Conversazioni con...

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conversazioni con Carlos Basualdo

Philippe Daverio 2010

Giacinto Di Pietrantonio

Cornelia Lauf



Conversazioni con... Carlos Basualdo Philippe Daverio Giacinto Dipietrantonio Cornelia Lauf


Conversazioni con… è un progetto critico che nasce nell’ambito del workshop Non è Francesco, tenuto dall’artista Francesco Vezzoli presso l’Università IUAV di Venezia. Si tratta di un work in progress nato in seguito ad alcune YPÅLZZPVUP L [LTH[PJOL Z]PS\WWH[L HSS»PU[LYUV KLS JVYZV L ZP presenta in questa forma germinale poichè l’obbiettivo è quello di creare nel tempo una “piattaforma” in continua espansione, che racchiuda una serie di interviste e di conversazioni virtuali tra curatori e critici di fama internazionale. L’obiettivo del seminario Non è Francesco prende forma in una mostra “inesistente”, intesa come una serie di allestimenti lampo delle opere realizzate dai vari studenti del laboratorio all’interno dei Musei Civici Veneziani: Cà Pesaro, Cà Rezzonico, Museo di Storia Naturale e Museo Correr. I vari allestimenti sono stati pensati per uno scatto MV[VNYHÄJV L WLY SH Z\JJLZZP]H YLHSPaaHaPVUL KP \U JH[HSVNV ]PY[\HSL JOL JVU[LYYn SL KP]LYZL MV[VNYHÄL WLUZH[L L JYLH[L HSS»PU[LYUV KP X\LZ[P ZWLJPÄJP JVU[LZ[P Le diverse ambientazioni scelte, come ad esempio il camerino deglio stucchi o la sala da ballo di Cà Rezzonico, si trasformano per un breve lasso di tempo PU ZL[ JPULTH[VNYHÄJP KV]L P ]HYP SH]VYP KP JHYH[[LYL contemporaneo (pensati, nati e allestiti nel presente) si relazionano con spazi antichi, contenitori di opere del passato. *VU]LYZHaPVUP JVU¯ UHZJL JVTL YPÅLZZPVUL Z\ HSJ\UL tematiche sviluppate da tale scelta allestitiva e, per


cercare di includere questo ragionamento all’interno del più vasto sistema dell’arte, le diverse problematiche sono state rivolte ai vari curatori, nel tentativo di delineare una panoramica più ampia riguardo al rapporto tra antico e contemporaneità e riguardo alla relazione tra ricerca J\YH[VYPHSL L ZWHaPV ZWLJPÄJV JVU J\P VNU\UV KP SVYV ZP u trovato a lavorare. I punti di partenza per lo sviluppo di questo progetto sono stati la ripresa del metodo delle interviste utilizzato da Hans Ulrich Obrist e la lettura del testo A Brief History of Curating in cui si intrecciano le esperienze di curatori considerati tra i “fondatori” della pratica curatoriale degli anni ’60. La scelta di questa metodologia, intesa come l’intreccio tra azione e comunicazione, è stata e sarà la WYLTLZZH WLY \U WYVÄJ\V ZJHTIPV KP PKLL Le questioni affrontate, in relazione alle installazioni dei lavori nel contesto dei Musei Civici, sono molteplici: in WYPTV S\VNV SH WYLZLUaH KP \U»PKLU[P[n ZWLJPÄJH X\HSL è il Museo come istituzione che, nel caso di Venezia, si presenta come contenitore di un’arte del passato. Infatti, i palazzi dei Musei Civici costituiscono per la città di Venezia un importantissimo bacino artistico-culturale intriso di richiami al passato. L’allestimento di opere appartenenti alla contemporaneità costituisce quindi un ponte tra l’eredità culturale della della città stessa e la sua naturale evoluzione nel tessuto sociale della quotidianità. La scelta allestitiva del collocare le opere di carattere contemporaneo all’interno di un contesto storico e antico sottolinea la connessione e la relazione esistenti tra la tradizione dell’arte e l’arte più recente. È indubbio come l’arte contemporanea sia da considerare come uno sviluppo e molte volte un rimando o una ripresa


di elementi tipici di un’arte del passato, essendone di questa la sua diretta evoluzione. Come interagiscono le varie opere con il contesto in cui sono inserite? Che cosa fa scaturire nell’osservatore la visione di forme nuove e diverse rispetto allo spazio che le racchiude? Questi sono alcuni dei quesiti che sorgono ZWVU[HULHTLU[L PU ZLN\P[V H [HSL YPÅLZZPVUL In ultima analisi, è di fondamentale importanza il carattere d’inesistenza della mostra: si pone infatti il problema della fugacità delle opere che vengono allestite solo per il [LTWV ULJLZZHYPV HK \UV ZJH[[V MV[VNYHÄJV =PLUL X\PUKP messo in discussione il tempo di fruizione dell’opera ed in particolare la relazione diretta tra opera e fruitore che, in questo tipo di allestimento, viene a mancare. In questa fase dell’arte che ci appartiene, in cui le condizioni di interattività ed esperibilità sono spesso fondamentali per la completa comprensione e fruizione dell’opera, che cosa può accadere in un allestimento tale, in cui queste condizioni vengono a mancare? Tutte queste tematiche sono state sottoposte all’attenzione dei curatori Carlos Basualdo, Philippe Daverio, Giacinto Dipietrantonio e Cornelia Lauf. In quanto work in progress, tale progetto si pone come un nucleo iniziale che proseguirà nei prossimi mesi con gli interventi dei vari curatori che contribuiranno ad arricchire questo compendio critico creando un dibattito virtuale.




Come si può integrare oggi l’arte contemporanea all’interno degli spazi storici per la cultura e per l’arte; ovvero, può l’arte contemporanea integrarsi con l’arte del passato e se sì in che modo? Cosa ne pensa del museo in quanto istituzione o del palazzo storico come contenitore di contemporaneità? Qual è il rapporto esistente tra contemporaneità e tradizione? Che interazioni ha la sua ricerca curatoriale con gli ultimi spazi in cui ha lavorato? Che tipo di spazi erano? Secondo lei quanto W\~ PUÅ\PYL SV ZWHaPV ZJLS[V ULSS»HSSLZ[PTLU[V KP \U SH]VYV& 3»VIPL[[P]V ÄUHSL KLS JVYZV u SH YLHSPaaHaPVUL KP \U JH[HSVNV ]PY[\Hle per una “mostra inesistente”. Come si pone secondo lei un approccio di questo tipo nei confronti della circolazione e della diffusione dei lavori dei giovani artisti? Essendo la mostra “inesistente”, si pone il problema della fugacità delle opere, che vengono allestite solo per il tempo necessario HK \UV ZJH[[V MV[VNYHÄJV =PLUL X\PUKP TLZZV PU KPZJ\ZZPVUL PS tempo di fruizione dell’opera, ed in particolare la relazione diretta tra opera e fruitore, relazione che, in questo tipo di allestimento, viene a mancare. Cosa ne pensa a riguardo? Nella storia dell’arte ci sono degli esempi che lei ricorda di opere allestite solo per un breve istante, quasi fugace?


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Come si può integrare oggi l’arte contemporanea all’interno degli spazi storici per la cultura e per l’arte; ovvero, può l’arte contemporanea integrarsi con l’arte del passato e se sì in che modo?


* ) .\HYKHUKV HSSH WYVK\aPVUL KLNSP HUUP » ÄUV HK oggi, credo che sussistano dei rapporti naturali tra l’arte contemporanea e quella moderna, e che la centralità KP HSJ\UL ÄN\YL KP HY[PZ[P Z[VYPJP JVTL +\JOHTW ZPH PU relazione alla produzione contemporanea. Il rapporto tra il moderno e il contemporaneo si presenta come un rapporto molto forte. La produzione contemporanea ci permette di ri-pensare, di re-inventare o di ri-scrivere la storia dell’arte recente. Mi sembra che sia un rapporto organico. L’arte occidentale in se stessa è una categoria allargata, ma per il fatto stesso di essere una categoria si puossono far ripensare i rapporti. Credo, però, che gli altri rapporti che si creano oltre la modernità si possano vedere come rapporti meno organici: sono soprattutto le operazioni artistiche quelle che vanno a creare dei rapporti che escono organicamente dalle forme stesse o dai concetti stessi. P. D. Tendenzialmente no, l’arte di oggi non si integra perchè a meno che non si raggiungano livelli molto elevati di qualità contemporanea purtroppo il confronto non è nel contenuto ma nell’applicazione tecnica e quella della contemporaneità è spesso molto fragile. Ad esempio, se si colloca in uno spazio antico un’opera di Kounellis questa in effetti ci sta benissimo, ma appena si va sotto il livello artistico di Kounellis, tale relazione diventa stridente. Riguardo a questo discorso ho assistito a tanti tentativi di inserimento dell’arte contemporanea in contesti antichi. Recentemente, si è tenuta a Parigi una mostra di Picasso, allestita all’interno di alcune sale dove era presente una pittura classica, e devo dire che la cosa strideva [...] L’arte è la conseguenza di un’epoca. Se io appendo un piccolo quadretto di Paul Klee, anche bellissimo, sulle pareti della Cappella Sistina, sembra il



GDP. Per quanto mi riguarda, non c’è domanda più semplice e ciò per vari motivi: in primo luogo perché in Italia questo viene fatto da sempre, infatti sono molti i musei, per non dire la maggior parte, che sono situati PU LKPÄJP HU[PJOP KH 9P]VSP HSSH 7HSHaaPUH KLP .PHYKPUP KP Modena, alla Gamec di Bergamo, alle Papesse a Siena, ora in Santa Maria alla Scala, a Castel sant’Elmo e al Madre di Napoli, a Palazzo Grassi e Punta della Dogana, o il Guggenheim e il Museo Cà Pesaro a Venzeia... Quindi noi ci troviamo a fare quotidianamente i conti con questo tipo di problema, ma che io considero un privilegio, perché credo che in spazi antichi e storici la vera arte, che non ha tempo ed è tutta contemporanea, sia meglio valorizzata. Si sarà capito che non sono un ammiratore del white cube. Per quanto mi riguarda pressola Gamec, oltre che come spazio, ho realizzato diverse volte anche l’esperimento di mettere in relazione l’ arte del passato con quella moderna e contemporanea. Devo sottolineare che appena arrivato in Gamec nel dicembre del 2000 già nel gennaio del 2001 inauguravo la prima mostra. Dinamiche della vita dell’arte, in cui mettevo il relazione l’arte dal XV al XX secolo, questo grazie anche al fatto che siamo parte dell’Accademia di Carrara, Pinacoteca con opere che vanno dal medioevo all’ 800. Ho ripetuto questo esperimento lo scorso anno con la mostra Esposizione Universale, che ha poi riscosso notevole successo alla Fondazione Proa di Buenos Aires. C. L. Non c’è separazione tra l’arte e il suo contesto storico. Semplicemente, sembra che l’arte contemporanea abbia avuto luogo in contesti neutrali, ma che abbia anche riallestito spazi industriali, gallerie create nei loft, o musei minimalisti modernisti, che



sono strutture profumate che non solo mettono in vetrina ma ottengono un’arte di un certo tipo e di un certo livello. Negli ultimi vent’anni si è registrato un’ interesse crescente nello scegliere ambienti storici in cui lavorare. L’arte ambientale, minimal e concettuale hanno cambiato la dimensione e la tecnica che facevano parte del creare un’opera pubblica, in modi diversi hanno espanso la discussione e le possibilità dei media. Nel 1980 abbiamo iniziato a notre dei cambiamenti, come l’aumento di sculture private nei parchi, progetti artistici municipali sia in Europa che in America, e un’eccellente crescita nelle mostre urbane (ad esempio Chambres d’Amis di Jan Hoet, e la più piccola, ma visionaria, galleria Olgastrasse di Achim Kubinski), dove il contesto storico è il palcoscenico necessario per l’opera d’arte. Questo perché l’America ha dominato la discussione nell’arte contemporanea dagli anni ’50 agli anni ’90.Il lavoro di artisti come Claes Oldenburg e Richard Serra, Daniel Buren, Jannis Kounellis, Joseph Beuys, Anselm Kiefer e molti altri si è sviluppato in relazione ai sobborghi storici, quando possibile. Che sia appendendo una bandiera nell’atrio del Guggenheim di Wright, o dominando il prato del Fridericianum a Kassel con palle di biliardo e pietre di basalto, o appendendo biancheria di lino al Bundestag, gli artisti contemporanei lavorano all’interno di set culturalmente storici, su scale ZLTWYL WP HTWPL *HSKLY 7PJHZZV L WLYÄUV ;PUN\LS` sembrano completamente minuscoli se messi a confronto con i progetti pubblici inaugurati in Francia da Jack Lang, nei progetti di arte pubblica di Creative Time, con Il Fondo per l’Arte Pubblica a New York, a Munster in Germania, in Olanda o in numerosi altri luoghi dove il contesto storico è stato l’inizio delle mostre. In Italia, il contesto è il risultato di spazio, geometria e uso sociale, che è un modo particolarmente fertile di mostrare l’arte.



Il Castello di Rivoli è stato costruito alla luce di questo concetto e sono stati fatti molti utilizzi del luogo nel periodo contemporaneo, in musei che commissionano le opere (Querini Stampalia, la Galleria Civica di Modena, al GAMec di Bergamo, alla reggia di Capodimonte a Napoli), ULP U\TLYVZP WYVNL[[P ZP[L ZWLJPÄJ JOL OHUUV S\VNV VNUP edizione della Biennale, eccetera. A Roma, Futuro è stato il principale motivatore nel realizzare progetti pubblici usando come locations alcuni degli sfondi più scenici e suggestivi. Questi progetti sono spesso molto idealisti, in quanto sono realizzati con budget civici minimi, su base volontaria, e con un grande impatto concettuale ed estetico. Ci sono dozzine di esempi di curatori e galleristi che lavorano “ relazionandosi” in Italia. In breve, per rispondere alla domanda, il futuro è già qui, per quanto riguarda l’uso contemporaneo di spazi storici.


Cosa ne pensa del museo in quanto istituzione o del palazzo storico come contenitore di contemporaneità? Qual è il rapporto esistente tra contemporaneità e tradizione?


C. B. Io penso che qualunque spazio possa contenere arte contemporanea. A partire dagli anni ’60, l’arte viene pensata sotto alcuni aspetti in stretto rapporto con un determinato spazio. Non credo che alcune forme artistiche funzionino meglio in determinati spazi architettonici, ma uno degli aspetti più importanti del linguaggio contemporaneo è senza dubbio proprio la sua capacità di stabilire una forte relazione con qualsiasi spazio in cui si trova. Ï KPMÄJPSL WLUZHYL JOL JP ZPH X\HSJVZH JVTL \UH [YHKPaPVUL in se stessa, perché il passato in se stesso non esiste, se non per le speculazioni bergsoniane. Noi ci rapportiamo al passato a partire dalla nostra esperienza di oggi. Per questa ragione il passato è parte della nostra esperienza JVU[LTWVYHULH L TP YPZ\S[H KPMÄJPSL WLUZHYL JOL JP ZPH un passato oltre la nostra esperienza odierna. Il punto è: osservare come il presente immagina il passato. P. D. La risposta implica un concetto di contemporaneità che ha molteplici sfaccettature. Se per contemporaneità intendiamo quello che di solito viene applicato alla Biennale di Venezia, il rapporto con la tradizione non esiste perchè anche il mondo critico che gli sta dietro non ha mai sentito parlare della storia. Se invece intendiamo il rapporto della contemporaneità con il passato nell’ambito di pensieri più articolati, allora è possibile. Ad esempio, se devo pensare al rapporto che ci può essere tra la contemporaneità di Joseph Cornell e l’antico, vi posso notare una relazione. Infatti, posso vedere una sua scatoletta anche all’interno di un museo archeologico. Se invece immagino un’opera realizzata per il mercato dell’arte attuale, il legame con la tradizione viene meno. Artisti contemporanei che hanno a che fare con la tradizione sarebbero noiosissimi; non esiste un’artista della tradizione, esistono artisti



che usano articolazioni morfemiche che corrispondono all’evoluzione del linguaggio, e questi possono entrare nel dialogo. Esistono invece artisti contemporanei che rompono quel dialogo e questi rapporti e quindi hanno IPZVNUV KP \UV ZWHaPV H SVYV ZWLJPÄJH[HTLU[L KLKPJH[V A meno che non si voglia giocare con la rottura, in un bel palazzo veneziano con dei mobili perfettamente tirati a nuovo e le pareti dipinte di fresco ci sta bene anche una Campbell Soup di Andy Warhol. Pensando a uno dei Musei Civici di Venezia, come il museo Fortuny per esempio, le mostre ivi realizzate erano buone, ma erano mostre antropologiche. In molti casi, in molti lavori contemporanei inseriti in questi contesti non esiste una relazione tra opera e contesto, mentre se penso ad un albero di Penone inserito al Correr può sembrare KP]LY[LU[L TH PU YLHS[n u UVPVZV WLYJOu UVU PUÅ\PZJL minimamente sulla lettura che ho del passato. Le uniche relazioni che si possono creare sono di tipo commerciale. L’opera contemporanea, se non è veramente feroce, rischia di dimostrare la sua fragilità quando viene inserita nel rapporto col passato. Di conseguenza, la relazione tra opera contemporanea e contesto storico è debole. Invece, considerando un disegno piccolissimo di Joseph Beuys, questo ha tutta la forza di dialogare con il passato. Se invece prendiamo in considerazione un’opera di Anselm Kiefer questo non succede poichè tale problema non è dovuto tanto al rapporto tra contemporaneità e passato quanto alla qualità degli artisti. Oggi purtroppo siamo costretti a prendere in considerazione artisti che per il novantanove per cento sono totalmente privi di contenuto. Joseph Beuys invece non è tra questi .



G. D. P. A questa domanda credo di aver risposto in quella precedente. Non vi pare? C. L. Io ritengo che sia appropriato usare delle collezioni preesistenti, musei di antropologia, rovine romane, ogni [PWV KP ZJLUVNYHÄH Z[VYPJH L PV Z[LZZH OV SH]VYH[V PU [\[[P i tipi di ambientazioni, inclusi ospedali medievali, granai, piazze rinascimentali, piccoli villaggi, eccetera. In ogni caso, ritengo che il contesto non sia la reale questione ÄUHSL ULSS»HY[L" WLUZV JOL S»HY[L ZPH NLULYH[H KH HS[YH arte. Gli artisti progrediscono grazie a questioni nell’arte stessa, che siano politiche, artistiche, sociali o anche puramente estetiche, in natura.


Che interazioni ha la sua ricerca curatoriale con gli ultimi spazi in cui ha lavorato? Che tipo di spazi erano? :LJVUKV SLP X\HU[V W\~ PUÅ\PYL SV spazio scelto nell’allestimento di un lavoro?


C. B. Le mostre più interessanti sono quelle uscite da uno spazio visto non soltanto nel senso architettonico o ÄZPJV TH SV ZWHaPV ]PZ[V HUJOL ULS ZLUZV JVU[LZ[\HSL ideologico, e storico. Per quanto mi riguarda la componente architettonica è solamente una delle componenti, infatti, quando penso allo spazio, lo vedo come un’insieme di cose. Credo che i progetti più interessanti siano quelli usciti dall’esperienza dello spazio, come per esempio la mostra di Nauman a Venezia. Per quanto riguarda i programmi museali quelli più interessanti sono quelli che si originano cercando di capire prima di tutto il contesto architettonico e, come dicevo, quello ideologico e storico dove si svolgono. Io vorrei arrivare ad una situazione istituzionale senza preconcetti, senza dover pensare che ci sia una determinata logica nel mio lavoro curatoriale. Etichettarsi sotto un certo tipo di lavoro o di arte rispetto ad un altro sono tutti preconcetti, o pregiudizi, che all’interno della mia logica diventano totalmente banali ed inutili. A mio avviso, i pregiudizi ci permettono di avere l’illusione di avere una sorta di identità. È molto più interessante arrivare a lavorare in un’ottica senza pregiudizi, per cercare di capire la situazione invece di allontanarsene a causa dei preconcetti. Ï ZPJ\YHTLU[L KPMÄJPSL WLYJOu ZP HYYP]H HK \U SH]VYV dopo una serie di altre esperienze lavorative, si sviluppa un progetto di mostra dopo altri progetti di mostre LK u KPMÄJPSL YPJVTPUJPHYL KHSS»PUPaPV JHUJLSSHUKV dalla nostra mente quello che è stato fatto prima. P. D. Lo spazio è elemento fondamentale. Il novanta per cento dell’arte contemporanea verrebbe gettata via se non avesse a disposizione degli enormi hangar per farsi vedere. Ciò vale anche per i capolavori, a prescindere dalla qualità intrinseca dell’opera. Boltanski ha realizzato



una sua ultima bellissima mostra nella hall del Grand Palais a Parigi, intitolata Memoria, con una decina di migliaia di stracci, e se non li avesse messi li dentro ma in uno spazio più piccolo e diverso il lavoro non avrebbe avuto lo stesso impatto. Lo spazio è fondamentale, non solo per l’arte contemporanea ma anche per le grandi tele dell’arte antica. Se uno dovesse vedere il Giudizio Universale di Tintoretto, che si trova nella chiesa di Madonna dell’Orto a Venezia, collocato in un’ula di tribunale, assumerebbe completamente un altro valore. Parlando del mio caso personale riguardo agli spazi in cui ho lavorato, penso che uno li debba modellare perchè sono questi che determinano le mostre e la loro buona riuscita. Ho lavorato per il Palazzo Reale di Milano, dove ho montato mostre per quattro anni, e in molte gallerie private in giro per l’Italia, come lo spazio Michetti a Francavilla in Abruzzo. A mio parere, è senza dubbio lo spazio a determinare la mostra. Lo spazio aiuta a generare il racconto, che deve adattarsi ad esso proprio come un libro si adatta alla collana editoriale. Kounellis crea e vive lo spazio; a mio parere i muri e la dimensione stessa delle stanze costituiscono l’ipotesi di esposizione. GDP. Siccome curo diverse mostre all’anno, mi capita spesso di lavorare in spazi diversi come ad esempio architetture storiche del passato,o la galleria Gamec, architetture d’autore moderne, il Pac Milano, spazi abbandonati a Watou, in Belgio. Alla luce di queste LZWLYPLUaL PV JYLKV JOL SV ZWHaPV HIIPH PTWVY[HUaH ÄUV ad un certo punto. Le opere sono forti, riescono a vincere sullo spazio: è chiaro però che quando scelgo le opere o quando chiedo delle opere nuove penso anche allo spazio in cui vanno collocate, ma ancor più alle relazioni



che devono creare con le altre opere. Detto questo, io non disegno mai l’allestimento, in mento ho solo degli appunti visivi ed è per questo motivo che non mi servo di architetti, ma decido tutto io. In questo senso, lavoro come Carmelo Bene che parla di “scrittura di scena”. In questi termini, io deÄUPZJV PS TPV SH]VYV ¸ZJYP[[\YH K»HSSLZ[PTLU[V¹ ULS ZLUZV che si sviluppa durante l’allestimento stesso, in una sorta di jame session. Per quanto mi riguarda, i riferimenti da cui traggo ispirazione li trovo nelle chiese e nei palazzi antichi italiani e non, luoghi in cui le opere convivono una accanto all’altra, talvolta anche accavallandosi, ma riuZJLUKV HSSH ÄUL H KHYL SH ]PZPVUL KP \U VYNHUPZTV \UP[HYPV Credo che queste siano le migliori scuole curatoriali e noi italiani abbiamo il privilegio di averne tante, da San Pietro ad Assisi a San Marco, a Palazzo Vecchio, ecc., che sono i luoghi della vita dell’arte. * 3 5V[V PS ]LYPÄJHYZP KP \UV ZWVZ[HTLU[V NLULYHSL dove l’artista superstar esiste ancora, ma il potere viene maneggiato in misura crescente da super collezionisti. Sono loro che mandano avanti il museo, mandano avanti il mercato dell’arte, costruiscono le strutture che ospitano l’arte, commemorano le loro stesse collezioni, eccetera. E’ iniziato tutto con il Metropolitan e il Museo d’Arte Moderna di New York, che diedero speciali aree ai collezionisti. Oggi, ciò è andato talmente lontano che una mostra recente realizzata in un museo di Bonn è stata dedicata alle più importanti collezioni private tedesche, e i nomi degli artisti (ogni collezione ne ha scelto uno o due) appaiono quasi secondari. Se si guarda alle grandi collezioni private d’Europa e America, e si analizza il tipo di SL[[LYH[\YH JOL Z[HUUV NLULYHUKV P WYVÄSP JOL LZLYJP[HUV nei panorami nazionali ed internazionali (Pinault, Joan-



nou, Gori, Panza, Lauro eccetera), e il tipo di commissioni date agli artisti, non siamo molto lontani dall’età dei Chigi o dei Medici. Ritengo che la vera questione non sia la JVYUPJL ÄZPJH TH SL JVTTPZZPVUP 7YVWYPV VYH J»u HUJVYH una sorta di equilibrio equivoco, dove il collezionista deve confrontarsi con l’acquisto di una chiassosa installazione di Jason Rhoades, o con un opera di Maurizio Cattelan, o assicurarsi un lavoro di Marina Abramovic. A Palazzo Grassi, o presso la Fondazione Prada, io ritengo che si possa assistere al prendere piede di un delicato cambiamento, in quanto l’arte rappresenta in maniera esponenziale il “brand” dei suoi sponsors, non importa quanto gli artisti pensino di essere ancora liberi dai dettami. Gli artisti sono già abituati a realizzare mostre per far aumentare le vendite dei biglietti e lanciare i musei. A mio parere vediamo artisti che sempre più spesso disegnano barche, palazzi, ceramiche, giardini e molto altro ancora su commissione, oltre a fare mostre su richiesta dei “padroni”. O semplicemente gestiscono il brand di un padrone. E, come in tempi immemori, ritengo che la X\LZ[PVUL KLÄUP[P]H YPN\HYKP P NYHKP KP YHMÄUH[LaaH *OP WVZZPLKL S»VJJOPV WP YHMÄUH[V WYLUKL SL KLJPZPVUP WP sagge e profonde, assembla le collezioni più straordinarie ed è capace di portare l’artista a piegarsi alla volontà del papa o del principe. Non deve sorprendere che la Chiesa voglia tornare ad essere presente nella pittura. L’arte è un potente strumento per tutti coloro che sanno come THULNNPHYSH 9P[LUNV PUÄUL JOL ÄN\YL WVSP[PJOL PSS\TPUH[L JVTPUJLYHUUV WYLZ[V H SH]VYHYL HS ÄHUJV KLNSP HY[PZ[P


3»VIPL[[P]V ÄUHSL KLS JVYZV u SH YLHSPaaHzione di un catalogo virtuale per una “mostra inesistente”. Come si pone secondo lei un approccio di questo tipo nei confronti della circolazione e della diffusione dei lavori dei giovani artisti?


C.B. Nella mia esperienza personale, dopo cinque anni HS T\ZLV KP 7OPSHKLSWOPH OV ÄUHSTLU[L JVTPUJPH[V H capire come potrebbe essere una mostra che viene da Philadelphia. Prima avevo bisogno di capire un po’ la storia del museo, il lavoro di Marcel Duchamp e tutte le altre cose. Adesso sto cominciando a pensare ad alcuni WYVNL[[P JOL ZP WVZZHUV KLÄUPYL WYVNL[[P KP 7OPSHKLSWOPH Vorrei che succedesse lo stesso a Roma per ol MAXXI: avere la possibilità di capire lo spazio di Zaha Hadid, e come esso funziona all’interno di una realtà italiana, romana, così da poter sviluppare un programma o collaborare con la direzione artistica, sviluppare un programma che sia proprio un programma per quello spazio, che venga proprio da li. Per me il contesto è tutto, il contesto è quello che noi chiamiamo realtà. La realtà è quello che ancora non conosciamo, è quello che vogliamo cercare di capire, nel mio caso cerco di capire la realtà attraverso le mostre.La lezione della modernità è che si frammenta la forma, in modo tale che la relazione tra arte e vita sia una relazione porosa, di vasi comunicanti. Quello è lo sforzo fondamentale della modernità, frammentare la forma come se fosse un contenitore chiuso. L’arte viene KLÄUP[H PU YLSHaPVUL HS JVU[LZ[V L PS JVU[LZ[V ]PLUL HUJOL KLÄUP[V PU YLSHaPVUL HSS»VWLYHaPVUL HY[PZ[PJH UVU ZP [YH[[H di essere passivi o pensare che l’arte sia in posizione passiva rispetto a quello che chiamiamo realtà, è infatti cercando di capire la realtà che si produce l’arte. P. D. Se ci riferiamo all’Italia questo non saprei dirlo, perchè è un paese poco generoso con l’arte di oggi, non interessa a nessuno. L’Italia si interessa ai giovani calciatori e alle giovani veline, non ai giovani artisti. Prendendo in considerazione l’estero, in particolare mi viene in mente l’Inghiliterra, c’è un forte interesse per



la giovane arte emergente. I giovani artisti hanno molte più possibilità di mostrare i loro lavori, essendo anche sostenuti da gallerie spesso emergenti. GDP. Ogni esperimento è interessante, bisogna vedere i risultati. L’utilizzo della virtualità, che credo sia internet, soprattutto per la diffusione del lavoro è indubbiamente una via del futuro che non ci possiamo esimere dal percorrere, anzi, su questo giovani artisti e curatori hanno una precisa responsabilità alla quale ci devono accompagnare. C. L. L’idea di un catalogo virtuale sembra totalmente in sincronia con il modo in cui ogni persona creativa e che lavora in proprio costruisce se stesso. E’ assolutamente una questione di invisibilità VS visibilità, e di come è possibile creare un’immagine di se stessi con cui poter convivere, da far circolare nel mercato, tanto quanto creare un prodotto o produrre un servizio che possa avere un posto nel mondo. Facebook è l’esempio perfetto di un non-spazio in cui una vita e una persona virtuali sono creati dall’utente, non importa quanto sincere e veritiere esse siano. L’idea di basare un catalogo su una mostra inesistente ha il suo pedigree, e così fa l’arte fuori dalla grande pubblicità e dalla confusione/ fuori dal giro. Vari artisti hanno esplorato quest’ambito, più di tutti Jeff Koons, ma anche alcuni tra i primi artisti concettuali, WLYÄUV :`S]PL -SL\Y` L -PJOSP >LPZZ WLY UVU WHYSHYL di Gilbert and George, James Lee Byars, o qualunque altro artista che abbia creato un “brand” fuori di sé, o che abbia avuto a che fare con la questione dell’aura e KLS KLÄUPYSH JVTL WHY[L KLS WYVWYPV SH]VYV V KLSSH WYVWYPH persona. Prendiamo Warhol- o Picasso- per questa questione, sebbene la loro attitudine al residuo materiale



appartenga ad un’altra generazione. Perciò, in breve, questo catalogo è un buon esercizio, anche per studenti o artisti che non sono particolarmente interessati a tale pratica.


Essendo la mostra “inesistente”, si pone il problema della fugacità delle opere, che vengono allestite solo per il tempo necessario ad uno scatto MV[VNYHÄJV =PLUL X\PUKP TLZZV PU discussione il tempo di fruizione dell’opera ed in particolare la relazione diretta tra opera e fruitore che, in questo tipo di allestimento, viene a mancare. Cosa ne pensa a riguardo? Nella storia dell’arte ci sono degli esempi che lei ricorda di opere allestite solo per un breve istante, quasi fugace?


C. B. Il contesto di una “mostra inesistente” è proprio la Z\H THUJHUaH KP ÄZPJP[n 0S MH[[V JOL LZPZ[H WLY \U JVU[LZ[V KLÄUP[V u SH ÄUaPVUL V \UH MVYTH KP UHYYHaPVUL JOL OH \U rapporto con l’immaterialità e il web come supporto. Se SH TVZ[YH WYLUKL X\LZ[V PU JVUZPKLYHaPVUL NPVJH YPÅL[[L e si intreccia con questi aspetti, è l’opportunità del nuovo. Se invece si cerca di produrre una mostra, pensata per lo ZWHaPV ÄZPJV L WVP YLHSPaaH[H Z\S ^LI WV[YLIIL YPZ\S[HYL più problematico. Prima parlavo dell’importanza del contesto, del fatto che sia tutto, per cui anche in questo JHZV IPZVNUH WHY[PYL YPÅL[[LUKV Z\ X\HS»u X\LZ[V JVU[LZ[V e su come cercare di farlo emergere. P. D. Leggendo Vasari, che è considerato “artista KLSS»LMÄTLYV¹ ZP ZJVWYL JOL VYNHUPaaH]H KLSSL MLZ[L in cui presentava momenti spettacolari che duravano una notte per il Gran Duca di Toscana. La pratica di allestimenti brevi è comune già nell’antichitè,e talvolta può essere un’operazione divertente, ma la caratteristica KP \U HSSLZ[PTLU[V LMÄTLYV u JOL SHZJPH JVT\UX\L \U ricordo trasversale e non preciso perchè essendo di IYL]L K\YH[H UVU W\~ LZZLYL ]LYPÄJH[V PU \U ZLJVUKV momento. Riguardo a questo argomento, in un’ottica più contemporanea, è interessante all’interno dell’esperienza di Fluxus, l’incontro tra Wolf Vostell e John Cage. I loro incontri generavano situazioni momentanee, ma non per questo le loro performance sono da sottovalutare GDP. Ci sono sicuramente mostre durate un’ora, un giorno, ecc. Ma non dimentichiamo che la maggior parte delle opere che sono esposte sia in mostre temporanee che in collezioni permanenti dei musei sono viste solo tramite le riproduzioni in catalogo o attraverso i website. Quindi la strada è aperta e trova corrispondenza nella



realtĂ .  Ad  esempio  io  non  sono  riuscito  ad  andare  a  vedere  la  Biennale  Whitney,  ma  ho  visto  le  immagini  sul  sito  e  sulle  riviste.  Ecco  un  esempio  di  visione  di  quella  che  dite  voi.  Quindi  nessuna  preoccupazione,  ma  ben  venga  la  sperimentazione  su  una  pratica  giĂ Â quotidiana. C.L.  E’  pieno  di  artisti  che  hanno  fatto  pesare  le  loro  carriere,  anche  solo  temporaneamente,  sulle  spalle  di  altri  HY[PZ[P V JOL OHUUV YLHSPaaH[V SH]VYP LMĂ„TLYP PU ZP[\HaPVUP clandestine.   Il  lavoro  di  Cattelan  che  spunta  fuori  dal  pavimento  del  Boymans  van  Beuningen  è  un  meraviglioso  TVU\TLU[V HK \U TVTLU[V ZWLJPĂ„JV *P ZVUV SH]VYP KP artisti  che  vandalizzano  le  opere  altrui  (ad  esempio  Tony  Shafrazi),  ci  sono  le  Guerrilla  Girls,  Material  Group,  Gran  Fury,  e  i  gruppi  performativi,  che  misero  in  scena  i  loro  eventi  su  sfondi  urbani,  spesso  per  brevi  momenti;  ci  furono  artisti  che  eressero  un  balcone  sulle  Torri  Gemelle,  che  fecero  ogni  tipo  di  estremismo  politico  ed  estetico,  che  rovesciarono  inchiostro  rosso  sulla  Fontana  di  Trevi,  che  marciarono  lungo  le  strade  di  Praga  in  travestimenti  teatrali,  che  calpestarono  la  bandiera  americana,  o  qualsiasi  altra  cosa,  in  sprazzi  brevi  ma  essenziali.  Chris  Burden  sparandosi  ci  mise  pochissimi  secondi.  Ci  sono  artisti  come  Silvia  Kolbowski  che  misero  appositamente  in  scena  uno  show  da  Tiffany  (o  almeno,  quello  era  scritto  sull’invito),  come  fece  Louise  Lawler  alla  Metropolitan  Opera,  e  poi  ci  sono  dozzine  di  artisti  performativi  che  usarono  squilli  telefonici,  sbadigli,  urla,  bip,  o  rutti,  in  istruzioni  che  durano  anche  solo  un  secondo.  Il  tempo  non  è  assolutamente  un  criterio  rilevante  qui,  ma  solo  se  la  giustapposizione,  o  installazione,  o  istanzianzione   ha  realmente  qualcosa  di  nuovo,  interessante  o  bello  da  dire.  Braco  Dimitrijevic  realizzò  un  fantastico  lavoro  trasportando  in  giro  capolavori  e  giustapponendoli  a Â



biciclette, limoni e rastrelli. Così fece Andre Cadere, con il suo bastone, che andava ad appoggiare nelle gallerie degli aßrtisti che più stimava, considerandole in seguito come vere e proprie esibizioni. La vera questione non è il tempo. Marcel Duchamp non ci mise molto tempo a issare una ruota su uno sgabello, o appendere una pala HK \U NHUJPV 3H X\LZ[PVUL u JOL JVZH ZPNUPÄJOP VNNP ULS 2010, qualcosa di questo tipo, e la maniera brillante in cui se ne parla.


Carlos Basualdo Nato in Argentina, è iCuratore d’Arte Contemporanea al Philadelphia Museum of Art e tiene un seminario di allestimento presso l’Università IUAV di Venezia. E’ stato membro del gruppo di curatori di Documenta 11 nel 2002 ed uno dei curatori della 50° e della 53° Biennale di Venezia. Collabora per Artforum International e ArtNexus.

Philippe Daverio Nato a Mulhouse nel 1949. E’ un giornalista e critico d’arte francese naturalizzato italiano. Ha curato varie pubblicazioni sui movimenti d’avanguardia tra le due guerre. Ha collaborato in passato con riviste come Panorama, Vogue e Liberal. Attualmente conduce la trasmissione Passepartout su Raitre ed è direttore del periodico ART e Dossier. Collabora inoltre ad una rubrica sull’arte nel mensile del Corriere della Sera, Style Magazine. È docente ordinario di Disegno Industriale presso l’Università degli studi di Palermo.


Giacinto Dipietrantonio Direttore della GAMeC–Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Docente di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Brera, è stato Redattore Capo prima e Vicedirettore poi per Flash Art Italia dal 1986 al 1992. È stato curatore del Corso Superiore di Arti Visive presso la Fondazione Antonio Ratti di Como dal 1995 al 2004 ed è vice presidente dell’AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani). Cornelia Lauf Nata negli Stati Uniti nel 1961. Vive a Roma. Lavora come curatrice e redattrice di libri d’arte. E’ stata redattrice responsabile di Imschoot, Uitgevers, in Belgio, e ha pubblicato progetti con artisti e designer contemporanei, come Jasper Morrison, Heimo Zobernig, Ken Lum, Walter van Beirendonck, Konstantin Grcic, e Katharina Sieverding. Tiene il seminario di allestimento all’Università IUAV di Venezia. Ha fondato lo spazio Camera Oscura nel quale ha organizzato diverse mostre personali e collettive.



Un progetto a cura di Michela Lupieri Chiara Nuzzi Camilla Salvaneschi Traduzioni a cura di Chiara Nuzzi Camilla Salvaneschi Impaginazione a cura di Chiara Nuzzi Andrea Sanson Copertina Emanuele Lombardini


2010


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