Elisa Enoque - Oltre il sorriso

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“La città moriva come muore un’oasi dai pozzi prosciugati – si svuotava, si spegneva, cadeva nell’oblio”. Ryszard Kapuscinski, Un giorno ancora.



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“João tieni d’occhio tua sorella, tra poco andiamo a casa”. La piccola Linda sorride con la bocca e con gli occhi, guardando il fratello che silenzioso ubbidisce alla madre. Non ho ricordo di averlo mai sentito parlare. Il cielo è carico di nuvoloni bianchi, ed altri grigi minacciano di raggiungerci a breve. Il vento si è già alzato ed ora alleggerisce l’aria pesante della torrida giornata estiva. Di lì a poco sarebbe scoppiato il temporale. La mia preoccupazione è che possa saltare la corrente lasciandoci al buio, illuminate soltanto dai lampi lontani. Elisa invece ha una preoccupazione differente. La maggior parte delle case qui in Angola sono ancora fatte di adobo1 ed hanno una durata media di quindici anni. Nel quartiere di Elisa l’elettricità non arriva, ma in compenso l’acqua raggiunge ogni angolo delle abitazioni durante la stagione delle piogge. La strada si trasforma in un fiume in piena, rosso e fangoso e non è raro vedere parti di case sciogliersi sotto l’insistenza dell’acqua. Credo che sia questa la preoccupazione di Elisa, che scruta il cielo mentre io accendo il computer. Nome: Elisa Enoque. Età: 41. Luogo di nascita: Bailundo. Il municipio di Bailunbo si trova in provincia di Huambo, una delle diciotto provincie del paese. Huambo era stata rinominata dai coloni 1

Mattoni ottenuti da un impasto di argilla, sabbia e paglia, lasciati ad essiccare al sole. 5


Portoghesi Nova Lisboa, dichiarazione spudorata dell’importanza economica e strategica che ricopriva. Sono passata più volte da Bailundo andando verso Benguela. Come la maggior parte delle cittadine di questa zona dell’Angola, Bailundo è cosparso di scheletri di edifici coloniali disabitati, alcuni dei quali ricoperti da fori polverosi. Nei campi circostanti si possono incontrare ancora dei piccoli carri armati arrugginiti. Anche il passante più sbadato e distratto ha la percezione che da queste parti è passata la guerra. Tuttavia, l’impressione equivoca è che la pace sia stata stipulata da pochi giorni. Tutto è rimasto come lo hanno lasciato i portoghesi al momento della ritirata, e tutto è rimasto come lo hanno lasciato le milizie armate dopo la fine della guerra civile. La vita sembra aver ripreso a scorrere lentamente, come cieca e sorda agli eventi accaduti. Ovviamente è una falsa cecità: gli occhi hanno visto troppa crudeltà e le orecchie udito troppo paura. Ma siamo portati a sopportare molto più di quanto crediamo possibile e così in qualche modo la vita continua, anche a Bailundo. Chiedo ad Elisa qualche informazione sulla sua famiglia. I genitori erano entrambe agricoltori, entrambe poveri e senza istruzione. Fernando João Enoque originario di Bailundo, uomo silenzioso, tranquillo e molto affezionato alla famiglia. Aveva appreso a leggere in età adulta. Fernando ha vissuto il tempo coloniale e la speranza di libertà propagandata dall’indipendenza. Eugenia Domingos nata ad Alto Hama, analfabeta, buona sposa e buona madre. Eugenia mette al mondo cinque figli, ma i primi due sono troppo deboli per questa terra invasa e violata. Eugenia è distrutta dopo la perdita del secondo figlio e si dedica al lavoro dei campi senza sosta. Quando non lavora nei campi, pensa alle faccende di casa e alla cucina. Fermarsi vorrebbe dire pensare e pensare le farebbe troppo male. Avrebbe voluto dare a Fernando un figlio maschio e nei suoi sogni la famiglia sarebbe dovuta essere molto numerosa. Fernando, rendendosi conto delle sofferenza della sua sposa, la consola e le dà forza, così Eugenia recupera la perduta speranza. Nel frattempo il paese è dilaniato dalla guerra d’indipendenza: i campi soffrono e le pance si svuotano. I corpi, resi deboli dalla fame, si ammalano facilmente. I partiti indipendentisti angolani continuano la lotta supportati da Cuba, Cina e Unione Sovietica. Le forze porto-

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ghesi rispondono con una ferocia inaudita e la guerra non accenna a fermarsi. Tra una sofferenza e l’altra Eugenia mette al mondo due maschietti sani e forti, per la gioia del padre. Infine, a pochi mesi dalla firma dell’accordo di Algarve2, arriva Elisa. È il 24 Luglio del 1975, pochi giorni dopo l’Angola vedrà l’inizio di una delle più lunghe guerre civili nella storia del continente africano. Nel Novembre dello medesimo anno i portoghesi lasciano il paese, sconvolto da tredici interminabili anni di guerra d’indipendenza. Nello stesso momento, il leader dell’MPLA (Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola) Agostinho Neto, diviene il primo presidente dell’Angola. Scelta che però non viene condivisa dal secondo movimento indipendentista angolano, l’UNITA (Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola), al quale si schiera un terzo movimento armato, il Fronte Nazionale di Liberazione dell’Angola (FNLA). Ma la debole e zoppicante gallina dalle uova d’oro (o per meglio dire dalle uova di diamanti) suscita l’interesse di altre nazioni. Terminata la guerra del Vietnam, l’America si rivolge ai conflitti che stanno insorgendo nell’Angola neo-indipendente, schierandosi con un impegno militare non indifferente, dalla parte dell’UNITA, insieme al Sud Africa. Prende parte nella gestione delle operazioni militari americane in Angola, anche un certo George H. W. Bush, all’epoca direttore della CIA. Sarà proprio lui ad esercitare una certa pressione per non abbandonare le azioni armate nel paese. Dal lato dell’MPLA si schierano invece il governo di Cuba e l’Unione Sovietica. Così, armati fino ai denti dai rispettivi alleati, i due schieramenti cominciano la loro lotta per il potere. Nel frattempo i portoghesi da ogni parte del paese si riversavano, in un modo o nell’altro, a Luanda3 per riuscire a salire su una nave e raggiungere l’Europa. Da coloni a profughi. Da potenti a fuggiaschi. L’Europa, e soprattutto il Portogallo, accoglie i portoghesi-angolani 2

Accordo che sancisce l’indipendenza dell’Angola ed il ritiro delle forze armate Portoghesi. 3

Capitale dell’Angola.

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come cittadini di seconda classe. Da sventati re a intimoriti sudditi. Nel caos generale, nessuno si immagina che questi scontri “interni” possano dar luogo ad una nuova guerra, destinata a durare il doppio di quella appena conclusa. * Quando le chiedo cosa ricorda della sua infanzia, Elisa mi risponde: «La confusione Maria. La confusione e la fame». Nei primi anni di età, sono i fratelli a prendersi cura di Elisa quando la madre ed il padre sono in cerca di cibo. I soldi ormai sono esauriti ed i campi sono distrutti. L’UNITA ha stabilito la sua base a Huambo e questo ha trasformato la zona in una vera e propria area di guerra. Fernando capisce che non possono più rimanere a Bailundo. Eugenia ha una sorella che vive con la famiglia nella provincia vicina: li raggiungeranno. La guerra civile angolana condannerà a morte oltre 500.000 persone, disseminerà 15 milioni di mine antiuomo e produrrà oltre un milione di sfollati interni; Elisa e la sua famiglia rientrano tra quest’ultimi. Nell’inverno del 1981, Elisa prepara un fagotto con poche cose e prende un piccolo sgabello di legno; se li carica sulla testa, come ormai ha imparato a fare da sua madre, e con la famiglia si mette in marcia, abbandonando campi e casa. Direzione Cuanza Sul4, dove dovrebbero esserci degli zii di Elisa rifugiati nel bairro5 Lupupa. Fernando ha paura di rimanere sulla strada principale per via dei carri armati e degli aerei che passavo di tanto in tanto. D’altra parte, è giunta voce che i campi sono stati disseminati di mine antiuomo. Inciampare su una mina può farti saltare in aria, oppure perdere un arto, nella migliore delle ipotesi. In entrambe i casi la persona muore, a causa dell’impossibilità di ricevere delle cure. Fernando decide Provincia confinante ad est con la provincia di Huambo, mentre ad ovest si affaccia sull’Oceano Atlantico. 5 Quartiere in lingua portoghese. 4

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di passare dai campi, cercando sentieri già battuti, e di spostarsi su strada al calar del sole. Procedono lentamente. Ad ogni passo Fernando, in testa al gruppo, sospira mentre cerca di dare coraggio alla famiglia. Vicino alla madre Elisa si sente al sicuro; in lontananza si sentono i bombardamenti e la vista è accompagnata dalla desolazione di un paesaggio violato in ogni sua parte. La prima sera il freddo provoca ad Elisa brividi continui ed il naso comincia a gocciolare. Dopo il freddo arriva la fame, ma presto questa viene raggiunta dalla stanchezza. La famiglia impiega quattro giorni di cammino per raggiungere il bairro Lupupa. Quando arrivano i piedi sono doloranti e il gruppo ha molta fame. Quella notte, dopo tanto tempo, riescono a dormire un sonno profondo, sia per l’infinita stanchezza, ma anche per la consapevolezza di essere arrivati fino a lì. Di avercela fatta. Di essere tutti vivi. Di essere tutti insieme. * Il mattino seguente zia Cipriana accompagna Eugenia e la famiglia a visitare il bairro e ad incontrare il soba6 Castro. Il bairro è situato vicino alla strada provinciale, ma Elisa non lo aveva notato all’arrivo. Probabilmente per via della foresta di Eucalipto che dalla strada nascondeva la visuale delle case. Le abitazioni sono tutte basse, fatte di adobo, con tetto di paglia, ma a differenza di quelle di Bailundo, che sono di un color sabbia triste, queste sono rallegrate da un rosso caldo. Un paio di pozzi permettono l’approvvigionamento dell’acqua, mentre per lavare i panni e farsi il bagno c’è un fiume non troppo distante dalla montagna, in una zona al momento sicura. Dietro il villaggio sorgono due grossi monoliti, ricoperti da una vegetazione rada. I monoliti ospitano qualche piccola grotta, in passato utilizzate dai bambini per giocare o per installarci trappole per gli animali. Oggi le grotte sono abitate da un paio di famiglie in fuga dalla loro comunità. Hanno visto bruciare il villaggio dalle milizie armate e portare via alcune ragazze. I ragazzi di età superiore ai 15 anni sono stati arruolati con la forza nell’esercito del partito e i campi sono stati distrutti. Le persone si sono messe in fuga, nessuno 6

Autorità tradizionale delle comunità angolane (capo villaggio). 9


più vive in quel villaggio. Oggi si aggiunge alla lista dei bairro fantasma. Il soba Castro aveva offerto loro un’abitazione, ma le due famiglie avevano preferito rifugiarsi nelle grotte, accettando solo di poter coltivare un piccolo pezzo di terra. Elisa osserva con molta attenzione e curiosità, tutto ciò che la zia le mostra: i pozzi e il fiume, la scuola chiusa, le lavras7, la foresta, il grande cimitero, la baracca di António, che rivende tutto ciò che riesce a trovare, e la casa del soba Castro. Il soba è un uomo alto, con una grande pancia, vestiti logori e uno sguardo vitreo. Dietro a lui, la moglie finisce di dare da mangiare ai figli ed Elisa nota che la donna ha una sola gamba. Ipnotizzata, continua a fissarla finché la donna non si volta. Allora Elisa si nasconde rapidamente dietro la sottana della madre, intimorita dal duro sguardo che la donna le ha rivolto. Dietro al suo nascondiglio ripensa a João. Nel cammino fino a Lupupa, era capitato che incontrassero altre persone, tra cui un uomo anziano di nome João Carlos. João aveva perso una gamba dopo aver pestato una mina di ritorno dal suo campo. Nonostante l’età e la condizione precaria che la stampella improvvisata gli permetteva, l’uomo si muoveva bene e riusciva a tenere un buon passo. Avevano fatto un pezzo di strada insieme, in silenzio, per risparmiare il fiato. Dopo circa otto ore di cammino si erano separati, João aveva preso una strada battuta che conduceva al villaggio della sorella. Elisa lo aveva osservato mentre si allontanava sulla strada battuta, domandandosi come poteva essere vivere con una gamba sola. Come si poteva rinunciare a correre, saltare, nuotare e tirare calci? Lei non ci sarebbe mai riuscita. Ma lei non avrebbe perso la gamba, sarebbe stata attenta e vigile tutto il tempo! Questo pensiero durò circa dieci minuti, prima che altri pensieri la distraessero facendole dimenticare il buon proposito. Adesso papà Fernando ed il soba Castro si sono seduti a parlare sotto il grande albero di mango, dove si tengono le riunioni della comunità. Dopo alcuni inchini con la testa, Fernando raggiunge Eugenia ed il resto della famiglia, senza riuscire a trattenere un sorriso stanco e pieno di lacrime. Il soba gli offriva una piccola casa vicino 7

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Appezzamenti di terra usati per coltivare.


alla montagna, costruita per uno dei suoi figli che al momento era arruolato con l’MPLA e si trovava nei pressi di Luanda. Il soba e Fernando si avviano per andare a visitare un pezzo di foresta vicino alla loro futura casa. Dopo l’apertura della lavra, Fernando avrebbe dovuto consegnare la legna al soba, trattenendone una piccola parte per sé e per la sua famiglia. Quella sera zia Cipriana invita Eugenia e la sua famiglia a cena, prepara funji8 di manioca, fagioli e pollo. Elisa e i fratelli riprendono più volte il pollo, cercando di ricordarsi l’ultima volta che l’hanno mangiato. Dopo cena, sazi e felici, si abbandonano ad un altro sonno profondo. Il tempo scorre lentamente al bairro Lupupa. Nei mesi che seguono, la famiglia si integra bene con la comunità. Fernando lavora ogni giorno nei campi, insieme ai figli, mentre Eugenia ed Elisa si prendono cura della casa e delle varie faccende. Nel frattempo nel paese continuano i conflitti armati. Vengono distrutti i villaggi, gli edifici crollano sotto le raffiche di proiettili pesanti ed i ponti vengono fatti saltare in aria. Si alternano periodi di paura ed agitazione, a brevi momenti di tranquillità. Ma alle soglie del 1987 la tensione bellica è altissima. Il governo conservatore di Reagan continua a finanziare l’UNITA, arrivando a consegnare dei missili terra-aria a corto raggio. Dall’altra parte, l’Unione Sovietica versa miliardi di dollari in aiuti nelle casse dell’MPLA e Cuba continua ad inviare migliaia di truppe. Nei primi tre mesi del 1988, nella provincia del Cuando Cubango9, si consuma una delle battaglie più grandi del continente africano. Qui l’esercito sudafricano, schierato con l’UNITA, colpisce la base dell’MPLA a colpi di cannone. Tra le persone dilaga la paura e la confusione. È il caos. Nelle zone più isolate e nelle comunità rurali, nessuno sa niente. Le notizie non giungono facilmente. Le persone fuggono, vengono arruolate, vengono rapite, vengono uccise. Molte persone muoiono. Non c’è il Una specie di polenta espressa fatta con farina di manioca o di mais. Si accompagna a carne, pesce e verdure. 9 Provincia dell’Angola confinante con lo Zambia a Est e con la Namibia a Sud. 8

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tempo, né il modo, di offrire loro una degna sepoltura. Le poche informazioni confuse sugli sviluppi della guerra, arrivano da un vicino di casa o da un passante, da chiunque abbia recuperato una radio chissà dove. Con chiunque però è pericoloso abbandonarsi a una qualsiasi opinione politica o a un pensiero sulla situazione. È perfino pericoloso lamentarsi. Ogni bairro appartiene ad uno schieramento. E così i suoi abitanti. Le spie sono nascoste ovunque, pronte a denunciare “l’infedele” alle milizie armate in cambio di soldi. Le persone cominciano a chiudersi in sé stesse, a non fidarsi di nessuno, abbracciando il mutismo e abbandonando qualsiasi amicizia o legame umano. La paura ed il terrore diventano i soli compagni delle lunghe giornate. Anche nel bairro Lupupa il sospetto comincia a diffondersi come una malattia. Alcune persone fuggono dietro le montagne di pietra. Altre abbandonano il bairro per raggiungere parenti lontani. Le tristi notizie sulle sorti del Cuando Cubango arrivano fino a Lupupa. Ma la provincia è distante. Questo riduce un poco la preoccupazione degli abitanti del bairro. È una nuvolosa giornata di fine Febbraio. L’aria è pesante, si attende la pioggia. In lontananza Elisa distingue il rumore di camion sulla strada provinciale. Corre ad arrampicarsi fino alla base delle montagne di pietra. Da là scorge due grossi camion verdi che stanno entrando nel villaggio. La casa di zia Cipriana si trova poco dopo l’ingresso della comunità. Il secondo camion si ferma lì davanti, sbarrando l’uscita del bairro. Il primo procede fino al centro del villaggio stazionando davanti alla casa del soba. Castro esce per andare a ricevere i nuovi arrivati. Il comandante scende dal camion e si rivolge al soba, senza presentarsi e senza togliersi gli occhiali da sole. Al termine della conversazione, il comandante risale sul camion, si siede e con la gamba tiene aperto lo sportello, mentre si accende una sigaretta. Il soba comincia a fare il giro delle abitazioni. I soldati cercano ragazzi per le loro truppe. Se il soba non torna con almeno una decina di ragazzi, saranno i soldati a perlustrare le case. Quando il soba raggiunge l’abitazione della famiglia di Elisa, Eugenia è già in lacrime. I due figli maschi hanno ormai 15 e 16 anni, età considerata sufficiente per divenire soldato. Gli Enoque si uniscono al soba e alle altre famiglie per ritornare verso i camion. Undici ragaz-

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zi vengono fatti salire nella parte posteriore, insieme ad altri giovani neo-arruolati. Fernando rimane in silenzio guardando i figli mentre vengono caricati sul camion polveroso. Il più piccolo singhiozza, mentre il grande ha uno sguardo duro e fisso. Stringe il fratello a sé e dopo qualche istante fa un lieve cenno con la testa al padre. Significa che si prenderà cura del fratello e che torneranno vivi. Il comandante scosta la gamba dal suo sportello, lancia un urlo e il camion si mette in moto. Non ci sono parole di speranza, né di consolazione. I ragazzi vengono portati via, tra gli strazianti pianti dei genitori. Fernando è rimasto in silenzio nella sua disperazione. Se avesse protestato, probabilmente lo avrebbero ucciso. Come avrebbe fatto la sua famiglia ad andare avanti senza di lui? Quando i due camion verdi abbandonano il villaggio immerso in una nuvola di terra rossa, anche Fernando si abbandona alle lacrime insieme alla moglie e alla figlia rimasta. * Ogni giorno il sole continua a sorgere di fronte alla loro casa, scandendo l’inizio di una nuova giornata. Elisa e la madre si alzano per preparare il matabixo10. Elisa esce dalla piccola casa, mentre il padre dorme ancora, rannicchiato su una stuoia di paglia. Prende la legna, accende il fuoco, quindi prepara il funji e riscalda i fagioli. Dopo la colazione il padre si incammina solo verso la sua lavra, mentre Elisa e Eugenia raggiungono Cipriana e le altre donne al fiume. A Elisa piace molto andare al fiume. Prima di tutto perché la madre le lascia fare il bagno, ma soprattutto perché può passare un po’ di tempo con la sua amica Augustina. Augustina è una ragazzina magra e alta, con due enormi occhi chiari. Una creatura rara e bella. È già trascorso un anno da quando i fratelli sono stati portati via e otto anni dal giorno in cui Elisa e la sua famiglia sono fuggiti da Bailundo. Adesso Elisa ha quattordici anni. Augustina né ha solo tredici e si diverte a punzecchiare Elisa che a breve dovrà sposarsi. Sposarsi con un ragazzo. La cosa è molto esilarante agli occhi innocenti di Augustina. Elisa ridacchia insieme Letteralmente significa “uccidi-serpente”; è un’espressione utilizzata in Angola per indicare la colazione. 10

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all’amica, anche se prova una certa tristezza al pensiero di sposare uno sconosciuto ed abbandonare la famiglia. Augustina si diverte ad immaginare e a descrivere il ragazzo che Elisa sposerà. Sarà alto e bello ovviamente, generoso, dolce e molto ricco. No, magari non sarà molto ricco, ma abbastanza da permettersi una casa grande con una stanza per gli ospiti; così lei potrà andare a trovare Elisa ogni volta che vuole! Elisa si lascia trasportare dalla contagiosa fantasia dell’amica. Insieme ridono, abbandonando per qualche istante la realtà in cui sono prigioniere. Nonostante le risate con l’amica, ad Elisa il matrimonio non interessa, è una ragazzina e come tale vuole divertirsi. Inoltre, il tempo per divertirsi non è molto considerati tutti i lavoretti da svolgere durante il giorno insieme alla madre. Questa non perde occasione di ricordarle che a breve compierà quindici anni, l’età in cui lei si è sposata con suo padre. «Non voglio sposarmi mamma. Io voglio rimanere qui con voi. Farò le faccende, cucinerò e aiuterò papà nei campi. Non vi darò pensieri, ti prego». Con queste parole una volta Elisa aveva provato a convincere Eugenia a non allontanarla da casa. La madre le aveva detto di smetterla con quei discorsi da bambina. Le aveva spiegato che non volevano cacciarla di casa, bensì offrirle una possibilità, un’alternativa di vita migliore. Quella sera Elisa aveva tenuto il broncio e non aveva mangiato per protesta. Ma questo non cambiò la scelta dei genitori.

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David Augusto da Silva, 25 anni, insegnate. Non conosce la promessa sposa. Suo padre, Jõao C. da Silva, aveva preso la decisione in maniera repentina. Una sera rientrando tardi a casa con il motorino, aveva annunciato a David di aver scelto per lui una buona sposa. David non aveva avuto il tempo né di replicare, né di chiedere informazioni, che Jõao C. era subito riuscito per andare dal soba Morais a dare la notizia delle future nozze. Quello che David sapeva è che presto o tardi si sarebbe dovuto sposare, quello che non sapeva è che Jõao C., quello stesso pomeriggio, era inciampato dopo infinti anni nel suo amico d’infanzia Fernando Enoque. Nessuno dei due aveva mai sognato di rincontrare l’altro. Erano passati più di trent’anni dall’ultima volta che si erano visti. Jõao C. aveva lasciato Huambo, insieme ai genitori, per spostarsi nella provincia del Cuanza Sul e i due amici non avevano avuto modo di tenersi in contatto. Nati e cresciuti nello stesso bairro di Huambo, i due uomini si erano ritrovati a Lupupa. Avevano trascorso il pomeriggio insieme, a ricordare i vecchi tempi. L’infanzia tranquilla, la gioventù, i portoghesi e poi la guerra. Si erano reciprocamente messi al corrente di come erano andate le loro vite sino a quel momento. Jõao C. aveva raggiunto, con la famiglia, il bairro di Canjombe. Poco dopo l’arrivo si era sposato con una ragazza del posto. Avevano avuto quattro figli: tre maschi ed una femmina. La figlia era sposata con un ragazzo del bairro, mentre nessuno dei figli maschi si era ancora accompagnato. I due ragazzi più giovani erano stati arruolati nell’esercito, mentre il più grande, David Augusto, era insegnante presso la scuola di Canjombe. Fernando racconta le sue vicende e quelle della sua famiglia. Anche i suoi due figli sono

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stati portati via. Rimane solo la figlia di 15 anni, Elisa. I due non si concedono molto tempo per pensare e insieme prendono la decisione di far sposare i figli rimasti. L’idea di unire finalmente le due famiglie li rende felici al punto che gli occhi di entrambi si velano di lacrime. Si lasciano con la promessa di rivedersi presto per fissare la data del pedido, la richiesta ufficiale della mano della sposa. * La ragazza ha 15 anni e vive in un altro bairro: queste sono le uniche informazioni che David riceve sulla sua futura moglie. All’indomani del pedido David è visibilmente nervoso e teso. Insieme alla famiglia visiterà il bairro Lupupa dove lo aspettano gli Enoque. Il mattino seguente David si sveglia presto e ricontrolla infinite volte la lista dei doni richiesti dalla famiglia della sposa, come la tradizione ancora oggi prevede per il pedido. Ha già caricato tutto sul carretto, mentre suo padre è andato a pagare al soba l’affitto dei due buoi e sua madre sta ancora scegliendo un telo per legare i capelli. David si affaccia sulla soglia di casa per avvertirla che sono pronti a partire. Lei si decide per un telo rosa, lasciando le altre due scelte su uno sgabello. Il carro si muove a passi lenti verso il bairro di Elisa, mentre David osserva allontanarsi la piccola casa che ha costruito insieme al padre, dove di lì a poche settimane inizierà la sua nuova vita, con la nuova sposa. * Gli Enoque ricevono bene i de Silva e la cerimonia di pedido, che aveva reso David molto nervoso, si trasforma in una piacevolissima giornata di metà Aprile. I due sposi si vedranno per la prima volta soltanto il 4 Maggio del 1990, all’interno della piccola chiesa cattolica del bairro Canjombe, a circa 20 km da Lupupa. Elisa è terrorizzata dentro il suo abito da sposa, imprestatole dalla zia Cipriana. Il suo sposo è accanto a lei, entrambi sono ri-

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volti al prete, ma Elisa continua a fissare il pavimento. Ha paura di essere vista da David. E se lui non la trova attraente? E se lui è un mostro? Elisa non ha ancora avuto il coraggio di alzare lo sguardo verso il suo sposo, quando il prete chiede a David se vuole prendere Elisa in matrimonio. Solo allora Elisa è costretta ad alzare il volto e guardare per la prima volta l’uomo con il quale dovrà trascorrere il resto della sua vita. È uno sguardo veloce, sfuggevole, ma che lascia trapelare un sorriso all’angolo della bocca di Elisa. David è proprio un bel ragazzo. È alto, ben formato, occhi lucenti e un bellissimo sorriso. Finita la cerimonia Elisa viene rapita dalle donne e riportata nella sua casa del bairro Lupupa, per la sua ultima notte da vergine. Tra le donne c’è anche la sua amica Augustina, che si era già lasciata scappare una strizzatina di occhi dopo aver visto David. La mattina seguente, mentre Elisa si appresta ad organizzare le sue poche cose per iniziare la sua nuova vita, Augustina le augura ogni felicità e le confida di essersi recata in chiesa ed aver pregato per lei. Le augura felicità e amore vero. Le due amiche si promettono a vicenda di amarsi sempre e di non perdersi di vista. Dopo gli ultimi saluti e benedizioni, Elisa e la madre si mettono in marcia per Canjombe. Impiegano circa 5 ore di cammino per arrivare. Vengono ricevute dalla madre di David, Maria Francisca, la quale le conduce presso l’abitazione degli sposi, prima di andare a presentare i saluti al soba Morais. David è a scuola, rientrerà nel tardo pomeriggio. Il padre è nella lavra e rientrerà solo a sera. Eugenia, donna Maria Francisca ed Elisa trascorrono il giorno insieme, preparando funji, fagioli, cavolo e pollo. Dopo pranzo Eugenia bacia Elisa sulla fronte e riparte verso Lupupa, con una parte della pietanza preparata. Elisa si ritira nella sua nuova casa, al lato dell’abitazione dei suoceri. Si guarda intorno; la casa è vuota, solo una grande stuoia è disposta in un angolo del pavimento. Ci sono due piccole finestre: una sulla parete lunga, di fronte alla porta; l’altra su una delle due pareti corte, che affaccia sul piccolo cortile.

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Elisa si lascia cadere sulle ginocchia, abbandona il fagotto con le sue cose, e piange in silenzio. * David non riesce a concentrarsi sul lavoro. Consegna ai sui allievi dei compiti da svolgere in classe e si ritira nei suoi pensieri. Pensa ad Elisa nella loro nuova casa. Pensa che saranno soli quando lui rientrerà da lavoro. Forse dovrebbe portarle un presente. Si ricorda quel dolce viso, con i due occhi grandi e non riesce a pensare ad altro. Continua a contare i minuti, irrequieto. Finalmente le cinque. Lasciata la scuola, raggiunge la piccola baracca dal lato opposto della strada. All’intero la luce è poca e il caos in cui sono disposti gli articoli lo scoraggia. Ci sono generi alimentari in scatola, utensili per cucinare e lavare, detergenti e poche altre cianfrusaglie. In mezzo alle cianfrusaglie, David scorge un piccolo fermaglio per capelli. È rosa con un fiore di loto bianco al centro. Non è niente di speciale, ma è grazioso. * Il pianto è stato uno sfogo necessario ed ora Elisa è pronta ad affrontare la giornata. Fa il giro della casa per esplorare la “sua proprietà”. Scopre un bel cortile dove potrebbe coltivare mais e fagioli e magari installarci una capoeira11. Il pozzo non è molto lontano dalla loro casa. Canjombe sembra un bairro più ricco di Lupupa e la percezione che offre è che le guerra sia più lontana. Effettivamente il bairro è distante dalla strada statale e per raggiungerlo ci vogliono vetture da fuoristrada. Ad Elisa piace Canjombe; le persone sembrano più tranquille da queste parti e sembra anche che nessun camion verde sia mai giunto fino a lì. Il sole comincia ad abbassarsi ed Elisa accende il fuoco dove riscalIl pollaio in lingua portoghese. In Angola la capoeira viene costruita rialzata da terra, per evitare l’ingresso di serpenti ed altri animali. 11

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derà il funji, i fagioli, il cavolo ed il pollo, preparati con la suocera. Ha sistemato le sue cose sopra un telo che ha disposto in terra. Con un altro telo grande, che le ha regalato la madre, Elisa crea un separé tra la zona notte ed il resto della stanza. Posiziona il suo sgabello vicino al fuoco, acceso nell’angolo tra la porta e la parete corta con la piccola finestrella. Si è legata un velo azzurro sui capelli ed ha indossato il suo vestito migliore. Nonostante il timore, Elisa è curiosa e felice di rivedere David. Il suo sposo dal bel sorriso. Quando David entra in casa, Elisa gli rivolge un timido sguardo. «Boa noite marito. Com’è andata la tua giornata?». È imbarazzata ma cerca di non darlo a vedere. «Ho pensato a te tutto il giorno ad essere sincero. Mia bella Elisa, ti ho portato un dono. È semplice, ma spero che ti piaccia». Elisa non crede alle sue orecchie. Un dono? Per lei? Per la sua “bella” moglie. Allora David la trova bella? Il cuore le batte forte e si accorge che la voce le trema mentre ringrazia David per la sua gentilezza. Cenano scambiandosi qualche parola e molti sguardi. Finita la cena, Elisa lava le poche stoviglie e spenge il fuoco. Prima di raggiungere David dietro il separé, si scioglie il telo e lo sostituisce con il fermaglio che ha ricevuto in dono. David la accoglie in un grande abbraccio. Dolcemente le toglie le vesti e sente il suo corpo che trema. La rassicura con parole dolci. Elisa è incuriosita e intimorita allo stesso tempo, ma le carezze di David lentamente dissipano il disagio e l’imbarazzo della nudità ed Elisa si abbandona ai baci e alle labbra di suo marito. * Nei giorni che seguono Elisa e David cominciano a conoscersi e ad abituarsi alla presenza l’uno dell’altra. Elisa riesce ad avere dei semi da un vicino e, con il permesso di David, coltiva mais e fagioli. Pianta un avocado e tre papaye. Ci vorrà del tempo, ma il loro cortile avrà un bell’aspetto e regalerà loro buon cibo. Una domenica, dopo la chiesa, David chiede ad Elisa se le piace-

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rebbe imparare a leggere e a scrivere. Elisa non ha mai avuto la possibilità di frequentare una scuola e l’offerta di David le riempie gli occhi di lacrime. Lo abbraccia e lo bacia, accettando con entusiasmo. Elisa è una brava allieva, si impegna molto e nel giro di pochi mesi legge già abbastanza bene. Qualsiasi cosa le capiti sotto gli occhi è una buona scusa per leggere. Dalle etichette dei vestiti, ai libri di scuola che David le porta a casa. Un pomeriggio, uscito da scuola, si ferma nella baracca dall’altro lato della strada, dove aveva visto un piccolo dizionario Portoghese-Inglese. Elisa comincia così a studiare inglese. È quasi trascorso un anno dal giorno del matrimonio Elisa è felice e innamorata. Ringrazia Dio per averle dato genitori in gamba e ringrazia i genitori per aver scelto il suo dolce David. * Dal giorno delle nozze, Elisa era tornata al suo bairro una sola volta, per far visita alla famiglia e alla sua amica Augustina. In quell’occasione aveva raccontato alla madre della sua vita a Canjombe con David. Le aveva confessato il suo amore per il marito con un grande sorriso. Le aveva raccontato delle lezioni di scrittura e che David le aveva insegnato a leggere moto bene. Da poco aveva anche iniziato a studiare inglese. «Good moning moder, god bless you» Finiti i suoi racconti, aveva chiesto notizie del suo vecchio bairro, dei fratelli e della sua amica Augustina. Eugenia l’aveva allora messa al corrente degli ultimi avvenimenti. Il fratello più piccolo di Elisa, Pedro, era riuscito a far arrivare una lettera alla famiglia, grazie ad un cugino del soba Castro. Pedro aveva conosciuto il cugino del soba per puro caso e quando aveva saputo che sarebbe tornato a Lupupa, aveva chiesto ad un compagno di scrivere la lettera per lui. Elisa aveva letto avidamente la lettera che conteneva le prime notizie dei fratelli dopo anni. Pedro innanzitutto comunicava che stavano bene. Tonin aveva deciso di rimanere nell’esercito ma stava cercando il modo di farsi trasferire nella provincia del Cuanza Sul, così da poter visitare i genitori. Pedro invece non sarebbe ri-

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masto nell’esercito, ma aveva conosciuto una ragazza bellissima a Luanda e si sarebbero sposati non appena fosse riuscito a mettere insieme i soldi per il pedido. Il nome di lei è Amelia Joaquim. Entrambe i fratelli speravano un giorno di riunirsi con la famiglia ma, in breve, comunicavano ai genitori di non preoccuparsi per loro. La lettera terminava con la promessa di altre notizie appena possibile. Nessun dettaglio sulla guerra, né sulle zone in cui avevano combattuto. Ma stavano bene e dicevano di non preoccuparsi. Come se per un genitore questa fosse una scelta. Quella lettera portava buone notizie, ma Eugenia soffriva per la lontananza ed il pericolo a cui erano costretti i figli. Elisa aveva cercato di rasserenarla, ricordandole che Pedro e Tonin erano due ragazzi in gamba. Se la sarebbero cavata e un giorno sarebbero tornati con le mogli e avrebbero vissuto tutti insieme. «Sei proprio una donna adesso Elisa. Sembri così forte e ottimista. Vederti così mi rende felice» le aveva detto la madre. «Oh mamma, è grazie alle vostre scelte, ai vostri sforzi e alla vostra determinazione che io adesso sono quella che sono. Sono io a ringraziarvi». Prima che Eugenia cominciasse a piangere, Elisa cambiò velocemente argomento. «E per il resto? Come vanno le cose qui al bairro?» Tutto tranquillo, non si erano più visti camion verdi e Augustina era stata promessa in sposa ad un ragazzo del villaggio. Elisa si era recata dall’amica per sparlare del futuro sposo. E aveva trovato l’amica bella e solare come sempre. «Potrebbe essere chiunque! Potrebbe essere qualcuno che vedi ogni giorno!» «Oh mio Dio, potrebbe essere quel mostro di Joaquim Castilho!» Le due amiche avevano riso e chiacchierato tutto il pomeriggio, come ai vecchi tempi. Elisa aveva raccontato all’amica quanto fosse meraviglioso vivere con David e le augurava la stessa fortuna. Anche se fosse dovuto essere con Joaquim Castilho. Era stata una bellissima giornata e la mattina seguente Elisa era venuta via un po’ a malincuore. Ma tornando a casa aveva ripensato alle notizie del bairro. Erano state buone e, nonostante la guerra e la fame, la sua vita insieme a David sarebbe andata bene. Elisa sorrise, chiuse

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gli occhi e si lasciò accarezzare dalla fresca brezza del mattino. * Il piccolo avocado sta crescendo proprio bene e le papaye ormai raggiungono l’altezza di Elisa. Qualche volta porta alla suocera i fagioli dell’orto o le pannocchie. Si trattiene con lei a sgranellare il mais e ad ascoltare i racconti del bairro. A Canjombe era giunta la notizia del primo accordo di pace tra i partiti dell’MPLA e dell’UNITA. A breve si sarebbero svolte le prime elezioni libere in Angola. La notizia aveva portato ottimismo e questo era percettibile in tutta la comunità. Lentamente le cose sarebbero migliorate. Il paese sarebbe riemerso e la paura sarebbe svanita. L’entusiasmo durò poche settimane, prima che il paese ricadesse a terra come un animale gravemente ferito. L’MPLA aveva vinto le elezioni, ma il partito dell’UNITA non aveva accettato il risultato elettorale. A questo risultato seguì il caos. Le milizie si fecero ancor più violente e gli attacchi più feroci. Il Sud Africa e l’America aumentarono i loro aiuti a favore dell’UNITA, mentre la Russia regalava armi e munizioni all’MPLA. Nella confusione e nel terrore diffuso, Elisa si stringe a David che la rasserena ogni giorno e continua a darle lezioni di inglese. «Aspetto un bambino». Sussurra una notte all’orecchio di David. Elisa si era preoccupata dell’assenza di mestruazioni già da tempo e ne aveva parlato con Maria Francisca, la quale l’aveva tranquillizzata spiegandole il significato di tale evento. «Non so se sarà maschio». «Maschio o femmina, è una bellissima notizia. Ti amo Elisa». Quelle parole suonarono così dolci nelle orecchie di Elisa e il cuore le batteva forte, mentre si stringeva a David che la riempiva di baci. Decise di abbandonarsi totalmente a quell’attimo di felice intimità, senza che nessuna guerra o paura si intromettessero nei suoi pensieri. Nel Luglio del 1992 viene al mondo Xanna. Una bimba forte e sana. Al bairro giunge la notizia della presa di tutte le capitali di provincia

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da parte dell’UNITA, dal confine Nord-Ovest fino a Huambo. La guerra imperversa libera e senza controllo in tutto il paese e non tarda a raggiungere la provincia del Cuanza Sul. Cominciano a girare informazioni incomplete secondo le quali alcune milizie stanno passando a reclutare giovani nelle comunità vicine alla strada provinciale. Una sera David rientra da lavoro in anticipo, riportando delle voci che erano giunte dal bairro Lupupa. Secondo tali voci, un comandante dell’UNITA, un certo André Adolfo, si era fermato qualche giorno al bairro Lupupa con i suoi uomini. Dovevano reclutare dei giovani e ripartire il giorno successivo. «Sembra che il comandante Adolfo abbia messo gli occhi su una giovane dagli occhi chiari. La ragazza era già promessa al figlio del soba Castro. A giorni si sarebbero dovute celebrare le nozze». «Oh mio Dio. Augustina. Tra una settimana si sposa». «Il soba e suo figlio si sono ovviamente rifiutati di lasciare Augustina al generale Adolfo. Alla protesta si sono aggiunti i familiari della ragazza e rapidamente tutta la comunità si è scagliata contro i militari» continua a raccontare David. Elisa ascolta con le mani sulla bocca e le lacrime che non smettevano di scendere. Era caduta sulle ginocchia e fissava il marito aspettando maggiori informazioni, ma con il terrore di quello che sarebbe uscito ancora dalle sue labbra. «È scoppiata una vera e propria rivolta. Non sappiamo l’esito della lotta. Possiamo solo immaginare che i nostri compagni abbiano combattuto con coraggio una lotta impari. Intendo dire, carne contro ferro. Non so quante possibilità di vittoria...» David si ferma, si abbassa ed abbraccia Elisa scossa dalle lacrime. Cos’è successo ad Augustina? Il soba aveva scacciato i militari? La sua famiglia aveva preso parte alla rivolta? Le voci nella sua testa cominciano a fare mille domande sovrapponendosi e creando un brusio incomprensibile. Nel frattempo anche Xianna, legata in un telo sulla schiena della madre, comincia a piangere. Molto probabilmente ha fame. Ma Elisa non la sente. Elisa non sente niente; solo il suo dolore. *

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Insieme a David, prendono la decisione di lasciar passare un paio di settimane prima di raggiungere il bairro Lupupa. Avrebbero lasciato Xanna con la nonna e sarebbero partiti con il motorino di David. La domenica della visita, Elisa prepara il suo fagotto con fagioli, mais e cavolo e dopo la messa parte insieme al marito. È ansiosa di vedere la famiglia e conoscere la verità, ma allo stesso tempo è terrorizzata per le voci giunte al suo bairro. Raggiungono Lupupa in breve tempo e si dirigono subito alla casa dei genitori. Lungo il tragitto, si rendono lentamente conto che le voci non erano false. Nel bairro regna il silenzio. Non ci sono persone per la strada. Molte case sono state distrutte e una parte dei campi è stata bruciata. I due pozzi sono stati fatti saltare in aria e la casa del soba Castro sembra deserta. Raggiungono la vecchia abitazione di Elisa e trovano Eugenia intenta a spazzare la soglia di casa. La donna è quasi irriconoscibile. È di una magrezza preoccupante e sembra che le forze la stiano per abbandonare da un momento all’altro. Quando Eugenia alza la testa e vede la figlia, gli occhi le si riempiono di lacrime. Eugenia racconta con voce bassa e tremante i fatti dei giorni precedenti. Le voci ricevono così l’ultima conferma. «Durante la rivolta, gli uomini hanno combattuto i militari. Machete contro fucili. Non poteva terminare bene, era ovvio. Ma non avremmo più lasciato che portassero via i nostri figli e le nostre ragazze». Molti uomini erano morti; le donne si erano nascoste in casa con i figli. Due militari erano rimasti feriti, gli altri incolumi. Avevano appiccato il fuoco alla casa del soba, caricando sul camion verde il figlio maggiore, la moglie e Augustina. Hanno lasciato vivi il soba e alcuni uomini che non si erano uniti alla rivolta, tra cui il padre di Elisa. Fernando era nella sua lavra al momento della rivolta, insieme ad altri uomini. Si erano resi conto che stava accadendo qualcosa solo dopo aver sentito gli spari. Allora erano accorsi sul posto, dove lo spietato spettacolo era già finito. La rivolta era stata freddata velocemente. Una volta ristabiliti i ruoli, il comandante Adolfo aveva dato l’ordine di incendiare la casa del soba, insieme alla casa della famiglia di Augustina, di far saltare i due pozzi ed infine lui stesso aveva appiccato il fuoco ai campi.

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«Avrebbero dovuto aspettare la notte per attaccare. Avrebbero avuto qualche possibilità in più». Elisa ha gli occhi rossi e il corpo che trema. Questa volta però non è freddo, né paura; Elisa trema di rabbia e di dolore. Molte persone hanno lasciato la comunità e alcuni sostengano di aver visto i soldati cospargere i campi con mine antiuomo, prima di partire. Voci che fortunatamente fin’ora non hanno avuto conferma. Appena il pianto riesce a fermarsi, Eugenia continua il suo racconto. I due camion verdi sono ripartiti in direzione di Sumbe12 lasciando dietro a sé la devastazione. Il giorno successivo sono giunte nuove notizie, tramite la radio di António, il proprietario della baracca. Il ponte sul fiume Nhía è stato fatto saltare in aria dall’esercito dell’MPLA al momento del passaggio dei due camion. Il comandante André Adolfo è morto, insieme a tutte le persone presenti sui camion.

Capoluogo della provincia del Cuanza Sul, situato sulla costa occidentale del paese. 12

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3.

Passano molti mesi prima che Elisa torni ad essere la ragazza sorridente ed ottimista di un tempo. Nel frattempo Xanna cresce e David si rivela un padre dolce e premuroso. È la sua famiglia che la aiuta a ritrovare il sorriso. I primi passi di Xanna, le carezze di David e non molto più tardi una promozione. David è il nuovo preside della scuola elementare di Canjombe. Per festeggiare la notizia, David torna a casa con due galline ed un gallo. Il giorno successivo inizia a costruire la capoeira che Elisa aveva immaginato il giorno del suo arrivo. Mentre osserva marito e suocero alle prese con la costruzione della capoeira, Elisa si rende conto che la fortuna è stata buona con lei. Le ha regalato una famiglia bellissima, anche se per adesso poco numerosa. Una casa con un orto e adesso un pollaio; cose molto rare ed apprezzate in un paese ancora sconvolto dalla guerra. Come se tutto questo non bastasse, suo marito è preside della scuola. Elisa è fiera di David, così intelligente e premuroso. Si rende conto di essere stata un’egoista a chiudersi nel suo dolore. Non può più concedersi momenti di depressione e buia tristezza. Deve essere forte per Xanna, per David e per la sua famiglia. Lo meritano tutti. Una domenica di Aprile del 1994, Eugenia e Fernando arrivano a Canjombe per una visita a sorpresa alla figlia. Elisa è radiosa alla vista dei genitori. La madre ha riacquisito peso ed anche il colorito sembra più salutare. La ringraziano per le scorte di cibo che ricevono ogni due settimane, già da più di sei mesi. Le uova sembrano aver fatto tornare l’appetito anche al padre. Elisa aveva saputo dal marito che un signore del bairro vicino, una volta a settimana, si recava a Lupupa passando inevitabilmente da Canjombe, e ritornava al suo bairro la settimana successiva. Aveva quindi stipulato un accordo che prevedeva la consegna del fagot-

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to alla famiglia Enoque, in cambio di sei uova. E così Elisa riusciva ad inviare loro cibo e notizie. È la prima volta che Xanna conosce i nonni ed è la prima volta che Elisa ospita i genitori in casa sua. È emozionata e felice. Passa il pomeriggio con la madre e la suocera, a cucinare per la sera e a sparlare del più e del meno. Al mattino Eugenia e Fernando si rimettono in cammino per tornare a Lupupa. Prima di andare a scuola, David consegna loro un galletto e una gallina. Ormai la loro capoeira non ha più spazio, commenta, pregandoli di accettare il dono. Elisa li abbraccia e promette loro di andare presto a trovarli insieme alla piccola Xanna. * I giorni passano trascinandosi. Nessuna grande novità sconvolge la vita degli abitanti di Canjombe. Si partecipa a qualche matrimonio, o ci si complimenta per qualche nascita. Ma sono più i funerali che non i battesimi ad essere festeggiati. La morte è di casa e non ci si stupisce più quando passa davanti alla nostra porta. Un bimbo cade da un enorme albero di mango nel tentativo di sgraffignare qualche frutto. Un ragazzo cade nel fiume mentre è a pesca, ed affoga. Un vecchio muore di infarto. Una ragazzina si becca la polmonite, mentre un uomo muore di malaria. Purtroppo non ci sono medicine né medici a disposizione. Anche un raffreddore può essere letale se trascurato, e così una bacinella d’acqua lasciata a ristagnare, può divenire il covo della malaria. Anche le notizie che arrivano dalle zone calde del paese, non sconvolgono più di tanto le doloranti orecchie della popolazione. Le giornate passano nell’abitudine della guerra e della morte. Nel paese si alternano momenti di tregua, a momenti di feroci combattimenti. Si attende il successivo, di solito brevissimo, “cessate il fuoco”. Molte persone sono nate e vissute solo nella guerra, come Elisa. La vita per queste persone è sofferenza e alla morte non viene concessa la stessa drammaticità che l’accompagna nella maggior parte del mondo. La morte è parte stessa della vita e puoi incontrarla per caso nel tuo tragitto quotidiano.

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Tuttavia, anche le pesanti sofferenze della vita possono essere rese più lievi dai dolci avvenimenti familiari. Verso fine Gennaio del 1995, Elisa annuncia a David che aspettano un secondo figlio. La notizia viene immediatamente fatta arrivare ad Eugenia e Fernando, che Elisa immagina mentre leggono la lettera e sorridono. Quando l’uomo-postino ricompare la settimana successiva si ferma a casa di Elisa e David. Questa volta è lui a portare notizie. «Sono spiacente di portare tristi notizie signora Elisa, ma le devo comunicare che sua madre, la signora Eugenia, è morta quattro giorni fa». David sgrana gli occhi ed istintivamente stringe a sé la moglie; ma Elisa non capisce cosa le sta dicendo l’uomo-postino. «Stava rientrando verso casa quando ha messo il piede su una mina antiuomo. Suo padre ha sentito l’esplosione e insieme ad altri uomini è accorso sul posto... ma la scena che ha trovato... Io non so... mi dispiace molto». Forse quell’uomo sta usando un altro dialetto perché lei continua a non capirlo. Improvvisamente nella sua testa compaiono tante immagini. Rivede la madre nell’ultima visita al bairro, la rivede al fiume a Lupupa, rivede la sua lunga gonna dietro la quale lei si è nascosta tante volte. Poi la vede mentre le sistema i capelli il giorno delle nozze. È stordita, la testa le gira ed improvvisamente prendono a muoversi anche le pareti. Si porta le mani alla testa e David fa in tempo a riprenderla mentre abbandona la stanza, l’uomo-postino, e i sensi. Il giorno successivo Elisa accompagna la piccola Xanna dalla suocera, le lascia un bacio sulla fronte e ringrazia Maria Francisca. Prende il suo fagotto e parte alla volta di Lupupa. Trascorre la giornata tra le lacrime, insieme a vicini e amici. Zia Cipriana, in quanto sorella maggiore della defunta, riceve in casa le persone che passano a fare le condoglianze, offrendo loro fagioli bolliti e funji. La tradizione vuole che questa cerimonia, di visite e di offerta di cibo, duri circa una settimana, durante la quale zia Cipriana non può abbandonare la casa o rimanere sola. Elisa, al suo arrivo, trova tutto ripulito e immerso nel silenzio. Non avrebbe riconosciuto il luogo dell’incidente se non fosse stato per la terra, lavorata dal sudore e dalle lacrime del padre. La zia ed alcune vicine avevano pulito la scena dell’orribile delitto di guerra, risparmiando ad Elisa la macabra immagine dei brandelli di carne

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di sua madre sparsi a giro. Alcuni cani randagi erano stati visti la notte; attratti dall’odore della carne in putrefazione. Erano venuti a terminare il lavoro delle donne. * Nell’arido Agosto del 1996, Rosalia riporta il sorriso nella famiglia Enoque de Silva. È una bambina bellissima. Dalla morte della moglie, Fernando ha quasi smesso di parlare. Vive solo e senza grandi necessità. Coltiva solo una parte del terreno offertogli dal soba. è riuscito ad inviare notizie ai figli, per comunicare la morte della madre. La lettera di Fernando era stata telegrafica. Ancora non ha ricevuto risposta, ma il cugino del soba gli ha confermato che la busta è stata consegnata. Gli unici momenti in cui Fernando trova serenità e uno spiraglio di felicità, sono le visite del suo amico Jõao C. e di sua figlia Elisa, insieme alle nipotine. Ma presto anche la salute comincia ad abbandonarlo e sul volto triste dell’uomo comincia a scomparire la vita, rapita dalle sofferenze della febbre gialla. Elisa rimarrà una settimana nella sua vecchia casa di Lupupa, a ricevere ospiti e offrire cibo. Nel momento della morte, ormai senza nessuna forza né resistenza, Fernando aveva guardato la figlia e le aveva regalato il suo ultimo prezioso sorriso. * Elisa è nel cortile, con il suo vestito azzurro che le concede respiro nonostante l’enorme ventre gonfio. Contempla il suo avocado che ormai è grande e regala molti frutti. La giornata non è ancora nuvolosa. Raccoglie qualche frutto e poi si volta ad osservare il nuovo alberello che ha piantato nell’angolo opposto. Quando anche quello sarà cresciuto, la casa avrà una piacevole ombra e offrirà un fresco riparo dalla calura della stagione secca. Nello stesso momento in cui Elisa fa questi pensieri, una dolorosa fitta la colpisce al ventre, seguita da una serie di altre. La sera stessa David tiene in braccio la sua terza figlia, Faustina: occhi vispi e sorriso birichino.

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Pochi mesi più tardi iniziano una serie di massicci attacchi dell’esercito angolano contro le basi dell’UNITA, fin’ora detenute tra Bié e Huambo. Gli attacchi fanno muovere rapidamente i militanti dell’UNITA, che si rifugiano nella Provincia del Cuanza Sul. È in arrivo la stagione delle piogge, la stagione delle semine e dei raccolti. Una stagione di vitale importanza per le persone che vivono nelle zone rurali. Purtroppo il 1998 non solo non concederà raccolti, ma seminerà la paura tra gli abitanti del bairro di Canjombe. Nel giro di poche settimane dall’ingresso dell’UNITA nella provincia, Canjombe è irriconoscibile. La maggior parte dei campi sono abbandonati come molte abitazioni. Adesso il bairro ha due bandiere13 e così rimarrà fino ai giorni presenti. Un bairro con due bandiere può essere pericoloso. Ed è per il timore di questo pericolo, che David, una sera di rientro dalla sua scuola, comunica a Elisa che il bairro non è più sicuro. Insieme decidono di raggiungere il Moreno, dove la sorella di David si è già trasferita con il marito ed i figli. Il bairro Moreno si trovava nella parte alta della cittadina di Waku Kungo, vivace e graziosa cittadina al tempo dei coloni portoghesi. Adesso Waku Kungo appare come uno scheletro spolpato dagli avvoltoi. È stata saccheggiata, bombardata e abbandonata. Solo ora le persone cominciavano a tornare nei bairros della periferia. Bairro Moreno è tra quelli che si stanno ripopolando più rapidamente. La famiglia impiega qualche giorno per trasferirsi. David fa avanti e indietro da Canjombe a Moreno, trasportando prima Elisa e le figlie, tutte schiacciate sul motorino. Dopodiché, torna a prendere i suoi genitori ed infine le poche cose rimaste. Mentre abbandonano il bairro, Elisa pensa al suo cortile e alla sua casa, avvertendo una lieve fitta al cuore; non vuole lasciare il villaggio. Canjombe è il suo bairro; qui ha preso forma la sua vita; qui ha creato la sua famiglia; qui è nato il suo amore. Silenziose lacrime le scorrono sulle guance mentre il motorino abbandona la strada sterrata e si immette sulla statale. Nel giro di pochissimo tempo, David riesce a trovare un impiego che gli permette di sfamare la famiglia. È la prima volta che Elisa non ha un piccolo spazio dove coltivare il proprio cibo. Adesso devono acquistare tutto, anche se la scelta dei prodotti è molto limitata. In città 13

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Si riferisce alle bandiere dell’MPLA e dell’UNITA.


si trovano cose che a Canjombe non arrivavano, ma il costo della vita è molto più alto. David comincia a lavorare come agente della polizia, grazie ad un amico che lo presenta al capo reparto dell’ufficio investigazioni di Waku Kungo. Suo marito è in gamba, Elisa lo sa bene, e presto fa amicizia con tutti i rifugiati dei vari bairros della cittadina. Inoltre, questo lavoro permette di ricevere qualche notizia in più sui conflitti e sugli spostamenti delle varie milizie armate. Succederà più volte che David rientri improvvisamente dal lavoro per informare Elisa del passaggio di una truppa o di un’altra. Xanna ormai è grande e ha iniziato ad andare a scuola ed Elisa la aiuta con i compiti e con la lettura. Rosalia ha solo tre anni ma accenna già alcune brevi frasi con una rara accuratezza. La piccola Faustina invece, vive ancora il mondo dalla schiena della madre. Elisa la avvolge sulla schiena con un grande telo, che lega sul davanti, ed insieme svolgono le varie faccende di casa. Ogni giorno prendono i panni sporchi e raggiungono un corso d’acqua vicino alla montagna che sovrasta la cittadina di Waku Kungo. Sulla cima della montagna di pietra si vede spuntare una piccola chiesa, abbandonata dal giorno della cacciata dei portoghesi. Insieme a loro, si radunano spesso altre donne del bairro per lavare e poi stendere i panni al sole. Ognuna racconta, senza troppi dettagli, le avventure che l’hanno portata fino a lì. Elisa racconta la sua storia, omettendo alcuni dei tristi fatti, ma rivelando quanto le manca avere un fazzoletto di terra da coltivare. Quando i panni sono asciutti e i pettegolezzi finiti, le donne si salutano e si danno appuntamento per il giorno seguente. Un giorno però una donna trattiene Elisa più a lungo per mostrarle una piccola radura dietro il boschetto che costeggia il corso d’acqua. La donna si è già ritagliata un piccolo spazio dove coltiva fagioli e mais. Elisa non riesce a trattenere la gioia. Ha di nuovo la possibilità di dedicarsi a coltivare il suo cibo, occupando la testa con qualcosa di diverso dalla guerra e dalle faccende di casa. Quando la sera comunica la notizia a David, lui si propone di andare ad aiutarla a lavorare la terra la domenica successiva, dopo la messa. Il tempo ricomincia a scorrere con un ritmo quasi sereno. Alle porte del nuovo millennio, Elisa si è ben integrata nella nuova comunità, anche se sogna un giorno di poter tornare al suo bairro Canjombe.

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Mentre tutto il resto del mondo festeggia l’arrivo del 2000, Elisa spera che l’anno nuovo porti serenità alla sua gente, al suo paese e magari un bel maschietto alla sua famiglia. È incinta di nuovo ed aspetta il quarto figlio. * David sorride quando Elisa dice che forse a lei è proibito dare alla luce un maschietto. Nonostante siano passati dieci anni dal primo bacio poggiato sulle labbra di Elisa, David non si stanca di regalarle amore e dolcezza. Ama la sua famiglia molto rosa. Cecilia viene al mondo un mese prima degli attentati terroristici che sconvolgeranno il mondo, facendo tremare l’America. Persino a Waku Kungo arrivano le immagini dei due aerei schiantati contro le torri del World Trade Center. Questo avvenimento ha un effetto domino in molte parti del mondo dove l’America estende i suoi tentacoli. L’Angola non fa eccezione. A pochi mesi dagli attentati, gli Stati Uniti tagliano i finanziamenti all’UNITA, che solo un mese prima aveva perso le basi principali nelle provincie di Benguela e del Cuanza Sul. Nel frattempo David riceve un’importante promozione che riempie d’orgoglio Elisa e rasserena un poco l’economia familiare. Viene promosso a capo del reparto investigazioni della polizia di Waku Kungo. Mentre in casa Enoque de Silva si festeggia il lieto evento, per le strade si sparge la voce dell’uccisione di Jonas Savimbi, leader dell’UNITA. Un mese più tardi, nel Marzo del 2002, MPLA e UNITA raggiungono un accordo per un cessate il fuoco. Il 4 Aprile del 2002 la sanguinosa guerra per l’ottenimento del potere e del controllo delle risorse del paese, viene dichiarata conclusa.

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4.

Sono trascorsi già alcuni mesi dalla fine del conflitto. Milioni di persone si sono riversate per le strade, riemergendo dalle foreste più distanti. Molti muoiono a causa della fame; altri muoiono di malattia, molti ancora per infezioni non curate. Richiamate dalla situazione disastrosa, molte organizzazioni umanitarie sono accorse nel paese. Sono comparsi campi di soccorso e ospedali di emergenza, dove le persone si presentano con le più disparate urgenze. La maggior parte raggiunge gli ospedali senza più alcuna speranza. I medici stranieri si ritrovano senza aiuti locali, obbligati ad iniziare percorsi di formazione per infermieri e operatori sanitari. Tra questa miriade di persone disperate, Elisa e la sua famiglia sono fortunate: hanno una casa, hanno da mangiare e sono tutti insieme. Un giorno Elisa riceve una visita da una sua vecchia vicina del bairro Canjombe. Da poco è tornata a vivere al bairro natale insieme alla famiglia. La informa che molti sono già partiti per riprendersi le lavras e le loro vecchie case. Non tutti però le hanno ritrovate in piedi. Il sogno di tornare a Canjombe riaffiora tra i pensieri di Elisa, che lo aveva lasciato chiuso in un piccolo cassetto. Decide di aspettare a parlarne con suo marito. Tutto sommato la loro vita nel bairro Moreno è migliorata molto dal loro arrivo. Ormai David svolge una funzione importante ed è rispettato da tutti in città. Le bimbe più grandi frequentano la scuola di Waku Kungo e si sono ambientate bene. Ma soprattutto lei aspetta un altro figlio, perciò non è il momento migliore per spostarsi.

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È ancora l’alba quando, un giorno di inizio Febbraio, un pianto fortissimo riempie casa Enoque de Silva. Si tratta di Luciano. David non riesce a trattenere le lacrime, mentre tiene tra le mani il suo quinto figlio, un maschio. È un bimbo davvero grande con due occhi enormi e mani paffute. Le piccole labbra arricciate si aprono e chiudono lasciando intravedere la piccola lingua. Anche Elisa si lascia andare ad un silenzioso pianto, mentre sorride guardando il suo bambino. Luciano si era trovato bene nel ventre materno, protetto e nutrito per nove mesi, e aveva abbandonato mal volentieri la sua comoda culla. Era stato un parto faticoso. Nonostante sia ormai una veterana del parto, Elisa è stravolta e dopo aver legato e tagliato il cordone ombelicale, tra sorrisi e lacrime, si addormenta. Nei mesi successivi sarà la zia Eva, sorella di David, ad allattare Luciano, che continuerà a succhiare latte fino ai sedici mesi di età. La famiglia è ormai numerosa ed Elisa passa le giornate ad allattare, preparare da mangiare e lavare i panni. Ormai il tempo per coltivare la terra è poco, ma grazie al lavoro del marito non è neppure più essenziale. David ha iniziato già da tempo a mettere dei soldi da parte e adesso condivide con Elisa il suo progetto di aprire una farmacia. Sta pensando ad una vecchia farmacia, ormai chiusa da quasi trent’anni, che si trova sulla strada per Canjombe. A sentire pronunciare il nome del suo bairro, Elisa si illumina. David avrebbe risistemato il posto e poi avrebbe trovato una persona che mandasse avanti la farmacia durante il giorno, mentre lui continuava a capo del reparto investigazioni. La sera sarebbe andato a fare la chiusura per controllare gli incassi della giornata. L’idea è molto buona ed Elisa rivela a David il suo desiderio di tornare un giorno a vivere nel bairro Canjombe. Il marito le promette che ci sarebbero tornati, appena la farmacia avesse cominciato a lavorare bene, per permettere loro una vita tranquilla. Magari avrebbe ripreso il ruolo di preside della scuola del bairro. Parlano e ridono a lungo quella sera e dopo aver fatto l’amore, tra un bacio e l’altro, si addormentano. Elisa continua a fantasticare sul futuro e nelle settimane successive il sorriso non le abbandona mai le labbra.

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* A un anno dalla nascita di Luciano, il padre apre la sua farmacia. I sogni di Elisa e del suo David si stanno realizzando. La guerra è definitivamente finita, anche se il paese soffre e fatica a rialzarsi. Rottami bellici sono abbandonati ovunque a giro per il paese. Mancano le scuole, ospedali e medicine sono insufficienti e le strade impraticabili. Ci sono migliaia di bambini e ragazzi rimasti orfani e altrettanti genitori che hanno perso i loro figli. Le aree agricole cominciano a ripopolarsi, mentre le persone tornano ai propri bairros. David percorre ogni pomeriggio la lunga strada per raggiungere la farmacia. Si lascia alle spalle Waku Kungo e continua in direzione Huambo. La lunga strada dritta lo accompagna fino all’incrocio con il bairro Lupupa, prima di abbandonarlo. David svolta verso il vecchio bairro Canjombe. Ogni giorno, passando con il suo motorino, ripensa al periodo trascorso lì durante la guerra. Ripensa alle sofferenze e alle gioie vissute. Adesso il bairro è devastato, ma i nuovi abitanti stanno ricostruendo le case e recuperando i campi. Presto avrà l’aspetto di una volta, se non migliore. David passa il suo vecchio bairro e prosegue su una strada che non merita questo nome. È un percorso di terra rossa resa difficilmente percorribile dai camion che per anni l’hanno attraversata e adesso scavata dalle forti piogge estive. La farmacia rimane sul lato sinistro della strada. È un piccolo edificio che gode di corrente elettrica, grazie ad un generatore che David rifornisce di gasolio ogni tre giorni. Nonostante le pessime condizioni della strada, questa rimane l’unico modo per raggiungere i bairros della zona, perciò anche quel pomeriggio David è soddisfatto del magro ma costante incasso. Tornato a casa, ormai a buio, trova tutta la famiglia riunita intorno alla stuoia di Elisa. Sono tutti accorsi a salutare il piccolo João, secondo figlio maschio e sesto figlio della grande famiglia Enoque de Silva. Adesso che João è nato, Elisa e David decidono che è l’ora giusta per ritornare al vecchio bairro. La scuola sta per terminare e le figlie grandi si sarebbero staccate difficilmente dalla cittadina se fosse trascorso un altro anno.

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Elisa è in estasi. Avrebbe rivisto le montagne di pietra ed il bairro Lupupa, prima di raggiungere Canjombe. Nei giorni successivi alla decisione, Elisa comincia a spargere la voce, incapace di trattenere la felicità. Saluta i vicini, le donne del fiume, passa da scuola a dare la notizia agli insegnanti e tutti le rivolgono i loro migliori auguri. Una mattina David ed Elisa, con il piccolo João legato sulla schiena, partono alla volta di Canjombe. Prima di trasferirsi devono chiedere il permesso al nuovo soba, ricevere uno spazio per costruire la casa e per aprire una lavra. Non conoscono il nuovo soba, ma pare che provenga da un altro municipio. Un ‘soba immigrato’ come lo definiscono le persone del bairro. La visita è breve, ma permette ad Elisa di chiedere il permesso di iniziare ad aprire la lavra, nell’attesa che finisca la scuola e si possano trasferire con la famiglia. Così, mentre David lavora il giorno nell’ufficio investigazioni e la sera chiude la farmacia, João e Luciano passano i pomeriggi nella lavra con la madre. Il lavoro di apertura di una lavra è sfiancante. Bisogna togliere di mezzo tutto: alberi, arbusti, cespugli e perfino l’erba. Si lasciano pochi alberelli per avere un minimo di ombra, mentre il resto viene estirpato. Quando la sera David passa a prenderli con il motorino, di ritorno dalla farmacia, Elisa è stravolta. Stravolta ma felice.

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5.

Mancano ormai poche settimane alla fine della scuola. La giornata si preannuncia grigia, con grossi nuvoloni che coprono il cielo. Elisa prepara il funji con verdure e fagioli mentre aspetta che le figlie rientrino da scuola. Dopo il pranzo, Elisa allatta ancora una volta l’affamato João e quando David arriva, partono per Canjombe. Giunti al bairro, Elisa raggiunge la lavra e David prosegue per la farmacia, come ogni giorno. Da un po’ di tempo ha iniziato ad andare prima alla farmacia, per dare un cambio al commesso e fare qualche lavoretto di ristrutturazione. Arrivato alla farmacia, saluta il ragazzo che sta dietro al bancone, gli chiede se a casa va tutto bene e poi indaga sull’incasso della mattinata. Magro, come al solito. Il ragazzo saluta il titolare e si avvia verso casa, a piedi. Anche il pomeriggio non è troppo movimentato come numero di clienti. Una signora anziana, un paio di ragazzi e un collega dei tempi della scuola, passato solo per salutare il capo del reparto investigazioni. Nei molti momenti di scarsa affluenza, David monta una lunga mensola dove ha in mente di esporre articoli di pronto soccorso, come cerotti, bende e alcol etilico. Tra un lavoretto e un cliente, arriva la sera, sempre accompagnata da nuvoloni grigi. Controlla l’incasso, spegne il generatore e si appresta a chiudere la baracca, quando sente il rumore di un motorino che si ferma davanti alla farmacia. Non avendo più corrente elettrica, la farmacia si è fatta buia e David non riconosce il volto delle due persone che entrano. Mentre saluta e cerca di mettere a fuoco, uno dei due uomini estrae una pistola e spara alcuni colpi. David cade a terra e non si muove. L’altro uomo sposta il corpo con un piede, dopodiché i due

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escono rapidamente dalla farmacia e con la moto si allontanano a tutta velocità. Quando sente che il motorino è lontano, David si trascina fuori dalla farmacia nella speranza di incontrare qualcuno, di ricevere aiuto. Il suo sguardo debole scruta intorno a sé, riconosce la strada, continua a trascinarsi. Sente una gamba andare a fuoco, mentre brividi di freddo gli invadono il resto del corpo. In lontananza crede di scorgere un motorino. Forse è una capra. Una fitta nebbia gli impedisce la vista ed improvvisamente tutto si fa buio ed incredibilmente tranquillo. Elisa è nel campo a sradicare le erbacce, che non si vergognano a ricrescere con incredibile determinazione, dandole ogni volta un gran lavoro. Ormai il sole è scivolato dietro le montagne e la poca luce rallenta il lavoro fino ad impedirlo. Riprenderà il giorno successivo. A breve il suo David sarebbe sbucato con il suo motorino e sarebbero tornati a casa. Non vedeva l’ora di raccontargli che Jõao aveva accennato qualche passetto, mentre lei spezzava le zolle di terra. Si mette João sulla schiena, si piega in avanti a quarantacinque gradi, prende il telo che passa più volte intorno a sé e al bimbo e conclude annodandolo sul davanti. Prende la zappa e la mano di Luciano. I tre si avviano sulla strada e si mettono ad aspettare in un silenzio imposto dalla stanchezza. Non fa in tempo a sedersi su un tronco, che sente una voce proveniente dalla strada. È Maria Adelina, una vicina del bairro Canjombe. «Elisa presto, tuo marito è stato aggredito da dei banditi. Grazie a Dio, José Carlos stava passando davanti alla farmacia e lo ho trovato a terra privo di sensi. Adesso lo sta portando all’ospedale di Waku Kungo, insieme a mio figlio. Speriamo che Dio lo salvi». Elisa ascolta il racconto della vicina coprendosi la bocca con entrambe le mani, dopodiché corre verso il bairro trascinando con sé Luciano. Quando più tardi raggiunge l’ospedale David è ancora incosciente. Il dottore che ha operato suo marito è un giovane cubano di nome José Morales, trasferito da poche settimane dalla provincia di Luanda. Il Dott. Morales spiega ad Elisa che il marito ha ricevuto due proiettili: uno alla gamba sinistra che miracolosamente non ha colpito l’arteria femorale; il secondo proiettile ha colpito il torace provocando un emorragia interna.

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«Suo marito ha subito uno shock ipovolemico. Quando è arrivato in ospedale il polso era molto ridotto e ovviamente era già in uno stato di incoscienza totale. È passato molto tempo dal momento della sparatoria, al raggiungimento dell’ospedale». Elisa cerca di capire cosa le sta dicendo il dottore, cerca di concentrarsi sulle sue parole, mentre stringe la mano del marito. «Non ho idea» continua il Dott. Morales «di come suo marito abbia fatto a raggiungere la strada. È un uomo forte. Ovviamente questo ha aggravato l’emorragia. Abbiamo operato e l’abbiamo fermata, ma i valori di ossigeno nel sangue sono molto bassi. Al momento il Sig. De Silva è in coma». Elisa piange in silenzio, spostando lo sguardo dal marito al pavimento, senza mai incrociare quello del dottore. Questi termina il suo resoconto, lasciando Elisa con poche speranze, e si congeda con la promessa di visitare il paziente la mattina seguente al suo arrivo. La suocera aveva raggiunto l’ospedale per portare via i figli. Adesso tutto quello che interessa ad Elisa e a cui riesce a pensare è il suo David. Non è pronta a perderlo. Passa la notte in ospedale, abbracciata al marito, che sembra assopito in un sonno profondo. Al mattino Elisa è uno straccio. Non ha dormito un minuto; ha pianto tutta la notte. Chiede del Dottor Morales, ma un’infermiera la informa che non è ancora arrivato. Quando potrà ricevere notizie? Quando si sveglierà suo marito? Quando potranno tornare a casa e dimenticare tutto? Esce a prendere una boccata d’aria. Fuori piove ed Elisa rimane qualche minuto ad osservare le persone che si sono accalcate sotto la tettoia all’ingresso dell’ospedale. Madri, padri e figli in attesa di notizie, come lei. In attesa di poter portare via il proprio amato, via, lontano da quel posto dall’odore di morte e disinfettante. * «Ripenso spesso a mio marito Maria. Ancora oggi a volte mi viene la voglia di piangere. Ma non ho più lacrime, Maria. Dal giorno della sua morte io non ho più pianto».

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Le chiedo se gli aggressori sono stati presi e lei semplicemente mi risponde che conosce il nome e il volto dell’uomo che ha sparato. È morto l’anno passato. Viveva nello stesso bairro Moreno. Trattengo la mia tristezza, cercando di non darla a vedere ad Elisa. Nel frattempo fuori si è scatenato un temporale serio. La strada è un fiume rosso. Lentamente tuoni e lampi si spostano oltre le montagne e la pioggia prende a scorrere con un ritmo regolare e costante, senza però accennare a smettere. Ormai fuori è buio. La mia preoccupazione si è rivelata inutile. Abbiamo la luce e l’energia per continuare a scrivere al computer. Ma Elisa è stanca e ormai persa nelle sue memorie. Mi chiede se possiamo interrompere perché si sta facendo tardi e deve tornare a casa a preparare da mangiare ai figli. È visibilmente provata dal racconto, ma insiste per continuare il giorno seguente. Le offro un passaggio fino a casa. Elisa sale in macchina con Linda in braccio mentre João corre ad aprire il cancello. La strada per raggiungere casa di Elisa è irriconoscibile. In realtà, la pioggia adesso batte talmente forte contro il parabrezza, da rendere ogni cosa irriconoscibile. Ma conosco la strada a memoria ormai e procediamo lentamente. Passiamo la piccola baracca che vende tutto ciò che Salim, il proprietario mauritano, riesce a trovare. Passiamo anche l’orribile “ponte” di legni, troppo marci e consumati per garantire sicurezza a quattro ruote e quattro passeggeri. Le ruote slittano per via del fango e dell’acqua. Inserendo le ridotte riusciamo a passare. Più avanti, passati gli alberi di avocado, la strada è sbarrata da un grosso ramo di mango caduto con il temporale. Elisa mi dice di fare inversione, loro avrebbero raggiunto casa a piedi. Mancano poche centinaia di metri, ma con la pioggia che viene giù, la piccola Linda si sarebbe beccata una bronchite come minimo. Scendo e mi dirigo al ramo, che pesa più di me, ma grazie al fango scivola bene. Lo sposto di qualche metro giusto per riuscire a passare e torno correndo alla macchina. Nel frattempo Elisa sta sgridando João che non è venuto ad aiutarmi. Il ragazzino mi guarda sconvolto, più per il fatto che sono bagnata fradicia che non per il senso di colpa. Il suo sportello era bloccato dalla sicura e non era riuscito ad aprirlo, non essendo mai salito su un auto prima di allora.

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Mentre torno verso casa, ripenso ad Elisa, alla sua storia, all’incessante catena di sventure. Riuscirei anche io a sopportare tutto questo? Probabilmente sì, ma non sarei in grado di ritrovare il sorriso come fa lei ogni giorno. * Dopo la morte di David, i progetti di Elisa di trasferirsi al vecchio bairro con i figli svaniscono. Trascorre una settimana chiusa in casa, ricevendo visite di parenti e amici, che portano le condoglianze in cambio di cibo e bevande. Sempre seguendo la tradizione, Elisa rimane a vivere nella casa del marito un anno intero, insieme alla suocera e alla cognata. Trascorso questo periodo di silenzio e lutto, Elisa è considerata libera. Ha assolto ai suoi doveri coniugali. Adesso può sposarsi o accompagnarsi con un altro uomo. Ma Elisa non ne ha il minimo desiderio. Pensa continuamente al suo David, soffrendo in un silenzio privo di lacrime. Per ricordare il marito scomparso da un anno e per festeggiare l’acquisita “libertà” della vedova, viene festeggiata la campa. Una giornata di cibo, chiacchiere e musica, sempre a carico della vedova. Finita la campa, Elisa abbandona il bairro Moreno e con gli ultimi risparmi compra una piccola casetta di adobo, nel vicino bairro Valoidia, dove vive ancora adesso. La sorella di David, si offre di aiutare Elisa, ospitando in casa Faustina, Cecilia e Luciano. Elisa continua ancora oggi a passare ogni mese dei soldi alla cognata per il sostentamento dei figli. Per un anno riuscirà a sfamare la famiglia grazie ad un impiego offertole da un collega del marito presso il dipartimento elettorale dell’MPLA. Allo scadere dell’anno, scade anche il contratto ed Elisa è senza lavoro, con sei figli a carico e nessun diritto come vedova. Con la morte del marito avrebbe dovuto ricevere, dal dipartimento investigazioni, lo stipendio degli ultimi sei mesi che David non aveva ancora riscosso e un risarcimento per la morte, corrispondente al salario di anno di lavoro. Si tratta di una cifra che si aggira sui 5000 euro. La vedova non ha diritto a questi soldi, che spettano ai figli del

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marito. Ma non avendo ancora figli maggiorenni, Elisa deve attendere e tirare avanti con le sue sole forze. Quando però Xanna, la primogenita, compie 18 anni i soldi non si trovano più. Un collega ed amico di David, ora a capo del reparto investigazioni, si offre di aiutare Elisa. Cercando informazioni sul destino dei soldi di David, sembra che non ci sia una via d’uscita. La parola che gira più frequentemente è che quei soldi sono bloccati. Da un ufficio all’altro giungono scuse più o meno fantasiose sul cammino che quel denaro ha intrapreso, apparentemente mai toccato da nessuno. Il denaro non c’è più. Il collega di David si offre allora di aiutare i figli di Elisa con un piccolo compenso mensile. Quando però la famiglia del defunto viene a sapere dell’offerta ricevuta, grida allo scandalo. Se un uomo sposato si offre di pagare le spese dei figli di una vedova, la questione è chiara: sono amanti! Waku Kungo è una piccola cittadina e le voci corrono rapide come le nuvole prima di un temporale. Raggiungono il dipartimento investigazioni e poi la casa del collega di David. Elisa si ritrova ancora una volta sola e senza aiuto. «A vida è sufrimento Maria, è mesmo sufrimento». Come posso contraddirla? Come posso darle speranza, dopo tutto quello che ha passato? Nonostante ciò, è forte per i suoi figli. Sorride continuamente e ogni piccolo dono è per Elisa un tesoro immenso. Spero che la sua forza, la sua determinazione, il suo amore ed il suo sorriso violento, siano almeno in parte contagiosi; sicuramente sono d’ispirazione. * Sono trascorsi tre anni dalla morte di David, Elisa fa le pulizie presso una casa in centro. Nel frattempo, il paese continua ad arrancare e le persone soffrono ancora la fame. Le spese militari dopo la fine del conflitto sono andate aumentando, vedendo investimenti di milioni di dollari per importare armi. Tra i primi esportatori di armi in Angola c’è il nostro glorioso paese. La Cina non ha atteso troppo a raggiungere il mercato del petrolio e dei diamanti angolani. D’altra parte il governo ha spalancato le

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braccia all’invasione cinese nel paese, dichiarando di aver bisogno dei cinesi per svilupparsi e progredire. I cinesi risistemano le strade che si sfaldano con le prime piogge, ricostruiscono ponti che hanno la durata di una stagione ed aiutano il “progresso” del paese; in cambio ricevono petrolio. Un meccanismo destinato a schiavizzare il paese alla potenza cinese. Oltre a diamanti e petrolio, la Cina si è ritrovata ad invadere un paese con enormi risorse forestali, poche regole e molta corruzione; il che ha facilitato la deforestazione per il traffico di legname. In questo drammatico scenario, le persone vanno avanti, si inventano come vivere e non protestano molto. Tutto sommato questo vivere è sempre migliore della guerra dalla quale sono appena usciti.

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6.

Linda è davvero il ritratto della felicità. Quando la guardo mi scaturisce un sorriso naturale e sincero. Quei due grandi occhioni vispi e attenti, quelle guanciotte sempre gonfie e il sorriso sempre in agguanto. Linda è la settima ed ultima figlia di Elisa. Il padre è un amico che ha riconosciuto la figlia, ma non ha mai contribuito al suo sostentamento. A Marzo Linda compirà tre anni, anche se a vederla ha il corpo di una bimba di un anno e mezzo. A un anno dal parto, Linda si ammala ma Elisa non ha i soldi per recarsi in un ospedale, perciò si rivolge ad un curatore del bairro. Il sedicente curatore visita la piccola, prescrive una cura vaga e toglie ad Elisa il denaro di un mese di salario. La cura si dimostra inutile. Elisa, che si porta sempre Linda con sé dietro la schiena, comincia a ricevere cibo e aiuto da una famiglia presso la quale fa le pulizie. Linda impiega tempo, ma alla fine riesce a recuperare peso e lentamente migliora. Questo trauma però sembra aver compromesso in qualche modo lo sviluppo della piccola Linda. Ad oggi, l’unica parola chiara che Linda pronuncia è mãe, mamma. Si esprime con vari suoni e nel suo linguaggio parla molto. Elisa capisce ogni cosa e le risponde. Hanno sviluppato un vocabolario tutto loro. Ma adesso Linda sta bene. Mi è perfino sembrato di notare che quando mangia riesce a spiccicare qualche parola. Se vuole un biscotto lo indica sorridendo e mugolando, ma ripetendole la parola più volte, alla fine il mugolio si trasforma in una vaga parola. Ci vorrebbe un aiuto. Ho letto che la fase critica per lo sviluppo del linguaggio di un bimbo, ricade nei primi tre anni di età, complicando molto l’apprendimento se si supera questo tempo.

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Non rimane molto tempo alla piccola Linda, ma a lei non interessa, le persone intorno a lei la capiscono e lei sembra non aver furia di sforzarsi ad imparare. Anche io ormai inizio a comprendere il suo linguaggio. È una bimba intelligente, capisce ogni cosa che le viene detta; è molto furba. Io sono abbastanza sicura che al momento giusto, quando sarà pronta, Linda si conformerà al nostro linguaggio e non smetterà più di parlare. * «Il mio colore preferito credo che sia il verde, il colore della speranza» risponde incuriosita per la mia domanda. «E il tuo piatto preferito? Cosa ti piace mangiare di più?» «Maria non lo so. Mi piace molto il funji, perché è l’unica cosa che mangiamo. Siamo abituati. Mi piace il riso, forse più del funji, ma costa il doppio e siamo tanti in casa, perciò…» «Una cosa che non ti piace fare?» Si mette a ridere e si copre la bocca con le mani, vergognandosi della risposta che sta per darmi. «Contare. Maria, contare non mi piace. Non sono brava con i numeri». Le chiedo di raccontarmi un suo sogno, un desiderio. «Maria, non saprei. Non ci ho mai pensato». Riflette un attimo e poi mi confessa che le piacerebbe tornare al bairro Lupupa, dove trentacinque anni prima si era trasferita con la famiglia. Adesso il fratello maggiore, ancora arruolato nell’esercito, vive lì con la famiglia. Non lo sente, né vede molto spesso, ma quando riesce va a visitare i nipoti e la cognata. Sono molti gli abitanti di Lupupa ritornati alle loro case. Quando Elisa mi porta a visitare il bairro, tutte le persone che incontriamo la salutano con affetto. Il bairro è rifiorito dal dopo guerra. È esattamente come me lo ha descritto Elisa. Le case rosse, le montagne di pietra e grandi alberi di mango. Elisa è visibilmente molto felice, mi indica l’abitazione del soba, mi mostra la lavra del fratello e la casa dove vivono i nipoti. «Qui la terrà è molto buona, vedi il mais come cresce bene? E guarda gli alberi di mango, sono davvero carichi».

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Mentre giriamo per il villaggio, rivedo i luoghi e le descrizioni del suo racconto e mi sembra di essere stata contagiata dal suo sorriso, che non mi abbandona per tutto il giorno. «Elisa è davvero bello qui, avevi ragione. Dovresti davvero trasferirti». «Ma i miei figli si sono ormai abituati a vivere in città e non si trasferirebbero mai a Lupupa. Forse un giorno quando saranno grandi» mi dice con un accenno di tristezza nello sguardo, che scompare poco dopo. «Anche io non potrei vivere senza i miei figli. Ogni sera prima di andare a dormire, do loro un bacio. Non riuscirei ad addormentarmi altrimenti». * L’anno passato, Elisa ha lavorato tutto il terreno del giardino della casa in cui vivo adesso. Ha seminato mais e fagioli. Con i soldi del raccolto, mi racconta, è riuscita a pagarsi il corso per insegnanti. Grazie alle lezioni del marito, Elisa è riuscita a seguire bene il corso e a passare tutti gli esami. Adesso sta finendo lo stage, dopodiché spera di trovare lavoro come insegnate. «Mi aiuterebbe ad arrotondare lo stipendio, sarebbe molto utile per la mia famiglia. Abbiamo sofferto un po’ durante l’anno passato, ma spero di aver investito bene i miei risparmi». Un giorno propongo ad Elisa di partecipare ad una delle formazioni sulla produzione e conservazione di confetture di frutta. Le avevo fatto assaggiare una confettura di Lohengo, un piccolo frutto locale simile ad una prugna. Le era piaciuta moltissimo e Linda aveva ripulito il barattolo facendolo brillare. Entusiasta della mia offerta, Elisa mi dice che sarebbe venuta molto volentieri alla formazione nella comunità di Canjombe. Quest’ultima, infatti, rientra in una delle quattro comunità selezionate per il progetto nel quale lavoro14. Si tratta un progetto di conservazione delle foreste angolane e di sviluppo di redditi alternativi alla produzione di carbone, per le comunità rurali di Canjombe, Jamba Kipuko (Cuanza Sul), Dende e Ganda (Benguela). La ONG che ha sviluppato il progetto e per a quale lavoro si chiama COSPE Onlus. 14

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Il progetto è incentrato sulla protezione delle foreste angolane, rase al suolo e derubate per mancanza di leggi specifiche e controlli. Le comunità rurali contribuiscono in parte alla scomparsa delle foreste, a causa dell’elevata produzione di carbone vegetale, la cui richiesta arriva pressante anche dalle città lontane. Un’alternativa più remunerativa, ecologica e soprattutto più dolce del carbone, è il miele. Il progetto ha offerto formazione, materiali ed attrezzature ai contadini delle quattro comunità, per sviluppare la propria filiera del miele. La richiesta del dolce prodotto delle api è altissima e i contadini-apicoltori stanno riducendo molto la produzione di carbone, nelle comunità in cui lavora il progetto. Le api hanno bisogno di acqua e di fiori per sopravvivere e produrre il miele. I contadini-apicoltori si ritrovano perciò a dover proteggere le proprie foreste per mantenere gli sciami. Un’altra dolce alternativa per preservare le foreste è rappresentata dalle confetture di frutta. Ed in questo momento mi sto dedicando proprio a formare le donne delle comunità del Cuanza Sul, su come fare, conservare e vendere le compotas de fruta. Alcuni frutti silvestri, come appunto il Lohengo, si sono rivelati ottimi per le confetture; ragione di più per proteggere e propagare questa specie forestale. La mattina della formazione, Elisa arriva puntuale alle 07:30 con le sue pentole, i barattoli, i manghi e lo zucchero. Partiamo alla volta di Canjombe. Il cielo è nuvoloso, speriamo che non piova, altrimenti dobbiamo rimandare la formazione. Ci lasciamo la cittadina di Waku Kungo alle spalle e ci dirigiamo verso il bairro di Lupupa, dove abbandoniamo la statale per prendere la strada battuta. Elisa non rivede Canjombe dal giorno della morte del marito. È eccitata, continua a guardare fuori dal finestrino, con la curiosità di una bimba. Osserva i campi coltivati e non riesce a trattenere lo stupore. Non aveva mai visto i campi così produttivi. Le coltivazioni di mais, fagioli e manioca, si estendono fin’oltre la vista. «Sono aumentate le case, stanno costruendo. Eh, eh, la vita sembra andare bene da queste parti. Guarda quanto mais!» Quando arriviamo al bairro il soba non riconosce Elisa. Neppure

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alcune delle vecchie vicine di casa la riconoscono. Elisa ha perso molto peso dal tempo in cui viveva a Canjombe con David. Ma quando svela la sua identità, le donne e tutti i presenti cominciano a salutarla, scambiandosi sorrisi e strette di mano, ricordando i vecchi tempi. Dopo essersi aggiornati sulle rispettive vite, Elisa spiega di essere venuta per imparare a fare la confettura di mango. Ci vuole un po’ di tempo e di pazienza prima che le donne arrivino alla formazione, portando con sé le pentole e i manghi. La formazione inizia e dopo poco ci ritroviamo tutte in terra a sbucciare un centinaio di manghi. Osservo Elisa di tanto in tanto. Non ha smesso un attimo di sorridere. È felice come non l’avevo mai vista prima. Tra il baccano delle donne che chiacchierano e ridono, e i miei pensieri, non mi rendo conto che le nuvole sono scomparse e siamo invase da un sole che risplende in un cielo azzurro. Solo più tardi, a casa, realizzo di essermi beccata un’insolazione. La giornata di formazione si conclude in un’orgia di sorrisi. I bimbi si sono letteralmente lanciati sopra le grandi pentole dove erano state cotte le confetture, ripulendole a fondo. Alcuni uomini presenti si sono riempiti un bicchierino di confettura, ancora calda, e ora si leccano le dita. Ogni donna ha il suo primo barattolo di confettura di mango. Questo verrà certamente consumato a casa nel giro di poche ore. Ciascuna donna si eserciterà, nel mese che sarò via, nella cottura della frutta, nel dosaggio dello zucchero e nella sterilizzazione dei barattoli. Al mio ritorno faremo un seconda prova e poi andremo a vendere i barattoli al mercato. Saranno le prime ed uniche comunità a produrre e vendere confetture di frutta fresca in Angola. Oltre a loro, ci sarà Elisa. * Manca poco alle vacanze di Natale ed io a breve lascerò Waku Kungo. Dovrei rientrare tra fine Gennaio ed inizio Febbraio. Nel frattempo Elisa ha un piano. Ha iniziato a mettere da parte dei soldi per risistemare la casa. La priorità è il tetto, dal quale entra acqua ad ogni pioggia. Poi vorrebbe cementare il pavimento di terra battuta, così da poterlo tenere pulito ed evitare che diventi fango, quando piove. Inoltre le piacerebbe molto avere la luce in casa e magari una lampadina fuori dall’ingresso, perciò dopo i lavoretti alla casa, comprerà un generatore. Infine spera di trovare il modo di insegnare a Linda ad esprimersi meglio e magari un giorno, quando i figli saranno cresciuti, riuscirà a fare ritorno al bairro Lupupa per vivere con Linda, João, i nipoti e le sue montagne di pietra. 48


Per realizzare questo ambizioso piano Elisa comincia a vendere confettura di mango. Il pomeriggio, quando non deve fare le pulizie, raggiunge il piccolo mercato del paese. Con i suoi due o tre barattoli di marmellata, si sistema vicina ad una amica che vende pane. Elisa vende la confettura a cucchiaio. Ogni cucchiaio costa circa 10 centesimi di euro, esattamente lo stesso prezzo di una piccola pagnotta di pane. Elisa riesce sempre a finire i suoi barattoli, ricavando da ciascuno circa 2 euro. E così Elisa va avanti, senza dimenticare il suo piano, il suo sogno. Vende i piccoli cucchiai di dolcezza, offrendo gratuitamente i suoi sorrisi. La ritroverò a Febbraio, sperando di ricevere buone notizie e sperando di poterne portare di altrettanto buone. * La fine di questa storia non è scritta. Non so dire se Elisa riuscirà a ristrutturare la sua casa, o magari a comprarne una migliore. Non so dire se riuscirà a trovare i soldi per far visitare Linda e trovare un aiuto per farla parlare. Non so dire se riusciranno un giorno a trovare la pace nel bairro Lupupa. Ciò di cui sono sicura, è che qualsiasi svolta prenderà la sua storia, Elisa non perderà mai il suo sorriso.

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Dicembre 2016



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