartaruga e ucciderla? È davvero tanto arduo comprendere che le reti danneggiate lasciate in mare diventano trappole mortali? E che la vostra spazzatura potete portarvela a casa vostra e spargerla per il salotto invece che sulla spiaggia? È davvero impossibile, per l’Homo sapiens, capire una volta e per tutte, che ogni sua azione ha una conseguenza e che questo disgraziato pianeta non è il suo personale pied à terre da trasformare in una latrina a suo personalissimo e scellerato piacimento?
La Rete TartaSalento è nata nel 2010 dalla collabora collaborazione tra l’Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce, il Museo di storia naturale del Salento, la Co Cooperativa Hydra e la Lega Navale Italiana - circoscri circoscrizione Puglia Sud e Basilicata Jonica. Le attività di salvataggio, recupero e reinserimento degli animali sono realizzate in collaborazione con la Stazione zoologica “Anton Dohrn”, il Corpo Forestale dello Stato, la Capitaneria di Porto, la Polizia provinciale, Rangers d’Italia (sezione di Lecce), Centro Studi Cetacei (referente Giorgio Cataldini), il WWF e il Servizio Veterinario Asl - Lecce.
Rete TartaSalento (24h su 24h) 320.6586558/ 320.6586551 Capitaneria di Porto 1530 (numero verde 24h su 24h) Naturalia Estate 2011
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Tarta News
Eccezionale deposizione di tartaruga marina sulle spiagge di Torre Lapillo nel Salento Ieri sera il signor Maurizio Ariano, romano in vacanza nel Salento, è uscito a fare una passeggiata con la sua cagnolina Amelie, ma arrivato in spiaggia si è accorto di una singolare presenza. Un altro animale passeggiava in spiaggia, ma non era esattamente un compagno di gioco per la piccola Amelie! La grossa tartaruga marina che si aggirava per il tratto di costa sembrava essere in difficoltà. Una ferita (provocata probabilmente dall’elica di una barca) confermava questo sospetto. Eppure la tartaruga sembrava piuttosto vitale e intenta a esplorare la zona. Di lì a poco, infatti, l’animale ha iniziato a scavare una grossa buca, operazione che ha richiesto circa mezz’ora di tempo. Successivamente è iniziata la fase di deposizione delle uova che ha richiesto altri 40 minuti circa. Infine, la terza e ultima fase, quella della copertura delle uova è durata un’altra mezz’ora circa. Sotto lo sguardo incredulo del signor Maurizio, della sua famiglia e dei tanti curiosi che si sono uniti ad assistere all’inedito spettacolo, si è concretizzato un miracolo della Natura. In un posto fortemente antropizzato, in cui il tratto di spiaggia è ridotto a un lembo rosicchiato dall’abusivismo, quella tartaruga ha trovato la strada... e il coraggio di dare continuità alla vita. Sul posto sono intervenuti gli organi di com-
petenza. Il nido è stato recintato ed è attualmente sorvegliato dai tecnici dell’Osservatorio faunistico della provincia di Lecce, dal Centro studi Cetacei, dalla rete Tartasalento, dal Parco del Rauccio e dai soci di Legambiente, coordinati dall’Area Ma rina Protetta di Porto Cesareo, dalla Guardia Costiera, dal Comune di Porto Cesareo e dal Corpo Forestale della Stato. A presto con ulteriori aggiornamenti.
C.R.A.S. News
a cura di Sandro Panzera
C.R.S. VerdeBlu Castel d’Azzano (Vr) Attivo dal 2001, il C.R.S. VerdeBlu Castel d’Azzano è specializzato nella cura e nel recupero della fauna selvatica autoctona in difficoltà. Opera su tutto il territorio della provincia di Verona. In totale, nel corso del 2010, sono stati ricoverati 569 soggetti appartenenti a differenti specie di fauna selvatica autoctona, di cui 455 appartenenti a specie protette e 114 a specie cacciabili. Ad essi sono state prestate le opportune cure di pronto soccorso e le conseguenti cure specialistiche in base al caso; gli animali curati sono poi stati trasferiti nelle apposite voliere per la convalescenza e la riabilitazione. Rispetto all’anno 2009 (511 ricoveri) si è registrato un incremento dell’ 11,5%. Complessivamente, dei soggetti registrati in ingresso, 283 dopo le opportune cure e la conseguente riabilitazione sono stati reintrodotti in natura; 258 sono deceduti nel periodo; 28 erano presenti al 31 dicembre 2010 presso le strutture VerdeBlu. Inoltre, quando possibile, sono stati accolti esemplari appartenenti a specie di pappagalli e tartarughe, nonché altri animali, di varie specie, rinvenuti sul territorio. Naturalia Estate 2011
Simona Potenza
28 febbraio, recupero di una volpe a Velo Veronese. Il soggetto, investito da un’auto, è in pessime condizioni e muore durante il recupero. (Ph.: archivio VerdeBlu)
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C.R.A.S. News
CRAS ENPA Savona Enpa Savona ha sempre colmato il “vuo-to” che aveva finora caratterizzato la nostra provincia in questo ambito, ricoverando e curando gli animali selvatici prima a titolo totalmente gratuito poi, a partire dal 2001, sulla base di un accordo stipulato con gli ATC e CA con il quale i medesimi si impegnavano a un contributo economico (irrisorio e per lo più erogato in maniera saltuaria e arbitraria...). Da due anni a questa parte, il Centro ha infine ottenuto l’incarico da parte della Provincia, con la quale si impegna al recupero di tutta la fauna ferita e/o in difficoltà di tutto il territorio provinciale, con l’esclusione della fauna ritrovata su territorio silvo-agro-pastorale e degli ungulati adulti (per i quali la competenza rimane agli ATC e CA). Nel corso del 2010, ha ricoverato 1118 soggetti. Oltre ai volontari (tra i quali la sottoscritta), il centro si avvale di una dipendente fulltime, di un dipendente occasionale (due nel periodo estivo), di almeno tre veterinari (regolarmente pagati) e dell’aiuto (ricompensato, anche se mai abbastanza) dei centri di recupero viciniori (particolarmente CRAS Bernezzo e Lipu Livorno) per gli animali per i quali sono necessarie attrezzature non in suo possesso. Al momento il Centro si avvale di uno spazio di circa 120 mq presso la sede cittadina dell’ENPA a Savona, di alcune gabbie nell’ex parco botanico del Comune di Pietra ligure, alcuni recinti coperti ad Albenga e due recinti/voliera in zona di campagna sulle alture di Savona; è inoltre in procinto di ottenere un terreno da parte del Comune di Savona. Antonella De Paola
CRAS Provincia di Cuneo Il C.R.A.S. di Bernezzo si è costituito in ottem ottemperanza alla L.R. 70/96 art. 33, su autorizza autorizzazione e relativa determina della Provincia di Cuneo in data 18/05/2001 n ° 395. Esso ha fatto parte della LIDA fino al 09/08/2004, data in cui viene fondata l’associazione Centro Recupero Animali Selvatici con statuto proprio (visibile sul sito), iscritta al registro regionale delle Associazioni di volontariato al n° 177. Ci occupiamo dell’accoglienza della fauna selvatica autoctona e non, di fauna esotica sottoposta a sequestro giudiziario. Ogni esemplare che viene introdotto nella struttura viene segnato su di un registro di carico e scarico, vidimato dalla Provincia, C.F.S., ASL servizi veterinari, Regione Piemonte. Le reimmissioni in natura vengono autorizzate in primis dal veterinario ufficiale dell’ASL e consegnate al servizio faunistico ambientale della Provincia di Cuneo o al CFS, che firmano sul registro il rilascio con indicazione del luogo. In alcune occasioni vengono effettuate liberazioni pubbliche. Per gli animali deceduti viene redatto dal veterinario ufficiale un certificato di morte con la destinazione della carcassa (Università di Torino, Museo, Istituto Zooprofilattico, distruzione). Il centro non è aperto al pubblico, ma vengono effettuate saltuariamente visite guidate a scolaresche (vedi sul sito programma per le scuole) e a gruppi ecologisti organizzati; esse sono
sempre solo effettuate da accompagnatori qualificati, non vi è tariffa, ma solo offerta libera. Il personale operante al centro è composto da: un responsabile, volontario pensionato, da una segretaria, volontaria pensionata, una dipendente parte-time, due ragazzi in servizio civile (finchè ci verranno concessi), tre veterinari volontari che si alternano; diamo reperibilità 24 ore su 24; i nostri finanziamenti sono trasparenti tramite il bilancio che viene presentato annualmente sia ai soci che alle istituzioni; ogni sei mesi trasmettiamo i dati a o-fauna, all’osservatorio faunistico regionale; annualmente redigiamo una relazione (visibile anch’essa sul sito) con gli esemplari ritirati durante l’anno e gli eventi. Al di fuori della struttura esiste un sentiero didattico scientifico e un grande recinto per la riabilitazione degli ungulati. Per la parte burocratica ci atteniamo scrupolosamente alle norme statutarie. Il responsabile Luciano Remigio
Centro Recupero Animali Selvatici di Cuneo ONLUS Via Alpi 25, 12010 Bernezzo CN tel/fax 017182305 cell 3285325296 www.centrorecuperoselvatici.it
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Spedizione in Africa Testo e foto di Sandro Panzera
S
Spostarsi a Libreville (Ph. Luca Nocco)
Maschio di guance arancio nel giardino del CENAREST a Libreville
Giovane agama (Agama agama)
Gendarme maschio
Martin pescatore in appostamento nei pressi del canale di scolo vicino all’hotel Tropicana a Libreville
La colazione è un momento di relax e di organizzazione (Ph. Luigi Potenza)
Dopo un lungo e laborioso inseguimento con relativo appostamento, il ……. ha guadagnato la coda del geco Airone guardabuoi a Libreville
Airone guardabuoi a Libreville
L’Africa come l’ho vista io grupQ uando ho deciso di seguire il grup po del Museo di Storia Naturale del Salento diretto, per il secondo anno consecutivo, in Gabon per una spedizione di studio e ricerca sui lepidotteri e sui rettili del Parco Nazionale dell’Ivindo, non immaginavo minimamente che anch’io, come tanti, mi sarei ammalato del così detto “mal d’Africa”. Avevo guardato e riguardato per mesi le numerose foto realizzate l’anno precedente e per quanto rimanessi rapito dai paesaggi rappresentati, dai villaggi, dalla gente ripresa sempre sorridente, non pensavo di poterNaturalia Estate 2011
Prima Parte
mi ritrovare in una natura selvaggia e incontaminata come stentiamo a immaginare. Tutto, in Gabon, ti riporta indietro nel tempo e lo stesso spostarsi da un posto all’altro può riservarti sorprese tra le più emozionanti. Il giorno dopo l’arrivo a Libreville, nonostante la stanchezza dei lunghi spostamenti e delle tante ore d’attesa nei vari aeroporti, mi vedeva già, di primo mattino, muovermi attento sul lungo litorale sabbioso, prospiciente l’hotel dove eravamo alloggiati, alla ricerca di soggetti animali da fotografare. Su ogni tronco, pietra e pianta sostava, alla ricerca
di un raggio di sole, un esemplare di agama, piccola e comunissima lucertola africana. Se ne incontravano di tutte le età: dai giovani, ancora poco colorati, alle mimetiche femmine, agli splendidi maschi che, evidenziando i loro colori, segnalavano ai vicini la proprietà del territorio. La sabbia, ove era bagnata dall’onda, si presentava completamente ricoperta di granchi e, sotto i bagliori del primo sole mattutino, metteva in evidenza migliaia di piccoli buchi, i loro rifugi sicuri. Intorno a me era tutto un riecheggiare di canti di uccelli. Ma, persino nei giardini delle ville
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Spedizione in Africa
Gendarme Femmina
Gendarme Femmina
Maschio di nettarina di Reichenbach in canto nei pressi dell’aeroporto di Libreville Gendarme Maschio
Granchi sulla spiaggia di Gamba (Ph. Piero Carlino)
adiacenti la spiaggia, la vegetazione era così fitta che a malapena si intravedevano le ombre dei numerosi uccelli presenti all’interno. Comunque di tanto in tanto qualcuno faceva capolino tra le foglie e finalmente potevo realizzare qualche scatto. Purtroppo, durante la stagione delle piogge, cielo e luce non sono certamente il massimo per avere ottime foto, ma a me bastava osservare il continuo movimento generato dai tanti animali presenti per essere del tutto soddisfatto. Dovendo rimanere a Libreville per qualche giorno in attesa dei permessi del Ministero Ga-
bonese delle Acque e delle Foreste, essenziali per raggiungere il Parco dell’Ivindo, pensai di potermi dedicare alle foto degli uccelli presenti in città. Infatti, bastava allontanarsi un poco dal centro per ritrovarsi in ambienti nei quali la natura cercava di riprendersi ciò che gli era stato tolto per costruirvi le case. In queste zone degradate, ma ricche di cibo, regnavano indisturbati gli aironi infastiditi soltanto dai chiassosi gendarmi. Lungo i rigagnoli presenti, volavano numerosi i gruccioni alla ricerca di api e vespe. Già, in quest’ambiente, ma penso in tutta l’Africa, gli insetti
sono i veri padroni. Mi è bastato poco per capire che niente mi avrebbe protetto dalle loro punture e così è stato. Hanno succhiato il mio sangue api, vespe, zanzare, mosche, tafani e persino grosse formiche: laggiù, la guerra per evitare le punture d’insetto è persa in partenza. Se ne ha una tale consapevolezza che dopo un po’ non si fa più caso alle grosse bolle che ti cospargono il corpo. Nonostante fossi ancora in città e, devo ammettere, non in una bella città, ero comunque rapito dai numerosi colori in essa presenti, colori che non derivano solamente dai tanti uccelli svoNaturalia Estate 2011
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Spedizione in Africa
lazzanti tra alberi e case, ma anche e soprattutto dai numerosi mercatini dislocati qua e là, ricchi di ogni tipo di frutta e di spezie e soprattutto dai coloratissimi abiti indossati dalla gente del posto. Non posso dire di aver gustato altrettanto i profumi e gli odori, in quanto i numerosi scarichi delle vecchie auto a gasolio presenti rendevano l’aria del tutto irrespirabile. Nonostante ciò, ogni cosa sembrava più bella di quanto in realtà non lo fosse; forse già la mia mente pregustava quello che mi sarebbe toccato vedere più in là, tanto da non accorgersi di quanto scorreva sotto i suoi occhi. Il “safari” cittadiGiovane agama (Agama agama)
no è stato abbastanza proficuo anche perché, seguendo gli uccelli, mi inoltravo tra viottoli e stradine ricche di vita e risuonanti delle grida di gioia dei numerosi bambini presenti. Qui, tra le case e i mercati si poteva gustare di tutto: dal pesce affumicato o arrostito, alle carni degli animali più strani. Superato lo scoglio del dove le carni vengano recuperate e del come vengano cotte, si può finalmente gustarne i sapori. Sapori antichi, ormai del tutto dimenticati da noi. Il pollo che sa di pollo e ti fa faticare per staccare la carne dall’osso e tante altre leccornie che è meglio non nominare. Anche la sera, nonostante la
poca luce emanata dai radi lampioni, si ammiravano numerosi colori. Tra i bagliori delle braci e i suoni dei ritmi africani, numerosi giovani popolavano vicoli e strade allegri e pieni di vita. Per quanto l’aspetto dei posti non fosse rassicurante, non avevi per niente paura, tanta era la gentilezza e l’ospitalità dimostrata dalla gente del luogo. Dei tre giorni trascorsi in città, mi è rimasto impresso il sorriso dei volti di queste persone che pur non avendo moltissimo, riuscivano a cogliere sempre della vita il lato migliore.
Giovane agama (Agama agama)
Nettarina dalla testa verde (Cyanomitra verticalis)
Giovane nonnetta comune mentre si ciba di semi su uno dei tanti steli presenti lungo un canale di scolo vicino all’hotel
Gendarme maschio
Gendarme maschio
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(Continua) Sandro Panzera
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Spedizione in Africa
Gendarme femmina
Gruccione
Airone guardabuoi
Gruccione in attesa presso un canale vicino al Ministero delle acque e delle foreste a Libreville
Maschio di guance arancio
Maschio adulto di agama (Agama agama)
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Spedizione in Africa (Ph.: Luca Nocco)
(Ph.: Luca Nocco) (Ph.: M. Carlino)
Libreville alla ricerca di cibo
Mercato di periferia vicino a Libreville (Ph, Piero Carlino)
(Ph.: Luca Nocco)
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Prelibatezze (Ph. Luca Nocco) (Ph.: Luca Nocco)
(Ph.: Luca Nocco)
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Più che Sponsor: Amici Come è stato accennato nell’editoriale, la spedizione in Gabon è stata realizzata grazie all’aiuto di alcuni amici (mi sento obbligato a definirli così, piuttosto che freddi sponsor che ricercano una promozione pubblicitaria, proprio per la loro offerta disinteressata: queste stesse pagine non sono parte di un contratto, ma una iniziativa di NATURALIA per ringraziarli!). E sottolineo che dietro a un’istituzione o a un’azienda c’è sempre un uomo che prende una decisione: non lasciamoci abbindolare da chi non può perché il Consiglio d’Amministrazione non..., perché il budget non prevede che..., perché l’azienda non crede che..., da chi, insomma, accampa un pretesto che ci rimanda a mai! Non che si debba essere obbligati a finanziare tutto, ma credo che, sulle attività di grande utilità e di ricerca, qualora lo Stato sia latente, debba essere
Ati service nasce nel 1999 con lo scopo di fornire servizi di assistenza tecnica informatica professionali (da cui l’acronimo ATI) per aziende, enti pubblici e privati. Dal 2001 poi, inizia la commercializzazione di prodotti per l’informatica, divenendo nel 2003 ASUS POINT centro certificato per la vendita e l’assistenza del marchio ASUS e dal 2009 ECOPRINT POINT centro per la rigenerazione di cartucce e toner di stampa. Il laboratorio, altamente tecnologico, si compone di n°3 Master Switch digitali abbinati a monitor LCD di largo formato che consentono una capacita operativa di n°12 PC simultaneamente. Negli ultimi due anni l’azienda ha inserito il servizio riparazione NOTEBOOK multimarca, dotandosi di stru-
un dovere per tutti (enti locali e privati cittadini) finanziare il loro stesso futuro, perché di questo si tratta: la ricerca, a tutti i livelli, non è mai per scopi personali, è per tutti e soprattutto per tutti coloro che verranno. E vediamoli allora i nostri munifici amici: innanzitutto il Comune di Calimera. Come, un Comune amico? Ho già detto che dietro a un nome c’è comunque un uomo e, aggiungo, dietro a un Comune di uomini ce ne sono tanti (gli amministratori, gli impiegati, i cittadini)... ecco mi sembra che il Comune ami il suo Museo... ed è ricambiato! Poi tre uomini
mentazione completa per la riri parazione delle Mother Board e delle schede video. L’ampia area espositiva e la collaborazione con le più note case produttrici rendono questo decennale negozio un vero punto di riferimento nell’information technology su tutta la provincia. Servizi OFFERTI: - Assistenza tecnica informatica su Personal Computer, notebook, Mac, stampanti multimarca - Realizzazione di Reti dati cablate e wireless e connessione WIMAX ADSL - Realizzazione di Siti WEB per privati e PA - Centro rigenerazione cartucce e toner di stampa - Amministrazione e gestione di sistemi informatici per Aziende e PA.
(non importa se più sotto li chiamo con il nome delle loro attività commerciali) che hanno creduto ai nostri racconti, ché proprio così è nata la solidarietà, da un racconto che parlava di viaggi d’avventura, di strane bestie e genti meravigliose, di peripezie e malattie mortali, ma anche di scienza, di scoperte, di formazione, di pubblicazioni, insomma del futuro dell’umanità, sospesa tra il rigore scientifico e la conoscenza onirica che ci accompagna, sempre bambini, nel viaggio tra i popoli e nella natura. Ve li ricordo in ordine alfabetico (non è il peso del contributo che rende importanti, ma la voglia con cui si partecipa e qui di voglia ce n’era tanta!): ATI Service di Calimera, Icaro Viaggi di Calimera, On Board Camera di Lecce.
Onboardcamera.it è una delle diverse branche merceologiche di Elettronica Sud s.a.s. di Lecce. Azienda nel settore dell’elettronica dal 1974. La nostra professionalità e competenza ci ha portato avanti negli anni con splendidi e gratificanti risultati. L’ esperienza ci ha portato a collaborare con diverse compagnie asiatiche nella realizzazione personalizzata dei nostri prodotti, avvicinando le esigenze dei nostri clienti alla tecnologia più innovativa e all’avanguardia. Vantiamo una rete vendita a livello internazionale, tra i nostri clienti, oltre alle migliaia di amatori e appassionati, diverse case di produzione video, emittenti TV, team della SBK, scuderie Ferrari e ACI SPORT. Siamo sponsor tecnici di Luca Scassa, pilota SBK, seguiamo di gara in gara tutti i team del campionato del mondo di OFFSHORE, installando le nostre minicam e realizzando dirette LIVE. In Gabon per il MSNS abbiamo utilizzato un impianto di registrazione video e audio in grado di archiviare filmati di alta qualità con visione notturna. Il tutto è attivabile tramite “motion detector” quindi con un rivelatore di movimento, in grado di avviare la registrazione nel momento in cui la telecamera rivela il movimento nel campo d’ inquadratura. I nostri impianti a lunga durata funzionano tutti a 12v e possono gestire fino a 8 telecamere in contemporanea, con possibilità di registrare a 200 fotogrammi al secondo, questo permette di ottenere 8 filmati di 25 fps ognuno. Per le riprese in soggettiva e prima persona, abbiamo utilizzato delle microcamere FULL HD indossate direttamente sull’ operatore (sul petto o in testa) in grado di regalare una qualità eccellente con la possibilità di essere utilizzate fino a – 60mt, con autonomia di circa 5 ore di filmati alla massima qualità. Resistenti a shock, urti e vibrazioni, con ottica grandangolare. Per scopi naturalistici, realizziamo inoltre filmati in time lapse di giorni e settimane dove possiamo velocizzare qualunque evento.
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Gli abitanti del nostro giardino
Codirosso spazzacamino maschio (Ph. S. Panzera)
Il Codirosso Spazzacamino Naturalia Estate 2011
di Enrico Panzera
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Gli abitanti del nostro giardino Codirosso spazzacamino maschio su un cumulo di macerie a San Donato di Lecce (Ph. S. Panzera)
Codirosso spazzacamino femmina (Ph. S. Panzera)
Il mondo è un ambiente in continua evoluzione; evoluzione ac ac-
celerata dall’egoismo di una specie senza scrupoli e freni, che sta riducendo la terra a un mezzo dal quale attingere tutte le risorse di cui ha bisogno senza mai darle il giusto rispetto che le si deve. Oggi assistiamo a continui cambiamenti climatici e ambientali alimentati dall’inquinamento umano, che hanno costretto il resto degli esseri che vivono il pianeta ad adattarsi e a sopravvivere al meglio ai danni creati. È straordinario apprendere come la natura sia capace di riadattarsi ai continui cambiamenti, grazie all’estrema complessità dell’organizzazione della vita, come ogni minimo passo sia studiato e controllato da milioni di cellule che lavorano all’unisono per permettere che la vita sia possibile; ma nonostante ciò non sempre essa riesce a sopraffare la distruzione. Ciò è dimostrato dalle tante specie che si avviano all’estinzione, per lo meno a livello locale, e da quelle che hanno visto invece ridurre la propria popolazione drasticamente in questi anni. A riflettere su questi temi mi ha condotto, durante gli appostamenti di caccia fotografica, una specie di piccolo passeriforme, il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), che è tra i miei soggetti preferiti durante le escursioni fotografiche all’interno degli abitati o semplicemente sul terrazzo di casa. Un aspetto che mi ha colpito del codirosso spazzacamino, oltre al suo piumaggio, è il suo carattere solitario. Infatti, nelle mie escursioni fotografiche,avvenute tra fine ottobre e inizi di aprile (poiché nelle nostre zone esso è presente nei periodi invernali), ho sempre potuto osservare singoli esemplari e mai gruppi di tre o più componenti, il che lascia intendere che il codirosso spazzacamino non è un passero gregario. In questi ultimi anni poter avvistare il codirosso spazzacamino è più semplice di quanto poteva esserlo prima. Abitualmente esso frequenta zone rocciose o boschive, steppa e cespugli, ma ultimamente il suo habitat si sta spostando verso le zone abitate, giardini e parchi, facendo di lui un facile modello per le foto. Un fatto che ho potuto notare durante i miei appostamenti è che nel Salento la presenza del codirosso spazzacamino è caratterizzata da annate nelle quali esso è quasi assente e annate dove esso è particolarmente numeroso. Poiché attraversa il Salento nel periodo invernale, la nidificazione avviene nelle zone settentrionali d’Europa , dove depone dalle 5 alle 6 uova verso metà maggio, le quali vengono covate per 13-15 giorni, prevalentemente dalla femmina. I pulcini rimangono nel nido e vengono nutriti dai genitori per i primi 16 giorni della loro vita, dopo sono pronti ad abbandonare il nido. I colori accattivanti, soprattutto del maschio, e l’abitudine a svolazzare tra i tetti, che gli sono valsi il nome comune di spazzacamino, mi hanno sempre affascinato. Quella del codirosso spazzacamino è una specie nella quale il dimorfismo sessuale è abbastanza evidente. Infatti il maschio presenta una colorazione marcata, caratterizzata da nero e grigio, a eccezione della coda rossiccia; la femmina è, invece, uniformemente grigiastra, con la coda tinteggiata di rosso.
Codirosso spazzacamino maschio (Ph. S. Panzera)
Fanello pullus (Ph. S. Panzera)
Codirosso spazzacamino maschio sul davanzale di un’abitazione a Caprarica di Lecce (Ph. S. Panzera)
Codirosso spazzacamino femmina nascosta tra i rami (Ph. E. Panzera)
Enrico Panzera
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Gli abitanti del nostro giardino Codirosso spazzacamino femmina (Ph. S. Panzera)
Codirosso spazzacamino maschio (Ph. S. Panzera)
Codirosso spazzacamino femmina (Ph. E. Panzera)
Codirosso spazzacamino femmina (Ph. S. Panzera)
Codirosso spazzacamino femmina (Ph. E. Panzera) Coppia di fanelli (il maschio a sx) (Ph. E. Panzera)
(Ph. S. Panzera)
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Speciale Insetti
I Saturnidi italiani
di Lorenzo Comoglio
I Saturnidi sono una famiglia
di falene ben rappresentata il tutto il mondo da oltre 1500 specie, con una varietà di forme e colori ineguagliabile a mio avviso da altre famiglie di Lepidotteri. Nello scorso numero ho descritto specie che allo stadio larvale possiedono ghiandole secernenti sostanze urticanti e specie i cui adulti raggiungono i 30 cm di apertura alare. Forse chi aveva già visitato una casa delle farfalle non si sarà stupito vedendo farfalle “cobra” e farfalle “cometa”. I Saturnidi della nostra peni-
sola, purtroppo, sono poveri di code alari così pronunciate, macchie ocellate enormi e finestre alari trasparenti, che si possono ammirare solo entrando in una di queste strutture, dedicate a specie provenienti da biotopi differenti. In Italia sono presenti solamente sei specie di Saturnidi, di cui due importate. Iniziamo da quest’ultime. Come introdotto nel precedente articolo, alcuni Saturnidi vengono allevati per la seta, in particolare in paesi in via di sviluppo come il Madagascar (per es. CPALI
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Speciale Insetti
- Conservation through Poverty Alleviation, International; Antherina suraka e Argema mittrei), oltre che in Cina e in India. Parte però dal Giappone la storia di Antheraea yamamai, Saturnide di medio-grandi dimensioni, endemico del Paese nipponico e oggi presente anche in Italia nord-orientale. Specie introdotta nel 1860 in Francia dal conte Duchesne de Bellecourt, poi allevata per la seta in Austria e in Ungheria, Antheraea yamamai, ha oggi una popolazione italiana localizzata nella provincia di Udine. Le piante nutrici, quercia, faggio, castagno e carpino, sono molto diffuse e la specie è destinata a espandersi nel territorio italiano nei prossimi anni. Questo Saturnide produce una seta detta “tensan”, oggi piuttosto rara e costosa. Il suo uso in sericoltura è ormai stato praticamente abbandonato, se non in alcune zone del Giappone. Gli adulti si rinvengono in volo tra agosto e settembre. Si tratta di una specie monovoltina il cui stadio svernante è costituito dalle uova, che si schiudono in primavera. Lo stadio pupale dura invece dai due ai tre mesi. Di origine asiatica è anche Samia cynthia, introdotta in diversi Paesi europei dall’industria della seta un secolo fa. In Italia è presente una popolazione nella zona di Como, dove un tempo era diffusa
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la sericoltura. Questo Saturnide è piuttosto caratteristico: i suoi bozzoli, da cui si ricava una seta detta “eri”, si possono facilmente notare quando in autunno la sua pianta ospite, l’ailanto, perde le foglie. Nemmeno l’ailanto è autoctono: questa pianta è ritenuta molto infestante e la sua introduzione nell’Italia settentrionale è collegata strettamente a Samia cynthia. La sua propagazione è stata così veloce che ha superato quella della farfalla, che in futuro potrà espandersi in un vasto territorio già toccato dall’ailanto. In realtà, in cattività questa specie è piuttosto polifaga e si nutre anche di ligustro, frassino, salice e varie specie del genere Prunus. Questa specie ha da una a due generazioni annuali e ha un’apertura alare di 13-15 cm. Con Antheraea yamamai, la popolazione di Samia cynthia testimonia l’ormai conclusasi rincorsa verso alternative al baco da seta tradizionale. Tali alternative hanno trovato terreno fertile nei paesi in via di sviluppo, ma ancora oggi nemmeno il Saturnide più diffuso in sericoltura, ovvero Samia ricini, è riuscito a emergere in un mercato dominato dal Bombix mori. Specie invece meno interessanti dal punto di vista dell’industria, ma autoctone, sono Aglia tau, Perisomena caecigena, Saturnia pavoniella e Saturnia pyri. La
prima è un piccolo Saturnide che difficilmente supera i 7 cm di apertura alare. Diffusa nell’entroterra italiano, è piuttosto comune nell’Italia settentrionale tra i 600 e i 1500 m di quota. Il suo nome deriva dalla lettera greca ‘tau’ che compare all’interno delle macchie ocellate presenti su ciascuna ala. Questa specie monovoltina vola da marzo sino a giugno a seconda della latitudine. Le sue piante nutrici preferite sono betulla, carpino, faggio, quercia e noce. Il maschio vola sin dalla tarda mattinata alla ricerca della femmina, che è attiva di notte ed è molto statica sino all’accoppiamento, dopo il quale deporrà le uova in piccoli gruppi. I bruchi sono molto particolari per la presenza di spine che regrediscono muta dopo muta. Il bozzolo costituisce lo stadio svernante. Perisomena caecigena è un altro piccolo Saturnide che ha una ristretta popolazione nelle montagne abruzzesi, dove gli adulti sono attivi anche a bassissime temperature in autunno, sino alla metà di novembre. A differenza di Aglia tau, come Antheraea yamamai questa specie sverna come uovo. Il bozzolo, marroncino con riflessi argentei, è piuttosto rado e traforato, tessuto a livello del terreno. Le piante nutrici sono, ancora una volta, quercia, frassino, carpino e pero.
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Speciale Insetti Una specie che invece necessiterà ancora in futuro di discussioni tassonomiche è Saturnia pavoniella, la cui nomenclatura non è ancora del tutto chiara. A causa dell’infertilità degli ibridi, si tende a considerarla una specie distinta dalla stretta parente Saturnia pavonia. Specie paleartica presente anche in Russia asiatica e in Cina, in Italia assume la denominazione pavoniella. Non è ancora chiaro invece se Saturnia ligurica coincida in qualche modo con S. pavoniella o si tratti di un’altra specie distinta, in questo caso confinata a poche aree dell’Italia meridionale. Saturnia pavoniella è un Saturnide di dimensioni comparabili a quelle di Aglia tau e del tutto simile a questa per le abitudini diurne dei maschi e la tendenza delle femmine a deporre le uova in caratteristici anelli attorno ai rami. Una costante di queste tre specie autoctone sinora descritte è la durata dell’accoppiamento, che varia dai 15 minuti alle 2 ore e tende dunque ad essere molto veloce rispetto ad altre specie di questa famiglia di falene. Una differenza riportata da Huemer & Nässig (2003) rispetto a Saturnia pavonia è la capacità dei maschi di accoppiarsi più volte con diverse femmine, proprio come l’africana Antherina suraka. I feromoni femminili della pavonia minore vengono rilevati del maschio anche a kilometri di distanza. Il dimorfismo ses-
suale è molto marcato: i maschi sono più vivacemente colorati delle femmine e hanno antenne bipettinate. Le piante ospiti non differiscono molto da quelle delle altre specie italiane già citate, ma va precisata la preferenza di questa per il rovo e il lampone. I bruchi sono molto gregari e tendono a formare grossi gruppi sulla pianta nutrice. Si tratta anche in questo caso di una specie monovoltina, con volo da febbraio ad aprile a seconda della latitudine. Il bozzolo, tessuto spesso a livello del terreno o fra le foglie e i rami, è costituito da due strati di seta sovrapposti e sverna. Se tra le farfalle più grandi del mondo vi sono alcuni Saturnidi che toccano i 30 cm di apertura alare come Attacus atlas e Coscinocera hercules, in questa famiglia di falene esistono comunque alcune specie relativamente “piccole”. In Europa, i Saturnidi conservano il proprio primato grazie a Saturnia pyri, specie diffusa in tutt’Italia che raggiunge i 16 cm di apertura alare. La più grande farfalla europea è anch’essa monovoltina, ma gli adulti si ritrovano in volo più tardi rispetto alla congenere, in giugno-luglio. Entrambi i sessi sono attivi solamente nelle ore notturne e l’accoppiamento dura fino a 24 ore. I bruchi, che possono raggiungere i 10 cm di lunghezza, si nutrono principalmente di melo, pero (il suo nome comune è infatti Saturnia del
pero) e noce. Le pupe possono svernare per diversi anni consecutivi in funzione del clima. Se in Europa i Saturnidi si possono contare sulle dita delle mani, in un solo Stato dell’America centrale vi sono oltre duecento specie di questa famiglia. Le zone tropicali sono molto più popolate da questi giganti notturni che le zone temperate, dove popolazioni di specie come la Saturnia del pero sono in declino a causa dell’urbanizzazione sempre più massiva del loro territorio. Le specie importate come Samia cynthia, invece, hanno trovato posto nella fauna autoctona, ma introdurre specie alloctone è sempre rischioso e può portare a conseguenze ambientali di un certo peso, come nel caso dell’ailanto per il regno vegetale. Per approfondimenti, vi rimando alla bibliografia e al mio sito web: www.saturnidi.it. Lorenzo Comoglio Riferimenti bibliografici: HUEMER, P. & NÄSSIG, W. A. (2003). Der Pfauenspinner Saturnia pavoniella (Scopoli, 1763) sp. rev. im Gebiet der Ostalpen (Lepidoptera: Saturniidae). Ent. Z., Stuttgart. 113(6): 180—190. JOST, B., SCHMID, J. & WYMANN, H. P. (2000). Saturniidae - Pfauenspinner, pp. 367--398. In SCHWEIZERISCHER BUND FÜR NATURSCHUTZ, Schmetterlinge und ihre Lebensräume. Arten, Gefährdung, Schutz: Schweiz und angrenzende Gebiete 3. 914pp. Basel, Switzerland: Pro Natura.
Glossario: Monovoltina: specie con una generazione annuale, si riproduce una volta l’anno. Biotopo: area di limitate dimensioni di un ambiente dove vivono organismi vegetali e animali di una stessa specie o di specie differenti. Autoctona: una specie che si è originata ed evoluta nel luogo in cui si trova. Alloctona: una specie che si è originata ed evoluta in un luogo differente da quello in cui quale si trova.
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Speciale PON
Rettili e anfibi: un’esperienza scolastica
Ricordo come se fosse ieri, quando un amico propose a me e ad Antonella di presentare un progetto per la realizzazione di un PON e noi abbiamo subito accettato di buon grado. L’idea era di presentare un progetto che avesse come protagonisti i rettili e gli anfibi, una realtà a noi molto vicina. Il primo passo è stato informarci su cosa effettivamente fosse un PON, successivamente, dopo aver contattato la scuola del comune di San Cesario di Lecce, abbiamo iniziato a capire che gli studenti ai quali avremmo dovuto rivolgere il corso, sarebbero stati bambini di 9 anni. Dopo un primo momento di sconforto, trasformatosi in breve in panico, perché non avevamo mai avuto a che fare con bambini di quell’età, ci siamo precipitati in libreria a cercare testi sui rettili per ragazzi da 8 a 10 anni. non avevamo la più pallida idea di quale fosse il linguaggio più appropriato con il quale rivolgerci a loro. In effetti la biologia dei rettili e degli anfibi, con tutta una serie tecniche di controllo delle popolazioni, tecniche di misurazioni biometriche, trappolaggi animali, non è proprio un argomento facile da affrontare con dei bambini. Ma la sfida è stata proprio questa: mantenere lo spessore degli argomenti tratta-
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Speciale PON
ti come se fosse un corso per specialisti, cercando di semplificare il linguaggio e utilizzando molti metodi pratici, per riuscire a mantenere alta la concentrazione dei ragazzi.Personalmente ho avuto tutto il tempo per preparare il corpo e la mente alla nuova esperienza, infatti un mese prima dell’inizio del progetto sono partito per una missione scientifica nelle foreste del Gabon (Africa equatoriale) per un progetto di studio sui rettili della zona. Da lì, quando avevo la possibilità, sentivo al telefono Antonella, che nel frattempo in Italia preparava le lezioni in Power-point per i bambini; ogni chiamata era quasi tutta incentrata sull’inizio del progetto: dai sarà un esperienza indimenticabile, il tempo volerà, andrà tutto bene, SONO BAMBINI! Ecco, quest’ultima affermazione era la più preoccupante, probabilmente avrei preferito fossero degli esperti erpetologi sessantenni! L’impatto con la scuola e con i genitori è avvenuto la mattina successiva al rientro dalla spedizione in foresta: la situazione ricordava molto Mosè che parlava agli
Ebrei, dove io svolgevo il ruolo di Mosè, barba lunga e aspetto mistico e i genitori attoniti nel ruolo del popolo ebreo, i quali, a mio parere, continuavano a chiedersi: ma dovremmo lasciare i nostri figli nelle mani di Robinson Crusoè? Ma sarà pericoloso? Comunque tutto era pronto per iniziare, ora serviva solo l’esperto di chiara fama, figura molto importante nei progetti PON, che introducesse il progetto. Ed ecco l’idea, ne parlo un minuto con Antonella, e poi contatto il Dott. Scali, Conservatore del Museo di Storia naturale di Milano, nonché brillante erpetologo: ok avevamo la cavia! Ora potevamo vedere se effettivamente c’era interesse da parte dei bambini verso gli argomenti trattati. Dopo una lunga preparazione, più che teorica, psicologica, era arrivato anche per noi il primo giorno di lezione: dalla tranquillità paradisiaca della foresta africana a una gabbia piena di criceti impazziti, ma, ecco la sorpresa: i ragazzi dimostravano interesse per quello che dicevamo! Successivamente il corso è stato una escalation di soddisfazioni: i bambini
erano incredibilmente affascinati da tutto quello che si faceva in classe e nelle escursioni, fino ad arrivare alla tanto attesa gita in Basilicata, viaggio che, in verità, mi era stato annunciato il primo giorno dal rientro dall’Africa, durante una riunione inaspettata con tutti i professori e i genitori, i quali mi chiedevano: ma la gita sul Pollino quando sarà? ma possiamo accompagnare i ragazzi? ma cosa faranno? Mi guardavo intorno spaesato pensando: ah, dobbiamo andare sul Pollino? Il viaggio è andato bene e siamo stati soddisfatti del comportamento dei ragazzi... be’, qualche rimprovero qua e là, una notte insonne... ma non tutto per colpa dei ragazzi, devo dire che io e Antonella eravamo comunque un po’ tesi e spaventati dalla nuova esperienza, che, naturalmente, sarebbe stata irrealizzabile senza il prezioso aiuto dei tre professori che ci hanno accompagnato. Piero Carlino
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Speciale PON
E qui, al termine di questo progetto, desideriamo ringraziare chi, in maniera più o meno diretta e più o meno consapevole, ha contribuito alla sua realizzazione. La scuola nel suo insieme, per la preziosa occasione offertaci e per l’importante contributo ricevuto durante lo svolgimento del progetto. I nostri ringraziamenti sono rivolti a tutte il personale scolastico per averci offerto l’opportunità di entrare a far parte di un gruppo simpatico e dinamico, permettendoci di lavorare in un ambiente sereno, accogliente e funzionale. In particolare vogliamo di ringraziare di cuore la Dirigente scolastica, per l’accoglienza riservataci, persona disponibile e collaborativa. Ringraziamo il gruppo dei genitori, perché non è mai stato troppo pressante e questo ha permesso a tutti i bambini di svolgere le attività con assoluta tranquillità. Lasciamo per ultimi i ringraziamenti più importanti: tutti i bambini che hanno partecipato al progetto per due mesi magnifici ci hanno permesso di crescere e provare emozioni in un ambiente assolutamente sano. Non è stato facile, perché gestire un gruppo di quaranta bambini è complesso e dispendioso; ma come in tutte le cose difficili, raggiunti i propri obiettivi, c’è ancora più soddisfazione. Siamo fieri di aver preparato questo gruppo, perché abbiamo visto i bambini crescere da ogni punto di vista, non solo culturale. Sono stati stupendi, ci hanno fatto divertire e ci mancheranno molto. Speriamo che continuino così, ricordando loro che per diventare un ottimo naturalista non è importante solo IMPEGNARSI AL MASSIMO negli studi, ma continuare a MERAVIGLIARSI di tutto quello che li circonda! Piero Carlino e Antonella Ingrosso
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Dal Meraviglioso Mondo delle Piante
A cura di Piero Medagli
Serapias x ruggieroi e Serapias X demericoi: ibridi naturali nuovi del Salento di Piero Medagli e Alessio Turco
Serapias x demericoi - pianta intera
Serapias x ruggieroi - pianta intera
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Dal meraviglioso mondo delle piante
Un singolare Lusus in Anacamptis morio Un singolare lusus di Anacamptis morio è stato rinvenuto presso Santeramo in Colle (BA) dai naturalisti Nuccia Silletti e Angelo Margherita. Si tratta di un esemplare con una decina di fiori tutti caratterizzati da tre labelli. Pertanto ogni fiore conservava una tipica simmetria bilaterale, conferendo all’intera infiorescenza una singolare eleganza. È interessante sottolineare che tutti i fiori risultavano anomali e non solo alcuni, lasciando supporre che possa trattarsi di una anomalia dovuta a mutazione. In tal caso si tratterebbe di una anomalia destinata a manifestarsi immutata anche nei prossimi anni.
Lusus di Anacamptis morio (Ph. Nuccia Silletti)
Serapias x demericoi particolare
Ophrys x sommieri Con molta soddisfazione abbiamo constatato che anche quest’anno, nella villa comunale di Caprarica di Lecce, è rifiorito l’ibrido di orchidea Ophrys x sommieri. Come certamente ricorderete, lo stesso era stato segnalato lo scorso anno nel numero 20 della rivista. In quell’occasione ci eravamo augurati di rivederlo fiorire ancora. L’ibrido di Caprarica di Lecce (Ph. S. Panzera)
Serapias x ruggieroi - particolare
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Veterinaria
Traumi indotti.
a cura di Gianluca Nocco
Il tarpamento delle remiganti negli uccelli selvatici Cosa spinga un uomo a catturare un uccello selvatico, tagliargli malamente le ali e tenerlo in gabbia, per la sottoscritta, è un mistero. Mi piacerebbe che qualcuno dei lettori, domani, scrivesse alla redazione per darmi una spiegazione plausibile della storia che mi accingo a raccontare. Qualche giorno fa è stato ricoverato presso l’Osservatorio faunistico provinciale di Lecce – Centro recupero fauna selvatica in difficoltà - un esemplare di gheppio. L’esame clinico non ha evidenziato fratture o lesioni particolari, ma solo un grave stato di debilitazione e il brutale tarpamento delle remiganti primarie e parte delle secondarie. In altre parole, qualche buontempone è riuscito, chissà come, a catturare questo esemplare e – amando a dismisura gli animali, ne siamo certi! – non ha resistito alla tentazione di tenerlo con sé. D’altronde la giovane femmina di gheppio avrà tentato in tutti i modi di sfuggirgli, rendendo arduo interagire con lei per sventarne la fuga. A questo punto, il nostro amico amante degli animali ha escogitato una soluzione semplice e indolore (per lui): tagliare le penne remiganti. Le remiganti sono penne indispensabili per il volo, si distinguono dalle altre in quanto più lunghe, strette e rigide, dotate di un profilo netto e definito, forniscono la spinta necessaria per volare. Tagliarle a un uccello selvatico significa condannarlo a morte certa una volta tornato in natura: non potrà cacciare, nutrirsi, né sfuggire ai predatori. Non solo, il taglio delle remiganti, in particolar modo in un esemplare selvatico, è un puro e lucido atto di spietata crudeltà perché significa privare un essere vivente della sua essenza. Per l’essere umano, così poliedrico nelle sue abilità, forse non è facile da immaginare, ciò nonostante è piuttosto ovvio che un uccello incapace di volare diventi inetto alla vita naturale. L’osservazione di esemplari nati in cattività, come alcune specie di pappagalli, ha chiaramente messo in evidenza come, talvolta, questa brutale procedura provochi gravissimi danni. Gli uccelli cui vengono tarpate le ali manifestano un vero e proprio trauma dovuto alla paura e alla frustrazione cui vanno incontro a seguito della menomazione. Dall’istante successivo al tarpamento essi, provando a fuggire, cadranno inesorabilmente al suolo e, incapaci di comprendere l’accaduto, saranno preda del terrore. Una volta tornati in una condizione “ordinaria” di vita, in gabbia per esempio, saranno costretti a muoversi in modo del tutto innaturale ovvero arrampicandosi. L’ equilibrio sarà alterato e questo avrà ripercussioni anche sull’atto dell’ accoppiamento che diventerà difficoltoso, con comprensibile nervosismo da parte di entrambi i soggetti coinvolti. Tutto ciò provocherà un grave stato di frustrazione nell’animale che si potrà manifestare con comportamenti nevrotici come l’auto-
di Chiara Caputo
deplumazione o addirittura l’automutilazione di qualche parte del corpo. Non è poi così difficile comprendere, a mio parere. Il corpo di un uccello è funzionale all’habitat in cui vive e alle sue esigenze: lo scheletro leggero, l’elevata efficienza dei polmoni, la presenza dei sacchi aerei che lo rendono più leggero, le potenti masse muscolari pettorali, sono caratteristiche che hanno senso solo ed esclusivamente in funzione del volo. Una volta tagliate le ali, ciò che resta di questo essere meraviglioso è solo uno sgraziato e vulnerabile pollo esposto inesorabilmente ai rischi della vita in natura. Il suo destino è segnato, non c’è scampo. Se quanto detto non fosse sufficiente, tagliare le penne a un uccello è considerato maltrattamento e come tale viene punito per legge: con una reclusione da tre mesi a un anno o una sanzione pecuniaria da 3.000 a 15.000 euro. Qualcuno potrebbe obiettare che tutte le informazioni riportate in questo articolo sono nozioni “tecniche” e che la gente “comune”, ignara di tutto ciò, compie questi atti in buona fede. Non ci credo! Siamo sufficientemente colti per sapere che rimuovere parti del corpo di un animale sano, a nostro piacimento e per nostro comodo, non solo non è ammissibile, ma è sbagliato. La mutilazione - perché di questo si tratta – è un atto universalmente condannato dalla nostra società, proprio quella che tanto ci fregiamo di definire “civile”. Se non doveste credere a me, andate a cercare la legge n.189 del 2004, concernente “il divieto di maltrattare gli animali”, che all’articolo 544-ter. recita: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.”. Dimenticavo, la nostra femmina di gheppio, per chi non lo sapesse, appartiene alla fauna selvatica e quindi la sua detenzione, come quella di qualsiasi animale selvatico, è vietata (e punita) per legge. Forse il nostro amico “amante degli animali”, dopo tutto, è venuto a saperlo o forse più semplicemente il gheppio si rifiutava di mangiare, non lo sappiamo, fatto sta che l’esemplare è stato recuperato denutrito, sotto shock, e affidato alle nostre cure. Le remiganti impiegheranno fino a 12 mesi per ricrescere, nel frattempo il povero uccello sarà “condannato a terra”, quotidianamente violentato nella sua più intima natura. Ce la farà? Lo spero. Dimenticherà? Ne dubito.
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Veterinaria
Coniglio:
guida all’acquisto consapevole di Sandra Rapino
Se avete pensato di regalare a qualcuno o regalarvi un tenero e morbido coniglio, dovete sapere che prendersene cura è impegnativo. Il coniglio è un animale intelligente, socievole, affettuoso, ma con un chiara e forte personalità. Diversamente da quello che si può immaginare, stabilisce con i componenti della famiglia rapporti amichevoli ed è in grado di dimostrare il proprio affetto in maniera sorprendente; sa farsi capire bene quando vuole essere coccolato o vuole mangiare, sa dimostrare la sua contentezza quando rientrate a casa dopo il lavoro, facendovi sorridere con quel musetto tenero, ma potrete godere della sua compagnia solo se coscienti, fin dall’inizio, che anche lui, per vivere bene, ha delle esigenze e che sa essere tanto affettuoso e tenero quanto monello, distruttivo e vendicativo! È un animale che non può vivere sempre in gabbia, ma quando gira libero per casa deve essere sorvegliato a vista, perché ha una predisposizione innata a rosicchiare tutti i fili elettrici a disposizione e riesce a farlo prima che voi ve ne accorgiate! Gradisce rosicchiare anche muri e gambe dei tavoli; sarete agevolati se amici di un fruttivendolo, perché mangia molta più verdura di quanto possiamo aspettarci e la sua lettiera
deve essere cambiata ogni giorno; è sicuramente possibile educarlo, ma non è possibile convincerlo a fare niente che lui non voglia; anche lui, come altri animali, può aver bisogno del veterinario. Infine sappiate che, quando avrete un po’ di tempo per tenerlo in braccio per fargli qualche coccola, dovrete abituarlo a essere maneggiato, con calma e rispettando i suoi tempi e le sue richieste, perché tenerlo sollevato dal terreno o trattenerlo contro la sua volontà rappresenta per lui quello che farebbe in natura un predatore! Se ora siete consapevolmente decisi ad acquistare o regalare un coniglio, ecco qualche consiglio per l’acquisto: -Non ci sono razze più o meno adatte a essere tenute in casa, un coniglio grande ha solo bisogno di una gabbia un po’ più grande, ma ha le stesse esigenze di un coniglio nano. -Non acquistate conigli più piccoli di un mese d’età, perchè sono stati allontanati dalla mamma troppo precocemente e sono molto più delicati. -Quando scegliete un coniglietto osservate bene che non sia eccessivamente magro, che abbia gli occhi e il nasino e il pelo sotto la coda e le zampe puliti, senza lettiera o feci attaccate; che si muova con vitalità; se sta mangiando il fieno ancora meglio.
-Chiedete al negoziante quale è stata la sua alimentazione fino ad allora, compratene un po’ insieme a del buon fieno che deve essere sempre lasciato a sua disposizione, e, una volta a casa, integratela e sostituitela molto lentamente con verdura fresca, unico alimento, associato sempre al fieno, corretto e sano per il vostro coniglio. -Portatelo da un veterinario competente appena possibile, per un prima visita: saprà anche darvi buoni consigli sull’alimentazione e la gestione di questo nuovo amico. -Una volta a casa sistematelo, con la sua gabbia, in una stanza silenziosa e tranquilla, senza disturbarlo. Immaginate come appare il mondo al vostro coniglio: è stato allontanato dai suoi simili, è circondato da un nuovo ambiente, c’è un enorme animale (voi) che lo guarda e lui non ha la minima idea di quello che succederà... Dategli tempo e modo di fidarsi di voi, aspettando che sia lui ad avvicinarsi, magari invitandolo con un pezzettino di mela o di carota, continuandolo a tenere in mano mentre lui la sgranocchia, resistendo all’idea di coccolarlo. Con il tempo e tanta pazienza il legame che si formerà sarà sorprendente. In bocca al lupo, anzi, speriamo di no!
Amici di Naturalia Ogni anno i tre centri di recupero dell’Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce ospitano circa 800 esemplari appartenenti alla fauna selvatica. Una volta ricoverati, gli animali vengono curati, nutriti, riabilitati e, quando possibile, restituiti al loro ambiente naturale. Ognuno di questi centri si avvale di personale specializzato, collaboratori esterni, volontari e tirocinanti e necessita di continui rifornimenti per: pronto soccorso e chirurgia, alimentazione, stabulazione, attrezzature, manutenzione, ecc. Nasce così il progetto “Amici Di Naturalia”: una rete di negozi, associazioni, enti, che sceglie di sostenere le attività di soccorso e tutela dei selvatici in difficoltà e di sensibilizzare l’opinione pubblica alle tematiche ambientali attraverso un contributo a Naturalia. Ai partecipanti sarà rilasciato un attestato di merito, una foto a scelta della serie “FEED YOUR FUTURE - NUTRI IL TUO FUTURO” e il loro nome o quello della loro attività sarà inserito nella lista degli amici pubblicata su NATURALIA.
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