L’ORLANDO CURIOSO
'D XQD ULFHUFD VXOOD ELRJUDÀD SURJHWWXDOH di Cristiano Toraldo di Francia.
Nerina Natoli
INDICE
Esperienza in archivio. Immagini dai miei occhi. Cristiano Toraldo di Francia. Una biografia progettuale. Firenze, 18 Settembre 1941. Un’infanzia tra le pieghe. Firenze, Facoltà di Architettura, 1959. Una stagione calda. Firenze, 6 Novembre 1966. L’Alluvione. Pistoia, 4 Dicembre 1966. Un progetto eccentrico: il Superstudio. Firenze, 1973. L’esordio da solista. Firenze, 1980. Lo studio di architettura con Andrea Noferi. Filottrano, 1994. Lo studio di architettura con Lorena Luccioni. Ascoli Piceno, Scuola di Architettura e Design, 2011. Un progetto di architettura: Ri-Vestire.
7 17 17 18 20 22 30 36 45 47
L’Orlando Curioso. Vetrine teatrali. Atto I. Vita e educazione. Atto II. Morte e cerimonia. Atto III. Amore.
53 71 95 123
%LEOLRJUDÀD
137
ESPERIENZA IN ARCHIVIO Immagini dai miei occhi
Vi è un fascino mistico dietro la vicenda del Superstudio, una tensione che non trova soluzione, un’ambiguità voluta e positiva. Ci si trova di fronte a immagini accattivanti ed evocative, quasi propagandistiche di una rivoluzione sia poetica sia politica, che è diversa in ognuno e allo stesso tempo è la medesima. Nella sua impazienza e nella sua assolutezza, questa rivoluzione si dimostra inquadrabile più negli schemi dell’avanguardia che in quelli dell’ideologia e invece che chiudersi nel cerchio autonomo dell’arte trova, nel favorevole fervore culturale degli anni sessanta, la possibilità di proporsi come una pratica di vita.1 Effettivamente la filosofia del Superstudio si potrebbe far risalire a quella dell’happening: l’architettura avviene, è un evento che media i rapporti sociali tra gli individui. In questo contesto linguaggi come il gesto e il comportamento assumono un nuovo vigore e ritualizzandosi generano una specie di spazi 2 le cui immagini traggono ispirazione da mondi culturali diversi e si propongono come strumenti di investigazione e (auto)coscienza. La premessa metodologica è la varietà dei riferimenti e dei medium (dal disegno tecnico al cortometraggio, dal racconto ai collage) e la prospettiva che ci consegna è quella di un’attività totalizzante, che annulla la separazione degli ambiti della vita ereditata dal funzionalismo e che, invece, vede la coincidenza del progetto di architettura con il progetto della propria esistenza. Seppure ci avvicinassimo a questa vicenda digiuni di qualsiasi conoscenza tecnica e artistica, noteremmo subito l’insistenza con la quale ritornano alcune parole, quali «sconvolgere», «sovvertire», «destabilizzare» e ancora «shock», «assurdo», «ragione», «invenzione», «spaesamento», «rapimento» e più di tutti «vita» e «uomo». Tutti termini capaci di destare curiosità e suggestionare gli animi
1. Cfr. Alberto Boatto, Pop art, Laterza, Roma-Bari 1995. 2 . Cfr. Georges Pe rec, Spec ie d i spazi, Bollati Boringhieri, Torino 2016.
7
3. Gabriele Mastrigli, L’unica architettura sarà la nostra vita, in Superstudio, La Vita segreta del Monumento Continuo. Conversazioni con Gabriele Mastrigli, Quodlibet, Macerata 2015, p. 18
4. G. Mastrigl i, Aspettando l’alluvione. Conversazione con Cristiano Toraldo di Francia, in Superstudi, La vita segreta..., op. cit., p.99
5. Superst ud io, Frammenti da un museo pe rsonal e , 1973, in G. Mastrigli (a cura di), Supe rst ud io . O pe r e 1966-1978, Quodlibet, Macerata 2016, p.13
Fig. 1 Cristiano Toraldo di Francia nel suo archivio di Filottrano, 2018.
8
più sensibili. Sono probabilmente questi i sentimenti che ci hanno riuniti in un gruppo di ricerca – composto da Giuseppe Paolucci, Anna Ida Pizzuti e me, coordinati dal prof. Gabriele Mastrigli - nell’Ottobre del 2017 intorno all’ambizioso progetto di ricapitolazione 3 della vita di Cristiano Toraldo di Francia, membro e co-fondatore del Superstudio insieme ad Adolfo Natalini. Il programma di lavoro si delineava in maniera chiara, prevedendo in definitiva: una prima fase di studio su varie fonti bibliografiche e di redazione di un regesto di opere da integrare nella seconda fase di indagine, diretta negli archivi personali dell’architetto Toraldo di Francia e quindi di sistemazione del materiale in un nuovo e ufficiale archivio. Infine un’ultima fase di interpretazione critica delle opere pervenuteci attraverso uno o più progetti. Il programma è stato rispettato, tuttavia la chiarezza del procedimento e gli esiti sono sfumati nelle pieghe di un’esistenza – quella di Cristiano Toraldo di Francia – multiforme e vivace, la cui immagine finale sembra testimoniare un modo di vivere e di fare (architettura) proprio del bricoleur. 4 Cristiano Toraldo di Francia è un fotografo, un architetto, un designer e un professore; nella sua dimensione sociale appare animato dagli stessi impulsi vitali di cui sono impregnati i suoi progetti: l’uno ordinatore, astratto, platonico che distribuisce, governa e racconta una storia come uno spazio; l’altro pervasivo, rumoroso, caotico, ricco di riferimenti, che si insinua tra le linee di forza della storia/spazio e scatena un putiferio. La sintesi di queste tensioni è una sorta di regola per la disobbedienza; disobbedienza che si traduce in una critica ai modelli precostituiti - che la società, l’economia e le mode impongono - e che trova sfogo all’interno dello stesso sistema che li contiene e addirittura ne utilizza i mezzi (si pensi alla produzione di massa o al cinema). Così si infrange il limite tra vita e progetto, nell’incessante spirito critico e di ricerca, che è poi la cifra ultima della sua poetica e, posto che l’unico progetto possibile è l’autobiografia come progetto di vita 5, è chiaro che tutto sia ancora in divenire. In questo rapporto problematico con la realtà Toraldo di Francia riesce a farsi interprete delle contraddizioni e delle volontà segrete di una generazione sulla soglia di un cambiamento epocale. D’altra parte il suo contributo trova spazio in un momento in cui l’arte in generale si sta riconfigurando e a fronte della sua riproducibilità tecnica, per usare le parole di Walter Benjamin, cerca la sua aura, intimamente legata al suo hic et nunc. In questo clima Toraldo di Francia, i suoi compagni e molti intellettuali a lui contemporanei, si trovano ad intervenire sull’oggetto con la persona vivente, restituendogli le caratteristiche dell’evento e riconquistando l’autenticità
9
6. R i-vest ire è i l nome di una ricerca che accompagna tutta la carriera di C. Toraldo di Francia e si sostanzia nel “corso sperimentale del d ise g no de l l’abito” tenutosi nel l’a rco 2 0112 018 p r e s s o l a Scuola di Architettura e Design “Eduardo Vittoria” UNICAM
10
dell’opera, ora in balia della creatività dell’uomo. La nostra esperienza di ricerca diretta inizia nello studio di Cristiano Toraldo di Francia a Filottrano, che ha in comunione con la moglie e architetto Lorena Luccioni. Ci accoglie all’ingresso con un sorriso curioso, ci fa strada e si siede. Ha la postura del buon conversatore, è ben accomodato sulla poltrona, le gambe sono leggere, accavallate o appena distese, le mani aperte verso di noi e aspetta di essere coinvolto. Ci sediamo di fronte a lui, tra di noi c’è la scrivania, sopra e intorno oggetti di ogni genere, libri, opere impacchettate per qualche mostra, documenti, riviste, campioni di materiali; alle sue spalle una superficie bianca quadrettata, la libreria. Sulla parete di sinistra corrono una serie di fotografie, scattate da lui, in bianco e nero; a destra una fotografia della moglie e una sua e uno scaffale da ufficio con ampi cassetti che contengono disegni e immagini di vario genere. Gli esponiamo il nostro programma di lavoro, avanziamo persino un’interpretazione su cinquant’anni di lavoro, stabilendo che si possa far risalire tutto a tre fasi o momenti del fare architettura: una iper-comunicativa, in cui la forma è mezzo della funzione e il motivo del coinvolgimento; una seconda fase in cui le qualità del manufatto subiscono un processo di riduzione lasciando all’individuo la libertà di interpretazione; e un’ultima fase, estrema conseguenza dell’excursus concettuale, in cui l’architettura, grazie anche alle nuove tecnologie, viene metabolizzata dall’uomo, ovvero coincide con esso, rendendolo l’unico vero attore di qualsiasi esercizio progettuale. Gli sta bene, non ci corregge e anzi ci incoraggia portando a favore altre considerazioni. Si comporta così anche con i suoi studenti all’università; una volta ho assistito a una sua lezione di laboratorio perché volevo conoscerlo, quel giorno teneva il corso di Ri-vestire 6. Quando sono arrivata avevano già iniziato, erano tutti in piedi a fare qualcosa, non sapevo cosa, sembrava una danza delle api e lui era in mezzo e partecipava di questo caos ordinato e creativo. Tornando all’esperienza in archivio – dallo studio ci spostiamo nella sua abitazione di famiglia, un vecchio palazzo del ‘700 mai terminato in centro, Palazzo Accorretti. Ci introduce negli spazi pubblici della casa per presentarci altro materiale e – sospetto – se stesso. Qui convivono oggetti di antiquariato con oggetti di evasione, ritratti di famiglia e opere d’arte moderna, la cui presenza spesso è legata a vicende personali. L’ultima tappa di questo primo incontro è un piccolo locale al piano terra del palazzo settecentesco, in cui trovano posto tutti gli elementi e gli elaborati di progetto non ancora riordinati dall’architetto, quelli che noi dobbiamo archiviare e spostare in una stanza dell’edificio comunale di Filottrano, a pochi passi da dove
Fig. 2 Archivio di Cristiano Toraldo di Francia, Filottrano 2017.
ci troviamo. In meno di cinque metri quadrati sono accatastati e nascosti cinquant’anni di progetti, di idee, insieme a vecchi ricordi e qualche valigia. Ci sono fascicoli da ufficio, riviste o pagine di esse, grandi cartelle con dentro disegni e schizzi di ogni genere, rotoli da lucido, appunti, fotografie…Da questo mare magnum di pezzi bisogna ricomporre l’archivio di Cristiano Toraldo di Francia, aggiornare la sua biografia progettuale 7 e, magari, tracciare la topografia del suo immaginario; ma il materiale è tanto e tale che per le due volte a venire i nostri incontri più che operativi sono speculativi. La volta successiva allestiamo un tavolino subito fuori dalla stanza, apriamo le cartelle, i rotoli e curiosiamo tra i documenti, facciamo foto e prendiamo appunti. Toraldo di Francia ci accompagna nelle regioni della sua ragione 8 e, con una certa fierezza e curiosità di riscoprirsi, si racconta cercando di svelarci un metodo, il suo, quello del bricoleur, che si serve di qualsiasi mezzo e si contamina con altre discipline
7. Ter m i ne che all’interno della ricerca sarà utilizzato per indicare il modus operandi con cui si è voluta approcciare l’evoluzione progettuale di C. Toraldo di Francia, con richiamo alla profon d a c or r e l a zione t ra v ita e architettura. 8. Cfr. Superstudio, Un viaggio nelle regioni della ragione, in G. Mastrigli (a cura di),Superstudio. Opere 19661978, op. cit., p. 13 11
Fig. 3 Archivio di Cristiano Toraldo di F r a n c i a , F i l o ttrano, 2018.
9. Cfr. Jorge Luis Borges, L’artefice, R izzol i, M ilano 1963.
12
per dare vita a un progetto a più livelli di significato. Nel frattempo cerchiamo di trovare un compromesso tra la necessità pratica di traslocare da un posto a un altro il materiale e quella altrettanto pratica di selezionarlo, opposta a un certo senso di riverenza che ci perviene di fronte a tanto impegno intellettuale e sociale. Questo labirinto di idee, per dirla con J. Luis Borges, traccia l’immagine del volto dell’autore9: l’indagine intellettuale e professionale di Cristiano Toraldo di Francia è la sua indagine umana e si sostanzia in una presenza esuberante e discreta, comunicativa e attenta. Quello che colpisce dispiegando uno ad uno i disegni effettivamente è il metodo e l’ostinazione: per ogni progetto ci sono più varianti, ognuna si serve di più espedienti grafici ed è rappresentata da più punti di vista (la pianta, l’assonometria, la prospettiva…) e da più scale, fino alla scala reale, in cui il progetto è assoluto,
Fig. 4 C. Toraldo di Francia mostra alcuni dei suoi schizzi su lucido a scala reale n e l l ’a r c h i v i o d i Filottrano, 2018.
13
10. C. Toraldo di Francia, Interni Domestici. Ovvero il Sogno di Costantino, in Gianni Pettena (a cura di), Cristiano Toraldo di Francia. Progetti e architetture 1980-1988, Electa, Milano, 1988, p. 17
14
ovvero è già oggetto: l’oggetto mentale. Un altro aspetto fondante del suo modus operandi, facilmente riscontrabile nei disegni e in particolare nello studio dei dettagli, è la riconoscibilità, ovvero la possibilità di risalire all’elemento grammaticale, all’unità fondamentale: il modulo, il nodo, la colonna…, studiata nelle sue qualità minime e poi manipolata. «Il sogno di Costantino affrescato da Piero della Francesca potrebbe figurare come ideale frontespizio per i miei progetti […]. Una tenda a forma di cono tesa da un lucido albero al centro si apre all’arrivo dell’angelo per mostrare l’Imperatore […]. La colonna al centro è axis mundi, primo segno di architettura, eretta a sfidare le leggi naturali della gravità ed elemento misuratore del luogo. […] L’albero al centro divenuto colonna dialoga con la figura umana eretta […] ricordandoci della natura antropomorfa dell’architettura e di quando natura e architettura coincidevano.» 10 Questo rapporto dialettico con i modelli della tradizione è tutt’altro che in contrasto con il suo spirito pionieristico dal momento che esso rappresenta un atto di rifondazione dell’architettura. Il quarto incontro è decisivo e iniziamo a traslocare nella stanza del comune deputata all’archivio. Così le volte successive. L’attività di archiviazione è tutt’ora in fase di sviluppo. Le rielaborazioni fatte in termini progettuali, infatti, si offrono come modelli metodologici di indagine e sono esse stesse strumenti di indagine. Una prima considerazione è stata fatta per immagini: si è risaliti ad un regesto e si è ipotizzata una fruizione digitale del materiale (Giuseppe Paolucci, Cristiano Toraldo di Francia: un archivio); in un secondo momento ci siamo soffermati sulla dimensione oggettuale dei progetti proponendo un’ipotesi di mostra (Anna Ida Pizzuti, Lo spazio del coinvolgimento); infine, dall’oggetto, spesso pensato a funzione poetica, siamo risaliti al soggetto artefice, la cui storia è irrimediabilmente legata alla sua produzione e attraverso il progetto di una storia di invenzione abbiamo cercato di comprendere il legame di identificazione tra l’oggetto e il suo fruitore (Nerina Natoli, L’Orlando Curioso). Abbiamo identificato le tappe di questo iter con tre immagini, prese in prestito dal Superstudio e dalla produzione didattica di Cristiano Toraldo di Francia, che ne vogliono rivelare il senso: la Superarchitettura, gli Istogrammi e Ri-vestire; così la ricerca prende le sembianze di una storia: la biografia progettuale di Cristiano Toraldo di Francia, presupposto necessario alla comprensione e quindi all’archiviazione.
Fig. 5 Piero della Francesca, Il sogno di Costantino, 145814 66. Af fresco facente parte delle Storie della Vera Croce, Basilica di San Francesco, Arezzo.
15
CRISTIANO TORALDO DI FRANCIA 8QD ELRJUDÀD SURJHWWXDOH
Firenze, 18 Settembre 1941. Un’infanzia tra le pieghe.1 Cristiano Toraldo di Francia nasce in un panorama familiare, sociale e politico fortemente caratterizzato; il modo in cui si approprierà del mondo che JOL q SURVVLPR FRVWLWXLUj LO VXR SURJHWWR SL LPSRUWDQWH TXHOOR DXWRELRJUDÀFR La sua famiglia ha una forte tradizione artistica, contaminata da una comSRQHQWH WHFQLFD H VFLHQWLÀFD GL GHULYD]LRQH SDWHUQD Il suo bisnonno, Adolfo Tommasi, è stato uno degli iniziatori della scuola dei macchiaioli e la nonna e la madre sono delle ottime pittrici. Il padre Giuliano invece è professore di Ottica e Fisica all’Università e ogni venerdì si riunisce nel salotto di casa con scienziati e letterati a discutere il rapporto tra le due culture. Toraldo di Francia d’altra parte ama andare in campagna con il suo cavalletto a dipingere con i colori a olio il paesaggio ma la sua più grande passione resta OD IRWRJUDÀD LQFRUDJJLDWD VLD GDJOL VWXGL SDWHUQL VXOOH RWWLFKH SHU OH PDFFKLQH IRWRJUDÀFKH VLD GDOO·DYHU DOOHVWLWR XQD FDPHUD RVFXUD SURSULR GHQWUR FDVD /D IRWRJUDÀD QRQ q WDQWR XQD WHFQLFD ÀQH D VH VWHVVD PD VHPEUD GLYHQWDUH LO mezzo per rappresentazioni di altro tipo o una vera e propria ricerca psicologica sul soggetto. Frequenta il liceo classico e inizialmente è in dubbio in merito alle scelWH XQLYHUVLWDULH LQGHFLVR WUD XQD FDUULHUD VFLHQWLÀFD H XQD DUWLVWLFD DOOD ÀQH GRSR DYHU OHWWR O·DXWRELRJUDÀD GL )UDQN /OR\G :ULJKW VFHJOLH GL VWXGLDUH Architettura.2
1. Cristiano Toraldo di Francia, Ri-vestire, Quodlibet, Macerata 2018, p. 18
2. Cfr. Gabriele Mastrigli, Aspettando l’alluvione. Conversazione con Cristiano Toraldo di Francia, in Superstudio. La vita segreta del Monumento Continuo, Quodlibet, Roma 2015, p. 79 17
Firenze, FacoltĂ di Architettura, 1959. Una stagione calda.
3. Ibidem, p. 81
4. Ibidem
5. G. Pettena, Introduzione, op. cit., p. 8
6. C. Toraldo di Francia, Antefatti. Superstudio e Firenze, in G. Mastrigli (a cura di), op. cit., p. CIV
Fig. 1 C. Toraldo di Francia lavora al progetto la CittĂ Estrusa, Firenze 1964
18
L’università è una fucina di idee, le strutture gerarchiche stanno entrando LQ Ă€EULOOD]LRQH JLj VL UHVSLUD O¡DIĂ DWR ULYROX]LRQDULR FKH GD TXL D SRFR FDPELHUj la storia. ,O JLRYDQH 7RUDOGR GL )UDQFLD VL LQVHULVFH Ă€Q GD VXELWR LQ TXHVWR FRQĂ LWWR H LQVLHPH DG DOFXQL VXRL FRPSDJQL LQL]LD D FROWLYDUH VHQWLPHQWL GL ULĂ€XWR YHUVR TXHOOR FKH GHĂ€QLVFH il folklore di destra3 e piĂš in generale verso una struttura didattica ancora fortemente gerarchizzata. In facoltĂ arrivano anche i tre Leonardi: Savioli, Ricci e Benevolo, il cui merito è quello di rompere con la disciplina dell’architettura come elemento autonomo e di contaminarla di altri saperi;4 altrove, negli stessi anni, due giovani architetti austriaci, Hans Hollein e Walter Pichler, scrivono un manifesto dal titolo: Alles ist Architektur, tutto è architettura. Da questo momento ogni parola, ogni gesto, ogni comportaPHQWR RJQL DWWR ULYROWR DO Ă€QH GL FDSLUOD SURSRUOD H FRPSUHQGHUOD ´qÂľ DUFKLtettura.5 Si innesca negli studenti un processo di presa di coscienza, di critica della struttura universitaria e di avvicinamento alle rivendicazioni della classe operaia. Tensioni, queste, che si sostanziano in una serie di occupazioni - il cui tema di dibattito non è tanto l’architettura in sĂŠ ma il contesto politico e culturale in cui ci si trova ad operare - e in una radicale contestazione del concetto stesso di progetto: gli studenti decidono di farne uno unico di gruppo per tutti i corsi. Si tratta della CittĂ Estrusa del ‘64, titolo che allude all’estrusione degli elementi costituenti all’interno del sistema produttivo: essa trasferisce l’idea della catena di montaggio alla cittĂ stessa, “una fabbrica perfettaâ€?, un unico strumento macchinico per la produzione ed il consumo.6 L’idea sottesa è che il progetto debba essere la regia di piĂš saperi e il risultato è una sorta di happening LQ FXL L GLVHJQL WHFQLFL VRQR DIĂ€DQFDWL GD IXPHWWL musiche e racconti e piĂš in generale da tutti quei componenti che stimolano l’emotivitĂ . In questo clima Cristiano Toraldo di Francia stringe molti rapporti intellettuali e umani che avranno un riverbero nella sua storia professionale, tra gli altri ricordiamo: Andrea Branzi, Paolo Deganello, Gilberto Corretti e Massimo Morozzi – futuri membri di Archizoom – AlĂŹ Navai, Sergio Pastorini, Piero Sparagna, Adolfo Natalini ed Ettore Chelazzi. ÂŤNel ‘65 moriva in mare Le Corbusier. La sua architettura continuava a crescere nei volumi della Oeuvre complete. Louis Kahn aveva fatto esplodere l’antichitĂ classica (Aldo Rossi aveva pubblicato L’architettura della cittĂ ). Mies e Aalto continuavano a produrre i loro modelli (serissimo l’uno, sorridente O¡DOWUR 3HU L SL VPDOL]LDWL R VFLHQWLĂ€FL F¡HUD SRL OD PHWRGRORJLD OD SUHIDEbricazione e l’industrial design. Per gli appassionati dell’avanguardia, i Meta-
19
7. Adolfo Natalini, Com’era ancora bella l’architet tura nel 1966, in G. Mastrigli (a cura di), op. cit., p. 578
8. Ibidem, p. 580
9. Cfr. G. Mastrigli, Aspettando l’alluvione, op. cit., p.111
bolisti giapponesi e Yona Friedman continuavano a sfornare megastrutture e gli Archigram irrompevano sulla scena con la loro tecnologia ironica con sottofondo di Beatles e Rolling Stones‌ In Austria Pichler, Abraham e Hollein facevano cose incomprensibili e a Milano Ettore Sottsass e Ugo La Pietra portavano avanti (solitari) i loro lavori (sorridente l’uno, serissimo l’altro): ma di questa cose in giro se ne sapeva molto poco‌ Che anni, ragazzi!Âť7 Dal 1965 ha inizio anche l’attivitĂ professionale di Cristiano Toraldo di )UDQFLD H LO PRYLPHQWR KLSS\ DSUH LO SULPR VWXGLR IRWRJUDĂ€FR LQVLHPH D (WWRUH &KHOD]]L LQ SLD]]D 'RQDWHOOR GRYH VL GHGLFD DOOD IRWRJUDĂ€D still life e alla ritrattistica; insieme all’amico Adolfo Natalini posa per presentare una linea di scarpe di Ferragamo, in un progetto che si pone sul limite tra architettura e performance: le Vitrines Vivants. Nello stesso anno il duo Toraldo-Natalini si unisce a Branzi e Morozzi, insieme propongono la trasformazione dello spazio interno di un capannone a Rifredi in una discoteca. Luci, proiezioni, corpi e suoni trasformano la Casa del Popolo nel Piper 2, annunciando con un’operazione molto semplice che O¡DUFKLWHWWXUD q LO ULVXOWDWR QRQ VROWDQWR GL WUDVIRUPD]LRQL Ă€VLFKH PD DQFKH LQtangibili, virtuali. I progetti di questi anni sono una dichiarazione di intenti e affrontano il grande tema degli spazi del coinvolgimento, del coinvolgimento emotivo. ÂŤNoi leggevamo soprattutto Architectural Design (con Stirling e gli Archigram), L.C. (a quei tempi voleva dire Le Corbu), e pensavamo che l’architettura IRVVH XQ PH]]R H QRQ XQ Ă€QHÂŞ8 Nel 1968 Toraldo di Francia si laurea in Architettura con una tesi dal titolo Una macchina per vacanze a Tropea, progetto che si inscrive nell’ultimo passaggio di una ricerca piĂš ampia, dall’architettura dei monumenti a quella delle immaJLQL LQWHVD FRPH XQ¡DUFKLWHWWXUD FDULFD GL VLJQLĂ€FDWL GHVXQWL GDOOD SRS DUW Ă€QR DOO¡DUFKLWHWWXUD WHFQRPRUID FKH VL FRQĂ€JXUD FRPH XQD PDFFKLQD DSSXQWR Il progetto si propone di “restaurare la naturaâ€?: ricostruire il fronte costiero calabro sfruttandone le cavitĂ per costruire uno spazio interno, una macchina per il tempo libero che esorcizzi la paura della macchina, pensata non piĂš in chiave utopica come ad esempio la Non stop city degli Archigram o il Fun palace GL &HGULF 3ULFH PD FRPH VWUDWHJLD ULVROXWLYD GL SUREOHPL VSHFLĂ€FL 9 Firenze, 6 Novembre 1966. L’Alluvione. L’attenzione di tutto il mondo si concentra su una Firenze invasa dalle acque. La vicenda porta con sĂŠ un forte valore simbolico: l’irrazionale è entrato nella cittĂ rigorosa, geometrica, perfetta e l’ha sconvolta, rendendola testimoQH GHOOD Ă€QH GHO SURJHWWR LOOXPLQLVWD H GHOOD IHGH QHO SURJUHVVR H QHOOD UD]LRQD-
20
Fig. 2 Adolfo Natalini e C.Toraldo di Franc i a, V i tr i n es V i vants, 1965. Foto di Cristiano Toraldo di Francia.
21
Fig. 3 Alluvione di Firenze, Piazza del Duomo, novembre 1966, vista del Battistero. Fig. 4 A. Natalini, C. Toraldo di Francia e Ro b e r to Ma gr i s p er Po l tro nov a, Sofo, Autoritratto, Firenze, 1968. Foto di Cristiano Toraldo di Francia.
10 . Ib i d e m, p p . 93-94
11. A. Natal in i, Com’era ancora bella l’architet tura nel 1966, op. cit., p. 578
12. C. Toraldo di Francia, Ri-vestire, op. cit., p. 22
22
OLWj OD ÀQH WXWWDYLD ULYHOD DQFKH LO SURGLJLRVR LQL]LR GL XQD VSHUDQ]D TXHOOD GL un futuro diverso.10 Nello stesso anno, all’alba del fervore che scandirà l’epoca sessantottina, Cristiano Toraldo di Francia e Adolfo Natalini, a cui si è allagato lo studio di pittore, decidono di trasferirsi entrambi in Piazza Bellosguardo n.1 e fondare il Superstudio, cosÏ da reagire all’incognita del futuro professionale. Con addosso tutta l’insicurezza, lo scetticismo (male oscuro, alienazione etc.) e un po’ di cinismo decidemmo di diventare super.11 Pistoia, 4 Dicembre 1966. Un progetto eccentrico: 12 il Superstudio. ,O VRGDOL]LR VL XIÀFLDOL]]D XQ PHVH GRSR O¡DOOXYLRQH LQ RFFDVLRQH GHOOD PRstra Superarchitettura QHOOD JDOOHULD G¡DUWH -ROO\ LQ YLD 6DQ %DUWRORPHR LO JUXSpo, in collaborazione con Archizoom e in sintonia con le esperienze della pop art inglese di quegli anni, espone una serie di opere autoprodotte, sensuali e coloratissime per stimolare lo shock nell’universo tradizionalista e introdurre XQD QXRYD ÀJXUD]LRQH LQ XQD VRUWD GL PDQLIHVWR SURJUDPPDWLFR H LQWHQ]LRnale di quella che sarà la sua produzione. /¡DUFKLWHWWXUD VL FRQÀJXUD ÀQ GD VXELWR FRPH XQD VWUDWHJLD GL VRSUDYYLYHQza, come uno strumento di comprensione del mondo e in tal senso si occupa
23
13. A. Natal ini, Com’era ancora bella l’architet tura nel 1966, op. cit., p. 580 14. Superstudio, Design d’invenzione e design d’evasione, in G. M ast r i gl i (a cu ra d i), Ibidem pp.14-21 15. Superstudio, Abitare con libertà , Ibidem, p.30 16. Superstudio, Superarchitettura, Ibidem, p.4
17. Superstudio, Un viag gio nelle regioni della ragione: progetti, pensieri, architet ture (19651968), Ibidem, p.13 24
di provocare reazioni, sconvolgere, liquefare - come suggerisce l’alluvione - e si contamina di tutte le discipline del progetto, questo anche in virtĂš della conformazione del gruppo: Cristiano Toraldo di Francia infatti è un appassionato fotografo; Adolfo Natalini un pittore della cosiddetta Scuola di Pistoia, con un grande interesse per la pop art; Roberto Magris - terzo membro del gruppo - un ragioniere esperto di tecnologie riscopertosi abile disegnatore e Gian Piero Frassinelli un antropologo (il gruppo tuttavia si completerĂ solo nel ‘70 con l’arrivo di Alessandro Magris, fratello di Roberto, e Alessandro Poli.). La comunione di tante personalitĂ e attitudini diverse ha luogo nell’idea, ciò che li anima infatti è la convinzione che il progetto sia un modo per cambiare il mondo, una fuga dalle risposte prefabbricate imposte dalla societĂ . ÂŤI primi lavori tra il ‘67 e il ‘69 rispondono a due esigenze: liberarsi dai residui e dalle infatuazioni architettoniche attraverso massicce indigestioni di progetti-immagine e iniziare la demolizione della disciplina attraverso azioni di guerriglia (è la teoria del cavallo di Troia degli Archizoom) [...] A Firenze sull’onda della rivoluzione studentesca del ‘68 erano giĂ nati gli Ufo. I 9999 avevano iniziato con Space Elettronic la loro folgorante carriera. Gianni Pettena giocava giĂ il suo personaggio della spia. Ci rivolgemmo tutti a Sottsass come fratello maggiore, con molto affetto, e cercavamo di capire, con molto rispetto, cosa fosse il “sistema disequilibranteâ€? che La Pietra portava avanti da anniÂť 13 Ăˆ il periodo del cosiddetto design d’invenzione, e quindi d’evasione 14 dall’orrido quotidiano15, in cui l’oggetto è esaltato nella sua funzione contemplativa e poetica e l’architettura diventa iper comunicativa e quindi simbolica. Il prodotto è qualcosa che eccede la semplice funzionalitĂ e materialitĂ del manufatto e si iscrive in una dimensione piĂš ampia e comunicativa: i nuovi oggetti sono insieme cose e immagini delle cose.16 ,Q WDO VHQVR VRQR VLJQLĂ€FDtivi i vari scatti di Toraldo di Francia, che vedono impegnato il gruppo in vere e proprie azioni sceniche sugli oggetti, i quali, in questa ambiguitĂ , si rivelano sempre piĂš prossimi alla vita stessa. ÂŤIl nostro lavoro si è sempre svolto per inventari e cataloghi e forse l’unico SURJHWWR RJJL SRVVLELOH q O¡DXWRELRJUDĂ€D FRPH SURJHWWR GL YLWD , SURJHWWL HUDQR O¡LSRWHVL GL WUDVIRUPD]LRQH Ă€VLFKH HUDQR PRGL GL LSRWL]]DUH TXDQWLWj H TXDOLWj diverse. Questi progetti sono stati raccolti nel primo catalogo: Un viaggio nelle regioni della ragione. Un viaggio come Pilgrim’s Progress, o guida per giovani architetti, attraverso l’architettura dei monumenti, l’architettura delle immagini, l’architettura tecnomorfa e l’architettura della ragione...Âť17 Il primo bilancio di questo percorso in effetti si raggiunge nel Viaggio nelle regioni della ragione quando si comprende come proprio quell’immagine, tanto
Fig. 5 Superstudio, Un viaggio nelle regioni della ragione. Superstudio 196869, litografia, Plura Edizioni, Milano 1971.
LPSRUWDQWH QHOOD QDUUD]LRQH GHOO¡DUFKLWHWWXUD LQ UHDOWj VLD Ă€Q]LRQH SDOHVDWR questo aspetto il cammino può continuare e le regioni della ragione possono essere utilizzate come campo di ricerca e azione dell’architettura. ,O ORUR SHUFRUVR SURVHJXH TXLQGL DOORQWDQDQGRVL VHPSUH GL SL GDOOD VSHFLĂ€FLWj della professione, inoltrandosi in una progettazione astratta, di entitĂ platoniche che, in quanto tali, sono a servizio dell’immaginazione. 'D TXHVWR PRPHQWR OD VĂ€GD VHPEUD HVVHUH TXHOOD GL DEEDWWHUH L FRQĂ€QL WUD SURJHWWLVWD FRPPLWWHQ]D H XVR H OR VWUXPHQWR SULQFLSH q OD JULJOLD XQD VXSHUĂ€FLH bianca quadrettata, che come un atto liberatorio restituisce all’uomo lo spazio dell’improvvisazione, il suo spazio mentale, e sintetizza gli “estremi dialettici e mai risolti della modernitĂ â€?.18 ÂŤLa Griglia è soprattutto una speculazione concettuale. A dispetto della sua neutralitĂ apparente, essa sottende un programma intellettuale [...]: nella propria indifferenza [...] rivendica la superioritĂ della costruzione mentale sulla realtĂ . Âť19 Nel 1969, in occasione del concorso di idee architettura e libertĂ , promosso dalla Biennale Trinazionale Trigon ’69 nella cittĂ di Graz, Superstudio presenta il progetto architettonico del Monumento Continuo, Modello architettonico di urbanizzazione totale, in cui una griglia ininterrotta riveste la terra. /D GLPHQVLRQH Ă€JXUDWLYD GHOO¡DUFKLWHWWXUD q DQQLHQWDWD GDOOD JULJOLD HVVD ULFR-
18. Cfr. G. Mastrigli, La vita segreta del Monumento Continuo, cit., p.14 19. Rem Koolhaas, Delirious New York, Mondadori E lect a , Veron a 2016, p.17
25
20. Superstudio, Un catalogo di ville, in G. M ast r i gl i (a cura di), op. cit., p. 114
21. Superstudio, Istogrammi di archit e t t u ra , Ib i d e m , p.130
22. Superstudio, Gli Atti Fondamentali. Vita, Ibidem, pp.386-392
26
pre ogni cosa: territorio, architettura e città , con la consecutiva scomparsa delOD QR]LRQH GL VFDOD H RJJHWWR DOOD WULGLPHQVLRQDOLWj VL q VRVWLWXLWD OD VXSHUÀFLH Il piÚ grande progetto è sempre progettarsi una vita intera sotto il segno della ragione, una vita con coordinate precise, e serenamente accettate. Costruire noi stessi con una serie di gesti primari, di gesti magici calibrati e lucidi, per mezzo di un’architettura della chiarezza e della lucidità , non della crudele intelligenza ma della comprensione di tutte le ragioni‌20 Il concetto viene portato alle sue estreme conseguenze e nello stesso anno VL WUDGXFH LQ XQ JHVWR GHÀQLWLYR FKH VHJQD VLPEROLFDPHQWH LO SDVVDJJLR GDOOD ubriacatura ideologica giovanile all’individuazione degli strumenti della proIHVVLRQH O¡LQYHQ]LRQH GHOOD VXSHUÀFLH QHXWUD JOL Istogrammi, ovvero il progetto ,o meglio, la scoperta dell’unità minima, omogenea e isotropa: il cubo, cui segue la realizzazione di qualsiasi oggetto, neutralizzato delle sue qualità , ridotto a quantità , talmente asettico da non lasciare altra alternativa al fruitore che imprimergli la sua immaginazione. Un ambiente materialmente omogeneo permette di recepire come unico fenomeno in atto la propria esistenza biologica e elettrica come forza in grado di GHÀQLUH LO WHPSR H O¡KDELWDWª 21 L’ostinata ambizione del Superstudio di affrontare la relazione tra vita e architettura, inizia con la Superarchitettura e approda alla perentorietà degli Istogrammi, ma trova il suo massimo compimento teorico ne Gli Atti Fondamentali (vita, educazione, cerimonia, amore e morte), opera che potrebbe assurJHUH D WHVWDPHQWR GL XQD JHQHUD]LRQH SURSRQHQGR XQD ULIRQGD]LRQH ÀORVRÀFD ed antropologica dell’architettura e che si inscrive in un piÚ ampio percorso di ULFHUFD H GL GLGDWWLFD FKH VFDQGLVFH OH XOWLPH WDSSH GHO JUXSSR ÀRUHQWLQR Nel 1972, in occasione della mostra Italy: The New Domestic Landscape al MoMA di New York, propagandano una vita libera dagli oggetti, ovvero la 6XSHUVXSHUÀFLH XQ PRGHOOR GL XQ¡DWWLWXGLQH PHQWDOH, primo episodio de Gli Atti FonGDPHQWDOL XQD VXSHUÀFLH TXDGUHWWDWD VRYUDVWD OD WHUUD ŠXQR VWD GRYH JOL SDUH portandoci tutta la tribÚ o la famiglia. Non c’è nessun bisogno di ripari poichÊ le condizioni climatiche [...] sono state PRGLÀFDWH > @ WXWW¡DO SL VL ID XQ ULSDUR SHU JLRFR SHU JLRFDUH DOOD FDVD DQ]L per giocare all’architettura. [...] La progettazione coincide sempre di piÚ con l’esistenza: non piÚ esistere al riparo dagli oggetti del design, ma esistere come progetto. 22 La vita umana è diventata il soggetto e il destinatario privilegiato dell’opera GL 6XSHUVWXGLR ÀQR D GLYHQWDUH LO SURJHWWR VWHVVR LO SURJHWWR GHOOD VXD ricapitolazione, ovvero un’attitudine mentale, un pensiero costruttivo della propria esistenza, che in quanto tale deve essere testimoniato e condiviso.
Fig. 6 Superstudio, l’Invenzione della sup er f i c i e neu tra. Manifesto dell’om o nima m os tr a i d e a t a p e r l ’a zienda Abet Print nel 1972 e mai realizzata. Foto di Cristiano Toraldo di Francia.
27
23. A. Natal ini, Com’era ancora bella l’architet tura nel 1966, Ibidem
24. A. Natalini, A. Poli e C. Toraldo di Francia, Viag gio con la matita tra gli artefatti del mondo contadino, in G. Mastrigli (a cura di) op. cit., p.532
28
ÂŤSi chiude il primo periodo del Superstudio, il periodo della progettazione come autoterapia. Da questo punto la nostra attivitĂ procede attraverso le due linee (complementari) del lavoro e della ricerca.Âť23 Nel 1973 partecipano alla XV Triennale di Milano, iscrivendosi a entrambe le sezioni, volutamente contrapposte, di architettura radicale e architettura razionale, capeggiate rispettivamente da Ettore Sottsass ed Aldo Rossi. ,O JHVWR q XQ DWWR GL FRQVDSHYROH]]D GHO IDWWR FKH OR VFRQWUR q Ă€QLWR q HQWUDWR QHOOD VWRULRJUDĂ€D FRPH ´PRYLPHQWR UDGLFDOHÂľ SHUGHQGR OD VXD UDJLRQ G¡HVVHUH ,O ORUR YLDJJLR WXWWDYLD FRQWLQXD Ă€QR DOOD Ă€QH GHJOL DQQL Âś In questo ultimo periodo il lavoro trova luogo nelle universitĂ e nelle scuole, italiane ed estere. Il tema di studio è La Cultura Materiale Extraurbana, cioè quello che rimane della cultura contadina: Toraldo di Francia insieme ad Alessandro Poli si occupano di seguire, disegnare, fotografare e registrare la vita di Zeno Fiaschi, un contadino di Riparbella, in Toscana. Gli oggetti d’uso vengono esaminati attraverso inventari critici che svelano gli archetipi della sopravvivenza. $ TXHVWR SURJHWWR VL DIĂ€DQFDQR DQFKH *LDQ 3LHUR )UDVVLQHOOL H 0LFKHOH GH /XFchi e nel frattempo, sotto la guida di Alessandro Mendini, nuovo direttore di casabella, i vari gruppi radicali si uniscono in un progetto didattico volto al recupero della creativitĂ e promuovono una scuola di arti e mestieri: Global Tools. Le attivitĂ svolte in forma laboratoriale affrontano tematiche quali il corpo, la costruzione, la comunicazione, la sopravvivenza e la teoria. Contestualmente Superstudio continua a partecipare a importanti mostre tra cui la personale, Superstudio. Frammenti da un Museo personale, Sottsass & Superstudio: Mindscapes, un’altra personale presso l’Istituto Nazionale di Architettura di Roma e l’ultima, la 38° Biennale d’Arte di Venezia del 1978, in cui presentano La coscienza di Zeno e La moglie di Lot. Se il Superstudio ha rappresentato la felice sintesi di qualitĂ diverse in un VRJJHWWR VXSHULRUH LO VXR VFLRJOLPHQWR FKH IDFFLDPR ULVDOLUH DOOD Ă€QH GHJOL anni ‘70, ha rappresentato il concepimento di tanti personaggi, ancora diversi tra loro ma rinnovati, ereditari e forti di un’esperienza intellettuale condivisa ed eclettica: ognuno di loro si è contaminato e ha proseguito nel suo itinerario portando con sĂŠ parte del bagaglio culturale altrui. Š$WWUDYHUVR O¡LPSHJQR QHO EDQDOH TXRWLGLDQR VL FRQĂ€JXUD OHQWDPHQWH PD con sicurezza la coincidenza (l’identitĂ ) tra memoria e progetto, lavoro e scuola, personale e politico.Âť24
Fig. 7 Primo seminario della Global Tools presso la ex chiesa alla Sambuca a S.Casciano Val di Pesa , Firenze, 1973. Foto di gruppo e annotazioni di Cristiano Toraldo di Francia.
29
Firenze, 1973. L’esordio da solista.
25. Cfr. Superstudio, Progetti e pensieri, Ibidem, p.94 26. C. Toraldo di Francia, L’Architettura. Dedicata alla Cattolica di Stilo, in G. Pettena, op. cit., p. 143
27. C. Toraldo di Francia, I senza vestiti, in Ri-vestire, op. cit., p. 40
30
Subito fuori dalla hybris degli anni ‘60, dal fervore giovanile e dalle azioni dissacratorie del Superstudio, inizia una fase di metabolizzazione, piĂš silenziosa ma non per questo meno eloquente. Il ritratto di Cristiano Toraldo di Francia, poco piĂš che trentenne, si delinea chiaramente nella coincidenza di ciò che gli è stato dato e di ciò che ha scelto: a partire dal contesto familiare, che lo ha coinvolto in esperienze sia artistiche VLD VFLHQWLĂ€FKH VL DSSDVVLRQD DOOD IRWRJUDĂ€D DSSURIRQGLVFH VWXGL XPDQLVWLFL aprendo un dialogo attivo con la storia dell’umanitĂ , i suoi segni, i riti e i miti, per poi dedicarsi all’architettura: qualcosa sul limite tra arte, scienza, narrativa‌ e politica. Si unisce alle rivendicazioni sessantottine e stringe un’alleanza intellettuale di nome Superstudio con i suoi compagni, con cui conduce una critica serrata alla professione nel tentativo di ripensarla in chiave antropoloJLFD H Ă€ORVRĂ€FD 'LVFXWH DWWUDYHUVR D]LRQL H SURJHWWL LPPDJLQL H WHVWL ULIHULmenti e invenzioni, di monumenti e di utopie, di rigore e di immaginazione, di ciò che è simbolico e ciò che è funzionale. CosĂŹ tutto ciò che era stato assunto come dato si è ridotto a un’incognita, le uniche costanti rimaste sono: gli assi di simmetria, la divina proporzione, le forme elementari e gli archetipi dell’esperienza.25 Costanti, queste, che prima sono state oggetto di indagine, temi per un’attivitĂ eminentemente cerebrale, Ă€ORVRĂ€H UDGLFDOL H RUD VL SURSRQJRQR FRPH VWUXPHQWL RSHUDWLYL ÂŤSulle ceneri dell’architettura radicale rinasce la mia esperienza di costruttore.Âť26 Nel 1973 si sposa con con Frances Lansing, una giovane pittrice New Yorkese FKH VL LQVHULVFH QHO VRWWHUUDQHR IHUPHQWR DUWLVWLFR Ă€RUHQWLQR GL TXHJOL DQQL GDOOD TXDOH DYUj XQ Ă€JOLR 7RPPDVR /¡HYHQWR DSUH LO VLSDULR GL XQ QXRYR DWWR e rappresenta l’inizio di un percorso individuale, sebbene i primi progetti che SRUWDQR OD VXD VROD Ă€UPD OL ULQWUDFFLDPR QHO Âś H OR YHGRQR LPSHJQDWR QHOO¡DOlestimento degli interni per l’azienda Anonima Castelli a Torino e a Milano e per alcuni istituti bancari. Il ‘74 è anche l’anno di un viaggio importante, quello in Australia, con l’amico e antropologo John Dallwitz: ÂŤMi ha portato a entrare in contatto con le popolazioni aborigene del deserto, che continuamente si spostavano da un punto all’altro dei territori, senza indossare abiti e senza costruire architetture, ridotte, al piĂš, al rituale di un FHUFKLR GL SLHWUH LQWRUQR DO IXRFR H LQĂ€QH SRUWDQGR FRQ Vp SRFKLVVLPL RJJHWWL per la pura sopravvivenza.Âť27 Il lavoro post-Superstudio può essere appreso secondo i due spiriti diversi che lo costituiscono, per citare Blaise Pascal: uno spirito di geometria, erede tanto della Superarchitettura quanto degli Istogrammi, attraverso cui riconosciamo con chiarezza gli elementi di progetto: forme elementari assemblate in maniera
Fig. 8 Superstudio, Cultura materiale extraurbana. Zeno Fiaschi, 1973 1978. Interno della capanna alle Preselle. Foto di Cristiano Toraldo di Francia.
31
Fig. 9 C. Toraldo di Francia, Abaco delle colonne. Archivio di Filottrano, 2018.
28. Ibidem
29. G. Pettena, Introduzione, Ibidem, p. 9
32
complessa; e uno VSLULWR GL ÀQH]]D, erede anch’esso dell’esperienza del Superstudio e delle intrusioni nel campo dell’antropologia, che ricongiunge lo spazio con la storia e riammette la funzione del desiderio. La traccia lenta e tremolante della matita deposita ricordi e intenzioni peneWUDQGR DO GL Oj GHOOD UDJLRQH QHOO¡XQLYHUVR PHWDÀVLFR GHOO¡LQGLFLELOH WUDVIRUmando la banalità del reale in vissuto ed allargando il tempo del quotidiano nella duplice direzione del passato-futuro.28 Lo spirito di geometria emerge già a una prima lettura delle opere, quello di ÀQH]]D LQYHFH VL QDVFRQGH FRQIHUHQGR DL YDUL SURJHWWL TXHOO¡DXUD GL LFRQD GL cui sono impregnati. E’ ancora presente e forte l’urgenza di esprimersi ma, oltre ai panorami politici e quindi ai pretesti e ai contesti in cui farlo, sono cambiati anche i modi: la veemenza è diventata perizia, lo slogan un messaggio subliminale. Dopo aver distrutto tutto, si ricostruisce: si decidono i propri antenati e si affermano le proprie regole (ci si progetta) per creare nuove alchimie o alchimie piÚ antiche dell’ubriacatura razionalista e cosÏ si ricostituisce la terna persona-luogo-tempo.29 Una delle prime operazioni attraverso cui Cristiano Toraldo di Francia deÀQLVFH OD VXD SRHWLFD GD VROLVWD q DQFRUD XQD YROWD GL FDWDORJD]LRQH GLVHJQD XQ dettagliato abaco di elementi in cui mette a sistema il linguaggio dell’architettura e da cui attinge per dare forma alle sue idee di spazio. Alcuni elementi effettivamente ritornano con insistenza, come per poter essere studiati da prospettive differenti; talvolta si mascherano assumendo nuovi
Fig. 10 C. Toraldo di Francia, schizzi di colonne. Archivio di Filottrano, 2018
33
30. C. Toraldo di Francia, Interni domestici. Ovvero Il Sogno di Costantino, Ibidem, p. 17
Fig. 11a C. Toraldo di Francia, dettaglio del c o r r i ma n o d e l l ’ Istituto Bancario San Paolo di To rino, 1978. Fig. 11b C. Toraldo di Francia, dettaglio del sistema di illuminazione dell’ Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1978.
34
VLJQLĂ€FDWL DOWUH YROWH VRQR SURSRVWL QHOOD ORUR QXGLWj H QH SRVVLDPR YHULĂ€FDUH O¡HIĂ€FLHQ]D VXO SLDQR RUL]]RQWDOH YLJH TXDVL VHPSUH XQ SULQFLSLR RUGLQDWRUH RYYHUR XQD JULJOLD YLVLELOH R YLUWXDOH HQWUR FXL YLHQH GHĂ€QLWR XQR VSD]LR generalmente scandito da geometrie pure e spesso texturizzato da bicromie o dall’utilizzo di materiali inaspettati; il piano verticale è ritmato da elementi puntuali modanati che interpretano e re-interpretano l’elemento colonna, scandagliato a qualsiasi scala, materiale, forma e funzione: la colonna è il principio reale e concettuale dell’architettura, è axis mundi. ,QĂ€QH O¡LPSRUWDQ]D DWWULEXLWD DL GHWWDJOL VL SDOHVD QHOOD FXUD GL WXWWH OH SDUWL della composizione, dal nodo strutturale alla soluzione d’angolo, dal disegno del corrimano a quello della maniglia, dall’incastro delle piastrelle di rivestimento al sistema di illuminazione in accordo con le campate strutturali. Con questi espedienti l’ideologia delle avanguardie si ridimensiona per insinuarsi nel linguaggio comune, non piĂš quello della della rivoluzione ma quello della quotidianitĂ . Nella sua produzione troviamo progetti di interni domestici e di interni urbani, FRPH OL GHĂ€QLVFH OR VWHVVR 7RUDOGR GL )UDQFLD GL GHVLJQ SHU O¡LQGXVWULD H GL DUUHGR XUEDQR Ă€QR D SURJHWWL GL DUFKLWHWWXUD ÂŤ La mia è diventata una ricerca sui rapporti tra architettura, natura e tempo, in cui gli strumenti di orientamento sono gli elementi primari dell’architettura: la colonna, il muro, il tetto. [...] Gli oggetti diventano le maschere e gli strumenti di sempre nuove rappresentazioni, mentre l’architettura costruisce teatri come sfondo ma anche come osservatorio di tale incessante adeguamentoÂť30 /D SRHWLFD WRUDOGLDQD VL SUHDQQXQFLD FRQ FKLDUH]]D Ă€Q GDO VXR HVRUGLR QHJOL anni successivi al ‘73, con progetti di allestimento per il negozio di Anonima Castelli a Torino o per Banca Toscana, in piazza San Giovanni a Firenze, ma
10/3/2019
Domus - n° 634
Fig. 12 C. Toraldo di Francia, Istituto Bancario San Paolo di To r i n o, P r a t o , 1978-1982. Foto da Domus n. 634, p.132, 12/1982.
q VROR YHUVR OD ÀQH GHO GHFHQQLR FKH UDJJLXQJH O·DXJH GHOOD IHOLFLWj HVSUHVVLYD Nel 1978 presenta il progetto per la sede centrale dell’Istituto Bancario di Torino a Prato, manifestando il massimo dell’ardore e della complessità nel citare, per metafora, gli elementi di un tessuto urbano ideale. Il fronte esterno, che si sviluppa per 150 metri è pensato come le mura di una cittadella, tre portali d’ingresso, difesi da torri cilindriche, ne interrompono l’andamento regolare e segnalano i cambiamenti di quota. Gli ingressi conducono alla piazza del Mercato, luogo di contrattazioni. In un angolo quattro torri precedono e difendono il “tesoro” al quale si accede salendo su un basamento in granito. Una parete curvilinea entra nella piazza come un elemento naturale per preparare alla salita verso il piano superiore, o, nella metafora, verso la Città Alta.31 «Gli interni domestici sono spesso allegorie dell’intera città, il mito e la storia, i riti e le cerimonie di una equilibrata serie di comportamenti, cosicché la scelta di materiali, il rame, l’ottone, il ferro e quella degli elementi d’architettura, gli schermi, la colonna, assumono connotazioni fortemente simboliche, instaurano nuovi riti, guidano il visitatore alla scoperta di continui eventi disequilibranti»32. Soprattutto non accade mai che la funzione disturbi il lavoro per metafore dell’architetto: i due livelli pur integrandosi rimangono perfettamente separati. Printed by Negli stessi anni lavora a Firenze all’allestimento di alcuni interni domestici: gli showroom per Bruno Brini, per Paola e per Poltronova.33 Questi primi
31. C. Toraldo di Francia, Istituto Bancario San Paolo di Torino. Piccola città, Ibidem, p.36
32. G. Pettena, Introduzione, Ibidem, p. 10
33. Cfr. G. Pettena, Ibidem 35
domus.immanens.com/it/pvPrintWLI.asp?skin=dom&publication=001001&issue=634&page=1&choice=137
1/1
34.Cfr. Giovanni K laus Koening, Una Banca per Prato, i n Domus 63 4 , 1 2/19 8 2 , p p . 132-137 35.Ibidem
36. Cfr. Fabio Fabbrizzi, Opere e progetti di scuola fiorentina, 1968-2008, A l inea, 20 08, p.354
Fig. 13a/13b C.Toraldo di Francia, det t agli dei pilastr, showroom Alex II, Firenze 1981.
36
Fig. 14 C. Toraldo di Francia insieme ai suoi collaboratori nello studio a Firenze. Foto di Cristiano Toraldo di Francia.
progetti dimostrano giĂ un forte rigore modulare ricco di ’inventiva di dettagli e dei materiali.34 ÂŤUn exploit di virtusiosmi compositivo che dimostra come i sogni di Superstudio [...] hanno ridotto la loro pretesa di trasformare il mondo, ma sono restati “cittĂ idealiâ€?; non perdendo nulla della loro tensione espressiva.Âť35 Firenze, 1980. Lo studio di architettura con Andrea Noferi. *LXQWD GHĂ€QLWLYDPHQWH DO VXR HSLORJR OD YLFHQGD GHO 6XSHUVWXGLR &ULVWLDQR 7RUDOGR GL )UDQFLD VL DIĂ€DQFD DG XQ WHDP GL SURIHVVLRQLVWL H LQ SDUWLFRODUH DSUH diverse collaborazioni con Andrea Noferi. Gli anni ‘80 si aprono con un concorso per la costruzione di una fabbrica di maglieria a Tokio, il Gold-Win Factory, a cui Toraldo partecipa insieme a Tomo $UD SURSRQHQGR XQ HGLĂ€FLR FKH ULFRUGD XQ SRQWH DFTXHGRWWR VFDQGLWR DL ODWL GD VHL WRUUL FKH FRQWHQJRQR JOL XIĂ€FL H OD IDEEULFD In questi anni continua a lavorare anche all’architettura degli interni; per Federici progetta il negozio Alex II: uno spazio che è in realtĂ la narrazione di una cerimonia divisa in tre atti o riti: l’esposizione, la vestizione e la vendita. I gesti individuati si traducono in architetture seguendo le processualitĂ del ULWR H FRPSRQJRQR XQR VSD]LR HYRFDWLYR H GHQVR GL VLJQLĂ€FDWL LQ FXL O¡DUFKLtetto rivela una grande maestria di dettaglio. La storia dell’uomo e della cittĂ , che si maschera di metafore materiali e spaziali e si frammenta in schegge gravide di simbolismi 36 della tradizione Toscana del ‘500, continua in Alex III dove compare un accostamento molto caro a Toraldo, quello tra metallo e tessuto. ÂŤMisteriosi oggetti di straordinaria bellezza, detriti di altre realtĂ passate o fuWXUH YHQJRQR IDWWH ULDIĂ€RUDUH > @ LQ VLWXD]LRQL GL PHUFDWR FHUWDPHQWH DO OLPLWH
37
Fig. 15 C. Toraldo di Francia, piramide a gradini cubici neri, showroom Gherardini, Firenze, 1982.
37. C. Toraldo di Francia, Alex III, Il nuovo Angelo, in G. Pettena, op. cit., p. 28
38. C. Toraldo di Francia, Alex II. Il carretto pietrificato, Ibidem, p. 24 38
di una realtà tautologicamente rivolta verso la continua rappresentazione di sè VWHVVD ÀQR DOOD SHUGLWD GHO VHQVR RULJLQDULR E allora questi pezzi di misteriose città del sogno e della memoria, divengono JOL VSHFFKL GL FDWDVWURÀ RUDPDL WURSSR JOREDOL SHU HVVHUH YLVLELOL VH QRQ JOL FRstruiamo muraglie contro cui frangere le onde delle loro lente maree37 Nel 1982 riceve l’incarico di progettare l’allestimento per lo showroom di Gherardini, committenza, questa, che a piÚ riprese sarà occasione di episodi di straordinario equilibrio compositivo, tra razionalità ed emozione. In questo primo lavoro Toraldo, insieme a Noferi, interpreta l’architettura deJOL LQWHUQL OHWWHUDOPHQWH FRPH HGLÀFD]LRQH GL XQR VSD]LR LQWHUQR GDOOH IRUPH sinuose, indeterminate e interlocutorie, neonaturalistiche e neoprimitive ma senza nostalgia alcuna. La pianta è irregolare e si articola in una serie di sale predisposte all’esibizione dei prodotti. Diverse sono le contraddizioni in equilibrio tra loro: il metallo con il tessuto, i materiali pregiati con materiali poveri, le forme sinuose con quelle spigolose e piÚ di tutti l’esposizione di prodotti per cosÏ dire nuovi avviene in un teatro del tempo, ovvero in uno spazio evocativo, con chiari e forti richiami alla tradizione Fiorentina. La vera scoperta degli anni Ottanta è in realtà un ritorno al piacere delle cose preziose o impreziosite dall’apporto di un gusto creativo, e l’architettura è una fra le attività piÚ interessate al fenomeno.38
Fig. 16 C. Toraldo di Francia e RIccardo Dari, progetto Marcella, Firenze, 1983. Foto da Domus n. 649, p.52, 04/1984.
Qualche anno dopo, insieme a Riccardo Dari, progetta il negozio Marcella, a Firenze. Un gioco ad intarsio condotto con estrema perizia e collaudata abilità , qui la concentrazione degli elementi compositivi nelle dimensioni ridotte del luogo accrescono l’intensità del progetto che ripercorre sotto molti aspetti strade già tracciate.39 Il locale presenta una sola navata, lungo le pareti corre una scaffalatura a tutta altezza in cristallo e legno, unico elemento d’arredo scultoreo: il bancone, che idealmente appoggia su un punto, attraverso una gamba conica con sfera di marmo terminale. Tutto è progettato, dalla maniglia GHOO¡LQJUHVVR DO FDSLWHOOR GHOOH FRORQQH ÀQR DO VLVWHPD GL LOOXPLQD]LRQH Firenze è sia musa sia cornice per l’autore e altre testimonianze, a scala urbana stavolta, le troviamo nei progetti dell’85, per la nuova pavimentazione di Piazza della Signoria e il relativo museo sotterraneo e per l’allestimento temporaneo del Caffè Concerto QHO YLFLQR SLD]]DOH GHJOL 8IÀ]L PD QRQ q O¡XQLFR
39. Cfr. Scarsella P., Progetto Marcella, i n Domu s 6 49, 4/1984, p. 52
39
Fig. 17 C. Toraldo di Francia, Gherardini alla loggia Rucellai. La colonna e il muro. Firenze, 1986. Vedu t a dalla p iazzetta Rucellai, da G. Pettena, op. cit., p. 21
40. Cfr. C. Toraldo di Francia, Teatro a Valderice, 1985, in G. Pettena, op. cit., p. 172
41. C. Toraldo di Francia, Gherardini a Palazzo Rondinini. Circhi e Obelischi, Ibidem, p. 22 40
contesto storicizzato con cui trova un dialogo. Uno dei brani d’architettura che scandisce la sua carriera infatti si trova in Sicilia, a Valderice, dove Toraldo, LQVLHPH D 5RVDULR H 0DULHOOD &XVHQ]D GLVHJQD XQ HQRUPH DQĂ€WHDWUR ULWDJOLDWR nei bordi erosi di una cava, a ricostruire l’incanto di una cultura i cui equilibri sono irrimediabilmente perduti.40 Nel 1986 in occasione dei Cento anni di Gherardini progetta una serie di allestimenti: il muro e la colonna, a Palazzo Rucellai e circhi e obelischi, a Palazzo Rondinini. Nel primo episodio utilizza l’immagine della vela sulla fascia della trabeazione, simbolo della Famiglia Rucellai, come espediente di un sottile gioco di allusioni, trasformandolo in una quinta serpentiforme in metallo che organizza distribuisce e compone dall’esterno verso l’interno lo spazio dell’allestimento. Al centro del chiostro ad altezza uomo pone la riproduzione in gesso di un capitello, elemento generatore e anello di congiunzione tra l’artigianato del ‘400 e l’artigianato contemporaneo. Nel secondo episodio il progetto si trasferisce a Roma e si accomoda sulla storia degli spazi che accolgono l’esposizione declinandosi in tre padiglioni o PRGHOOL GL DQĂ€WHDWUR GL LJQRWD HSRFD H LJQRWD SURYHQLHQ]D6 che seguendo un certo gusto di archeologia e collezionismo proprio della committenza settecentesca si traducono in cabinets d’amateur. 41
Fig. 18 C. Toraldo di Francia, Gherardini a Palazzo Rondinini, Il circo di rame. Foto da G. Pettena, op. cit., p.22
Le esperienze con Gherardini sono intervallate da un altro momento compositivo in cui il genius loci assume toni assolutamente poetici; siamo nella Firenze brunelleschiana, nel chiostro dell’Ospedale degli Innocenti, dove si apre un allestimento dedicato ad Agata Smeralda. (· LO PRPHQWR LQ FXL VL UDJJLXQJH OD PDVVLPD HIÀPHULWj YLVXDOH GHL WHOL GL JDUza tesi su sottilissimi cavi di acciaio si spiegano attorno alle stereometrie del Brunelleschi generando una griglia di lettura e di dialogo con quel passato che da sempre Toraldo privilegia come interlocutore.42 Risale a questi anni anche il discusso Terminal di Via Valfonda, a Firenze, uno dei brani forse più interlocutori della poetica dell’architetto. Il Terminal, infatti, trova spazio nei “vuoti” retrostanti l’abside di Santa Maria Novella; si sviluppa in lunghezza citando il muro del vecchio fronte stradale che ora si trasforma in un doppio porticato a protezione del giardino, che corre internamente. In questo episodio Toraldo di Francia torna ad applicarsi con accanimento sui
42 . Cfr. G. Pettena, Introduzione, Ibidem, p. 11
41
Fig. 19 C. Toraldo di Francia, Terminal di Via Valfonda,Firenze 1987. Foto di Mario Ciampi.
43. Cfr. Paolo Portoghesi, Introduzione, in Alfonso Acocella (a cura di), Cristiano Toraldo di Francia e Andrea Noferi. Il Terminal di Via Valfonda, Alinea, Firenze 1990. 44. Ibidem
42
temi che da sempre lo hanno intrigato: l’incontro e lo scontro tra verticale e orizzontale, tra sostegno e trave, tra colonna e trabeazione43 e il loro reiterarsi in un racconto - forma progettuale privilegiata dall’autore - ovvero in una promenade architecturale, che senza soluzione di continuità apre scorci sulla tradizione formale del luogo; l’uso delle forme pure e dei materiali “sinceri” e la bicromia... Il risultato è una sorta di monumento macchinico a sutura di una ferita urbana, la cui poetica espressionista sembra affidare alla macchina il compito di concorrere con gli essere viventi nella loro capacità di comunicare.44 Dal 2004, e definitivamente nel 2010, il Terminal verrà abbattuto a causa di alcune proteste circa la sua inappropriatezza estetica; vent’anni prima Paolo Portoghesi scrive a proposito «Si riprenderà così [con la costruzione del Terminal] un antico rito [...] quello che prevede che ogni generazione aggiunga alla eredità ricevuta qualche talento ricavato mettendola a frutto, quella eredità, un rito che riconosce
Fig. 20 C. Toraldo di Fracia, Per Agata Smeralda, det t a glio dell’allestimento presso l’Ospedale degli Innocenti,Firenze, 1985.
43
Fig. 21 C. Toraldo di Francia, C e r a m i c h e ŽůĎ͕ Ć?Ä?ĹšĹ?njnjĹ? Äž ĨŽƚŽĹ?ĆŒÄ‚ÄŽÄž ĚĞůůĞ Ç€ÄžĆŒĆ?Ĺ?ŽŜĹ? ĞůĎ Äž Ĺ˝ĆŒĹ?Ä?Ä‚Í• Montelupo FiorenĆ&#x;ŜŽ͕ ĎĎľĎ´Ď´Í˜
45. Ibidem
44
alla città un carattere femminile e materno che rischia di essere cancellato dal nostro scrupolo di sterilizzarla perchè non cambi in nulla il suo volto. Illusione di gente avara e senza fede. 45 Nel 2002 a proposito di alcune modifiche che si sarebbero volute fare prima di deciderne l’abbattimento, Toraldo in un’intervista per Repubblica (23 Aprile 2002) dirà Bisogna avere il coraggio di dire che i cambiamenti che viviamo sono talmente forti che l’ architettura moderna è a scadenza e ci devono essere degli adeguamenti. [...] Ogni architettura è un’esperienza /D ÀQH GHJOL DQQL œ YHGH 7RUDOGR GL )UDQFLD GL QXRYR FRPSOLFH FRQ 5Rberto Magris, compagno dei tempi del Superstudio, in un progetto ormai maturo, quello per la Banca del Chianti, a San Casciano in Val di Pesa. $QFRUD XQD YROWD q XQ HGLÀFLR GL LQWHUSUHWD]LRQH FKH SRVWR DO FRQÀQH WUD OD FLWtà e la campagna si propone come elemento mediatore e strumento di dialogo.
Fig. 22 C. Toraldo di Francia con Anita Sardellini, Farmacia e Laboratorio Dr. Valla, Ć?Ä?ĹšĹ?ÇŒÇŒĹ˝ ÄšĹ? Ć‰ĆŒĹ˝Ĺ?ĞƊŽ͕ Ancona 1995.
L’attivitĂ di questi anni continua ad oscillare tra gli interni domestici per committenti dal calibro di Coveri, Raspini,46 Pitti ma troviamo anche case di DELWD]LRQH HGLĂ€FL SXEEOLFL H LQWHUYHQWL XUEDQL GHĂ€QHQGR XQ OLQJXDJJLR LQFRQfondibile che si formalizza, parallelamente, anche nel progetto di oggetti di design. D’altra parte l’agilitĂ di saltare da una scala all’altra è una caratteristica che accomuna molti autori della stessa generazione. ,Q TXHVWR SHULRGR WUD WXWWR GLVHJQD SHU 'ROĂ€ XQD VHULH GL FHUDPLFKH D WHPD “colonnaâ€?, pezzi di una collezione che ritma tutta la sua carriera. Tuttavia troviamo anche alcuni progetti che conservano ancora un certo gusto pop; una serie di poltrone e divani per una ditta Giapponese, la Satoshi Asakawa. Disegna la serie di tavoli Quaderna per Zanotta, la carrozzeria e gli interni per il treno Circumvesuviana per Breda Ferroviaria, le sedute componibili Franny per Fasem, le sedute Circo per Calzolari, gli argenti per Pampaloni, il sistema di allestimenti per farmacie per Ataena e altri...arrivando al sorgere degli anni ‘90 con un bagaglio di esperienze tecniche e artistiche e di ricerca tanto rivolte al passato quanto al futuro. Il futuro è un valore irrinunciabile e da questa prospettiva, sulla soglia dei suoi cinquant’anni, Cristiano Toraldo di Francia apre il sipario di un nuovo ulteriore atto.
46. Cfr. G. Pettena, Ibidem, p. 46 e p. 58
Filottrano, 1994. Lo studio di architettura con Lorena Luccioni. *OL DQQL Âś VL DSURQR FRQ XQD VHULH GL PRVWUH LO FXL WLWROR q VXIĂ€FLHQWH D chiarire la posizione culturale di Cristiano Toraldo di Francia nei confronti 45
47. Cfr. www.lorenaluccioni.it
Fig. 23a C. Toraldo di Francia, Tavolo Segesta, Romano 1990. Fig. 23b C. Toraldo di Franc i a , Ta v o l o S a n Gimignano, Meioli 1990.
46
dell’attivitĂ professionale: Habitat e identitĂ (Arezzo, 1990), Abitare e tempo (l’Arte della tavola, Verona, 1990), Ceramica artistica e di tradizione (Capraia Fiorentina, 1990) e Artigianato e Progetto (Russi, 1991), da cui rintracciamo alcune parole chiave che si stagliano sullo sfondo colorato delle esperienze giovanili: abitare e habitat (in sintesi: habitus), identitĂ , arte, tradizione, artigianato e progetto. Nel ‘91 si trasferisce al primo piano di Palazzo Accorretti, a Filottrano, in provincia di Ancona, insieme alla compagna Lorena Luccioni con la quale pochi anni dopo apre uno studio di architettura.47 Il trasferimento nell’entroterra marchigiano coincide anche con l’invito a prendere parte alla fondazione della nuova Scuola di Architettura ad Ascoli Piceno. Contestualmente lavora agli interni domestici di molte farmacie tra cui l’AT1 per AtĂŚna e il Laboratorio e farmacia del Dott. Giacinti a Moresco, il Laboratorio e farmacia del Dott. Valla ad Ancona, la Farmacia San Leonardo a Lorino e altre. Queste esperienze progettuali, per lo piĂš in collaborazione con l’architetto Lorena Luccioni, verranno raccolte in due libri, il primo del 1999 Il disegno della farmacia, il secondo del 2005 Progettare farmacie. Tra i vari lavori di questi anni molti tornano ad essere per il design: San Gimignano per Meioli, Segesta per Romano, Libreria con colonna per Buini‌, sono solo alcuni pezzi della stessa collezione a tema “colonnaâ€? di cui sopra, in cui gli elementi della tradizione sono ripensati per convivere con elementi razionali. Questo terzo atto della carriera di Cristiano Toraldo di Francia tuttavia sembra concentrarsi sopra ogni cosa sul progetto didattico. D’altra parte da Global Tools alle esperienze educative nella FacoltĂ di Architettura di Firenze e in numerose scuole internazionali (tra cui la Rhode Island 6FKRRO RI 'HVLJQ OD 6\UDFXVH 8QLYHUVLW\ OD .HQW 6WDWH 8QLYHUVLW\ H OD &DOLIRUQLD 6WDWH 8QLYHUVLW\ Ă€QR D TXHVWR PRPHQWR OD VXD DWWLYLWj VL q TXDOLĂ€FDWD
Fig. 24 C. Toraldo di Francia, Stipite, Buini 1996. Libreria con colonna realizzata su progetto di Cristiano Toraldo di Francia da Buini Pier Luigi a Todi.
per il costante interesse nella ricerca e per le numerose e varie collaborazioni; presupposti, questi, sintomatici di una naturale propensione alla condivisione. $OOD ÀQH GHJOL DQQL ¶ /RUHQD /XFFLRQL H &ULVWLDQR 7RUDOGR GL )UDQFLD VL VSRVDQR H KDQQR XQD ÀJOLD *LXOLD Ascoli Piceno, Scuola di Architettura e Design, 2011. Un progetto di architettura: Ri-Vestire. Parallelamente all’attività professionale, che lo vede collaborare insieme alla moglie, in questi anni Cristiano Toraldo di Francia porta avanti alcuni progetti a carattere culturale: diventa direttore editoriale di Mappe, rivista che si costituisce come osservatorio e strumento di aggregazione tra i progettisti, il mondo dell’impresa e la produzione culturale della regione, e tiene corsi che spaziano dall’architettura del paesaggio, agli interni al fashion design. I laboratori si propongono innanzitutto come luoghi creativi di scambio, 47
48. A. Natal ini, Com’era ancora bella l’architet tura nel 1966, op. cit. , p.584
49. G.Mastrigli, ModernitĂ sulla pelle, in Ri-vestire, op. cit., p.10 Fig. 25a C. Toraldo di Francia, Anelli componibili in plexiglas, 1965. Fig. 25b C. Toraldo di Francia con Superstudio, Gioielli architettonici, 1970. Fig. 26 C.Toraldo di Francia al MA XXI di Roma in occasione della mostra SUPERSTUDIO 50, presenta Superstudio Backstage 1 9 6 6 -1 9 7 8 , u n esercizio di ricapitolazione del Superstudio per immagini (fotografie d i C . To r a l d o d i Fr an c ia), Ro ma, 2016.
48
ricerca e creazione artigianale di prototipi e in ultima analisi di performance. &RVu VL ULEDGLVFH FRQ IRU]D O¡LGHD SXOVDQWH FKH KD VROOHFLWDWR OD VXD ELRJUDĂ€D progettuale: progettare è un’azione, un pensiero condiviso, che prima ancora dell’oggetto, riguarda il soggetto. ÂŤTanti anni prima Hollein aveva dichiarato “tutto è architettura - alles ist architekturâ€?; noi dicevamo “io sono (tu sei, egli è, noi siamo, voi siete, essi sono) architettura vivente.Âť48 Noi del Superstudio, ed effettivamente le vicende di questi anni si riavvicinano vertiginosamente agli assunti concettuali dell’epoca radical. La rigiditĂ della griglia della 6XSHUVXSHUĂ€FLH nel corso del tempo si è “liquefattaâ€? GLYHQWDQGR PRUELGD Ă€QR D FRLQFLGHUH FRQ LO WHVVXWR FKH ULYHVWH L QRVWUL FRUSL ÂŤLa modernità è arrivata sulla nostra pelle. C’è un particolare spazio sul TXDOH YDOH OD SHQD GL ULĂ HWWHUH RJJL q TXHOOR WUD QRL H QRL VWHVVL WUD OD SHUFH]LRne della nostra identitĂ e il modo in cui essa prende forma e si proietta verso l’esterno. La grande rivoluzione intuita piĂš di un secolo fa dal pensiero di 1LHW]VFKH H )UHXG ² OD ULYROX]LRQH GHOO¡LR FRPH IRUPD FRQFUHWD UHLĂ€FDWD GHOOD volontĂ di potenza dell’uomo, cioè del suo essere al mondo – ha fatto la storia del Novecento con l’esplosione del corpo umano come dispositivo insieme pulsionale e normativo. Idee, valori, aspettative, un tempo gestiti dal linguaggio mitico e poi dal pensiero astratto, si sono sempre piĂš incarnati in un proliferare di esempi concreti, modelli reali; corpi, appunto, che rappresentano qualcosa proprio in quanto abiti, letteralmente “modi di essereâ€?, “disposizioni dell’animoâ€?.Âť 49 CosĂŹ Cristiano Toraldo di Francia torna ad occuparsi (dopo alcuni episodi FRQ LO JUXSSR Ă€RUHQWLQR H GD VROLVWD GL PRGD FRQ XQ SURJHWWR ODERUDWRULDOH D piĂš riprese di nome Ri-vestire LO FXL DVSHWWR SL LQWULJDQWH QRQ q WDQWR O¡HVLWR Ă€-
49
50. Cfr. C. Toraldo di Francia, Ri-vestire il corpo, Ibidem, p. 48 51. Cfr. Barbara Chiodi, ‘Ri-vestire’: strategie rivoluzionarie intorno alla ri-costruzione dell’abito, www.eco-a-porter.com, Febbraio 11/2018. 52. Espressione utilizzata sovente da C.o Toraldo di Francia , in particolare nella esplicazione dei temi contenuti nel suo Corso/Laboratorio Ri-vestire. 53. Superstudio, Su p e rst ud io Ă l a mode, in G. Mastrigli (a cura di), op. cit., p. 356
Fig. 27 C. Toraldo di Francia, Modelli di copricapo esibiti da studenti UNICAM all’interno dell’esperimento Borse e Cappelli, durante il corso/laboratorio RI -VES TIRE, Ascoli Piceno.
50
nale quanto lo spirito di collaborazione e condivisione sotteso: l’autorialità dei manufatti prodotti è sfumata tra lui e i suoi studenti, il progetto è letteralmente un’esperienza condivisa, un evento. Si considera l’abito come sostituto dell’ambiente domestico. La città non è piÚ riconoscibile, la si vive ovunque come condizione urbana. /¡DUFKLWHWWXUD LQ TXHVWR FRQWHVWR GLYHQWD VHPSUH SL HIÀPHUD OHJJHUD H SRL indossabile, trasformabile per un’umanità che è sempre piÚ nomade e vuole essere ovunque a casa propria.50 Ri-vestire parte dalle strategie comuni alle varie discipline della progettazione e cerca di indagare questo cambiamento. Le parole chiave sono destrutturazione, contaminazione, riciclo, riuso, contaminazione di generi, sovvertimento tipologico.51 Abitare il corpo e vestire la città 52, sembra allora l’approdo concettuale di tutta la carriera di Toraldo di Francia e quasi una risposta ai suoi sforzi di indagine. Quando la libidine progettuale si scatena sulla progettazione vestimentaria nel vano tentativo di controllare totalmente l’environment questo è l’ultimo segno della nevrosi dell’architetto...53 Pezzi di stoffa riciclata, smontati e rimontati, stanno insieme in un’unica composizione (in tante composizioni quanti sono gli studenti) come stavano insieme i frammenti di storia e di città in un unico spazio teatro del temSR O¡LPPDJLQH ÀQDOH q VHPSUH XQ FROODJH FRPH G¡DOWUD SDUWH OR q RJJL LO VXR ritratto.
51
L’ORLANDO CURIOSO Vetrine teatrali
,O SURJHWWR GHOOH YHWULQH WHDWUDOL VL SURSRQH ÀQ GDOOH VXH SUHPHVVH FRPH strumento interpretativo dei temi rintracciati durante la ricerca e ripercorre il cammino tracciato. 'DOO¡LQGDJLQH IRWRJUDÀFD FKH DFFRPSDJQD WXWWD OD FDUULHUD GL &ULVWLDQR Toraldo di Francia alle Vetrine Viventi del 1965, dalle azioni sceniche per la Poltronova alle teorie sugli Atti Fondamentali, passando per gli showroom e approdando al progetto di Ri-Vestire ² LPPDJLQH ÀQDOH GL TXHVWR YLDJJLR ² ÀQDOPHQWH H GHÀQLWLYDPHQWH FL VL DFFRUJH GL XQD SUHVHQ]D FKH FRPH XQ ÀOR URVVR TXDOLÀFD H GLVWLQJXH L SURJHWWL GHOO¡DUFKLWHWWR H GHL VXRL FRPSDJQL HG q WDQWR manifesta quanto invisibile: quella dell’uomo in quanto coscienza del mondo, memoria del tempo trascorso e non di meno testimonianza.1 Se l’uomo è misura di tutte le cose, noi apprendiamo che anche le cose sono misura di tutti gli uomini, in quanto tracce di cerimonie fondative e celebrazioni GHOOD QRVWUD ÀQLWH]]D H PXWHYROH]]D Si scrive e si costruisce con la segreta speranza che la nostra vita sia identica a quella dell’universo 2 e per misurarne l’andamento attraverso l’incontro con l’Altro. Il linguaggio dell’architettura si è ridotto ai suoi elementi grammaticali fondamentali, aprendo un dialogo attivo con l’attore fruitore dello spazio. 8QD YROWD VHPSOLÀFDWD OD VLQWDVVL LQIDWWL q OD VHPDQWLFD DG DUULFFKLUVL GL VLJQLÀcati. I colori, le forme e i materiali allora ci vengono proposti non piÚ soltanto come meri espedienti tecnici ma come sfumature di un racconto emotivo. L’oggetto, esaurita la sua funzione, si rivela al fruitore come pura comunica]LRQH GL Vp HG HYRFD XQ DPELHQWH HPLQHQWHPHQWH ELRJUDÀFR
1. Cfr. Superstudio, La casa, l’ufficio, la scuola:Sistema Parete Castelli, in G. Mastrigli, op. cit., p.144
2. Cfr. A. Natalini, “Quattro quaderni� Dal Superstudio ai Natalini Architetti, Forma Edizioni, Firenze 2015, p.8
55
Adesso ci appare chiaro: il presupposto di questa architettura, come preanQXQFLDWR GDO 6XSHUVWXGLR q LO SURJHWWR GHOOD SURSULD DXWRELRJUDÀD Le vetrine teatrali allora si offrono come istantanee del racconto di un’esistenza, incipiente e poi compiuta, e si fanno carico di contestualizzare i concetti esposti nell’allestimento di pochi ambienti che registrano l’immaginario GL FKL OL YLYH ,O SURJHWWR GXQTXH QRQ VL FRQÀJXUD SURSULDPHQWH FRPH XQ¡LQdagine sull’architettura e ancor di meno come un’indagine sull’uomo, ma insiste su quel trait d’union che dividendoli li lega. 3. Martin Heidegger; Essere e Tempo, 1927, p.154 4. Cfr. Friedrich Niet zsche; Ecce homo. Come si diventa ciò che si è, 1908.
56
L’Esserci trova se stesso innanzi tutto in ciò che sta facendo, in ciò di cui ha bisogno, in ciò che si aspetta, cioè nell’utilizzabile intramondano di cui si prende cura innanzi tutto.3 La storia che fa da sfondo alle vetrine racconta la vita di un giovanissimo uomo di nome Orlando e delle contraddizioni che la descrivono, nel momento in cui egli si trova a voler capire come si diventa ciò che si è.4 /¡LPPDJLQH ÀQDOH GHO SURWDJRQLVWD q OLEHUDPHQWH LVSLUDWD DOOD ÀJXUD GL &ULVWLDno Toraldo di Francia, la quale, soprattutto nella prima parte della vicenda, si fonde e si confonde con quella di Gavroche - il monello di strada descritto da Victor Hugo ne I Miserabili. I fatti narrati al contrario sono d’invenzione e funzionali ad esaltare alcune sfumature del personaggio e tacerne altre, soprattutto si propongono come chiave di lettura di un percorso umano e professionale apparentemente contraddittorio: dal fascino mistico dell’u-topia (nel suo etimo il non-luogo, nel senso di luogo immaginario) si passa a quello antiretorico del luogo reale; dall’esuberanza della gioventÚ, lastricata di fatti eccezionali e idee sensuali QHOOD ÀQ]LRQH QDUUDWLYD GHVFULWWH GDOOD FXOWXUD FLUFHQVH VL SURFHGH YHUVR XQD nuova e piÚ matura fascinazione - evocata dalla cultura borghese - quella per la realtà , che nonostante la sua gramezza rimane l’unico luogo dove è possibile dare forma ai propri ideali. Questo passaggio, in Orlando come in Toraldo di Francia, non si traduce mai in compromissione, rassegnazione o corruzione, bensÏ in una strategia di sovversione interna al sistema. /H VFHQRJUDÀH LQWRUQR DOOH TXDOL KD OXRJR OD YLFHQGD QDUUDWD VRQR SHQVDWH come oggetti a scala architettonica e sono dotate di un ingranaggio in grado GL IDUOH UXRWDUH GXUDQWH OD SHUIRUPDQFH VRQR GXQTXH PDFFKLQH VFHQRJUDÀche che assecondano lo sviluppo della storia e in virtÚ delle loro dimensioni ridotte riescono ad adattarsi a vari contesti. In tal senso non c’è mai la pretesa di descrivere un ambiente nella sua totalità , ma solo di evocarlo attraverso l’architettura e i dettagli di cui si arricchisce: libri, modelli, materiali di vario genere, oggetti d’arredo - spesso desunti dall’immaginario o dalla produzione dell’architetto Toraldo di Francia.
Nel primo atto, vita ed educazione, viene presentato il protagonista, Orlando, ancora bambino nei due contesti che lo descrivono: il primo vivace e leggero, evocato per semplicità dal villaggio nomade dove abita insieme ai genitori. Il secondo ambiente di appartenenza è piÚ rigoroso ed è rappresentato dalla cultura cittadina borghese, che il protagonista conosce e frequenta con i nonni. Egli nutre la volontà segreta di abitare la sua fantasia a dispetto della realtà e VL DLXWD IDFHQGR TXHOOH FKH FKLDPD IRWRJUDÀH GL LQYHQ]LRQH (¡ FXULRVR HVXEHrante, testardo e impaziente, conta tra i dieci e i quindici anni e la vita gli passa piÚ con il corpo che non l’anima: non si rende conto di occupare un posto SURSULR DO FRQÀQH WUD GXH PRQGL 4XHVWH GXH UHDOWj SUHQGRQR YLWD LQWRUQR D GXH DUFKLWHWWXUH VFHQRJUDÀFKH l’Abitacolo e il Club. L’abitacolo. L’architettura a pianta centrale cita alcune soluzioni architettoniche utilizzate da Cristiano Toraldo di Francia per esibire i prodotti nello showroom di Gherardini. In pianta il portico è stato diviso in quattro parti, che rispondono a quattro momenti intimi della vita del protagonista. Un lato q GHGLFDWR DOO¡HVSRVL]LRQH GHJOL RJJHWWL SHUVRQDOL OD PDFFKLQD IRWRJUDÀFD XQD FRQFKLJOLD LQ PHPRULD GL XQ YLDJJLR XQD FDUWLQD JHRJUDÀFD GL XQ OXRJR WDQWR immaginato, il modellino di un aerostato e dei libri di fantasia...pochi feticci che restituiscono l’immagine seppur vaga di chi li possiede (I cubi espositivi). Un altro lato è dedicato alla vestizione e in particolare sono rappresentati diverse tipologie di cappelli, oggetti di scena del protagonista nonchÊ vezzi che ne suggerisco l’atteggiamento (La collezione di cappelli). Il terzo e il quarto lato sono comunicanti, separati da una grande scrivania la cui soluzione d’angolo, nella coincidenza col pilastro, rimanda ad un dettaglio usato nel negozio di Alex II a Firenze. Questa porzione di abitacolo vuole esibire la vita intellettuale del protagonista che si esprime soprattutto nella manipolazione delle immagini, a SDUWLUH GD DOFXQH IRWRJUDÀH VFDWWDWH GD OXL VWHVVR H VYLOXSSDWH QHOOD VXD SHUVRnalissima camera oscura (Il laboratorio di invenzione). /D VWUXWWXUD VFHQRJUDÀFD VL VYLOXSSD D SDUWLUH GD XQ SHUQR FHQWUDOH LQWRUQR D cui ruotano dei tubolari in acciaio che si agganciano diagonalmente ai quattro pilastri che descrivono il quadrato della pianta. Il club. /D SULPD LQWHQ]LRQH VFHQRJUDÀFD YXROH HVVHUH LQVLHPH XQD FRQVLGHrazione e una critica alla società borghese: il club trova spazio all’interno di XQ HGLÀFLR FODVVLFR HYRFDWR GD XQ SURVSHWWR GL IURQWH DO TXDOH VL DSUH OD VFHQD che cita una soluzione compositiva usata da Toraldo di Francia nel negozio Marcella (L’appuntamento domenicale), all’interno (o meglio, al di là ) si articolano una serie di pareti curve (La sala delle riunioni private) che scandiscono delle nicchie dentro le quali i fruitori/gli attori hanno la possibilità di auto-esibirsi o 57
al contrario, chiudendo la tenda, di intrattenere riunioni private (La cabinetta). L’allestimento è ispirato all’esibizione tenutasi a palazzo Rondinini a Firenze per i Cento anni di Gherardini OD VWUXWWXUD VFHQRJUDÀFD VRWWHVD VL VYLOXSSD LQ pianta come una linea curva e si congiunge con la linea dritta del prospetto tramite un perno che le fa ruotare insieme. Nel secondo atto, morte e cerimonia, sono passati diversi anni dall’inizio della storia, Orlando ormai è alle soglie dell’età adulta e ancora vive in bilico tra la VSHQVLHUDWH]]D FLUFHQVH H LO VHYHUR ULJRUH ERUJKHVH ÀQFKq XQ IRUWH DOOXYLRQH convince i nonni a trasferirsi altrove alterando gli equilibri...Orlando infatti è messo alle strette e si trova a dover decidere a quale mondo appartenere, questo lo porta a fronteggiare le sue tensioni piÚ intime, che prima sfoga con il VXR PDHVWUR 0HFHQDWH FKH QHOOD VWRULD q XQD ÀJXUD GL PHGLD]LRQH QRQFKq XQD guida, e poi sovvertendo l’ordine delle cose, in uno scontro che si manifesta DWWUDYHUVR LO ÀOWUR GHOOD VXD FUHDWLYLWj Gli ambienti che accolgono questo secondo atto sono due, la Bottega di Mecenate e la Casa dei Nonni. La bottega. Lo spazio è evocato da due librerie unite da una colonna che funge da cerniera, il disegno attinge ancora una volta alla produzione di Cristiano Toraldo di Francia; il tavolo Segesta, posto al di là della prima libreria, segnala il centro immaginario di un luogo che nella metafora vuole contenere la vita intellettuale del protagonista. C’è l’ingresso, uno sfondo (La libreria) e il retro descritto solo da una serie di elementi classici, simbolo della scomposizione dell’architettura nelle sue parti fondamentali e primitive e riferimento sfumato al principio e al culmine del processo critico e creativo del protagonista. , GHWWDJOL FKH TXDOLÀFDQR OD VFHQD L OLEUL JOL RJJHWWL OH LPPDJLQL FHUFDQR GL restituire le coordinate culturali del protagonista, i riferimenti di cui si circonGD H G¡DOWUD SDUWH GL FXL VFHJOLH GL FLUFRQGDUVL /D ERWWHJD LQ GHÀQLWLYD QRQ q tanto il luogo in cui si forma quanto piuttosto il punto di mediazione tra i due PRQGL GD FXL SURYLHQH OD YLYDFLWj LPPDJLQLÀFD H OD SRVVLELOLWj GL FRQWHQHUOD in una struttura formale. La casa dei nonni. La scena insiste su un’unica architettura bidimensionale, il prospetto di un interno borghese, che prima si manifesta in tutta la sua emblematica immobilità (Il salotto ), poi attraverso delle azioni sovversive da parte del protagonista, il quale distrugge, smonta, rimonta in nuovi modi gli oggetti che trova (La cerimonia della distruzione), lo spazio si trasforma, assume un nuovo VLJQLÀFDWR H GLYHQWD OXRJR GL SURGX]LRQH DUWLVWLFD L’atelier). Questa volta - sebbene ci si voglia riferire a un certo approccio dell’architetto Toraldo di Francia, fatto di interventi soft come luci, suoni, corpi‌, che nella loro immediatezza cambiano completamente la percezione dello spazio - la 58
citazione è di due progetti sperimentali esterni alla produzione di riferimento: la Ricerca della comodità in una poltrona scomoda GL %UXQR 0XQDUL H OD )DFWRU\ GL $QG\ :DUKRO Nell’ultimo atto, amore VL DVVLVWH DOOD SDFLÀFD]LRQH GHOOH IRU]H FKH KDQQR animato il racconto e a una rinnovata volontà : avvicinare la realtà all’immaginario Sono passati cinquant’anni dal momento in cui Orlando, dopo molte lotte, ha iniziato il suo progetto esistenziale. E’ un uomo compiuto, mosso dall’amore per la ricerca, che è essenzialmente una ricerca interiore, che tutWDYLD WURYD VSD]LR QHO PRQGR ÀVLFR 1HOOD VWRULD LQIDWWL VL SDUOD GL gesto Fantasy, cosÏ come Toraldo, durante uno degli incontri in archivio, ha parlato di gesto Istogrammi, per indicare il passaggio da un approccio progettuale soprattutto di protesta, legato quindi esclusivamente agli ideali, ad uno piÚ operativo, che non tradisce l’ideale ma lo contestualizza nei gesti quotidiani. Quest’ultimo atto è piÚ breve degli altri, le scene sono ambientate nell’intorno di un padiglione allestito da Orlando e dai suoi studenti per celebrare il cinquantenario dell’alluvione che ha distrutto la città . Il padiglione /¡XOWLPD VFHQRJUDÀD QHOOD VXD HVWUHPD VLQWHVL YXROH HVVHUH XQD diretta citazione al quadro Il sogno di Costantino di Piero della Francesca e un rimando visuale al circo, ambiente natio del protagonista. La struttura a pianta circolare si articola a partire da un pilastro centrale trilobato, axis mundi, da cui si diramano e intorno a cui ruotano tre bracci sotto i quali si aprono tre portali disegnati a partire da tre griglie geometriche, di linee ortogonali, oblique e curve. In un primo momento è rivestita da un telo (La galleria espositiva), successivamente si spoglia per esibirsi e rivela in ogni spicchio un arredo urbano (L’allestimento e La danza delle api). /D QDUUD]LRQH LQ GHÀQLWLYD SURFHGH FRQWHPSRUDQHDPHQWH WUDPLWH OH LPPDgini e tramite i dialoghi. 'D XQD SDUWH QHO UDSSUHVHQWDUH OR VSD]LR H FHUWL GHWWDJOL FKH OR TXDOLÀFDQR c’è la pretesa di rendere l’immagine tanto eloquente da raccontare qualcosa indipendentemente dall’azione degli attori, partendo dall’assunto che ciò di cui ci invaghiamo già parla di noi, che gli oggetti di cui ci circondiamo, gli abiti che vestiamo, i colori e le forme a cui ci avviciniamo sono una manifestazione GL FKL VLDPR 'DOO¡DOWUD SDUWH FRQVLGHUDQGR OD ÀORVRÀD GHO 6XSHUVWXGLR H JXDUdando alla successiva carriera di Toraldo di Francia, che vede il suo percorso professionale sempre intrecciarsi con le pieghe delle sua storia personale, l’uniFR SURJHWWR SRVVLELOH q TXHOOR DXWRELRJUDÀFR SHU FXL OD QDUUD]LRQH GL XQD HVLVWHQ]D H OD VXD VWHVVD H FRQWLQXD ULFDSLWROD]LRQH LQ QXRYH GHÀQL]LRQL GL Vp VHPbra suggerire che non sia possibile parlare di uno spazio, di un oggetto e piÚ in generale di architettura senza accennare alla vita che gli è passata attraverso. 59
0.5
L’Abitacolo 60
Atto I - Scena 1
1
2
0.5
Il Club Atto I - Scena 2
1
2
0.5
La Bottega Atto II - Scena 1
1
2
SODQLPHWULH GL ,WDFD
șȓ
P YSQS RIP 6MREWGMQIRXS ZSP
P YSQS RIP 6MREWGMQIRXS ZSP
0.5
La Casa dei Nonni Atto II - Scena 2
1
2
0.5
Il Padiglione Atto III - Scena 1
1
2
ATTO I Vita ed educazione
Scena 1.1 - Abitacolo: i cubi espositivi. Entrano gli attori e portano sulla scena una struttura in rame a pianta quaGUDWD GHÀQLWD DJOL DQJROL GD TXDWWUR SLODVWUL H VRYUDVWDWD GD XQD YROWD D ERWWH coperta da un telo, qualcosa tra il baldacchino e il portico: l’abitacolo. Questa piccola architettura ruota grazie a una cerniera centrale dalla quale si sviluppano quattro pareti bianche quadrettate che dividono la pianta lungo le sue diagonali per congiungersi ai pilastri. Ci viene mostrato uno dei lati, all’interno della cornice in rame ci sono dei cubi neri e lucidi ordinati a gradoni, in senso SLUDPLGDOH H VX RJQXQR q HVSRVWR XQ RJJHWWR XQD PDFFKLQD IRWRJUDÀFD XQD FRQFKLJOLD DOFXQL OLEUL LO PRGHOOLQR GL XQ DHURVWDWR H XQD FDUWLQD JHRJUDÀFD Nel frattempo ascoltiamo una voce maschile fuori campo che introduce la scena: V.F.C.: Quella che stiamo per raccontarvi è una storia comune, condivisa da tutti quelli che nascondendo lo sguardo hanno assistito alla fragorosa battaglia tra Speranza e Paura e si sono concessi ora alle VirtÚ ora ai Vizi e irrimediabilmente si sono ritrovati soli a domandarsi chi sono? Iniziamo a sentire in sottofondo i rumori della mattina: il chiacchiericcio di qualche signora, i bambini che giocano, gli uccelli che cantano, qualcuno che urla qualcosa, le campane in lontananza che annunciano il giorno di festa... 71
1. Victor Hugo, Gavroche il Monello. ( Da I Miserabili), Garzanti, Milano, 1981, p.918
2. Ibidem
V.F.C.: Ci troviamo nell’antica città di Gaudenzia, nella nicchia che VL FUHD WUD OH VLQXRVH SLHJKH GHO ÀXPH $UJR H OD VWUDGD 5Rmana che dalle montagne volge verso il mare. Subito al di là della strada, prima che si spalanchi la foresta, tra i residui dell’industrializzazione, trova spazio un allegro villaggio nomade che vanta il più bel circo di tutti i tempi. Il villaggio ha un fanciullo e la foresta un uccello, l’uccello si chiama passerotto il fanciullo si chiama monello.1 Entra in scena un bambino, ha i capelli lunghi, scuri, mossi, il passo disinvolto e giocoso e lo sguardo curioso. Si dirige verso l’abitacolo, gli gira intorno...Non lo vediamo più. V.F.C.: Questa piccola creatura è allegra, innocente, entusiasta. Non sa mai che giorno sia ma va ogni pomeriggio allo spettacolo, se vuole. Conta dai dieci ai quindici anni e vive nei suoi sogni, ha i suoi giochi, le sue malizie contro la borghesia, i suoi mestieri, dorme a cielo aperto 2 o sotto il baldacchino delle sue fantasie, pazientemente costruito da lui insieme al suo maestro artigiano. Si percepiscono dei movimenti al di là della tenda che corona la struttura voltata a botte. Capiamo che il bambino è lì dentro.
3. Ibidem, p. 919
72
V.F.C.: Se si chiedesse agli abitanti del villaggio chi è costui essi riVSRQGHUHEEHUR q PLR ÀJOLR 3 ANNALISA F.C.: Orlando…? V.F.C.: Dove si è nascosto il monello? Quella voce calda e squillante q GHOOD PDPPD H LPSRQH OD ÀQH GHL JLRFKL $QQDOLVD q XQD danzatrice e una sarta, scappata in giovanissima età dal senno severo dei genitori per concedersi al fascino liberatorio e anarchico della bohème, tutta presa com’era dal suo compagno Pietro, fedelissimo amico dei leoni. Insieme hanno deciVR GL GLYHQWDUH WUH H GL DELWDUH XQD YHFFKLD VWDOOD DO FRQÀQH WUD
la foresta e il villaggio dove hanno ricavato ognuno il proprio abitacolo, ognuno il proprio spazio di esplorazione interiore. ANNALISA F.C.: Dobbiamo portare i costumi che abbiamo cucito per i ragazzi, altrimenti non possono iniziare lo spettacolo... ORLANDO: (nascosto dietro la tenda) Perbacco, volevo giocare un altro po’ qui‌(Pausa) Ho viaggiato nello spazio, sono sopravvissuto giorni e giorni dentro una grotta sotto le cascate con solo due biscotti... e quando papà ha raccolto l’uva ho anche provato a fare l’imperatore, ma mi sono annoiato‌ adesso abito [immagino di abitare] nella foresta sopra ad un albero e scendo solo per andare a scuola, per andare a trovare i nonni e fare le gite con loro, per andare alla bottega dal mio amico Mecenate e... (Continua‌) ANNALISA: (scuote la tenda dentro cui è Orlando) Orlando... Non fare il monello, scendi! ORLANDO: (...continua facendo un sospiro e scende. Noi lo percepiamo ma non vediamo.) ...oppure per andare allo spettacolo! 6L VHQWRQR GHL UXPRUL H VL LQWUDYHGH OD ÀJXUD GL 2UODQGR GLHWUR O¡DELWDFROR corre via.
4. Ibidem, p. 924
V.F.C.: Il monello ama lo spettacolo ma ama pure restare da solo a creare nuovi sfondi all’esistenza, perchÊ ha qualcosa dell’artista4 (continua‌) Scena 1.2 - Abitacolo: la collezione di cappelli. Pochi istanti dopo rientra in scena Orlando, gira l’abitacolo di circa novanta JUDGL LQ VHQVR DQWLRUDULR H FL PRVWUD XQ¡DOWUD IDFFLD GHOOD VFHQRJUDÀD OH GXH pareti diagonali, interne alla cornice in rame, rivelano un grande specchio da una parte e una curiosa collezione di cappelli colorati di vari modelli dall’altra. Orlando si avvicina ai cappelli, lo vediamo come intento a cercare qualcosa... V.F.C.:
74
(...continua con tono divertito) Una volta si era convinto di vivere dentro ad un acquario... e gli piaceva essere un pesce e intrufolarsi dappertutto! ...FeFHUR WXWWR SHU SHUVXDGHUOR DG XVFLUH PD WXWWR IX YDQR ÀQFKp TXDOFKH JLRUQR GRSR QRQ VFRUVH GDOOD ÀQHVWUD XQ FHUELDWWR H tutto preso dalla voglia di fermarlo e fotografarlo corse fuori dimenticandosi di avere ancora le branchie... CosÏ non fu piÚ pesce e non ebbe nemmeno una foto del cerbiatto dato che il suo entusiasmo chiassoso aveva fatto scappare l’animale... Orlando si volta e si guarda attraverso lo specchio, gioca con i capelli, poi ritorna alla sua collezione di cappelli e inizia a provarne alcuni. Per ogni capSHOOR FKH SURYD UHFLWD XQD SDUWH GLYHUVD ID GHOOH VPRUÀH GLYHUWHQWL FRO YLVR H asseconda la parte con il corpo. ORLANDO: Voglio un cappello grandissimo oggi! Colorato con cose simpatiche cosÏ faccio ridere i bambini che dalla città vengono a vedere lo spettacolo‌quelli sono abituati a vedere sempre gli stessi berretti grigi... (Pausa, poi alza il tono di voce) Mammaaaaa! PIETRO: (entrando in scena e guardando Orlando attraverso lo specchio) La mamma è andata avanti, cosa cerchi? ORLANDO: Sto cercando un bel cappello...quello con le piume non lo WURYR 0DJDUL KD ÀQLWR GL FXFLUPL TXHOOR FRQ OH SLHWUH" PIETRO: Le mancano alcune pietre dell’ultimo chakra ha detto‌ Ma per oggi lascia stare il cappello... lo sai che gli animali si innervosiscono quando copri il capo. ORLANDO: (si gira verso Pietro) Papà tu non capisci‌ i cappelli sono magici! PIETRO: (con condiscendenza) Ti fanno fare le magie? ORLANDO: 75
0D QR QRQ GLUH VFLRFFKH]]H 3HUz VH PL FL ÀFFR GHQWUR H copro gli occhi posso andare dove voglio...e poi faccio ridere tutti papà ! Pietro tocca la testa di Orlando come per fargli una carezza e Orlando insiste: ORLANDO: H SRVVR IDU ÀQWD GL HVVHUH FKL YRJOLR $G HVHPSLR OD VHWWLPDna scorsa ero un pavone! (Ride) Pietro gli sorride e se ne va, prima di uscire di scena si volta verso Orlando e stringendo le spalle: PIETRO: Se vuoi portalo, ma sei al villaggio...Qui puoi fare quello che vuoi anche senza il capello. (Si guardano in silenzio come per cercare di capirsi) Prova ad essere libero anche senza i tuoi oggetti... Orlando ha lo sguardo rivolto verso il basso e ogni tanto, cercando di non farsi vedere, guarda Pietro come per controllarne le reazioni. Si tocca il cappello e gioca con i piedi, poi si volta verso lo specchio, si guarda, toglie il cappello con aria rassegnata e fa un gesto rapido con la testa per scompigliarsi i capelli, cosÏ che gli coprano il viso. Borbotta qualcosa ma non sentiamo cosa. PIETRO F.C.: Andiamo monello? Dai, ti porto a vedere il nuovo mercatino di pigmenti che ha aperto vicino al circo! Orlando fa un balzo, si gira per andarsene e subito torna indietro e prende OD VXD PDFFKLQD IRWRJUDÀFD GDOO¡DOWUR ODWR GHOO¡DELWDFROR SRL ULWRUQD GDYDQWL DOOR VSHFFKLR H VL JXDUGD XQ¡XOWLPD YROWD DWWUDYHUVR H VFDWWD XQD IRWRJUDÀD Esce di scena correndo. ORLANDO F.C.: Arrivo papà ! Andiamo, andiamo... devo aggiungere ancora tantissimi colori al mio catalogo. Lo sai che‌(La voce si alORQWDQD ÀQR D TXDQGR QRQ OD VHQWLDPR SL
76
Per diversi minuti ascoltiamo una musica allegra, da circo... Scena 1.3 - Abitacolo: il laboratorio d’invenzione. Orlando rientra in scena, c’è ancora la musica ma il volume diventa sempre piÚ basso, ridacchia e si fruga nelle tasche. Gira l’abitacolo di quasi centottanta gradi in senso antiorario ed entra nella sua camera oscura, al di là della tenda che si scorge nella facciata di destra. V.F.C.: Il circo è il paese dei balocchi del monello e ne è la poetica. LÏ ID L VXRL VFKHU]L FRPH TXHOOR GL LQÀODUH XQD SLXPD QHOOD SURboscide dell’elefante, correre via e fotografarne la reazione; le sue acrobazie sui trampoli e ha il suo gioco: immaginare che tutte le persone di tutto il mondo si muovano in sella al loro animale preferito. Per questo lui va a piedi: ama le cicale e anche le formiche e non ha ancora deciso dalla parte di chi stare. Fosse per lui andrebbe in sella ora ad una ora all’altra ma il nonno gli ha raccomandato di tenersi ben alla larga dalle cicale, perchÊ sono animaletti solo dediti al piacere, dice... Orlando cerca di ubbidire anche se non capisce davvero il SUREOHPD PD FHUWH VHUH G¡HVWDWH LO ORUR FRQFHUWR VL VHQWH ÀQ dentro casa ed è cosÏ bello... allora non resiste e va con il papà ad ascoltarlo, nell’arena di fango vicino alla foresta, dove prima c’era il lago. Qualcuno gli ha anche detto che è impossibile cavalcare una cicala o una formica...impossibile! La piÚ grande passione del nostro giovane protagonista è proprio inventarsi ciò che non c’è, creare ciò che non ha. (Pausa) Fa GHOOH IRWRJUDÀH WDQWLVVLPH SRL OH ULWDJOLD OH VRYUDSSRQH H D volte le colora. Insomma, ricompone la realtà in panorami inediti e fantastici, in istantanee della sua immaginazione. Se la natura ha i suoi elementi anche il monello ha i suoi. Oltre ai suoi amati cappelli infatti colleziona anche moltissiPH IRWRJUDÀH DQLPDOL YROWL VDJRPH VPRUÀH DGGLULWWXUD piante, forme geometriche e cosÏ via‌ Colleziona sassi, ritagli di giornali e persino...spazzatura‌ Non è ordinato ma sa sempre dove trovare una persona in volo o un animale parlante, se gli serve. ORLANDO: (dietro la tenda) 78
Quella signora di città rideva come una matta sopra l’elefante (si sentono dei rumori) chissà se alla nonna piacerà starci sopra... PIETRO F.C.: Orlando vieni a giocare all’aperto? ORLANDO: (a voce alta, per farsi sentire) Arrivo‌ devo fare un regalino per la nonna! Si sentono delle voci lontane. Orlando esce dalla tenda e ha in mano due IRWRJUDÀH H VXO YLVR XQ¡HVSUHVVLRQH VRGGLVIDWWD VL VLHGH VXOOD VFULYDQLD 1HO frattempo...
1. Cfr. Superstudio, Design d’invenzione e design d’evasione., 1969
ANNALISA: (entrando in scena) Stanno per arrivare i musicanti...cantiamo e balliamo! Vieni? (Fa un giro intorno a sÊ come se stesse ballando.) ORLANDO: $VSHWWD PDPPD VWR IDFHQGR XQD IRWRJUDÀD GL LQYHQ]LRQH1 da regalare alla nonna per il suo compleanno... (Le mostra ciò che ha in mano.) ANNALISA: Lo sai che alla nonna non piace che qualcuno le ricordi del suo compleanno... ORLANDO: PHQWUH ULWDJOLD OH IRWRJUDÀH FKH KD LQ PDQR
6u OR VR LQ UHDOWj QRQ OH SLDFFLRQR QHPPHQR OH PLH IRWRJUDÀH ANNALISA: (convinta che Orlando si sbagli) Come no...ti ha anche iscritto a quel corso di pittura‌ ORLANDO: SÏ, cosÏ imparo a fare arte vera‌ Ma se adesso mi impegno H IDFFLR XQD IRWRJUDÀD GL LQYHQ]LRQH EHOOLVVLPD OH SLDFHUj Il viso di Annalisa mostra una nota di preoccupazione, si tocca i capelli e subito interviene: ANNALISA: Va Bene, ma non devi preoccuparti di compiacerla troppo‌
80
anche io alla tua età provavo in ogni modo ad andarle bene... Entra in scena Pietro facendo il giocoliere e saltellando e interrompe la conversazione tra Annalisa e Orlando. Si sente la musica lontana. PIETRO: (mentre fa il giocoliere) Venite, sono arrivati tutti, stiamo accendendo il fuoco! Orlando muove nervosamente le gambe, non alza lo sguardo. ORLANDO: No io voglio fare qualcosa che piace alla nonna… PIETRO: Orlando, liberati del giudizio dei nonni, non serve che ti impegni di più per conquistarli... ANNALISA: Esatto! Goditi il momento non preoccuparti della nonna! ORLANDO: No mamma non capisci, se mi impegno di più le piacerà e poi i momenti dopo un po’ mi annoiano invece a stare qui mi diverto. Pietro prende Annalisa per il braccio e la tira indietro. ANNALISA: Come preferisci, ti aspettiamo fuori insieme agli altri. Annalisa e Pietro se ne vanno. Poco dopo entrano gli attori e liberano la scena. Scena 2.1 - Club: l’appuntamento domenicale. *OL DWWRUL SRUWDQR VXO SDOFR OD PDFFKLQD VFHQRJUDÀFD XQ JUDQGH SURVSHWWR a cui, posteriormente, sono legati una serie di pannelli curvi in rame che delimitano delle nicchie. Una di queste nicchie contiene l’ingranaggio grazie a cui tutta la struttura può ruotare. Noi vediamo solo il prospetto principale, blu con due grandi aperture arcate simmetriche. Entrano due signori di mezza età, si fermano davanti al prospetto, leggermente a destra. Sono ben vestiti, lui ha un giornale tra le mani, lei si protegge con una grande pelliccia, parlano tra di 81
loro, noi non sentiamo cosa dicono, ogni tanto vediamo passare qualcun altro sullo sfondo, ma nessuno si ferma. Si sente il rumore della pioggia e della città . V.F.C.: E’ domenica. Agli abitanti del villaggio nomade non importa molto ma in città si celebra il tempo libero dalle necessità : c’è chi passeggia per le vie del centro, chi si ferma sul lungo ÀXPH D VRUVHJJLDUH XQ Wq FKL SDUWH SHU XQD JLWD DO PDUH FKL va al teatro‌ Orlando, come sempre, ha appuntamento con i nonni al Club piÚ esclusivo di Gaudenzia, in un palazzo Rinascimentale da poco restaurato che ha il suo ingresso principale nella galleria loggiata che dal centro storico corre verso LO ÀXPH %HQ ORQWDQR GDO VXR YLOODJJLR EHQ ORQWDQR GDOOD VXD cultura, ben lontano da dove ha origine la storia. Entra in scena Orlando, i due signori sembrano riconoscerlo, gli sorridono e lo guardano mentre si avvicina. ELISABETTA: Orlando caro! Bentrovato‌ EDUARDO: (mentre si scopre il polso per guardare l’orologio) Birichino, eccoti. Puntualmente in ritardo... Orlando gli sorride, butta la testa all’indietro e poi tutta in avanti come se non sapesse che dire, poi si gira verso Elisabetta, tira fuori dalla tasca una IRWRJUDÀD H JOLHOD SRUJH ORLANDO: Ti ho portato un regalo nonnina... ELISABETTA: (è infastidita ma lo nasconde) che carino...carino Orlando! Ma non dobbiamo perdere tempo con i giochi, dobbiamo fare il grande progetto della tua vita‌! Orlando guarda Elisabetta con curiosità e timore allo stesso tempo, mette le mani in tasca. Arrivano una coppia di signori che passando si ferma a saOXWDUH (OLVDEHWWD GLVWUDWWD GD TXHVWR LQFRQWUR SLHJD OD IRWRJUDÀD ULFHYXWD GD 82
Orlando e la mette frettolosamente in tasca. Elisabetta ed Eduardo scambiano dei convenevoli con l’altra coppia.
1. Cf r. V ic tor Hugo, E’ piacevole ( Da I Miserabili), Garzanti, Milano, 1981, cit., p.921
V.F.C.: Il progetto della sua vita: date a una creatura l’inutile e toglietele il necessario e voi avrete il monello.1 Questo birbante dei due mondi progetta ogni cosa. Talvolta ha una fantasia ma allora è di scala planetaria, talvolta vuole studiare ma allora vuole sapere tutto, talvolta ha qualcosa da fare ma fa tutt’altro... Che progetto potrà fare con queste misteriose creature del rigore, lui che abita al di là della realtà, dove tutto è possibile? Conclusosi l’incontro con l’altra coppia Elisabetta si volta verso Orlando, sorride, congiunge le mani come per iniziare un applauso ed esordisce con tono squillante ed entusiasta:
2. Cfr. G. Pettena, Cristiano Toraldo di Francia. Progetti e Architetture 198088, op. cit., p.8.
ELISABETTA: Allora abbiamo delle belle novità per te! E tu...tu hai pensato a cosa vuoi fare da grande? Questo sarebbe un bel regalo per la nonna... EDUARDO: (cercando un’intesa con Orlando) Non stressare il bambino, ancora deve capire se forzare il UHDOH ÀQR DOO·LPPDJLQDULR R VH FUHGH FRVu WDQWR LQ TXHOOR FKH immagina da farlo diventare realtà2...vero birichino? Interviene subito Elisabetta innervosita, guarda Eduardo e con tono perentorio e provocatorio:
3. Ibidem
ELISABETTA: Certo. Ma sta diventando grande, dovrà smetterla di indagare il mondo dell’intuizione e iniziare a indagare quello reale.3 Per questo ci siamo noi... Orlando non capisce, ma percepisce di essere entrato in una conversazione spinosa, abbassa lo sguardo. Interviene Eduardo cercando con le parole di dare ragione a Elisabetta e col tono di tranquillizzare Orlando.
84
EDUARDO: Allora che vuoi fare da grande? 2UODQGR KD OD VHQVD]LRQH FKH OD SDUWH GLIÀFLOH GHOOD FRQYHUVD]LRQH VLD ÀQLWD la domanda di Eduardo lo solleva, allora lo guarda e con un ritrovato entusiasmo risponde: ORLANDO: Voglio costruire degli spazi fantasiosi dove tutti sono liberi di fare quello che vogliono! ELISABETTA: Spazi fantastici‌ (Si massaggia le tempie) La libertà caro mio è un concetto affascinante si si...ma pericoloso! Vedi‌ Viene interrotta da Eduardo: EDUARDO: (muovendosi e accompagnando con le braccia Elisabetta) Ne riparliamo... Entriamo, sta arrivando un tempaccio‌ (Pausa) Ho prenotato una cabina nella nuova sala delle riunioni private‌ ELISABETTA: (camminando‌) Oh Dio... Quelle poltroncine senza schienale sono cosÏ... Poco eleganti! Orlando li segue. Eduardo si ferma di fronte all’ingresso e lascia passare Elisabetta e Orlando e poi li segue. Scena 2.2 - Club, la sala delle riunioni private. Appena oltrepassato l’arco di ingresso ruotano di poco piÚ di novanta gradi in senso antiorario la struttura che descrive il club in cui si trovano e mettono LQ PRVWUD XQD VHULH GL SDUHWL FXUYH LQ UDPH VX FXL ULà HWWH H VL VFDOGD OD OXFH Entrano in scena varie persone, adulti di ogni età e qualche bambini, indossaQR WXWWL DELWL HOHJDQWL 8QD PXVLFD FODVVLFD FKH FL DUULYD GDOOH VSDOOH GHÀQLVFH l’atmosfera e ci lascia percepire l’ampiezza dello spazio, di cui vediamo solo una porzione. Una ragazza si mette in posa nell’abbraccio delle pareti sinuose e si lascia fotografare, un’altra sta a guardare, una coppia passa ed esce e un gruppo di amici si ferma al margine della scena. 2UODQGR KD XQ¡HVSUHVVLRQH PHUDYLJOLDWD JXDUGD LQ DOWR VL JXDUGD LQWRUQR ÀVVD le persone e se è ricambiato subito nasconde lo sguardo. Si perde tra la gente, 85
cerca i nonni, li trova, li raggiunge. ORLANDO: (scuotendo con delicatezza la pelliccia di Elisabetta) Ma nessuno sta facendo riunioni private...
1. Cabinette è un termine che si rifà all’espressione Cabinets d’amateur, mutuato dal titolo di un’opera di Georges Perec, che C. Toraldo di Francia utilizza nella descrizione del suo progetto Circhi e obelischi, realizzato per l’allestimento per i Cento anni di Gherardini a Roma nel 1986, in Progetti e Architetture , op. cit., p.22
ELISABETTA: (togliendosi la mano di Orlando di dosso) Lo so tesoro, che ci vuoi fare‌ La modernità non ha niente di privato. EDUARDO: (dando un colpetto con il braccio ad Orlando) Qui alle signore piace mettersi in mostra, non vogliono stare in privato‌ In privato vanno dal chirurgo... (Ride da solo) ORLANDO: Quindi le persone vengono e fanno quello che vogliono e gli altri le guardano? Le cabinette1 sono tutte diverse se vuoi fare cose diverse? Cioè‌ queste cabinette sono per farci quello che vuoi!? 2UODQGR VL PHWWH OH PDQL VXL ÀDQFKL VSDODQFD JOL RFFKL H DVSHWWD XQD ULVSRsta da Eduardo... EDUARDO: Beh sÏ effettivamente non sono niente se non le utilizzi, è una giusta osservazione la tua Orlando. Orlando è affascinato, dà la mano a Eduardo e passeggia per la sala guarGDQGRVL LQWRUQR ÀQ TXDQGR (OLVDEHWWD QRQ LQWHUYLHQH ELISABETTA: (facendo cenno con la mano al gruppo di persone ai margini della scena) Eduardo, guarda chi c’è... Orlando vieni, vieni caro...voglio presentare alle ragazze il mio giovanotto! Si avviano verso il gruppo di persone, Elisabetta si abbassa per prendere a braccetto Orlando, Orlando la segue, saltella, è contento di essere coinvolto.
86
ELISABETTA: (mentre cammina, li vediamo di spalle) Una di loro, pensa, è la proprietaria del museo di vasi‌ quelOR VXO OXQJR ÀXPH Si uniscono al gruppo, vediamo Elisabetta che parla e si intrattiene con gli altri e sorride, Eduardo la asseconda mentre Orlando fa dei giochi con i piedi, ha una mano in tasca e con l’altra si tiene a Eduardo, saltella, si gira, sbircia tra le persone ma non dice niente. Al centro della scena gli attori continuano le ORUR DWWLYLWj VRFLDOL OH YRFL VL VRYUDSSRQJRQR ÀQR D GLYHQWDUH XQ XQLFR UXPRUH che fa da sottofondo alla scena insieme alla musica. V.F.C.: Il monello ama la città e le sue fesserie ma ama pure isolarVL SHUFKp KD TXDOFRVD GHO ÀORVRIR ( DOORUD SHQVD 3HQVD D come farà tutta quella gente a stare dentro quegli abiti striminziti, a non rotolarsi mai, a ridere di cose che non fanno ridere‌Come fanno, soprattutto, a stare in mezzo a tante cose belle senza toccarle? Vediamo Eduardo si avvicina al viso Elisabetta, si dicono qualcosa. Intanto 2UODQGR KD OD PDQL QHOOD IHVVXUD WUD OH SDUHWL FXUYH H LO SDYLPHQWR FL LQÀOD anche la testa, sembra incastrarsi, si libera. Eduardo ed Elisabetta salutano gli amici, lei accenna un bacio, si gira verso Orlando che è ancora a terra, mostra un’espressione inorridita, Eduardo si abbassa, raccoglie il piccolo Orlando, gli dà la mano e si dirigono verso il centro della scena. EDUARDO: Elisabetta non ti spazientire, cara‌ è pur sempre un bambino! Andiamo ad accomodarci altrimenti ci toglieranno il tavolo. ELISABETTA: Un bambino che non conosce le buone maniere, i costumi! (Pausa) Al circo sbracarsi per terra è normale‌ Annalisa sarà contenta del suo animaletto! EDUARDO: Non essere troppo severa‌ ELISABETTA: Va bene d’accordo, d’accordo cosÏ‌ Andiamo! 88
Orlando non dice nulla, li guarda, li segue. Il ragazzo che prima faceva le IRWRJUDÀH OL VDOXWD (GXDUGR ID FHQQR DG (OLVDEHWWD GL GLULJHUVL DO GL Oj GL TXHOOR che vediamo. Lei si avvicina a Orlando, si abbassa, gli sistema il colletto, gli dice qualcosa all’orecchio, si alza, lo prende per mano e scompaiono dietro le pareti in rame. Gli attori si riuniscono vicino all’ingresso per ruotare la struttura per l’ultima volta. Scena 2.3 - Club: la cabinetta. Ruotata la struttura ci viene mostrano l’interno di una delle varie nicchie o cabine, c’è un tavolo al centro. Elisabetta fa accomodare Orlando e poi si siede accanto a lui. ELISABETTA: Allora ti piace eh? ORLANDO: sÏ‌(Pausa) Nella cabinetta della signora Antonietta c’è addirittura il pittore...Dillà ho visto due che recitavano. Voglio una cabinetta anche io, è come il mio abitacolo, da ogni parte fanno qualcosa! (Ride) ELISABETTA: Il tuo abitacolo, caro, sono dei pezzi trovati e assemblati cosÏ... qui ogni pezzo è pregiatissimo e viene da una parte diversa del mondo. In ogni caso se ti piace caro puoi venire quando vuoi, è solo un bene se frequenti questo posto... Orlando spalanca la bocca stupito dalla spiegazione di Elisabetta, intanto rientra in scena Eduardo, entra nella cabina e si siede. EDUARDO: Ora arrivano a prendere l’ordinazione, ancora devono organizzarsi bene‌ Di cosa parlavate? ELISABETTA: Orlando mi stava dicendo che queste cabine gli piacciono molto...ognuno può fare ciò che vuole, dice EDUARDO: (facendo cenno con la mano di rallentare) Non troppo! Orlando non dice niente, li guarda, gioca con le posate. 89
ELISABETTA: Fermati caro con queste mani, stai composto. Parliamo di cose importanti… Tuo nonno ed io abbiamo una bellissima proposta per te... Elisabetta congiunge le mani, come fa quando pensa di dire qualcosa di molto bello, si morde le labbra e guarda Eduardo come per lasciargli la parola. Orlando ora ha le mani incastrate sotto le cosce, gioca con le gambe. EDUARDO: Ebbene sì. Abbiamo trovato un posto per te in un prestigiosissimo collegio in Svizzera... ELISABETTA: (entusiasta) Proprio vicino ai musei più importanti! Potrai studiare arte ma anche iniziare a conoscere l’economia, il diritto, la politica...l’educazione! ORLANDO: Magari nonna! E dov’è la Svizzera? Cos’è un collegio? Quando andiamo? C’è qualche bel circo? Lo sai che un signore l’altro giorno allo spettacolo mi ha detto che ci sono posti dove il circo è gigante… (Fa vedere con le braccia quanto è gigante.) ELISABETTA: (accenna una risata) No caro, il circo non c’è ma ci sono tante altre cose belle, più adatte a un ometto come te! ORLANDO: Ma la mamma lo sa? Elisabetta abbassa lo sguardo e simula un colpetto di tosse. EDUARDO: Con la mamma ci parleremo...questo è il meglio per te! Orlando si tira indietro con il busto, si morde le labbra, prende la forchetta e la gira, guarda Elisabetta e poi abbassa lo sguardo. Sta qualche istante in silenzio e poi prova a cambiare argomento. 90
ORLANDO: Sapete... ho fatto delle foto al nuovo numero di papà con i leoni e le ho sviluppate tutte da solo! ELISABETTA: Sì bravo ma parliamo della Svizzera, devi prepararti! Arriva un cameriere e serve da mangiare. CAMERIERE: Visto che siete mancati all’inaugurazione il signor Giorgio ha ordinato che vi dessimo il benvenuto con i nostri migliori piatti. Spero andrà bene. ELISABETTA: Oh Giorgio, Giorgio...che caro! Andrà benissimo. $SSHQD LO FDPHULHUH ÀQLVFH GL DOOHVWLUH OD WDYROD (OLVDEHWWD WRUQD D ULYROJHUVL con lo sguardo ad Orlando... ORLANDO: Io...io non so se posso. Mi perderò i balli estivi...sto colorando io le tende dei danzatori...come fanno? ELISABETTA: Non fare i capricci...sai quante cose nuove puoi vedere lì? Suvvia Orlando... ORLANDO: (scuotendo la testa e guardando verso il basso) ...Sì hai ragione. Dobbiamo dirlo alla mamma sennò si arrabbia e non mi fa più venire a fare le gite con voi! ELISABETTA: Oh buon Dio sì, speriamo che sia ragionevole almeno in questo! Il pranzo prosegue per diversi minuti in silenzio... EDUARDO: Orlando, dimmi...vai ancora da quel signore...il gitano...come si chiama...Mecenate!? ORLANDO: sì certo...ormai ci vado quasi tutti i giorni. Prima ero troppo 92
piccolo ma ora lo aiuto proprio... ELISABETTA: (lanciando uno sguardo d’intesa ad Eduardo) Dobbiamo presentarti MadÏ, una bravissima professoressa dell’accademia...magari potresti andare da lei a fare le cose che ti piacciono tanto! ORLANDO: (scalciando) No! Ma io con Mecenate mi diverto e lui mi racconta le storie che mi piacciono dei miti‌ certe storie che non sa nessuno! ELISABETTA: Bah sÏ... Ma è un emarginato‌ Ci andava anche tua madre‌ &RQÀGDYR WDQWR LQ OXL LQYHFH EDUARDO: (cercando di moderare la conversazione) Adesso basta dai...Se avete concluso ce ne andiamo. Ho da lavorare. Elisabetta non dice niente, si pulisce la bocca con il tovagliolo, lo posa e si prepara ad alzarsi, Orlando fa cenno con la testa. EDUARDO: Orlando ti va di venire con noi oppure preferisci se faccio arrivare una macchina che ti riporti a casa? ORLANDO: 1R QR PL YHGR FRQ SDSj DO ÀXPH DQGLDPR D SHVFDUH ELISABETTA: (mettendosi le mani tra i capelli) Oh mon dieu mon dieu! Con questo tempo e con quell’acqua... sporca! Non dirmi niente... ORLANDO: (ridendo) Ma nonna la pioggia non è pericolosa... Elisabetta alza gli occhi al cielo e si alza dalla sedia, si dirige fuori dalla scena. Orlando ed Eduardo la seguono. Entrano gli attori e portano via la VFHQRJUDÀD
93
ATTO II Morte e cerimonia
Scena 1.1 - Bottega: l’ingresso. Gli attori allestiscono la scena: una doppia libreria tenuta insieme da una colonna in rame che ne fa ruotare le due parti; a noi viene mostrata quella che si sviluppa ad elle rovesciata e che, appoggiandosi alla colonna, crea un varco, al di là del quale si apre la bottega di Mecenate, un signore di poche parole ma dalla presenza eloquente. Ha l’aria di chi ha vissuto intensamente e ora lavora con pazienza e perizia per distillarsi nelle cose cose a cui si dedica. Lo troviamo occupato a pulire un vecchio vaso, dietro a un grande tavolo che occupa il centro della stanza immaginaria. Alle sue spalle una proiezione disegna sulla parete delle nicchie, alcune coronate da un arco, che contengono una collezione di vasi. Noi osserviamo la scena al di quà della libreria a elle o a varco. Dentro la libreria scorgiamo alcuni libri: planimetrie di itaca, kalokagathia, DWODQWH GL ÀORVRÀD H DQFRUD VWRULD GL SRSROL GHL H SRSROL F¡q XQ ÀRUH ODVFLDWR a seccare, la testa di una scultura, la cornice di un quadro senza il quadro, dei colori, l’archivio di un’esistenza in ricerca. Guardiamo per qualche minuto Mecenate occuparsi del suo vaso, tutto è in pace, si sente il rumore del lavoro che si unisce a quello costante e vagamente malinconico della pioggia che batte regolarmente, ogni tanto il ronzio di una radio, evidentemente disturbata dal maltempo, interrompe la sacralità del momento. Entra in scena un ragazzo con i capelli lunghi neri, è sovrappensiero, tiene una mano in tasca e l’altra la lascia dondolare al ritmo del suo passo, anch’esso giocoso, largo, distratto. 95
V.F.C.: Ăˆ Il primo lunedĂŹ di primavera e come spesso accade a Gaudenzia il cielo è in tempesta; al villaggio nomade intonano canti propiziatori e celebrano la vita, una leggenda narra che tutti i bambini del luogo siano stati concepiti proprio durante un diluvio; in cittĂ invece la gente corre a cercare riparo e aspetta impazientemente che il maltempo esaurisca la sua potenza. Orlando ormai è alle soglie dell’etĂ adulta, in quel periodo della vita in cui ci si pone in maniera problematica verso il mondo e si cerca di appropriarsene (lunga pausa). Il monello GL PRQGL QH DELWD GXH H DFFRUGDUOL SDUH RJQL DQQR SL GLIĂ€FLle. Fortunatamente a metĂ strada tra la spensierata allegrezza circense e la formalitĂ cittadina c’è un posto in cui trova rifugio e si riconcilia con i suoi opposti‌ ORLANDO: Ciao Mecenate! MECENATE: Orlando, ti stavo aspettando... Orlando si avvicina al grande tavolo su cui sta lavorando Mecenate, tocca il vaso come per interessarsi. MECENATE: Ho ricevuto il tuo biglietto di auguri (sorride) mi è piaciuto cosĂŹ tanto che vorrei lo incorniciassi‌ ORLANDO: (ha addosso un sorriso soddisfatto che non riesce a contenere) Io? Ma se è per te‌ MECENATE: E’ per me ma è il tuo pensiero su di me, (alza la testa per guardare Orlando) hai fatto il progetto di Mecenate ora devi decidere come esporlo, come farlo abitare...come il tuo abitacolo, no? (Sorride sovrappensiero.) 2UODQGR OR JXDUGD VWUL]]D OH ODEEUD FRPH SHU SUHSDUDUVL D XQD VĂ€GD MECENATE: 96
Conoscerò me attraverso te... ORLANDO: Va bene maestro, dove l’hai messo? MECENATE: E’ lì, sulla libreria.... Orlando si avvicina alla libreria e prima di prendere il disegno si volta verso Mecenate, si tocca i capelli, tituba per un po’ e poi interviene: ORLANDO: Anche io vorrei conoscermi…(con ironia) puoi farmi uno schizzo Mecenate? Ridono insieme, Orlando prende il disegno e ritorna al tavolo, ci si appoggia, quasi si distende tenendosi la testa con le mani, e lo guarda. MECENATE: Ancora non hai deciso…? ORLANDO: No… Come si fa a decidere tra il disastro dell’aver tutto e non poter scegliere niente e la fortuna di poter scegliere tutto senza avere niente…? MECENATE: (GXDUGR H (OLVDEHWWD VRQR LQÁHVVLELOL FRPH YHQW·DQQL ID« ,O tempo non è riuscito a smussare i loro spigoli, eh? ORLANDO: Macchè, hanno le loro certezze. La più grande è che io debba studiare legge ed entrare in politica. (Alza il tono della voce come per denunciare un’assurdità) Io, legge! MECENATE: Beh, sappiamo benissimo che non lo farai (ride) se ne dovranno fare una ragione. Annalisa e Pietro che ne pensano? ORLANDO: (si solleva dal tavolo e butta le braccia all’indietro) Figurati… Mio padre si sente un anarchico sovversivo, quando sente la parola legge gli viene una ruga in fronte! Che vuoi che ti dica...loro fanno sempre inni alla libertà...Ma che…? (Si censura da solo.) MECENATE: 98
Ovvero, qual è il loro progetto per te? ORLANDO: Nessuno, o meglio il loro progetto è non avere progetti. Lasciarsi andare come dice la mamma‌ Gli basta che io sia tranquillo, bo‌ Non se ne parla di futuro, solo attimi, attimi...attimi! MECENATE: E il tuo progetto per te? ORLANDO (ride con sarcasmo, con una mano si massaggia la fronte) Non pervenuto. (Dopo pochi attimi di silenzio continua‌) Ho letto una poesia di uno come me, piĂš o meno diceva cosĂŹ “Ho immaginato piĂš di quanto un imperatore abbia realizzato, ho abbracciato ipoteticamente piĂš umanitĂ di Dio, ho FUHDWR WHRULH FKH QHVVXQ Ă€ORVRIR KD DQFRUD VFULWWRÂľ 1 eppure sono e sarò sempre quello del villaggio nomade‌ MECENATE: Orlando tra quello che sogni e quello che vivi c’è uno spazio, lo sai‌ Lo spazio delle tue scelte e delle tue possibilitĂ . Se ULHVFL D VFULYHUH XQD FRUHRJUDĂ€D XQ SURJHWWR FKH OH WHQJD insieme in maniera lungimirante riuscirai a scorgere chi sei...
1. Cfr. Fernando Pessoa, Tabacaria, Presença n.º 39, Coimbra, 1933
Orlando guarda Mecenate negli occhi, con tutta l’intensità di chi vuole appropriarsi della saggezza dell’altro e con l’imbarazzo di chi non si sente all’altezza. MECENATE: Intanto concludi il tuo progetto per me, nel pomeriggio devi aiutarmi a sistemare il retro bottega... Orlando fa cenno con la testa ed esce di scena, poco dopo anche Mecenate. Scena 1.2 - Bottega: la libreria. Rientra in scena Orlando, gira la libreria che campeggia al centro della scena e ci mostra l’altra faccia: una struttura quadrettata che consta di quattro fasce orizzontali e quattro verticali alla sommità delle quali spiccano dei solidi, come coronamenti di un pilastro, come capitelli: un tetraedro giallo, una sfera blu, un quadrato rosso in equilibrio su uno spigolo e un ottaedro verde. Subito sotto, nella prima fascia orizzontale, sono contenuti dei modelli in rame, anco99
ra una volta capitelli. La fascia piĂš bassa è scandita da cassetti con una texture di linee geometriche ortogonali e oblique. Nei ripiani centrali osserviamo vari oggetti: giornali, vasi dal richiamo classico, libri. Uno in particolare porta la scritta “cerimonieâ€? e vicino un altro “ le colonne d’Ercoleâ€?. Orlando srotola il disegno che ha in mano e lo appende con dei chiodini alla libreria, esce rapidamente di scena e rientra con un grande quadro con la cornice d’oro e lo appoggia sulla libreria. ORLANDO: (cercando di farsi sentire) Maestro...quando vuole! Mecenate entra in scena, si sta pulendo le mani con un panno che poi mette in tasca, si avvicina a Orlando, guarda i due disegni, quello appeso e quello nella cornice e accenna una risata... ORLANDO: (si sfrega le mani come per prepararsi) Allora, innanzi tutto ne ho fatto un’altra copia. Anzi, innanzi tutto ti ho rappresentato di fronte ad una piramide perchè ho pensato al tuo spirito geometrico‌ 0HFHQDWH q FRPSLDFLXWR DSSRJJLD OH EUDFFLD VXL Ă€DQFKL SHU FHUFDUH XQD buona posizione d’ascolto. ORLANDO: (continua‌) Ho fatto due copie perchè ho idea che in te abitino due spiULWL GD XQD SDUWH F¡q OD WXD SDUWH SL LPPHGLDWD VHQ]D Ă€OWUL appesa con dei chiodini tra le cose che conosci, che hai letto e in qualche modo vissuto‌un souvenir delle tue esperienze, tra il pezzo di colonna che hai riportato dalla Grecia e il libro dei miti. Quello è il tuo sfondo, quello che sai‌ Orlando fa un grande sospiro e si prepara a continuare. MECENATE: Mi piace quello che vedi in me...e questa cornice? (Indica la cornice d’oro.) ORLANDO: 100
Bene...questa cornice un po’ barocca l’ho scelta perchÊ rapSUHVHQWD LO PRGR LQ FXL WL SURSRQL DO PRQGR VRÀVWLFDWR LQquieto, pieno di dettagli‌ Mecenate scoppia in una grande risata e con lui Orlando. MECENATE: Penso che tu abbia ragione Orlando! ORLANDO: Mi piaceva l’idea e la contraddizione: lo spirito geometrico che dicevamo... Puro ma protetto da tutti quei dettagli‌ MECENATE: 7L ULQJUD]LR PROWR UDJD]]R PLR 0D TXHVWR QRQ WL ID ULà HWtere? (Lunga pausa) Mi hai descritto come una contraddizione eppure mi è sembrato che ti piacesse‌ Il rumore della pioggia si fa sempre piÚ invadente, un tuono irrompe nella conversazione, Mecenate si volta per aumentare il volume della radio alla sua sinistra, in uno dei ripiani della libreria e mentre cambia canale si volta verso Orlando. MECENATE: Sai cosa diceva Marco Aurelio?...Che l’arte del vivere somiglia piÚ a una lotta che a una danza‌ Orlando appoggia la testa sulla libreria, come affaticato e sconsolato da quanto ha capito. Una serie di tuoni uno appresso all’altro irrompono nella scena, appena torna il silenzio la radio comincia a funzionare... LA RADIO: ...cezionale ondata di maltempo. Non si assisteva a un evento alluvionale di questa portata da secoli. L’Argo è esondato, le immagini trasmesse parlano di emergenza: manca l’acqua, manca il gas, l’energia elettrica è erogata soltanto in alcune zone. La situazione è drammatica nelle case di abitazione OXQJR LO ÀXPH H QHJOL RVSHGDOL /D SDUROD DO VLQGDFR1 Mecenate spegne la radio, Orlando ha gli occhi sbarrati. 102
ORLANDO: Devo scappare Mecenate! MECENATE: Dove? ORLANDO: /D QRQQD DELWD SURSULR VXO OXQJR ÀXPH *Lj OD SLRJJHUHOOLQD dice che le arriccia i capelli e le procura un malumore che può durare diversi giorni‌ Un’alluvione potrebbe farla uscire di testa! MECENATE: Aspetta ancora un po’ sta smettendo... ORLANDO: 1RQ SRVVR ÀJXUDWL 6RQR DELWXDWR D EDOODUH VRWWR OD SLRJJLD A dopo! Orlando esce di scena correndo, Mecenate sparisce dietro la libreria. Gli attori vengono a liberare la scena. Scena 2.1 - Casa dei nonni: il salotto. Gli attori allestiscono la scena: un grande prospetto con un camino centrale e due arcate laterali domina lo sfondo, sulla sinistra la statua di una venere a destra una tenda lascia presagire che lo spazio prosegua al di là , di fronte al prospetto una chaise longue rossa e di lato una poltrona: il salotto borghese. Si sente ancora lo scrosciare della pioggia intervallato da qualche grida lontana. V.F.C.: Orlando inizia a correre, sale tutti i gradini che incontra in uno solo, aggira gli ostacoli, corre senza fermarsi e senza penVDUH DOOD IDWLFD GDOOD ERWWHJD FKH VL WURYD SURSULR VXO FRQÀQH che separa la città vecchia dalle nuove abitazione al centro dove l’alluvione sta rivelando i suoi maggiori danni. Corre e si guarda attraverso le pozzanghere, si guarda e si sente forte: i nonni lo hanno presentato al mondo e lo hanno protetto dal mondo e adesso è lui a dover proteggere loro. PiÚ si avvicina DO FHQWUR H TXLQGL DO ÀXPH SL OH SR]]DQJKHUH GLYHQWDQR laghi; ad un tratto sprofonda, l’acqua gli arriva sopra le ginocchia, arranca. (Pausa) E’ giorno ma a Gaudenzia sono calate le tenebre... Si sentono grida di paura o di isteria arrivare da dentro le abitazioni, per strada ci sono pochi coraggiosi e gli 103
XRPLQL GHL VRFFRUVL 2UODQGR q IRUWH DXGDFH ÀHUR 1RQ VD cosa indossare a un gala, non conosce ancora tutte le regole GHO JDODWHR LQL]LD XQD FRQYHUVD]LRQH FRQ LO OHL H OD ÀQLVFH FRQ il tu, ma non ha paura del vento e dell’acqua, non del fuoco nÊ della terra. Al villaggio ha imparato bene che la catastrofe fa parte della vita e mentre imparava le stagioni e i suoi venti, mentre banchettava nel bosco con i vermi e le cavallette, il PRQGR FRQWLQXDYD DG HGLÀFDUH VFKHPL VWUXWWXUH JHUDUFKLH IRUPH H VSD]L VHPSUH SL VRÀVWLFDWL SHU PHGLDUH L UDSSRUWL umani, per potersi tollerare‌ Entra in scena una signora anziana ben vestita, l’abbiamo già vista al club, ha in mano una sigaretta e un nervosismo reso quasi segreto da un atteggiaPHQWR IRU]DWDPHQWH VREULR H UDIÀQDWR 6L VHQWH LO VXRQR G¡XQ FDPSDQHOOR XQD voce femminile con uno spiccato accento dell’est rompe il silenzio. SIGNORA CON ACCENTO DELL’EST F.C.: (urlando) E’ arrivato vostro nipote! Tutto bagnato‌ Io ho appena pulito signora! Orlando entra in scena lasciando dietro di sÊ una scia di acqua e fango, la signora, che ormai abbiamo capito essere Elisabetta, si mette le mani tra i capelli, Orlando all’improvviso si rende conto delle condizioni in cui è, per la prima volta si presenta a casa dei nonni senza preoccuparsi di avere indosso una camicia o delle belle scarpe. ELISABETTA: Orlando, pulisciti caro, sembri rientrato dalla miniera! ORLANDO: Ho corso per tutta la città per vedere se stavate bene... Entra un signore anziano, ha in mano una ventiquattrore, lo riconosciamo è Eduardo. EDUARDO: Ah bene, sei riuscita a rintracciare Orlando. Allora? Orlando si guarda nervosamente intorno per cercare di capire poi si volta 104
105
YHUVR (OLVDEHWWD H OD ÀVVD FRQ VRVSHWWR ELISABETTA: Orlando siediti. Abbiamo deciso di trasferirci sulla costa, partiamo oggi stesso e vorremmo che tu venissi con noi... 2UODQGR q EDVLWR ULPDQH LPPRELOH LQ VLOHQ]LR SHU TXDOFKH LVWDQWH ÀQFKp non diventa rigido, stringe le mascelle e i pugni. ORLANDO: E quando pensavate di dirmelo? Voi oggi vi trasferite! (Ripete con sarcasmo, come per evidenziare un’assurdità .) ELISABETTA: +R SURYDWR D FRQWDWWDUWL WHOHIRQLFDPHQWH PD ÀJXUDWL 7X H tua madre avete un rapporto con il telefono‌ In ogni caso ora sei qui ed è il caso che parliamo. Orlando rimane in silenzio, è visibilmente infastidito, guarda Elisabetta con gli occhi sbarrati e intanto una signora grassoccia e bionda gli sta intorno e con un panno lo asciuga. ELISABETTA: Orlando caro, sei diventato un uomo ed è ora che tu inizi a prendere decisioni sagge per la tua vita. Fin’ora hai giocato, facendo le tue costruzioni alla fattoria‌ ORLANDO: Al villaggio, nonna. Non è una fattoria... ELISABETTA: Va bene va bene come vuoi caro, al villaggio. Hai fatto le tue IRWRJUDÀH G¡LQYHQ]LRQH FKH GHYL LPSDUDUH D FKLDPDUH FRQ LO loro nome, collage (scandisce nettamente le sillabe della parola)... ti sei occupato di quello che ti piaceva insomma, ma ora bisogna pensare al futuro! EDUARDO: SÏ Orlando, da uomo a uomo...devi dedicarti ad una professione seria. Noi iniziamo ad avere una certa età e ci piacerebbe vederti sistemato. Trasferisciti con noi sulla costa, ti offriamo la possibilità di frequentare le migliori scuole... ORLANDO: 106
Ma io mi occupo di qualcosa di serio: vado alla bottega quasi ogni giorno, studio arte e narrativa all’accademia, lavoro al circo e vengo sempre con voi ai salotti culturali‌ ELISABETTA: (sventolando la mano come per controllare un’invenzione) 6L VL VL KREE\ FDUR VRQR KREE\ 9XRL ÀQLUH FRPH L WXRL JHQLtori a cinquant’anni ancora ad acchiappare sogni come fossero farfalle? ORLANDO: (non riesce a trattenersi e urla con forza) 'RYUHL ÀQLUH FRPH YRL LQYHFH D VHWWDQW¡DQQL LQJDEELDWL LQ GRYHUL VRFLDOL FKH QHPPHQR YL JUDWLÀFDQR IUXVWUDWL GD TXHVWD tranquillità , lucidità , soddisfazione permanente? Elisabetta è offesa ma dissimula e con sussiego se ne va. EDUARDO: Orlando noi possiamo offrirti un posto nel mondo‌ Da solo, qui, senza di noi che pensi di poter fare? Io amo tua madre ma rimarrà sempre un’adolescente‌ E cosa può offrirti? Devi emanciparti dai tuoi genitori, Orlando‌ Sii ragionevole. Rientra in scena Elisabetta, ha indosso un cappotto ed evita di incontrare con lo sguardo Orlando. ELISABETTA: Adesso dobbiamo andarcene, hanno liberato la strada. L’automobile, Eduardo, ci aspetta dopo la piazza. Dorotea ci ha preparato le scarpe di gomma cosÏ evitiamo di imbrattarci tutti... Mentre raccoglie le sue ultime cose e fa per andarsene si volta verso Orlando: ELISABETTA: Pensaci bene caro, nelle prossime settimane torneremo a prendere gli ultimi vestiti e se vorrai potrai venire con noi. Orlando non dice niente ma non riesce a trattenere le lacrime, a Elisabetta sfugge un cenno di tenerezza e subito si gira, prende per il braccio Eduardo ed escono di scena. Orlando si porta i capelli indietro, ha ancora il viso bagnato 107
dalle lacrime, si gira, si guarda intorno, si siede sulla poltrona. Scena 2.2 - Casa dei nonni: la cerimonia della distruzione. Orlando è seduto, con le mani massaggia nervosamente i braccioli della poltrona e ogni tanto si stringe la fronte. V.F.C.: Dov’è il ridente, l’insolente, il monello? Cos’è quella ruga che gli solca la fronte? (Lunga pausa) Ci sono parti del mondo in cui le variazioni del tempo si misurano con le nascite, le celebrazioni, la morte, mentre altrove già vige la cultura dell’anti-progetto, la dimensione istante, quella di tempo reale: il ritmo dell’esistenza è segnato dallo scontro degli opposti e OD VROLWXGLQH HPHUJH SRVVHQWH H PDOHÀFD FRPH XQD PDJD SHU esaltare gli eroi ed annullare i deboli. Deposta l’innocenza del monello, Orlando subito si è trovato in questa tempesta, già solo prima che se ne accorgesse, già allo scontro, prima che avvenisse. Tanti e tali sono stati gli eventi insoliti e violenti che lo hanno investito che i molti gli sono sembrati uno e tutto gli è parso come immobile. A volte la disperazione si è mascherata di noia e come nei giochi infernali, passione e vizio, virtù e debolezza si sono scambiati i ruoli… (Pausa) Ora è attonito sulla strada che conduce alla sorgente della vita, dove ogni uomo è lasciato alle sue forze; è coinvolto senza rimedio nelle esigenze e nelle servitù della scelta... Orlando si alza di scatto, entra la signora grassoccia e bionda dall’apertura arcata sulla destra del prospetto. DOROTEA: ,R ÀQLVFR XOWLPH IDFFHQGH H YDGR 9ROHWH TXDOFRVD GL FDOGR" ORLANDO: (con tono rassegnato) Non voglio niente, non so nemmeno perchè sono qui, Dorotea... DOROTEA: E dove vorreste essere? ORLANDO: 108
(ora con rabbia) Non lo so hai ragione, non so piĂš a cosa appartengo. Non lo so davvero... Al villaggio esiste solo l’attimo...l’attimo quĂ e O¡DWWLPR GLOOj TXL VROR LO SURĂ€WWRÂŤ 3URĂ€WWR SURĂ€WWR H DQFRUD SURĂ€WWR Dorotea se ne va da dove è entrata, Orlando non se ne accorge e continua il suo monologo mentre cammina per la stanza, si avvicina gli oggetti, li tocca, li sposta... ORLANDO: (continua‌) Dovrei vestirmi di grigio e occuparmi di economia, di legge, di politica, avere una bella casa che non mi piace e uscire con gente arida ma... facoltosa! Sbatte i pugni contro il muro. ORLANDO: (imitando il tono di voce di Elisabetta) “Non toccare Orlando, attento Orlando che lo roviniâ€?, sembrava tutto importantissimo e hanno lasciato tutto qui Dorotea, perchè? Si volta ma Dorotea non c’è piĂš. Ha ancora il viso bagnato dalle lacrime, si avvicina alla poltrona si siede, ancora. ORLANDO: e’ anche scomoda [la poltrona]! Con un balzo si alza, si gira, dĂ un calcio alla poltrona e la capovolge: lo schienale è a terra e la seduta verticale; si tira i capelli all’indietro, stringe un pugno lo porta sulle labbra come per trattenersi e dopo pochi istanti di silenzio sembra calmarsi e continua, ora ride, per non piangere. ORLANDO: Secondo me questa [la poltrona] è piĂš comoda cosĂŹ... Prova ad appollaiarsi sulla poltrona ribaltata poi si lascia scivolare, si gira, SURYD D WURYDUH XQD SRVL]LRQH FKH OR VRGGLVĂ€ 6L DO]D ULEDOWD QXRYDPHQWH OD poltrona, stavolta con le mani, senza rabbia, poi si ferma accovacciato con le 110
braccia conserte sullo spessore della seduta. Vede un grande vaso lo prende lo porta al centro della scena. Nel frattempo entrano dei signori con una tuta bianca che prendono la poltrona e la portano via, Orlando se ne accorge solo quando stanno per uscire ma non gli dà peso. ORLANDO: Bello [il vaso]... In questo bazar non l’avevo mai notato‌ Esce di scena e rientra con una lampadina, la mette dentro al vaso, cerca di studiare gli effetti di luce; toglie la lampada, capovolge il vaso e si siede e resta seduto per qualche istante a pensare, appoggia le braccia sulle gambe e con le mani si tiene la testa, si alza, rientrano i signori vestiti di bianco e gli tolgono il vaso dalle mani. Portano via anche la chaise longue rossa, il parascintille, il tappeto. Orlando è in silenzio, guarda la scena, ci dà le spalle. Dopo qualche istante si gira e se ne va. I signori rientrano per l’ultima volta e liberano la scena. Scena 3 - Bottega: il retro. Gli attori distribuiscono sul palco una serie di fusti di colonne colorati tagliati a varie altezze, un podio con sopra la riproduzione della testa di Costantino che dispongono esattamente al centro della scena sullo sfondo e una colonna ionica, a destra, in posizione avanzata. Arriva anche Mecenate che si siede in meditazione su uno dei fusti. Ha smesso di piovere, una proiezione sul muro ci mostra il cielo al di là di un muretto: conserva ancora i colori della tempesta ma in fondo si intravede il sereno... V.F.C.: Orlando torna indietro, prima di andare avanti. Torna a rifugiarsi, a confessarsi, a scandagliarsi in quello che gli pare l’unico luogo lontano dalla violenza dell’assolutizzazione, con TXHOOD FKH JOL SDUH O¡XQLFD SHUVRQD DG DYHUH FRQÀGHQ]D FRQ OH dimensioni dell’anima. Per strada scalcia, prega, bestemmia, ma non si arrende, la voglia di essere sembra piÚ forte delle rinunce che gli sono imposte. Come potevano pensare di imbalsamare l’esploratore, l’artiJLDQR GL VRJQL LO PRQHOOR" 3URVHJXH ÀQR DOOD ERWWHJD FRPH un soldato verso il nemico, si prepara ad affrontare l’irreparabile, da sempre in agguato. 111
Entra in scena Orlando, è affannato, guarda Mecenate senza dire niente, si siede di fronte a lui, congiunge le mani come in preghiera, lo guarda, abbassa lo sguardo e si piega su se stesso appoggiando la testa sulle mani, ancora congiunte. Mecenate lo guarda e non dice niente. Silenzio per qualche istante.
1. Cfr. Giacomo Leopardi, Lettera al padre, 1819
ORLANDO: (con voce provata) Mi hanno messo sotto scacco. O con loro o senza di loro... MECENATE: Che farai? ORLANDO: Non lo so ma mi sto giocando tutto (pausa). Io vorrei seguirli ma‌ Quell’alterigia...Ora mi intriga, ora mi disgusta... E SRL TXHVWL LPPHQVL FRPSURPHVVL SHU SURÀWWR SHU FRQVHUYDUH la tranquillità , la lucidità di una vita senza concessioni. Io Mecenate odio questa vile prudenza1, la odio, la odio, mi fa sentire incelophanato, non riciclabile‌ Orlando guarda Mecenate e con gli occhi lucidi scoppia in una risata isterica. MECENATE: Allora‌? ORLANDO: Allora con loro ho accesso al mondo reale, loro conoscono il mondo‌ Al villaggio sto bene sÏ, ma‌(alza le spalle) Che faccio? Sono immobile. (Pausa) Non ci sono prospettive‌ sembra che tutta quella libertà ristagni, non trova confronto nè sfogo‌ Eccola, l’allegrezza senza pretese della povertà ... MECENATE: Siamo a un’impasse... Orlando non risponde ma guarda Mecenate e annuisce. MECENATE: (continua‌) No! No Orlando, no! (Pausa) Ti ricordi che quando eri piÚ piccolo ti insegnavo a dipingere e tu non volevi mai usare i colori pastello‌? Le sfumature non ti sono mai piaciute, allora ti sei specializzato nei contrasti‌ Mettevi tantissimi
112
colori insieme, più facevano contrasto più eri soddisfatto... Ridono insieme. Si sentono dei passi avvicinarsi, Mecenate alza lo sguardo, cerca di capire chi è, Orlando guarda Mecenate poi si guarda intorno. ANNALISA F.C.: Ragazzi… ORLANDO: Mamma! Mecenate si alza in piedi, non contiene il sorriso. Entra in scena Annalisa con passo giocoso e si tiene tra le mani una grande gonna colorata che lascia appena incontra lo sguardo di Mecenate. Si incontrano, si abbracciano: MECENATE: (mentre abbraccia Annalisa) Che bella sorpresa Annina, Annina cara! ANNALISA: Sono passata in centro sotto casa dei miei per vedere se era tutto a posto… Non ho suonato ma la situazione sembrava calma (ride)... Allora tornando ho pensato di passare a trovarvi! Orlando e Mecenate si guardano e non dicono niente. Annalisa se ne accorge e li guarda con curiosità e con il suo solito sorriso spensierato. ANNALISA: Che mi nascondete voi due? ...Mecenate, questa sera devi venire al villaggio, facciamo dei balli nel fango e salutiamo la luna nuova…(Voltandosi verso Orlando) Orlando, speriamo che Antonietta ce la faccia ad avere il suo bambino… MECENATE: Chi è Antonietta? ANNALISA: La nostra guida spirituale… Sai, questi sono giorni perfetti per concepire una creatura... ORLANDO: Mamma parliamo di cose serie! ANNALISA: 114
Cosa c’è di piÚ serio della vita? Mecenate poggia la mano sulla spalla di Annalisa e la invita a sedersi, Annalisa capisce di dover affrontare una conversazione piÚ impegnativa del previsto e con sguardo sospettoso asseconda Mecenate e si siede. ORLANDO: I nonni mi hanno messo alle strette, vogliono che io rinunci a‌ 2UODQGR QRQ ID LQ WHPSR D ÀQLUH OD IUDVH FKH YLHQH LQWHUURWWR ANNALISA: (alzandosi di scatto) Al diavolo! Fanno due volte lo stesso errore. Non devi cedere! Lasciali ai loro giochi di potere‌ Invece di perdere tempo con loro la prossima volta vai a prendere un po’ di pioggia, che ti fa bene, o un po’ di sole. MECENATE: (con tono suadente) Annina calmati dai‌ ORLANDO: Mamma tu la fai sempre facile. Vivi come ti pare a dispetto di tutto, anche di quello che non conosci! Annalisa è sconvolta, guarda Orlando con gli occhi sbarrati e lucidi, poi si PHWWH OH PDQL VXL ÀDQFKL H VL JLUD YHUVR 0HFHQDWH ANNALISA: Devi parlarci tu‌ Io non sono in grado di affrontare questa FRQYHUVD]LRQH q WXWWD OD YLWD FKH ORWWR SHUFKq PLR ÀJOLR QRQ diventi schiavo del sistema e adesso cosa dovrei dire? (Voltandosi verso Orlando) Sei libero, comunque libero‌ Annalisa si stringe con le mani e fa per andarsene, prima di uscire di scena si volta. ANNALISA: 115
Vi aspetto questa sera… Orlando e Mecenate restano in silenzio, Lei esce di scena. La conversazione VHPEUD ÀQLWD TXDQGR« MECENATE: Orlando… Ogni oggetto che noi restauriamo è impregnato della vita di chi l’ha usato, ci rivela i suoi riti, le ambizioni FHUFD FRQ OR VJXDUGR 2UODQGR SHU YHULÀFDUQH O·DWWHQ]LRQH 2JQL FRVD HVSULPH XQ VLJQLÀFDWR GLYHUVR D VHFRQGD GL FKL OD vive e la fa vivere. (Pausa) Questo vale per tutto… Se sapessimo dividere le grandi questioni in questioni più piccole, alla scala della nostra umanità, così da non essere mai di fronte ad una decisione assoluta ma sempre di fronte a un progetto in divenire… (Lunga pausa) Le alternative che ti sono state poste sono immobili, l’unica variabile sei tu... ORLANDO: Pensi davvero che io ce la possa fare a fare quello che voglio fuori dal villaggio? MECENATE: (con il sorriso negli occhi) )DL XQD IRWRJUDÀD GL LQYHQ]LRQH H YHULÀFDOR« ORLANDO: (scherzando e scandendo nettamente le sillabe) Un collage! Si guardano, Mecenate si avvicina a Orlando e gli dà una lunga pacca sulla spalla e con gli occhi lo incoraggia, Orlando non dice niente, lo guarda, poi mette le mani in tasca e mentre sospira rivolge il viso verso l’alto. Escono di scena. Entrano gli attori a liberare il palco. Scena 4 - Casa dei nonni: l’atelier. Gli attori riportano sul palco il grande prospetto del salotto borghese, spogliato di alcuni dettagli. Manca il vaso, il parascintille, la chaise longue rossa, la poltrona, il tappeto… ma c’è ancora la venere e il quadro. Entra in scena Orlando, ha con sé un grande sacco di corda, che ora porta in spalla ora trascina. Si ferma di fronte al prospetto, fruga nel sacco ed estrae dei rotoli di carta, li apre a terra e si siede su una gamba, sull’altra appoggia la testa e inizia a disegnare o a scrivere, non vediamo cosa. 116
V.F.C.: La storia inizia cosÏ: c’è una tela, che sia la nostra esistenza o il muro del salotto di nonni troppo intransigenti; un sacco pieno di oggetti, idee, strumenti per lasciare il segno della propria testimonianza e uomo che si appresta a iniziare un affresco. Nello spirito c’è ancora il monello: guardate la scompostezza con cui si siede e la nobiltà dei gesti (Orlando si alza, esce di VFHQD ULHQWUD FRQ XQ JUDQGH PD]]R GL ÀRUL FKH PHWWH GHQWUR il camino e torna a disegnare)... Ma l’impazienza, dico quella urgenza di vivere del sogno, s’è levata‌ Ha lasciato udienza al mondo. Si sentono dei passi arrivare. MECENATE F.C.: Orlando, Orlando! Appena entra in scena Mecenate, Orlando si alza e gli va incontro. ORLANDO: Mecenate, grazie di essere passato. Pensavo di rivestire le paUHWL FRQ GHOOD FDUWD DUJHQWDWD 6DL SHU OD OXFH OH IRWRJUDÀH MECENATE: Ho una bellissima notizia, un signore vuole comprare alcuni dei tuoi disegni! ORLANDO: (con tono incredulo) Wow! E quali? I collage o quelle storielle di fantasia? MECENATE: Penso entrambe, ha detto di volerne fare una collezione‌ ORLANDO: Che dici... Mecenate ma‌(pausa) Dove li ha visti? Chi è? MECENATE: Mi chiedi troppo‌ Mi è arrivata poco fa questa telefonata, poco prima che lasciassi la bottega per raggiungerti e mi è sembrata una notizia cosÏ bella che non mi sono posto troppe domande. 117
Orlando si tocca i capelli, guarda Mecenate con concentrazione e poi alza le spalle, va verso il sacco che ha lasciato al centro della scena e inizia a svuotarlo a terra, ci sono vari oggetti: palline da gioco, rullini, lampadine, colori, giornali, cappelli, qualche sasso, libri‌ ORLANDO: Mandiamoglieli‌ Speriamo che sia una buona persona. (Pausa) E io che pensavo di poter lavorare solo come fotografo qui in città ‌! Tra l’altro (ride) ho iniziato a scrivere una storia su un ragazzino alieno che vede per la prima volta la città e decide di rimanerci... MECENATE: XQ¡DXWRELRJUDÀD 5LGH H VXELWR VL ID VHULR +DL VHQWLWR L WXRL nonni dopo avergli detto che non li avresti raggiunti? ORLANDO: Per cosÏ dire... La nonna ha risposto alla mia lunga lettera dicendo soltanto che tutto sommato era contenta che avessi deciso di lasciare il lavoro al circo per venire a stare qui in città . Orlando prende un rotolo di carta argentata, si avvicina al prospetto e inizia a prendere con gli occhi la misura. MECENATE: Orlando, il fusto che usiamo come seduta te l’ho lasciato QHOO¡DOWUD VWDQ]D WRUQR DOOD ERWWHJD FKH GHYR ÀQLUH DOFXQH cose‌ ORLANDO: Ah, non pensavo che avessi fretta‌ Domani verrò solo nel SRPHULJJLR FKH OD PDWWLQD GHYR HVVHUH TXL ÀQLUH GL VLVWHPDUH H IDUH GHOOH IRWRJUDÀH D GXH EDPELQH FKH VL WUDYHVWRQR GD IDWH (ride). MECENATE: Puoi venire quando vuoi ma credo che ora tu debba dedicarti a questo progetto‌ Mecenate si incammina fuori dalla scena, Orlando dopo aver sentito le sue parole interrompe le operazioni di misurazione e si gira, non dice niente, ma sul viso gli viene una ruga di tristezza. 118
MECENATE F.C.: Mi ero quasi dimenticato, ti ho portato qualcosa… 0HFHQDWH XVFLWR IXRUL GDOOD VFHQD ULHQWUD FRQ LQ PDQR XQ TXDGUR UDIÀJXrante degli acrobati. MECENATE: Te lo ricordi? ORLANDO: (ridendo) Sì, come no. Per farlo avevo saccheggiato tutte le riviste della nonna… Mi disse che ero un piccolo barbaro! MECENATE: L’ho conservato perchè dietro al gesto esuberante di mettere WDQWH ÀJXUH H WDQWL FRORUL LQVLHPH QRQ YROHQGR KDL VWDELOLWR una gerarchia… Vedi, (indica con il dito il quadro) c’è questa FRORQQD DO FHQWUR H WXWWH OH ÀJXUH VRYUDSSRVWH IRUPDQR XQD piramide… Bello! Mecenate lascia il quadro in mano a Orlando e gli sorride, Orlando ricambia con un po’ di imbarazzo. ORLANDO: Grazie, ci vediamo domani. Mecenate esce di scena, Orlando guarda il quadro per po’ poi lo posa tra il FDPLQR H OD YHQHUH PHWWH OH PDQL VXL ÀDQFKL H ID XQ VRVSLUR ULSUHQGH OD FDUWD DUJHQWDWD H LQL]LD D WDSSH]]DUH LO PXUR $SSHQD KD ÀQLWR JXDUGD LO TXDGUR DO centro della scena, lo prende, toglie l’immagine che contiene, la sostituisce con una delle sue e lo riposiziona, ruotandolo rispetto a prima. E’ un collage, un elefante su uno sfondo rosa e una signora ben vestita che spunta da dietro le grandi orecchie, sembra Elisabetta… Torna vicino al sacco dove ha sparso i suoi oggetti, prende il cappello e lo mette indosso alla venere, le palline da JLRFR OH GLVSRQH LQ ÀOD VRSUD DO FDPLQR SRL FRVWUXLVFH OD VXD SRVWD]LRQH GL fotografo, al centro. Accende una luce, la proietta contro la parete, la spegne, si guarda intorno, se ne va. Entrano gli attori a liberare la scena.
120
ATTO III Amore
Scena 1.1 - Il padiglione: la galleria espositiva. Entrano gli attori, sono circa una decina di ragazzi e ragazze intorno ai vent’anni e portano una struttura ad ombrello: un pilastro trilobato da cui VL GLUDPDQR WUH EUDFFL FKH VYLOXSSDQGRVL DG DOD GL JDEELDQR GHÀQLVFRQR XQ tetto, sei pannelli (tre doppi) molto grandi, bianchi, tagliati perchÊ descrivano un portale. Posano tutto al centro della scena, in posizione arretrata. Sotto ognuno dei tre bracci della struttura ad ombrello iniziano a montare i pannelli e in ogni spicchio che ne lasciano alcuni oggetti; nel frattempo qualcun altro riveste tutta la struttura con un telo nascondendoci ciò che accade dentro e a ÀDQFR VX XQ FDYDOOHWWR GD SLWWXUD PHWWH XQ PDQLIHVWR FKH UHFLWD FLQTXDQW¡DQni dopo l’alluvione, Gaudenzia. Qualcuno se ne va, altri rimangono all’interno del padiglione e continuano i preparativi, percepiamo dei movimenti e sentiamo un lieve chiacchiericcio provenire dall’interno, che subito viene coperto dall’avvicinarsi di due voci maschili. Entrano in scena due signori che camminano lentamente verso il padiglione, il piÚ lontano sulla quarantina è ben vestito e ha un taccuino in mano, l’altro piÚ vicino ha i capelli lunghi bianchi, lo sguardo sorridente, il passo cauto, le mani in tasca, nella tasca di una giacca colorata. Parlano, il signore con i capelli bianchi ogni tanto guarda l’altro, ogni tanto per concentrarsi guarda a terra, ogni tanto controlla il suo intorno‌ SIGNORE CON IL TACCUINO: (con aria stupita, continuano una conversazione che non abbiamo ascoltato) 123
...e chi era stato allora a comprare i suoi disegni? SIGNORE CON I CAPELLI LUNGHI BIANCHI: (con il tono di voce di chi vuole stupire) Mio nonno! (ride) Insieme a mia nonna aveva fatto di tutto per scoraggiarmi a intraprendere questo tipo di carriera...diciamo artistica e poi... Ha comprato i miei bozzetti per più di un anno prima che me ne accorgessi: mia madre, che ha sempre avuto un’ammirazione cieca per me, glieli mandava, lui senza dirle niente li comprava. SIGNORE CON IL TACCUINO: Con chi altro scambiò i suoi disegni quel periodo? Entra in scena una ragazza molto giovane, ha in mano delle buste, alza la mano come per salutare, sorride e raggiunge gli altri ragazzi all’interno del paglione. RAGAZZA: Ciao Orlando! Abbiamo tutti i costumi! ORLANDO: (salutando con la mano) Benissimo, arrivo anche io! Poi girandosi verso il signore con il taccuino si ferma, ormai sono di fronte al padiglione… ORLANDO: Beh, in quel periodo ebbi modo di confrontarmi con molti personaggi interessanti, mi ero affacciato per la prima volta al mondo da solo e godevo del piacere della scoperta. Feci anche dei viaggi importanti per la mia formazione ma non HEEL PROWR VXFFHVVR« FRQWLQXDYR D IDUH ULWUDWWL IRWRJUDÀFL per alcuni membri della borghesia cittadina e parallelamente facevo i miei collage che poi diventavano illustrazioni brevi dei mondi che sognavo la notte (ride) SIGNORE CON IL TACCUINO: Quando iniziò ad avere successo? ORLANDO: Dammi del tu, Giuseppe…(pausa) Comunque...i miei primi successi li ho avuti molto tempo dopo. Quando scoprì che 124
1. Riferimento ad un’espressione, gesto istogrammi, utilizzata da C. Toraldo di Francia, durante gli incontri nel suo archivio di Filottrano, per spiegare come il Superst ud io sia stato l’u n ico gruppo di architetti tra quelli radicali ad aver affrontato non solo la dimensione di progetti di protesta, ma anche quella piÚ quotidiana.
era mio nonno a volere i miei disegni capÏ anche che quello che facevo non riusciva ad arrivare alle persone. Mancava il contesto dentro cui potessero inserire quelle immagini e capirle. Io producevo istantanee della mia immaginazione, ideali formalizzati, giochi d’evasione...ma nessuno poteva giocare con me, esplorare quei mondi‌ perchÊ io non gli davo le coordinate per raggiungermi...Allora ho pensato che se volevo continuare a fare quello che mi piaceva dovevo esagerare, portare cosÏ alle estreme conseguenze quei panorami mentali fantastici da farli diventare reali. Cioè usare le parole, gli strumenti, i riti della quotidianità , della famosa normaliWjDOORUD KR IDWWR LO JHVWR IDQWDV\ 1. Ho scritto la mia storia di spazi immaginari. GIUSEPPE CON IL TACCUINO: Ha funzionato‌ ORLANDO: SÏ...ho chiamato mio nonno - ormai il gioco era svelato - l’ho portato con me a vedere una grande esposizione di ambienti, gli ho spiegato quello che avevo in mente e gli ho chiesto di mettermi in contatto con qualche editore. Non volevo rinunciare...avevo sterminate città dentro la mia testa da far vedere al mondo, dovevo correre il rischio di entrare in quel sistema da cui ero sempre fuggito perchÊ in quel sistema avrei potuto incontrare le persone... All’interno del padiglione la situazione diventa piÚ vivace, qualcuno balla, qualcun altro ride, iniziamo a sentire un sottofondo jazz...Orlando e Giuseppe sono ancora davanti al padiglione, in piedi. GIUSEPPE: I suoi...i tuoi genitori come la presero? ORLANDO: Mah...mio padre ha sempre contestato il fatto che facessi riWUDWWL IRWRJUDÀFL DL ERUJKHVL OL FKLDPDYD QDWXUH PRUWH H GLFHva che non voleva che il mio spirito libero morisse con loro... Ha sempre avuto questa ossessione per la libertà , era la sua gabbia. Però devo dire che mi ha lasciato fare. Quando ormai DYHYR DYYLDWR OD PLD FDUULHUD GL SURJHWWLVWD IDQWDV\ ULGH era contento per me. Ogni tanto mi prendevano in giro, lui
126
e mia madre, se mi vedevano vestito in un certo modo o se mi sentivano sostenere una conversazione formale... Il nostro legame poi si è consolidato quando mi proposi come direttore artistico del circo. Non sapevano cosa fosse un direttore artistico (ride) ma gli piaceva che mi occupassi di loro così. GIUSEPPE: Il tuo rapporto con il mercato, invece? ORLANDO: (ride e porta i capelli indietro) controverso...All’inizio era un problema per me stare in certi tempi e in certi schemi. Io ero assoluto tanto quanto i miei nonni... eravamo vittime dell’inganno degli ideali, ognuno vedeva assoluta la sua idea e non vedeva il resto…per questo non riuscivamo a incontrarci, quello che inseguivamo aveva una scala completamente diversa dai bisogni più umani, le parole che usavamo non riuscivano a comunicare le esigenze più intime. Dovevo togliermi di dosso un certo atteggiamento libertino che mi derivava dalla monelleria circense, senza però compromettere quello in cui credevo. (pausa) Bisognava fare una mappa del viaggio: l’obiettivo era costruirsi, darsi e appropriarsi di quanto la vita e gli altri potevano darti. Lo è tutt’ora… (pausa) Con gli anni e con l’ostinazione allora ho imparato a dire quello che volevo stando dentro quegli schemi...schemi che poi erano e sono il medium per comunicare con gli altri. GIUSEPPE: Poi cos’è successo? ORLANDO: Poi è stata una storia d’amore...io ero innamorato di tutto quello che mi si era spalancato davanti, avevo trovato la quadratura del cerchio (ride) lo schema che dava vita al mio mondo interiore, capisci? Non avrei mai rinunciato a questo… Prima forse sì, ho corso il rischio, poi quando per la prima volta mi ritrovai a parlare con una ragazza di questa strada che correva dalla città alla spiaggia, dalla spiaggia alla luna - il mio primo libro illustrato - mi sentii… (si ferma, tentenna, stringe i pugni) libero. Mi ero dato e qualcuno mi aveva ricevuto e partecipava con me alle mie fantasie (ride) sembra una follia...ti senti fuori di te, disperso nel mondo, partecipe, 127
vivo...! Giuseppe non dice niente, accenna un sorriso e scrive. Orlando gli mette una mano sulla spalla e si dirigono all’interno del padiglione. Scena 1.2 - Il padiglione: l’allestimento. Appena entrano Orlando e Giuseppe nel padiglione qualcuno esce e toglie il velo che lo ricopre per mostrarci ciò che succede all’interno. I ragazzi continuano a lavorare all’allestimento, c’è ancora in sottofondo la musica jazz, TXDOFXQR ÀVVD FRQ GHL FKLRGLQL L SDQQHOOL FKH GHVFULYRQR L SRUWDOL TXDOFXQ altro li colora, altri ancora puliscono. Orlando si guarda intorno e non riesce a WUDWWHQHUH LO VRUULVR PLVWR D XQ FHUWR VHQVR GL ÀHUH]]D GIUSEPPE: Sono i tuoi studenti? ORLANDO: studenti, compagni, sÏ‌ GIUSEPPE: non è la prima volta che organizzi un evento culturale, è vero? ORLANDO: No no‌ ho organizzato qualsiasi tipo di evento, anche non culturale (ride). Mi è sempre piaciuto creare ambienti, situazioni, eventi appunto... è una deformazione professionale forse. Poi come sai sono un incorreggibile artigiano per cui anche l’aspetto manuale mi diverte. Costruirli, dico...vedi? (afferra la colonna centrale del padiglione e la sollecita) GIUSEPPE: L’hai fatto tu? ORLANDO: con i ragazzi e un mastro artigiano‌ è stato un viaggio nella fantasia anche questo. Capire quale materiale, quale forma SRWHYD IDUH GD FRUQLFH DOOD QRVWUD VWRULD $OOD ÀQH SRVVRQR HVVHUH LQÀQLWL H YDUL L SH]]L GL XQ FROODJH QR" GIUSEPPE: Me lo devi dire tu! (ride) Come ti sei sentito quando ti hanno chiesto di organizzare un evento come questo...terribilmente reale? ORLANDO: terribilmente...compiuto! (ride e subito diventa serio) L’allu128
vione fu un episodio terribile ma al di là dei fatti di cronaca rappresentò un momento di passaggio molto importante, direi di rinascita. Quello fu l’anno in cui subÏ maggiormente le ingerenze da parte della mia famiglia, il che mi costrinse in qualche modo a prendere atto di chi ero e iniziare... io (lo sottolinea con la voce) il progetto della mia esistenza. (Pausa) Gaudenzia era stanca, scoraggiata, come sopraffatta da un ÀJOLR LQGRPDELOH FKH q O¡$UJR 4XHVWR ÀXPH QRQ OH KD PDL lasciato tregua, sembra la voglia divorare, sembra che la città gli appartenga. (Pausa) Allora, quando ho fatto la mia prima mostra‌(cambia tono) in una bottega di restauratore: pensavo non venisse nessuno e invece mio nonno arrivò con tutti i suoi amici in giacca e le loro signore (ride)... ho confessato loro che molti degli scenari che presentavo si erano ispirati proprio a Gaudenzia, le sue rovine lastricavano questa strada HQRUPH FKH SRUWDYD DOO¡LQÀQLWR 4XHOOH LPPDJLQL FRVu UHDOL minuziose e improbabili ma (alza il dito per sottolineare la sottigliezza) legittimate dal loro essere racconti di fantasia, dicevano che tutto era possibile‌ (Pausa) Quel giorno sono diventato il circense di città (scoppia in una risata folle poi si ricompone e continua). Giuseppe, questo evento mi fa sentire compiuto perchè è insieme la ragione e lo scopo di quello che faccio...guarda quanta vita... le idee si sostanziano! (Tocca un oggetto a terra.) GIUSEPPE: Grazie Orlando...Ho poche altre domande. Orlando si avvicina ad uno zaino che è a terra e prende una macchina IRWRJUDÀFD ORLANDO: certo...se non ti dispiace intanto io‌ 6L DOODFFLD OD PDFFKLQD IRWRJUDÀFD LQWRUQR DO FROOR JXDUGD *LXVHSSH FRQ OD FRGD GHOO¡RFFKLR H LQL]LD D IDUH IRWRJUDÀH DO FDRV FKH JOL q LQWRUQR GIUSEPPE: fai fai‌(pausa, sfoglia il taccuino) Dunque, il tuo ultimo liEUR q ÀUPDWR OD TXDUWD E LQ FKH PRGR KDQQR SDUWHFLSDWR JOL 129
studenti e come mai hai iniziato a insegnare avendo già una carriera avviata e promettente‌? ORLANDO: (con l’occhio nel mirino) Sono ventitre mondi interiori che si contaminano e si sublimano in un unico scenario surreale in grado di ospitare ogni personalità ... Ci sono pochi espedienti davvero fantastici se lo hai visto...sono gli accostamenti che non ci aspettiamo a UHQGHUH LO TXDGUR ÀQDOH LQHGLWR FOLFN VL JLUD YHUVR *LXVHSSH H JOL VFDWWD XQD IRWRJUDÀD SRL VL ODVFLD FDGHUH DGGRVVR OD macchina, legata al collo). Non hanno solo partecipato, hanno regalato le loro visioni, la loro storia...abbiamo cercato di disegnare un libro che ci attraversasse tutti. In classe negli ultimi anni stiamo lavorando molto su questo, su come tante immagini diverse, che sarebbero poi persone, possono convivere. Quali sono gli atti fondamentali che ci rendono simili? GIUSEPPE: (ridendo) Le domande le faccio io, quali sono? ORLANDO: (ride con Giuseppe) beh, sicuramente vivere...morire, amare, conoscere, celebrare...ma molti altri. GIUSEPPE: Come hai iniziato ad insegnare? ORLANDO: Provandoci! Il vantaggio di entrare nelle dinamiche di un siVWHPD FRGLÀFDWR FRPH LO QRVWUR q FKH VDL VHPSUH GRYH LQFRQtrare l’altro, come ti dicevo...e la scuola è un posto bellissimo dove scambiare idee. (Pausa, poi ride) Pensa che io da bambino ero un monello, a scuola non volevo andarci e scappavo alla bottega... (Ridono insieme.) GIUSEPPE: Bene...l’ultima domanda è abbastanza prevedibile. Qual è l’idea dietro questo evento espositivo? ORLANDO: La piÚ semplice possibile (ride) parliamone con i ragazzi‌ 130
131
Scena 1.3 - Il padiglione: la danza delle api. Orlando afferra il pannello che descrive uno dei tre portali e lo ruota intorno al pilastro centrale, mostrandoci un altro spicchio del paglione. Intorno a lui i ragazzi proseguono ognuno nella sua mansione. Appena Orlando si sposta qualcuno inizia a muoversi, Orlando si ferma a destra della scena, fuori dalla proiezione descritta dai bracci del padiglione. I ragazzi, senza ordine pare che lo seguano, dopo pochi istanti si ritrovano tutti sparsi in un unico gruppo...qualcuno si è portato dietro il pezzo dell’allestimento che sta curando, qualcun altro parla con il compagno, si sente il chiacchiericcio e la musica, PROWR EDVVD LQ VRWWRIRQGR 2UODQGR ULSUHQGH D VFDWWDUH IRWRJUDÀH TXDOFXQR che si trova sotto tiro si mette in posa, scherza, ruota su se stesso, cosÏ altri... GIUSEPPE: (interrompendo il caos calmo) Chi ha voglia di raccontarmi questo allestimento? Una ragazza con un pennello in mano, bionda, piccola, interviene: RAGAZZA CON IL PENNELLO: (con una timidezza audace) Praticamente abbiamo preso tutti i progetti fatti a Gaudenzia fatti dopo l’alluvione, abbiamo scelto i piÚ semplici e (si aiuta gesticolando) anche i piÚ diversi...tra loro dico. ,QWHUYLHQH O¡DPLFR FKH OH q D ÀDQFR PHQWUH FRQ XQ SH]]R GL FDUWD YHWUDWD continua a smussare i bordi di un pezzo in cartone. RAGAZZO: Abbiamo fatto dei bozzetti di scenari in cui tutti questi progetti convivevano‌ RAGAZZA CON IL PENNELLO: (alza il pennello per chiedere la parola e inizia subito a parlare) ...Cioè di Gaudenzia! Infatti quelle tre porte (si gira indicando il padiglione) sono le porte della città ... ORLANDO: Mettere nello stessa immagine cosa diverse ci serviva per capire come è stata ripensata la città ... RAGAZZA CON IL PENNELLO: Anche come abbiamo ripensato noi stessi‌ 132
133
Orlando annuisce, interviene un altro con un rotolo di fogli tra le mani: RAGAZZO CON IL ROTOLO DI FOGLI: Ma tu non c’eri...non eri ancora mai stata pensata, come fai a ripensarti!? Ridono tutti GIUSEPPE: Avete fatto un collage‌ ORLANDO: sÏ, (ride) un collage... Una ragazza seduta a terra si alza, ha le trecce scure e gli occhiali... RAGAZZA CON LE TRECCE: Un collage non solo di immagini, ma anche di storie. Infatti ci sarà una voce narrante che racconterà alcuni episodi di vita di quegli anni (ride con gli amici che le sono intorno)... GIUSEPPE: (annuisce e sorride) grazie a tutti! Allora... Ci vediamo all’inaugurazione! Si alza un boato, i ragazzi si radunano in gruppi da tre o quattro e poi si disperdono sul palco, ridono, scherzano, qualcuno riprende il lavoro che ha lasciato, qualcun altro se ne va. Orlando si avvicina a Giuseppe, si stringono la mano. Giuseppe se ne va mentre sfoglia il suo taccuino, Orlando si unisce ai ragazzi. Finiscono di sistemare la scena: dipingono l’ultimo portale, posizionano gli oggetti esattamente al centro degli spicchi che i portali descrivono e puliscono il resto. Si avvicinano alla platea, ringraziano, la musica da jazz GLYHQWD VZLQJ LO YROXPH VL DO]D VHPSUH GL SL ÀQR D FRSULUH JOL DOWUL UXPRUL Smontano il padiglione, liberano la scena.
134
BIBLIOGRAFIA Abalos I., Il buon abitare. Pensare le case della modernità , Christian Marinotti, Milano 2009. Acocella A. (a cura di), Cristiano Toraldo di Francia e Andrea Noferi. Il Terminal di Via Valfonda, Alinea, Firenze 1990. Benjamin W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1991. Boatto A., Pop art, Laterza, Roma – Bari 1995. Fabbrizzi F., Opere e progetti di scuola fiorentina 1968-2008, Alinea, Firenze 2008. Heidegger M., Essere e Tempo, Longanesi, Milano 1995 . Hugo V., I miserabili, Garzanti, Milano 1981. Koolhaas R., Delirious New York. Un manifesto retroattivo per Manhattan, Mondadori Electa, Milano 2001. Mastrigli G. (a cura di), Superstudio . Opere 1966-1978, Quodlibet, Macerata 2016. Mastrigli G., Superstudio. La vita segreta del monumento continuo. Conversazioni con Gabriele Mastrigli, Quodlibet, Roma 2015. Pettena G. (a cura di), Cristiano Toraldo di Francia. Opere e architetture 1980-1988, Electa, Milano 1988. Sottsass E., Scritto di notte, Adelphi, Milano 2010. 6XSHUVWXGLR 7KH 0RUL\DPD (GLWRUV 6WXGLR Superstudio & Radicals -DSDQ ,QWHULRQ ,QF 7RN\R 1982. Toraldo di Francia C., Ri-vestire, Quodlibet, Macerata 2018.
137