Master comunicazione digitale mobile e social Anno accademico 2019/20
Relatore: Alberto Maestri Tesi: Maddalena Bianchetti
Illustrazione Chiara Meloni
Tra empowerment e attivismo digitale La body image di ognuno di noi è largamente influenzata da stimoli sociali e dal confronto con il mondo esterno dove troviamo continuamente riferimenti a cui tentiamo di adattarci. Ciò avviene non solo nella vita reale, ma anche e soprattutto sul web dove siamo continuamente bombardati da beauty standards a cui aspirare. Partendo da questi presupposti l’obiettivo del mio lavoro è quello di indagare alcune tematiche riguardanti la body positivity, cominciando da una panoramica storica dei beauty standars, e approfondendo il cambiamento dei canoni di bellezza nel corso del tempo e soprattutto l’enorme impatto che l’avvento di internet e di conseguenza dei social media ha avuto e continua ad avere sull’immagine corporea.
Per approfondire il significato di body positivity e soprattutto il ruolo che un social network come Instagram può avere nell’affermazione di messaggi positivi legati ai corpi, nelle pagine che seguono ho preso in esame come caso studio l’associazione Belle di faccia e il loro profilo @belledifaccia. Il progetto, attraverso il suo attivismo digitale, rappresenta un caso virtuoso di utilizzo dei social network come mezzo per far sentire la propria voce e attuare un cambiamento culturale e politico da mettere in atto per l’accettazione di tutti i corpi.
In particolare la mia analisi intende esaminare il ruolo che i social network - principalmente Instagram - possono assumere quale strumento potente per la diffusione di una controcultura che sfida i canoni di bellezza dominanti, tanto che, alcuni movimenti sociali stanno tentando di collegare le nuove pratiche diffuse online con il concetto di empowerment, cioè quel processo che porta a diventare più forti e più sicuri nel controllare la propria vita e in particolar modo nell’affermare i propri diritti. Uno di questi movimenti è sicuramente il body positivsm che si basa su un concetto fondamentale: ogni tipo di corpo è meritevole di rispetto e ha valore in quanto tale. Nato negli anni ‘60 dalle fronde della seconda ondata di femminismo, nel corso degli anni il movimento ha assunto svariate sfaccettature e forme diverse. I protagonisti assoluti sono da sempre i corpi, soprattutto quelli più discriminati, che rappresentano un mezzo per sfidare la beauty image dominante. Attraverso la loro esibizione è possibile raggiungere l’affermazione di sé e della propria comunità.
The Real Catwalk 2019, Londra - photo by Daniele Fummo - www.dazeddigital.com
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1. Body image e social network
pag 3
1.1 Excursus sui canoni estetici e la loro raffigurazione 1.2 Immagine corporea e social media
2. Overview sulla body positivity e Instagram
pag 7
2.1 Body Positivism: breve storia e significati 2.2 Narrazione del movimento body positive 2.3 Mercificazione della body positivity
3. Analisi del caso @belledifaccia
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3.1 Il progetto Belle di Faccia 3.2 Attivismo digitale e long-form 3.3 Analisi del profilo instagram @belledifaccia
4. Conclusione
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Ringraziamenti
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Fonti
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1. Body image e social network In queste prime pagine, al fine di meglio inquadrare il movimento body positive, tracciamo un percorso nel mondo moderno, toccando le tappe di quegli avvenimenti che hanno portato alla creazione di standard di bellezza contemporanei e analizziamo l’influenza che hanno avuto i principali mezzi di comunicazione nel rafforzare i canoni vigenti. Per concludere approfondiamo le nuove pratiche di esibizione del sé proposte dai social network, come la condivisione di immagini private e il selfie. 1.1 Excursus sui canoni estetici e la loro raffigurazione I canoni estetici - dal greco kanon, regola - sono modelli di bellezza, o beauty standards, che definiscono ciò che per una cultura o una società viene percepito come bello nell’arco di un periodo storico. L’economia e la situazione sociale influenzano il modo in cui viene percepito ciò che convenzionalmente è bello o brutto. Data questa definizione si può affermare che gli standard di bellezza siano, per loro natura, mutevoli e relativi. Grazie alle arti figurative, i mutamenti dei beauty standards sono stati testimoniati nel corso dei secoli: facciamo un breve excursus prendendo in considerazione alcuni momenti storici più rilevanti. I primi consigli di bellezza, che permettono di adattarsi quanto più possibile a dei canoni estetici, sono riconducibili al Rinascimento; in questo periodo si iniziano a rintracciare dei precetti per poter apparire e venire identificate come “belle”: famose sono le ricette di bellezza di Caterina Sforza1. Con l’introduzione di queste regole per la modifica del corpo, al fine di conformarsi a quelli che erano gli standard, avviene un importante passo nello sviluppo verso l’attuale costituzione del significato di bellezza.
za: il grasso2 inizia a diventare una caratteristica che deve essere eliminata dalla figura femminile. L’abbondanza delle forme, non viene più associata a fecondità e riproduttività o al benessere economico, ma diventa un motivo di preoccupazione. Nell’arco del XX secolo assistiamo a diversi cambiamenti dei canoni di bellezza ma, nel complesso, gli ideali di magrezza persistono e si intensificano con il passare dei decenni. Già nel 1936 il dottor Robert H. Rose, nel libro Eat Your Way to Healthy: Scientific System of Weight Control descrive l’atto di contare calorie come un sistema scientifico di controllo, mentre definisce l’obesità come un atto di negligenza criminale. Iniziano a delinearsi due categorie e i conseguenti attributi morali: chi è magro, segue una dieta e si dimostra una persona attiva viene considerato “il giusto”; chi è sovrappeso viene considerata una persona passiva che non agisce né reagisce, per questo viene etichettata come “sbagliata”. Da questo momento iniziano ad essere attribuiti alle persone sovrappeso alcuni attributi, quali la pigrizia, la mancanza di volontà, lo scarso autocontrollo e, su tutti, la noncuranza per la propria salute; diversamente la magrezza viene associata a salute, forza di volontà e attrattività fisica. Nel 1973 su iniziativa di Judy Freespirit e Sara Fishman, fondatrici del gruppo femminista Fat Underground, viene pubblicato il Fat Liberation Manifesto: sette affermazioni che contengono dichiarazioni e considerazioni circa le discriminazioni subite da persone sovrappeso, la cultura della dieta e la richiesta di maggiori diritti. Il fat acceptance movement è un tentativo di alzare un dibattito pubblico, attraverso manifestazioni e dichiarazioni provocatorie, al fine di sfidare le idee dominanti di genere, la normatività legata all’esteriorità e la cultura della dieta. Tra gli anni ‘80 e gli anni ‘90 gli stereotipi vengono rafforzati 2 Il termine grasso verrà utilizzato come traduzione della parola fat presente nella bibliografia inglese, sia in riferimento al macronutriente, che alla costituzione corporea.
Nel XIX secolo, con l’identificazione della classe borghese, si diffonde una nuova morale: il corpo diventa specchio dello stile di vita e, in questo specifico caso, del consumo. La conseguenza è che i canoni di bellezza diventano indice di benessere economico. La donna esemplare è personificata dall’angelo del focolare, ha forme morbide, pelle bianca e vita stretta. Infine, la donna borghese in alcun modo appare sensuale. A cavallo tra il XIX e XX secolo si ha un’inversione di tenden-
1 Il manoscritto “Experimenti de la Exellentissima Signora Caterina da Furlj matre de lo Illuxtrissimo Signor Giovanni de Medici” è il ricettario più completo finora conosciuto sulla medicina e la cosmesi del XV secolo. Il manoscritto comprende 454 ricette delle quali 66 riguardano la cosmesi e ne raccontano la pratica del tempo.
Ritratto di Caterina Sforza Caterina Sforza, 1481-83, Lorenzo di Credi, Pinacoteca Civica, Forlì
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attraverso la rappresentazione mediatica dei corpi, che oltre a fortificare i preconcetti, legittima i comportamenti relativi ad essi. Nelle serie televisive, molto spesso nelle sitcom, c’è una ricorrente correlazione tra la negatività di un commento e il peso del personaggio in scena: più il peso è elevato, più è probabile che si incorra in giudizi negativi e battute circa il corpo dell’attrice o dell’attore, con aggiunta di reazioni e risate registrate. Nello specifico, le reazioni del pubblico suggeriscono un’implicita approvazione sociale dello scherno verso persone che non aderiscono agli standard corporei. Una simile rappresentazione del corpo che distorce la realtà, non solo legittima ad esprimere giudizi sull’estetica del corpo di una persona, ma rafforza e rende socialmente accettato lo scherno verso soggetti sovrappeso, e genera il così detto fat shaming. A confermare l’importanza dei media nel perpetuare gli standard di bellezza e magrezza, intervengono gli studi etnografici di Anne E. Becker, realizzati sul concludersi degli anni ’80 nelle isole Fiji3. La cultura del popolo, non ancora intaccata dalla globalizzazione, celebrava una figura femminile abbondante e sinuosa, mentre la presenza di corpi molto sovrappeso era vista in modo neutrale. Con l’avvento della televisione nei primi anni 2000, nel corso di un solo decennio, la situazione si capovolse: tra le adolescenti cambiò completamente l’identità relativa al corpo, che aderì sempre più ad ideali di magrezza, simili a quelli occidentali e largamente rappresentati nel media appena introdotto. Una simile ricerca è stata di vitale importanza in un contesto mondiale quasi ormai interamente globalizzato, in cui non è più possibile tracciare in modo sistematico le differenze tra il prima e il dopo la rivoluzione dei mezzi di comunicazione di massa. 3 Nel suo libro del 1995 Body, Self and Society: The View from Fiji Anne E. Becker descrive l’ammirazione dei Fijiani per le forme corporee robuste e la loro tolleranza all’obesità. Nello studio viene esaminato il contesto culturale del sé incarnato attraverso la sua etnografia dell’estetica corporea, scambio di cibo, cura e relazioni sociali nelle Fiji.
Con l’avvento del World Wide Web4, identificata nel 1991, si assiste a nuovi processi di affermazione del sé: si aprono nuovi spazi di discussione, che sono disintermediati e che permettono una libertà di confronto senza filtri. Nasce così la fatosphere, un non luogo virtuale fatto di blog, siti web in cui è possibile proporre una visione e una narrativa proprie. I nuovi media digitali non solo permettono a individui che vengono etichettati come grassi di fruire liberamente di ogni tipo di contenuto, ma consentono loro anche di creare, condividere e commentare le proprie esperienze. Con l’avvento dei social network, si crea un’ulteriore sfaccettatura nella rappresentazione corporea. Risaliamo ai giorni di MySpace in cui gli utenti erano incoraggiati a esibire il proprio corpo attraverso i così detti MySpace Angle5, fotografie in cui le immagini venivano studiate appositamente per far apparire le persone più aderenti ai canoni estetici. Con questa piattaforma gli spazi online diventano maturi per l’inganno: le persone iniziano a nascondere intenzionalmente il proprio corpo per apparire più attraenti, magri e socialmente accettabili. I social sono delle piattaforme in cui si cerca l’emancipazione attraverso un meccanismo di condivisione di storie. Si plaude alla natura incontaminata di queste piattaforme e contemporaneamente i filtri digitali arrivano alla portata dell’utente, che condivide un’immagine di sé, e della propria vita, distorta e appartenente a canoni estetici approvati dalla società. 1.2 Immagine corporea e social media Paul Schilder6 viene considerato il progenitore degli studi moderni sull’immagine corporea. Secondo lo psicologo, questa può essere definita come la visione del proprio corpo che si forma all’interno della mente umana, in base a come i soggetti immaginano che gli altri li percepiscano. La body image è una rappresentazione, che si costituisce sulla base di diversi impulsi sensoriali. Possiamo affermare che lo stimolo visivo gioca un ruolo preponderante nella sua formazione. Lo studioso afferma che l’immagine corporea è dotata di elasticità, ossia ha la possibilità di modificare la percezione e di venire influenzata nel corso del tempo a seconda degli stimoli che provengono dall’esterno. L’immagine corporea può essere largamente influenzata da stimoli sociali e dal confronto che avviene con il mondo esterno, composto da modelli e standard cui si tenta di adattarsi. I media, influiscono copiosamente nel condizionare la percezione che le persone hanno del loro corpo. L’immagine corporea si costituisce in base alla comparazione del proprio corpo direttamente con quello di altri: è quindi impossibile non asso4 La data di nascita del World Wide Web viene comunemente indicata nel 6 agosto 1991, giorno in cui l’informatico inglese Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web. 5 Con Myspace Angle vengono identificate le fotografie che vengono scattate con la fotocamera posizionata sopra la testa in un angolo. Questa pratica veniva utilizzata per far apparire gli utenti di Myspace più attraenti, distorcendo la loro immagine.
Ritratto digiovane Fijana - foto di Vijeshwar Datt - www.unsplash.com
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6 Paul Ferdinand Schilder è stato uno psicologo austriaco. Membro della Società Psicanalitica Viennese dal 1920, fu studioso degli psicogeni e dei disturbi psichiatrici. Fu uno dei pionieri nello studio dell’adolescenza.
ciare la teoria della comparazione sociale7 al concetto di body image. Alla perpetuazione degli standard di bellezza da parte dei media tradizionali, come stampa e televisione, si va ad aggiungere l’imponente presenza di modelli ideali imposti dai nuovi media dei quali negli ultimi anni si è vista una crescita esponenziale. A livello globale nell’ottobre 2020 gli utenti internet hanno raggiunto i 4,66 miliardi, con un aumento rispetto a gennaio 2019 di 27 milioni di utenti. Le persone che utilizzano i social superano per la prima volta i 4 miliardi, attestandosi a 4,14 miliardi nell’ottobre del 2020, una crescita nell’ultimo anno di oltre il 12%, o di 14 nuovi utenti sui social al secondo negli ultimi 12 mesi. Il tempo speso su Internet dagli utenti nel corso del 2020 è cresciuto significativamente, in parte in virtù delle nuove abitudini dettate dalla pandemia covid-19. Il tempo medio speso online si avvicina fortemente alle 7 ore, un incremento di quasi un quarto d’ora rispetto ai soli tre mesi precedenti. I social media contribuiscono a questo quadro per circa 2 ore e 30 minuti, vale a dire oltre un terzo del tempo totale speso su Internet8. Anche se si sposta il mirino esclusivamente sulla situazione italiana, è possibile assistere ad un incremento di utilizzi. Il numero di utenti Internet in Italia è aumentato di 1,2 milioni (+ 2,4%) tra il 2019 e il 2020. Sempre in Italia passiamo 1h e 57 minuti sui social network dove Youtube è ancora il social più amato, con una percentuale di penetrazione dell’88%. A seguire troviamo le app di Facebook, ovvero Whatsapp, Facebook, Instagram e Messenger. Interessante la crescita di Instagram, che rispetto al 2019 aumenta del 9% raggiungendo la quarta posizione in classifica9. Tale incremento lascia intuire un futuro prosperoso per questa piattaforma, che comunica prevalentemente attraverso immagini, e fa riflettere su come l’evidente aumento della penetrazione dei nuovi media nella popolazione, sia un mezzo importante per la diffusione degli standard di bellezza. Determinante è l’ammontare del tempo passato in attività di condivisione di fotografie personali: l’insita natura fortemente legata all’apparenza di questa occupazione, rafforza l’interiorizzazione dei canoni di bellezza e porta inevitabilmente alla comparazione di se stessi con altri utenti. Le fotografie personali vengono spesso utilizzate sui social come forma di auto-narrazione, utilizzando spesso la tipologia di immagine che è recentemente diventata la protagonista del web: il selfie. Proclamata parola del 2013 dall’Oxford Dictionary, viene definita dallo stesso come: A photograph that one has taken of oneself, typically one taken with a smartphone or webcam and shared via social media10. 7 Secondo la teoria della comparazione di Festinger, le persone tendono a elaborare le proprie opinioni e i giudizi su se stessi e gli altri, mediante il confronto con la realtà sociale, in particolar modo con individui che hanno le stesse opinioni. Il confronto, secondo lo psicologo, avviene prevalentemente tra propri simili (Festinger, 1954).
Possiamo considerare il selfie come uno strumento ibrido che, non solo permette di scattare una fotografia, ma consente di compiere modifiche, trasformazioni e, soprattutto, rende possibile la condivisione. Questa pratica, insieme alla sempre maggiore affermazione di piattaforme social dotate di strumenti di editing digitali rapidi, ha dato la possibilità a chiunque di compiere auto-dichiarazioni visive, destinando al pubblico ciò che prima era riservato al privato. La condivisione della propria immagine sui social è, infatti, rivolta ad un’audience potenzialmente globale: l’elemento visivo proprio dei selfie trascende i confini linguistici e culturali e lo rende disponibile a culture differenti. Il selfie è solo l’apice del processo di vetrinizzazione di sé. Questo concetto consiste in un modello comunicativo che trae le sue fondamenta all’interno della spettacolarizzazione dell’io: all’interno dei social network, si rende pubblica la propria immagine e, allo stesso tempo, si tenta di fornire la versione migliore di se stessi. Si punta all’auto valorizzazione attraverso il riconoscimento della propria immagine da parte altrui, questo processo è reso semplice dalle funzioni di like, commenti e condivisioni. L’individuo-social è spesso dipendente dalla visibilità e ritiene di acquisire valore solo nel momento in cui sottopone se stesso al giudizio altrui, raccogliendo giudizi e approvazioni. La condivisione di foto è diventata un efficace mezzo di comunicazione, che permette agli utenti di auto scrutarsi e di analizzare gli altri. In particolar modo l’utilizzo primario di Instagram, che come abbiamo già visto, è la condivisione di immagini e fotografie personali, è il luogo dove è possibile osservare questo fenomeno maggiormente. Il feed di Instagram, è una vera e propria vetrina, una collezione di differenti fotografie e selfie, dove gli utenti attendono l’approvazione, attuata tramite likes o commenti. L’aspetto da tenere a mente è che le fotografie spesso vengono modificate e che non corrispondono alla realtà. I selfie e le immagini digitali, sono tutt’altro che inalterate, in quanto frutto dell’applicazioni di filtri, correzioni fotografiche e ritocchi finalizzati a far apparire il proprio corpo più magro o tonico, in conformità con gli standard di bellezza occidentali. Alcuni movimenti stanno tentando di collegare le nuove pratiche diffuse online, come l’utilizzo di social network e il selfie, al concetto di empowerment11. È possibile individuare alcune comunità di soggetti intenti in attività di condivisione della propria immagine, con lo scopo di dimostrare che la cultura del guardare e dell’essere guardati, può esistere in modo più ampio, al di fuori dal concetto di oggettivizzazione. L’atto di condividere, commentare e partecipare attivamente in diverse community può dare luce a una nuova forma di valutazione corporea in un’ottica body positive12: in ne o una webcam e condivisa via social media. - Oxford Dictionary, 2013.
9 Indagine We are social Digital 2020 - febbraio 2020.
11 Il processo di diventare più forti e confidenti, in modo particolare nel controllare la propria vita e nell’affermare i propri diritti (Oxford Dictionary, 2019).
10 Una fotografia che si fa a se stessi, tipicamente scattata con uno smartpho-
12 Il fatto di sentirsi bene con il proprio corpo e il suo aspetto: la positività
8 Indagine We Are Social, Digital 2020 - ottobre 2020.
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questo senso la condivisione del sé rappresenta un mezzo di empowerment e resistenza. Attraverso la filosofia body positive è, possibile condividere e mettere il proprio corpo in mostra e, soprattutto, creare nuovi discorsi differenti dall’attuale economia visiva occidentale. Postare selfie che differiscono dai canoni di bellezza, crea un contesto di controcultura che insegna a individuare bellezza in ambienti non-normativi e influenza la percezione estetica, creando contrasto visivo in un contesto che rimane comunque dominato da immagini vincolate a canoni estetici. È possibile individuare in rete, una tipologia di immagini che tenta di fornire un’espressione del sé, avente come risultato quello di fare sentire la voce di diversi gruppi marginalizzati. In questo caso la pratica del selfie consiste, non in un mezzo narcisistico, quanto piuttosto in un mezzo che assicura libertà di parola ad individui esclusi da un discorso che generalmente non offre la possibilità di esporsi.
Se si articola questo discorso attorno ad un messaggio di sfida agli standard di bellezza, è possibile contestualizzare la pratica di empowerment all’interno del movimento body positive. L’atto di pubblicare fotografie di corpi non conformi agli standard di bellezza, con l’intento di contrastare l’egemonia degli attuali canoni, si oppone con forza alla presenza di fotografie con parti di corpo ritoccate e coglie pienamente lo spirito del movimento body positive. Photo by AllGo - www.unsplash.com
del corpo è radicata nell’amare il proprio corpo e acquisire fiducia in se stessi. [dictionary.cambridge]
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2. Overview sulla body positivity e instagram Dopo aver analizzato l’evolversi della percezione della body image, approfondiamo la body positivy, scorrendo brevemente la storia del movimento, analizzando la narrazione che ne viene fatta online e concludiamo il discorso affrontando il problema della sua mercificazione. 2.1 Body Positivism: breve storia e significati La body positivity trae le sue origini dal movimento di fat acceptance, nato negli anni ’60 durante la seconda ondata di femminismo, guadagnando importanza nella terza ondata, affrontando questioni di politica del corpo e discriminazione di corpi non conformi. La nascita del termine body positive è identificabile negli anni novanta, quando nel 1996 Connie Sobczak e Elizabeth Scott, entrambe donne con trascorsi legati a disturbi di body image, fondano The Bodypositive, con lo scopo di costruire una comunità di supporto per aiutare tutte le persone che almeno una volta si sono sentite limitate dalla tipologia di corpo-messaggio, che la società occidentale promulga in modo costante, quella in cui il corpo magro è sano ed attivo mentre quello grasso non è in salute e viene considerato pigro. Negli anni successivi, soprattutto grazie al web, si sviluppa il body positivism, un movimento che ha lo scopo di diffondere l’idea che tutti i tipi di corpo siano meritevoli di rispetto e abbiano valore in quanto tali, indipendentemente da ciò che sentenziano le norme sociali sui beauty standards. Secondo questo movimento nessuna persona dovrebbe sentirsi inadeguata a causa del proprio corpo e del suo aspetto estetico, del colore della pelle, dei ‘difetti’ o delle disabilità. La filosofia body positive, incoraggia le persone a vedere le proprie imperfezioni sotto una luce positiva, in quanto aspetti normali del corpo di ognuno. L’accettazione incondizionata del proprio corpo consente di ignorare ciò che la società definisce come appropriato ed inappropriato riguardo all’apparenza, abbracciando una bellezza, cosiddetta, naturale. Tale concezione si sviluppa in contrasto con l’idea attuale secondo cui per essere conformi ai beauty standards, occorra essere privi di difetti, rendendo così la definizione di bellezza occidentale non solo decisamente ristretta e limitante, escludendo tutte quelle caratteristiche fisiche ritenute non conformi, come sovrappeso, cellulite, anzianità, disabilità, obesità, ma anche difficile da raggiungere. Il concetto di body positivism che verrà preso in analisi è quello riportato in questa definizione: movimento che combatte il
Photo by Gemma Chua-Tran www.unsplash.com
body shaming e cerca, attraverso l’inclusività delle sue campagne, di eliminare i pregiudizi e le discriminazioni a cui vengono sottoposti i corpi delle persone, con una particolare attenzione per quelli più discriminati. Non si tratta quindi solo di self-love, sicurezza, accettazione del proprio corpo e autostima, ma di una vera e propria rivoluzione culturale e sociale. Lo scopo del movimento body positive, coerentemente con questa definizione, è quello di accettare ogni tipo di corpo e di rappresentare le persone, in particolar modo le donne, diversamente dal modo in cui sono rappresentate con maggior frequenza dai mass media. In questo senso viene usata una contro-narrazione, attraverso la pubblicazione di immagini di qualsiasi tipologia di corpo, e successivamente viene lanciata una sfida alla rappresentazione della bellezza tipica nella raffigurazione massmediale. Partendo da questa definizione, inoltre, appare evidente come il concetto di body positivism non si limiti unicamente ad includere corpi al di fuori dei confini attuali della bellezza standard, quanto piuttosto miri ad accettare qualsivoglia definizione di bellezza, incorporando all’interno di essa anche quei corpi che si sovrappongono alla concezione degli ideali occidentali. Il movimento body positive è nato come una rivendicazione ma si è evoluto ed ha coinvolto l’aspetto sociale perché i corpi vanno trattati in modo sistemico: lo scopo della body positivity non è far accettare all’individuo il proprio corpo, ma è pretendere che il sistema cambi, riconoscendo che il valore della persona non è determinato dalla sua aderenza o meno ad un certo canone estetico. Il punto centrale di questo movimento è trattare lo stigma del body shaming come una questione culturale e quindi politica, perché si ha a che fare con il controllo sui corpi, che porta le persone non conformi a non poter attuare delle scelte di vita libere. È possibile individuare una forte relazione tra il concetto di 7
immagine corporea, che abbiamo analizzato nel primo capitolo, e le tematiche portate avanti dal movimento: uno degli obiettivi primari attorno cui si articola la narrazione body positive, consiste nell’adozione di linguaggi, visivi e non, che possano favorire l’insorgere di un’immagine corporea positiva nell’osservante. In questo senso di contro-narrazione, attraverso la pubblicazione di immagini di qualsiasi tipologia di corpo, viene lanciata una sfida alla rappresentazione della bellezza tipica nella raffigurazione massmediale. Il concetto di body positivism non si limita unicamente ad includere corpi al di fuori dei confini attuali della bellezza standard, mira piuttosto ad accettare qualsivoglia definizione di bellezza, incorporando all’interno di essa anche quei corpi che si sovrappongono alla concezione degli ideali occidentali. È in questa accezione che si coglie la differenza tra il movimento body positive e il movimento fat acceptance. Quest’ultimo, infatti, ha lo scopo di rivendicare unicamente i diritti di persone sovrappeso o obese, concentrandosi su un unico genere di corpo. 2.2 Narrazione del movimento body positive Nei primi 10 anni del 2000, il movimento body positive ha iniziato a diffondersi online. A partire data viene a crearsi la cosiddetta fatosphere: blog, siti web, profili Instagram diventano luoghi di una narrativa vivace di corpi controcorrente con cui mettere in atto processi di empowerment. Come abbiamo già detto, alcune piattaforme online fondano la propria funzione comunicativa sull’auto rappresentazione. Nonostante la filosofia body positive e le pratiche di presentazione online siano diffuse anche al di fuori di Instagram, in questa sede prenderemo in analisi prevalentemente questo social media, in quanto mezzo che permette di pubblicare immagini in modo standard, mediante le funzioni offerte dalla piattaforma stessa.
The Real Catwalk 2019, Londra - photo by Daniele Fummo - www.dazeddigital.com
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All’interno di Instagram donne, e in minor misura uomini, con corpi non convenzionali, mediante l’utilizzo di hashtag, decidono di postare selfie con lo scopo di sfidare i beauty standards occidentali ed aderire alla filosofia body positive. Si crea così una popolata vetrina di corpi marginalizzati, che si affianca a quella, ben più affollata e presente anche al di fuori del web, di corpi convenzionali e socialmente riconosciuti dai canoni occidentali. Grazie alla disintermediazione e alle possibilità offerte dalla rete, gli spazi online diventano luoghi che favoriscono e permettono l’autodeterminazione e l’autoinserimento, all’interno di diverse comunità in cui è possibile confrontarsi esclusivamente con individui simili, venendo a costituire delle bolle narrative. Si creano così zone sicure, in cui è possibile condividere storie e immagini senza il timore del giudizio e delle opinioni altrui, in cui tutti i corpi sono liberi di sentirsi accettati. Il movimento si sviluppa attorno a diverse comunità, all’interno delle quali i membri condividono gli stessi valori. La nascita di comunità virtuali è un fenomeno frequente quando ci si riferisce all’aggregazione di soggetti marginalizzati: la comunità LGBTQI+ e quella di fat acceptance sono solo alcuni degli esempi di community che si vengono a formare attorno a problemi legati all’identità. In questi casi si mettono in moto dinamiche tra loro molto simili: da un lato si vengono a creare luoghi sicuri in cui combattere la stigmatizzazione pubblica e la narrazione mainstream da cui tali gruppi si sentono attaccati e allontanati; dall’altro lato, le comunità stesse forniscono rigide regole per far parte di esse, formando una netta distinzione tra chi appartiene alla comunità e chi è un outsider. È in questo ultimo aspetto che la comunità body positive differisce dalle altre comunità online: l’idea di mostrare ed esibire i corpi o parti di essi che non sono convenzionalmente accettate dalla società occidentale, come atto di sfida e al tempo stesso di pratica catartica, rende la narrativa body positive pubblica e aperta verso l’esterno, in quanto è la società stessa che il movimento sta sfidando e da cui si sta liberando. I corpi rappresentano il mezzo di sfida, attraverso l’esibizione dei quali è possibile raggiungere l’affermazione di sé e della propria comunità. Online la filosofia body positive è sempre più presente ed i riferimenti ad essa, attraverso articoli di giornale e sui siti di informazione, aumentano con costanza. Nonostante ciò, offline pare che non si sia ancora avviata una mobilitazione in un corrispondente spazio fisico: sono pochi i luoghi in cui soggetti con problematiche a livello di immagine corporea possono radunarsi con lo scopo comune di condividere esperienze. Ciononostante, specialmente a partire dal 2017, hanno avuto luogo una serie di eventi di ampio successo mediatico in diverse città del mondo: si stratta delle cosidetto The Real Catwalk o Bodypositive Catwalk, una serie di flash mob aventi come scopo la sensibilizzazione circa l’esistenza di diversi tipi di corpi e di bellezze. La prima di questa serie ha avuto luogo il primo dicembre 2017, su iniziativa di Khrystyana Kazakova - modella plus size e attivista social - con la partecipazione di circa altre venticinque ragazze in Times Square a New York, pochi giorni dopo il Victoria Secret Fashion Show. Sebbene i riferimenti ai rigidi canoni estetici della famosa sfilata possano apparire lampanti, il flash mob non si pone in contrasto con questa, ma mira a proporre diversità estetica e a reinventare i convenzionali beauty standards. Il 1° dicembre 2018 e il 14 agosto 2018
The Real Catwalk si ripete pressoché con le stesse modalità e gli stessi propositi, ma con un numero decisamente maggiore di partecipanti, a New York e a Londra. Laura Brioschi, modella plus size ed autrice del blog “Love Curvy by Laura Brioschi”, ha portato la manifestazione in Italia il 25 febbraio 2018, durante la fashion week di Milano: circa 25 ragazze plus size, con corpi conformi e non, hanno sfilato in piazza Duomo, con lo scopo di promuovere l’accettazione del proprio corpo. L’evento si è replicato il 3 marzo 2019, con un numero maggiore di partecipanti, includendo all’interno di esso anche uomini. In concomitanza con l’evento è stata creata l’omonima associazione non profit, con l’intento di aiutare diverse persone ad accettarsi e, al contempo, promuovendo iniziative per favorire il senso di self-confidence. Lo scopo dell’associazione è quello di diventare uno dei punti di riferimento in ambito mondiale del movimento body positive.
Questo meccanismo funziona alla perfezione se prendiamo in analisi l’industria del beauty in tutte le sue sfaccettature: c’è una speculazione molto capitalistica di ciò che sono la bellezza e il corpo delle donne. I brand sfruttano il senso di inadeguatezza cercando di vendere prodotti per ‘aggiustare’ delle caratteristiche fisiche che dovrebbero essere considerate normali. Un movimento mainstream come la body positivity con hashtag da 6 milioni di post, non è ancora riuscito a salvare gli utenti da questo bombardamento di beauty standards a cui aspirare e con i quali confrontarsi. I brand hanno preso il concetto di body positive e se ne sono appropriati allargando la gabbia dei modelli di bellezza, aggiungendo un paio di taglie e sbandierando una finta inclusività. Il femminismo bianco e borghese ha ritagliato gli slogan di cui aveva bisogno dal movimento prendendo tutto lo spazio e lasciando fuori i corpi più grassi, quelli disabili, neri e di altre etnie. Le influencer che pensano che l’empowerment sia una maglietta fast fashion con scritto girl power, hanno capito il potenziale di un hashtag che parla di corpi e che può attirare un pubblico numeroso, soprattutto femminile, stanco di non piacersi e delle continue ossessioni e preoccupazioni per il corpo. Un recentissimo esempio di ciò è la prima pagina di Vanessa Incontrada su Vanity Fair del 29 settembre 2020. Il tema di questa foto è una donna bellissima, forse non più giovanissima ma bianca, in forma, depilata, photoshoppata che si mostra in copertina. Non c’è granchè di rivoluzionario in questa cosa. Lo fa Lizzo praticamente ogni giorno e non è una modella, non è bianca, non conforme agli standard. Quella della Incontrada non è una nuova bellezza, ma la solita bellezza con qualche chilo in aggiunta. Finché non cambiamo le narrazioni nulla cambia anche se la donna in copertina è una 48 anziché una 381.
The Real Catwalk 2019, Londra - photo by Daniele Fummo - www.dazeddigital.com
2.3 Mercificazione della body positivity La body positivity è un argomento molto allettante da trattare: tutte abbiamo un corpo e tutte siamo educate a sentirci inadeguate e insoddisfatte. Possiamo classificare questo movimento come moda? Forse, ma è sicuramente una rivoluzione che sta prendendo piede grazie a luoghi dove esiste la vera inclusività: a discapito di quanto si possa credere parliamo dei social network. Instagram non consiste unicamente in una piattaforma attraverso cui utenti diversi possono sviluppare una rappresentazione del sé: sempre più spesso le aziende creano engagement con gli utenti attraverso influencer, al fine di raggiungere nuovi target ed ampliare il proprio mercato. Una delle strategie messe in pratica su Instagram, consiste nel personal branding, ossia quell’idea secondo cui gli individui, proprio come i prodotti, beneficiano di un’identità brandizzata che risponde ai bisogni del target. Questi individui-brand, possono venire sfruttati dalle aziende per raggiungere il proprio bacino di consumatori, permettendo agli influencer stessi di capitalizzare mediante la propria pagina.
La componente della body positivity che sta venendo sottovalutata è quella radicale, i discorsi sulla discriminazione e la grassofobia e sulle disparità sociali che creano, lo smantellamento della diet culture, sono rimasti solo un blando ed edulcorato invito ad amarsi, ad accettarsi, al self love, alla body confidence, spostando tutta la responsabilità sul singolo e creando un nuovo impossibile ideale da raggiungere: se una persona vive male con il suo corpo, se non si piace, se la discriminano, se la prendono in giro, se la trattano da subumano, allora è colpa sua perché non si ama abbastanza. Il body positivity non dovrebbe significare avere degli standard di corpi belli e sani né di trovare il corpo più giusto per tutte. Anzi, dovrebbe essere proprio il rifiuto dello standard. Non si tratta di scegliere a che modello adeguarsi: skinny, curvy o fit. Si tratta proprio di rifiutarsi di entrare a forza in una categoria, solo perché i corpi delle donne sono più disciplinati di quelli maschili. C’è un’ossessione per l’adeguamento al mito della bellezza.
La body positivity è stata mercificata dalle corporazioni che cercano di trarre profitto dal movimento in crescita, cambiando la struttura e gli obiettivi del messaggio ma, come vedremo nelle prossime pagine, ci sono delle attiviste che stanno riportando al centro il concetto base del movimento e cioè che la body positivity è una questione sociale e politica e non di marketing. 1 Fattori E., Questa foto non è body positivity , instagram.com, 2020.
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3. Analisi del caso @belledifaccia Per concludere il discorso tra Instagram e body positivity ho deciso di analizzare il profilo @belledifaccia, introducendo il progetto nato a seguito della creazione di questo account, analizzando il concetto di attivismo digitale e la modalità con la quale viene sviluppato all’interno del profilo Instagram preso in esame. 3.1 Il progetto Belle di faccia Il progetto nasce nel 2018 come profilo Instagram e nel 2019 diventa un’associazione. L’idea ha origine dalla necessità di riportare i corpi grassi al centro del movimento body positive italiano, con un particolare focus sulla fat acceptance e la fat liberation.
fanno tanti movimenti, si sono appropriate di un insulto e lo hanno trasformato in un motto riconoscibile. La fat acceptance entra nelle vite delle fondatrici dando una risposta a quello che scopriranno non essere un problema individuale, ma sociale e sistemico: la grassofobia, ovvero il pregiudizio verso le persone grasse, l’odio e la marginalizzazione che i corpi grassi subiscono. In Italia il movimento per la fat acceptance e la letteratura di riferimento sono inesistenti, e la mission delle fondatrici di Belle di Faccia diventa davvero un obiettivo impossibile. Senza gli strumenti per individuare il fenomeno e comprenderlo, i discorsi sulla liberazione dei corpi grassi sembrano racconti distopici. “Col nostro attivismo, abbiamo cercato di rendere fruibili a un pubblico eterogeneo molti dei concetti che abbiamo appreso in libri che in Italia non sono disponibili e che non sono stati tradotti. L’assenza di riferimenti ci ha portate a vivere ogni singolo e minuscolo, quasi impercettibile, segnale positivo come un evento storico. [...] In un paese dove non esiste una letteratura sui fat studies, non c’è neanche consapevolezza dello stigma, né l’intenzione di voler andare oltre il mero pregiudizio e analizzare una questione che invece si porta dietro anni di lotte e di studi”2. 3.2 Attivismo digitale e long-form Quello che Chiara e Mara fanno attraverso i loro canali web è definibile attivismo digitale, una forma di attivismo che usa Internet e i media digitali come piattaforme chiave per promuovere il cambiamento sociale e ha come obiettivi la mobilitazione di massa e l’azione politica. Come già detto il movimento body positivity è ricollegabile al movimento femminista degli ‘60 e ‘70. In quel periodo l’irrompere del femminismo è accompagnato dalla proliferazione di pubblicazioni e riviste - attraverso il sorgere ovunque di collettivi e gruppi di donne che si riappropriano della loro narrazione - attraverso lo strumento principale della carta stampata. Analogamente, nel 2020, per un collettivo o gruppo di donne lo strumento più immediato di comunicazione sono i social media. In questi anni i social hanno ricoperto un ruolo sempre più rilevante nell’arricchimento del nostro mondo delle idee: temi prima ritenuti faticosi come il razzismo, la politica, l’economia, oggi risultano più immediati e fruibili.
Logo Belle di Faccia by Chiara Meloni - Instagram @belledifaccia
“Belle di faccia” è la microagressione1 più frequente che Chiara Meloni e Mara Mibelli, le due fondatrici del progetto, hanno subito. Dopo anni passati a sentirsi “belle di faccia” lo hanno trasformato nel loro nome di battaglia, quando ormai era loro chiaro che l’insistenza nel volersi soffermare sui tratti gradevoli del viso non stava nella loro particolarità, quanto nella necessità di porre l’accento sul fatto che la bellezza fosse circoscritta ai loro visi che erano finiti sopra un corpo non conforme. Come 1 Un’aggressione di minore intensità, derivata dal pregiudizio e spesso non intenzionale. Nel caso specifico della grassofobia, una microaggressione può essere sia il diet e fat talk sia quei commenti come “se dimagrissi saresti bellissim*”, “sei bell* di viso”, “tu si che sei coraggiosa a farti una foto in bikini”, passando per l’utilizzo della parola grasso con accezione negativa, le battute sul peso altrui in presenza di una persona grassa, eccetera.
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La nascita del cosiddetto quarto femminismo si ricollega all’uso sempre più frequente e presente di piattaforme come Twitter, Facebook e Instagram, che dimostrano tutta la loro potenza comunicativa. Attraverso l’uso di hashtag - si veda il caso #metoo3 o #quellavoltache a cui molti studi attribuiscono l’inizio di questa ondata di femminismo - con un sondaggio nelle storie di Instagram o più semplicemente con un articolo di un blog, l’engagement avviene in modo più diretto e immediato, riuscendo a dare nuova vita al dibattito femminista.
2 Dalla prefazione di Fat Shame, Amy Ardman Farrel (Edizioni Tlon - Nov. 2020). 3 Il movimento Me Too, con variazioni di nomi locali o internazionali correlati, è un movimento sociale contro l’abuso e le molestie sessuali in cui le persone rendono pubbliche le accuse di crimini sessuali commessi da uomini potenti e/o di spicco.
Il femminismo del XXI secolo, attraverso i social media diventa più spregiudicato, forte e soprattutto inclusivo. Individui del tutto disinteressati all’argomento, oggi si trovano immersi in questo mondo di notizie. Viene abbandonato il separatismo comunicativo in cui i messaggi del femminismo erano una pratica esclusivamente delle donne, per aprire le frontiere al mondo e agli altri generi.
3.3 Analisi del profilo instagram @belledifaccia
Per riuscire a veicolare un messaggio di cambiamento sociale e politico che sia veramente efficace non è possibile utilizzare solo frasi ad effetto, come fanno molti profili con il brand feminism. Quello che è importante è far passare concetti che siano chiari e che raccontino una storia. Per fare questo viene utilizzato il cosiddetto long form.
L’engagement rate, cioè la media dei like e commenti diviso il numero totale dei follower, è del 9.83% di molto superiore alla media di pagine della stessa portata - si calcola che per pagine da 10.000 ai 100.000 follower l’e.r. si aggiri intorno al 2.4%. Anche i commenti e le reazioni medie sono positive: la pagina ha una media di 4.611 like e 63 commenti a post.
Long form è qualunque contenuto, in qualsiasi formato, concepito esplicitamente per ingaggiare l’attenzione delle persone (lettori, ascoltatori, spettatori...) per un tempo superiore ai pochi minuti e con l’intenzione di approfondire un argomento.
L’obiettivo di @Belledifaccia, è quello di cambiare la narrazione della body positivity e far comprendere che questo movimento è prima di tutto sociale e politico, come abbiamo più volte ripetuto. Per fare questo le fondatrici dell’account hanno utilizzato un modo altamente creativo e d’impatto senza tralasciare l’approfondimento dei topic. Ho analizzato 27 post, pubblicati sul profilo Instagram preso in esame, dal primo pubblicato nel 2020, 12 gennaio, al 25 luglio data in cui le fondatrici di @belledifaccia hanno dichiarato di prendersi una pausa dalla gestione del profili Instagram per avere più tempo per poter portare avanti altre progettualità.
Se contenuti brevi possono favorire una comunicazione mirata, rapida e diretta, i contenuti più lunghi sono utili per ottenere livelli di riflessione più profondi. E questo accade perché a chiunque piace ascoltare, leggere e assorbire una storia. Come propone il linguista Nick Enfield4, in un articolo pubblicato sul The guardian intitolato Our job as scientists is to find the truth. But we must also be storytellers, la qualità delle storie è la componente chiave nell’efficacia della divulgazione. Che si tratti di contenuti relativi a come prepare la glassa per una torta o che si cerchi di abbattere il patriarcato riportando al centro della body positivity i corpi non conformi. Un contenuto long, per essere efficace e rispondere alla sua funzione, deve raccontare una storia. Di certo contenuti brevi possono essere estremamente efficaci in determinati contesti. Se contenuti concisi possono avere una funzione di diffusione di informazioni in modo capillare e veloce, il long form scava negli argomenti e ci porta al cuore della discussione. Il formato lungo assume forme molto diverse e in alcuni casi si nasconde in luoghi in cui siamo abituati a una fruizione isterica e a uno scroll compulsivo: è il caso degli account Instagram dove è possibile approfondire, raccontare storie, occupare uno spazio e un tempo che supera i pochi minuti di fruizione.
Il profilo @belledifaccia nasce il 6 dicembre 2018, dopo due anni di attività ha guadagnato 47.972 follower (ad oggi 26 novembre 2020). I contenuti pubblicati nel feed dalla data di fondazione della pagina sono 87 con una media di 1 post ogni 11.75 giorni, e 21 album in evidenza.
Il messaggio centrale dei post analizzati è quello della lotta alla grassofobia. Questo argomento viene trattato sotto molteplici sfaccettature, dalle tematiche femministe, passando per i temi dell’abilismo a quello del razzismo mettendo sempre al centro i corpi. Una delle azioni che viene compiuta attraverso i testi dei post è la rivendicazione del termine grasso: @belledifaccia utilizzano il loro profilo per demolire l’accezione negativa di questo termine utilizzandolo come risposta alla fatfobia. Proprio perché la grassezza è vista come qualcosa che deve essere corretta partendo dalla rivalutazione di questo termine si può modificare la narrazione passando così da un significato negativo ad uno neutrale.
Instagram è un social dalle molteplici possibilità: dal 2010, anno della sua fondazione, si sono susseguite numerose modalità d’uso differenti. I due principali touchpoint all’interno di questo social sono le stories e i feed. Ciascuno di questi lascia potenzialmente spazio alla pratica del digital activism. Nel feed è possibile utilizzare due forme principali di narrazione: la prima e la più intuitiva è la caption del post, dove il massimo dei caratteri è 2.200 battute; la seconda è l’inserimento del testo nelle foto e l’utilizzo dello slideshow per dare profondità al racconto. L’account Instagram @belledifaccia utilizza entrambi i metodi qui riportati.
4 Nick Enfield è professore di linguistica all’Università di Sydney e direttore del Sydney Social Science and Humanities Advanced Research Centre. È a capo di una Research Excellence Initiative on The Crisis of Post-Truth Discourse. La sua ricerca su lingua, cultura, cognizione e vita sociale si basa su un lavoro sul campo a lungo termine nel sud-est asiatico, in particolare in Laos.
Post Instagram 26/04/20 @belledifaccia - artwork by Chiara Meloni
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All’interno dei 27 post esaminati ci sono due pubblicazioni che vengono trattate diversamente, questo perché gli argomenti trattati hanno bisogno di più di 2200 battute. I titoli dei post considerati sono: Grassofobia e razzismo e Corpo femminile, religione e grassofobia. Questi contenuti sono l’esempio di come il long form possa essere utilizzato anche nelle immagini: attraverso la divisione del testo nelle 10 slide consentite da Instagram, vengono affrontati degli argomenti complessi dividendoli in immagini all’interno delle quali si scompone la narrazione. Le immagini che ritraggono le fondatrici di BDF sono di due tipi: fotografie, utilizzate spesso per promuovere il merchandising dell’associazione, o collage di fotografie ed illustrazioni, in questo caso il messaggio che viene riportato è una provocazione come “Anche quest’anno paciose galleggiamo e navighiamo a largo dagli hater”, oppure è paragonabile ad una comunicazione di servizio “Ci manifestiamo dopo un paio di settimane di silenzio per dirvi che Belle di Faccia si prende una pausa dai social”. Post Instagram 14/05/20 @belledifaccia - artwork by Chiara Meloni
“Chi possiede la parola possiede la capacità di creare la realtà”5. Le persone grasse sono individui che dispongono del proprio corpo come preferiscono: non sono in errore non stanno sbagliando, non sono costrette a rivendicare il ruolo delle peccatrici o dei peccatori per far fronte agli attacchi di una società che ha in odio proprio la loro libertà. Nonostante la serietà degli argomenti trattati, i testi utilizzati sono sarcastici e spesso irriverenti, una combinazione che si rivela vincente perché queste caratteristiche riescono a incuriosire e stimolare l’interesse dell’utente che riesce ad affrontare i testi lunghi: i copy di @belledifaccia non sono mai più corti di 1000 caratteri, e partecipare attivamente alla discussione commentando e rilanciando con apprezzamenti e osservazioni più o meno approfondite. Il tono ironico e deciso si intuisce immediatamente anche dal visual, dove viene introdotto l’argomento affrontato dal post attraverso parole semplici e dirette.
Con il loro digital activism @belledifaccia si inseriscono nel discorso della body positive con toni irriverenti e l’utilizzo di long form sradicando l’idea che l’attivismo per i corpi grassi sia solo slogan stampati su magliette. Le parole, le storie fantastiche - un esempio su tutti il post del 19 gennaio, in cui per trattare gli argomenti diet culture e beauty industry, @belledifaccia utilizzano queste parole: “Se proprio viene difficile comprendere gli scopi della diet culture, oggi proviamo a parlare di bellezza in senso più ampio e quindi della beauty industry, che poi è praticamente il Mind flayer da cui si diramano tutti gli altri demogorgoni del patriarcato”6 - e la consistency visiva di questo account aiuta la riconoscibilità dei contenuti, coinvolgendo e appassionando l’utente, non solo rendendo inevitabile la sosta dei pollici sul singolo contenuto, ma facendo passare che il messaggio alla base del movimento body positivity è innanzitutto una questione politica e sociale. 6 Mind flayer e demogorgoni sono dei personaggi del gioco di ruolo fantasy Dungeons & Dragons, che vengono citati ed utilizzati nella serie TV Stranger things.
Le immagini scelte ben si sposano con i toni del copy, il visual è molto riconoscibile: illustrazioni dai colori vivaci ed accattivanti con linee marcate accompagnate da un claim dal font calligrafico. Le illustrazioni sono originali ad opera di Chiara Meloni, su instagram @chiaralascura, una delle due fondatrici di BDF (Belle di Faccia). Le immagini realizzate appositamente rispecchiando il topic del post, possono essere autobiografiche, ritrarre influencer internazionali della body positivity come nel caso di @sofiehagendk o attivisti e attiviste nazionali, per esempio @g.varchetta attivista LGBTQI+ e contro l’abilismo, o @marina_cuollo anche lei attivista contro l’abilismo. Queste persone collaborano con Belle di Faccia e introducono argomenti che rientrano nella macro sfera del movimento. La scelta di riprodurre ritratti illustrati risulta vincente, perché permette ai due profili coinvolti di far incontrare i pubblici che sono interessati a facce diverse dello stesso argomento, attraverso un engagement immediato. 5 G. Blasi, Manuale per ragazze rivoluzionarie, Rizzoli 2018.
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Post Instagram 15/03/20 @belledifaccia - artwork by Chiara Meloni
4. Conclusione La controcultura, alla quale ho provato a dare voce attraverso queste pagine, è quella appartenente a un movimento, che tramite i canali i social in particolare Instagram, dà spazio alla diversità e all’inclusività.
to alle donne, di amarsi e di prendersi cura di sé. Ma non si può attribuire all’individuo la responsabilità di amarsi se è la società in cui vive che continua a discriminare, disprezzare e ridicolizzare.
Il movimento body positive è un movimento di protesta attivo e pronto a sfidare gli standard di bellezza occidentali partendo dalla pubblicazione di immagini che mostrano corpi con caratteristiche differenti, disabilità o non conformi alle norme a cui siamo abituati.
Il progetto @belledifaccia fa leva su un sentimento fondamentale: l’orgoglio. Tutte le altre emozioni, soprattutto quelle negative, sono accessorie a uno scatto che porta alla rivelazione della discriminazione e a capire che la vera chiave di volta per il movimento body positivity è l’informazione e la divulgazione mediale, perché liberare i corpi grassi significa liberare tutti i corpi annientando qualsiasi stereotipo.
Gli utenti sfruttano le piattaforme per respingere le norme sociali ed egemoniche che spesso impediscono la loro piena inclusione all’interno di spazi pubblici e privati. Attraverso il body positivism e i social media si ha la possibilità di creare le proprie reti di supporto, condividendo idee per cercare di cambiare una narrazione tossica, distaccata da quella che è la propria realtà: spontaneamente sorge quindi una domanda, come le persone possono portare il loro attivismo dall’online al mondo reale? Potrebbe infatti sembrare che la fat acceptance, non sia una questione che appartenga alla vita quotidiana, ma chi ha un corpo non conforme viene escluso ed esclusa fisicamente ed emotivamente dalla società. Il modello socio-economico a cui siamo abituati spesso impone delle sfide strutturali, che ostacolano le scelte di vita e provocano una stigmatizzazione, allontanando così gli individui dalla piena partecipazione alla socialità. C’è inoltre un rischio di mercificazione del movimento, dove la spinta sociale rischia di essere cooptata, monetizzata e messa da parte. Attraverso l’ingaggio di influencer la body positivity rischia di spostare il suo obiettivo e di rimodellare il modello di inclusività, allargando un po’ le maglie senza attuare una vera rivoluzione. Instagram è la piattaforma dove queste criticità emergono quotidianamente, è lo strumento con cui si svolge la discussione e dove i dubbi intorno al movimento potrebbero essere spinti oltre, invogliando gli utenti a reclamare il proprio potere, allontanandoli dalle norme sociali e vivendo vite autentiche ad alta voce. Sui social media è possibile avviare un cambiamento, partendo con non seguire i profili che approfittano dell’insicurezza ed iniziando ad esporre l’occhio alla diversità dei corpi perché nella realtà i corpi sono uno diverso dall’altro. I social network sono i modi in cui le persone possono mostrare la loro diversità spingendo per l’inclusione e una definizione ampliata di rappresentazione. @belledifaccia rappresentano un esempio vincente per il movimento perché ritengono che la body positivity non debba essere un traguardo ma uno strumento critico, attraverso il quale raggiungere la consapevolezza del proprio corpo. Si è passati dall’esigere corpi perfetti al ripetere continuamente, soprattut-
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Ringraziamenti Non mi dilungherò molto ma ci tengo a ringraziare chi, in questo anno complicato, mi ha supportato e accompagnato. Innanzitutto ringrazio mia mamma che con il suo dolce ed instancabile sostegno mi supporta in ogni scelta complicata. Le mie sorelle e mio fratello che tra parole di conforto e discussioni sono sempre al mio fianco. Ringrazio anche papà che mi ha insegnato ad essere caparbia e a non mollare mai, proprio come faceva lui. Grazie a Simona e Fabiana le mie amiche e colleghe fidate per il prezioso aiuto, sempre pronte a soccorrermi con una penna rossa e sistemare le mie sviste. Grazie alle compagne e ai compagni di corso che, per un anno intero, hanno sopportato le mie note contrariate, ringrazio anche e soprattutto per i preziosi scambi serali tra risate e sarcasmo. Non di meno un pensiero va alle amiche e agli amici che mi motivano, ascoltano e con le e i quali condivido una visione del mondo complessa e stimolante. In fine un grazie particolare ai nonni adottivi, Lella ed Enzo, che mi hanno accolto tra appassionati scambi serali e prelibatezze parmensi. Grazie per avermi fatto sentire sempre a casa. Bergamo 01/12/2020
Parma - settembre 2020
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