Multiculturalità a Milano

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Laboratorio di Sintesi Finale Matteo Ducoli, Carlotta Gasparini, Nicola Jaime Grandi, Viliane Turatti prof. Bocci, Galbiati, Goldoni, Mattana, Ciancia, Meraviglia, Ronchi



SINTESI FINALE

MULTICULTURALITÀ

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INDICE parte prima ANALISI 0.1 Analisi del tema Raccontare la città in trasformazione - Analisi del contesto - Analisi della letteratura di riferimento (saggi, articoli, documenti) - Ricerca iconografica - Valori e parole chiave

0.2 Case history Case History - Best Practices - Personaggi, luoghi, testimonianze

0.3 Restituzione analisi: Progetto mini doc Pag. 18

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Focalizzazione del tema del documentario - Obiettivi di progetto TARGET (MiniDoc): istituzioni - settori comunali portatori di interesse e responsabili dei processi decisionali: sindaco e assessori, direzioni centrali (strutture comunali a livello tecnico), consigli di zona che hanno interesse ad attivare un processo di ascolto della città.

0.4 Trattamento Tono e stile - Moodboard - Concept - Soggetto - Storyboard - Titolo e Screenshot



SINTESI FINALE

MULTICULTURALITÀ

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Pag. 27

Pag. 31 Pag. 34 Pag. 36

INDICE parte seconda COPY STRATEGY 0.5 Introduzione Considerazioni Iniziali - Abstract (10 righe) - Mission/Reason Why/ Vision - Promise - Supporting Evidence

0.6 Target Cenni di posizionamento - Stakeholders - Profilazione Target Personas - Conclusioni

0.7 Concept Contesto di progetto - Descrizione progetto - Finalità

0.8 Comunicazione Moodboard - Obiettivi di comunicazione (Linee guida) - Linguistica Stile

0.9 Progetto dello spot - Concept - Soggetto - Sceneggiatura - Storyboard - Titolo e Screenshot



PARTE PRIMA 0.1

ANALISI DEL TEMA

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ANALISI DEL TEMA

RACCONTARE LA CITTÁ IN TRASFORMAZIONE

Le coppie miste erano solo il 3,2% nel 1992, il 4,8% nel 1995, il 10,4% nel 2004, il 15% nel 2008. Crescono a una media del 9,8% l’anno.

zona via Imbonati

Anni ’60 - ’70 Il Boom Economico italiano del dopo guerra ha come protagonista la Milano dagli anni sessanta, dove il crescente fermento industriale del periodo trovò, nella diffusa disoccupazione che caratterizzava l’intera nazione, l’opportunità di avere forza lavoro a basso costo. Un’importante conseguenza di questo processo fu l’imponente movimento migratorio avutosi negli anni sessanta e anni settanta dovuto appunto alla gran richiesta di lavoro delle industrie locali e dall’attrattiva che godeva nell’immaginario delle persone. È stato calcolato che nel periodo tra il 1955 e il 1971, quasi 9.150.000 persone siano state coinvolte in migrazioni interregionali; nel quadriennio 1960-1963, il flusso migratorio dal Sud al Nord raggiunse il totale di 800.000 persone all’anno. Gli anni sessanta furono, dunque, teatro di un rimescolamento formidabile della popolazione italiana.


8 Col passare degliCol passare Col degli passare degli Milano dagli anniMilano dagli Milano anni dagli Inizialmente anni coloro Inizialmente Inizialmente coloro coloro di la speranza anni ladi speranza di settanta ha subito settanta hasettanta subito ha chesubito da un’altra che da un’altra che da un’altra anni la speranza anni molti di tornare molti di in tornare in un processo di un processo un di processo nazione di si mu- nazione si nazione musi mu- molti di tornare in patriaeè svanita e immigrazione immigrazione immigrazione ovevano verso ovevano verso ovevano verso patria è svanita epatria è svanita i cominciati sono cominciati i i dovuta alla gran dovuta alladovuta gran alla Milano granarrivavano Milano arrivavano Milano arrivavanosono cominciati sono ricongiungimentiricongiungimenti ricongiungimenti richiesta di lavoro richiesta dirichiesta lavoro da di lavoro sole, alla ricerca da sole, alla daricerca sole, alla ricerca famigliari arricdelle industrie locali delle industrie dellelocali industrie di un lavoro locali qualdi un lavoro di qualun lavoro qual-famigliari arric- famigliari arrice dall’attrattiva che e dall’attrattiva e dall’attrattiva che siasi che chegli per- siasi che gli siasi perche gli peretnie la città, etnie e conla città, e congodeva nell’ im- godeva nell’ godeva im- nell’ mettesse im- di gua-mettesse di mettesse gua- di gua- etnie la città, e condi seguentemente di di maginario delle maginariomaginario delle dagnare delle e madare dagnare e dagnare madare e madareseguentemente seguentemente Questo ha culture. Questo culture. haQuesto ha persone. persone. persone. soldi alla famigliasoldi e alla famiglia soldi alla e famiglia culture. e portato se i con se i infine tornare in infine tornare infine in tornare in portato con se i portato con primi problemi diprimi problemi primidi problemi di patria. patria. patria. intergrazione. intergrazione. intergrazione.

Singoli individui Il flusso di stranieri cominciò a prendere consistenza solo verso la fine degli anni settanta, sia per la “politica delle porte aperte” praticata dall’Italia, sia per politiche più restrittive adottate da altri paesi. Nel 1981, il primo censimento Istat degli stranieri in Italia calcolava la presenza di 321.000 stranieri, di cui circa un terzo “stabili” e il rimanente “temporanei”. Infatti la caratteristica principale dei primi flussi di immigrazione era la presenza di un solo individuo di nazionalità straniera, che aveva lo scopo di lavorare per un determinato periodo in suolo italiano, per poi infine tornare dalla propria famiglia disponendo di una situazione economica più favorevole. In uno scenario simile il fenomeno dellʼimmigrazione non costituisce un problema a livello sociale, poiché non vi è la necessità di favorire la convivenza tra popoli differenti.

Famiglie intere Negli anni novanta il saldo migratorio ha continuato a crescere e, dal 1993 (anno in cui per la prima volta il saldo naturale è diventato negativo), è diventato il solo responsabile della crescita della popolazione italiana. Da questo momento in poi l’Italia ha raggiunto la maturità per quanto riguarda i crescenti flussi migratori, accogliendo e regolarizzando centinaia di migliaia di immigrati. In questa fase interi nuclei famigliari stranieri hanno identificato l’Italia come il luogo in cui intendevano vivere, spesso raggiungendo un parente il quale già da anni era stabile in Italia. Questa situazione ha determinato un arricchimento della società italiana di nuove etnie e culture, provocando i primi problemi di integrazione, soprattutto laddove la convivenza forzata (scuole, quartieri) veniva resa difficile da limitazioni linguistiche, razziali e formali.


ANALISI DEL TEMA

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ANALISI DEL CONTESTO

contesto Attualmente a Milano vi sono molte aree in cui la presenza degli immigrati è molto alta, in molte di queste si possono identificare le varie culture di provenienza.

SECONDO I DATI ISTAT PIÙ RECENTI, RELATIVI AL 1º GENNAIO 2011, SONO PRESENTI IN ITALIA 4.570.317 STRANIERI, PARI AL 7,5% DELLA POPOLAZIONE TOTALE, CON UN INCREMENTO, RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE, DEL 7,9%. IL FENOMENO DELLE NATURALIZZAZIONI, SEPPURE IN COSTANTE AUMENTO NEGLI ULTIMI ANNI (+11,1% RISPETTO AL 2009) È TUTTAVIA ANCORA LIMITATO NEL NOSTRO PAESE. A TITOLO DI PARAGONE SI CONSIDERI CHE IN FRANCIA NEI SOLI ANNI 2005 E 2006 SONO STATE CONCESSE COMPLESSIVAMENTE 303 000 CITTADINANZE. LA POPOLAZIONE STRANIERA PRESENTA UN’ETÀ MEDIA DECISAMENTE PIÙ BASSA DI QUELLA ITALIANA; NEL 2009 I MINORENNI ERANO 932.675 (IL 22% DEL TOTALE) MENTRE GLI STRANIERI NATI IN ITALIA (LE COSIDDETTE SECONDE GENERAZIONI) ERANO ORMAI 573 MILA, CIOÈ IL 13,5% DEL TOTALE DEGLI STRANIERI. IN PARTICOLARE, GLI STRANIERI NATI IN ITALIA NEL 2010 HANNO RAPPRESENTATO IL 14% DEL TOTALE DELLE NASCITE, UN’INCIDENZA CIRCA DOPPIA RISPETTO A QUELLA DEGLI STRANIERI SUL TOTALE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE, INOLTRE LE COPPIE MISTE ERANO SOLO IL 3,2% NEL 1992, IL 4,8% NEL 1995, IL 10,4% NEL 2004, IL 15% NEL 2008, CON UNA CRESCITA DEL 9,5% ALL’ ANNO.


ole nto i este no scospetto o erano lare la

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tare questo problema furono le scuole, in quanto i bambini di queste famiglie avevano diversi gradi di scolarizzazione rispetto ad un coetaneo italiano e non erano in grado di parlare la lingua italiana.

G2

Lo scenario attuale vede la generazione seconda, chiamata g2, ovvero quei Con questa “sigla” definiscono attualmente figli di immigrati e rifugiati nati e/o bambinisifigli di una coppia immigrata cresciuti in Italia. Chi fa parte della Rete G2 si auto-definisce come “figlio di immima nati e cresciuti Italia.“immigrato”: Questi non grato” e non in come i nati in Italia non hanno compiuto alcuna migrazihanno avuto una one, e chi è nato all’estero-ma cresciuto in Italia non è emigrato volontariamente, ente da in quella ma è stato portato Italiadeida genitori o altri parenti. “G2” quindi non sta “per seccoetanei italiani e onde generazioni di immigrati” ma per “seconde generazioni dell’immigrazione”, crescono con le stesse aspirazioni come un processo che trasforma l’Italia, di generaziintendendo l’immigrazione per il futuro.

one in generazione. Questi bambini, ragazzi, adulti sono cresciuti in Italia, con la stessa impronta dei coetanei italiani, costituendo quindi un possibile anello di collegamento tra culture differenti, tra etnie differenti, tra persone differenti. I dati specifici relativi alla città di Milano contano una presenza massiccia di immigrati nell’area comprendente non solo la città ma anche la provincia, ovvero 418 mila persone. I figli nati da coppie straniere che quest’anno si accingono ad andare all’asilo sono 4.043, su un totale di 975.000 giovani figli di immigrati residenti in tutta Italia. Milano dunque conta la presenza di numerose etnie e culture differenti, dislocate pressoché in specifiche aree dove la loro percentuale spesso raggiunge o supera il 50% del totale degli abitanti: Via Padova Viale Paolo Sarpi Via Jenner Via Giambellino Porta Venezia Lo scenario attuale vede la generazione seconda, chiamata g2, ovvero quei bambini figli di una coppia immigrata ma nati e cresciuti in Italia. Questi non hanno avuto una ente da quella dei coetanei italiani e crescono con le stesse aspirazioni per il futuro.

zona via Padova


ANALISI DEL TEMA

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Dall’analisi della letteratura di riferimento vogliamo riportare la definizione di multiculturalità data da Elena Caneva - ricercatrice dell’Università Statale di Milano: multiculturalità è l’effettiva compresenza di persone con background culturali diversi all’interno della società. Il termine non presuppone alcun giudizio, non ha carattere normativo o prescrittivo, ma solo descrittivo dello stato di fatto. E’ il termine multiculturalismo a descrivere invece ciò che sarebbe auspicabile, cioè la convivenza pacifica all’interno della società di persone diverse, in cui ognuno è libero di esternare le proprie differenze e in cui vi è valorizzazione delle diversità e pacifica convivenza. valori della cultura A

Un’ altro contributo importante ci viene da Angelica Bollani, responsabile programma sulla multiculturalità scuola statale Giusti che dice che ogni cultura ha i suoi valori e la multiculturalità ad oggi si mostra e funziona quando alcuni di questi valori si plasmano e si modificano per accettare quelli di un’altra cultura. I valori che le persone mettono in questa intersezione sono variabili e non esiste ancora una regola, ognuno decide in base alla sua cultura, la sua famiglia, la sua attitudine quali preservare e quali “cedere”. valori della cultura B

valori della cultura A valori della cultura B

Ogni cultura ha i suoi valori e la multiculturalità ad oggi si mostra e funziona quando alcuni di questi valori si plasmano e si modificano per accettare quelli di un’altra cultura. I valori che le persone mettono in questa intersezione sono variabili e non esiste ancora una regola, ognuno decide in base alla sua cultura, la sua famiglia, la sua attitudine quali preservare e quali “cedere”.

Angelica Bollani- responsabile programma sulla multiculturalità scuola statale Giusti

Ogni cultura ha i suoi valori e la multiculturalità ad oggi si mostra e funziona quando alcuni di questi valori si plasmano e si modificano per accettare quelli di un’altra cultura. I valori che le persone mettono in questa intersezione sono variabili e non esiste ancora una regola, ognuno decide in base alla sua cultura, la sua famiglia, la sua attitudine quali preservare e quali “cedere”.

ANALISI DELLA LETTERATURA DI RIFERIMENTO

Da “Incontrarsi e riconoscersi” di Maurizio Ambrosini, Paola Bonizzoni ed Elena Caneva (http://www.ismu.org): “la crescita di adolescenti immigrati nelle nostre città è una delle grandi sfide con cui la nostra società dovrà confrontarsi nei prossimi anni. La loro crescente partecipazione scolastica, la loro visibilità nei parchi, nelle piazze, nei centri commerciali e in altri luoghi pubblici, il loro ingresso nel mondo del lavoro, sono segni che l’Italia, e la Lombardia in primo luogo, sono diventate società multietniche, e lo saranno sempre di più. Anzi, si può dire che proprio la crescita di giovani generazioni di origine immigrata testimonia il cambiamento, demografico, sociale e culturale, avvenuto nella nostra realtà quotidiana.” Da “Interculturalità e integrazione nella scuola elementare. Il punto di vista del bambino straniero” di P. Pinelli, M. C. Ranuzzi, Daniela Coppola e Lorenza Decarli: “un’attenzione, nella prassi educativa quotidiana, agli aspetti dell’accoglienza e della socializzazione che affianchino ad un’immagine dell’altro stereotipata e densa di potenziali pericoli un’immagine più frastagliata e poliedrica, frutto di una continua messa a punto della dialettica relazionale all’interno dei vari contesti.”


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Ricerca iconografica

Valori e parole chiave PAROLE CHIAVE - immigrazione - integrazione - stereotipi - comunità - etnie - identità - inclusione sociale - ghettizzazione

VALORI - culture - cambiamento - diritti - trasformazione - socializzazione - scambio - diversità - solidarietà


PARTE PRIMA 0.2

CASE HISTORY

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CASE HISTORY

riconosciuto come primo paese mul al mondo e come prototipo di societ nica

per via della sua posizione geografic subito rappresentato il luogo ideale p menti coloniali e dunque meta per i n simi che si sono sovrappos Per via della sua posizione geografica, ha daimmigrati subito rappresentato il luogo ideale per i possedimenti coloniali e dunque ranze meta perindigene i numerosissimi immigrati che si sono

Canada

Canada

sovrapposti alle minoranze indigene. Il primo scontro etnico avvenne tra francesi ed inglesi, le prime popolazioni eusocietà plurale che rivela una certa a ropee a colonizzare il territorio canadese. nei quella confronti di èciviltà Nonostante questo trascorso storico del Canada ritenutadiverse, una societàche pro scambio culture, fra plurale che rivela una certa apertura nei confrontitra di civiltà diverse,l’integrazione che promuove lo scambio tra culture, l’integrazione fra le razze, valorizzando la multietnicità, divalorizzando la multietnicità, che dive ventando motivo di cambiamento e di crescita. di cambiamento e di crescita Il Canada è riconosciuto come primo paese multiculturale al mondo e come prototipo di società multietnica (ethnic mosaic, mosaico etnico), contrapposta alla per via(processo della sua posizione ethnic mosaic, processo non soluzione statunitense del melting pot non ancora compiuto geografica, in cui siancora evidenziano dubbi sulla coesione tra culture irrigidimenti in seguito agli episodi subito il luogo ideale per in cuirappresentato sie evidenziano dubbi sulla coes dell’11 settembre) menti coloniali e dunque meta per i nu

Usa

ture e irrigidimenti in seguito agli epis simi immigrati che si sono sovrapposti settembre ranze indigene l’incorporazione degli immigrati è stata

Per via della sua posizione geografica, ha da subito rappresentato il luogo ideale per lenta avvenutaimmigrati sul modello i possedimenti coloniali e dunque metaed per iènumerosissimi che si sono definito pot, che prevede la “fusione” degli imm sovrapposti alle minoranze indigene. “Amministrazione in cammino” a cura del centro di ricerca sulle amminis L’incorporazione degli immigrati è stata molto lenta ed è avvenuta per gradi, sul modello definito melting pot, tale modello prevedeva la “fusione”di degli immigrati, l’assoluta negazione ogni cultura e attraverso: il contatto, il conflitto, l’adattamento e l’assimilazione. “diversa”, in“diversa”, nome dell’assimilazione aq L’assoluta negazione di ogni cultura e tradizione in nome dell’assimilazione americana l’esclusione di diinteri a quella americana e l’esclusione di interi gruppieminoritari creò processi riven- grupp dicazione di culture. tari creò processi di rivendicazione di c L’ 11 settembre 2001 ha segnato una vera e propria battuta di arresto delle politiche multiculturali riproponendo in primo luogo un modello di società “chiuso” e 11 settembre 2001 ha segnato una ver d’altro canto nuove forme di intolleranza, soprattutto nei confronti di “certi” impria battuta di arresto delle politiche m migrati.

Stati Uniti

turali


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dal 1950 al 1970 i flussi migratori pro dall’Europa meridionale per la richies lavoro da parte di Francia

Francia

Francia

Australia

modello assimilazionista, corrispond denza secondo la quale le culture mi vengono fatte convertire alla cultura

Dal 1950 al 1970 i flussi migratori provenivano dall’Europa meridionale per la richiesta di forza- lavoro da parte di Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Germania, “non riconscimento” delledadifferen in seguito allo sviluppo del sistemailproduttivo e della ricostruzione postbellica; ricordare inoltre la massiccia immigrazione provenienteprovocano dalle ex colonie distribuite integrazione disagio caus su tutto il globo in cui le persone in cerca di lavoro, favorite dalla conoscenza della scriminazioni, ghettizzazione e anti-is lingua francese, hanno favorito la nascita della società multiculturale in Francia. La soluzione adottate per favorire la convivenza di differenti etnie è stato il modello il cui tasso immigrati è tram i riconoscere limiti di una società assimilazionista, corrisponde alla paese tendenza secondo laiquale ledi culture minoritarie vengono fatte convertire alla cultura dominante, masignifica questo non haperò portato grandi si siano potuti registrare nelrinunciare mondo turale non risultati in termini di integrazione, delle bensì di conflitto. altre culture e al dialogo, che è s

da una positivo iniziale ricerca di identità mo fattore monoculturale e bianca, nella quale so rigeni rappresentavano l’eccezione, all Australia dei preconcetti, con conseguente rin Paese il cui tasso di immigrati è tra i più alti che si siano potuti registrare nel mondo dell’idea che le minoranze dovessero ed in cui l’ assorbimento di moltitudini di immigrati è avvenuto in maniera piutcaratteristiche e tradizioni tosto rapida e soprattutto senza proprie conflitti, senza traumi e senza disordini sociali. La

politica australiana è passata da una iniziale ricerca di identità monorazziale, mon“Pedag oculturale e bianca, nella quale le solopolitiche gli Aborigenigovernative rappresentavano l’eccezione, promuovono l “Multiculturalismo.all’abbandono Perché èdeiandato crisi il sogno di dell’idea convivenza” preconcetti,incon conseguente rinuncia che le mino-Alain T e la reciproca comprensione ranze dovessero rinnegare le proprie caratteristiche e tradizioni, infatti le politiche governative hanno sempre promosso e tutt’ora promuovono l’uguaglianza e la con l’avvento del secolo in corso, si so reciproca comprensione . Con l’avvento del secolo in corso,registrando si sono andate registrando rinnovate formedi di insoff rinnovate forme insofferenza e intolleranza nei confronti di musulmani (seppur australiani), probaintolleranza,nei confronti di mussulm bilmente per via di un crescente risentimento anti-islamico.

australiani), probabilmente per via di u risentimento antislamico

“Amministrazione in cammino” a cura del centro di ricerca sulle amminist


CASE HISTORY

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PERSONAGGI, LUOGHI, TESTIMONIANZE Moustapha Ndiaye (senegalese) Sono venuto in Italia nel 1987, perché non avevo lavoro per mantenere la famiglia numerosa e, perciò, per migliorare la nostra condizione. Qui sono stato ben accolto ed ho avuto la possibilità di avere un lavoro. Nel primo periodo ho vissuto due anni di clandestinità, prima a Napoli e poi in Sicilia dove, con la Legge Martelli, ho avuto il permesso di soggiorno. Sono arrivato qui tramite un ospite della comunità di don Giovanni Baù a Santa Teresina e, nel 1990, ho trovato impiego in una fabbrica locale, dove tuttora lavoro. In quegli anni, nel territorio c’erano solo quattro case dove alloggiavamo. Nel 1995 è arrivata anche mia moglie ed è nato il nostro primo figlio; ora, il quarto ha due anni. Ho comprato casa. Se mi fossi trovato male sarei ritornato al mio Paese. L’associazione di cui faccio parte rappresenta circa 400 senegalesi residenti nel Veneto Orientale. Cerchiamo di lavorare assieme alle altre associazioni (una decina) per dare consulenza, organizzare feste e per educare affinché tutti possano rispettare le regole. Noi, arrivati per primi, aiutiamo ora a trovare casa e lavoro gli altri che arrivano. Faccio parte anche della Consulta Veneta dell’Immigrazione, istituita con legge regionale per esprimere pareri e proposte per il piano e programma del Veneto sull’immigrazione. Come stranieri abbiamo grossi problemi (il costo del rinnovo del permesso di soggiorno, i debiti per la casa…), per i quali chiediamo aiuto. La maggior parte degli immigrati rischia la vita: lo fanno per migliorare la propria condizione di vita e quella della loro famiglia. Vogliamo rispettare le leggi, la cultura e le persone. A scuola si impara il rispetto; i bambini che subiscono delle discriminazioni ed ingiustizie, quasi fossero persone di serie C, un domani potrebbero reagire come gli studenti francesi in questi giorni. Sono musulmano (murita), come il 95% dei senegalesi; il nostro primo presidente eletto democraticamente era però cristiano. Prima di partire sapevo che in Italia la maggior parte della popolazione era cattolica. Non ho scelto la strada della religione, ma della democrazia. Ringraziamo i preti che ci hanno aiutato (per la casa, per le nostre feste…). La religione non deve diventare un ghetto. Ci sono i concetti di giustizia, pace e legalità comuni a tutte le religioni: cerchiamo di viverli.


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Daniel Saboanu (rumeno) Sono immigrato dopo un regime dittatoriale che mi ha tolto tutto anche la dignità. Dall’età di sedici anni ho lavorato in una fonderia, in tre turni di otto ore. Poi, con la caduta del regime ed il passaggio della fabbrica ai privati, ci furono numerosi licenziamenti. A vent’anni volevo crearmi un futuro. Nel 1991 andai perciò in un primo periodo di otto mesi in Austria, per ritornare poi in Romania. Tramite mio fratello, che studiava a Padova, arrivai a Monfumo (TV), con visto regolare. Abitavo in un appartamento della scuola materna ed ero di sostegno nella parrocchia. Nel 1992 ho avuto il permesso di soggiorno. Ho scelto l’Italia perché era più vicina alla mia cultura. Mi sono trovato bene, anche se ho avuto grande difficoltà per la lingua, per le regole. Come da mia cultura, all’inizio salutavo sempre tutti; poi vedevo che qui non si usa. Un amico mi ha indirizzato per le cose che mi servivano. Ebbi vari aiuti, soprattutto da gente che era già stata immigrata (per es. in Svizzera) e quindi più sensibile. All’inizio lavoravo in un’azienda agricola, anche per 16 ore (ero anche custode); poi mi fu presentato un segretario del sindacato, che mi fece capire la vera Italia, i valori di una persona. Trovai il tempo di aiutare altre persone. Ho imparato i valori di essere un buon cittadino. Se dovessi vivere male, non rimarrei qui. Prima di emigrare volevo crearmi un futuro: ora ho una famiglia, con tre figli nati a San Donà. Ho desiderio di ritornare in Romania, ma i figli sono nati qui: l’Italia è il loro Paese. Ci sono delle attuali difficoltà per i pregiudizi. Come rispondere alle persone innocenti che ti domandano: “Papà, perché ce l’hanno con noi? Cosa abbiamo fatto di male?” C’è anche la paura, per sentirti dire che un rumeno è un pericolo sociale. In questi momenti ti devi aprire di più, per mostrare la tua vera natura e i tuoi valori al vicino di casa, al collega, al datore di lavoro. Giudicare male una comunità per il comportamento di alcuni è sbagliato. Noi per primi vogliamo fermare i delinquenti, ma non possiamo sostituirci alle Forze dell’Ordine. I genitori hanno un ruolo importante, perché i figli ascoltano ed assimilano, nel bene e nel male i loro pareri ed atteggiamenti. Sta a noi tutti preparare la convivenza, anche tramite eventi culturali.


CASE HISTORY

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Artan Llanaj (albanese) Sono metà albanese e metà italiano, visto che sono 14 anni che sono qui. Venni nel 1993 per ragioni economiche. Finita la scuola avevo un posto sicuro, ma non bastava per mantenere la famiglia numerosa. Emigrai da Valona e vissi tre anni da clandestino. Incontrai i problemi maggiori soprattutto per la casa. Sapevo già la lingua (da noi si vedeva la tivù italiana) e venni al Nord perché sapevo che c’era maggior sviluppo economico. Ebbi appoggio dai miei cugini e, grazie ai parenti ed amici, ottenni i documenti. Feci il ricongiungimento familiare con i genitori e fratelli. Venni a 21 anni e ora ne ho 35. Sono praticamente cresciuto qui in Italia: ho incontrato un popolo di lavoratori, la cortesia e la buona cucina. Trovo però la mancanza di mantenere la parola. Ho sistemato la famiglia e abbiamo anche fatto un mutuo per la casa. Ho seguito poi un corso per infermiere professionale e sono impiegato come tale in una ditta privata. Ho realizzato quindi il mio sogno prima di partire dall’Albania: se ritornassi indietro rifarei tutto come 14 anni fa. Sono albanese, ma considero l’Italia il mio secondo Paese (conosco di più le strade di San Donà che non quelle di Valona). Da voi chiediamo l’aiuto di non generalizzare. Nella cronaca, alla televisione, appaiono sempre dati negativi. Esiste la possibilità di coesistere. Prepariamo l’ambiente e cominciamo a dialogare. La famiglia e la solidarietà permettono di aiutarci a vicenda.


PARTE PRIMA 0.3

PROGETTO MINIDOC

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RESTITUZIONE ANALISI:

PROGETTO MINI DOC Focalizzazione del tema del documentario La nostra analisi ha configurato una situazione relativa alla città di Milano di dato di fatto della multiculturalità, la quale però viene ancora spesso osteggiata e negata da molti italiani, che si nascondono dietro stereotipi o paure immotivate, nonostante la favoriscano quasi inconsapevolmente. Il nostro sguardo dunque si è concentrato sulle situazioni quotidiane, comuni e condivise dalla maggior parte dei milanesi, nelle quali vi è effettiva convivenza e integrazione con gli stranieri.

Obiettivi di progetto L’ obiettivo del Mini Doc è quello di fotografare la situazione attuale della città di Milano rispetto alla multiculturalità, inquadrando le principali zone urbane in cui questo fenomeno si manifesta (anche se in modo non approfondito) e le etnie che in maggior numero le popolano, analizzando quali aspetti questo fenomeno vada a toccare. E’ ovviamente importante per noi restituire la complessità del tema trattato, includendo le problematiche e i diversi punti di vista, poiché nonostante la situazione corrisponda ad un dato di fatto, l’immobilità rappresentata dalle istituzione nella gestione del “problema” ha fatto si che il fenomeno crescesse al di fuori di linee guida studiate e quindi in modo spontaneo. Abbiamo compreso che il modo migliore per dipingere l’ argomento trattato nel caso specifico della città di Milano sarebbe stato quello di presentare un caso sensibile, tuffandosi nel quotidiano, in una giornata di lavoro qualunque, enfatizzando come sia proprio nei rapporti più semplici e comuni fra persone diverse che si realizza il concetto di multiculturalità. Arrivati a questo punto intendiamo delineare un possibile scenario futuro di società milanese multiculturale attraverso le buone pratiche già adottate in altre nazioni. Affrontando il tema in questione con questa prospettiva, e con questo tipo di “attori”, abbiamo lo scopo primario di muovere emozionalmente lo spettatore, coinvolgendolo a livello personale, per avvicinarlo ad una tematica che riguarda la quotidianità di tutti.


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zona via Sarpi

TARGET (MiniDoc) Il target che ci era stato assegnato era: istituzioni - settori comunali portatori di interesse e responsabili dei processi decisionali: sindaco e assessori, direzioni centrali (strutture comunali a livello tecnico), consigli di zona che hanno interesse ad attivare un processo di ascolto della cittĂ . A questi abbiamo voluto aggiungere i cittadini milanesi, per renderli partecipi in primo luogo del cambiamento della societĂ , essendo ipoteticamente loro stessi i primi a poter mutare le relazioni con il loro comportamento.


PARTE PRIMA 0.4

TRATTAMENTO

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TRATTAMENTO Tono e stile

moodboard

L’ intero documentario si svolge principalmente allo interno di un bar di proprietà di una coppia di immigrati, con qualche sporadica scena catturata in esterna, in quei quartieri dove, come già detto in precedenze, il numero di immigrati residenti è molto alto. La scelta del bar, ed in generale della giornata lavorativa di questa coppia, è stata fatta allo scopo di creare un rapporto empatico tra le parti, seguendo la vita della famiglia per coinvolgere lo spettatore. Il racconto che si svolge intorno ai nostri protagonisti offre uno spaccato di realtà difficilmente percepibile dal nostro Target ed emerge il punto di vista di una comunità che vive la multiculturalità quotidianamente con i suoi piaceri e le sue difficoltà. Il tono dunque risulta confidenziale, informale, diretto, come se fosse una chiacchierata leggera da bar, in cui si raccontano senza pregiudizi o secondi fini le proprie esperienze e le proprie vite. Le poche scene fotografate nei vari quartieri della città (Viale Paolo Sarpi e Via Padova) hanno ovviamente un tono distaccato, lontano, descrittivo, come se lo spettatore fosse un osservatore esterno, che analizza la situazione in modo obiettivo, lasciandosi accompagnare dalle parole della coppia.


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Concept Il concept del progetto documentario è di fotografare la situazione relativa al fenomeno della multiculturalità nella città di Milano, attraverso il racconto di due persone che la vivono quotidianamente. L’ intero documentario, della durata di 5 minuti, intende racchiudere una giornata lavorativa del bar/ristorante “la Torre” dall’apertura alla chiusura. Il suddetto bar è di proprietà di una coppia composta da Lingli, una donna cinese trasferitasi in Italia all’ età di 23 anni, e Taposh, uomo di origine bangladese in Italia dal 2001, che corrispondono ai protagonisti del nostro prodotto. Il racconto si basa sulla loro esperienza di multiculturalità, raccontando le difficoltà che hanno incontrato in questi anni e che quotidianamente continuano ad affrontare. La scelta è stata adottata in funzione della nostra volontà di presentare un caso sensibile relativo al fenomeno analizzato, in cui chiunque viva la città di Milano possa identificarsi e di conseguenza essere coinvolto dal tema. Raccontando una storia abbiamo lo scopo di suggerire allo spettatore l’ interesse nella conoscenza delle persone e delle loro storie, intesa come buona pratica per una futura società multiculturale. E’ stato infatti adottato un tono confidenziale ed informale tipico dei rapporti discreti fra persone. Importante infatti è il coinvolgimento personale ed emozionale dello spettatore, passo fondamentale per la creazione di quel rapporto fittizio che intendiamo stabilire tra lo stesso e la tematica sensibile della multiculturalità, che, anche se in modalità differente,riguarda la quotidianità di tutti i cittadini di Milano.

Soggetto Una giornata al bar/ristorante “La Torre” dall’apertura alla chiusura. Il bar è di proprietà di una coppia composta da Lingli e Taposh, rispettivamente una donna cinese e un uomo bangladese, un esempio talmente comune quanto particolare del fenomeno multiculturale milanese. Il racconto si basa sulla loro esperienza della multiculturalità, le loro esperienze passate, le motivazioni che gli hanno fatto raggiungere l’ Italia, come si sono conosciuti, gli ostacoli che hanno dovuto affrontare a superare, e le loro impressioni su come questa Italia e questa Milano possano gestire il fenomeno analizzato senza che costituisca un problema, ma bensì una risorsa. Parlando della comunità di viale Paolo Sarpi con Lingli usciamo dal bar e in esterna mostriamo la multiculturalità di questa zona, prendendola come esempio generico della situazione milanese. Esaurito questo excursus torniamo al bar proseguendo e portando a termine il discorso con la coppia cino-bangladese.


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Titolo minidoc

multiculturalitĂ una storia vera


PARTE SECONDA 0.5

COPY STRATEGY

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PARTE SECONDA: COPY STRATEGY

INTRODUZIONE Considerazioni Iniziali Una volta definita la situazione nella città di Milano, in cui convivono una moltitudine di etnie e culture differenti, e avendone riportato la complessità con il Mini Doc, siamo in grado di affermare che la multiculturalità, specialmente per quanto riguarda la città di Milano, è un palese dato di fatto, il quale essendo tale non può essere negato. Date queste considerazioni è possibile reagire alla multiculturalità attraverso tre vie, ovvero in modo pregiudizievole e negativo, combattendo il fenomeno generando scontri e problematiche, in modo neutro ed indifferente, lasciando che la società si adatti in modo casuale ed autonomo alla presenza degli stranieri, oppure infine mediante la condizione che a noi appare più omogenea a ciò che sarebbe auspicabile, ovvero il multiculturalismo, quindi con atteggiamento favorevole e consenziente, il che permetterebbe di indirizzare in modo consapevole la creazione di una società italiana multiculturale, in cui le varie differenze convivano, partecipino e contribuiscano alla crescita comune. In questo scenario emerge la fondamentale figura dei G2, giovani nati e cresciuti in Italia da genitori stranieri, che, avendo condiviso con i coetanei italiani ogni aspetto della loro vita, si sentono effettivamente italiani, e rivendicano questo diritto anche a livello legislativo. Noi abbiamo identificato in costoro la possibile metafora che potesse far scattare quei comportamenti appunto auspicabili, sia da parte delle istituzioni, ma soprattutto da parte dei singoli cittadini, diventando anch’essi protagonisti nella creazione di una società multiculturale. Abbiamo infatti potuto riscontrare che in primis le istituzioni tendono ad affrontare il fenomeno come se si trattasse unicamente di un problema da risolvere, negandone di fatto le profilazioni positive e di crescita, quindi di fatto anestetizzando quelle che sono le potenzialità aggiunte che culture altre da quella italiana possono garantire alla società. In secondo luogo il cittadino medio affronta il fenomeno in modo contraddittorio, ovvero attaccando e ostacolando a parole la situazione, dipingendola in modo quasi catastrofico, ma poi in verità quando si interfaccia effettivamente con la multiculturalità esce dal guscio protezionista e tutelante autoimpostosi e in modo inconscio agisce in totale disaccordo rispetto alle idee che esprime; non sono sconosciute ai più le tradizionali dichiarazioni che dipingono gli stranieri come una minaccia, ma allo stesso tempo quando si sposta il discorso sull’ amico straniero i toni si abbassano e si tende ad affermare “si ma lui è bravo”. Questo semplice esempio è fondamentale per quanto riguarda la composizione degli ostacoli al multiculturalismo, che di fatto non sono altro che sciocchi pregiudizi causa di paure per lo più immotivate, i quali una volta


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superati vengono visti per ciò che sono, ovvero limiti personali. Altro potenziale limite, evidenziato soprattutto in altre nazioni in cui si è agito in tal senso, è la ghettizzazione delle etnie, le quali vengono si accettate, si rese libere di autodefinirsi, ma isolate dal contesto, portando a frequenti scontri tra di esse e la cultura autoctona, per via della mancanza di comunicazione fra le parti.

Abstract (10 righe) Nell’elenco un breve riassunto dei punti su abbiamo lavorato finora e di quelli su cui lavoreremo: - fotografia della situazione attraverso il racconto di persone che vivono la multiculturalità ogni giorno e sono in grado di raccontare le difficoltà che affrontano e le prospettive che intravedono. - racconto una storia vera e quotidiana, per suggerire l’avvicinamento tra persone diverse e differenti. - restituzione della complessità del tema trattato, facendo capire che pur essendo un dato di fatto, non si ha ancora una risposta precisa su come affrontarlo. - focus sui giovani (G2) evidenziando gli aspetti che accomunano, svelando in fine le differenze.

Mission/Reason Why/Vision In questo seppur semplice e quasi banale comportamento la goccia che permetta di uscire dal baratro dell’intolleranza e dell’esclusione, che stereotipi e paure hanno fomentato. Il conoscere direttamente le persone con sguardo neutro e favorevole, soffermandosi più su ciò che avvicina piuttosto che su ciò che divide, è importantissimo per generare armonia laddove paura di confronto e pregiudizi animano lo scontro di etnie, in modo da comprendere la somiglianza che ci accomuna e giustificare la valorizzazione delle differenze intese come valore aggiunto alla ricchezza della società. Le motivazioni, o Reason Why, che giustificano la mission sopra espressa sono di fatto la presenza di una generazione due numerosa e attiva, che non si può cancellare, trascurare o combattere, poiché costituisce gran parte dell’Italia del futuro e senza dubbio un’enorme risorsa per il paese. Inoltre non va trascurata la caratteristica mutevole e dinamica di ogni cultura, considerando quindi la apertura della cultura italiana ad altre culture vi è la possibilità e l’auspicio che sia in grado di assorbire ciò che di buono, positivo e fruttuoso ognuna delle culture altre abbiano da offrire per una crescita condivisa. In questo futuro contesto societario abbiamo delineato una Vision che tocchi due punti: pari diritti e possibilità per ogni cittadino, soprattutto a livello legale; strutture mentali più aperte e consapevoli delle persone che compongono la società.


COPY STRATEGY

25 PROMISE le differenze sono meno di quelle che credi e quelle che ci sono aggiungono qualcosa alla nostra cultura

Promise La promise avanzata corrisponde al fatto che le differenze che crediamo di riscontrare in uno straniero sono meno di quelle che pensiamo esistano, e senza dubbio meno ostili, infatti possono essere considerate potenziale valore aggiunto alla nostra cultura.

418 MILA GLI IMMIGRATI PRESENTI A MILANO E IN PROVINCIA

4.043

I FIGLI DI IMMIGRATI NATI IN ITALIA CHE A SETTEMBRE ANDRANNO ALL’ASILO A MILANO

975.000

I FIGLI DI GENITORI STRANIERI NATI O CRESCIUTI IN ITALIA

Supporting Evidence Secondo i dati Istat più recenti, relativi al 1º gennaio 2011, sono Mixa presenti in Italia Magazine 2010 4.570.317 stranieri, pari al 7,5% della popolazione totale, con un incremento, rispetto all’anno precedente, del 7,9%. Il fenomeno delle naturalizzazioni, seppure in costante aumento negli ultimi anni (+11,1% rispetto al 2009) è tuttavia ancora limitato nel nostro Paese. A titolo di paragone si consideri che in Francia nei soli anni 2005 e 2006 sono state concesse complessivamente 303 000 cittadinanze. La popolazione straniera presenta un’età media decisamente più bassa di quella italiana; nel 2009 i minorenni erano 932.675 (il 22% del totale) mentre gli stranieri nati in Italia (le cosiddette seconde generazioni) erano ormai 573 mila, cioè il 13,5% del totale degli stranieri. In particolare, gli stranieri nati in Italia nel 2010 hanno rappresentato il 14% del totale delle nascite, un’incidenza circa doppia rispetto a quella degli stranieri sul totale della popolazione residente, inoltre le coppie miste erano solo il 3,2% nel 1992, il 4,8% nel 1995, il 10,4% nel 2004, il 15% nel 2008, con una crescita del 9,5% all’anno. I dati specifici relativi alla città di Milano contano una presenza massiccia di immigrati nell’area comprendente non solo la città ma anche la provincia, ovvero 418 mila persone. I figli nati da coppie straniere che quest’anno si accingono ad andare all’ asilo sono 4.043, su un totale di 975.000 giovani figli di immigrati residenti in tutta Italia.


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VISION pari diritti e possibilitĂ per tutti sia a livello legale che nelle strutture mentali delle persone

MISSION far conoscere le persone tra loro


PARTE SECONDA 0.6

TARGET

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TARGET Cenni di posizionamento L’immigrazione su vasta scala è in Italia un fenomeno recente, diversamente che in altri paesi i quali l’hanno sperimentato da tempo o addirittura si sono formati e sviluppati da una miscela di immigrati dalle origini più diverse (come è avvenuto negli Stati Uniti). Di qui la difficoltà, che del resto non è solo italiana, di controllare, se non di governare, i flussi migratori, di determinare quote di immigrazione ripartite fra i diversi gruppi nazionali, che siano compatibili con le possibilità e gli interessi economici del paese di accoglienza, nel nostro caso l’Italia, e di predisporre misure efficaci per un buon adattamento lavorativo e sociale dei nuovi arrivati. La scarsa incisività della politica e delle istituzioni ha lasciato che l’inarrestabile spinta immigratoria sia stata gestita in molti casi da organizzazioni che provvedono, fuori della legge e con modalità spesso decisamente criminali, al trasporto e alla sistemazione lavorativa degli immigrati clandestini; i quali sono avviati spesso a una sorta di lavoro coatto che sfugge alla sorveglianza italiana, o ad attività illegali come il traffico di droga o di armi, o la prostituzione. Questa situazione largamente fuori controllo, che periodicamente riesplode in Italia nelle forme di un’”emergenza” da affrontare in modi alquanto improvvisati, non ha permesso di impostare razionalmente problemi cruciali come la questione del rapporto fra le culture di partenza degli immigrati e quella di arrivo: essi provengono da un gran numero di paesi, sono diversi per lingua e mentalità e religione e tradizioni. Deve prevalere una politica di integrazione o un assoluto rispetto delle culture di origine? La soluzione andrebbe cercata in uno dei punti intermedi tra queste due soluzioni estreme (si pensi a culture provviste di un forte di senso di identità, come quella islamica, difficilmente integrabile e d’altra parte non sempre compatibile con le leggi delle società occidentali, come dimostra la pratica dell’infibulazione). Lasciando da parte i problemi della legalità e dell’ordine pubblico, il dilemma integrazione o sviluppi separati si fa molto concreto nell’impostazione (finora latitante) di una politica scolastica. Già ora bambini extracomunitari frequentano le scuole italiane; per il resto, l’accoglienza agli immigrati è largamente affidata a organizzazioni volontarie, che ricevono finanziamenti pubblici. Su una politica dell’istruzione per gli extracomunitari c’è ancora, in Italia, un silenzio assoluto: che non potrà durare a lungo, e dovrà essere seguito sperabilmente da provvedimenti sensati ed efficaci. Una possibilità consiste in una politica multiculturale. Il termine (dall’inglese multiculturalism) si riferisce all’orientamento seguito in Canada, paese etnicamente composito per il gran numero di immigrati dalle provenienze più diverse che si sono aggiunti (lasciando da parte gli indigeni) al nucleo della colonizzazione originaria, che era francese e inglese.


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Il multiculturalismo consiste in una politica di sostegno alle culture, tradizioni e lingue originarie dei diversi gruppi, i quali sono incoraggiati a tener viva la propria identità tra l’altro attraverso l’organizzazione dell’istruzione. Nel sistema scolastico si prevede cioè, accanto ai programmi comuni, un certo spazio dedicato alle culture d’origine o “etniche”. Una politica analoga segue l’Australia. Viceversa, negli Stati Uniti è stata teorizzata e, entro certi limiti, praticata la politica del “crogiolo” (melting pot), il recipiente nel quale si fondono i metalli: fuor di metafora, l’espressione allude alla piena assimilazione nel sistema americano, indipendentemente dalla provenienza. È evidente l’importanza di adottare l’uno o l’altro indirizzo politico, anche se la realtà non vi si lascia ricondurre che in parte, come dimostra il fatto che la società degli Stati Uniti è tutt’altro che “fusa” (per riprendere l’immagine del crogiolo) e in quelle del Canada e dell’Australia l’integrazione è bilanciata in misura solo parziale dalla politica multiculturale. Con ciò, si toccano i problemi dell’italianizzazione linguistica: la quale dovrebbe essere la più piena possibile; l’italianizzazione culturale è invece problema più delicato, che solo in parte si sovrappone all’apprendimento dell’italiano. La distanza culturale tra paesi di partenza e paese d’arrivo è infatti variabile, e non coincide con la distanza geografica né con quella linguistica. Gli immigrati adulti che arrivano in Italia iniziano o rafforzano la loro pratica della lingua attraverso un apprendimento spontaneo, extrascolastico: la preoccupazione più urgente è la ricerca di un lavoro, e la pratica delle relazioni con il paese ospite, dentro e fuori il lavoro, fa da maestra della lingua, coadiuvata talvolta dalla frequenza di un corso per adulti o dall’uso di un corso su nastro. I membri di culture diverse sono diversi (fatte salve, com’è ovvio, le differenze individuali) dal punto di vista dell’apprendimento di una lingua: una comunità fortemente compatta o chiusa o con un forte senso di identità o capace di organizzarsi in modo da realizzare l’autosufficienza interna e ridurre al minimo le relazioni con l’ambiente esterno sarà portata a conservare la lingua materna e a non imparare la lingua del paese d’immigrazione, o a impararla poco. È questo il caso dei cinesi, generalmente poco propensi all’apprendimento dell’italiano, come del resto avviene in altre comunità di cinesi all’estero, sparse nel resto del mondo. La distanza linguistica tra l’italiano e il cinese gioca un ruolo, tuttavia altri immigrati che parlano lingue non meno distanti sono più rapidi e raggiungono un miglior successo: segno che non meno importanti della distanza fra le lingue sono i fattori psicologici e culturali (in senso lato). Diversa è la situazione dei figli degli immigrati, che accedono alla scuola nel paese d’immigrazione, l’Italia. Per essi si può prevedere un’italianizzazione, di norma, più compiuta di quella che è accessibile all’apprendimento spontaneo dei genitori; soprattutto (anche se non soltanto) per i bambini si dovrà porre, in tempi auspicabilmente brevi, il problema dell’istruzione.


TARGET

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Stakeholders Avendo identificato i principali soggetti destinatari del messaggio nei giovani, i soggetti interessati e coinvolti in questo progetto risultano essere dunque le scuole medio-superiori, le università e le associazioni diffuse sul territorio che si occupano, senza scopo di lucro, della gestione ed integrazione delle comunità etniche straniere. Queste figure sono in diretto contatto quotidiano con i giovani, identificati come tramite di culture, nel caso di figli di immigrati, e come primi soggetti in grado di riconoscersi nel messaggio trasmesso e di conseguenza i primi a poter far scattare un cambiamento significativo.

Profilazione Target personas01

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Il Target da noi identificato si posiziona in modo trasversale nella fascia di età che va dai 18 ai 25 anni, di conseguenza ragazzi giovani. Caratteristica di questi giovani è quella di utilizzare social network in modo abbastanza frequente, che sono quindi attivi nel campo sociale virtuale. I soggetti dei nostri prodotti spot andranno a rappresentare ragazzi giovani, coetanei del target, però facenti parte della rete G2, che


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possano rispecchiare le caratteristiche principali dei giovani italiani componenti il Target, permettendo dunque a questi ultimi di rispecchiarsi negli atteggiamenti e nelle volontà espresse negli spot. Più avanti verrà approfondito il discorso della viralità ed autoriproducibilità del messaggio, però è giusto anticipare che questo scopo necessita ovviamente che il target destinatario del messaggio debba essere tecnologicamente attivo (a livello basilare) per la riproduzione e la conseguente diffusione del prodotto veicolante il messaggio, trasformandosi in “ripetitore” del messaggio (ovviamente non è obbligatoria l’autoproduzione, è auspicata, suggerita dal climi, ma basterebbe anche solo la diffusione nella rete).

Conclusioni Nel nostro caso il target non è solo spettatore, ma ha un parte attiva nella diffusione virale dei video e del messaggio anche attraverso la proprio produzione.


PARTE SECONDA 0.7

CONCEPT

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CONCEPT Contesto di progetto Il contesto di progetto consiste in tre punti fondamentali. Anzitutto il lavoro con i ragazzi della così detta generazione due, i quali partecipando alla vita della città di Milano, si sentono ovviamente coinvolti nel tema essendo sia a livello sociale che a livello istituzionale la frangia più debole e trascurata della società, ma allo stesso tempo il terreno più promettente e florido del concetto di multiculturalità inteso come valore. Parte centrale è il lavoro sui giovani milanesi, essendo loro il futuro della città sono a pieno titolo i primi a poter far scattare dei nuovi comportamenti che portino ad un auspicabile società multiculturale. Allo scopo di raggiungere in modo diretto e coinvolgente il target, il contesto di progetto prevede il racconto di più storie di vita vissute nel quotidiano, comuni e condivisibili da tutti.

Descrizione progetto Il progetto consiste nel racconto di due giovani ragazzi (uno maschio e una femmina) corrispondente al target in relazione a quelli che sono i loro sogni, i loro hobby, i loro desideri e tutte le caratteristiche che definiscono le loro identità come persone. Il racconto verbale ovviamente viene accompagnato da immagini closed up sulle azioni che questi ragazzi compiono nel quotidiano e che corrispondono alle stesse descritte dall’audio. Il progetto si fonda sul gioco/inganno di non far vedere il viso del soggetto narrante che ne delineerebbe l’ origine straniera, appunto “ingannando” lo spettatore facendo credere, anche con l’ausilio del nome italiano mostrato ad inizio clip e alla voce narrante che sottolinea una conoscenza fluida e “cittadina” della lingua italiana, che si tratti di un ragazzo/a italiano, come effettivamente si auspica che costoro vengano considerati in futuro. Solamente negli ultimi secondi dello spot avviene la rivelazione dell’origine del soggetto che amichevolmente sorride guardando direttamente l’ interlocutore/spettatore e comunicando con lui tramite l’ headline che traduce in testo il messaggio e la mission dell’intero progetto, ovvero la sollecitazione a conoscere le persone non soffermandosi alle apparenze ma approfondendo prima di giudicare. Lo scopo dell’headline è inoltre quello di coinvolgere direttamente lo spettatore, il quale, impersonatosi nel soggetto stesso dello spot, comprende il messaggio e si fa da ripetitore dello stesso, anche attraverso l’ autoproduzione, sfruttando i social network.


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Strategia di Comunicazione

Dimmi di Te

Schema del processo di viralizzazione: 1. Upload dei video pilota sul canale YouTube (Dimmi di Te). 2. Condivisione dei video sulla pagina Facebook (Dimmi di Te). 3. Condivisione della pagina e dei video pilota su Facebook, sfruttando quelle associazioni che si occupano del tema già operanti su Facebook e quindi che godono già di un bacino di persone sensibili alla tematica, che si possono quindi trasformare in ripetitori del messaggio. 4. Condivisione e viralizzazione sulle bacheche personali e comuni di Facebook da parte degli utenti. 5. Coinvolgimento e stimolazione dei membri della pagina fan riguardo al progetto, sulla sua diffusione e sul coinvolgimento di ulteriori persone. Il concept del nostro progetto prevede dunque la creazione di n spot pilota che fungano da punto di partenza per una diffusione successiva, autoindotta ed autoriprodotta, del messaggio. Vengono sfruttati due canali principali che corrispondono rispettivamente ai mezzi di comunicazione che da una parte semplificano e dall’altra incentivano il passaparola dei contenuti, nel nostro caso audiovisivi, ovvero YouTube e Facebook. Lo strumento della pagina fan rappresenta lo strumento ideale per i nostri scopi: • generare una connessione tra persone • stimolare il passaparola • offrire strumenti e supporto per l’ autoriproduzione


CONCEPT

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I motivi della viralità Un contenuto per esser virale deve presentare alcune particolari caratteristiche e deve fare leva su alcuni bisogni e/o emozioni. Il motivo del successo di questo progetto, in termini di tasso di viralità, sarà riconducibile in modo particolare al bisogno di Identificazione/Appartenenza (il terzo gradino della Piramide di Maslow). Gli Spot trattano un argomento caro agli utenti e saranno pubblicati su una pagina dedicata al tema sensibile. Quindi da una parte l’identificazione dei fan in questo reale e specifico problema, attraverso l’ “inganno” prodotto dallo spot (davvero “sentito”), e dall’ altra l’appartenenza ad un gruppo omogeneo di pensiero, produrranno una buona interazione ed un tasso di viralità molto alto.

Finalità Lo scopo del progetto è quello di raccontare le identità dei protagonisti della multiculturalità, mostrando quanto siano simili per molti aspetti a quelle dei giovani italiani, arrivando al punto di identificarsi negli stessi sogni, negli stessi desideri e nelle stesse aspirazioni dei coetanei di origine straniera. Invitando dunque le persone a conoscere altre persone senza soffermarsi alle differenze superficiali si sollecita una più approfondita riscoperta delle altre culture attraverso appunto le singole persone.


PARTE SECONDA 0.8

COMUNICAZIONE

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COMUNICAZIONE Obiettivi di comunicazione (Linee guida) La comunicazione è stata pensata per essere sviluppata attraverso i canali che il target di riferimento utilizza direttamente per diffondere le proprie idee e la propria conoscenza, ovvero i social network. Caratteristica del progetto spot dunque è la viralità del messaggio diffuso direttamente dal target, il quale, spinto dall’identificazione nei soggetti del prodotto, diviene ripetitore del messaggio e potenziale auto-riproduttore dello stesso, occupando il ruolo di protagonista dello spot. In questo scenario ognuno ha l’ opportunità di raccontare se stesso e la propria storia.

Linguistica Il linguaggio adottato a livello visivo rispecchia quello di un video ritratto, in cui viene appunto dipinta la personalità, attraverso varie sfaccettature, di una persona che di volta in volta assume le caratteristiche di un profilo di target. Lo spot è la metafora di un mosaico, in cui attraverso un climax ascendente di indizi lo spettatore va a comporre l’ identità del soggetto narrante avendo infine la rivelazione del viso dello stesso che completa la totalità del mosaico, svelando l’ “inganno”, anche se effettivamente di inganno non si tratta. Il linguaggio a livello verbale invece risulta informale, diretto, confidenziale, un racconto quasi intimo fatto tra persone che condividono molti aspetti della loro identità, in modo da raggiungere immediatamente, attraverso un linguaggio condiviso dalle parti, il destinatario del messaggio.

Stile A livello di stile fotografico le immagini mostrate sono volutamente closed up rispetto alle azioni compiute, focalizzandosi completamente sull’esecuzione. Le riprese adottano uno stile docu-fiction, ovvero un finto documentario in cui effettivamente i soggetti protagonisti sono attori, ma lo stile del catturato tradisce la finzione intrinseca delle azioni simulando una presa diretta di azioni spontanee. L’ultima inquadratura è volutamente rappresentata con uno stile opposto in cui l’ inganno sopra citato viene svelato e dunque anche la stessa finzione documentaria viene tradotta in rivelazione cinematografica. A livello cromatico si è optato per l’ utilizzo di colori vivaci, che traducano i sogni e le aspirazioni dei giovani, soggetto dello spot. La varietà dei colori rappresenta anche la metafora sottile di un mosaico colorato che è la società multiculturale della città di Milano.


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moodboard

Sheela – 23 anni Sheela – 23 anni Non piace indossare il Sari Non mimi piace indossare il Sari

Priyanka Jhanjhariya – 16 anni Priyanka Jhanjhariya – 16 anni Voglio diventare pilota Voglio diventare unun pilota militare. Tutti dovrebbero fare militare. Tutti dovrebbero fare grandi sogni e lavorare duro grandi sogni e lavorare duro perché avverino perché si si avverino

Wendy Xhang – 20 anni Wendy Xhang – 20 anni Prima morire voglio vedere Prima di di morire voglio vedere Cina unita. Sia con la la Cina unita. Sia con sese stessa che con il mondo stessa che con il mondo

Bag In - Santicorna / Teenagers -Colors magazine / Ispeak - Adrian Fisk / Rania Matar


PARTE SECONDA 0.9

PROGETTO SPOT

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PROGETTO DELLO SPOT Concept Il progetto prevede la produzione di molteplici video ritratti di giovani G2 che si raccontano ai coetanei celando la loro origine straniera, focalizzando il discorso sulle proprie azioni ed il proprio racconto verbale, ponendo l’ attenzione sulla propria identità come persone. Il progetto è definito partendo dal Target di riferimento che determina il soggetto utilizzato per lo spot, in modo che sia conforme alle caratteristiche del Target permettendo che esso si possa identificare.Questo collegamento è determinante e fondamentale, per questo motivo è importante profilare in modo preciso anche se molteplice il Target in modo da coprire nel modo più preciso possibile l’ ampia fascia non solo di età, ma anche di caratteri identificativi. Questa necessità ulteriore determina la caratteristica di multisoggetto che i nostri prodotti spot assumono, essendo basilare la massima corrispondenza tra target e soggetto.

Soggetto Il racconto della società multiculturale è affidato a dei brevi ritratti di più ragazzi della generazione chiamata G2. Ogni ragazzo e ragazza è protagonista di uno spot (30”) nel quale viene presentato inizialmente attraverso dettagli di oggetti e luoghi che descrivono i suoi interessi; vengono ritratti ad esempio il titolo del libro preferito, la playlist dell’ipod, il drink che prende sempre al bar, il gioco a cui preferisce giocare, la maglia della squadra del cuore. Il ritratto verrà fatto in un luogo da loro frequentato. Mentre scorrono le immagini si sente la voce fuori campo del protagonista che racconta o un elemento della sua quotidianità, o un suo desiderio, o qualcosa che gli piace (dalla voce non si intuisce l’origine straniera, ma corrisponde al linguaggio giovanile comune al target). Questo espediente ha lo scopo di far entrare lo spettatore in sintonia con il protagonista, ponendo l’accento sul fatto che spesso gli interessi e i desideri dei giovani sono simili. Con l’ avanzamento del documentario le informazioni che vengono trasmesse ingannano lo spettatore il quale sono con l’ ultima scena, in cui si mostra il volto del soggetto, coglie l’origine straniera dello stesso.


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SCENEGGIATURA

Elisa


SCENEGGIATURA

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SCENEGGIATURA

Stefano


SCENEGGIATURA

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MULTICULTURALUTÀ

BIBLIOGRAFIA

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BIBLIOGRAFIA “Incontrarsi e riconoscersi”

di Maurizio Ambrosini, Paola Bonizzoni ed Elena Caneva http://www.ismu.org

“Interculturalità e integrazione nella scuola elementare. Il punto di vista del bambino straniero” P. Pinelli, M. C. Ranuzzi, Daniela Coppola, Lorenza Decarli

Mixa Magazine 2010 “Amministrazione in cammino”

a cura del centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche di Vittorio Bachelet

“Pedagogia Interculturale” di Federica Zanetti

“Multiculturalismo. Perché è andato in crisi il sogno di convivenza” di Alain Touraine, La Repubblica 10/02/2011 http://www.seconde generazioni.it

Ispeak,

Adrian Fisk

Colors magazine



Laboratorio di Sintesi Finale Matteo Ducoli, Carlotta Gasparini, Nicola Jaime Grandi, Viliane Turatti prof. Bocci, Galbiati, Goldoni, Mattana, Ciancia, Meraviglia, Ronchi



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