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Testo e foto di Ilaria Romano

Ecco cosa resta dei lavori per il G8 della Maddalena L’hotel è chiuso, la sala conferenze, i negozi e l’ospedale cadono a pezzi sotto i colpi della salsedine, della burocrazia e delle inchieste giudiziarie. Uno spreco di 450 milioni di euro per un evento mancato. Il rinvio a giudizio per Bertolaso

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Maddalena, l’isola più grande dell’arcipelago al largo della Costa Smeralda, un parco nazionale protetto, storicamente legato a tante vicissitudini militari e a personaggi come Napoleone, che tentò di conquistarlo, l’ammiraglio Nelson, che lo difese, Garibaldi, che trascorse i suoi ultimi anni a Caprera. Nel dopoguerra La Maddalena divenne sede della Scuola sottufficiali della Marina, ma la direzione del Genio Militare era già arrivata nel 1888. Nel 1954 i governi italiano e statunitense firmano un accordo segreto nel quale si prevede che l’isola diventi punto d’approdo per le navi d’appoggio ai sottomarini da attacco. Dopo la fine della guerra fredda, oltre alla funzione di appoggio a

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Regione Sardegna Una veduta della costa della Maddalena dal’interno della palazzina con la sala conferenze del mancato G8 del 2009 (sulla vetrata il simbolo della Regione Sardegna). A destra, una camera dell’hotel a 4 stelle, chiuso da un anno

per i sommergibili nucleari, si aggiunge quella di supporto alle operazioni nei Balcani e in Medio Oriente. Infine, dopo 36 anni, gli americani lasciano la base: niente più esercitazioni in mare, transito di ordigni, aree off limits, ma anche crisi dell’economia per il trasloco di quasi quattromila persone che abitavano case in affitto, consumavano nei locali, spendevano per dodici mesi all’anno. È allora che il governo predispone un piano che possa dare una spinta alla ripresa dell’isola. Perché, in primo luogo, non organizzare qui il G8 del 2009? Partono i lavori, ma nel frattempo il terremoto distrugge l’Aquila e, con una rapida mossa propagandistica, Berlusconi trasferisce il vertice nelle zone disastrate. Il risultato finale è che alla Maddalena sono stati spesi 450 milioni di euro in strutture che avrebbero dovuto ospitare i

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Il globo terracqueo A sinistra, l’esterno della palazzina di vetro con la sale conferenze; sopra, la hall con la scalinata e il lampadario con il globo terracqueo

“Grandi della Terra” e che ancora oggi, sette anni dopo, si consumano lentamente sotto il peso del maestrale, dello iodio, della burocrazia e delle inchieste giudiziarie. La famosa main conference, il centro congressi rivestito da lastre di cristallo e semi sospeso sull’acqua, progettato da Stefano Boeri, la si può già scorgere dal traghetto, prima di attraccare. È diventato il simbolo di un’occa-

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sione mancata, di un fallimento per lo Stato che non ha saputo dare seguito a un progetto, per un’impresa privata di gestione che non è riuscita a investire, la Mita Resort (gruppo Marcegaglia), per il Comune e i maddalenini che avevano sperato in nuovi posti di lavoro. Se si percorre il lungomare su via Ammiraglio Mirabello lasciandosi alle spalle il centro abitato, poco prima di raggiungere il ponte

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che collega La Maddalena a Caprera ci si trova davanti a un cancello. Dal gabbiotto si controllano i rari ingressi e il custode chiede direttamente all’amministratore delegato di Mita se sia autorizzare il visitatiore a entrare. “Ho visto sorgere questi spazi in tempi da record, li sto vedendo appassire – racconta Fabio, che da otto anni lavora come sorvegliante dell’ex Arsenale, che comprende oltre alla main con-

ference, un hotel extra lusso, l’ex sala mensa, gli spazi commerciali – conosco ogni angolo qui dentro. Noi della vigilanza siamo pagati perché ci sia un presidio costante, per evitare guai peggiori, atti di vandalismo o chissà cos’altro. Da queste vetrate filtra la luce anche quando diluvia: quel sistema di cristalli serviva a riflettere i raggi del sole e impedire che l’ambiente interno si surriscaldasse. Dico serviva perché in alcuni punti è venuto giù, colpa del vento”.

Manutenzione proibitiva

La main conference ha due piani, un’ampia scalinata, una sala grande ed altre più piccole, una parete che raffigura il planisfero. Dall’interno sembra tutto pronto, come se il vertice dovesse cominciare domani, i danni sono soltanto fuori, dove il rivestimento si sta frantumando. “Soltanto per mantenere tutto così com’è stiamo spendendo un milione e mezzo di euro all’anno – dice Domenico Rossi, l’amministratore delegato di Mita Resort – la firma della concessione avvenne quando già la decisione di spostare il G8 all’Aquila era stata presa, ma nel frattempo c’era stata una nuova negoziazione perché quando avevamo vinto la gara i presupposti erano legati al summit. A compensazione di quell’annullamento vengono decisi altri eventi. Il problema che si presenta da subito però è un altro – racconta – la consegna

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dei progetti è prevista per il 31 ottobre 2009 e quella delle aree entro il 31 dicembre. Peccato che si arrivi a fine anno con la certezza che le aree non sono tutte consegnabili perché lo specchio d’acqua davanti all’ex Arsenale non è stato bonificato a dovere. Le ultime analisi certificano che il fondale è ancora pieno di arsenico e idrocarburi: la bonifica in carico alla Protezione civile non solo non è stata portata a termine, ma i livelli di inquinamento risultano ancora più alti di prima dell’intervento. Per questo ci sono stati i rinvii a giudizio”. Qui l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ora candidato del centrodestra per la poltrona di sindaco di Roma, è stato prosciolto, ma nell’ottobre scorso è stato rinviato a giudizio per corruzione e associazione a delinquere con la cosiddetta “cricca” proprio nell’inchiesta

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L’ospedale I corridoi del nuovo ospedale costruito alla Maddalena in vista del G8

sull’assegnazione degli appalti del G8 della Maddalena (oltre che per omicidio colposo per la sottostima del rischio in quella sul terremoto dell’Aquila dove morirono 309 persone). In anni di avvicendamenti politici e rimpalli di responsabilità Rossi è il solo a rappresentare la memoria storica di questa vicenda all’italiana. Tutto il resto è cambiato: vertici della Protezione civile, della Regione, del Comune. “A fine 2009 si arriva a un decreto ingiuntivo per la consegna provvisoria delle aree già pronte, mentre il Consiglio dei ministri, che ha promesso eventi compensativi, pensa alla Luis Vuitton Trophy. La regata si fa – dice Rossi - e poi si decide di tenere aperta la struttura per tutta la stagione estiva. L’albergo va bene, ma i ricavi non arrivano. Ritentiamo l’apertura anche la stagione successiva,

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nel 2011, nel frattempo si fanno tre conferenze dei servizi ma la bonifica resta da fare. A questo punto decidiamo di mollare, chiedere i danni e annullare la concessione. E qui comincia un’altra storia infinita”.

Il lampadario firmato

L’albergo a quattro stelle è chiuso da allora, ma avendo fatto due stagioni è perfettamente attrezzato, curato nei minimi dettagli: le camere sono arredate con gusto, dalle standard alle suite; ci sono docce e vasche a idromassaggio, luci soffuse, tappeti, guardaroba, in alcune persino le lenzuola e i cuscini sui letti. Ogni finestra ha una vista mozzafiato, sul tetto svetta una piscina scoperta, nel giardino il verde ha preso il sopravvento e solo di annaffiatura costa 150 mila euro l’anno. All’in-

Il bagno L’elegantissima sala da bagno di una camera dell’hotel a 4 stelle

gresso, il lampadario bianco latte dalle forme sinuose e ultramoderne, è di Zaha Hadid e da solo costa quanto un bilocale. Il pavimento è in marmo, riprende i disegni tradizionali sardi tipici della lavorazione della filigrana. Ci sono due ristoranti con tavoli e sedie impilati, lampadari e separé in vetro di Murano, una palestra attrezzata, una sauna, una sala parrucchiere; persino i diffusori di aromi per ambienti nei corridoi. L’arbitrato per inadempienza è stato aperto nel 2012. È da allora che Mita cerca di liberarsi della struttura, ma nel frattempo continua a sorvegliarla giorno e notte. Forse ora, quattro anni dopo, si è arrivati a un punto di svolta: il Consiglio dei ministri dovrà farsi carico della custodia, perché finora nemmeno questo si era capito. La concessione era stata

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siglata con la Protezione civile, ma sarebbe dovuta subentrare la Regione, che ha già ottenuto l’altro complesso, l’ex ospedale militare. Ristrutturato e ampliato come hotel nella stessa occasione e mai aperto, si trova sul lungomare, di fronte all’isola di Santo Stefano. Dietro l’edificio liberty degli anni Trenta, era stata realizzata una struttura moderna a due piani rivestita in pietra, con camere dai colori chiari, parquet e ampie vetrate. I corridoi e gli spazi comuni, caratterizzati da un controsoffitto che dà l’idea di un paesaggio lunare, sono stati aggrediti dall’umidità e cominciano a presentare delle crepe. “Nulla che non si possa sistemare con una contenuta manutenzione – dice il vigilante all’ingresso – le parti più erose non sono quelle portanti, si potrebbe intervenire subito per mettere tutto in funzione”. Sarà, ma nessuno ci mette mano. “L’ex ospedale è già della Regione che se ne vuole disfare – racconta Roberto Ugazzi, portavoce del sindaco di La Maddalena e consigliere dell’Unione dei Comuni di Gallura – sono state fatte due aste andate deserte. Abbiamo avuto il sopralluogo di alcuni architetti a nome di aziende che lavorano nel campo turistico, ma al momento non abbiamo risposte. Nulla vieta che questa struttura possa essere riconvertita, ad esempio, come centro termale. Noi maddalenini ci siamo trovati completamente fuori gioco, anche se siamo di fronte ad opere pubbliche realizzate con i fondi

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Le camere dell’albergo Sopra, l’ingresso e, a sinistra, l’interno delle camere da letto dell’albergo

sardi. Come Comune saremmo anche pronti a entrare in campo, prendendo in gestione l’ex Arsenale, ma non prima del completamento delle bonifiche.”

Un’ipotesi per il 2017

Nel 2017 la riunione dei Grandi tornerà in Italia e l’ipotesi della Maddalena si riaffaccia. Il Consiglio regionale sardo, nel novembre scorso, aveva votato all’unanimità una mozione per candidare l’isola ad ospitare il prossimo summit, in alternativa a Firenze. Si vociferava di trattative col governo, poi è calato nuovamente il silenzio, a parte qualche dichiarazione politica senza alcun seguito, almeno per ora. A dire di Mita Resort si tratta dell’ennesi-

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mo modo per prendere tempo, mentre il Comune è convinto che, se la cosa fosse vera, sarebbe un’ottima occasione per accelerare i tempi. L’isola ha perso entrate per milioni di euro in questi anni e migliaia di possibili nuovi posti di lavoro. Alla dipartita degli americani e all’illusione del G8 si è sommata anche la crisi delle compagnie marittime che collegano l’isola al resto della Sardegna. Su una popolazione di 11.400 residenti, i disoccupati sono 2.500. “Molti di noi si lamentavano della presenza degli americani – ricorda Debora, 22 anni, che lavora in un’agenzia immobiliare – ma ora tutti sentono la loro mancanza. Qui le prospettive per i giovani sono sempre di meno. È vero che l’estate si lavora ancora, almeno nel turismo,

con gli affitti stagionali, ma nel resto dell’anno è tutto fermo. Devo ringraziare se riesco a lavorare due ore al giorno, quando abbiamo la fortuna di affittare qualcosa fuori stagione. D’altronde, se abiti qui e lavori in Sardegna i tempi di percorrenza sono proibitivi e senza una macchina quando sbarchi a Palau non arrivi da nessuna parte”. Nei bar del centro la gente ricorda quando i cantieri dell’ex Arsenale erano in fermento: ma “nemmeno in quell’occasione – dicono – sono state utilizzate maestranze locali, anzi, i residenti venivano mantenuti a distanza”. Nessuno protestava, perché la speranza era che l’apertura delle strutture portasse finalmente occupazione alle persone del posto. Non è andata così.

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