NOMADE

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Nomade

aprle 2016 NUMERO ZERO

Montare Berlino


MONTARE BERLINO

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East Side Gallery, M端hlenstrasse


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MONTARE BERLINO

Sommario

5

Invito al viaggio

7

Charlottenburg

13

tiergarten

27

mitte

33

mappa metropolitana

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mappa berlino

39

kreuzberg

49

prenzlauer berg

55

friedrichshain

60

OUTDOOR BERLIN

63

bibliografia

Pubblicazione edita da Visceglia di Ottaviani Laura Via F. D. Guerrazzi, 15 00152 Roma - Italy Tel. +39 06 5816427 - www.visceglia.it - info@visceglia.it

Nomade, anno I, aprile 2016 n°0

www.nomadepress.it

Progetto editoriale Lucio Di Nocera luciodinocera@gmail.com

Progetto grafico Marco Gianfrancesco gianfrancescofoto@gmail.com

Foto Antonello De Iorio - antdeio@tin.it Lucio Di Nocera - luciodinocera@gmail.com

Š Copyright 2016 by Visceglia di Ottaviani Laura ISBN 978 - 88 - 87320 - 72 - 5

Finito di stampare nel mese di aprile 2016 presso la tipografia Tipografare s.r.l. di Roma su carta Cyclus offset - www.tipografare.it


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MONTARE BERLINO

HOHLER ZAHN DENTE CAVO

1. Kaiser - Wilhelm - Gedächtniskirche,1963 Breitscheidplatz Franz Schwechten - Egon Eiermann

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tanotte, per la prima volta quest’inverno, fa molto freddo. Il gelo improvviso serra la città in un silenzio assoluto, come quello di un torrido mezzogiorno estivo. Col freddo Berlino sembra proprio contrarsi riducendosi a un minuscolo punto nero, a stento più grande delle centinaia di altri puntini, isolati e difficili da individuare, sparsi sull’immensa carta geografica dell’Europa. Fuori, nella notte, oltre gli ultimi isolati con i casamenti di calcestruzzo appena costruiti, lì dove le strade finiscono in piccoli orti coperti di ghiaccio, si apre la pianura prussiana. Si sente che è tutta attorno a noi, stanotte; scivola lentamente sulla città, come l’immensa e desolata distesa di un oceano sconosciuto - costellata di boschi spogli e laghi gelati e villaggetti che si ricordano solo come i bizzarri nomi dei campi di battaglia di guerre quasi dimenticate. [...] Berlino è una città con due centri: c’è il grappolo di alberghi, bar, ci-

nema e negozi di lusso attorno alla Chiesa della Memoria, scintillante nucleo luminoso che rifulge, come un diamante finto, nello squallido crepuscolo cittadino; e il manierato nucleo civico degli edifici disposti con ordinata precisione attorno a Unter den Linden. In un imponente stile internazionale, copie di copie, questi palazzi affermano la nostra dignità di capitale; un parlamento, un paio di musei, una banca di Stato, una cattedrale, un teatro dell’opera, una dozzina di ambasciate, un arco di trionfo: nulla è stato dimenticato. E sono tutte costruzioni pomposissime, appropriatissime, a eccezione della cattedrale, la cui architettura rivela quel lampo d’isteria che sempre balugina dietro ogni grave, grigia facciata prussiana. Eclissata dalla sua cupola assurda, è, a prima vista, così sorprendentemente ridicola che vien fatto di cercarle un nome grottesco che le si addica di più ... la Chiesa dell’Immacolata Consunzione. C. Isherwood, Addio a Berlino, Adelphi, Milano 2013, pp. 227-228.


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MONTARE BERLINO

Invito al viaggio Vagabondi neopagani Lucio Di Nocera

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omade è una guida abbreviata dell’architettura e della letteratura portatile, «leggera quanto la valigia-scrittoio con la quale Paul Morand percorreva su treni di lusso la luminosa Europa notturna: scrittoio mobile che ispirò a Marcel Duchamp la sua boite-en-valise, la cassetta-valigia che conteneva riproduzioni in miniatura di tutte le sue opere»1. Tentativo di miniaturizzare, di rendere trasportabili frammenti di città letterarie, Nomade può essere paragonata alla macchina pesa libri disegnata da Walter Benjamin, scarta con precisione le opere intrasportabili, rende un servizio a tutti quei “turisti” che hanno la pretesa di leggere libri che non leggerebbero nemmeno seduti nei loro comodi salotti. «Tutti i turisti nutrono un’illusione dalla quale nessun accumulo di esperienza può mai guarirli completamente; pensano di trovare il tempo, nel corso dei loro viaggi, per molte letture. Si immaginano, alla fine di una giornata di visite ai monumenti o di giri in automobile, o mentre viaggiano in treno, impegnati a girare le pagine di tutte le opere serie e voluminose che in tempi ordinari non trovano mai il tempo di leggere. Partono per un giro di quindici giorni in Francia portando con sé la Critica della ragion pura, Apparenza e realtà, le opere complete di Dante e il Ramo d’oro. Ritornano a casa e scoprono che hanno letto un po’ meno di mezzo capitolo del Ramo d’oro e i primi cinquantadue versi dell’Inferno. Ma questo non impedisce loro di partire con lo stesso numero di libri alla prossima occasione»2. Ogni guida è proiettata verso chi legge, è come una lettera rivolta a qualcuno, ma chi è questo qualcuno? Cerchiamo di tracciarne i caratteri: «Si tratta di qualcuno che circonda la propria vita come se fosse uno spazio nel quale si può tracciare una mappa. Ed è quel qualcuno che già a Port Actif, nel fondare la società segreta, si considera un malinconico a cui la solitudine sembra l’unico stato umano appropriato: la solitudine nelle grandi metropoli o l’occupazione del vagabondo ozioso, libero di sognare da sveglio. Si considera un melanconico, perché è venuto al mondo sotto il segno di Saturno, che è la stella della rivoluzione più lenta, il pianeta degli smarrimenti e degli indugi. E sotto questo segno si perde, come buon vagabondo ozioso, nel labirinto di odradek, là dove letteralmente si rompe il ghiaccio della Moldavia. [...] L’amore per la miniatura sottintende il suo gusto per le espressioni letterarie brevi. La sua biblioteca è piena di libri brevi che evocano ricordi di città in cui ha imparato a conoscersi: Port Actif,

Parigi, Palermo, New York, Vienna, Ajaccio, Praga, Trieste, Siviglia, … »3. Inoltre dovrà essere posseduto dallo spirito della Wanderung e poi allegro, volubile, svitato come uno shandy, consapevole che le strade non conducono più soltanto a luoghi, sono esse stesse dei luoghi, i “vuoti urbani” dovranno essere riempiti da attraversamenti. Privilegiare l’odologia, il camminare rispetto al cammino, lo spazio vissuto allo spazio geometrico, il senso della geografia piuttosto che il calcolo metrico4. Infine dovrà possedere L’arte di andare a passeggio secondo i dettami di Franz Hessel: «L’incomparabile incanto dell’andare a passeggio consiste nel fatto che ti libera dalle pene più o meno grandi della tua vita. Entri in contatto, in comunicazione con tante vite e destini assolutamente estranei. Il flâneur lo capisce dallo strano sussulto che lo coglie quando nella città di sogno delle sue passeggiate s’imbatte all’improvviso in un conoscente e allora ritorna bruscamente a essere un semplice individuo dall’identità accertabile. [...] Se sei un flâneur autentico, sarai per lo più solo, e ti guarderai dal diventare quel cupo personaggio da romanzo che legge la propria vita sulle facciate delle case mentre percorre la strada con passi che echeggiano malinconici, per dare all’autore del libro l’occasione di poter esporre la sua storia. [...] La strada è dunque una specie di libro. Leggila. Non giudicare. Non scegliere troppo in fretta ciò che è bello o brutto. Sono concetti così inaffidabili! Lasciati ingannare e rapire dalla luce, dall’ora e dal ritmo della tua andatura. Diventa massa. Unisciti per un po’ ai cortei. Partecipa a un assembramento. Se hanno chiuso il negozio proprio in quel momento, oppure i posti a teatro sono esauriti, rimani per un po’ lì in piedi, come se aspettassi qualcuno. Questi finti scopi non deturpano la bellezza del tuo agire senza scopo. Camminando a lungo, dopo la prima stanchezza, avvertirai un nuovo slancio»5. Questo editoriale è composto da una molteplicità di citazioni, potrei continuare all’infinito, voi lettori potreste aggiungere le vostre, smontandolo e rimontandolo a vostro piacimento, in fondo Nomade è semplicemente una guida di “Città”, montata con immagini e stralci di letteratura, che a sua volta può essere smontata e rimontata secondo le proprie esperienze6. Forse non è un capolavoro Parigi, capitale del XX secolo dell’immenso Walter Benjamin, opera composta di sole citazioni? Niente da dire, solo mostrare. E. Vila-Matas, Storia abbreviata della letteratura portatile, Feltrinelli, Milano 2010, p. 9. A. Huxley, Lungo la strada, Frassinelli, Milano 1990, p. 49. 3 E. Vila-Matas, op. cit., pp. 100 - 101. 4 Cfr., F. Careri, Walkscapes, Einaudi, Torino 2006, p. X. 5 F. Hessel, L’arte di andare a passeggio, Elliot, Roma 2011, pp. 234 - 236. 6 Cfr., F. Careri, op. cit., p. 21. 1 2

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CHARLOTTENBURG


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Charlottenburg

Tiergarten

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Mitte 1 2

Kreuzberg

2 3

Prenzlauer Berg

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Friedrichshain

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CHARLOTTENBURG

2. Leibniz - Kolonnaden, 1997 - 1999 Walter Benjamin Platz Hans Kollhoff

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na città come Berlino è un ragazzaccio senza maniere, sfacciato, intelligente che, se una cosa gli va, l'accoglie in pieno e butta via tutto ciò che gli è venuto a noia. Qui nella metropoli si percepisce bene come vi siano ondate di intelligenza che passano impetuose sopra la vita di una società, pari a un lavacro. Qui un artista è costretto a rizzare le orecchie. Altrove se le può tappare precipitando nell'ignoranza. Qui non gli è consentito. Qui, piuttosto, deve sempre tenere un poco a bada se stesso come persona, e tale costrizione, che lo accerchia, torna a suo vantaggio. Vi sono, però, anche altri elementi. Berlino non conosce tregua, e questa è una vera delizia. [...] Il bravuomo di provincia non voglia credere che qui, nella grande città, non vi siano anche solitudini. Nella metropoli vi sono solitudini spaventevoli, e chi abbia voglia di cibarsi di una pietanza così squisita potrà qui mangiarne a sazietà. Potrà sperimentare cosa significhi vivere in lande desolate e nei deserti. L'artista che vive in una grande città ha occasioni a bizzeffe di non vedere nessuno e di non parlare con nessuno. Gli basterà rendersi antipatico al mondo che conta oppure ostinarsi a non avere mai successo, e in un baleno sprofonderà nel più splendido e florido isolamento. R. Walser, Storie che danno da pensare, Adelphi, Milano 2007, pp. 69-71.

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CHARLOTTENBURG

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Ku'damm

3. Ku’70, 1993 - 1994, Lewishamstrasse, presso Adenauerplatz, Jelmut Jahn

Lungo 3,5 chilometri e largo 53 metri, il Kurfürstendamm, che nella parte occidentale di Berlino collega Breitscheidplatz a Rathenauplatz, fu inaugurato nel 1886, dopo oltre dieci anni di lavori. Sia il cancelliere Bismarck che il Kaiser Guglielmo II parteciparono alla sua ideazione. Il cancelliere voleva dotare la città di un viale che potesse fare concorrenza in termini di lunghezza agli ChampsÉlysées di Parigi, una città in cui aveva vissuto da ambasciatore nel 1862. La larghezza smisurata, invece, fu voluta dall’imperatore per facilitare le gite dei berlinesi ai laghi fuori città. B. Romano - S. Romano, Berlino Capitale. Storie e luoghi di una città europea, Il Mulino, Bologna 2016, pp. 18 - 19.

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CHARLOTTENBURG

4. WOGA Complex. Cinema Universum, Berlin - Wilmersdorf, 1927 - 1929 Lehniner Platz Erich Mendelsohn

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na città ricca con strade sempre illuminate a giorno, vetrine fastose e gente elegante che passeggiava per il Kurfürstendamm o Unter den Linden. Gente che affollava i ristoranti, i caffè, i cinematografi, i teatri e le sale da concerto. Gente che strepitava dentro al Palazzo Titania assistendo ai tanti avvenimenti sportivi. Gente che amava, che si sposava, aveva dei figli e li cresceva con sani princìpi. Una città moderna, dotata di un’efficiente sotterranea e di un’altrettanto funzionale sopraelevata. Che cosa è successo per trasformare tutto in un immenso cimitero a cielo aperto? Vicino alla Porta di Brandeburgo ci imbattiamo in un posto di blocco. Un gruppo di SS agita le palette. L’autista sbuffa: «Merda!». Herr Klug è anziano e indossa un’uniforme logora, con toppe di pelle cucite ai gomiti. La sua nuca è bianca con la sfumatura alta e le esili

spalle si curvano, stanche, sul grosso volante. Una SS si avvicina alla portiera, la spalanca bruscamente, si introduce nella vettura e grida: «Heil Hitler! Prego, documenti e lasciapassare!». Marianne non si scompone. Si alza con calma e gli porge un plico. La SS lo esamina minuziosamente. È un uomo molto giovane dagli occhi così chiari che sembrano di ghiaccio. È un ragazzone alto che tocca con la testa il tetto del bus, fasciato dall’uniforme come se gli fosse stata cucita addosso. Nel bus è calato un preoccupato silenzio. Peter alza la testa, fissa la SS, mormora: «Io non ci vengo», e si rifugia di nuovo contro il mio bavero. La SS è soddisfatta. Grida: «Tutto a posto!», grida «Heil Hitler!» e salta giù dalla vettura. «Maledetti!» sbotta Herr Klug. H. Schneider, Il rogo di Belino, Adelphi, Milano 1995, p. 73.

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CHARLOTTENBURG

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Transit Berlin Dopo ogni viaggio ho con la città una più acuta confidenza, le strade, quel familiare tutto, fino ad ora anonimo. Così un macellaio vanta i forti ribassi alla chiusura. Paesana con le sue chiese, è sopita Berlino, questo mostro. Dopo tanti terrori tirata a lustro è la scena di Clio. La terra, scavata dai tunnel, qui ha tremato già abbastanza a lungo. Charlottenburg, il parco del castello, verde in salvo dai guai, saluta nel finestrino del taxi. Anche l’Ovest vive. Si sente ancora l’Asse. Blando riluce, come una copeca, fra la Colonna della vittoria e la Porta, il monumento sovietico. «Germania», assai modesta, ora è una farmacia. Macellati i cavalli di bronzo di Guglielmo. Forse tornare a casa ci concilia. Si è pronti a perdonare quasi tutti i misfatti di cemento e vetro. L’uomo della metropoli, eccitato, pappagallo di se stesso, si diverte a becchettare le sbarre della gabbia. Della città conosce i climi vari, gli intervalli nel traffico più fitto, quella piazza romantica, nascosta. Non uno sguardo al forestiero in centro: in trappola. Macché Berlino! Basta una frase secondaria. Qui nessuno lo imbroglia. L’esperto sa benissimo dove comprar champagne, dove ordinarsi su misura un abito. Una telefonata e scansa, da furbo contadino, dimostrazioni e ingorghi. Sul Ku’damm solo di passaggio. Finisce lì il denaro. Gli aurei anni Venti, l’asfalto lucido di brillantina, ora sono cinema, tempesta in un bicchier d’acqua alla cassa. Ogni futuro lascia fredda la città fresca sposa, rovinata. Qui ci si può dileguare, impigrire, invecchiare a buon prezzo. D. Grünbein, Strofe per dopodomani, Einaudi, Torino 2011, pp. 119-121.

5. Schloss Charlottenburg, 1685 - 1701 Spandauer Damm 20 - 24 Arnold Nering

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TIERGARTEN

1. Berlin Hauptbanhof, 1995 - 2006 Europaplatz 1 Meinhard von Gerkan - Marg & Partner

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on sapersi orientare in una città non significa molto. Ci vuole invece una certa pratica per smarrirsi in essa come ci si smarrisce in una foresta. I nomi delle strade devono parlare all’errabondo come lo scricchiolio dei rami secchi, e le viuzze del centro gli devono scandire senza incertezze, come in montagna un avvallamento, le ore del giorno. Quest’arte l’ho appresa tardi; essa ha esaudito il sogno, le cui prime tracce furono i labirinti sulle carte assorbenti dei miei quaderni. No, non le prime, poiché le precedette quell’altro che a esse è sopravvissuto. La via verso questo labirinto, cui non è mancata la sua Arianna, passava sul ponte Bendler, il cui dolce arco fu per me il primo pendio collinare. Non lontano da lì era la meta: Federico Guglielmo e la regina Luisa. Emergevano dalle aiuole

su tondi piedestalli e parevano ammaliati dalle magiche curve che un corso d’acqua disegnava davanti a loro nella sabbia. Più che ai regnanti, però, rivolgevo la mia attenzione ai piedestalli, perché le scene che vi erano rappresentate, pur non essendo chiari i riferimenti, erano più vicine. Che questo labirinto avesse una sua importanza, l’ho avvertito da sempre in quell’ampio e insignificante spiazzo che per nulla lasciava presagire come qui, a pochi passi dalla fila delle carrozze e delle vetture di piazza, dormisse la parte più misteriosa del parco. Ne ebbi molto presto un segno. In quel punto, infatti, o non lontano, deve aver avuto la sua dimora quell’Arianna grazie alla cui presenza per la prima volta avvertii ciò di cui solo più tardi appresi il nome: l’amore. W. Benjamin, Immagini di città, Einaudi, Torino 2007, pp. 103-104.

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MONTARE BERLINO TIERGARTEN

Charlottenburg

Mitte

7 18

Kreuzberg

Prenzlauer Berg

12

11

5 14

16 13 15

4

3 8 9

6 10

Tiergarten

1

2 17

Friedrichshain

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TIERGARTEN

Der Himmel 端ber Berlin Sebastiano & Lorenzo Toma, Jacoby&Stuart, Berlin 2016

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2. Reichstag, 1995 - 1999 Platz der Republik 1 Norman Foster

U

ltime notizie: il centro di Berlino era gremito di carri armati e si sparava da tutte le parti. I russi stavano puntando verso il Reichstag. Opa e Herr Mannheim rimanevano sempre attaccati all’apparecchio ricevente cercando di districarsi fra le notizie che incalzavano. Seguivano anche le trasmissioni del Deutsche Rundfunk, organo ufficiale del Reich, che un giorno improvvisamente tacque nel bel mezzo di un comunicato. Il silenzio che seguì significava una cosa sola: il nemico aveva raggiunto la stazione radiofonica. Da giorni nessuno usciva più dalla cantina. Le provviste erano terminate. La maggior parte del tempo stavamo sdraiati sui nostri giacigli per risparmiare le forze. Da un lato desideravamo che la guerra finisse, dall’altro temevamo l’arrivo dei russi. Intanto continuavano a bombardarci, ma nessuno capiva quali obiettivi potessero essere ancora in piedi e fare gola al nemico. Berlino era un rogo, cosa volevano ancora? H. Schneider, op. cit., p. 151.

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3. Torre per uffici Daimler - Benz, 1995 - 1999 Potsdamerplatz - Alte Potsdamer Strasse - Linkstrasse Renzo Piano

PotSdamerplatz

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TIERGARTEN

Torre per uffici Daimler Chrysler, 1997 - 2000 Neue Potsdamer Strasse - Alte Potsdamer Strasse Hans Kollhoff

DB - Bahntower, 1996 - 2000 Potsdamer Platz Helmut Jahn


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4. Beisheim Center, 2001 - 2005 Lennèstrasse - Ebertstrasse - Bellevuestrasse Hilmer+Sattler

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Delbrück Haus, 2000 - 2004 Potsdamer Platz Hans Kollhoff

Appunti di viaggio:

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TIERGARTEN

5. Berliner Volksbank Headquarters, 1994 - 1998 Linkstrasse Arata Isozaki

6. Sistemazione urbanistica Area Daimler Benz AG,1991 - 1999 Usi commerciali Linkstrasse Renzo Piano - Rogers Stirk Harbour+Partners

L

a "lente del tempo", disorientata e intrappolata in due tempi divisi, oscilla tra l’esaltazione dell’epilogo di una storia apocalittica e la storicizzazione, nel presente, di una strabiliante corsa verso la “normalità”. Berlino, polarizzata in due centri che ne hanno consolidato freddamente la separazione, ha tuttavia offerto nella propria storia recente un momento di gloria con l'epocale caduta del Muro. Da Alexanderplatz a Breitscheidplatz, dal centro orientale al cuore della west city, dove sorge la chiesa della Rimembranza, gli sguardi si incrociano sul vuoto del confine. Si crea il terzo tempo, quello della riunificazione che, mescolando tutte le differenze, avrebbe dovuto plasmare il volto della città riunificata. Provenendo da est lungo l’Unter den Linden, dopo l’incrocio con la Friedrichstraße, dirigendosi verso la porta di Brandeburgo la strada tratteggia oggi, sempre più profondamente, i frammenti di un racconto spezzettato, di luoghi perduti e ricreati con una continuità esorbitante. Passando sotto il colonnato e svoltando a sinistra si ergono oggi i nuovi grattacieli di Potsdamer Platz, dove per decenni si era insediato il vuoto. M. Haidar, Città e memoria, Mondadori, Milano 2006, p. 167.

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Otto Bock

7. Otto Bock Science Center Medical Technology, 2010 Ebertstraße 15A Vita Rolf Gnädinger

Architettura Apparso in Münchner Neuesten Nachrichten, 20 ottobre 1929

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i accade di quando in quando di scambiare un cabaret per un crematorio e di passare davanti a certe costruzioni, che in realtà sono destinate al divertimento, con quel leggero raccapriccio che sempre suscitano le cose connesse alla morte. Simili errori sarebbero stati impensabili negli anni passati. Prima almeno era possibile ricondurre, in modo indiretto, il brutto, il dozzinale e il non riuscito alla bellezza, all’eleganza e alla qualità. Una casa che suscitava una fuggevole, addirittura dolorosa reminiscenza di un tempio classico era di sicuro un teatro dell’opera; ciò che sembrava una chiesa era una stazione centrale. Imbarazzante ma pratico. Si conosceva esattamente la legge dell’inganno e si era in grado di identificare con certezza il falso quando si scorgeva l’originale. Se si credeva di trovare il marmo, si individuava il gesso. Ma da quando la gente ha concepito l’idea che il suo tempo,

il nuovo tempo, richieda 'nuovi stili', le vecchie regole che mi rendevano capace di andare in giro con sicurezza, non mi servono più a niente. È come se un intero vocabolario sbagliato di un dialetto convenzionale imparato a fatica non fosse più valido. Mi capita nella fretta di un viaggio imminente di cercare un cinema pensando di trovare una stazione. Ma il mio metodo non funziona più. Quello che ho scambiato in modo indiretto per una stazione è invece una sala da tè dentro un palazzo dello sport. La facciata dei nuovi tempi mi rende insicuro. Ancora più imbarazzo mi provoca l’architettura degli interni. Che le bianche e igieniche sale operatorie siano in realtà delle pasticcerie, lo so già. Ma ancora mi succede di scambiare quei lunghi tubi di vetro alle pareti per dei termometri. Invece sono lampade, o come si dice con più esattezza oggigiorno: 'corpi luminosi'. J. Roth, A passeggio per Berlino, Passigli Editori, Firenze 2012, pp. 15-16.

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TIERGARTEN

8. Berliner Philarmonie, 1960 - 1963 Kammermusiksaal, 1961 (1984 - 87) Herbert von Karajan Strasse 1 Hans Scharoun

1999 - 2001 9. Sede dell’Ambasciata d’Austria, sse Tiergartenstrasse - Stauffenbergstra Hans Hollein

Complesso residenziale, 1980 - 1984

11. Lützowplatz Oswald Mathias Ungers

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10. Ambasciata Messicana, 2000 Klingelhöferstrasse 3 Teodoro González de León

12. Edificio residenziale, 1988 - 1990 Lützowplatz Mario Botta

13. Centro studi sociali, 1984 - 1988 Reichpietschufer - Landwehrkanal James Stirling


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MONTARE BERLINO

Bauhaus 14. Bauhaus Archiv, 1964-1978 Klingelhรถferstraร e 14 Walter Gropius

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MONTARE BERLINO un pensiero a Gabriele Basilico

15. Shell-Haus, 1930 - 1932 Reichpietschufer 60 Emil Fahrenkamp

Appunti di viaggio:

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TIERGARTEN

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16. Neue Nationalgalerie, 1962 - 1968 Potsdamer Straße 50 Ludwig Mies van der Rohe

I

l cuore dell’espressionismo coincide con il cuore della Prussia: è Berlino, capitale dell’Impero guglielmino, il «luogo» di quella generazione che si definisce «nuova» per eccellenza. Qui hanno la loro sede editori come Fischer e Cassirer e case editrici «più giovani e autenticamente espressioniste» come Erich Reiss e Alfred Richard Meyer. Qui si inaugurano mostre e si aprono gallerie che espongono la nuova arte. Qui sono i caffè ai cui tavoli siedono, discutono, fondano gruppi e proclamano «secessioni» poeti e artisti. Qui, infine, fa la sua prima comparsa in Germania il termine «espressionismo» nel catalogo della XXII esposizione della Berliner Secession. Se questo è vero, altrettanto vero è che, per un verso, alla Berlino espressionista contribuiscono solo in minima parte forze intellettuali autoctone, mentre è alla città in quanto tale che spetta il merito di aver raccolto e organizzato queste energie in una corrente d’avanguardia. [...] Il perimetro della città in cui gli espressionisti si muovono, gli spazi che attraversano e usano, sono dunque quelli della nuova Berlino in movimento con il suo rapido sviluppo urbanistico, il determinante spostamento dei centri di gravità della vita cittadina e la sua ramificata rete di mezzi di comunicazione. È questa la Berlino di pietra ricostruibile sulle mappe e sui documenti dell’epoca. Accanto a questa topografia urbana reale è tuttavia possibile tracciare una seconda mappa – che chiameremo la Berlino delle parole, ma potrebbe essere la Berlino delle immagini o dei colori – che viene a costituirsi dall’interno dell’officina espressionista, dalla ricostruzione che ne fanno scrittori, artisti e intellettuali. P. Chiarini - A. Gargano, La Berlino dell'espressionismo, Editori Riuniti, Roma 1999, pp. 43-45.

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MONTARE BERLINO

TIERGARTEN

Hansaviertel

17. Hansaviertel, 1953 - 48 arch. Hansaplatz

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TIERGARTEN

MONTARE BERLINO

18. Siegess채ule, 1864 Strasse des 17. Juni Heinrich Strack - Friedrich Drake

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MONTARE BERLINO

1. Berliner Dom, 1717 - 1905 Cupola, 1975 - 1981 Am Lustgarten Martin Bรถhme - Karl Friedrich Schinkel Julius Carl Raschdorff - Gunther Stahn

Appunti di viaggio:

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MITTE


MONTARE BERLINO MITTE

Charlottenburg

Tiergarten

Mitte

6 5

8

9

1

2 3

4 7

Kreuzberg

Prenzlauer Berg

Friedrichshain

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MITTE

2. Admiralspalast, 1910 Friedrichstrasse, 101 Heinrich Schweitzer - Alexander Diepenbrock

Ai bagni turchi di notte Apparso in Neue Berliner Zeitung - 12 Uhr-Blatt, 4 marzo1920. Recava come sottotitolo Il rifugio dei puliti.

I

l bagno turco nell’Admiralspalast è di nuovo aperto per tutta la notte dopo che la sua attività notturna era stata, durante la guerra, inizialmente ridotta e poi del tutto sospesa. Adesso si può fare un bagno turco di notte. Prima della guerra, fermarsi qui rappresentava l’inevitabile conclusione di una notte passata in giro e la nuova incarnazione del nottambulo naturale. Si era lavato via nella vasca il giorno appena trascorso, ed era emerso dalle acque dell’Admiralspalast votato al nuovo giorno, rasato di fresco, pronto per nuove azioni nell’aria mattutina della Friedrichstrasse. Il bagno turco era la cesura tra un baccanale notturno di poco conto e l’attività lavorativa quotidiana. Stava tra il buffet del bar e la scrivania dell’ufficio. Altrimenti, ricordatevi che sarebbe stato impossibile sopportare quella chiassosa vita notturna con la stessa forza di resistenza. Oggi, poiché l’industria del piacere

si sposta in locali più domestici e le nuove generazioni non hanno più la necessità di farsi il bagno in acque pure, il bagno turco è diventato un rifugio notturno. Chi non trova una stanza in albergo va al bagno turco. Una notte costa venti marchi. Per questa cifra si può, per così dire, dormire nel pulito e farsi una bella sudata. Sul bagno turco bisognerebbe installare un motto, qualcosa del tipo: «dal sudore alla luce!». Dalla vicina stazione di Friedrichstrasse arrivano, verso mezzanotte, viaggiatori con bagagli. Tornati da un infruttuoso peregrinare tra gli hotel della città, tirano un sospiro di sollievo quando arrivano all’ingresso del bagno. Pian piano è diventata una consuetudine indispensabile di questa metropoli, che favorisce e purifica il flusso del turismo! J. Roth, op. cit., pp. 87-88.

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MITTE

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3. Stazione Berlin - Friedrichstraße, 1878 - 1882

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eravigliosa è la stazione della Friedrichstrasse, se si guarda dalla banchina sulla Spree. Da qui non è possibile vederne la “architettura”, ma soltanto la grandiosa superficie del “grembiale di vetro” (una espressione molto brutta degli ingegneri, per designare la parte di chiusura dell’atrio di una stazione che sta sospesa trasversalmente sui binari), in contrasto con il caos delle piccole case tutt’intorno. Al crepuscolo, quando il paesaggio si confonde nell’ombra, le mille, piccole lastre di vetro cominciano a riflettere il rosso della sera, e tutta la parete è un cangiare di colori,

una scintillante vita, che si slancia al di sopra dello stretto e buio pertugio, dal quale esce minacciosamente la locomotiva. E quando si entra nell’atrio ancora pieno dell’incerta luce del mattino, la grandiosa forma che si curva lentamente, ancora indistinta nella nebbia opaca, sembra un mare di toni grigi, leggeri, sfumante dal chiaro del vapore che sale, al buio del tetto e al nero delle locomotive mugghianti in partenza per l’Est. Sopra di esse appare, luminoso, come un monte, scintillante, rutilante, come una cuspide, che il sole della sera infiamma, il “grembiale di vetro”. A. Endell, Bellezza della metropoli (1908) in M. Cacciari, Metropolis, Officina Edizioni, Roma 1973, p. 149.

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4. Galeries Lafayette, Quartier 207, 1993 - 1996 Friedrichstadt-Passagen Jean Nouvel

Appunti di viaggio:

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5. Branderburger Tor, 1788 - 1791 Platz des 18.März Carl Gotthard Langhans

6. DG - Bank, 1997 - 2001 Pariser Platz Frank O. Gehry

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i è sempre piaciuto camminare per Unter den Linden. Soprattutto da sola, lo sai. Di recente questa strada, che avevo a lungo evitato, mi è apparsa in sogno. Ora posso finalmente raccontarne. Amo in modo indescrivibile questi inizi sicuri, che riescono solo a chi è felice. E ho sempre saputo che un giorno li avrei avuti di nuovo a mia disposizione. Sarebbe stato il segno della riammissione in quella lega il cui rigore è superato solo dalla sua liberalità: la lega della gente felice. E poiché negli ultimi tempi anche io non ho dubbi, sarò di nuovo creduta. Non sono più incatenata ai fatti. Posso dire liberamente la verità. In quanto più di ogni altra cosa noi apprezziamo il piacere di essere conosciute. Che la strada sia celebre, non mi ha mai disturbato, né da sveglia e meno che mai in sogno. Capisco che deve questa sua sventura alla collocazione: asse est-ovest. Tra essa e la strada che mi appare in sogno non c’è nulla in comune. Dell’una in mia assenza si abusa con immagini da rotocalco e foto per turisti, l’altra sta lì apposta per me anche per lunghi periodi di tempo, indenne. Ammetto che, a guardarle superficialmente, uno possa scambiarle. Io stessa incorro in quest’errore: allora attraverso sbadatamente la mia strada e non la riconosco. Non molto tempo fa la evitai per parecchi giorni e cercai altrove la mia felicità, ma non riuscii a trovarla. C. Wolf, Sotto i tigli, E/O, Roma 2012, p. 46.

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7. Holocaust-Mahnmal, 2001 - 2005 Ebertstrasse Peter Eisenman

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Berlino e gli «Stati Uniti d’Europa» Sullo «Sturm», nel 1923, Herwarth Walden pubblica un ironico pamphlet dedicato a Berlino:

Berlino è la capitale degli Stati Uniti d’Europa. […] Berlino è impersonale. Questa città ha il merito di aver fatto scer vellare grandi personalità, e questo è assolutamente nell’interesse dell’umanità. Gli architetti hanno cercato invano di abbellirla, nonostante si sia tentato di imporle tutta la Baviera, mezza Grecia e una parte del l’India. Anche l’espressionismo dei mercanti d’arte, grandi e piccoli bor ghesi, è stato applicato invano. In poche settimane Berlino ha as similato e fatto ammuffire il vecchio e il nuovo bluff. […] Berlino è l’America come microcosmo. Berlino è movimento sen za tempo e vita senza tempo. Forse gli Stati Uniti d’America han no una loro Berlino. Ma a Berlino mancano gli Stati Uniti d’Europa. Si dovrebbe costituirli il più presto possibile. Non solo per Berlino. Ma per l’Europa. P. Chiarini - A. Gargano, op. cit., p. 239.


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8. Pergamonmuseum, 1930 Bodestrasse Alfred Messel - Ludwing Hoffmann

9. Deutsches Historisches Museum, 1998 - 2003 Unter den Linden 2 Ieoh Ming Pei

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Der Himmel über Berlin Sebastiano & Lorenzo Toma, Jacoby&Stuart, Berlin 2016

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1. Tempodrom, 2002 Möckernstrasse 10 GMP


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2. Bonjour Tristesse, 1980 - 1984 Schlesisches Tor - Falckensteinstrasse Mappa pag. 35 Alvaro Siza

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desso è di moda il Kreuzberg, le cantine umide e i vecchi sofà sono di novo richiesti, i tubi di stufa, i ratti, la vista sul cortile di dietro. Inoltre bisogna farsi crescere i capelli, bisogna andare in giro, bisogna urlare in giro, bisogna predicare, bisogna essere ubriachi e spaventare i vecchi tra la Porta di Halle e il Villaggio Boemo. Bisogna essere sempre soli e in tanti, trascinarsene dietro parecchi, da una fede all’altra. La nuova religione viene da Kreuzberg, le barbe evangeliche e gli ordini, la rivolta contro l’agonia sovvenzionata. Tutti devono mangiare dalle stesse stoviglie di

latta, un brodo berlinese molto pallido, insieme del pan nero, poi viene ordinata la grappa più dura e sempre più grappa, per le notti più lunghe. I rigattieri non vendono più tanto a buon mercato, perché la zona è di moda, la Piccola Lanterna del Mondo è già redditizia, i predicatori e i discepoli si fanno ammirare la sera e sputano ai curiosi sulla salsiccia al curry. Un secolo che anche qui rifiuta di mostrarsi viene sfidato alla lotta. Un portone, uno qualsiasi, viene scrollato, il palo di un lampione è divelto, alcuni passanti si beccano una botta in testa. A Berlino è permesso ridere. I. Bachmann, Luogo eventuale, SE, Milano 1992, p. 43.

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3. Complesso Spittelmarkt, 1996 - 1998 Leipziger Strasse - Beuthstrasse - Seydelstrasse Zaha Hadid

Berlino - Lubiana - Tokyo

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econdo un mio amico portoghese Berlino è ormai un sobborgo di Tokyo. Al pari dei giapponesi, anche gli abitanti di Berlino vivono in un perenne futuro. [...] Far sapere dove ci si trova, di quanti minuti si tarda e perché, correggere orari stabiliti con precisione, sembra la principale occupazione di questa città che – a quanto dicono – è la più disinvolta tra tutte le città tedesche. A unire berlinesi e giapponesi è del resto anche l’estetica zen degli interni. Per uno sloveno alto un metro e ottanta, avvezzo a vivere in unità abitative a forma di scatola nelle quali, per una questione di economia energetica e di ristrettezza di vedute, viene lasciata solo una spanna tra il soffitto e la sua calvizie, gli spaziosi appartamenti berlinesi sono un vero sollievo. Ma il sollievo non dura a lungo, e ben presto subentra una sensazione di angustia causata dal vuoto. Un eccesso di vuoto, difficile da sopportare. I berlinesi sono maestri del vivere nel vuoto. Se solo potessero, rinchiuderebbero nel proprio

appartamento – in piena notte – il deserto, le grigie distese della brughiera o l’orizzonte con le sue nebbie mattutine sul mare aperto. Non che manchi loro il senso dell’arredo d’interni, al contrario. Il vuoto delle enormi pareti negli appartamenti berlinesi colma in un primo momento il nuovo arrivato, abituato al kitsch alpino o che si strugge di nostalgia per Istanbul, di una sensazione di freddezza e impersonalità. Ma dopo averci vissuto a lungo, si rende conto che il vuoto non soffoca l’immaginazione, bensì la redime. La macchia marrone sul soffitto sembra all’improvviso un oracolo di volti mutevoli, oggi ha il volto del vento, domani le sembianze della medusa, fra due giorni dal soffitto sorriderà un angelo azzurro, mentre i riflessi della luce sul parquet scricchiolante lo rendono più bello del più bel tappeto persiano, e le fenditure nel muro sono messaggi di invisibili dèi germani direttamente dal Walhalla o la pulsazione della giugulare di Franz Beckenbauer poco prima di battere un calcio di rigore. A. Šteger, Berlino, Zandonai, Rovereto 2007, pp. 27 - 28.

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4. Jüdisches Museum, 1993 - 2001 Lindenstrasse 9 - 14 Daniel Libeskind

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l buio totale avvolge chi è penetrato in quel luogo. Chi è entrato nel buio e nel freddo, ora è solo. Si alza lo sguardo ma non si riesce a vedere altro che un’asola, una feritoia in alto dalla quale entra un pallido riflesso. Il freddo e il silenzio, l’isolamento e la perdita totale d’orientamento, il disagio di non riuscire a sentire suoni dall’esterno, il non poter guardare fuori, la straniante condizione di attesa riproducono una sensazione di morte. Lo spazio è invisibile ma si intuisce che è spoglio e brutale, tutto in cemento. Alcuni fori nelle pareti fanno pensare a quelli dai quali venivano immessi i gas, l’asola in alto è il camino. E sembra di soffocare, pur nel freddo, sembra di poter riascoltare ombre che sussurrano, come se questo fosse un luogo progettato per funzionare da amplificatore delle voci dei morti… I. Gatti, Ricordando Berlino, Prospettive Edizioni, Roma 2015, p. 112.

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5. Checkpoint - Arkaden, 1994 - 1996 Friedrichstrasse - Zimmerstrasse Joseph Paul Kleihues

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8 agosto 1961: Walter Ulbricht dichiara alla televisione che, da quel momento in poi, un muro avrebbe separato la parte ovest dalla parte est di Berlino. Fin dal 13 agosto, sessantanove degli ottantuno punti di passaggio fra il settore orientale e i settori occidentali della città erano stati chiusi; poi, rapidamente, ne furono chiusi altri cinque; alla fine del mese ne restavano aperti solo sette, fra i quali il famoso Checkpoint Charlie, riservato agli alleati e ai diplomatici. [...] Le città, le grandi città, hanno un rapporto particolare con la storia. Questa invade il loro spazio con la commemorazione, con l’ostentata celebrazione di vittorie e conquiste. L’architettura segue la storia come un’ombra, anche se i luoghi del potere si spostano secondo le evoluzioni e le rivoluzioni interne. La storia è anche violenza, e spesso lo spazio della grande città ne riceve in pieno i colpi e porta il segno delle ferite. Questa vulnerabilità e questa memoria somigliano a quelle del corpo umano, e sono indubbiamente esse che ci fanno sentire la città così vicina, così emozionante. La nostra memoria, la nostra identità sono messe in gioco quando la «forma della città» cambia, e

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non abbiamo difficoltà a immaginare ciò che i suoi più brutali sconvolgimenti hanno potuto rappresentare per coloro che ne sono stati vittime insieme ad essa. […] Berlino è in larga misura una città sperimentale: vi si misurano la forza del passato e quella dell’oblio, le possibilità e i limiti del volontarismo, i rapporti fra città e società e fra città e arte, perché, dalle pitture murali all’aggressiva architettura di Potsdamer Platz, dal postmodernismo alla cultura alternativa, la capitale della Germania riunificata è al tempo stesso un laboratorio e un museo. È, da sola, un condensato della storia del secolo da poco terminato e un testimone attivo di quello che sta nascendo. […] L’ampiezza delle strade, la scorrevolezza della circolazione e una densità demografica relativamente modesta (tre milioni e mezzo di abitanti su una superficie otto volte superiore a quella di Parigi) ne fanno una città ariosa nella quale è piacevole camminare, una città quasi senza folla, talvolta pressoché deserta. M. Augé, Rovine e macerie. Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, Torino 2004, pp. 105-110.


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G. Celant, Aldo Rossi. Disegni, Skira, Milano 2008, p. 219.

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6. Quartier Schützenstrasse, 1994 - 1997 Schützenstrasse 8 Aldo Rossi

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edo ora sorgere diverse costruzioni ma esse entrano in una storia che diventa estranea a me stesso / perché l’opera compiuta è sempre estranea a ciò che volevamo, alla ricerca di ciò che veramente noi cercavamo. Tutto questo si collega all’idea di frammento e citazione. A quello sguardo alla foresta di cui parla Turgenev. Ma nello stesso tempo alla ostinazione a ripetere. Non so come ma vi è qualcosa come la perdita del sapore del sale del Vangelo. Il non desiderio di esprimere è collegato a una perdita irrecuperabile che pure ci spinge ad agire in qualche modo come per esorcizzare qualcosa. “Per farci dimenticare ciò che non possiamo possedere”. Ivi, p. 272.

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7. Sede Centrale della GSW, 1999 Kochstrasse 22 Sauerbruch Hutton

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8. Complesso Wohnhof, 1993 - 1994 Stresemannstrasse - Dessauerstrasse Zaha Hadid

9. Torre di Kreuzberg, Abitazioni, 1988 Besselstrasse - Charlottenstrasse John Quentin Hejduk

10. Topographie des Terrors, 1987 NiederkirchnestraĂ&#x;e 8

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Charlottenburg Tiergarten

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1. Cappella della Riconciliazione, Sacrario, 1999 Bernauer Strasse 4 Rudolph Reitermann - Peter Sassenroth

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Berliner Mauer 2. BERNAUER STRASSE

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omo e strada. Se anche non si volesse tener conto di questa bellezza, rimarrebbe sempre quella creata dal passaggio delle persone per la strada, a prescindere completamente dall’aspetto dei singoli. Basta un uomo, un punto in movimento, per sommuovere l’ordinata simmetria di una strada. Essa acquista, in certa misura, una dimensione umana, asimmetrica, lo spazio libero si suddivide con il movimento di questo corpo, lontananza e grandezza assumono un nuovo significato. Appena appare un uomo sulla piatta superficie della strada, questo luogo acquista nel quadro prospettico un tono particolare, la sua disposizione spaziale diviene più chiara. E poiché l’uomo ha una grandezza media ben definita, presente a tutti, così lo spazio può essere immediatamente percepito. L’immagine visiva, che tende ad appiattire la dimensione di profondità o la coglie in modo debole ed indeterminato in confronto alle altre due, viene così ad allargarsi, ad arricchirsi. L’uomo crea col suo corpo ciò che architetti ed artisti chiamano lo spazio, che è

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qualcosa di completamente diverso dallo spazio della matematica o anche da quella teoria della conoscenza. Lo spazio architettonicopittorico è musica, è ritmo, poiché impone definiti rapporti ai nostri movimenti, e così ci libera e abbraccia ad un tempo. Ma la strada come spazio architettonico è ancora oggi misera cosa. Aria e luce la migliorano, ma sono i passanti che la trasformano, la vivono, la allargano, la riempiono con il ritmo della cangiante vita dello spazio. Di più ancora: poiché gli uomini percorrono con passo disuguale la stessa strada, con un passo al mattino chi va in ufficio, con un altro la donna che fa la spesa; con un passo a mezzogiorno, con un altro alla sera; così queste strade si distinguono in silenziose, rumorose, percorse in fretta, o adagio, con calma. Anche le strade hanno questa vita delle ore, hanno i loro lati buoni e cattivi. Ci sono le strade della domenica, ci sono le strade di tutti i giorni. Tutte si distinguono per la quantità, per la fretta, per la foggia dei passanti. Questa strada è oggi grigia e misera, domani sarà variopinta e allegra. A. Endell, op. cit., pp. 155-156.

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3. Landsberger Arcaden, Berlin - Lichtenberg, 1992 - 1995 Storkower Strasse - Landsberger Allee Aldo Rossi mappa pag 35

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n una caldissima giornata di primavera di quarantatrè anni fa, ho capito per la prima volta che amo la città in cui sono nata e dove ho trascorso quasi tutta la mia vita. Mi trovavo sul tram della linea 46, che viaggiava nella direzione della Friedrichstraße, quando, subito dopo aver svoltato dall’Invalidenstraße nella Chausseerstraße, mentre dal finestrino posteriore dell’ultima vettura osservavo l’asfalto bollente di quell’orribile incrocio deturpato dalla guerra, fui sopraffatta da un sentimento rimastomi fino a oggi inspiegabile, che in ugual misura m’inquietò e mi riempì di gioia. Per definirlo, l’unica parola adatta era «amore». Guardai il sudicio manto d’asfalto della Chausseerstraße e pensai che avrei voluto abbracciarlo, distender-

mici sopra a braccia spalancate e stringere a me la strada, la città intera. In quel periodo abitai per un anno a Dresda, dove lavoravo come fresatrice alla fabbrica aereonautica Klotzsche. Quasi ogni fine settimana andavo a Berlino in autostop. Non saprei dire per quale ragione – come dichiarazione d’amore per Berlino – mi sia rimasto impresso nel ricordo quell’unico istante vissuto sul tram all’incrocio tra l’Invalidenstraße e la Chausseerstraße. È probabile che allora fossi più infelice che felice, cosicché la mia esplosione d’affetto non era forse tanto l’espressione di una gioia di vivere cosmica, sufficiente a trasfigurare anche l’angolo più squallido, quanto piuttosto il riconoscimento e il senso d’appartenenza a ciò che mi era noto. M. Maron, La mia Berlino, Bollati Boringhieri, Torino 2005, pp. 31-32.

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4. Velodromo - Piscina, 1992 - 1999 Paul-Heyse Straße 26 Dominique Perrault mappa pag 35

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1. Rathauspassagen, 1967 - 1972 / Grunerstraße / Heinz Graffunder - Eckart Schmidt

Berlin Alexanderplatz

D 2. Complesso Commerciale, 1929 - 1932 / Alexanderplatz / Peter Behrens

3. World Clock, 1969 / Alexanderplatz / Erich John

4. Marx-Engels, 1986 / Karl - Liebknecht - Strasse / Ludwig Engelhart Torre della televisione, 1969-1972 / Panoramastraße / G. Franke & W. Ahrendt - F. Dieter Rotes Rathaus, 1861 - 1869 / Rathaus Straße / Hermann Friedrich Wäesemann

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'inverno, nell’ex Berlino Est, non si sente più il tipico odore delle stufe a carbone; quasi tutti i vecchi quartieri degradati respirano oggi un’aria nuova e i palazzi ristrutturati, uno dopo l’altro, delineano l’immagine della città in transizione. Solo quando ci si avvicina all’area di Alexanderplatz, il centro politico e architettonicamente rappresentativo della "capitale della DDR", le strade larghe e l’immensità delle piazze riescono ancora a suscitare l’antica atmosfera, in un rapporto che induce l’osservatore ad abbracciare lo spazio, mettendolo a confronto da un lato con la vastità e dall’altro, nella monotonia delle costruzioni prefabbricate, con un vago sentimento di tristezza. Alexanderplatz, centro orientale, sembra quasi affezionata agli edifici che la decorano. La torre della televisione, la Casa dei viaggi, la Casa degli insegnanti, l’edificio dell’ex Forum hotel e i "monumenti" della piazza custodiscono un’identità legata agli anni sessanta. In qualità di centro del settore orientale della città, le fu attribuita una funzione di mediazione, di raccordo: qui confluisce da est l’ex Stalinallee, oggi Karl-Marx-Allee, il grande viale di Berlino Est. M. Haidar, op. cit., p. 172.


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5. East Side Gallery, M端hlenstrasse

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6. Hotel nhow Berlin, 2010 Stralauer Allee 3 Sergei Tchoban

7. Molecule Man, 1999 An den Traptowers 1 Jonathan Borofsky

8. Oberbaumbr端cke, 1894 Otto Stahn

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AEG Turbinenfabrik

Berlin-Wedding, 1908 - 1909 Hüttenstraße

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Peter Behrens

ra lui, Peter Behrens, il maestro di tutti. La Turbinenfabrik, progettata nel 1909 in pochi mesi per l’AEG, l’azienda elettrica nazionale, rappresenta il suo capolavoro, l’opera che più di ogni altra ha contribuito a cambiare i principi costruttivi del ventesimo secolo. L’istinto propositivo principale doveva essere quello di razionalizzare il nostro rapporto con lo spazio, come se il bene e la bellezza coincidessero. Non è così, lo dimostra lo sviluppo lacerante della natura, ma il tentativo di esaltare le magnifiche sorti e progressive, predisponendo le condizioni ideali per realizzare i loro auspici e i luoghi adatti allo scopo, mi commuove oggi più di qualsiasi eroismo. Ed è anche questa la ragione per cui vorrei appuntare la mia medaglia sul petto di Peter Behrens. Scendo alla fermata di Turmstraße, nel quartiere di Moabit, oltrepasso la chiesa di San Paolo, e m’inoltro in una zona piena di vita, con tante famiglie turche che fanno la spesa, una grande animazione di bancarelle, negozi, venditori di kebab e tamarindo da sorseggia-

re con calma. Le grida dei commercianti si mischiano a quelle dei bambini. Potremmo essere ad Ankara, Salonicco o Rabat, eppure basta proseguire verso Hüttenstraße che l’atmosfera cambia: di colpo cade il silenzio e in giro si vedono quasi soltanto tedeschi. Pochi passi ancora è subito compare la Turbinenfabrik, sopravvissuta a tutti i bombardamenti: un prodigio di acciaio, vetro e calcestruzzo. L’eleganza del frontone, leggero e imponente al tempo stesso, non lascerebbe immaginare le straordinarie dimensioni dell’edificio che si snoda per centinaia di metri come un convoglio imperiale diretto nelle brume di Westhafen. Al tempo del Liberty, questa potenza poteva sembrare rivoluzionaria, oggi comunica una forza arcaica. Da una casa vicino esce una ragazza vestita in calzamaglia succinta, forse una prostituta: la macchina che è venuta a prenderla parte sgommando. Una vecchia mendicante si china a raccogliere qualcosa in terra. La Turbinenfabrik continua a recitare il suo ruolo di astronave urbana, eminenza grigia di tutte le nuove architetture berlinesi. E. Affinati, Berlin, Rizzoli, Milano 2009, pp. 132 - 133.

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Isolato AEG am Humboldthain, Berlin-Wedding 1907-1913

Gustav-Meyer-Allee - Brunnenstrasse - Voltastrasse - Hussitenstrasse

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Torre - Osservatorio Einstein, 1920 -1924 - An der Sternwarte 16.14482 Potsdam - Erich Mendelsohn

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bibliografia

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Bibliografia

Titolo Berlin Autore Affinati Eraldo Dati 2009, 276 p., brossura Editore Rizzoli

Titolo Rovine e macerie. Il senso del tempo Autore Augé Marc Dati 2004, 139 p., brossura Editore Bollati Boringhieri

La Berlino di questo libro non conosce confini, né geografici, né storici. Parlano le statue, il Muro, i grattacieli, le stazioni, le vie, le piazze, i morti, i vivi. Parlano Jesse Owens, Vladimir Nabokov, Rosa Luxemburg, Franz Kafka, Marlene Dietrich, le aquile del Terzo Reich e la Madonna del Botticelli. Apre la Dea della Vittoria che stringe la lancia aspirando i profumi del Tiergarten; chiude Albert Einstein, il cui genio sembra scintillare nello sguardo rapido di un ragazzino in bicicletta. Eraldo Affinati scende nei bunker sotterranei, nuota nelle piscine pubbliche, corre in BMW, sorride ai fantasmi, si perde in periferia, ritrova il sentimento italiano nei quadri della Gemäldegalerie e nelle canzoni di Mia Martini. Si rivolge a Marx ed Engels. Ammira gli studenti della Biblioteca Nazionale. Riflette nella Stanza del silenzio. Ci racconta degli Hohenzollern e delle giovani reclute morte sulle alture di Seelow per difendere Hitler. Fa amicizia coi venditori di Kebab. Segue gli ultimi sopravvissuti dei lager. Ascolta i piloti della Luftwaffe, le prostitute dell’Artemis, i calciatori corrotti della Dynamo, le gracchie che volano sugli stabilimenti dismessi della Sprea, perfino le birre tracannate sui banconi delle Kneipen. Alla fine ci consegna il ritratto impossibile di un camaleonte: una città che sembra più vera di quella autentica, ma è fantastica come una leggenda.

Attraverso un percorso sinuoso tra diversi siti del mondo - dall’Acropoli di Atene al Muro di Berlino - , passando per diverse opere letterarie o cinematografiche e qualche ricordo, Marc Augé sviluppa una intuizione che riguarda il senso del tempo e forse, al di là, la coscienza della storia. La vista delle rovine ci fa intuire l’esistenza di un tempo che non è quello di cui parlano i manuali di storia o che i restauri cercano di resuscitare. È un tempo puro, non databile, assente dal nostro mondo d’immagini, di simulacri e di ricostruzioni; dal nostro mondo violento che produce solo macerie: macerie che, per l’appunto, non hanno più il tempo di diventare rovine. Un tempo perduto che l’arte tavolta riesce a ritrovare. Traduzione Aldo Serafini

«Dopo il discorso per il conferimento del Premio Georg Büchner nel 1964, da lei intitolato Deutsche Zufälle, domandarono a Ingeborg Bachmann perché avesse parlato proprio di Berlino. Quel discorso aveva provocato negli ascoltatori un irrigidimento, come contro qualcosa di inconcepibile. “Parlare di Berlino in Germania è ovvio per me,” fu la sua risposta “avendovi trascorso un anno e mezzo, in un luogo perturbato e in uno stato di turbamento capace di recepire in parte quelle perturbazioni”». Traduzione Bruna Bianchi Titolo Luogo eventuale Autore Bachmann Ingeborg Dati 1992, 97 p., brossura Editore SE

«Le città, colte da Benjamin in istantanee che fermano l’effimero nell’eternità dell’immagine, sono vive; la loro aura è la seduzione del sensibile e del presente. Ma le loro case, le loro strade, i volti dei loro passanti hanno delle crepe che annunciano, come le rughe su un viso, lo sgretolarsi della vita e della storia». Dalla prefazione di Claudio Magris Traduzione Enrico Ganni Titolo Immagini di città Autore Benjamin Walter Dati 2007, 144 p., brossura Editore Einaudi

Questo volume ripercorre le linee di un dibattito decisivo per l’intero sviluppo dell’ideologia architettonico-urbanistica contemporanea: quello che all’inizio del secolo vede impegnati, nella crisi della Germania guglielmina, critici e politici, sociologi e dirigenti industriali come Scheffler e Naumann, Weber e Rathenau, intorno alle tesi e nell’organizzazione del Werkbund e del Verein für Sozialpolitik. Traduzione Mariagrazia Avoli Cantatore - Barbara Ernst Magnani

Titolo Metropolis Autore Cacciari Massimo Dati 1973, 201 p., brossura Editore Officina Edizione

Titolo Walkscapes Autore Careri Francesco Dati 2006, XIII-167 p., brossura Editore Einaudi

Prima di inventare l’architettura l’uomo possedeva una forma simbolica con cui trasformare lo spazio: l’azione del camminare. È camminando che l’uomo ha cominciato a costruire il paesaggio naturale che lo circondava. È camminando che nell’ultimo secolo si sono formate le categorie con cui interpretare i paesaggi urbani che ci circondano. Walkscapes tratta del girovagare come forma d’arte, come atto primario di trasformazione del territorio, come strumento estetico di conoscenza dello spazio, come pratica di intervento urbano atta ad esplorare e trasformare gli spazi nomadi della città contemporanea. Dall’erranza paleolitica al nomadismo neolitico, da Dada al surrealismo, dal lettrismo all’Internazionale Situazionista, dal minimalismo alla land art, questo libro ricostruisce il divenire della percezione del paesaggio e racconta la storia della città di Zonzo, la città del perdersi e del vagare in cerca dell’altrove.

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Titolo Aldo Rossi. Disegni Autore Celant Germano Dati 2008, 304 p., rilegato Editore Skira

Titolo La Berlino dell’espressionismo Autore Chiarini Paolo; Gargano Antonella Dati 1999, 264 p., 2 ed. brossura Editore Editori Riuniti

bibliografia

La fortuna di Aldo Rossi, uno dei maestri indiscussi dell’architettura italiana e internazionale del secondo dopoguerra, è passata, soprattutto nei primi anni di attività, attraverso gli scritti teorici e i suoi disegni. Sarebbe impossibile separare la figura di Rossi dagli appunti personali e dalle riflessioni in forma di segno e colore che si muovono rabdomanticamente tra lo scavo nella memoria dei luoghi e delle forme arcaiche e assolute che ha inseguito per tutta la sua vita. Il disegno diventa fin dall’inizio forma di scrittura privilegiata e costante, è la tavola bianca su cui Rossi lungo gli anni ama muoversi con libertà, giocando con i frammenti della storia e dell’architettura di volta in volta amati e incontrati. Questo libro, curato da Germano Celant e dalla Fondazione Aldo Rossi, parte da questo fondamentale presupposto e costruisce una storia unica e sorprendente delle opere del maestro milanese attraverso l’importante archivio dei disegni originali, di cui moltissimi inediti, raccolti dalla stessa Fondazione. Un percorso inaspettato che segue cronologicamente le opere immaginate e costruite e consente di avvicinarsi alla figura e al pensiero di Rossi come raramente era avvenuto prima. Schizzi, disegni, idee tracciate, acquerelli, collages compongono un universo straordinario di segni e riflessioni al tratto che aiutano a comprendere meglio il modo di pensare e di costruire progetti di Aldo Rossi, proponendolo sotto una luce diversa, lontana da alcune facili riduzioni della critica contemporanea.

L’espressionismo – nato essenzialmente come rifiuto dell’armonia classica, come disperata ricerca di un linguaggio che sottrasse il prodotto artistico alla mercificazione e come lotta alla «falsa coscienza» della cultura ufficiale – è stato probabilmente il movimento d’avanguardia più significativo del nostro secolo. Se la sua funzione nelle arti figurative fu enorme, il movimento influenzò anche la musica, il teatro, il cinema e la letteratura. La parola, la poesia, sono usate dagli espressionisti come proiettili, come forza distruttrice e rinnovatrice: il movimento si manifestò in riviste letterarie, cabaret, nelle serate di poesia, nelle rappresentazioni drammatiche. In questo volume – arricchito da un’ampia scelta di testi narrativi, manifesti letterari, sketch, cronache, ma soprattutto da un ricco corredo iconografico che ci restituisce l’atmosfera intellettuale e quotidiana della Berlino dell’epoca – rivivono le grandi figure che animarono quel movimento, le passioni e le esasperazioni di un’esperienza brutalmente troncata dall’avvento del nazismo.

Un viaggio nella mente che si sviluppa lungo i sentieri della memoria al quale fanno da sfondo tre scenari diversi: dal più profondo, le Catacombe, fino al più elevato, la Torre, attraverso gli archivi della Fortezza. Sono luoghi dell’immaginario nei quali si aggirano ombre. Il libro è strutturato come un lungo pensiero che affronta il tema dei passaggi, dei limiti, delle soglie, degli attraversamenti e raduna esperienze diverse: tracce di cose viste, libri, città, immagini cinematografiche, opere d'arte e di architettura che spesso si intrecciano a vicende personali. Titolo Ricordando Berlino Autore Gatti Ilaria Dati 2015, 135 p., brossura Editore Prospettive Edizioni

Titolo Strofe per dopodomani Autore Durs Grünbein Dati 2011, 216 p., brossura Editore Einaudi

Titolo Città e memoria. Beirut, Sarajevo, Berlino Autore Haidar Mazen; Cipollini L.; Kossel E. Dati 2006, 221 p., brossura Editore

Piazza dei Martiri a Beirut, Potsdamer Platz a Berlino, quartieri interamente trasformati come Grbavica e Llidza a Sarajevo: luoghi emblematici di città spianate e stravolte dalle guerre, luoghi che sono stati radicalmente alterati da un processo di ricostruzione che è al tempo stesso cesura con un passato traumatico e incessante rivendicazione del nuovo. Ma che rapporto ha il luogo attuale con il luogo scomparso? Può ancora ricordare il luogo del passato, può ancora consentire una ricomposizione dell’unità perduta della piazza? O forse le tracce sono state definitivamente perdute? E ancora, come si conservano la memoria collettiva e la forma della città prima, durante e dopo la guerra? Tre giovani autori, architetti e storici, si confrontono con tre grandi città devastate dai conflitti avviando una riflessione intorno alla questione della memoria e dello spazio urbano come narrazione vivente della storia: un appassionante viaggio alle radici del nostro presente che, sul filo della dialettica di ricordo e di oblio, restituisce, più carichi di vita che mai, i luoghi che sono stati e non sono più attraverso la memoria che le popolazioni hanno della loro metamorfosi.

Mondadori Bruno

Titolo L’arte di andare a passeggio Autore Hessel Franz Dati 2011, 243 p., brossura Editore Elliot

NOMADE

Di fronte a un mondo che appare postumo, popolato di sopravvissuti tra le rovine, «il filosofo stanco da un pezzo ha perso il filo e la domanda». Le Strofe per dopodomani di Grünbein sono la testimonianza di una frattura del tempo («È il 40 d’aprile, un giovedì») e in questa frattura il poeta deve ricominciare a ricalibrare lo sguardo, a trovare nuove coordinate. La società che credeva nel progresso indefinito, nel welfare, nella cultura del benessere inizia a proiettare nel suo futuro immagini del passato, ad accumulare le macerie di un mondo votato alla tecnica. Il poeta continuerà sempre a osservare minuziosamente la realtà, a interrogare con crudezza i propri sentimenti, a trovare nuove parole d’amore, ma come ripartendo da un vuoto, con un’ombra di incomprensibilità maggiore che in passato. Grünbein riesce a rendere questo spaesamento come pochi altri poeti contemporanei. Con la forza del suo potente occhio analitico intrecciata alla sua non meno straordinaria memoria culturale. Traduzione Anna Maria Carpi

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Amico di Walter Benjamin, Franz Hessel fu al centro della vita culturale berlinese e parigina tra gli anni Venti e Quaranta. Personaggio schivo e discreto, Hessel è oggi considerato uno dei maestri della forma breve, in cui condensa una raffinata abilità narrativa carica di suggestioni simboliche e filosofiche, come dimostrano le prose qui riunite. Il brano che dà il titolo alla raccolta sottolinea una caratteristica distintiva dell’autore, quell’amore per la flânerie, la meravigliosa “inutilità” del passeggiare senza una meta o uno scopo apparente, un’arte in grado di farci comprendere lo scenario urbano che – secondo Hessel – costituisce una fascinosa metafora della vita. “Il modo migliore per conoscere una grande città” scrive la curatrice Eva Banchelli nella sua introduzione “non consisterà perciò nell’intraprendere una visita programmata ma nel lasciarsi guidare dal caso, nell’andare alla deriva, nel perdersi tra scorciatoie e deviazioni … meglio portare a spasso il cane di un’amica, dice Hessel, condividendo il suo fiuto curioso dell’asfalto e le frequenti soste meditative”. Sacrificato dal nazismo in quanto ebreo e dimenticato nel dopoguerra, Franz Hessel è stato lentamente riscoperto in Francia e in Germania, paese che oggi lo celebra come uno dei suoi maestri. Traduzione Enrico Venturelli


bibliografia

MONTARE BERLINO

«Per il viaggiatore che abbia dei gusti personali l’unica guida utile sarebbe quella scritta da lui stesso. Tutte le altre non fanno che irritarlo. Segnano con asterischi le opere d’arte che lui trova insignificanti e passano sotto silenzio quelle che ammira. Gli fanno percorrere chilometri e chilometri per vedere un cumulo di sciocchezze; vanno in estasi su rovine il cui unico pregio è di essere antiche. Le informazioni pratiche non sono mai aggiornate. Raccomandano cattivi alberghi e definiscono modesti quelli buoni. In una parola, sono insopportabili». Traduzione G. Cillario Titolo Lungo la strada Autore Huxley Aldous Dati 1990, 196 p., brossura Editore Frassinelli

Titolo Addio a Berlino Autore Isherwood Christopher Dati 2013, 252 p., brossura Editore Adelphi

Titolo La mia Berlino Autore Maron Monika Dati 2005, 72 p., brossura Editore Bollati Boringhieri

«Io sono una macchina fotografica con l’obiettivo aperto» dichiara l’alter ego di Christopher Isherwood arrivando nell’autunno del 1930 a Berlino, dove resterà fino al 1933. Un obiettivo – si può aggiungere – inesorabile, attraverso il quale partecipiamo come dal vivo ai suoi incontri nel cuore pulsante di una Repubblica di Weimar che si avvia al suo fosco tramonto: da un’eccentrica, anziana affittacamere alla sensuale Sally Bowles, aspirante attrice un po’ svampita, a Otto, ombroso proletario diciassettenne, a Natalia Landauer, rampolla di una colta famiglia ebrea dell’alta società. Tra cabaret e caffè, tra case signorili e squallide pensioni, tra il puzzo delle cucine e quello delle latrine, tra file per il pane e manifestazioni di piazza, tra crisi economica e cupa euforia – da nulla dettata e in bilico sul Nulla –, Isherwood mette in scena «la prova generale di una catastrofe» e ci fa assistere alla resistibile ascesa del nazismo. Non solo: cogliendo con ironia corrosiva i presaghi rintocchi che accompagnano la grandeur di un mondo «inutilmente solido, insolitamente pesante», ci consegna una purissima, scabra narrazione che ci ricorda come la Storia – e ogni storia – sia sempre contemporanea. Traduzione Laura Noulian

Un racconto ricco di particolari inusuali, di una capitale al centro della Storia: Berlino è nota per le sue Kneipen, per i suoi cani, per la famosa faccia tosta dei berlinesi e naturalmente per il muro, che però adesso non c’è più. L’amata città di Berlino è un tema caro a Monika Maron, che ha trascorso tutta la maggior parte della sua vita nell’attuale capitale tedesca all’Est e all’Ovest, dall’infanzia, durante la guerra, all’adolescenza, all’età adulta. Questo piccolo e poetico libro fa rivivere i tempi in cui i berlinesi dell’Est entravano per sfida nei ristoranti di lusso riservati agli stranieri o affrontavano le facce accigliate delle guardie di frontiera nel Tränenpalast, il Palazzo delle lacrime. Il testo è corredato da foto in bianco e nero di Jonas Maron, che raffigurano angoli sconosciuti della Berlino di oggi. Traduzione Maria Anna Massinello

Da quando è tornata ad essere la capitale della Germania Berlino gode un’aura straordinaria e intrigante. Da centro della Guerra fredda è diventata una metropoli al confine tra le due Europe, a metà strada tra Londra e Mosca. Nel contempo è ormai una delle città più visitate al mondo. Titolo Berlino capitale Autore Romano Beda e Sergio Dati 2016, 186 p., brossura Editore Il Mulino

Titolo A passeggio per Berlino Autore Roth Joseph Dati 2012, 121 p., brossura Editore Passigli

Titolo Il rogo di Berlino Autore Schneider Helga Dati 1995, 229 p., brossura Editore Adelphi

Alla fine del 1920 Joseph Roth si trasferisce a Berlino, collaborando con la Frankfurter Zeitung e altri quotidiani. Proseguendo la tradizione viennese del feuilleton, Roth porta questo genere a una moderna forma di reportage letterario, e si pone come appassionato testimone e acuto osservatore della vita sociale del suo tempo. I reportage qui raccolti, e tradotti per la prima volta in italiano, ci offrono una sorprendente e personale visione della Berlino degli anni Venti, una città che si propone come asilo per rifugiati ebrei, russi, turchi, armeni, greci, una metropoli di persone senza fissa dimora, di mendicanti, senzapatria che lottano per la propria sopravvivenza. Roth accompagna il lettore alla scoperta di luoghi significativi, primo fra tutti lo Scheunenviertel, il quartiere che un tempo dette rifugio ai molti ebrei esuli dell’Europa dell’est, un mondo vitale e variopinto che “puzza di cipolle, pesce, grasso e frutta …”, e di cui Roth si serve anche per fare una sofferta e acuta riflessione sulla questione ebraica. Ma c’è anche la Berlino delle avanguardie, dal volto moderno, borghese e benestante, cui Roth non risparmia scetticismo e ironia su temi quali il traffico, l’architettura, la politica, la moda, i grandi magazzini, il ritmo frenetico della metropoli in espansione e la commercializzazione dell’industria del divertimento. Ogni luogo, con i suoi bizzarri ed eccentrici individui, tra cui accattoni, prostitute, magnaccia, che popolano la notte e i quartieri berlinesi, nonché la gente comune osservata nella sua quotidianità, diventa per Roth l’occasione di penetranti considerazioni storiche e sociali, descrizioni piene di simpatia nei confronti degli emarginati, e di accusa e denuncia del conformismo dei tempi nuovi che porta alla perdita d’identità e all’appiattimento dell’individuo. Traduzione Vittoria Schweizer

Vienna, 1971. In un appartamento nel cuore della città una giovane donna sta per incontrare sua madre. Non si vedono da trent’anni. Helga era bambina quando, in una Berlino già sventrata dalle bombe, la madre aveva abbandonato il marito e i figli per entrare volontaria nelle SS. Ora, dopo pochi formali abbracci, la conduce verso un armadio dentro al quale è riposta una perfetta uniforme nazista. Sospira, nostalgica. E Helga scappa, corre per le scale, si allontana per sempre da lei e da quella implacabile fedeltà. Passeranno altri vent’anni prima che Helga Schneider si decida a ripercorrere la sua infanzia. Ne è nato un libro diversamente implacabile, dove la memoria, anziché stendere un velo di pietà o di perdono, sembra liberare una rabbia troppo a lungo taciuta; un libro che ci fa rivivere i morsi della fame, la solitudine dei collegi, le angherie di una matrigna, la paura dei bombardamenti, la voce del Führer che echeggia nel bunker della Cancelleria, la lunga reclusione in una cantina: fino al giorno in cui i primi soldati russi avanzano in una Berlino ormai completamente distrutta. Traduzione Sara Gentili

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MONTARE BERLINO

bibliografia

La Berlino raccontata da Aleš Šteger in questi trentuno episodi - corredati da foto dello stesso autore - non è solamente la città che ognuno di noi può aver visitato o anche solo immaginato attraverso i libri e i film, ma è il ritratto di un anno di permanenza del giovane poeta e scrittore sloveno nella capitale tedesca e delle sue flânerie attraverso i suoi luoghi più segreti e bizzarri. I brevi testi del libro - a metà tra il racconto di viaggio, la guida letteraria e il taccuino filosofico - nascono da incontri girovaghi con le persone e le memorie della capitale, che nonostante i grandi cambiamenti non può e non vuole mascherare le ferite del proprio passato. Traduzione Michele Obbit Titolo Berlino Autore Šteger Aleš Dati 2009, 125 p., brossura Editore Zandonai

Titolo Der Himmel über Berlin Autore Toma Sebastiano & Lorenzo Dati 2016, Graphic Novel, rilegato Editore Jacoby & Stuart Berlin

Titolo Effetto Città Autore Trione Vincenzo Dati 2014, 829 p., rilegato Editore Bompiani

Titolo Storia abbreviata della letteratura portatile Autore Vila-Matas Enrique Dati 2010, 108 p., brossura Editore Feltrinelli

Titolo Storie che danno da pensare Autore Walser Robert Dati 2007, 169 p., brossura Editore Adelphi

Titolo Sotto i tigli Autore Wolf Christa Dati 2012, 169 p., eBook Editore E/O

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Dem Regisseur Sebastiano Toma ist es gelungen, dem Himmel über Berlin auf der Grundlage des Drehbuchs neues Leben einzuhauchen, und zwar als Graphic Novel. Zu diesem Zweck hat er die wichtigsten Szenen und Bilder des Films vor der Kulisse des Berlin von heute mit Schauspielern neu inszeniert und in Federzeichnungen übersetzt. So gelingt es ihm, das, was schon die größte Stärke des Films war, in konzentrierter Form einzufangen – seine eindrucksvollen Bilder. Wings of Desire heißt die englische Fassung von Wim Wenders‘ Himmel über Berlin, einem der größten Erfolge des deutschen Nachkriegsfilms. Es sind die geflügelten Engel Damiel (Bruno Ganz) und Cassiel (Otto Sander), die das chaotische Treiben der Menschen auf der Erde betrachten und lieben lernen. Damiels Sehnsucht, die ihn zu der Zirkuskünstlerin Marion (Solveig Dommartin) hinzieht, wird am Ende so groß, dass er um ihretwillen auf seine himmlische Unsterblichkeit verzichtet…

La città moderna: in continua trasformazione, priva di centro, crea un nuovo modo di vedere. Baudelaire è tra i primi a coglierne il senso. Nel corso del Novecento e oltre, pittori, registi, scrittori e filosofi cercano i mezzi adeguati a dire una realtà che mette in crisi i modi di rappresentazione tradizionali. Vincenzo Trione ripercorre una storia complessa e in perenne divenire, facendo dialogare teorie e opere: architettura e cinema, pittura e urbanistica. Parte da alcuni luoghi-simbolo (Parigi, Vienna, New York, Roma, Napoli...); e li analizza per il ruolo che hanno avuto nel riconfigurare lo sguardo degli artisti. Pone a confronto i classici delle avanguardie storiche e i videoclip, i concettuali e i writers. Da de Chirico a Warhol, da Boccioni a Ruttmann, da Ejzenstejn a Dario Argento, da Schwitters e Cornell ai film apocalittici hollywoodiani, rintraccia analogie impensate e illuminanti. Con un’idea di fondo: mettere in luce come le metafore, le invenzioni e le scommesse dell’arte siano indispensabili per trovare una strada nel caos della “città che sale”. Trione mostra come la metropoli emerga nelle opere astratte di Mondrian, Rothko e Fontana. E come il cinema, da Antonioni a Wenders, sia spesso un’arte astratta. Si delinea così l’archeologia di un futuro possibile: una cartografia che conduce da spazi reali e riconoscibili a spazi immaginari, fantastici.

“Verso la fine del 1924, sulla vetta dove Nietzsche aveva avuto l’intuizione dell’eterno ritorno, lo scrittore russo Andrei Belyj fu colto da una crisi nervosa nel constatare l’inarrestabile avanzata della lava del supercosciente. Quello stesso giorno e alla stessa ora, a non molta distanza da lì, il musicista Edgar Varèse cadeva improvvisamente da cavallo mentre, per scimmiottare Apollinaire, fingeva di accingersi ad andare in guerra. A me sembra che quelle due scene siano state i pilastri su cui fu edificata la storia della letteratura portatile. Una storia europea, alle origini, e leggera quanto la valigia-scrittoio con la quale Paul Morand percorreva su treni di lusso la luminosa Europa notturna: scrittoio mobile che ispirò a Marcel Duchamp la sua bôite-en-valise, senza dubbio il tentativo più geniale di esaltare il portatile in arte. La cassetta-valigia di Duchamp, che conteneva riproduzioni in miniatura di tutte le sue opere, si trasformò rapidamente nell’emblema della letteratura portatile e nel simbolo in cui si riconobbero i primi shandy.” Traduzione Lucrezia Pannunzio Cipriani

«Miniaturista per eccellenza, sensibile, attento e nel contempo spiritoso, Walser riesce a comporre in modo assolutamente disinvolto e involontario gioielli di prosa perfetti, ciascuno dei quali possiede la rotondità e la purezza di una poesia». Così scriveva Stefan Zweig, e il suo giudizio non potrà che essere condiviso dal lettore di Storie che danno da pensare, raccolta di prose – divagazioni letterarie, bozzetti, apologhi – composte tra il 1906 e il 1912, durante il «periodo berlinese». Sono pagine dense e leggere al tempo stesso, in cui qualsiasi oggetto d’osservazione, per un istante, può apparire sotto una luce di rara intensità: dall’Arlesiana di van Gogh alle ballerine russe, dall’ingresso dei pantaloni nella moda femminile alla cucina. Walser ci parla della natura onirica del teatro, e anche la sua prosa assume la sostanza dei sogni; ci dice che l’interprete di Kleist «deve aver imparato a danzare con le labbra», e anche la sua penna prende a danzare. E ci trasporta nella vita berlinese del primo Novecento, contemplata con l’occhio avido dell’immigrato dal microcosmo elvetico: «Qui nella metropoli si percepisce bene come vi siano ondate di intelligenza che passano impetuose sopra la vita di una società, pari a un lavacro». Occhio al quale non potranno sfuggire i tipi umani, fissati per sempre in ritratti irresistibili come quello di Kutsch, lo pseudoartista: «Ha sempre paura che qualcuno possa farsi beffe di lui, ma ci sono certe persone che si possono ritrarre fedelmente solo facendosi beffe di loro». Traduzione Eugenio Bernardi

Chi ha letto Cassandra ritroverà in quasi tutti i racconti di Christa Wolf l'ossessione ricorrente che caratterizzava la figura della figlia di Priamo: vedere il mondo con uno sguardo non subalterno. Fin da Martedì 27 settembre (racconto del 1960) questo motivo appare come un segno caratterizzante e confina con il desiderio di un'esistenza vigile. In Pomeriggio di giugno (1965) si accentua fortemente la critica del realismo socialista, mentre la sfera del privato si dilata sino ad assorbire tutto lo spazio narrativo. Mutamento di prospettiva (1970) apre la raccolta perché racconta l'infanzia e l'adolescenza dell'autrice. Con Unter den Linden la tecnica narrativa subisce un'impennata fortemente soggettiva. È una storia d'amore e di ribellione. A partire da Nuove considerazioni di un gatto (1970) e Autoesperimento (1972) la scrittura della Wolf approda a una nuova funzione. Essa deve incunearsi – arma ribelle dei gatti che sono pieni di mistero e delle donne – nell'universo univoco delle scienze e della ratio strumentale maschile. Traduzione Anita Raja


NOMADE

MONTARE BERLINO

S-Bahn

Berliner SCHNAUZE

Grugno berlinese


Charlottenburg Tiergarten Mitte Kreuzberg Prenzlauer Berg Friedrichshain

NOMADE

Montare Berlino


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