Cart.,
s, 344.
MONTE FORNI ALTI
Punta d. Vécio.
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236. PUNTA DEL VÉCIO 1688 m IGM. - II braccio N del contrafforte NNE di M. Forni Alti cade sulla strettoia sup. della V. Sorapàche con un bell'appicco roccioso che le dà sembianze di tozza guglia, peraltro facilm. accessibile scendendovi dal gomito che la rot. degli Scarubbi (v. it. XXIIIe) descrive dopo la corta galleria. Il cennato vers. N, caratterizzato da un evidente camino, venne salito lungo quest'ultimo da R. Fabbri, A. Fabbri, M. Dori e P. L. Zanetti 1'8 agosto 1948 (LAV 1949, 38), incontrandovi diff. di III +. Schizzo a p. 430.
237. TORRE GABRISA c. 1650 m. - Sulla des. idr. della P. del Vécio, realizzandovi un singolare gemellaggio, si erge questa bella struttura rocciosa, anch'essa facilm. raggiungibile da S. · 237 a) per la parete Nord-est. G. Binotto e M. Dalle Carbonare, 29 luglio 1951 (RM 1953, 305). Altezza: c. 200 m. Difficoltà: IV + e V. Ore 3.30. It. impegnativo e assai esposto, con roccia solida.
Si segue l'it. XXIIIg e, non appena oltrepassato il greto della V. Sorapàche, si devia a sin. risalendolo dirett. fino alla gola sup., quindi volgendo a sin. pel detritico Vaio degli Scarubbi che si rimonta fin dove si stringe in un'angusta gola. Si attacca per lo spig. di sin. (c. 6 m), poi travers. orizzontalm. a des. (3 m) e salendo una fessurina vert. (15 m, eh.), oltre la quale si obliqua a des. (15 m, eh.) procedendo verso lo spig. per altri 30 m fino a raggiungere una cengetta (eh.). Si prosegue dirett. ( 40 m), poi trasversalmente verso lo spig. di sin. portandosi sotto a degli strap. gialli (15 m). Spostandosi orizzontalm. a sin. (c. 6 m), ci si dirige verso l'inizio d'un diedro strapiomb., che si supera dirett. (eh.) fino a passare sullo spig. S. Raggiunte delle cengette (15 m), si procede dirett. (eh.) per c. 60 m, infine raggiungendo la sommità. Schizzo a p. 430. 238. IL FRATÒN c. 1600 m. - Bellissima cuspide rocciosa che giganteggia sovrana sui selvaggi anfratti dell'alta V. Sorapàche: autentico gioiello che non a tutti si mostra, e tanto meno si concede. È di gran lunga la sommità più importante del braccio NE originato dal contrafforte NNE di M. Forni Alti, al quale si salda in corrispondenza di
q. 1645 mediante una profonda forcella, che conferisce netto stacco e audace slancio all'aguzzo pinnacolo sommitale. Ai piedi gli si umiliano altre e pur ardite guglie, generalmente note come i Frati Bassi. Il toponimo, di probabile origine cimbrica, niente ha da spartire con l'immagine d'un robusto frate: col termine i Fratòn o i Frattòni viene infatti chiamata fin da lontani tempi la fiancata des. idr. della V. Sorapàche nel
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Il Fratòn.
98. - Da sin. a des.:
SOTTOGRUPPO
Cart., p. 344.
Torre Gabrisa e Punta del Vécio, versante NE.
suo tratto più dirupato, compreso tra il Vaio degli Scarubbi e la Costa Ronchi che ne costituisce la parte inf. Il rovinoso Vaio degli Scarubbi, che s'insinua tra le due braccia del contrafforte NNE di M. Forni Alti, venne salito da R. Dalle Negare nell'estate 1929; egli salì pure, il 16 giugno 1929, le tre guglie su cui si articolano i Frati Bassi; infine, il 12 luglio 1932, ancora il Dalle Nogare superava il cosiddetto Figlio del Fratòn e il Vaio del Fratòn, incontrando in queste salite cliff. sul II. Non è escluso che, ignorando sia i cennati toponimi che le relative arrampicate, gli it. trace.
Oart.,
p. 344.
MONTE FORNI ALTI
Il Fratòn.
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1'8 agosto 1948 da R. e A. Fabbri con M. Dori sulla guglia da loro stessi battezzata P. del Vento (camino N; altezza c. 200 m; diff. di III + con pass. di V) e da R. Fabbri il 23 maggio 1948 sulla modesta Guglia Belvedere, in realtà si svolgano sui Frati Bassi e adiacenze. 238 a) da Sud-est ( via comune). R. Dalle Nogare, G. Zanardi, G. Bigon e O. Diener, 14 luglio 1929. Altezza: c. 100 m. Difficoltà: IV con un tratto di V. Ore 1.30. P sai. inv. G. Cavion, M. Manea e O. Bernardi, 6 gennaio 1959.
(ADP 1975) Dal crinale NE, laddove la rot. degli Scarubbi rasenta la q. 1645, si scende per terreno mugoso e detritico alla selletta da cui si erge il Fratòn. Lungh'esso si sale verticalm. su roccia molto friabile (c. 10 m), quindi si tende a sin. (eh.) seguendo per 10 m una cengetta fino a incontrare un canalino obliquante a sin., che si risale (eh.) fino a una nicchia (eh., punto di sosta). Si prosegue verticalm. (15 m, IV) su roccia friabile fino a raggiungere la gran cengia situata sotto la cuspide sommitale. Travers. a sin. su terreno fac. si giunge a breve distanza dallo spig. O, attaccando una paretina molto esposta (V, 4 eh.) e quindi portandosi sulla parete E fino a una cengetta (2 eh., punto di sosta). Si traversa a sin. (c. 6 m), quindi salendo verticalm. (5 m, IV) fino a un'altra cengia più comoda dalla quale, obliquando a sin. (10 m), si raggiunge un diedro nerastro (V, 2 eh. malsicuri, molto esposto), oltre il quale si perviene in breve alla sommità. DISCESA: dal eh. ben visibile in vetta ci si cala (30 m) alla gran cengia sotto la cuspide, scendendo poi in arrampicata fino alla nicchia; di qui, con una calata di 50 m, si giunge alla selletta. Non è consigliabile scendere per il canalone, apparentemente fac., ma in realtà molto pericoloso. Dalla forc. si può comunque scendere dirett. alla base del Fratòn lungo un camino volto a E, mediante tre corde doppie, di cui l'ultima molto esposta (0. Bernardi e B. Fontana, 4 maggio 1959). 238b) per la parete Nord-est. O. Bernardi e B. Fontana, 19 aprile 1959. Altezza: c. 250 m. Difficoltà: V con pass. di VI. Ore 7.
(ADP 1975) Lungo la V. Sorapàche (v. it. XXIIIg) ci si porta al centro della parete; superando un canalino appena marcato, si raggiunge una cengetta (50 m, 4 eh.), dalla quale si prosegue per una larga fessura vincendo una paretina vert. molto esposta (20 m, VI, 2 eh.). Obliquando a sin. (30 m, 2 eh., friabile), si supera una placca vert. (2 m) giungendo su una cengia, dalla quale si prosegue sulla sin. di una fessura strapiomb., deviando poi a sin. (15 m) fino a raggiungere un piccolo terrazzino (30 m, eh.). Di qui si continua deviando a sin. (2 m) e seguendo poi un diedro fino a uno spuntone (25 m, eh.) situato sotto un tetto, che si aggira sulla sin.
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Il Fratòn.
SOTTOGRUPPO
Cart., p. 344.
99. - Il Fratòn, versante NE.
lungo una placca (20 m, VI, eh.), obliquando poi a des. (25 m) su roccia friabile fin sotto un tetto giallastro. Dopo averlo superato (2 m), ci si alza per 10 m (eh.), quindi obliquando qualche metro a sin. e proseguendo verticalm. fino a un'esile
Cart., p. 344.
MONTE FOR I ALTI
Il Fratòn.
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cengia (2 eh.), oltre la quale un breve tratto vert. (2 eh.) porta in vetta. Schizzo conlro. 238 e) per
lo spigolo
Sud-est.
P. Pozzo e L. Giordani, 7 giugno 1936 (GMP, 100). Altezza: Difficoltà: V con tratti di VI. Ore 6.
c. 300 m.
Si perviene all'attacco come all'it. prec., in alto tenendosi a sin. e portandosi 20 m più a des. della perpendicolare dello spig. SE. Si supera una fessura fino alla sua origine, quindi si traversa a sin. ( c. 5 m) per salire poi dirett. a una gran cengia. Si prosegue lungo lo spig. fin sotto una parete strapiomb., che si evita obliquando leggerm. a sin. per tornare, dopo 10 m, sullo spig. (VI, 2 eh.). Seguendolo proprio sul filo, si perviene all'imbocco d'un camino, che si risale interamente fino a una seconda gran cengia, dalla quale si obliqua a des. (c. 40 m) lungo un diedro fessurato che porta a una nera parete strapiomb. La si supera a des. lungo una fessura (c. 15 m, VI, 2 eh.), giungendo ad un terrazzino dal quale si sale dirett. fin sotto la cuspide sommitale. Lungo una cengia si traversa fino a qualche metro dallo spig. N, quindi salendo verticalm. (c. 8 m, eh.) e poi obliquando a sin. (eh.) onde raggiungere una cornice situata sulla parete E; di qui, superando un diedro (eh.), si perviene dirett. in vetta. Schizzo conlro. 238 d) per
la parete
Nord.
R,. Borgo e F. Zuccollo,
da III a V
+,
2 maggio 1976. Altezza: Al, A2 e A3. Ore 7.
c. 300 m. Difficoltà:
Si attacca al centro dello zoccolo che sostiene la parete vera e propria, salendo da sin. verso des. (10 m) e quindi verticalm. (20 m, V-) con ottimi appigli. Si traversa quindi sulla sin., cosi riportandosi sulla vert. dell'attacco e innalzandosi per c. 10-15 m (sosta, eh.). Proseguendo leggerm. a des. (10 m), ci si cala per alcuni passi fino ad un masso apparentemente instabile (IV), dal quale si sale diagonalm. a sin. verso un diedro (sosta, eh.) e di qui, con una facile lunghezza su gradoni friabili, si perviene alla sommità dello zoccolo (sosta). Si attacca al centro della parete sovrastante salendo verticalm. (20 m, V +) e quindi obliquando a sin. lungo una rugosità per una lunghezza di corda (IV, sosta, 3 eh.). Si prosegue dapprima a sin. per qualche metro, poi verticalm. (IV-) fino ad un punto di sosta situato leggerm. a des. Di qui si traversa a des. (30-35 m) lungo paretine molto friabili (IV +) fino a un caratt. masso (sosta), oltre il quale si sale verticalm. (10 m, IV) fino ad un terrazzino (sosta, eh.). Segue un diedro (30 m, V + ), che si risale da sin. verso des. fino ad un eh.
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Il Fratòn.
SOTTOGRUPPO
100. - Il Fratòn,
Cart., p. 344.
versante N.
molto visibile, oltre il quale si può salire a sin. su roccia bagnata (V-) seguita da 10 m vert., oppure a des. su terreno asciutto (V) e poi verticalm. fino ad un punto di sosta, dal quale (20 m, III, friabile) si arriva alla caratt. cengia che fascia il pinnacolo sommitale. Portandosi lungh'essa verso
Cart., p. 344 e 392.
1\10:NTE FORNI ALTI
Il Fratòn.
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+ ),
NO, si sale fino a un eh. con anello (10 m, A1 e V dal quale si traversa (A3) sulla des. fino a raggiungere lo spig. O (eh. molto precario) e quindi un'esile cengetta (V +) che, limitando fortemente l'equilibrio, costringe a forzare i tempi d'uscita. Seguono infatti due passi a des., oltre i quali si sale verticalm. (8-10 m, A2) fino a raggiungere la vetta. Schizzo contro. 239. Forcella Camossara c. 1875 m. - Marcata incisione sul crinale principale del Sottogruppo: separa M. Forni Alti da C. Cuaro, collocandosi alla testata della valle omonima, mentre a N s'affaccia sulla svasatura sup. delle Càneve di Carnpiglia. Vi transita l'it. 210a e vi si può salire in breve tempo dalla Strada delle Gallerie (v. it. XXIII!), laddove taglia la testata di V. Camossara; facilm., per tracce di sent., vi si perviene anche dalle Càneve di Campiglia (v. n. 221), tenendosi sulla sin. (des. idr.) non appena lasciata la rot. degli Scarubb.i. 239a)
dal Ponte Verde sup. 901 rn per la V. Carnossara; ore 3.30.
It. d'accesso dir. dall'alta V. Léogra, praticamente disusato e semmai utile in discesa; il sent. che nn tempo risaliva l'erto e lineare solco detritico che separa l\L Forni Alti e il suo contrafforte SSE dal complesso di C. Cuaro e della Bella Làita, si è ridotto a scarse tracce, cosicché si deve procedere faticosamente per ghiaie e mughi.
Si segue la rot. diretta a Colle Xomo (v. it. str. n. 16) fin dovessa traversa l'impluvio della V. Camossara 963 m (ore 1; km 3,200). A questo punto non rimane che rimontare la valle fino a raggiungere la Strada delle Gallerie in corrispondenza dei grandi muraglioni a secco; di qui in breve alla Forc. (ore 2.30). 240. CIMA CUARO 1939 m IGM. - Importante risalto dal quale si diparte verso NE un crinale che argina da S l'imbuto inf. delle Càneve di Campiglia, ospitando tra esso e quello principale del Sottogruppo una scoscesa conca boschiva che digrada verso i pascoli di Malga Campiglia. È facilm. raggiungibile da Forc. Camossara percorrendo 210a, il quale la scavalca provenendo dalla Bella Làìta.
a ritroso l'it.
241. BELLA LAITA 1881 m IGM. - Dai pressi di C. Cuaro il crinale del Sottogruppo s'inclina ripidamente verso Bocchetta Campiglia, presentando sul vers. S una tormentata successione di precipiti solchi intrecciantisi tra un accavallarsi di spuntoni rocciosi che, seppure privi di specifico interesse alpin., conferiscono all'ambiente notevole attrattiva, avvalorata dal trace. della Strada delle Gallerie che vi pe-