Le relazioni e la comunicazione efficace

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Le relazioni e la comunicazione efficace. Alla base della crescita personale c’è proprio la capacità di mettersi in relazione, quindi la “relazione umana è davvero uno strumento di crescita e di benessere”. Il tempo della relazione è un tempo da ricercare, da costruire, non sempre è una esperienza “automatica”. Se riempio il tempo di contenuti, magari anche utili, si riduce di molto il tempo della relazione. Occorre ridare all’altra persona la dignità dell’ascolto, la dignità dell’essere in una relazione, del sentirsi coinvolta, in gioco. All’interno di una relazione quello che conta è che ognuno faccia la sua parte, perché se uno è timido e l’altro è estroverso, l’uno non potrà mai diventare estroverso e l’altro timido, questo non lo si può chiedere. Instaurare relazioni significative consente di tirare fuori tutto ciò che è potenzialmente presente nella persona. Noi lavoriamo sul “tirar fuori”, sull’educare (ex-ducere). Questo tirar fuori non deve essere quello che noi pensiamo sia buono per noi, ma deve essere quello che va bene per l’altro, al di là del fatto che quello che tira fuori l’altra persona sia angoscia, disagio, delusione etc... Allora, tirar fuori le cose non vuol dire constatare solo quello che noi ci aspettiamo, ma quello che c’è nell’altro. Quali sono gli elementi che costruiscono la relazione? La relazione è un concetto molto semplice ma allo stesso tempo molto complesso, molto ricco e variegato costituita da quattro fasi che sono sempre fra di loro “in relazione”. - COSTITUZIONE DELLA RELAZIONE - DIFFERENZIAZIONE - INDIVIDUAZIONE - RISOLUZIONE DELLA RELAZIONE. C’è una costituzione della relazione; fra uno che parla ed altri che ascoltano, c’è un guardarsi in faccia, c’è un fare dei cenni, dei gesti che aiutino a comprendersi, che sostengano. Nello sperimentarsi all’interno della relazione ci sono dei momenti in cui ci si differenzia e ci si individua, cioè io colgo il mio essere differente, portatore di caratteristiche uniche ed irripetibili. E poi c’è una risoluzione della relazione. La relazione non può mai rimanere statica, c’è sempre un cambiamento, laddove il cambiamento potrà essere anche un abbandono, una rottura; la relazione nasce per cambiare perché altrimenti non nascerebbe. Quindi costituzione della relazione, differenziazione, individuazione, e risoluzione, cioè una relazione che in qualche modo va avanti.


Questi fasi non vanno lette in senso temporale, ma in senso globale; certo sarà più in luce una cosa piuttosto che un’altra, intanto si identifica e si differenzia. Questi aspetti ci danno l’idea che la relazione è un continuo lavoro di rete, sono quattro elementi che si parlano sempre fra di loro. All’interno della prima fase del processo di relazione, quello che si chiama la costituzione della relazione, cioè le modalità di incontro, di rapporto, il modo di definirsi, ci sono degli aspetti estremamente importanti. 1. Innanzitutto la “mutualità” (la reciprocità); vuol dire che il rapporto non è mai a senso unico, e che il cambiamento deve essere da entrambe la parti. Come capire se siamo in relazione con gli altri ? Possiamo chiederci: “cosa sto imparando, cosa sto apprendendo e prendendo da questo rapporto? ” Perché se uno non si prende nulla la relazione non c’è , non è una relazione. 2. Il secondo elemento è quello della conoscenza. Ognuno di noi ha il suo bagaglio culturale, storico. Se però se noi ci chiudiamo dicendo: “io so, tu non sai”, non permettiamo la relazione! Pensiamo ad un qualsiasi gruppo di lavoro, se il punto di partenza è: io ho delle cose, ma non le tiro fuori perché non mi va di condividerle, la relazione non si fa perché, magari in maniera graduale, la conoscenza e la condivisione della conoscenza è fondamentale. 3. La terza caratteristica è la consapevolezza. La consapevolezza ha a che fare con il fatto che se io ho davanti un ragazzo, gli devo chiedere delle cose da ragazzo, se parlo con un adulto delle cose da adulto, non posso chiedere ad un ragazzino di crescere in fretta, di “adultizzarsi” in maniera precoce; non posso chiedere ad un adulto di “fare finta di niente” come se fosse un ragazzino. La consapevolezza è il fermarsi ogni tanto, l’ascoltarsi, il riflettere.

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5. L’ultima è la “capacità di rischio”, cioè la capacità di tollerare una crisi mettendosi in una situazione di affiancamento piuttosto che in una posizione di sostituzione. Il pericolo della sostituzione sta nella pretesa di capire per controllare, incapaci di “mollare la presa”, terrorizzati dall’idea che qualcosa possa farci cambiare. Certamente che bisogna cercare di “capire” le situazioni, ma le si può capire anche semplicemente per stare vicino a quanto accade, senza il bisogno di controllare tutto. Immaginiamo il danno che si provoca quando noi mandiamo a dire ad un ragazzo, od anche ad un amico che lo consideriamo tale solo se lui è “conforme” alla nostra idea. Se

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4. La quarta è la responsabilità. Responsabilità che in questo contesto non ha niente a che vedere con la responsabilità morale e civile, ma sta a significare capacità di rispondere. La parola responsabile è collegata a “rispondere”. All’interno della relazione ho la responsabilità di dare delle risposte che sono le mie risposte, non quello che l’altro si vuole sentir dire, e di ascoltare le risposte dell’altro; ho dunque l’obbligo di stare a sentire l’altra persona per quello che mi vuole dire.


non ascoltiamo, se a queste persone non arriva il segnale che anche loro, per come sono fatti, fanno parte della relazione, allora gli stiamo dicendo che si devono adeguare perché con tutto il loro sforzo non riusciranno a cambiare nulla del nostro mondo. Se noi, noi che dovremmo essere i conduttori della relazione, non abbiamo la capacità di rischiare un confronto, un cambiamento, così anche l’altra persona non riuscirà, forse, a pensarsi se non nei binari già tracciati per lei . La sostituzione, il bisogno di controllare, è un meccanismo difensivo perché permette a chi conduce la relazione di dividere le parti “buone”, “funzionali”, (ovviamente le sue) da quelle ancora immature ed insicure; affiancare, accompagnare significa invece accogliere anche le parti di disagio e di fatica, ma non perché siamo buoni e perché “comprendiamo”, ma perché questo ci può cambiare, ci permette di fare i conti con una realtà differente, un punto di vista differente. L’affiancamento sostiene la differenziazione e l’individuazione nella crescita umana. Occorre offrire nella relazione non solo e non sempre soluzioni già confezionate ma anche, semplicemente, una presenza, uno sguardo attento, un ascolto sintonico, offrire un contenitore, una cornice di riferimento. Alla base delle relazioni c’è la comunicazione. Saper comunicare è una qualità utile, importante, essenziale per tutti. Non è facile acquisire la capacità di comunicare bene. Questa capacità può sembrare scontata e naturale, come se fosse parte integrante del patrimonio genetico o un’eredità di diritto. Non è così. La capacità di comunicare bene e pienamente si conquista solo nel tempo, attraverso la fatica del farsi comprendere e la dolorosa esperienza del fallimento comunicativo. La comunicazione decolla quando si prende coscienza che è processo di apprendimento. Il mondo, la società, le singole persone si presentano come una rete infinita e complessa di messaggi verbali , di codici, e di atti linguistici che s’incrociano, s’intrecciano, si sovrappongono, si specificano, si determinano a vicenda. Se tutta la vita è relazione, non ci si può esimere dal comunicare. Comunicare – è stato detto- significa, per il 99% ascoltare. In effetti, l’efficacia di un messaggio non dipende dalla quantità delle informazioni trasmesse, ma piuttosto, dalla capacità di far breccia nel modello del ricevente. La comunicazione è un processo finalizzato alla messa in comune, tra due o più interlocutori di esperienze, informazioni, pensieri, emozioni. Comunicare è scegliere tra scambiare qualcosa o prevalere sull’altro. Elementi della comunicazione : CHI

RICEVENTE

COSA

CONTENUTO

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COMUNICA A CHI

TRASMITTENTE


COME

MODO

CON QUALE CANALE

MEZZO

CON QUALE EFFETTO

RISULTATO

IN QUALE CONTESTO

AMBIENTE

IN QUALI CIRCOSTANZE

OCCASIONE

CON QUALE SCOPO

FINALITA’

SULLA BASE DI QUALI ELEMENTI

FONDATEZZA

EMITTENTE Codifica Interpreta Decodifica

RICEVENTE Decodifica Interpreta Codifica

Canale: veicolo fisico Codice: segno, grafia, parole Codifica: rendere in forma trasmissibile l’idea Decodifica: decifrare, comprender l’idea messaggio. Nel passaggio di decodifica intervengono : percezione di sé obiettivi sentimenti esperienze aspettative atteggiamenti conoscenza motivazioni

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Ogni persona ha un suo modo di interpretare la realtà che lo circonda in base alla sua storia personale a come egli è a ciò in cui crede.


Assiomi della comunicazione : 1° Ogni comportamento è comunicazione (non si può non comunicare). 2° Il comunicare ha un aspetto di relazione (come) e uno di contenuto (cosa). 3°Il significato della comunicazione è determinato dalla punteggiatura e dall’esposizione. 4° La comunicazione utilizza 2 canali: numerico (linguaggio delle parole) e analogico (dei gesti). Per spiegare quanto hanno osservato alcuni studiosi utilizzeremo una metafora: il puzzle. Ogni esperienza comunicativa chiama in causa cinque importanti tasselli che condizionano e vivacizzano la composizione del rapporto relazione. Nessun tassello può essere eliminato, se si desidera comporre l’immagine nella sua totalità. Il primo tassello è la DIVERSITA’ DEI MODI DI COMUNICARE. Nella comunicazione si registra la presenza simultanea di una molteplicità di modi di comunicare che si intrecciano e s’influenzano tra loro: parola, tono, timbro di voce, mimica facciale, gestualità, posizione… E’ importante acquisire la consapevolezza che il nostro comunicare è frutto dell’intreccio , a volte armonico, a volte disarmonico, di diverse modalità di comunicative: se l’intreccio è equilibrato la comunicazione è ricca, poliedrica, coerente, se incede, è asimmetrico la comunicazione è povera, frammentaria, contraddittoria. Il secondo tassello è l’IMPOSSIBILITA’ DI NON COMUNICARE. La comunicazione avviene in modo naturale con la parola e presenza. Ma anche con il silenzio, e l’assenza. E’ necessario capire che ogni atteggiamento è di per sé comunicativo. Il terzo tassello è il GIUDIZIO NASCOSTO. In ogni comunicazione, insieme a ciò che volutamente s’intende esprimere si intrecciano messaggi nascosti, negativi o positivi nei confronti di se stessi o degli altri. Questi messaggi non sempre sono evidenti per chi li smette, ma sono certamente per chi li riceve. E’ indispensabile sapere che questi giudizi condizionano e possono, addirittura compromettere l’esito stesso della relazione dialogica.

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Quinto tassello è l’essere COMPLEMENTARI O SIMMETRICI. La comunicazione è un rapporto circolare tra due o più persone, in ognuno è chiamato a svolgere un ruolo e a occupare un posto. Nella comunicazione si può scegliere di occupare un posto d’inferiorità o di superiorità o di complementarietà. Non esiste la

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Il quarto tassello è la creazione di CIRCOLI RIPETITIVI che si perpetuano nel tempo. A un determinato comportamento di un interlocutore, corrisponde un idoneo comportamento dell’altro interlocutore . I meccanismi che si innescano possono far bene e quindi essere positivi . Ma possono far male e quindi sono negativi.


posizione di neutralità. Bisogna allenarsi e conoscere le proprie e altrui aspettative che entrano in gioco nel rapporto relazionale. E’ importante essere flessibili ed occupare posti diversi. “Lavorare sulla qualità delle proprie parole è lavorare sulla qualità de propri incontri, e di conseguenza, sulla qualità della vita perché vivere è incontrare; le parole sono sempre parole rivolte a qualcuno; non si parla al vento. Le parole sono voci che chiamano dalla lontananza, dall’assenza e lo fanno esistere qui, davanti a noi, dando luogo alla presenza.” Si è portati a pensare che ascoltare sia un processo passivo. L’ascolto silenzioso invece rappresenta un momento fondamentale del processo comunicativo perché segnala accettazione verso l’emittente, consentendogli così di sentirsi a proprio agio e interagire in modo ottimale, senza barriere comunicazionali. Un ascolto efficace, infatti, consente ed agevola l’altro nell’esprimere tutte le informazioni e soprattutto tutte le emozioni che in quel momento vuole comunicare. La maggior parte delle persone, nella nostra società, non è in grado di ascoltare attivamente perché non è stata mai educata a farlo. E’ dimostrato statisticamente che solo il 25% dei messaggi viene recepito, il restante 75% viene dimenticato, ignorato, equivocato, distorto. I tre momenti del processo di ascolto: concentrarsi e selezionare in modo debito, decodificare in modo corretto tutti i livelli della comunicazione, rispondere con feedback appropriati. In ogni relazione una persona da una definizione di sé: ecco come io mi vedo:posso rispondere ai messaggi con la CONFERMA: la moglie : prepara un buon cibo al marito Il marito dice : buono veramente buono IL RIFIUTO: la moglie: in questi giorni sono stanca Marito: tu non sei stanca , ma sei stressata LA SQUALIFICA: figlio : stò male Maria mi ha lasciato, madre: nella vita tutti stiamo male.

Dare ordini, comandare, dirigere. Minacciare, ammonire, mettere in guardia. Moralizzare, far prediche. Offrire soluzioni, consigli, avvertimenti. Argomentare, persuadere con la logica. Giudicare, criticare, biasimare. Fare apprezzamenti, manifestare compiacimento.

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Le barriere della comunicazione:


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Ridicolizzare, etichettare, usare frasi fatte. Interpretare, analizzare, diagnosticare. Rassicurare, consolare. Indagare, investigare. Cambiare argomento, minimizzare, ironizzare. Le cinque C di una buona comunicazione verbale .

Chiarezza: il messaggio deve essere diretto e logico, per parlare in modo chiaro è necessario proseguire con frasi brevi, essenziali, con termini semplici e aderenti ai significati, contestualizzando le informazioni, bisogna infine che il nostro interlocutore conosca il codice che noi utilizziamo. Completezza : la comunicazione deve contenere tutti gli elementi essenziali che si intendono trasmettere e che servono per cogliere la logica dei ragionamenti. Una comunicazione parziale può far sorgere equivoci. Concisione: Il livello di attenzione degli ascoltatori diminuisce in modo progressivo con il trascorrere del tempo e del numero di informazioni fornite : Bisogna arrivare al punto con poche parole. Concretezza : il passaggio di informazioni risulta più efficace se la comunicazione è fondata su fatti delineati in modo chiaro e specifico. Facendo esempi e utilizzando metafore. Correttezza: una comunicazione efficace è fondata sull’onesta e sincerità. Solo un rapporto di reciproca fiducia consente agli interlocutori si essere ben disposti fra di loro e quindi di collaborare attivamente.

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L’ascolto non è un atteggiamento passivo. Vi è una differenza fra l’ascoltare e il sentire. Sentire è un fatto puramente fisiologico, basta avere l’apparato uditivo integro ed io mentre sento riesco a fare tante altre cose. Ascoltare è un fatto di interiorità, è un fatto di risonanza emotiva, un fatto che coinvolge, che esige la massima presenza, che richiede attenzione e concentrazione. Che cosa disturba il mio ascolto? Esterno che interno ?

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Ascoltare è prendersi cura della persona, non risolvergli il problema, ma dare il benvenuto a quanto lei ci porta , aiutarla a prendere coscienza che in lei ci sono tutte le risorse per attivarsi a far fronte alla situazione problematica. Ascoltare è offrire una presenza attraverso l’incontro : lo sguardo, l’udito, il contatto, la vicinanza, la parola, il dialogo. Il bisogno fondamentale della persona, rimane sempre lo stesso, quello di trovare qualcuno con cui parlare, quello di trovare qualcuno con cui stare bene insieme. Noi viviamo con la parola tutta la vita. Parole nel mondo ce ne sono tante, dialogo, ce n’è poco. Parlare correttamente è difficile debbo esercitarmi (barriere). Ascoltare nel modo giusto è difficilissimo, perché ci sono tanti modi di ascoltare. Tutti ascoltano, il nostro deve essere un ascolto comprensivo, empatico, di persone che hanno scelto di accogliere l’angoscia , di farsi contenitori per un tempo del problema dell’altro.


Offrire ascolto è un gesto raffinato di amore. Fra i quattro momenti che riguardano la comunicazione verbale: scrivere, leggere, parlare ed ascoltare, la scuola ci ha insegnato i primi tre . Frequenti impedimenti all’ascolto: La fretta: mancanza di tempo. L’ansietà: preoccupazione di cosa dire o cosa fare per rispondere. La superficialità: bisogno di riempire il silenzio per non apparire inadeguati, cambiare argomento senza approfondirne alcuno. L’impazienza: impulso a intervenire. Il giudizio: tendenza a esprimere giudizi verso ciò che l’altro fa, sente e pensa. Il pregiudizio: rischi di etichettare. La distrazione : introdurre argomenti che portano fuori strada. Le facili ricette: ricorsi a frasi fatte “non preoccuparti”.. La direttività: pioggia di domande. Il protagonismo: eccessivo bisogno di dare suggerimenti o a compiacersi. Proiezione: proiettare nell’altro quelli che sono i propri problemi. Fattori che facilitano la comunicazione: Usare il messaggio personale Io ( Tu è l’attacco che mette in fuga). Comunicare le emozioni personali. Essere presisi esprimere con chiarezza ciò che si desidera. Dichiarare almeno un aspetto positivo della relazione – riduce la distanza, perché coglie il valore della relazione es.: anche se sono arrabbiato riconosco che fai sempre il tuo meglio… Usare l’ascolto empatico. Non universalizzare con “sempre”, mai, ma circoscrivere con “quando”. Congruenza. Accettazione positiva incondizionata. Comprensione empatica. Le tre condizioni necessarie e sufficienti affinché si possa realizzare un ascolto efficace:

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Congruenza: stato interno di chi ascolta come la consapevolezza dei propri sentimenti, più il facilitatore (chi ascolta) è in contatto con sé stesso nel rapporto maggiore è la capacità di instaurare una relazione vera , con tale atteggiamento il facilitatore riflette momento per momento i sentimenti e le disposizioni che fluiscono in lui, quando si accorge che comunicare la reciprocità dei sentimenti può aiutare , si esprime senza giudicare l’altro. Se il facilitatore è consapevole dei propri sentimenti può aiutare sé stesso e gli altri.


Accettazione positiva incondizionata Comporta una completa disponibilità verso la persona, quali che siano i suoi sentimenti. Ciò permette di creare un clima di fiducia , la persona così inizia a modificare la situazione in cui si trova. Questo atteggiamento è opportuno che sia frequente ed è simile all’ amore che i genitori provano verso i figli.

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Empatia Il Facilitatore percepisce i sentimenti e i significati personali della persona . Il facilitatore presta attenzione al mondo interno dell’altro,e riflette tale visione in modo che la persona possa ottenere una più chiara visione del suo vissuto. Non è fusione con l’altro ma solo una visita nei sentimenti dell’altro, mettersi nei sui “panni”, comunicare questa comprensione.


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